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Amarcord


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Amarcord, io mi ricordo.
Per dirla all’emiliana o alla riminese,a m’arcord.
Un passato che rivive tra nostalgia e rimpianto,tipici sentimenti di chi sa che il passato irrimediabilmente non c’è più che si fonde
magicamente,liricamente,con immagini di rara bellezza.
Tutte in galleria,come un percorso ideale intrapreso nei meandri della memoria,alla ricerca di sensazioni visive,da risvegliare.
Quelle sensazioni che ti fanno pulsare il cuore e ritornare ad un passato irripetibile,come tutto quello che appartiene
alla vita e alla storia.
Che è personale ma che si fonde mirabilmente con la storia collettiva,attraverso volti e personaggi,più o meno sfumati,più o meno importanti
ma tutti impressi come una ruga sul volto nei ricordi.
Amarcord è il film più autobiografico,più sentito di Federico Fellini.
E non poteva essere altrimenti.
Perchè quando metti mano alla tua storia personale vai a smuovere qualcosa che credi di aver messo da parte,che ti accompagna ma che
man mano esplode proprio nel momento in cui li riporti alla vita,o meglio,a nuova vita.
Così il film si trasforma in una serie ininterrotta di emozioni visive sull’onda del passato vissuto nella natia Rimini,quella degli anni trenta.
Così diversa dalla Rimini degli anni settanta proprio come è differente il grande Federico nella maturità,com’è ovvio che sia.

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Amarcord è un percorso a ritroso,ideale.
Un viaggio nella Rimini degli anni 30,probabilmente il 1933,visto che ci sono sequenze con la Mille Miglia e il passaggio del Rex,atteso dalla folla con ansia spasmodica;un percorso di un anno,di primavera in primavera,che però segna profondamente la vita del protagonista del film e lo trasporta nell’età adulta.
Una carrellata di personaggi si susseguono sullo schermo;tristi,allegri,goliardici,meschini.
Tutte le categorie umane sfilano senza soluzione di continuità,tanto che in ognuno di essi lo spettatore sembra riconoscere qualcuno deja vu.
Infatti Fellini disse “« Mi sembra che i personaggi di Amarcord, i personaggi di questo piccolo borgo, proprio perché sono così, limitati a quel borgo,
e quel borgo è un borgo che io ho conosciuto molto bene, e quei personaggi, inventati o conosciuti, in ogni caso li ho conosciuti o inventati molto bene, diventano improvvisamente non più tuoi, ma anche degli altri »
Acuta l’osservazione di Valter Veltroni:”Basterebbe il Rex,, la sequenza dell’arrivo del Rex per vedere Amarcord di Fellini. Viaggio e conquista, speranza e realizzazione, povertà e riscatto sono nel sogno di quella nave, scura e maestosa.
Il film è il Rex della memoria. È una traversata in un mondo di poesia, di frammenti di reale, di schiette furbizie dei ricordi di un tempo. Con Fellini, e con lo stupore di Tonino Guerra, guardiamo, in quella Romagna fascista, una terra carnosa e irriverente, surreale e sognatrice. Lo zio matto che dalla cima di un albero grida: «Voglio una donna» e viene salvato da una monaca nana, il volto di lince della Gradisca,
le «bombardone» della tabaccaia che inizia al sesso gli adolescenti, l’apparire del mito delle Mille Miglia, la neve che scende copiosa, il vecchietto che non smette più di fischiare e muovere il braccio per testimoniare la virilità difesa.”

