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Gli Oscar del 1974

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La sera del 2 aprile 1974 a Los Angeles presso il Dorothy Chandler Pavilion si svolge la tradizionale serata dedicata all’assegnazione degli Oscar cinematografici assegnati dalla Academy Award.
E’ l’edizione 46 della cerimonia e a condurre la serata sono gli attori John Huston, Diana Ross, Burt Reynolds e David Niven.
Sono 2 i film che vantano il maggior numero di nomination, La stangata di George Roy Hill e L’esorcista di William Friedkin che si presentano alla serata finale con 10 nomination ciascuno,seguiti da Come eravamo diretto da Sidney Pollack con 6 e da Sussurri e grida di Bergman con 5 ex aequo con Un tocco di classe di Melvin Frank.
Grandissima attesa per il premio al miglior attore vista la cinquina dei finalisti: Jack Lemmon con Salvate la tigre, Marlon Brando con Ultimo tango a Parigi,
Jack Nicholson con L’ultima corvée, Al Pacino con Serpico e Robert Redford con La stangata.
C’è attesa anche per la miglior attrice protagonista visto il duello che dovrebbe vedere fronteggiarsi barbra Streisand con Come eravamo e Ellen Burstyn con L’esorcista.
Viceversa abbastanza scontato è l’esito per il miglior film straniero, dove grande favorito è Effetto notte di Truffaut.

Il Dorothy Chandler Pavilion, sede degli Oscar 1974

Secondo pronostico a vincere come miglior film è La stangata che batte L’esorcista e purtroppo lo splendido Sussurri e grida ma la grande,grandissima sorpresa arriva dal premio per il miglior attore che viene attribuito a Jack Lemmon (molto immeritatamente) per Salvate la tigre.
Glenda Jackson vince il premio come migliore attrice protagonista mentre John Houseman con Esami per la vita e il Miglior attore non protagonista mentre la figlia d’arte Tatum O’Neal vince come miglior attrice non protagonista con Paper Moon – Luna di carta ed è la più giovane attrice a ricevere un Oscar.
La miglior canzone è la stupenda The Way We Were, musica di Marvin Hamlisch, testo di Alan Bergman e Marilyn Bergman dal fil Come eravamo che diverrà poi un cavallo di battaglia di Barbra Streisand interprete del film stesso.
I premi alla carriera vengono attribuiti a Henri Langlois e al grandissimo Groucho Marx

Curiosità:
La stangata vinse 7 Oscar su 10 (tra i quali miglior regia, miglior film)
L’esorcista vince solo 2 Oscar su 10 peraltro nemmeno di grande prestigio come Miglior sceneggiatura non originale e Miglior sonoro
Tatum O’ Neal a 10 anni per Paper Moon – Luna di carta, è la più giovane interprete in assoluto premiata con l’Oscar
jack Nicholson ottiene una delle sue dodici nomination (tre Oscar vinti) della carriera, che ne fanno l’attore più premiato di Hollywood
Sussurri e grida, splendido film di Bergman finisce per vincere un solo Oscar su 5 nomination per la miglior fotografia

Legenda: in neretto i vincitori degli Oscar


Miglior film

1 La stangata

La stangata (The Sting), regia di George Roy Hill

Le altre nomination

1 American Graffiti
American Graffiti, regia di George Lucas

1 Sussurri e grida
Sussurri e grida regia di Ingmar Bergman

1 L'esorcista
L’esorcista regia di William Friedkin

1 un tocco di classe
Un tocco di classe (A Touch of Class), regia di Melvin Frank

Miglior regia

2 Robert Redford La stangata

George Roy Hill – La stangata (The Sting)

Le altre nomination

George Lucas – American Graffiti
Ingmar Bergman – Sussurri e grida
William Friedkin – L’esorcista
Bernardo Bertolucci – Ultimo tango a Parigi

Miglior attore protagonista

2 Jack Lemmon Salvate la tigre

Jack Lemmon – Salvate la tigre (Save the Tiger)

Le altre nomination

2 marlon Brando Ultimo tango a Parigi
Marlon Brando – Ultimo tango a Parigi

2 jack Nicholson L'ultima corvee
Jack Nicholson – L’ultima corvée

2 Al Pacino Serpico
Al Pacino – Serpico

2 Robert Redford La stangata
Robert Redford – La stangata (The Sting)

Migliore attrice protagonista

3 Glenda Jackson Un tocco di classe

Glenda Jackson – Un tocco di classe (A Touch of Class)

Le altre nomination

3 Marsha Mason - Un grande amore da 50 dollari
Marsha Mason – Un grande amore da 50 dollari

3 Ellen Burstyn - L'esorcista
Ellen Burstyn – L’esorcista (The Exorcist)

3 Barbara Streisand Come eravamo
Barbra Streisand – Come eravamo (The Way We Were)

3 Joanne Woodward - Summer Wishes, Winter Dreams
Joanne Woodward – Summer Wishes, Winter Dreams

Miglior attore non protagonista

4 John Houseman - The Paper Chase

John Houseman – Esami per la vita

Le altre nomination

4 Vincent Gardenia - Batte il tamburo lentamente
Vincent Gardenia – Batte il tamburo lentamente

4 Jack Gilford - Salvate la tigre
Jack Gilford – Salvate la tigre (Save the Tiger)

4 Jason Miller - L'esorcista
Jason Miller – L’esorcista (The Exorcist)

4 Randy Quaid - L'ultima corvée
Randy Quaid – L’ultima corvée

Migliore attrice non protagonista

5 Tatum O'Neal - Paper Moon - Luna di carta

Tatum O’Neal – Paper Moon – Luna di carta (Paper Moon)

5 Linda Blair - L'esorcista
Linda Blair – L’esorcista (The Exorcist)

5 Candy Clark - American Graffiti
Candy Clark – American Graffiti

5 Madeline Kahn - Paper Moon
Madeline Kahn – Paper Moon – Luna di carta (Paper Moon)

5 Sylvia Sidney - Summer Wishes, Winter Dreams
Sylvia Sidney – Summer Wishes, Winter Dreams

Miglior sceneggiatura originale

David S. Ward – La stangata (The Sting)
George Lucas, Gloria Katz e Willard Huyck – American Graffiti
Ingmar Bergman – Sussurri e grida
Steve Shagan – Salvate la tigre (Save the Tiger)
Melvin Frank e Jack Rose – Un tocco di classe

Miglior sceneggiatura non originale

William Peter Blatty

William Peter Blatty – L’esorcista (The Exorcist)
Robert Towne- L’ultima corvée
James Bridges – Esami per la vita
Alvin Sargent – Paper Moon – Luna di carta (Paper Moon)
Waldo Salt e Norman Wexler – Serpico

Miglior film straniero

Effetto notte

Effetto notte (La nuit américaine), regia di François Truffaut (Francia)

Le altre nomination
The House on Chelouche Street (Ha-Bayit Berechov Chelouche), regia di Moshé Mizrahi (Israele)
L’invito (L’invitation), regia di Claude Goretta (Svizzera)
Il pedone (Der fußgänger), regia di Maximilian Schell (Repubblica Federale Tedesca)
Fiore di carne (Turks fruit), regia di Paul Verhoeven (Olanda)

Miglior fotografia

Sven Nykvist

Sven Nykvist – Sussurri e grida
Owen Roizman – L’esorcista (The Exorcist)
Jack Couffer – Il gabbiano Jonathan
Robert Surtees – La stangata
Harry Stradling Jr. – Come eravamo (The Way We Were)

Miglior montaggio

William Reynolds – La stangata
Ralph Kemplen – Il giorno dello Sciacallo
Verna Fields e Marcia Lucas – American Graffiti
Frank P. Keller e James Galloway – Il gabbiano Jonathan
Jordan Leondopoulos, Bud Smith, Evan Lottman e Norman Gay – L’esorcista

Miglior scenografia

Henry Bumstead e James Payne – La stangata
Bill Malley e Jerry Wunderlich – L’esorcista
Philip Jefferies e Robert de Vestel – Tom Sawyer
Lorenzo Mongiardino, Gianni Quaranta e Carmelo Patrono – Fratello sole, sorella luna
Stephen Grimes e William Kiernan – Come eravamo (The Way We Were)

Migliori costumi

Edith Head

Edith Head – La stangata
Marik Vos – Sussurri e grida
Piero Tosi – Ludwig
Donfeld – Tom Sawyer
Dorothy Jeakins e Moss Mabry – Come eravamo (The Way We Were)

Migliore colonna sonora

Originale drammatica

Marvin Hamlisch

Marvin Hamlisch – Come eravamo
John Williams – Un grande amore da 50 dollari
Georges Delerue – Il giorno del delfino
Jerry Goldsmith – Papillon
John Cameron – Un tocco di classe

Adattamento con canzoni originali

Marvin Hamlisch – La stangata
Andre Previn, Herbert Spencer e Andrew Lloyd Webber – Jesus Christ Superstar
Richard M. Sherman, Robert B. Sherman e John Williams – Tom Sawyer

Miglior canzone
The Way We Were, musica di Marvin Hamlisch, testo di Alan Bergman e Marilyn Bergman – Come eravamo
All That Love Went to Waste, musica di George Barrie, testo di Sammy Cahn – Un tocco di classe
Live and Let Die, musica e testo di Paul McCartney e Linda McCartney – Agente 007 – Vivi e lascia morire
Love, musica di George Bruns, testo di Floyd Huddleston – Robin Hood
Nice to Be Around, musica di John Williams, testo di Paul Williams – Un grande amore da 50 dollari

Miglior sonoro

Robert Knudson e Chris Newman – L’esorcista
Richard Portman e Lawrence O. Jost – Il giorno del delfino
Donald O. Mitchell e Lawrence O. Jost – Esami per la vita
Richard Portman e Les Fresholtz – Paper Moon – Luna di carta
Ronald K. Pierce e Robert Bertrand – La stangata

Miglior documentario

The Great American Cowboy, regia di Kieth Merrill
Always a New Beginning, regia di John D. Goodell
Battle of Berlin (Schlacht um Berlin), regia di Franz Baake
Journey to the Outer Limits, regia di Alexander Grasshoff
Walls of Fire, regia di Herbert Kline e Edmund Penney

Miglior cortometraggio

The Bolero, regia di William Fertik
Clockmaker, regia di Richard Gayer
Life Times Nine, regia di Pen Densham e John Watson

Miglior cortometraggio documentario

Princeton: A Search for Answers, regia di Julian Krainin e DeWitt L. Sage Jr.
Background, regia di Carmen D’Avino
Children at Work (Paisti Ag Obair), regia di Louis Marcus
Christo’s Valley Curtain, regia di Ellen Giffard e Albert Maysles
Four Stones for Kanemitsu, regia di Terry Sanders

Miglior cortometraggio d’animazione

Frank Film, regia di Caroline Mouris e Frank Mouris
The Legend of John Henry, regia di Sam Weiss
Pulcinella, regia di Emanuele Luzzati

Premio alla carriera

Henri LangloisHenri Langlois

Groucho MarxGroucho Marx

Premio umanitario Jean Hersholt
Lew Wasserman

Premio alla memoria Irving G. Thalberg
Lawrence Weingarten

Katharine Hepburn

Katharine Hepburn

Jack lemmon

Jack Lemmon, Oscar come migliore attore protagonista

John Houseman

John Houseman, Oscar come migliore attore non protagonista

George Roy Hill

George Roy Hill, miglior regista

Tatum O'Neal

Tatum O’Neal migliore attrice non protagonista

Brinner e Truffaut

Yul Brinner e Truffaut, Oscar per Effetto notte

1974 presentatori Peck e Minnelli 2

Gregory Peck e Liza Minnelli annunciano il vincitore del miglior attore

1974 presentatori Peck e Minnelli

dicembre 30, 2014 Posted by | Oscar, Oscar story | | Lascia un commento

Sylvia Kristel

Sylvia Kristel foto 0

La vicenda umana e professionale di Sylvia Kristel, l’affascinante attrice di origini olandesi ha molto in comune con quelle di altre star del cinema che, conosciuto il grande successo per un film alla fine hanno visto la loro carriera cinematografica e specularmente la propria storia personale irreversibilmente mutate proprio per colpa di quello stesso successo,che ha finito per stravolgerne la vita incanalando la loro carriera cinematografica lungo binari obbligati.
Il caso di Sylvia Kristel è uno di questi, un caso in fondo triste che porta ad accostare il suo nome a quello di altre sfortunate attrici come Tina Aumont,Marisa Mell o, per fare un parallelo con il nostro cinema con le vite di Lilli Carati e Karin Schubert.
Sono solo alcuni casi, ma il cinema purtroppo può portare come esempi numerosi altri casi di vite vissute e bruciate ad una velocità molto più elevata di quella della gente comune.
Nel caso di Sylvia Kristel sono diversi i fattori che l’hanno portata ad una morte prematura, due mesi dopo aver compiuto 60 anni;un cocktail terribile fatto di dipendenze da alcool,droga e fumo di sigarette come da lei stessa raccontato nel libro Nue (Nuda), nel quale ha ripercorso la sua vita pubblica ma sopratutto privata,nella quale c’è stato spazio per due dipendenze che le hanno fatto compagnia dalla prima adolescenza, ovvero l’alcool che lei ha ammesso di aver iniziato a consumare in grandi quantità fino da quando aveva 12 anni e le sigarette, delle quali ha abusato più o meno dallo stesso periodo.
Mia madre mi addormentava mettendomi sulla bocca uno straccio imbevuto di cognac“, racconta la Kristel nella sua autobiografia e racconta della dipendenza da super alcolici di sua madre e di quella da birra di suo padre, un campione di tiro al piattello che durante una gara perde parte dell’udito per un’imprudenza e che da quel momento affogherà anche lui negli alcolici la propria delusione.
Sylvia Kristel nasce a Utrecht in Olanda il 28 settembre 1952;i suoi genitori gestiscono l’Hotel Commerce in piazza della stazione nella cittadina olandese e qui Sylvia cresce e diventa un’adolescente fino al giorno in cui suo padre non cambia la vita della ragazza e di tutta la famiglia portando a casa una donna e costringendo Sylvia e sua madre ad andare a vivere altrove.

