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Ma Ma-Tutto andrà bene

Insegnante ormai prossima alla disoccupazione,sposata con un uomo che non ama più e che la tradisce, con un figlio che adora e che segue
anche quando gioca a calcio, sport che le interessa solo perchè lo pratica il figlio, Magda ha davanti a se un futuro che immagina difficile.
Ma è appena all’inizio di un cammino dolorosissimo.
Dopo la partenza del marito, in viaggio con la sua amante, durante la calda estate spagnola Magda ha modo di essere di conforto ad Arturo, conosciuto durante una partita di calcio e che
ha appena perso sua figlia e per ulteriore disgrazia si ritrova la moglie in coma.
Durante una visita ginecologica di routine il dottor Julian diagnostica a Magda un doppio carcinoma al seno; per la donna è l’inizio del calvario legato alla chemio pre operazione, che affronterà con coraggio da sola, trovando anche il modo di
essere vicina ad Arturo, che dopo la perdita della figlia deve subire un altro colpo durissimo, la perdita della moglie.
Ma Magda è una donna forte, volitiva; combatte contro il male, subisce la mastectomia del seno (che chiama amputazione) con un coraggio e una forza d’animo che stupisce anche il dottor Julian,che le si affeziona


stabilendo un contatto umano che va oltre anche il rapporto medico/paziente.
Un rapporto umano di amicizia, che Magda rinsalda interessandosi delle vicende di Julian, sposato e che è in attesa di adottare una bimba russa.
Ma le cose sono destinate a prendere una piega tragica.
Proprio quando Magda sembra fuori pericolo, in un momento nel quale ha ritrovato la voglia di vivere e la felicità accanto al sensibile e dolce Arturo, che ha stabilito anche uno splendido rapporto con suo figlio ecco che il destino presnta il conto.
Un conto durissimo da pagare.
Dopo una visita di controllo, un costernato Julian le comunica con dolore che il cancro non solo non è stato debellato, ma che ha ormai interessato la gabbia toracica e che le restano pochi mesi di vita.
Anche questa volta Magda reagisce; confortata dalla scoperta della gravidanza inaspettata e quasi miracolosa che sta portando avanti, la donna prova a sfidare la sorte avversa mettendo al mondo una creatura che
dia un senso a tutta la sua sofferenza, donando una sorellina che chiamerà Natascia a suo figlio e che sia di conforto al disperato Arturo.
E ci riuscirà, vincendo anche le leggi di natura; subito dopo la nascita della piccola, Marta muore, sorridendo.
Il suo coraggio sarà un esempio per Arturo, per Julian e per suo figlio, mentre alla piccola Natascia lascerà un ricordo di se in un video che Magda ha girato per sua figlia, per quando sarà in grado di comprendere chi era sua madre.


Diretto da Julio Medem nel 2015, Ma Ma Tutto andrà bene è un film delicato e per molti versi commovente dedicato ad una figura femminile straordinaria, quella di una donna capace di affrontare un destino cinico e avverso con una forza d’animo
che ha del miracoloso. Emblema di tante, troppe donne costrette a combattere con un nemico subdolo e troppe volte mortale, nonostante i passi da gigante fatti dalla medicina.
Il calvario della malattia, gli effetti devastanti della chemio, che vanno dai problemi fisici a quelli ancor più gravi a livello psicologico sono uno dei temi affrontati nel film,che però punta l’obiettivo sulla figura di Magda, sul quel suo essere volitiva,propositiva, combattente nata.
Un atto d’amore verso una figura rappresentativa, nella quale si può scorgere l’ammirazione di Medem per le donne che non si abbattono mai, nonostante la presenza concomitante del resto dei problemi del quotidiano delle donne stesse.
Il linguaggio poetico usato dal regista affiora spesso nel parlato di Magda, nelle sue azioni, a partire dalla capacità straordinaria della donna di annullarsi o quanto meno accantonare il personale per portare conforto agli altri, a partire da quel figlio tanto amato e che vuol tenere lontano dalla malattia per passare alla figura di Julian, uomo alle prese con problemi coniugali e sopratutto quella di Arturo, che sarà il più colpito dalla cattiva sorte, visto che in successione perderà prima la figlia, poi la moglie e infine anche Magda, che lo aveva guidato fuori dal tunnel del dolore e che regalerà ad Arturo stesso una speranza, rappresentata dalla piccola Natasha e da suo figlio, che crescerà con lui e con suo padre, che finalmente scoprirà di aver sposato una donna straordinaria e che prenderà coscienza di essere un padre.


