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Cinema & Vampiri

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Un cinema di nicchia,ma con tanti fedeli seguaci,quello dedicato ai vampiri.Il travolgente successo di Dracula,personaggio creato dalla penna di Bram Stoker nel 1897 ha percorso in maniera trasversale la storia stessa del cinema,con decine di versioni aventi come protagonista il principe delle tenebre.Ma il cinema sui vampiri non è solo quello dedicato a Dracula;sono tantissime le pellicole che hanno per protagonisti Nosferatu e altri vampiri minori,così come esistono dei cicli come la trilogia Karnstein prodotti dalla Hammer che ormai rientrano tra i classici del film vampiresco.Quella che segue è una breve carrellata di film vampireschi,con corredo fotografico di locandine,lobby card e flani d’epoca limitata ai primi anni ottanta.Mancano tanti film,ovviamente;il criterio di scelta è unicamente la disponibilità di documentazione fotografica.

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Il mistero del castello (1962)

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Vampiri amanti (1970)

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Il Conte Dracula (1970)

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Mircalla l’amante immortale (1971)

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Le figlie di Dracula (1971)

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Dracula colpisce ancora (1972)

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La regina dei vampiri (1972)

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Dracula il vampiro (1958)

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Le spose di Dracula (1960)

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Dracula principe delle tenebre (1966)

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Le amanti di Dracula (1968)

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Una messa per Dracula (1970)

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Il marchio di Dracula (1970)

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I satanici riti di Dracula (1973)

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La leggenda dei 7 vampiri d’oro (1974)

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La maschera del demonio (1960)

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Nosferatu il principe della notte (1979)

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La morte va a braccetto con le vergini (1971)

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La casa dei vampiri (1970)

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La casa che grondava sangue (1971)

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gennaio 31, 2017 Posted by | Miscellanea | | 5 commenti

Incensurato,provata disonestà,carriera assicurata cercasi

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Se qualcuno avesse voluto appioppare a questo film un titolo più pretenzioso, avrebbe potuto optare per un chiaro ed efficace brocardo latino: promoveatur ut amoveatur. Ma è difficile immaginare che un produttore, negli anni ’70, avrebbe accettato un titolo saccente per una commedia a sfondo politico. Quindi, Incensurato, provata disonestà, carriera assicurata, cercasi, pur essendo un titolo insolito, descrive in una riga, con termini di uso comune, la trama di una commedia satirica di ottima fattura, uscita nelle sale italiane il 7 dicembre del 1972. Ancora una volta, l’umorismo che perde la pazienza nei confronti della politica diventa satira sfogando rabbia ed amarezza per ben 105 minuti di pellicola visionaria.
Dietro la macchina da presa c’è il trentino Marcello Baldi, il quale segnò il suo debutto nel lontano 1949, nel kolossal Fabiola, come secondo regista al fianco di Alessandro Blasetti. Sin da giovanissimo, Baldi lavorò come assistente per registi affermati e come sceneggiatore, maturando, quindi, una solida esperienza di documentarista. Infatti, il film si distingue per l’ottimo impiego della cinepresa ed anche per un montaggio perfetto, che inserisce sequenze di vita (politica) reale, le quali ritraggono manifesti, raduni e discorsi elettorali; tra questi, un comizio PCI con la partecipazione di Gian Maria Volontè.

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La trama si apre sulle allegre musiche di Stelvio Cipriani le quali accompagnano il risultato del disboscamento italiano: tonnellate di carta stampata a poster, manifesti e biglietti elettorali.
Il protagonista è Giuseppe Zaccherin (Gastone Moschin), classe 1930, originario di Bardolino, provincia di Verona. Figlio di padre ateo, marxista e libero pensatore (interpretato sempre da Moschin) e di madre cattolica, Zaccherin è un comunista dichiarato il quale viene coinvolto nelle elezioni politiche a causa di un errore di battitura. Più precisamente, nell’iscrivere il nome del marchese Zeccarin nelle liste della DC per il Senato, un attivista del partito (Nanni Loy) commette un errore. Così, al posto del marchese, risulta candidato un qualsiasi Giuseppe Zaccherin.
Su incarico della DC, vengono svolte ricerche intense in tutta Italia al fine di trovare un incensurato con quel nome. Grazie all’intervento di un commissario arrivista (Riccardo Cucciolla), viene, quindi, rintracciato il bardolinese Zaccherin.
Tuttavia, Zaccherin, a causa delle proprie convinzioni politiche, mal digerisce la candidatura con il partito avversario (Diiiocaro!!!). Saranno i guai con la moglie svizzera (Gisela Hahn), alla quale deve un’ingente somma di denaro a titolo di spese di vitto e alloggio, e le macchinazioni di vari esponenti politici della DC, del PCI e perfino del MSI, a convincere il bardolinese ad accettare la candidatura.
Ma Zaccherin, oltre ai guai con la moglie, conduce una vita sostentata da imbrogli (commercializza alcoolici contraffatti e orologi rubati) circostanza che lo rende facilmente ricattabile.
Per di più, il futuro senatore democristiano tiene un’amante comunista (Paola Quattrini) la quale non perdona il tradimento politico del diletto. Com’è facile immaginare, in seguito, sorgono un mare di guai.