Il suo primo grande successo: Emmanuelle

Per aiutare sua madre e la famiglia inizia a lavorare ben presto, facendo prima la segretaria,poi la cameriera e infine la modella; grazie ad un fotografo di Utrecht posa per alcune foto e la sua bellezza viene immediatamente notata.Partecipa ad alcuni concorsi di bellezza e diviene prima Miss TV Olanda, poi miss TV Europa.Ha 21 anni,è bellissima ed accetta la corte di Hugo Claus,di ventiquattro anni più grande di lei;con il suo uomo gira l’Europa, imparando a parlare in varie lingue.Diventa anche madre di Arthur e contemporaneamente accetta di fare del cinema;i primi tre film, girati tutti nel 1973, la vedono protagonista di piccole parti.
Si tratta di tre pellicole di discreto livello e di buona visibilità, ovvero L’amica di mio marito di Pim De La Parra, il suo vero esordio seguite da Perché i gatti e Nuda dietro la siepe.

Sylvia Kristel-Emmanuelle 2Con Laura Gemser in Emmanuelle 2

Nel 1974 la sua vita cambia definitivamente il giorno in cui le viene proposto il ruolo di Emmanuelle nel film omonimo diretto da Just Jaeckin su un soggetto romanzato da Emmanuelle Arsan.Il film ha un successo planetario e da un giorno all’altro Sylvia Kristel diventa una star, richiestissima da tutti.
Ma l’eroina creata dalla Arsan sarà per lei una trappola che la imprigionerà definitivamente in un personaggio dal quale non potrà più liberarsi e con il quale dovrà fare i conti per tutta la vita.Diventa un vero modello erotico, il desiderio maschile incarnato donna e il pubblico maschile la vuole così, eccitante e desiderabile.

Sylvia Kristel-Emmanuelle 3, foto A

Emmanuelle 3

Nella sua autobiografia così la Kristel racconta la sua audizione per Emmanuelle:
Io indosso un abito lingerie con spalline che termina mostrando le mie cose; mi siedo e sorrido ,ho 20 anni con tutto il coraggio di quella età, tutto il desiderio di conquistare. Approfitto di una domanda noiosa sulla mia educazione per far rotolare la spallina del vestito lentamente in avanti fino a che una cade, poi faccio lo stesso conl’altra.Loro continuano a parlare e nel frattempo l’aria un po fredda irrigidisce i miei seni. La mia apparente rilassatezza li impressiona alcuni di loro hanno anche le punte delle loro lingua fuori dalla bocca …
Le lunghe code sugli Champs Elysee,l’incredibile successo mondiale del film creano all’attrice più problemi che altro.Stordita dalla popolarità, la Kristel accetta il ruolo di Andrea nel film Es war nicht die Nachtigall uscito in Italia con il titolo L’usignolo e l’allodola , una pellicola smaccatamente erotica,mentre Mocky la chiama sul set del drammatico Un lenzuolo non ha tasche, film praticamente sconosciuto in Italia che racconta la storia di un giornalista che fonda un giornale anticonformista con il quale attacca gli scandali nascosti di alcuni partiti e che pagherà con la vita il suo impegno.

Sylvia Kristel-Una donna una preda

Una donna una preda

Sylvia Kristel-Un lenzuolo non ha tasche

Un lenzuolo non ha tasche

Nel 1975 il clamore di Emmanuelle si è in parte attenuato ma i produttori vogliono ancora sfruttare l’onda lunga dei romanzi della Arsan;così alla Kristel viene proposto un sequel chiamato Emmanuelle 2 l’antivergine diretto questa volta da Francis Giacobetti; nel film è presente, in un ruolo di secondo piano Laura Gemser.L’attrice asiatica, che nello stesso anno gira Emanuelle nera non ruba la scena alla Kriste ma alla fine i risultati del film sono davvero deludenti,sia sul piano artistico che su quello meramente commerciale.
Nel frattempo il regista Alain Robbe-Grillet la scrittura in una parte di secondo piano nello scabroso Giochi di fuoco;Grillet non è certo un regista da film erotici ma le sue pellicole comunque abbondano di sequenze di nudo e così, ancora una volta, la Kristel deve spogliarsi.
Di questa scelta dei registi, che la vogliono più nuda che vestita la Kristel si lamenterà nella sua autobiografia,mostrando tutto il suo rimpianto per non essere stata scelta per ruoli più drammatici che legati alla bellezza del suo corpo.

Sylvia Kristel-Un amore in prima classeCon Montesano in Un amore in prima classe

Sylvia Kristel lavora, nei tre film successivi in soggetti smaccatamente erotici;Una femmina infedele di Roger Vadim del 1976,Il margine (La marge) di Walerian Borowczick sempre nel 1976 e Alice ou la dernière fugue di Claude Chabrol del 1977, tre film che ne rilanciano la fama e l’immagine di donna simbolo di un erotismo delicato e sottilmente perverso.
Poi arriva un film in cui sia il regista sia la stessa Kristel tentano di modificare l’immagine stereotipata dell’artista:si tratta di Tre simpatiche carogne diretto da Francis Girod nel 1977, accanto a Depardieu e Michel Piccoli;un film ambientato durante la guerra, uno strano gangster movie dall’ambientazione del tutto particolare nel quale la Kristel è la donna di Depardieu,un ladro internato in un manicomio dal quale evaderà con un agente di polizia.
Ma l’attrice ha comunque dei rimpianti; come racconta nella sua autobiografia,”Io volevo recitare con i vestiti, i registi mi volevano invece senza vestiti” affiora la malinconia, il rimpianto per non aver mai potuto dimostrare le sue capacità recitative.
L’occasione l’avrebbe anche perchè nel 1978 il regista olandese Wim Verstappen la chiama per un film drammatico a sfondo bellico,Pastorale 1943 ambientato in un villaggio olandese dove un gruppo di partigiani organizza la resistenza armata contro l’invasore tedesco.Il film sfortunatamente non ha il successo sperato così come scarso successo raccoglie Mysteries,film drammatico girato nello stesso anno per la regia di Paul de Lussanet accanto a Ruther Hauer e Andrea Ferreol.

Sylvia Kristel-Tre simpatiche carogne

Tre simpatiche carogne

Sylvia Kristel-The nude bomb

The nude bomb

Nel 1979 la Kristel lavora nel film di Zampa Letti selvaggi; si tratta di una commedia a episodi che però la mostra in tutta la sua seducente bellezza e ottiene un discreto successo.
E’ arrivato il momento di tentare il grande salto: a ventisette anni Sylvia vuole dimostrare di essere un’attrice vera e forte della sua bellezza e della fama che ormai le si è cucita addosso sbarca ad Hollywood.
Durante la lavorazione di The Fifth Musketeer (1979) conosce e si innamora dell’attore Ian McShane:inizia così un rapporto tempestoso con quest’uomo per il quale ha lasciato il padre di suo figlio,Hugo.
Sbarcata con tante ambizioni e tante speranze ad Hollywood, la Kristel scopre amaramente che il cinema americano non vuole la sua recitazione ma che esponga il suo corpo.Contemporaneamente inizia la sua dipendenza dalla cocaina che, mescolata allo smisurato consumo di alcool ben presto la porta ad avere problemi seri di salute.In un incidente perde anche il bambino che aspettava.
Come dichiara amaramente nella sua autobiografia, “Lasciare Hugo per Ian e andare ad Hollywood è stata la cosa più stupida che abbia fatto:pensavo che Hollywood mi stesse aspettando e invece mi volevano solo nuda ed ho dovuto lottare per tenere i vestiti addosso.”

Sylvia Kristel-Perchè i gatti

Perchè i gatti

L’attrice entra nella produzione del kolossal Airport (1980) e subito dopo nel cast di The nude bomb dello stesso anno ma è solamente con il mediocre L’amante di Lady Chatterley che ottiene nuovamente un grande successo. Merito della sua bellezza e del ruolo scabroso che Just Jaeckin,il regista che l’ha lanciata, le riserva.
Ma anche se la parte di Lady Constance Chatterley è cucita addosso a lei, il film è davvero brutto e nonostante il successo riportato la ingabbia una volta in più nel personaggio dalle sottili armi erotiche,in pratica un bel viso in uno splendido corpo e nulla più.
La conferma arriva l’anno successivo nel quale si trova a far parte del cast di Lezioni maliziose ,quel Private Lessons (titolo originale) che farà gridare allo scandalo per le scene di nudo girate davanti ad un ragazzino di quindici anni.
Questo film le costa una denuncia e uno scandalo internazionale:Sylvia, deludendo i suoi fans sarà costretta ad ammettere di aver usato una controfigura nelle scene di nudo, contribuendo così ad una caduta di interessi verso la sua persona.

Sylvia Kristel-Pastorale 1943

Pastorale 1943

Sylvia Kristel-Nuda dietro la siepe

Nuda dietro la siepe

Nel 1980 Sylvia era venuta in Italia per girare il film comico-sentimentale Un amore in prima classe al fianco di Montesano diretta da Salvatore Samperi,nonostante il discreto successo ottenuto l’attrice era tornata in America dove ormai viveva stabilmente e dove la sua dipendenza da coca e alcool si era fatta massiccia.Nel 1981 comunque Sylvia è una vedette ma relegata al ruolo di sex star, un simbolo della trasgressione e dell’erotismo dal quale non può e probabilmente non vuole separarsi;ancora una volta dopo aver girato nel 1983 l’insipido American college accetta di tornare a indossare i anni di Emmanuelle in Emmanuelle 4 di Francis Leroi e Iris Letans, con scarsi esiti al botteghino.
Le offerte si diradano e il 1985, nonostante sia sul set di ben tre film, testimonia la discesa dell’attrice in quel limbo dal quale non emergerà più;Un corpo da spiare, storia romanzata della celebre spia Mata Hari è un brutto film che ottiene un qualche successo grazie alla sua presenza a alla sensualità del suo corpo, mentre non ottengono maggior fortuna Red heat girato accanto a Linda Blair e Una donna una preda di Bert I. Gordon.
Intanto la sua storia d’amore con McShane è finita e la nuova relazione con Philippe Blot la spinge a commettere un errore fatale;l’uomo è convinto di essere un grande regista e Sylvia si fa convincere a finanziare un suo film.Un’operazione costosa e completamente fallimentare, tant’è vero che un critico definirà il film “l’opera più brutta mai diretta

Sylvia Kristel-Mata Hari 2

Nel ruolo di Mata Hari

Sylvia Kristel-Mata Hari 1

Ancora nel ruolo della ballerina e spia Mata Hari in Un corpo da spiare

Il fiasco la getta sul lastrico e l’attrice resta senza soldi, con il fisico ormai debilitato da anni di dipendenza dalla coca e dall’alcool e con un mondo del cinema che le ha voltato le spalle.
Negli anni successivi infatti girerà poche opere, spesso delle serie tv di poco conto e sarà costretta ad accettare, per mantenersi economicamente,di interpretare ancora una volta Emmanuelle in una serie di tv movie di bassa qualità dai contenuti abbastanza espliciti come Éternelle Emmanuelle, Emmanuelle à Venise,L’amour d’Emmanuelle,Magique Emmanuelle,Le parfum d’Emmanuelle,Le secret d’Emmanuelle,Emmanuelle au 7ème ciel .
Un tramonto malinconico per una donna bellissima che diverrà un dramma quando agli albori del nuovo millennio la star scopre di avere un cancro alla gola, un crudele “regalo” dei tantissimi anni di eccessi con l’alcool e il fumo.
Una nuova battaglia combattuta con coraggio e lontana da quel mondo che le aveva dato fama e ricchezza, costretta nel frattempo a vivacchiare in un monolocale e a vendere, per mantenersi, vecchie foto o qualche suo quadro.
Nel 2010 interpreta l’ultimo ruolo della sua carriera,quello di Eva De Leeuw nella serie televisiva Le ragazze dello swing; il male la sta divorando, nonostante le sedute di chemioterapia.
Due anni dopo,completamente dimenticata da tutti,viene colpita da un ictus.
E’ il giugno del 2012 e l’attrice non si riprenderà più.
Quattro mesi dopo l’attrice muore ad Amsterdam, con accanto suo figlio: è la notte tra il 17 e il 18 ottobre e Sylvia da l’addio alla vita in punta di piedi.