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Protagonista del film è Titta Benzi,storico amico d’infanzia del regista,così come l’altra protagonista è la Rimini tanto amata e detestata;una Rimini ricostruita negli studios di Cinecittà e ad Ostia,una cittadina pigra e indolente,goliardica e provinciale.
Lo sfondo è quello dell’Italia fascista,preda di un regime menzognero e prevaricatore,un’Italia quasi infantile che subisce le angherie del regime,dalle divise dei balilla alle adunate oceaniche,dalla retorica del Duce ha sempre ragione alle sue magniloquenti quanto effimere manifestazioni di grandezza.
Titta è figlio di Aurelio e Miranda;il primo è un piccolo costruttore,la seconda una tranquilla donna di casa.
I due sono perennemente preda di bisticci familiari,mentre nella famiglia ci sono anche zio Teo,dalla salute mentale precaria e spesso ricoverato in manicomio e zio Pataca,dalla vocazione parassitaria,che vegeta alle spalle della famiglia.
Il microcosmo esterno pullula di personaggi di ogni genere;quello femminile,che provoca in Titta i primi pruriti adolescenziali ha in Gradisca la figura più potente.
La donna è una procace parrucchiera,protagonista dei sogni erotici del giovane e dei suoi amici;c’è la tabaccaia dai seni monumentali,che in qualche modo “svezzerà” Titta e Volpina,che ad onta del suo nome è una scemacchiotta ai limiti della ninfomania.
Il piccolo universo si popola anche di grottesche o tenere figure maschili,come Giudizio il matto o Biscein,il patologico bugiardo,il suonatore cieco di Cantarel e tanti,tanti altri volti che costuiscono l’humus nel quale il giovane Titta forma il suo carattere e sperimenta delusioni e alimenta speranze.
Amarcord quindi vive di questo perenne ricordo di una stagione,forse la più importante nella vita di ognuno,quella che ti strappa dalla condizione di adolescente e ti trasporta nel mondo contraddittorio,pericoloso e schizofrenico degli adulti.

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Fellini va alla ricerca delle sue radici,con nostalgia ed evidente rimpianto.
Il suo percorso negli archivi della memoria riporta a galla un periodo storico irrimediabilmente cancellato dalla storia,non certo dai ricordi personali.
Come dimenticare tuo padre antifascista costretto a bere l’olio di ricino?
Ricordi impressi come un marchio di fuoco,in cui si risveglia la tenerezza per le prime pulsioni sessuali e per le esperienze maturate con il gruppo di amici con cui ha condiviso una stagione importante della vita.
Un’esperienza visiva potente,tutta da gustare.
Che vive anche si una sonorità assolutamente straordinaria,sottolineata dalle splendide musiche di Nino Rota che accompagnano il film.
Due ore di cinema di altissimo livello.
Popolato da una galleria di attori straordinari.
Dalla sempre intensa Pupella Maggio,che interpreta la madre di Titta a Armando Brancia che interpreta il padre a Magali Noel,la conturbante Gradisca a Ciccio Ingrassia che è Teo,fino a Bruno Zanin che interpreta Titta,gli attori guidati dalla maniacale mano di Fellini danno il meglio di se.
Tra le molte sequenze memorabili del film,cito il volo del pavone nella neve,il passaggio del transatlantico Rex,la giunonica tabaccaia che soffoca Titta con i seni,Teo sull’albero,la morte della madre di Titta,episodio chiave per la crescita e l’ingresso nell’età adulta.

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L’accoglienza ad Amarcord,uscito nelle sale italiane il 18 dicembre 1973 fu da subito unanimemente entusiasta;per la prima volta un film di Fellini sbancò il botteghino e ben presto il film venne candidato agli Oscar,con la vittoria del 1975 come miglior film straniero,dopo una strenua lotta con un altro splendido film,Cognome e nome: Lacombe Lucien (Lacombe Lucien), regia di Louis Malle.
In definitiva,un film che coniuga in maniera pressochè perfetta la poesia con l’immagine;uno dei capolavori assoluti del cinema,capace di portare nel linguaggio comune un altro termine diventato un neologismo nazionale,mutuato dal titolo del film,Amarcord,come Dolce vita per indicare un’epoca storica della vita sociale italiana.
Vi segnalo la presenza su You tube di un rarissimo dietro le quinte del film,con scene riprese durante le riprese del film;https://www.youtube.com/watch?v=ptXUjMNNALc
Per quanto riguarda lo streaming (e il download del film) una bella versione è presente a questo indirizzo:https://openload.co/f/bGVOD01axmw/Federico_Fellini-Amarcord__1973.mp4

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Amarcord

Un film di Federico Fellini. Con Bruno Zanin, Pupella Maggio, Armando Brancia, Giuseppe Ianigro, Gianfilippo Carcano, Ciccio Ingrassia, Magali Noël, Nandino Orfei, Alvaro Vitali, Josiane Tanzili, Mario Liberate, Maria Antonietta Beluzzi, Antonino Faa Di Bruno, Francesco Maselli, Lino Patruno, Nando Orfei, Aristide Caporale Commedia, , durata 127 min. – Italia 1973.

