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Il gioco delle coppie


Alain, editore letterario di successo è a un bivio della sua carriera.
L’editoria digitale sta facendo passi da gigante e lui si trova di fronte al dilemma se accettare la sfida e lanciarsi nel complesso mondo
del digitale o proseguire con la tradizione, con i libri in formato cartaceo e quindi ignorare le sfide che gli ebook comportano.
Nel frattempo è anche alle prese con l’ultimo romanzo del suo amico Leonard, scrittore anticonformista del quale ha già pubblicato
altre opere.
Ma questa, a suo giudizio, mostra una pericolosa fase di involuzione e quindi rifiuta di pubblicarla.
Nonostante il parere contrario di sua moglie Selena, una stellina delle serie Tv, che invece giudica il libro il migliore della carriera di Leonard; ma il parere della donna è anche condizionato dalla relazione che la donna ha, da anni,con lo scrittore che a sua volte convive con Valerie, segretaria di un importante uomo politico.


A complicare la decisione finale di Alain si mette anche la relazione che l’uomo ha con Laure, un’esperta di marketing digitale, giovane e ambiziosa, sessualmente bisessuale e che spinge l’editore verso la nuova frontiera dell’informatica.
In questo valzer di amore e tradimenti si innestano le vicende personali dei protagonisti, divisi fra la vita pubblica, gli interessi e la vita privata.
Il gioco delle coppie, bruttissimo titolo italiano per l’originale Doubles vies, che sembra suggerire tutt’altra pellicola rispetto a quella che è in realtà
è un film diretto nel 2018 dal regista francese Olivier Assayas, tutto giocato su interminabili e francamente a tratti fastidiose divagazioni dei protagonisti sugli aspetti che comporta la nuova era del digitale.
Un film che non si schioda mai dalle schermaglie fra i protagonisti, borghesissimi rappresentanti della società francese, lontani dai problemi concreti
del quotidiano e quindi alle prese con problematiche che nel film sembrano pretestuose,quando non a tratti irritanti.
Il gioco delle coppie è l’esempio lampante della disparità di giudizio fra critica e pubblica,che raramente come in questo caso appare distante.
Lo spettatore qualunque si ritrova alle prese con un film confezionato con stile, ma verboso all’eccesso nel quale si innestano le pene amorose (sic.) dei protagonisti, legati da relazioni sesso/sentimentali e impegnati a disquisire, in interminabili cene, di libri e pettegolezzi, di politica e fatterelli, che alla lunga finiscono non solo per stancare ma anche per irritare lo spettatore.

Su tutto veleggia lo spettro del futuro digitale, visto da Alain come una sfida dai contorni incerti, da Selena come un’innovazione inutile e pericolosa e da Valerie come l’unica vera via del romanzo e del saggio.
Un po troppo poco per appassionare il pubblico, sconcertato da una serie infinita di dialoghi che avvengono davanti ad un bicchiere di vino e ad un antipasto; dialoghi per altro poco interessanti, che cercano di mescolare le idee dei protagonisti conciliandoli anche con il privato, che finisce per condizionare pesantemente le idee degli stessi.
Perchè se Selena sembra difendere a spada tratta il romanzo dell’amante e il giudizio appare inficiato proprio dalla relazione sentimentale, così come le decisioni di Alain appaiono prese in modo epidermico, vista la sua contemporanea relazione con Valerie, che a sua volta ne ha una contemporaneamente con una ragazza. Un micro cosmo che fa discorsi impegnati e che vive in maniera frivola il proprio privato,
quasi uno scollamento fra essere e apparire. E quando Alain decide di pubblicare il romanzo di Leonard su pressione e suggerimento di Selena non fa altro che confermare come le decisioni  prese siano più frutto della superficialità che del raziocinio.
Potrei citare il titolo di un film italiano per sintesi del film: Sotto il vestito niente.


Dietro la cortina fumogena alzata da Olivier Assayas, tutta dialoghi forbiti e citazioni, fra le quali la ormai tradizionale “Bisogna che tutto cambi perchè nulla cambi” di Tomasi di Lampedusa,dietro tutto dicevo c’è la pochezza del film.
Che si tramuta in un logorroico,torrenziale diluvio di parole che scivolano senza lasciare nulla, o meglio, lasciando solo un fastidioso senso di vuoto e francamente un po di invidia verso chi nella vita non ha da affrontare i veri problemi del quotidiano.
Il cast in qualche modo fa la sua parte, e ci mancherebbe, viste le qualità di Juliette Binoche (Selena) e di Guillaume Canet (Alain);
bene anche Vincent Macaigne (Leonard), alle prese con un personaggio scomodo, lo scrittore intellettualoide che disprezza la società salvo poi nutrirsi dei miti di essa,che tradisce la sua compagna salvo poi stancarsene, che frequenta Alain salvo poi tradirne la fiducia per anni diventando l’amante della moglie.
Personaggi umanamente squallidi e diciamocela tutta, anche intellettualmente.
Un film del quale sconsiglio la visione a meno che non si sia attratti da pistolotti sul sesso degli angeli.

Il gioco delle coppie

Regia di Olivier Assayas, con Guillaume Canet, Juliette Binoche, Vincent Macaigne, Nora Hamzawi, Christa Théret. Titolo originale: Doubles vies. Titolo internazionale: Non fiction. Genere Commedia, – Francia, 2018, durata 100 minuti

Guillaume Canet: Alain
Juliette Binoche: Selena
Vincent Macaigne: Léonard
Christa Théret: Laure
Nora Hamzawi: Valérie
Pascal Greggory: Marc-Antoine

Regia Olivier Assayas
Sceneggiatura Olivier Assayas
Produttore Charles Gillibert
Produttore esecutivo Sylvie Barthet
Casa di produzione CG Cinéma
Distribuzione in italiano I Wonder Pictures
Fotografia Yorick Le Saux
Montaggio Simon Jacquet
Scenografia François-Renaud Labarthe

febbraio 27, 2020 - Posted by | Commedia | , , , , ,

2 commenti »

  1. Sugerencia a don Paul Templar: Mirella D´Angelo, Hércules.

    Commento di expediente mena | febbraio 27, 2020 | Rispondi


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