Sylvia Kristel-Manon de Boer

Manon de Boer

Leggendo la sua autobiografia, distribuita in Italia con l’eloquente titolo di Svestendo Emmanuelle, affiora la verità sulla vita di una donna che ha pagato un prezzo pesantissimo alla celebrità, attraverso una serie di errori e di scelte sfortunate che alla fine le hanno condizionato pesantemente la vita.
Dalla violenza carnale subita a 10 anni da un collaboratore dell’hotel del padre che lei chiamava zio, al rapporto tormentato con quel suo padre e con la sua figura che poi ha cercato negli uomini della sua vita, da quell’Emmanuelle che la rese celebre agli eccessi con la droga e l’alcool, dalle relazioni con uomini famosi dello schermo come Warren Beatty e Gerard Depardieu ai suoi matrimoni per finire con gli anni dell’oblio e della povertà, gli anni della malattia e dell’unico vero grande amore per suo figlio.

Sylvia Kristel-L'usignolo e l'allodola

L’usignolo e l’allodola

Sylvia Kristel ne ha parlato in questo libro verità che restituisce alla sua figura una dimensione più dolorosamente umana, lontana da quell’immagine patinata che le è stata cucita addosso dal personaggio che l’ha resa famosa ma che al tempo stesso le ha impedito di mostrare il suo talento.
Un personaggio, un’interpretazione possono darti tutto, fama e soldi, ma possono anche trasformarsi in una trappola dalla quale è impossibile uscire.
E’ quello che è successo a Sylvia kristel, attrice bellissima e dal talento inesplorato, prigioniera per sempre di un mito e di un’immagine divenuta un’icona della sessualità.

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Sylvia Kristel-Two Sunny Days

Two sunny days

Sylvia Kristel-The arrogant

The arrogant

Sylvia Kristel-Sun sex and seventieh (short)

Dal corto Sun,sex and seventhie

Sylvia Kristel-Sexy boys

Sexy boys

Sylvia Kristel-Red heat

Red heat

Sylvia Kristel-Private lessons

Private lessons

Sylvia Kristel-Magique Emmanuelle

Magique Emmanuelle (Tv movie)

Sylvia Kristel-Lijmen Het been

Liijmen het been

Sylvia Kristel-Letti selvaggi

Letti selvaggi

Sylvia Kristel-Le secret d’Emmanuelle,

Le secret d’Emmanuelle (Tv movie)

Sylvia Kristel-Le ragazze dello swing

L’ultimo lavoro di Sylvia, Le ragazze dello swing

Sylvia Kristel-L'amante di lady Chatterley 2

Sylvia Kristel-L'amante di lady Chatterley 1

Due fotogrammi da L’amante di Lady Chatterley

Sylvia Kristel-La marge

La marge

Sylvia Kristel-Julia

Julia

Sylvia Kristel-In the Shadow of the Sandcastle

In the shadow of sandcastle

Sylvia Kristel-I 4 moschettieri

I 5 moschettieri

Sylvia Kristel-Goodbye Emmanuelle 1

Goodbye Emmanuelle

Sylvia Kristel-Giochi di fuoco

Giochi di fuoco

Sylvia Kristel-Frank en Eva

Frank en Eva

Sylvia Kristel-Emmanuelle in Venice tv movie

Emmanuelle in Venice (Tv movie)

Sylvia Kristel-Emmanuelle in love tv movie

Emmanuelle in love (Tv movie)

Sylvia Kristel-Emmanuelle Forever tv movie

Emmanuelle forever (Tv movie)

Sylvia Kristel-Emmanuelle 4

Emmanuelle 4

Sylvia Kristel-Emmanuelle 3, foto B

Emmanuelle 3

Sylvia Kristel-Emmanuelle 3, foto A

Ancora da Emmanuelle 3

Sylvia Kristel-Dracula's Widow

Dracula’s widow

Sylvia Kristel-Die Unbesiegbaren

Die Unbesiegbaren (Tv movie)

Sylvia Kristel-Amore in prima classe 2

Un amore in prima classe

Sylvia Kristel-American college

American college

Sylvia Kristel-Alice 2

Alice

Sylvia Kristel-Alice

Sempre dal film di Chabrol Alice

Sylvia Kristel-Airport 80

Airport 80

Sylvia Kristel.Casanova (TV Movie)

Casanova (Tv movie)

Sylvia Kristel oggi 2

Sylvia Kristel oggi

Due foto di Sylvia Kristel poco prima della morte

Sylvia Kristel banner filmografia

2010 Le ragazze dello swing (TV Movie)
2010 Two Sunny Days
2002 Bank (Video)
2001 Sexy Boys
2001 De vriendschap
2001 Vergeef me
2000 Die Unbesiegbaren (TV Movie)
2000 Lijmen/Het been
1999 Harry Rents a Room
1999 An Amsterdam Tale
1999 Film 1
1997 Gaston’s War
1997 Die Sexfalle (TV Movie)
1996 Onderweg naar morgen (TV Series)
1996 De eenzame oorlog van Koos Tak (TV Series)
1993 Emmanuelle au 7ème ciel
1993 Le secret d’Emmanuelle (TV Movie)
1993 Beauty School
1993 Le parfum d’Emmanuelle (TV Movie)
1993 Magique Emmanuelle (TV Movie)
1993 L’amour d’Emmanuelle (TV Movie)
1993 Emmanuelle à Venise (TV Movie)
1993 La revanche d’Emmanuelle (TV Movie)
1993 Éternelle Emmanuelle (TV Movie)
1992 Seong-ae-ui chimmuk
1990 In the Shadow of the Sandcastle
1990 Hot Blood
1988 Dracula’s Widow
1988 The Arrogant
1987 Casanova (TV Movie)
1985 Una donna, una preda
1985 Red Heat
1985 Un corpo da spiare
1984 Emmanuelle 4
1983 American College
1981 Lezioni maliziose
1981 L’amante di Lady Chatterley
1981 Un bacio da un milione di dollari (TV Movie)
1980 Un amore in prima classe
1980 The Nude Bomb
1979 Airport ’80
1979 The Fifth Musketeer
1979 Letti selvaggi
1978 Mysteries
1978 Pastorale 1943
1977 Goodbye Emmanuelle
1977 Tre simpatiche carogne
1977 Alice ou la dernière fugue
1976 Il margine
1976 Una femmina infedele
1975 Emmanuelle l’antivergine
1975 Giochi di fuoco
1974 Un lenzuolo non ha tasche
1974 L’usignolo e l’allodola
1974 Emmanuelle
1973 Nuda dietro la siepe
1973 Perché i gatti
1973 L’amica di mio marito

Sylvia Kristel banner photobook

Sylvia Kristel foto A

Sylvia Kristel foto B

Sylvia Kristel foto C

Sylvia Kristel foto D

Sylvia Kristel foto E

Sylvia Kristel foto F

Sylvia Kristel foto G

Sylvia Kristel foto H

Sylvia Kristel foto I

dicembre 27, 2014 Posted by | Biografie | | 1 commento

Steaming-Al bagno turco

Steaming il bagno turco locandina 2

Il bagno turco gestito dalla simpatica e matura Violet a Londra è il punto di incontro preferito per un gruppo di donne di diversa estrazione sociale e di diversa età;è il posto ideale per rilassarsi accantonando i problemi giornalieri, le ansie e gli affanni, l’occasione per sorseggiare una tazza di tè, chiacchierare di cose più o meno futili con altre donne,una pausa ristoratrice per lasciare in un angolo le preoccupazioni del lavoro o degli affari domestici, figli e amanti, mariti e datori di lavoro.
Nancy e Sarah, Josie e la signora Meadows con sua figlia Dawn,Celia e la signora Goldstein si incontrano tra i vapori del bagno turco, rilassandosi e trovando finalmente una pausa temporale da dedicare a se stesse.
Nancy è una donna di una certa età, abbandonata dal marito che a lei ha preferito un’amante più giovane e che continua a piangersi addosso, non riuscendo a trovare una spiegazione (pure abbastanza semplice) all’improvviso abbandono del marito, dopo una vita dedicata alla famiglia coronata dalla nascita di tre figli mentre Sarah, che è una donna istruita (lavora come avvocato) e di classe agiata ha una vita professionale gratificante ma che si sente incompleta per non aver mai avuto un figlio.

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Josie invece è di estrazione popolare;è una donna forte e rozza,con una sua primitiva bellezza e che lavora in un night è ossessionata dal sesso e racconta alle sue occasionali compagne delle sue avventure amorose e della sua relazione con il compagno del momento, una relazione sessualmente gratificante ma con un rovescio della medaglia, ovvero l’abitudine dell’uomo di picchiarla frequentemente.
Celia è una donna di colore tranquilla e abbastanza riservata,che abitualmente ascolta più che parlare mentre la signora Meadows è una donna ormai fuori dal tempo, petulante e di idee conservatrici, afflitta anche da una figlia,Dawn, lontanissima sia dai canoni estetici (è grassa e poco attraente) sia da quelli culturali, visto che sembra una bambina viziata afflitta anche da un’ingordigia vistosa.
L’ambiente ovattato è quindi il posto giusto per confidenze, per analisi sui propri comportamenti e giudizi sulla propria vita, tra vapori benefici e lunghi bagni nella piscina del bagno.

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Un giorno Violet comunica al gruppo delle frequentatrici che il futuro del bagno turco è a rischio:il consiglio comunale ha infatti intenzione di sfrattare gli occupanti e cedere la struttura ad una società che la raderà al suolo e che al suo posto farà sorgere un grande magazzino.
La notizia getta nella più profonda costernazione il gruppo di donne, che dopo l’iniziale smarrimento decide di reagire; dopo aver preparato manifesti di protesta le donne incaricano la battagliera Josie di farsi loro portavoce presso il consiglio comunale e di esporre le loro ragioni.
La vivace e battagliera Josie così,con un intervento deciso e risolutore,riesce ad ottenere la revoca della delibera:non solo il bagno turco non chiuderà ma la città restaurerà il posto restituendolo a nuova vita.
La notizia della vittoriosa battaglia portata avanti da Josie riempie di felicità le donne del gruppo.
Viene organizzata una grande festa che culmina con un bagno in piscina e la liberazione di tanti palloni bianchi,sotto lo sguardo indulgente della signora Meadows.
Diretto da Joseph Losey nel 1985, Steaming,al bagno turco  è un’opera di chiara impostazione e derivazione teatrale come del resto testimoniato dall’ambientazione con otto donne rinchiuse in pratica in un bagno turco.

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Adattato da una piece di Nell Dunn, il film di Losey è l’ultimo lavoro del grande regista nato in America ma in pratica di chiara estrazione britannica;Losey muore nel 1984 e il film uscirà postumo nell’anno successivo e sarà presentato al festival di Cannes, accolto con simpatia sia dal pubblico che dalla critica.
Si tratta di un film fresco e simpatico, al quale il regista dedica molta attenzione sopratutto alla caratterizzazione dei dialoghi, assolutamente fondamentali in un film che sembra proporre come ambientazione il tradizionale luogo chiuso portato in scena in teatro.
Dialoghi a tratti frizzanti, a tratti nostalgici in una commedia in cui prevalgono le narrazioni delle vite vissute dalle protagoniste, vite ordinarie di rappresentanti delle varie classi sociali inglesi.
Da un lato la vita professionalmente appagante di Sarah, per esempio, con un lavoro che la gratifica come donna opposta come risultati a quella ordinaria e tradizionale di Nancy, la donna della classe media che ha sacrificato la sua vita alla famiglia e che in cambio ha ricevuto il tradimento del marito e l’ingratitudine dei figli.
A fare da elemento centrale ecco la figura di Josie, la popolana anticonformista e sessualmente emancipata, che però vive una dicotomia estraneante con la figura di un compagno manesco e violento opposta alle figure della signora Meadows e di sua figlia, elementi disturbanti l’armonia dell’assieme ma necessarie per completare il micro cosmo tutto al femminile che racconta la sua vita al tepore del bagno turco, creando una complicità tra le donne stesse che troverà un valore compiuto in un finale una volta tanto allegro e speranzoso.