Ma Ma Tutto andrà bene è un bel film, molto malinconico per forza di cose, che ha qualche limite; ad una prima parte realista e descrittiva si succede una seconda troppo virata al melodramma.
Però va anche detto che Medem, una volta imboccata la strada di un racconto che purtroppo può essere portato ad emblema di tante, troppe storie dolorose che spesso sono vissute nell’oscurità da moltissime donne costrette a combattere un nemico spietato, spesso con situazioni familiari complicate, che comunque devono poi affrontare i contraccolpi fisici della malattia, la capacità di
sapersi relazionare con un corpo che inevitabilmente si trasforma e una psiche devastata, Medem dicevo prosegue coerentemente mostrando anche una luce. Quella della speranza, data dalla vita che nasce, quella dell’esempio. Di una donna che non si arrende, che pur di fronte alla morte trova comunque  la forza di additare un motivo di speranza.
Un bellissimo ritratto femminile, reso magistralmente da Penelope Cruz, qui alle prese con il personaggio più riuscito della sua carriera; malinconica, fiera, dolce, comprensiva, donna vera in tutte le sue sfumature, Penelope/Magda rende umanissimo il suo personaggio, senza mai esagerare o scendere nel patetico.
Una prova maiuscola, così come lineare e ben diretta è quella di Medem, che tre anni dopo dirigerà un altro bellissimo film L’albero del sangue del quale ho parlato qualche settimana fa.
Molto bene il resto del cast per un film che resta impresso, con una tematica scomoda ma che purtroppo è una triste realtà.
Vivamente consigliato.

Ma Ma-Tutto andrà bene
un film di Julio Medem,con Penélope Cruz, Luis Tosar, Asier Etxeandia, Teo Planell, Anna Jiménez, Elena Carranza. Titolo originale: Ma Ma. Genere Drammatico, – Spagna, Francia, 2015, durata 111 minuti, distribuito da I Wonder Pictures.

Penélope Cruz: Magda
Luis Tosar: Arturo
Asier Etxeandía: Julián
Teo Planell: Dani
Mónica Sagrera: zia Sofia
Àlex Brendemühl: Raúl
Anna Jiménez: Natasha

Regia Julio Médem
Soggetto Julio Medem
Sceneggiatura Julio Médem
Produttore Penélope Cruz, Julio Médem
Casa di produzione Morena Films, Ma Ma Películas AIE, Mare Nostrum Productions
Distribuzione in italiano I Wonder Pictures
Fotografia Kiko de la Rica
Montaggio Iván Aledo
Musiche Alberto Iglesias, Eduardo Cruz
Scenografia Montse Sanz

aprile 12, 2020 Posted by | Drammatico | , , | Lascia un commento

Ti do i miei occhi

Antonio e Pilar sono sposati da dieci anni,con un figlio; si sono uniti per amore, ma allora cosa ci fa Antonio da uno psicologo?
Ha problemi di coppia?
In effetti si, ma non quelli che ci si aspetterebbe, problemi di incomunicabilità, di amore fisico in declino ecc.
Lo apprendiamo poco per volta.
Quello di Antonio,in realtà è un amore malato.
E parlare di amore, quando si usa la violenza più psicologica che fisica nei confronti dell’anello debole, storicamente, del nucleo familiare toglie
persino la volta di parlare d’amore.


Come può un uomo innamorato tiranneggiare, usare violenza verbale, dominio psicologico sulla propria compagna?
Dall’altro lato dello specchio c’è Pilar; è ancora innamorata di suo marito, indubbiamente, ma non sopporta più le vessazioni e l’amore sta pian piano
lasciando il campo alla consapevolezza della propria esistenza come essere umano, come essere pensante, dotato di una propria umanità, dignità.
Così parla liberamente con sua madre,sua sorella,la sua migliore amica di quello che la agita e la turba e alla fine prende una decisione;raccoglie un po di cose,prende suo figlio Juan e molla Antonio,riparando da sua sorella Ana.
Per Antonio si apre un periodo difficile; è innamorato di sua moglie e vuole gestire la sua rabbia. Così decide di frequentare un centro specializzato e dopo numerose sedute sembra finalmente in grado di convivere da vero coniuge con sua moglie. Che anche se non pienamente convinta,accetta di tornare sotto il tetto coniugale.