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Bruno Zanin: Titta
Armando Brancia: Aurelio, il padre di Titta
Pupella Maggio: Miranda, la madre di Titta
Giuseppe Ianigro: Il nonno di Titta
Nando Orfei: Lallo, detto “Il Pataca”, lo zio di Titta
Stefano Proietti: Oliva, il fratello di Titta
Magali Noël (con il nome Magali’ Noel): Ninola “La Gradisca”
Donatella Gambini: Aldina Cordini
Gianfranco Marrocco: Il figlio del conte
Antonino Faà di Bruno: Il conte di Lovignano
Fernando De Felice: Cicco
Bruno Lenzi: Gigliozzi
Bruno Scagnetti: Ovo
Alvaro Vitali: Naso
Ciccio Ingrassia: Teo, lo zio matto
Francesco Vona: Candela
Aristide Caporale: Giudizio
Luigi Rossi: L’avvocato
Gennaro Ombra: Biscein
Domenico Pertica: Il cieco di Cantarel
Ferruccio Brembilla: Il leader fascista
Marcella Di Folco (con il nome Marcello Di Falco): Il Principe
Antonio Spaccatini: Il federale
Maria Antonietta Beluzzi: La tabaccaia
Josiane Tanzilli: La Volpina
Gianfilippo Carcano: Don Balosa
Mauro Misul: Il professore di filosofia
Armando Villella: Fighetta, il professore di greco
Mario Liberati: Ronald Coleman, proprietario del teatro Fulgor

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Piero Tiberi: Titta Biondi
Corrado Gaipa: Aurelio, il padre di Titta; Oste
Ave Ninchi: Miranda, la madre di Titta
Fausto Tommei: Il nonno di Titta
Romolo Valli: Lallo, lo zio di Titta
Paola Dapino: Gina, la cameriera
Enzo Robutti: Teo, lo zio matto
Adriana Asti: La Gradisca; La Volpina
Oreste Lionello: Giudizio; Il federale; Fighetta, il professore di greco; Muratore poeta
Solvejg D’Assunta: La tabaccaia
Enzo Robutti: Il cieco di Cantarel
Renato Cortesi: Fascista pelato dal barbiere; Uomo in strada; Ragazzo con le occhiaie; Il fascista dell’olio di ricino
Isa Bellini: Prof.ssa di matematica
Carlo Baccarini: Il fotografo; Il barbiere; Uomo che corteggia Gradisca; Operaio al cantiere; Uomo con paglietta
Gigi Reder: Prof. di scienze; Fascista sulla sedia a rotelle
Pietro Biondi: Il carabiniere Matteo, marito di Gradisca; Padrone del caffè commercio
Roberto Bertea: Madonna, il vetturino
Marcello Tusco: Il proprietario del Fulgor
Mario Feliciani: Zeus, il preside
Mario Maranzana: Un cliente del barbiere; Fascista che urla nel buio
Silvio Spaccesi: il vecchio preso in giro
Enrico Lazzareschi: Il fascista toscano
Mario Maldesi: L’emiro nano; L’infermiere del manicomio; Parole sussurrate
Enzo Liberti: Medico dell’ospedale
Laura Carli: La monaca nana
Moira Orfei: Donna sulla barca
Federico Fellini: Le pernacchie

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Regia Federico Fellini
Soggetto Federico Fellini, Tonino Guerra
Sceneggiatura Federico Fellini, Tonino Guerra
Produttore Franco Cristaldi
Casa di produzione F.C. Produzioni
Distribuzione (Italia) Dear International
Fotografia Giuseppe Rotunno
Montaggio Ruggero Mastroianni
Effetti speciali Adriano Pischiutta
Musiche Nino Rota
Scenografia Danilo Donati
Costumi Danilo Donati
Trucco Rino Carboni

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1 Amarcord 2:07
2 La fogaraccia 2:14
3 Le Manine di Primavera 3:10
4 Lo Struscio: Quel Motivetto che mi piace tanto / Stormy Weather / La cucaracha 3:54
5 L’emiro e le sue odalische: Solomè abat jour 2:30
6 Gary Cooper 1:23
7 La gradisca e il principe 2:29
8 Siboney 2:09
9 Danzando nella nebbia 1:49
10 Tutti a vedere il rex 2:27
11 Quanto mi piace la gradisca 3:08
12 La Gradisca si Sposa e se ne và 2:16

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“Mio nonno fava i mattoni, mio babbo fava i mattoni, fazzo i mattoni anche me’, ma la casa mia n’dov’è?”