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Il regista di Il servo e Don Giovanni, di Una romantica donna inglese e di Modesty Blaise. La bellissima che uccide si congeda dal cinema con un’opera gradevole e ben costruita a dispetto della mediocre stesura originale fatta per il teatro, che ottenne più giudizi negativi che positivi.
Losey rivitalizza il testo con buona mano affidandosi ad un cast di grande valore nel quale figurano la vecchia gloria di Hollywood Doris day, la bravissima Vanessa Redgrave e la sempre affascinante Sarah Miles mentre Patty Love, che interpreta la vulcanica e combattiva Josie crea un personaggio che all’inizio è accolto dallo spettatore con diffidenza e che alla fine risulta essere il più positivo.
Un film in definitiva con un suo sottile fascino, che ha dalla sua molte frecce all’arco e poche cose negative del tutto trascurabili.
Il film è presente su You tube nella versione originale inglese visivamente poco accattivante perchè ridotta da una VHS mentre la versione digitale non sono riuscito a trovarla, tuttavia il DVD multilingue ha un costo davvero irrisorio,un minimo investimento per due ore di grande cinema.

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Steaming – Al bagno turco
Un film di Joseph Losey. Con Sarah Miles,Vanessa Redgrave, Diana Dors, Patti Love,Brenda Bruce, Felicity Dean,Sally Sagoe,Anna Tzelniker Titolo originale Steaming. Commedia, durata 95′ min. – Gran Bretagna 1985.

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Vanessa Redgrave … Nancy
Sarah Miles … Sarah
Diana Dors … Violet
Patti Love … Josie
Brenda Bruce … La signora Meadows
Felicity Dean … Dawn Meadows
Sally Sagoe … Celia
Anna Tzelniker … La signora Goldstein

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Regia: Joseph Losey
Sceneggiatura:Robin Bextor,Nell Dunn,Patricia Losey
Produzione: Richard F. Dalton,Paul Mills
Musiche:Richard Harvey
Fotografia:Christopher Challis
Montaggio:Reginald Beck
Production Design:Maurice Fowler

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L’opinione di Alan Smithee dal sito http://www.filmtv.it

Non potevo che chiudere questa mia entusiasmante avventura torinese con il grande regista che, come da tradizione, ogni anno il festival mette al centro della sua completa retrospettiva. Una rassegna che per forza di cose sono stato costretto anche quest’anno a tenere da parte (ma ho acquistato subito il completo volume monografico a cura di Emanuela Martini che affrontero’ già dai prossimi giorni), ma che non potevo davvero disertare almeno per chiudere l’esperienza festivaliera.
Losey e’ un autore complesso e dalla filmografia molto nutrita, che conosco solo in parte nelle sue opere piu’ note. Ricominciare a scoprirlo dalla fine, con l’ultimo suo film, ha, a mio giudizio, un suo senso: Steaming e’ certamente un’opera che, non penso solo fortuitamente, comunica un senso di “arrivo”, di termine finale: a parte la mia personale conclusione del festival, l’opera è pure l’ultimo film di Diana Dors, che interpreta la tenutaria del bagno turco, a sua volta destinato a scomparire per far posto al solito parcheggio o supermercato; Steaming segna anche la fine di un’epoca in cui la donna tradizionalista e tutta casa e famiglia (impersonata in questo suo ruolo dalla statuaria Vanessa Redgrave) lascia il posto a quella progressista e aperta alle mode e alle tendenze piu’ trasgressive (Sarah Miles, coetanea piu’ aperta, serenamente nuda e disinvolta in tutto il film); una donna che pensa finalmente un po’ anche a se stessa e un po’ meno alla famiglia di mocciosi irriconoscenti che nemmeno si ricordano del suo compleanno (come lamenta la Redgrave ad un tratto della vicenda). Ma Steaming, pur impersonificando la fine di molte cose, non comunica mai il senso “mortifero” o macabro che a prima vista gli si potrebbe appiccicare addosso. Anzi un finale sin troppo ottimista per risultare realistico, con quei palloncini bianchi che raggiungono il soffitto e le donne entusiaste e nude che si tuffano in piscina forti dei loro nuovi progetti solidali, e’ comunque un inno alla vita: dunque tutto il contrario delle tristi vicende che sono susseguite poco dopo la fine delle riprese. Un film che, da appassionato giovane cinefilo che fui (e lo sono tutt’ora) della Redgrave (nell’85 quando il film uscì tentai invano, appena diciassettenne, di vederlo assieme a quell’altro film difficilmente reperibile che è “Il mistero di Wetherby” di David Hare) vedo solo ora, a quasi trent’anni di distanza, con un’emozione che a questo punto ritengo piu’ che giustificata e pertinente.

L’opinione di Gian Carlo Bertolina, ‘Attualità Cinematografiche’

Fino a che punto può reggere, a livello di efficacia filmica, una storia di otto donne interamente ambientata in un bagno turco (steaming) nel quartiere londinese di Trigate? A questa domanda rischiosa ha risposto Joseph Losey, facendone il suo trentaduesimo ed ultimo film, di cui ha completato le riprese poco prima di morire e che è uscito postumo al festival di Cannes 1985. Si prova un leggero imbarazzo nel recensire l’opera estrema di un autore già da lungo tempo entrato nella storia del cinema, sia pure non tra l’Olimpo dei grandi in assoluto. La prima ragione di tale imbarazzo risiede nel fatto che, con tutti i suoi pregi, rimane pur sempre un esempio di genere minore, il cosiddetto teatro filmato. Il testo è della narratrice Nell Dunn, già co-sceneggiatrice con Kenneth Loach di ‘Poor Cow’, dal proprio romanzo omonimo, e qui al suo primo lavoro drammatico. Si tratta di fatto di un testo debole, sovraccarico di stilemi supersfruttati e irrimediabilmente datato, tanto da sembrare già vecchio al suo debutto sulle scene del West End nel 1981. Ci si può chiedere come mai Losey non abbia piuttosto scelto di adattare, se non altro per ragioni di fedeltà amichevole, il pinteriano Betrayal, affidato invece a David Jones; ma queste non sono che ipotesi accessorie, non riguardanti la sostanza del discorso.

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dicembre 22, 2014 Posted by | Commedia | , , , , | Lascia un commento

L’amour nu

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Claire è una donna solare e ottimista;lavora come interprete per l’UNESCO ed è qui che un giorno, durante una pausa pranzo conosce Simon, un uomo sensibile ed innamorato del proprio lavoro, l’oceanografia.
Tra i due l’iniziale simpatia si trasforma ben presto in amore: i punti di contatto non sono molti ma Simon apprezza in Claire la solarità mentre lei è attratta dalla sua gentilezza d’animo.
Il lavoro però ha delle esigenze e i due devono momentaneamente separarsi.
Un giorno mentre fa la doccia Claire scopre un minuscolo nodo tra il braccio e il seno; immediatamente corre a visitarsi e purtroppo l’esito è infausto.

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La donna ha infatti un cancro del seno.
Claire non si perde d’animo e affronta alcune sedute di cobalto terapia che però purtroppo non sortiscono gli effetti sperati.
A questo punto è necessaria un’operazione di mastectomia e la cosa mette decisamente in crisi la donna.
L’intervento,demolitore, rischia di stravolgere parte della sua estetica e ben presto Claire decide di dire addio a Simon, incapace di confessargli la sua malattia.
Ma Simon scopre la verità…
Film sui sentimenti, sulla malattia.
L’amour nu, diretto da Yannick Bellon racconta una storia semplicissima e giocata tutta sulla dicotomia tra l’amore tra i due protagonisti e una malattia subdola e devastante che rischia di pregiudicare il futuro della coppia stessa.

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Siamo nel 1981 e il cancro è ancora un samurai invincibile.
Ed è anche un male di cui un po ci si vergogna, quasi fosse un qualcosa che uno va a cercarsi invece di essere un nemico subdolo e spietato in agguato nella vita di tutti.
Le cure sono ancora parzialmente inefficaci,la diagnosi precoce è agli albori, non c’è la Tac;il cancro al seno viene affrontato con operazioni che demoliscono e che come conseguenza lasciano ferite nel corpo e nella mente delle donne.
L’amour nu affronta questo tema con delicatezza, mostrandoci contemporaneamente una storia d’amore di quelle più compiutamente ordinarie;due belle persone, pulite, che vivono una storia come tante che però all’improvviso si troverà di fronte ad un bivio assolutamente imprevisto.
E’ Claire quella che decide di troncare la relazione non appena saputo del suo male, della necessità di fare una mastectomia.

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La donna sa che fisicamente non sarà più la stessa e il timore che la mutilazione possa sconvolgere e allontanare da se il compagno la portano a precedere gli eventi scegliendo unilateralmente di lasciare il compagno.
Il finale è in linea con la storia, che la regista Bellon, oggi novantenne,affronta con mano felice e con una sensibilità tutta femminile, mai mielosa o zuccherosa però.
Un film che riprende in qualche modo la tematica di Love story senza però usarne il linguaggio forzatamente lacrimevole (visto anche il finale del film) o quella del recente Always from her-Lontano da lei di Sarah Polley che affronta con grandissima tenerezza e drammaticità il tema dei sentimenti nei malati di Alzheimer.
L’amour nu è un bel film, descrittivo e mai noioso, che riesce a delineare benissimo la psicologia di una donna alle prese con un male terribile che però saprà affrontare con coraggio e che, contrariamente a quanto da lei previsto finirà bene anche dal punto di vista dei sentimenti.

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Bravissima e struggente Marlene Jobert, attrice dal volto intenso capace di una gamma di espressioni da attrice di razza,molto bravo anche Jean-Michel Folon,a suo agio nel ruolo del bel personaggio di Simon.
Alla sceneggiatura collabora anche Francoise Prevost.
Purtroppo di questo film non esiste una versione in italiano; i distributori di casa nostra hanno sempre avuto molta colpevole diffidenza verso il cinema dei nostri cugini d’oltralpe con il risultato di aver privato il pubblico italiano di molte pregevoli opere.

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L’amour nu
un film di Yannick Bellon, con Marlène Jobert,Jean-Michel Folon,Zorica Lozic,Georges Rouquier,Michèle Simonnet,Jean-Claude Carrière Drammatico Francia 1981

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Marlène Jobert … Claire
Jean-Michel Folon …Simon
Zorica Lozic … Olga
Georges Rouquier …Jean Lafaye
Michèle Simonnet … Judith
Jean-Claude Carrière …Il professore
Roland Monod … Lo spécialista
Tatiana Moukhine …La signora che lavora a maglia
Jean-Pierre Savinaud …Il tassista
Pierre Trente …L’istruttore di pattinaggio
Adolphe Viezzi … Gérard
Rachid Ferrache … Il figlio di Gérard
Vernon Dobtcheff …John
Caroline Aguilar … La mannequin

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Regia: Yannick Bellon
Sceneggiatura:Yannick Bellon,Françoise Prévost
Musiche:Richard de Bordeaux
Art Department :Jean-Michel Folon

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dicembre 20, 2014 Posted by | Drammatico | , | Lascia un commento

La prigioniera

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La prigioniera (La prisonniere) è l’ultimo film diretto dal maestro George Henry Clouzot nel 1968, il congedo di un grande regista con un grande film.
Clouzot cala il sipario sulla sua carriera di cineasta a otto anni dal grandissimo successo di La verità e a quattro dall’incompiuto L’enfer; un decennio, quello degli anni sessanta, che vede Clouzot più alle prese con i problemi personali che con il cinema, con una serie di funesti avvenimenti come la morte dell’amatissima moglie, una lunga depressione e infine l’infarto che lo coglie durante la lavorazione di L’enfer.
La prigioniera quindi nasce in un periodo in cui pare che finalmente il regista francese abbia ritrovato entusiasmo e ispirazione; ed infatti il film sarà un vero e proprio sunto della sua arte cinematografica in cui appaiono evidenti i frutti del lunghissimo lavoro di sperimentazione compiuto proprio con L’enfer, il film rimasto allo stato embrionale e di cui per quarantanni si erano perse le tracce della lavorazione.Che sono riaffiorate qualche anno addietro grazie a 180 bobine recuperate da Serge Bromberg a casa della vedova di Clouzot Ines e che testimoniano lo straordinario lavoro di preparazione per quel film del quale parlerò in un prossimo post.

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Sono proprio gli esperimenti fatti con L’enfer a trovare applicazione in La prigioniera; scatti arditi, intensi primi piani, luci psichedeliche ecc.mostrano come Clouzot fosse riuscito ad inventare un nuovo sistema visivo e comunicativo che il regista stesso applica a primi piani tormentati ed espressivi,ossessivamente ripetuti e che mostrano le varie espressioni degli artisti impiegati e che raccontano una storia fatta di perversione e passione, di raffinata morbosità di un menage a trois che solo per un caso non sfocerà in una tragedia.
La storia che Clouzot racconta in fondo non ha molta importanza se non nell’ottica dell’uso di questo nuovo linguaggio meta visivo:ancora una volta sono i tormenti a farla da padrone, la gelosia e il possesso, gli oscuri meandri della psiche umana eviscerati e mostrati attraverso il linguaggio proprio della psiche, che non può essere lineare per ovvi motivi ma che rappresenta un incubo per immagini.

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Se nell’Enfer il soggetto era l’ossessione al limite della follia di un uomo per sua moglie, in La prigioniera il concetto è ampliato ed esteso ad un triangolo fatto da una donna e due uomini.
C’entra l’amore, c’entra il desiderio di possesso, c’entra anche la morbosità del desiderio inconscio proprio della donna di entrare nel masochistico inferno dell’amante, del quale condividerà e sperimenterà la sottile perversione e il desiderio di possesso globale, inglobante a cui la donna sfuggirà per puro caso.