Ma un banalissimo episodio porta nuovamente Antonio a riprendere la strada così faticosamente abbandonata; arriva a denudare sua moglie e a lasciarla fuori dalla finestra di casa, completamente nuda.
Per Pilar è decisamente la fine.
Trova la forza di abbandonare il marito e di denunciarlo.E’ ora di iniziare una nuova vita, consapevole che non è certamente l’avere un pessimo marito una realizzazione personale e di vita…
Gran bel film,Ti do i miei occhi (titolo spagnolo originale Te doy mis oyos), diretto nel 2003 dalla regista spagnola Icíar Bollaín.
Un film che tratta un argomento che oggi è ancor di più stringente attualità,la violenza domestica; una violenza più psicologica che fisica, ma non per questo meno subdola, viscida.
Perchè le torture, le umiliazioni, non sono soltanto sessuali, non si manifestano solo con le botte. Si può essere violenti anche annichilendo il partner,umiliandolo psicologicamente trattandolo come una povera cosa e
non come un essere senziente. Il film ha il grandissimo merito di non mostrare scene di botte da orbi,di lividi e di ferite,ma di rendere evidente la condizione di sottomissione psicologica di Pilar.


Ma Pilar è intelligente, ha volontà. L’amore alla fine non può cedere il posto alla propria dignità.
Così la decisione definitiva di dire basta è l’unica possibile ed è anche la fine di un incubo durato molti,troppi anni.
Perchè lei abbia accettato l’inferno casalingo in cui ha vissuto non viene mai spiegato.Quello che conta è,per l’acuta Bollain,è la redenzione,la ribellione.
La presa di coscienza.
Che culmina in una scena in cui davvero lo spettatore di sesso maschile avverte un profondo disagio, almeno quello abituato a trattare la propria compagna come tale,con pari diritti e dignità.
Quando Antonio denuda la moglie e la chiude fuori dalla finestra la umilia in modo indicibile. Poi la trascina dentro, non certo per rimorso ma solo per continuare nella sua sequela di insulti.


Ma la povera Pilar, terrorizzata,si urina addosso. La scena è inquadrata dal basso, ovvero si vedono le caviglie della donna e non certo l’atto di urinare,ma quella pozza di urina ,lo sguardo terrorizzatoe umiliato di Pilar stringono lo stomaco dello spettatore
che già parteggiava per la donna e che ora si immedesima in una storia di umiliazioni antiche e recenti.
Grande cinema quello della Bollain, perchè è cinema di denuncia senza retorica, fatto tramite immagini e grazie anche a due attori bravissimi,Luis Tosar ma sopratutto una strepitosa Laia Marull,capace di tutte le espressioni di una persona tiranneggiata,
dallo sguardo umiliato a quello finale di recupero della dignità,di sfida verso il futuro,di libertà finalmente acquisita.
Un film davvero di grandissimo livello,molto apprezzato da tutta la critica ma anche dal pubblico.In rete troverete recensioni che si spingono fino all’entusiastico.


Fatti salvi commenti,per fortuna pochi, di maschietti sopratutto italici evidentemente abituati a ruoli di galli cedrone,di maschio dominante.
E vista la cronaca,purtroppo,sono ancora troppi.

Ti do i miei occhi
di Icíar Bollaín, con Luis Tosar, Laia Marull, Candela Peña, Rosa María Sardá. Titolo originale: Te doy mis ojos. Genere Drammatico – Spagna, 2003, durata 116 minuti

Laia Marull: Pilar
Luis Tosar: Antonio
Candela Peña: Ana
Rosa Maria Sardà: Aurora
Kiti Manver: Rosa

Regia Icíar Bollaín
Sceneggiatura Icíar Bollaín e Alicia Luna
Fotografia Carles Gusi
Montaggio Ángel Hernández Zoido
Musiche Alberto Iglesias
Scenografia Víctor Molero

gennaio 14, 2020 Posted by | Drammatico | , , | Lascia un commento