“Le manine scoincidono nel nostro paese con la primavera. Sono delle manine di cui che girano, vagano qua e vagano anche là.
Sorvolano il cimitero di cui tutti riposano in pace. Sorvolano il lungomare come i tedeschi… datesi che il freddo non lo sentono loro.
Ai… Al… Vagano, vagano. Girolanz… Gironzano… Gironzalon… Vagano, vagano, vagano!”

“Commetti atti impuri? Ti tocchi? Lo sai che San Luigi piange quando ti tocchi? “

Guarda quante ce ne sono, oh. Milioni di milioni di milioni di stelle. Ostia ragazzi, io mi domando come cavolo fa a reggersi tutta sta baracca.
Perché per noi, così per dire, in fondo è abbastanza facile, devo fare un palazzo: tot mattoni, tot quintali di calce, ma lassù, viva la Madonna,
dove le metto le fondamenta, eh? Non son mica coriandoli.”

“Qual gentil donzella, tu mi appari Aldina bella, e in tutto il tuo folgore (DANG!), mi fai battere forte il cuore (DANG, DANG!).”

“E bà de mi bà diceva così: Per campè sèn bsegna pisé spes com’i chen. Per campar sano bisogna pisciar spesso come il cano.”

“Un babbo fa per cento figlioli e cento figlioli non fanno per un babbo, questa è la verità.”

“È l’inverno che muore, sai, e arriva la primavera. Me la sento già addosso io, la primavera!”

“Eh, sono ancora qui che aspetto! Vorrei un incontro di quelli lunghi, che durano tutta una vita… Vorrei avere una famiglia, io: dei bambini, un marito per scambiare due parole la sera…
magari bevendo il caffelatte… e poi qualche volta fare anche l’amore, perché quando ci vuole ci vuole! Ma più che l’amore contano i sentimenti, e io ne ho tanto di sentimento dentro di me…
Ma a chi lo do? Chi è che lo vuole?”

“Camerati, hanno detto pane e lavoro; ma non è meglio pane e un bicchiere di vino?”

“Ma come si fa a non toccarsi quando si vede la tabaccala con tutta quella roba, che ti dice “Esportazione?”!? E la professoressa di matematica che sembra un leone…
Madonna, ma come si fa a non toccarsi quando ti guarda così?”

“Le manine coincidono nel nostro paese con la primavera. Sono delle manine di cui che girano, vagano qua e vagano anche là. Sorvolano il cimitero di cui tutti riposano in pace.
Sorvolano il lungomare come i tedeschi… datesi che il freddo non lo sentono loro. Ai… Al… Vagano, vagano. Girolanz… Gironzano… Gironzalon… Vagano, vagano, vagano!”

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Oscar 1975 per il miglior film straniero
David di Donatello 1974 per il miglior film a Federico Fellini e Franco Cristaldi
per la miglior regia a Federico Fellini
Nastro d’argento 1974 per il miglior regista del miglior film a Federico Fellini
Miglior soggetto originale a Federico Fellini
Miglior sceneggiatura a Federico Fellini e Tonino Guerra
Miglior attore esordiente a Gianfilippo Carcano
Globo d’oro 1975 per il miglior film a Federico Fellini e Franco Cristaldi
National Board of Review Awards 1974 per il miglior film straniero

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febbraio 14, 2017 - Posted by | Capolavori, Commedia | , , , , , , , , , ,

1 commento »

  1. Una pietra miliare del nostro cinema, con una serie di caratteristi di spessore e una fotografia eccezionale

    Commento di loscalzo1979 | febbraio 14, 2017 | Rispondi


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