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Siamo a Parigi; Gilbert e Josè sono una coppia moderna, di quelle aperte a qualsiasi esperienza legata però da un sentimento d’amore molto forte che tiene unita la coppia stessa aldilà delle tentazioni fortissime provenienti dall’esterno del mondo che loro faticosamente sono riusciti a costruire.
Lei lavora nel campo dell’immagine e si occupa di un documentario entre lui è uno scultore d’avanguardia e questo loro essere presenti nel mondo dell’arte li porta una sera alla mostra del fotografo Stan Hassler.Grazie ad un invito di quest’ultimo Josè ha modo di visionare i suoi scatti ed uno in particolare la turba profondamente,una donna nuda e in catene.Nei giorni successivi Josè scopre di essere attratta e contemporaneamente disgustata dalla foto e quando casualmente incontra nuovamente Stan che le chiede un passaggio e poi la invita ad assistere ad una serie di scatti che sta per fare Josè accetta.

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Nell’attesa della modella Stan usa Josè per le prove luci e da quel momento per Josè inizia un incubo al quale però non saprà sottrarsi,anzi.Tra Stan e Josè inizia una relazione in cui l’uomo utilizza la sua forza di volontà per legare a se in modo masochistico la donna,mostrando di volere un totale dominio su di lei. Josè,ormai succube si abbandona a lui salvo tentare in seguito, ormai innamorata senza speranza di quell’uomo dagli impulsi auto distruttivi, di liberarlo dalle sue manie.
Ma Gilbert,che è innamorato di sua moglie, non accetta di essere messo da parte e da quel momento la storia prende una direzione che sembrerebbe portare ad una tragedia annunciata ma che invece…
Non svelo assolutamente il finale perchè è una perla incastonata in un’altra:un film così affascinante correva il rischio di avere un finale scontato, sia in senso drammatico sia in senso happy end.Clouzot sceglie una strada a sorpresa che dona al film invece la patente di capolavoro.

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Siamo di fronte quindi ad un film rigoroso nella ricerca continua,spasmodica da parte del regista dell’inquadratura,dello scatto e della sequenza che mostri la via attraverso il labirinto delle sensazioni di Josè, un’esplorazione in cui si rischia di perdersi in partenza ma in effetti è proprio il perdersi la cosa che affascina di più.
Il gioco a tre assume contorni sfumati in funzione proprio dell’analisi dei sentimenti, delle psicologie;se tutto alla fine rimane irrisolto è perchè l’animo umano e la sua psiche divergono perchè uniche e apartenenti ad ogni singolo individuo.E’ il concetto di umanità ad essere esaltato, nella sua parte più oscura, più unica.Se L’Enfer era stato un viaggio nella follia che purtroppo non abbiamo potuto fare, con La prigioniera facciamo un viaggio metafisico per immagini e alla fine ci ritroviamo si al punto di partenza ma abbiamo avuto comunque la possibilità di sondare e toccare qualcosa di indefinito e magico.

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Per buona fortuna Clouzot ottiene il meglio dagli attori scelti per l’indagine:Laurent Terzieff, Elisabeth Wiener, Bernard Fresson, Dany Carrel, Monique Lange, Darío Moreno, Marcel Moussy, Michel Etcheverry lavorano ottimamente anche se ovviamente Elisabeth Wienernel ruolo di Josè,Laurent Terzieff in quella di Stanislas Hassler e Bernard Fresson in quella di Gilbert Moreau hanno la possibilità di emergere maggiormente grazie ai ruoli principali a loro assegnati.
Grande lavoro di Andréas Winding alla fotografia, vivida e dagli effetti pop/psichedelici che impreziosiscono il tutto rendendo l’atmosfera ottico/visiva un’esperienza unica.
Un film quindi imperdibile, purtroppo trasmesso rarissimamente in tv mentre in rete è presente solo in versione originale.

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La prigioniera
Un film di Henri-Georges Clouzot. Con Dany Carrel, Bernard Fresson, Laurent Terzieff, Elisabeth Wiener Titolo originale La prisonnière. Drammatico, durata 105′ min. – Francia, Italia 1968

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Laurent Terzieff : Stanislas Hassler
Bernard Fresson : Gilbert Moreau
Elisabeth Wiener : José
Dany Carrel : Maguy
Claude Piéplu : il padre di José
Noëlle Adam : la madre di José
Dario Moreno : Sala
Daniel Rivière : Maurice

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Regia Henri-Georges Clouzot
Sceneggiatura Henri-Georges Clouzot, Monique Lange e Marcel Moussy
Fotografia Andréas Winding
Montaggio Noëlle Balenci
Scenografia Jacques Saulnier

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L’opinione di mck dal sito http://www.filmtv.it
(…) Una diapositiva fra le altre tra le altre si espone come infra-fotogramma / intra-frame subliminale che, ” pre ’68 “, scatena una reazione di difesa dall’imbarazzo [ stiamo parlando della Rivoluzione Sessuale, che quella Artistica è Sempre in atto e in scena, mentre come Tabù si è passati dal Sesso alla Morte, che la scienza ancora non ‘basta’, quando la Rivoluzione Industriale, dopo quella democratica-repubblicana che ha partorito anche nazismo…nazionalsocialismo…fascismo…comunismo, ha accelerato-catalizzato l’evoluzione esponenzialmente ] : una risata ( ” che stupida, è un fatto nervoso, scusami, non sono riuscita a trattenermi, mi dispiace / non lo hai fatto apposta ? posso rivederla ? ” – che l’ultimo tango a parigi sarebbe giunto a breve…) tra ” Rien ” ed ” Être ” ://: dal costruttivismo all’estetica della cinetica, passando per la fattografia…, da Duchamp, Vasarely, Rodchenko…, a DeSade e Majakovskij ://: l’ossimoro non tale del Film Industriale ( dall’uscita dalle officine Lumière, istant-mockumentary, a Vertov, da Méliès a Brakhage, da Chaplin ad Ejzenštejn, da Kubrick ad Olmi-Antonioni ), “ovvero” la riproduzione in più copie della Realtà più vera del vero, bigger than life, contrapposta alla Cinema-Fo-toGrafia come Industria : l’astratto concreto dell’edificio macchinario suppellettile soprammobile, arte in serie, l’anti/senza carne, sesso, amore, sentimento, comprensione, condivisione E linguaggio vs Nouvelle Vague ( il contratto sociale, la vita amorosa di Tuffaut/Rohmer, il Personale è Politico, la mente fisico-storica di Resnais/Godard, e viceversa…) : il Contatto che cerca Josée ( una raggelata, fiammeggiante É. Wiener che, come la C. Aubry di Manon in seguito interpreterà solo altri 2-3 film “importanti” ma non “memorabilissimi” ed in parte prescindibili : e ancora come lei ( i loro personaggi ) affronterà un calvario, qui con esito sospeso in freeze-frame sui titoli di coda, là s/terminata nella Promised Land Gitaiana ), la dolce sua preoccupazione per l’essere in ritardo all’appuntamento con Stan ( un Laurent Terzieff che ricorda un mix di DeAndrè-Malkovich-Tenco-Dafoe-Gainsbourg-Walken ), la vergogna ed il coraggio insieme durante il primo set-sho(o)t di pose da “giornalista” vs la moderna relazione col compagno ( Bernard Fresson artista “ma” in parte…-…alla fine geloso, ed in toto alla fine…”generoso”…innamorato ) basata sul poter fare tutto — doversi dire raccontarsi confessarsi EWS tutto.(…)
L’opinione di emmepi8 dal sito http://www.filmtv.it

Ultimo film di Clouzot, regista francese molto particolare, che qui ha sfiorato a basso volo la censura, almeno per quei tempi. Dopo qualche anno di silenzio riappare, ma finisce il film in extremis, coadiuvato da una altro regista, Robert Menegoz. Un film spinoso che affronta un argomento morboso che è quello della del masochismo. Clouzot ha dovuto fare i conti con gli anni, nel senso che il progetto non ha avuto la piena appartenenza, comunque c’è da riconoscere, un apertura mentale non indifferente, anche se i temi trattati da lui sono sempre stati “malati”. La morale grida vendetta, ma deve fare i conti con gli animi degli uomini che sono sempre alterabili ed irrazionali, De Sade sta di casa qua. Operazione non facile, ma che prende coraggiosamente le sue conseguenze, peccato che l’attrice protagonista non è l’ideale giusta per un ruolo complesso come questo. Ottime riprese ed ambientazione che ancora oggi mantiene intatto il suo valore.

l’opinione di notoriusnicky dal sito http://www.filmscoop.it

Ultimo film di Clouzot, i tempi delle atmosfere noir, gialli zeppi di suspance sono materia recisa da tempo, questo è un Clouzot che ci lascia approfondendo ancor di più la psicologia malata dei suoi soggetti, protagonisti che col decorso della carriera da carnefici son diventati autolesionisti, compulsivamente attratti dal desiderio di suicidio (‘La verità’ 1960), recuperando una tematica cara al tanto accostato Hitchcock, il ‘voyeurismo’ dell’artista indotto a plasmare il corpo umano, denudarlo di ogni dignità, sodomizzarlo (in quel periodo tematica assunta anche dal nostrano Bava), la vittima persuasa dall’alone di mistero più che dal compenso economico, ne rimane attratta sentimentalmente ma non corrisposta, il suo è un masochismo per far piacere all’altrui persona, coppie aperte (siamo in piena rivoluzione sessuale), e psicologia del colore (eccede con virtuosismi farraginosi, siamo nel ’68 ed è naturale accostarlo al trip di ‘2001’).
Scevro da ogni forma di didascalia analitica sulla psiche umana, è una parabola sulla fertilità dell’amore, e cosa ti porta a fare per ottenerlo, simile alla Bardot de ‘La verità’ almeno in quanto a bellezza, la Wiener, non in termini di dissolutezza recitativa (non pensavo di arrivare a rimpiangere una Bardot pur brava a gestire le sue armi di seduzione ma che il più delle volte sono poste come contraltare ad una espressività lacunosa)

L’opinione di Saintgifts dal sito http://www.davinotti.com

Clouzot dà l’addio all’attività di regista con questo film per me straordinario. Straordinario nella tecnica, con scene che emozionano, che siano in interni o in un porticciolo o su di uno scoglio. Con un uso del colore ben studiato ed effetti psichedelici notevoli. L’argomento poi è importante e trattato in modo da non farlo mai scadere nel banale o peggio nel più superficiale dei voyerismi, merito anche di un Terzieff e di una Wiener in stato di grazia. È comunque di amore che si parla e dell’universo femminile, mai abbastanza sondato e capito.

L’opinione di Giuan dal sito http://www.davinotti.com

Commiato “hors categorie” per il regista più controverso del cinema francese. Fin dal titolo “proustiano” è un film in cui riecheggia il clima claustrofobico e morboso tipico dello stile di Clouzot, contrappuntato però dalla ricerca di opzioni tecniche altre, con cui raccontare patologie allora poco dicibili, ma alfine riconducibili alle dinamiche tra i sessi. Variazione originale sul tema del triangolo nel quale l’occhio e la visione hanno parte preponderante. Resta apppiccicato addosso e rimane in mente. Wiener e Terzieff emanano un fascino malato.

L’opinione del sito http://www.nocturno.it

(…) La rappresentazione dei giochi mentali che formano l’ossatura del rapporto sadomasochista che prende corpo tra i due (ma anche del matrimonio falsamente “aperto” di Josée e Gilbert) è quanto di più acuto e inquietante il cinema avesse rappresentato fino a quel momento. Clouzot costruisce tutto il film sul non visto, sulla suggestione, sulla dimensione tutta cerebrale dell’erotismo: come nella scena in cui Stan insegna a Josée a dominare verbalmente un’inesistente terza persona, con la mdp che segue i movimenti dell’immaginaria schiava nella stanza vuota, o con l’ellissi che ci porta dal momento in cui Josée arriva al primo appuntamento fotografico al “dopo” in cui la donna contempla le immagini scattate dall’uomo con protagoniste lei e un’altra modella. Una scelta rigorosa, e non certo dettata da pudicizia. Dirà Clouzot: «Si j’avais fait du sadique un SS, tout le monde aurait admiré ça. Si j’avais fait le strip-tease mais que ce soit celui de Salomé devant le roi Hérode on aurait souri aimablement. Ce qui est très gênant c’est quand on met un miroir en face de la figure et qu’il faut s’y reconnaître». La prisonnière è gelido come un teorema nel condurre in porto l’assunto iniziale: è anche crudele e profondamente misantropico, come lo erano stati Il corvo, Vite vendute, I diabolici, al punto di trasformare impercettibilmente il carnefice in vittima, e viceversa, mostrando la labilità dei ruoli sessuali. L’ansia borghese di normalizzare i propri impulsi, trasformando un’ossessione erotica in un’accettabile infatuazione amorosa con annessa fuga romantica, trasforma Josée nel polo dominante della coppia, mentre Stan si scopre davvero innamorato, ma anche indifeso e umiliato nella propria impotenza.Resta da dire della forma: di rado si è visto un film così felicemente audace, così coerente e inesausto nella sperimentazione visiva e sonora. Al suo primo film a colori, Clouzot batte i figliocci della nouvelle vague sul loro stesso terreno, componendo ogni inquadratura come un piccolo trattato sui significati emotivi degli elementi cromatici, isolando chiazze di colori primari e utilizzando le illusioni ottiche create dalle opere degli artisti ottico-cinetici in mostra presso la galleria di Terzieff per ricostruire un universo affascinante e ipnotico, sonorizzato dalle muische di Berio, Webern, Xenakis. Se, come dice Terzieff, «l’arte moderna corrisponde esattamente al mondo di oggi, aiuta a capirlo pur essendone un riflesso», il mondo di La prigioniera è un riverbero ormai indecifrabile del nostro inferno mentale, un labirinto in cui ognuno è prigioniero dei propri demoni, visualizzato in un prodigioso tour de force onirico finale che richiama il trip psichedelico di Keir Dullea in 2001.

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dicembre 18, 2014 Posted by | Capolavori, Drammatico | , , , , | 2 commenti

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dicembre 17, 2014 Posted by | Photogallery | | Lascia un commento

Calmos

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Provate un po ad immaginare, ai nostri giorni, la figura di un produttore che si ritrova fra le mani il copione di Calmos e che dopo averlo letto decida di produrre il film di Blier.
Credo che il fantomatico produttore, dopo aver letto le prime dieci pagine del copione prenderebbe lo stesso e lo tirerebbe sulla testa dell’incauto agente che ha osato proporglielo.
Perchè Calmos, uscito nel 1976 fra la delusione e le critiche ferocissime di molti addetti ai lavori è un film assolutamente scomodo, politicamente scorrettissimo, misogino all’ennesima potenza, sbeffeggiatore, anti femminista, cattivo e irriverente.
Potrei continuare per parecchio con gli aggettivi: però per giudicare Calmos occorre calma, mente serena, sgombra da pregiudizi e sopratutto occorre resistere alle provocazioni che il regista francese spande qua e la con invidiabile corposità, senza mai mostrare di essere pentito della linea seguita.

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Pochi secondi dall’inizio della pellicola e si parte con la prima, grossa provocazione; facciamo la conoscenza di Paul Dufour, ginecologo,che nel suo studio è intento a prepararsi un gustoso panino.
Quasi assente, non si rende nemmeno conto dell’ingresso di una paziente, che visto l’atteggiamento del ginecologo, scuote le spalle, si spoglia e allarga le gambe per la visita.
Paul non sembra ancora notare la donna, ma mentre addenta con famelica voracità il suo panino, finalmente vede la vulva spalancata della donna (sulla quale Blier fa un primo piano), la sua mano che si gratta nervosamente.L’uomo, quasi disgustato,esce dallo studio e arriva in strada dove incontra il suo amico Albert.
Ecco la prima provocazione ha colpito immediatamente:l’espressione di disgusto di Paul alla vista della vulva femminile non appare solo come conseguenza del lavoro che lui fa e che effettivamente, come scopriremo, ormai non gli piace più quanto piuttosto da un’overdose di genitali femminili, di quella parte dell’essenza femminile che,anche questo scopriremo in seguito, ormai non gli interessa più.

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Ed ecco che il film vira verso la seconda provocazione:i due decidono di abbandonare la città e trasferirsi in campagna, in un posto dove le donne non ci siano e dove possano dedicarsi ai bagordi “salutari”, ovvero un’indigestione di cibi genuini,aria pulita e calma totale.
Quà i due compagni di viaggio conoscono un curato gaudente (solo dal punto di vista del cibo e del vino) e altre persone che sembrano vivere beati anche perchè non hanno donne tra i piedi.
Ma l’illusione dei due amici non dura molto: ecco che Susanne (moglie di Paul) e Genevieve (compagna di Albert) raggiungono i due mariti, reclamando la “soddisfazione del talamo”
I due scappano, Albert finisce in un vagone del tram nel quale è l’unico uomo, guardato con concupiscenza da tutte le donne presenti;una di esse apre l’impermeabile mostrando ad Albert di essere nuda.L’uomo riesce a fuggire e ricongiuntosi con Paul fugge nelle campagne dove però vengono fermati da un gruppo di Amazzoni con tanto di armi.
Le donne li portano in un campo dove, sotto le tende,i due vengono costretti ad avere rapporti sessuali ogni due minuti con le assatanate donne del campo stesso.
Ma cosa è successo intanto?

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Molto semplicemente, seguendo l’esempio dei due amici altri uomini hanno scelto di lasciare mogli, compagne e fidanzate e rifugiarsi in campagna, sottraendosi a quello che ormai considerano un atto noioso e ripetitivo.
Paul e Albert sono in fuga, provati, stremati dal tour de force a cui sono stati sottoposti e dopo lungo vagare arrivano vicino ad una distesa d’acqua dove trovano una gigantesca donna di colore che giace nuda.I due uomini entrano nella vulva della donna e ….
E’ l’ultimo sberleffo, la fuga dalle donne e dal sesso culmina con un ritorno alle origini; sono stati partoriti da una vulva e li ritornano, non sapendo che poco dopo la donna avrà un rapporto sessuale con loro all’interno.
Il senso del grottesco e dell’eccesso trova così il suo culmine, Calmos irride tutte le istituzioni (matrimonio,rapporti di coppia,sessualità) con l’uso dell’iperbole, con immagini scioccanti e con un delirio fatto di estrema misoginia che trova il suo culmine nella fuga disperata dei due uomini e nell’inseguimento che le loro donne dapprima, poi tutte le altre dopo tentano allo scopo di riportare alla normalità i due fuggiaschi.

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Ma è normalità la vita di un uomo quando è costretto a subire gli isitinti irrefrenabili delle donne, quella loro sessualità indecente,esposta come un’esigenza di riproduzione animale, selvaggia?
Blier capovolge tutto:dalla società maschilista, basata sul sesso e sullo sfruttamento dello stesso ecco che passa ad una società dominata dalle donne, nelle cui pieghe si muovono i poveri uomini, costretti ad accettare un ruolo eminentemente riproduttivo.
Questa teoria, esposta in lungo e in largo in tutto il film, indignò e scandalizzò in egual misura critici e donne, incapaci di vedere il grandioso disegno grottesco ed estremista di Blier.
Si può ovviamente non essere d’accordo e ci mancherebbe:nella società moderna la donna non ha minimamente il ruolo ascritto loro dal regista francese,anzi.
Ma l’insieme delle surreali immagini, aggiunte ad alcune irresistibili trovate e ad alcuni quadretti ben riusciti rende il film, aldilà del valore stesso della sua feroce anarchia, meritevole di essere visto con attenzione e perchè no, con indulgenza.
Grandissimo protagonista del film Jean Pierre Marielle, uno degli attori più bravi della storia del cinema francese;il suo volto disgustato davanti alla vulva di Claudine Beccarie meriterebbe di essere incorniciato in una gigantografia.
Bene sicuramente anche Jean Rochefort,irresistibile Bernard Blier bene anche il resto del cast;in pratica la stragrande maggiornza delle donne del film compaiono nude nel film stesso.
Ben coordinata la fotografia, belle le location.
Non esiste una versione italiana del film, mentre è facilmente rintracciabile in streaming in rete la versione originale francese in ottima qualità video.

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un film di Bertrand Blier, con Jean-Pierre Marielle,Jean Rochefort,Bernard Blier,Brigitte Fossey,Micheline Kahn,Claudine Beccarie Grottesco Francia 1976

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Jean-Pierre Marielle … Paul Dufour
Jean Rochefort … Albert
Bernard Blier … Il curato
Brigitte Fossey … Suzanne Dufour
Claude Piéplu …L’anziano combattente
Pierre Bertin …Il canonico
Micheline Kahn … Geneviève
Jacques Rispal … L’assassino
Jacques Denis …Un combattente della resistenza
Sylvie Joly …Il capo dei dottori
Claudine Beccarie …La cliente del ginecologo
Gérard Jugnot … Un seguace

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Regia:Bertrand Blier
Sceneggiatura:Bertrand Blier, Philippe Dumarçay
Produzione:Bernard Artigues,Claude Berri,Christian Fechner
Musiche:Georges Delerue
Fotografia:Claude Renoir
Montaggio:Claudine Merlin
Production Design:Jean André
Costume Design:Michèle Cerf

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dicembre 15, 2014 Posted by | Commedia | , , , , | Lascia un commento

Acque profonde (Eaux profondes)

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” Non credo di aver tradito Patricia Highsmith. Il libro e il film non sono lo stesso oggetto, hanno un percorso e un destino diverso. Una cosa è un libro, un’altra il film. Sono nati uno e l’altro in tempi diversi, possiamo dire che la genesi è differente. Non hanno lo stesso oroscopo. Se c’è manipolazione nei miei film non è colpa mia. Quando scrivo la sceneggiatura il gioco inizia, mi lascio andare. I miei personaggi mi chiedono di cambiare e io lo faccio.Istintivamente.”
Con queste parole Michel Delville parla della riduzione cinematografica del romanzo Eaux profondes di Patricia Highsmith dal quale nel 1981 il regista francese trae questa affascinante opera, lasciando inalterato il titolo ma modificando profondamente la psicologia dei personaggi.
Un film che sembra un sottile gioco psicologico tra due personaggi, marito e moglie e il gruppo di vicini e amici con i quali interagiscono, che però fanno da contorno visto che i coniugi assumono da subito un’importanza capitale che spinge lo spettatore a cercare motivazioni sul loro strano comportamento.

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E infatti è proprio la natura del comportamento dei due coniugi a ben vedere la parte più intrigante del film; il misterioso rapporto tra i due,l’alchimia che c’è tra loro, il gioco perverso che li unisce ma al temo stesso li distingue è una cortina fumogena che Delville esalta fino a rendere la vita coniugale un rebus fatto di tradimenti presunti, di seduzione e alla fine, quando meno te lo aspetti, di morte.
Victor è un creatore di profumi con l’hobby di coltivare lumache ed è sposato con Melanie, una giovane e apparentemente frivola donna con la quale ha avuto una bambina che ora ha dieci anni.
I due vivono nell’isola di Jersey, dove sono ben integrati e hanno una vita sociale intensa.
Che però è alimentata molto più da Melanie che da Victor; è la donna ad essere attratta e affascinata dalla vita sociale, specialmente dagli uomini, con i quali civetta in modo addirittura sfacciato, sotto gli occhi inespressivi del marito che non sembra ferito da questi comportamenti della donna.

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Sembra un gioco crudele quello che Melanie opera ai danni del marito, ma le cose stanno veramente così?
Man mano che il film si inoltra nel tempo, il sottile e perfido gioco assume connotazioni molto più complesse; da un lato vediamo Melanie sedurre uno dopo l’altro alcuni giovani conoscenti dall’altro vediamo Victor sempre impassibile; nel suo sguardo non riusciamo a cogliere la realtà dei suoi sentimenti.
E’ ferito dal comportamento della moglie?
Sembrerebbe di si, perchè ad un certo punto le cose cambiano.
Dopo aver messo in guardia gli spasimanti di Melanie,dicendo loro che per la moglie è disposto ad uccidere ( e che lo ha già fatto) all’improvviso Victor agisce mettendo in pratica i suoi ammonimenti.
Annega nella piscina proprio uno di questi e da quel momento le cose cambiano…
Cambiano anche per lo spettatore che inizia a prendere sul serio Victor, personaggio che fino a quel momento è risultato essere un autentico enigma.

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A quanto pare la sua apparente docilità nasconde emozioni forti, la sua imperturbabilità è solo di facciata.
Quello che sembrava fino a quel punto un crudele gioco messo in scena dalla volubile Melanie è qualcosa di ben più complesso e forse anche perverso.
Può essere che sia un gioco tra le parti, ovvero che sia Melanie che Victor si comportino nei loro rispettivi modi per un sottile e perverso gioco destinato a tener vivo il rapporto tra la coppia?
Può essere che Melania faccia la femme fatale solo per accontentare il voyeurismo del marito e che costui sia ben felice della cosa?
Lo sapremo, forse,solo alla fine, quando nelle ultime scene accade qualcosa che ovviamente non racconto per non guastarvi la sorpresa.
Si, perchè Acque profonde è un film straordinario, che va guardato fotogramma per fotogramma e che anche dopo la fine lascia un senso di irrisolto che però non deriva dalla qualità del racconto bensi dal bivio in cui le strade divergono ed ognuno è libero di scegliere la strada che preferisce.
Delville ci porta ad un finale enigmatico (fino ad un certo punto però) attraverso un film psicologico il che non significa sbadigli o noia, tutt’altro.

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Il regista di Boulogne-Billancourt è un fine indagatore, ironico e sottilmente sarcastico, fine ed elegante, come del resto aveva mostrato nei film fino ad allora diretti, ultimo dei quali Un dolce viaggio,girato prima di questo splendido Acque profonde.
La stessa eleganza formale unita a tanta, tanta sostanza la ritroviamo quindi in questo film, che parte quasi come una commedia, diventa un dramma e vira verso il thriller finendo nuovamente come un dramma.
Davvero da premi Oscar poi le interpretazioni dei due attori protagonisti, Isabelle Huppert e Jean-Louis Trintignant; con la Huppert Delville girerà un altro bellissimo film La lettrice.

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Come racconterà Delville in un’intervista,” Isabelle Huppert e Jean-Louis Trintignant non avevano mai lavorato insieme e presto sorse tra loro una complicità che era assolutamente necessaria per la credibilità del film. D’altra parte, mi piacciono i giocatori intuitivi . Con questi, non c’è bisogno di spiegazioni o lunghe ripetizioni . Ho fatto in modo di catturare la loro viva spontaneità di espressione
La coppia funziona in maniera perfetta e dona una credibilità del tutto particolare al film, che si avvale inoltre di una splendida fotografia e di una location piena di fascino.
Un film davvero bello.
Del quale esiste una versione italiana, purtroppo di difficilissima reperibilità in rete.
Un film da guardare, da assaporare, da amare.

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Acque profonde
Un film di Michel Deville. Con Jean-Louis Trintignant, Isabelle Huppert Titolo originale Eaux profondes. Giallo, durata 94′ min. – Francia 1981.

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Jean-Louis Trintignant … Vic Allen
Isabelle Huppert … Melanie
Sandrine Kljajic … Marion
Éric Frey … Denis Miller
Christian Benedetti … Carlo Canelli
Bruce Myers … Cameron
Bertrand Bonvoisin … Robert Carpentier
Jean-Luc Moreau … Joël
Robin Renucci … Ralph
Philippe Clévenot … Henri Valette
Martine Costes … La mamma di Julie
Evelyne Didi … Evelyn Cowan
Jean-Michel Dupuis … Philip Cowan
Bernard Freyd … Havermal

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Regia Michel Deville
Soggetto Patricia Highsmith
Sceneggiatura Florence Carez sotto lo pseudonimo Florence Delay, Michel Deville, Cristopher Frank, Patricia Highsmith
Produttore Denis Mermet
Fotografia Claude Lecomte
Montaggio Raymonde Guyot
Musiche Manuel de Falla

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L’opinione del Morandini

Nell ‘isola di jersey (Normandia) Vic, dirigente di un’impresa di profumi, è tradito in modo aperto dalla moglie Mélanie che adora finché uccide un suo amante. Il delitto passa per morte accidentale. Ne uccide un altro, ma l’inchiesta si arena. Sotto gli occhi della loro bambina, che assiste ai loro giuochi perversi, i due tornano a vivere insieme. Scritto da Florence Delay, Christopher Frank e da M. De Ville, tratto dal romanzo Deep Water (1957) di Patricia Highsmith. Regia rigorosa, di raffinata morbidezza. J. Trintignant inquietante, I. Huppert magistrale come donna di infantile crudeltà.AUTORE LETTERARIO: Patricia Highsmith

L’opinione del sito http://www.filmtv.it

Tratto da un romanzo di Patricia Highsmith il film di Deville è denso di sfumature e assolutamente non banale.

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Vic non ballava mai, ma non per le ragioni che di solito si danno gli uomini che non ballano. Vic non ballava mai semplicemente perché a sua moglie piaceva molto ballare. Cercava di razionalizzare questo suo atteggiamento, ma senza riuscirci, senza riuscire a convincere se stesso nemmeno per un istante, anche se ci provava tutte le volte che vedeva Melinda ballare. Sua moglie era insopportabilmente stupida, quando ballava. Riusciva a fare del ballo una cosa imbarazzante.
Melinda entrava e usciva piroettando dal suo campo visivo, ma lui se ne rendeva conto molto vagamente. Sapeva che si trattava di lei solo per via della familiarità che aveva con ogni minimo dettaglio della sua persona fisica. Alzò con calma il bicchiere di scotch allungato con acqua e lo sorseggiò. Sedeva scomposto, con un‟espressione neutra in faccia, sulla panca imbottita che seguiva i contorni del montante delle scale dei Meller, con gli occhi fissi sul movimento dei ballerini, e intanto pensava che quella sera, appena tornato a casa, sarebbe andato a dare un’occhiata alle cassette di erbe che teneva in garage, per vedere se fossero spuntate le digitali. Stava coltivando parecchi tipi di erbe: ne reprimeva la crescita privandole di metà della luce e dell‟acqua di cui avevano bisogno, allo scopo di intensificarne l‟aroma. Tutti i giorni all‟una, quando tornava a colazione, metteva le cassette fuori al sole, e tornava a riporle nel garage alle tre, prima di andare alla tipografia.
Victor Van Allen aveva trentasei anni, era di statura leggermente inferiore alla media, tendeva a una soda e diffusa rotondità piuttosto che alla pinguedine, e aveva un paio di sopracciglia folte e crespe che sporgevano sopra gli occhi azzurri dall‟espressione innocente. I capelli castani erano lisci, tagliati molto corti, e, come le sopracciglia, folti e tenaci. La bocca era di grandezza normale, ferma, l‟angolo destro solitamente piegato all‟ingiù in un‟espressione di asimmetrica risolutezza o di umorismo, a seconda di come si sceglieva di interpretarla. Era quella bocca a rendere ambigua la faccia di Vic perché era facile scorgervi una certa amarezza, anche dato che gli occhi azzurri, grandi, intelligenti e impassibili non lasciavano assolutamente capire cosa pensasse o sentisse.

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Acque profonde Michel Deville

Michel Delville,regista del film

Acque profonde Patricia Highsmith

Patricia Highsmith,scrittrice del romanzo

dicembre 13, 2014 Posted by | Drammatico, Thriller | , , | 3 commenti

Quartet

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Parigi, seconda metà degli anni venti.
Marie è la giovane moglie di Stephan, un uomo che vive ai margini della legge ricettando opere d’arte rubate.
Un giorno suo marito viene arrestato e imprigionato e la giovane donna, esauriti i pochi risparmi, si trova a dover abbandonare la camera d’albergo che occupava con suo marito.
Senza mezzi di sussistenza,Marie è costretta ad accettare l’invito di una coppia di ricchi borghesi,Heidler e Lois; lui è un agiato bohemienne che vive di rendita, lei una annoiata pittrice per diletto.
Heidler ha un rapporto perverso con sua moglie; non le nasconde i tradimenti ed infatti è reduce da una relazione terminata drammaticamente in cui la sua amante si è uccisa, il tutto avvenuto sotto gli occhi di Lois, che sembra indifferente alla cosa.

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L’invito fatto dalla coppia a Marie non è disinteressato; l’uomo infatti subisce il fascino della giovane Marie e ben presto ne fa la sua amante, convincendola un po con il suo fascino e un bel po con la promessa di occuparsi di lei e di suo marito quando uscirà di prigione.
Marie però non ha affatto dimenticato suo marito, che continua ad andare a trovare tutti i sabati in carcere, professandogli il suo amore incondizionato.
Durante questi incontri la giovane donna assicura la sua fedeltà totale al marito,che però un giorno esce dal carcere e ben presto scopre la natura del suo legame con Heidler.
E’ arrivato il momento, per Stephan,di incontrare i protettori di sua moglie; i quattro si incontrano e Stephan giura di vendicarsi di Heidler.
Ma le cose assumono una piega assolutamente imprevista; Marie lascia Heidler convinta di poter riconquistare suo marito che invece allaccia una relazione con l’amante di un suo compagno di prigionia.
A questo punto Marie è di nuovo sola; abbandonato l’amante, abbandonata dal marito e nuovamente priva di mezzi di sostentamento accetta la corte di un amico di suo marito…

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Tratto dall’omonimo romanzo di Jean Rhys e diretto da James Ivory Quartet esce nelle sale nel 1981; film elegante e formalmente inappuntabile possiede tutte le qualità che vengono universalmente riconosciute al regista di Berkley.Una accuratissima ricostruzione ambientale, una raffinata fotografia, un’eleganza formale e ricercata in ogni minimo particolare del film.
Pure Quartet è un film freddo e al tempo stesso stilisticamente impeccabile, con una trama molto semplice che segue le vicende della protagonista principale, Marie e della coppia che la ospita e marginalmente di Stephan,marito di Marie per il quale si parteggia ma solo all’inizio.
L’intreccio di relazioni pericolose tra i protagonisti si scioglie nel finale,quando l’uscita di galera di Stephan chiuderà il cerchio; fino a quel momento il film vive sulla relazione proibita che si stabilisce tra il ricco, annoiato e vizioso Heidler,la sua compiacente moglie Lois e la debole Marie, che pure conserva l’affetto per suo marito.

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Ma alla fine a pagare il conto più salato sarà proprio la giovane sposa, perchè dovrà scappare dal triangolo vzioso nel quale si è rinchiusa all’inizio solo per sopravvivere, in seguito anche per il fascino che Heidler esercita su di lei;Stephan conosciuta la natura del rapporto che lega sua moglie a Heidler finirà per scegliere un’altra donna e Marie, rimasta ormai sola senza più i suoi protettori e senza suo marito finirà per accettare la corte di un altro uomo.
Il quartetto quindi si scioglie una volta tanto senza drammi e senza scossoni:ognuno riprende la sua vita, la recita può continuare.
Ivory descrive minuziosamente gli ambienti, fa del suo meglio per fornire le motivazioni delle scelte dei protagonisti;eppure il film resta comunque inerte, freddo e non coinvolgente proprio perchè sono poco coinvolgenti i personaggi, che non ispirano alcun sentimento forte se non quello della curiosità.
Quello che invece colpisce è la ricostruzione della vita parigina sul finire degli anni 20;la seconda guerra mondiale è ancora lunga da venire e la città tentacolare sembra oziosamente sprofondata nell’amoralità.
La coppia Heidler-Lois è composta da due ricchi inglesi che hanno scelto Parigi per vivere di rendita,indolenti pigri ma al tempo stesso perversi e viziosi mentre Stephan e Marie sono l’esatto opposto essendo il primo un rifugiato polacco che vive ai margini della legge e la seconda una provinciale.

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Lo scontro tra le due radici culturali avviene sullo sfondo di una Parigi ricca di lustrini e cafè chantant, di luci e tentazioni, di vizio e libertinaggio nascosto tra le pieghe apparenti della città multi culturale e multi etnica.La bella Marie lo scoprirà a sua spese, quando cercando di fare la modella rischierà di finire nella produzione di un film porno.
Un film raffinato e intenso ma poco coinvolgente; esemplificando possiamo paragonare Quartet ad un libro dalla splendida la copertina quindi ma il cui contenuto non seduce.
Il cast invece si muove bene; bravi i quattro protagonisti con una menzione particolare per la Adjani, bravissima nel rendere il personaggio di Marie pieno di sfumature inespresse, quasi priva di una sua volontà precisa e preda sopratutto degli eventi.
Quartet è un film che esiste in digitale e che quindi restituisce splendidamente le morbide atmosfere di Ivory, tuttavia non è di facile reperibilità.

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Un film di James Ivory. Con Isabelle Adjani, Alan Bates, Maggie Smith Drammatico, durata 101′ min. – Gran Bretagna, Francia 1981.

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Alan Bates: H.J. Heidler
Maggie Smith: Lois Heidler
Isabelle Adjani: Marya Zelli
Anthony Higgins: Stephan Zelli
Pierre Clémenti: Théo il pornografo
Suzanne Flon: Mme Hautchamp
Daniel Mesguich: Pierre Schlamovitz
Sheila Gish: Anna
Armelia McQueen: cantante di night club
Wiley Wood: Cairn
Virginie Thevenet: Mmoiselle Chardin
Daniel Chatto: Guy
Bernice Stegers: Miss Nicholson
Paulita Sedgwick: Esther

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Regia James Ivory
Soggetto Jean Rhys (romanzo)
Sceneggiatura Ruth Prawer Jhabvala
Produttore Ismail Merchant, Jean-Pierre Mahot, Humbert Balsan (produttore associato), Connie Kaiserman (produttore associato)
Casa di produzione Merchant Ivory Productions, Lyric International
Fotografia Pierre Lhomme
Montaggio Humphrey Dixon
Musiche Richard Robbins
Scenografia Jean-Jacques Caziot
Costumi Judy Moorcroft

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L’opinione di Kotrab dal sito http://www.filmtv.it

E’ il primo Ivory che vedo e sono abbastanza soddisfatto: come dice FilmTv il film è piuttosto algido anche nello stile, ma questo è un punto di forza per un soggetto che altrimenti sarebbe naufragato. Bravissimi attori come la Adjani, Higgins (I misteri del giardino di Compton House), la Smith e Bates sostengono egregiamente la prova.
L’opinione di Lucius dal sito http://www.davinotti.com

Tratto dal romanzo di Jean Rhys, la pellicola di Ivory colpisce in primis per le impeccabili scenografie e per i costumi che danno un cospicuo contributo nel ricreare un’epoca magica come quella degli anni 20. La Adjani, diafana ed eterea, è un’artista che si ritrova a fare i conti con la propria arte e con una situazione economica tipica di tanti grandi artisti, tra incontri sbagliati (finirà anche su un set hard) e rapporti perversi, in un crescendo di situazioni al limite dell’insostenibilità. Finale amaro.

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dicembre 12, 2014 Posted by | Drammatico | | 5 commenti

Amore e rabbia

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Agli inizi degli anni cinquanta si diffuse l’idea di creare dei film collettivi, ovvero dei prodotti cinematografici fatti a più mani; due o più registi creavano dei “corti d’autore” di lunghezza variabile in funzione dei cineasti che partecipavano alla costruzione del film stesso,che aveva generalmente una tematica di fondo a cui il regista prescelto partecipava con un suo spezzone.

Nacquero così produzioni più o meno famose e ovviamente più o meno valide dal punto di vista stilistico e narrativo; basti citare Boccaccio ’70 (1962) con 4 registi di casa nostra come Federico Fellini, Mario Monicelli, Vittorio De Sica e Luchino Visconti,Ro.Go.Pa.G. (1963) ancora con 4 registi,Roberto Rossellini, Jean-Luc Godard, Pier Paolo Pasolini e Ugo Gregoretti,Oggi, domani e dopodomani (1965) con 3 registi, Luciano Salce, Marco Ferreri e Eduardo De Filippo oppure Capriccio all’italiana (1968) con ben 6 registi,Mauro Bolognini, Mario Monicelli, Pier Paolo Pasolini, Steno, Pino Zac e Franco Rossi.

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Amore e rabbia nasce nel 1969, è strutturato in cinque episodi diretti da grandi maestri del cinema, come Carlo Lizzani,Bernardo Bertolucci,Pier Paolo Pasolini,Jean-Luc Godard e Marco Bellocchio.
La tematica di base è rappresentata da storie tratte dal Vangelo, tant’è vero che il film venne presentato al festival di Berlino con il titolo di Vangelo 70, che includeva la partecipazione di Lizzani, Bertolucci e Pasolini con in più un episodio diretto da Valerio Zurlini, Seduto alla sua destra, che il regista bolognese aveva dedicato alla vita del leader congolese Lumumba.L’episodio era troppo lungo e difatti in seguito diventò un film a se stante e all’opera collettiva Amore e rabbia vennero aggiunti gli episodi diretti da Godard e da Bellocchio.

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Gli episodi diventano così 5 che formano la stesura definitiva dell’opera e sono :
L’indifferenza diretto da Carlo Lizzani
Agonia, diretto da Bernardo Bertolucci
La sequenza del fiore di carta diretto da Pier Paolo Pasolini
L’amore, diretto da Jean-Luc Godard
Discutiamo, discutiamo, diretto da Marco Bellocchio

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Il primo episodio, L’indifferenza diretto da Carlo Lizzani, ci mostra la vita alienante delle metropoli, con un inizio ripreso dall’alto di un probabile tentativo di stupro.
Mentre barboni e senza tetto dormono in pieno giorno sui marciapiede delle città,la gente corre, indifferente a quanto ha sotto gli occhi.C’è un incidente e un uomo chiede aiuto perchè ha una donna ferita in auto ma sarà solo un criminale a dargli una mano e non certo per pietà…

Il secondo episodio, Agonia diretto da Bernardo Bertolucci mostra un gruppo di giovani impegnato in una pratica pseudo religiosa,nella quale ognuno di loro dopo essersi levato in piedi muore senza nemmeno toccarsi, sotto gli occhi di un anziano che osserva trasognato la scena,che si trasforma in una specie di sogno onirico che lo riporta a vedere la scena come parabola di un’esistenza passata passivamente,senza interessi verso gli altri…

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Il terzo episodio, La sequenza del fiore di carta diretto da Pier Paolo Pasolini mostra un giovane che gira quasi spaesato per una Roma caotica,mentre sullo schermo immagini in bianco e nero si sovrappongono a quelle del giovane. Riccetto, questo il suo nome, sorride a tutto,con un papavero fra le mani, quasi indifferente all’umanità che vive e pulsa attorno a lui.Quando le immagini della seconda guerra mondiale diverranno più cariche dei tristi simboli della morte, Riccetto sentirà la voce di Dio che gli dirà “morire” e così accadrà, con il giovane steso sull’asfalto con quel suo patetico papavero gigante in mano, colpevole agli occhi di Dio di essere troppo innocente per non aver visto il male attorno a se…

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Il quarto episodio, L’amore diretto da Jean-Luc Godard fra scene che riprendono la natura e altre che riprendono mani,braccia e volti parla dell’impossibilità di coniugare rivoluzione e democrazia, la loro impossibile coesistenza con la democrazia nella società moderna,tant’ è vero che persino in amore le differenze tra i due sessi rendono impossibile l’integrazione, cosa simboleggiata dalla separazione dei due protagonisti della storia…

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Il quinto episodio, Discutiamo, discutiamo, diretto da Marco Bellocchio riprende alcuni universitari alle prese con i loro programmi politici e con le loro idee.
Il tutto si chiude con una carica della polizia mentre lo schermo diventa gradualmente rosso…
Cinque episodi legati quindi da un filo sottile, molto sottile, completamente diseguali come nella natura della tecnica registica dei cinque cineasti e che risultano, ad una visione odierna pesantemente datati oltre che poco affascinanti dal punto di vista meramente estetico.
L’impossibilità di condensare in pochi minuti qualcosa che richiederebbe molto più spazio e tempo è evidente da subito, anche se il primo episodio, quello diretto da Lizzani in qualche modo coglie nel segno, pur risultando alla fine quasi un mini documentario sull’indifferenza della società moderna verso l’individuo, completamente alienato e perso nel suo personale a tutto scapito del collettivo.

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Difficile giudicare invece l’episodio diretto da Bertolucci, criptico e francamente noioso in modo patologico mentre l’episodio migliore, a mio avviso resta quello diretto da Pasolini, con il suo solito stile e con un chiaro messaggio sull’innocenza che nel mondo moderno non può trovare spazio,un peccato originale al quale nulla e nessuno può porre rimedio.Infatti Dio decide di eliminare fisicamente l’anomalia rappresentata da Riccetto, candido simbolo di un’umanità persa nell’alienazione che rifiuta di vedere il mondo attorno a se,un giglio, o meglio un papavero-origami condannato dall’alto a dover aprire obbligatoriamente gli occhi sul quotidiano.
L’episodio diretto da Godard è più irritante che altro;il regista della nouvelle vague si auto compiace della sua direzione senza concedere nulla allo spettacolo visivo, cercando di esprimere solo tecnicamente le sue indubbie qualità di regista ma lasciando viceversa lo spettatore orfano di una benchè minima emozione.Un episodio in cui l’estetica prevale su tutto,quasi un atto auto erotico da parte di un regista che pure la critica ha sempre amato alla follia.

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Infine l’episodio di Bellocchio, sperimentale e ironico, girato con illustri sconosciuti e quindi molto simile ad un moderno reality,poco più che un esercizio di stile oggi assolutamente inguardabile.
Amore e rabbia è quindi un opera in cui la disomogeinità rappresenta il filo conduttore ben aldilà di quelle che erano le premesse iniziali.
Per quanto riguarda il cast segnalo la presenza di Milena Vukotic nel ruolo dell’ infermiera nell’episodio Agonia, quello di Nino Castelnuovo (irritante) in Amore, quello di Ninetto Davoli, a mio giudizio il più ispirato in quello dell’episodio La sequenza del fiore di carta
Il film è abbastanza raro in rete; c’è una sua versione con i 5 episodi tutti separati l’uno dall’altro su You tube, purtroppo in inglese.

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Amore e rabbia

Un film di Carlo Lizzani, Jean-Luc Godard, Marco Bellocchio, Bernardo Bertolucci, Pier Paolo Pasolini. Con Tom Baker, Julian Beck, Jim Anderson, Judith Malina, Giulio Cesare Castello, Adriano Aprà, Fernaldo Di Giammatteo, Petra Vogt, Ninetto Davoli, Rochelle Barbini, Aldo Puglisi, Christine Guého, Nino Castelnuovo, Marco Bellocchio, Romano Costa Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 100′ min. – Italia 1969.

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Amore e rabbia banner protagonisti

L’indifferenza:

Tom Baker: l’uomo

Agonia:

Julian Beck: moribondo
Giulio Cesare Castello: prete
Adriano Aprà: chierico
Romano Costa: chierico
Milena Vukotic: infermiera

La sequenza del fiore di carta:

Ninetto Davoli: Riccetto
Rochelle Barbini: piccola bambina
Aldo Puglisi: Dio

L’amore:

Christine Guého: l’attrice
Nino Castelnuovo: il direttore
Catherine Jourdan: spettatrice
Paolo Pozzesi: spettatore

Discutiamo, discutiamo:

Marco Bellocchio: lettore

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Regia Marco Bellocchio, Bernardo Bertolucci, Pier Paolo Pasolini, Jean-Luc Godard, Carlo Lizzani
Soggetto Piero Badalassi, Marco Bellocchio, Pier Paolo Pasolini, Bernardo Bertolucci, Jean-Luc Godard, Carlo Lizzani, Puccio Pucci
Sceneggiatura Marco Bellocchio, Pier Paolo Pasolini, Jean-Luc Godard, Bernardo Bertolucci, Carlo Lizzani
Fotografia Alain Levent, Sandro Marcori, Giuseppe Ruzzolini, Ugo Piccone
Montaggio Nino Baragli, Franco Fraticelli, Agnès Guillemot, Roberto Perpignani
Musiche Giovanni Fusco
Scenografia Mimmo Scavia

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Amore e rabbia banner recensioni

L’opinione di Terry Malloy dal sito http://www.filmscoop.it

Il film si apre con l’episodio di Lizzani…Il buon samaritano. Tutto senza implicazioni intellettualoidi che francamente fanno svolazzare le palle altamente.
poi in sequenza Bertolucci con un episodio noioso fino all’inverosimile e incomprensibile, Pasolini che riprende in parte il precedente con l’aggravante di essere ancora più astruso e complicato e Godard che si lancia in una metacinematografica operetta sul figliuol prodigo senza cavarci fuori nulla di interessante.
ma poi arriva la svolta…
Bellocchio salva tutto con uno degli episodi più belli che abbia mai visto. “Discutiamo discutiamo” mischia sapientemente ironia, passione politica, analisi accurata e sfondo sociale con un tocco frizzante e divertente che salva in extremis le deludenti prove precedenti.

L’opinione di Darjus dal sito http://www.filmtv.it

Interessante operazione in cui l’intellettualismo di alcuni registi prende il sopravvento sul resto…L’episodio di Lizzani, sebbene piuttosto prevedibile, risulta ben girato (con un montaggio sincopato avanti sui tempi); Bertolucci usa il teatro e il simbolismo estremo, ma il risultato è stucchevole; bello l’episodio di Pasolini, poetico, ma non criptico, sperimentale, ma non assurdo; Godard tenta un audace parallelismo tra la politica e l’amore popolo/borghesia – uomo/donna: splendida la fotografia, noioso il resto; infine Bellocchio non va oltre un semplice documentario sui tipici temi di cui discutono/evano gli studenti universitari. Più utile, al giorno d’oggi come esperimento sociologico su come è cambiata la nostra società e su come certi ideali ora visti come stupidi sogni.

L’opinione di B.Legnani dal sito http://www.davinotti.com

Film sperimentale a episodi, spesso di noia micidiale. Quello di Lizzani non pare granché, ma cresce con… la visione di quello (a me incomprensibile) di Bertolucci e di quello – terribile – di Godard (Castelnuovo che, brandendo un sigaro imperioso, esalta la rivoluzione yemenita fa, non per colpa sua, solo ridere). Il migliore è quello di Pasolini, en plein air, con un “candido” Ninetto Davoli (il titolo “La sequenza del fiore di carta” è un decasillabo perfetto). Quello finale, con Bellocchio e studenti, è un sincero divertissement degli intervenuti, non certo un qualcosa di cinematografico. Fu clamoroso insuccesso di pubblico: non si fatica a crederlo.

L’opinione di Pigro dal sito http://www.davinotti.com

Reintepretazioni evangeliche per un film sperimentale e coraggioso. Poetico e intenso Pasolini sulla responsabilità individuale (bello!). Non male Lizzani sull’indifferenza verso i bisognosi in una frenetica New York. Accettabile la provocazione di Bertolucci con il Living Theatre. Insopportabili Godard e Bellocchio: il primo mortalmente noioso nella metafora politica in forma di rapporto amoroso con pedissequa spiegazione; il secondo presuntuoso e ridicolmente raffazzonato nella rappresentazione filodrammatica della contestazione studentesca.

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dicembre 10, 2014 Posted by | Drammatico | , | Lascia un commento