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In fine, Zaccherin accetta di presentarsi convinto che non otterrà più di cinque o sei voti. Contrariamente alle aspettative, Zaccherin riscuote un successo clamoroso: viene votato da 82.000 cittadini che hanno visto in lui un uomo diverso rispetto agli altri politici. Senatore neoeletto, Giuseppe Zaccherin si applica con impegno nell’attività legislativa: “15 proposte di legge in una settimana!”. Le proposte, però, sono così deliranti che, per porre fine alle sue iniziative, i colleghi decidono di promuoverlo: Giuseppe Zaccherin viene eletto Presidente della Repubblica.


Lo spettatore si trova di fronte ad una riuscita satira del malcostume politico italiano. Il personaggio interpretato da Gastone Moschin fa sorridere ma, sopratutto, fa riflettere sulla condotta smidollata degli uomini di potere e sull’abisso che si infrappone tra gli elettori e la casta politica.
L’uso del linguaggio volgare, in particolar modo delle bestemmie, non è fine a se stesso. Al contrario, nel caso di Zaccherin, esso accentua lo stato d’animo del personaggio, spesso teso, confuso o avvilito. Seppur un uomo di flessibile moralità, Zaccherin non è un cittadino amorale, cosa che traspare nei plurimi momenti in cui rifiuta la candidatura per mantenere fede all’ideologia comunista. Ma, come gli verrà spiegato dal politico della DC, dal compagno Pinto (politico del PCI) e dal Comandante (politico MSI) (tutti e tre interpretati da Arnoldo Foà), un politico spesso si trova costretto a fare la “puttana”.

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Sorgono spontanei gli applausi alla prestazione di Gastone Moschin il quale, tra gli anni ’60 e gli anni ’80, ha vissuto il periodo migliore della sua carriera. Attore poliedrico, Moschin ha dato vita a numerosi personaggi memorabili in svariati generi cinematografici. È stato l’ambiguo Ugo Piazza nel celebre Milano calibro 9, diretto da Fernando Di Leo, nel 1972; Filippo Turati nel film storico Il delitto Matteotti (1973); il Marsigliese, crudele bandito, nel poliziesco Squadra volante di Stelvio Massi; l’architetto Rambaldo Melandri, sentimentalista inguaribile, nella saga Amici miei e molti altri ancora.
Bene anche il resto del cast, ad eccezione forse di Nanni Loy il quale, nei panni dell’attivista democristiano, appare un tantino sopra le righe.
Da ottimo voto la fotografia curata da Antonio Climati.
Il film è di facile reperibilità e passa qualche volta anche in tv, ed è disponibile su You tube all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=KV7QjpVLU8g in una qualità discreta.

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Incensurato, provata disonestà, carriera assicurata cercasi
Un film di Marcello Baldi. Con Riccardo Cucciolla, Paola Quattrini, Gastone Moschin, Gisela Hahn, Nanni Loy, Arnoldo Foà, Nietta Zocchi, Claudio Nicastro, Fernando Cajati Commedia, durata 91 min. – Italia 1972.

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Gastone Moschin: Giuseppe Zaccherin / il padre di Zaccherin
Nanni Loy: politico della DC
Gisela Hahn: moglie di Zaccherin
Paola Quattrini: amante di Zaccherin
Günther Ungeheuer
Silvio Spaccesi: Il compagno Luvisotti
Arnoldo Foà: Politico della DC / il compagno Pinto (politico del PCI) / il Comandante (politico MSI)
Riccardo Cucciolla: commissario

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Regia Marcello Baldi
Soggetto Marcello Baldi
Sceneggiatura Marcello Baldi, Guido Leoni
Fotografia Antonio Climati
Montaggio Marisa Mengoli
Musiche Stelvio Cipriani
Scenografia Elena Ricci Poccetto
Costumi Dafne Ciarrocchi

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– Non poteva aspettare due ore a morire?! Guarda sto figlio della migniotta!
– I mortacci sua…!
– Almeno fino a dopo la presentazione della lista al tribunale… .
– E adesso?
– Facciamo votare per il morto.
– Ma come?
– Noi, come notizia, lo teniamo in vita fino a dopo la presentazione della lista e poi lo facciamo morire ufficialmente.
– Mah… .
– Ma non ti ricordi di quei due candidati morti nell’incidente in Val d’Aosta?! E’ andato tutto benissimo! Abbiamo fatto votare per loro, no?!

 

Non ci sono cittadini onesti. Guarda, i cittadini si dividono in tre categorie: colpevoli veri e propri, colpevoli potenziali e colpevoli intoccabili.
– Io no innamorata.
– Scusi, ma lei non lo aveva inseguito fino qui, in Italia, perché aveva perduto la testa per lui?!
– Io perduto soldi per lui non testa.

 

– Vedi, compagno, i modi di edificare il comunismo sono tanti. Sulle liste elettorali i simboli con falce e martello sono perlomeno dodici.
– Appunto. Un bel casino! Beh, in un casino, con rispetto parlando, chi si avvantaggia?! Le puttane.
– Anche le puttane possono rendere dei servizi preziosi e tu devi rispettarle.
– Ah, ma io le rispetto! Ah, sì … .
– Perché tu dovrai fare proprio questo: la puttana al servizio del partito.
– Diocaro… .
– Dove vai camerata?! Da questa parte camerata!
– Camerata, un casso! Io voglio parlare con quello là… col führer.
– Lasciatelo! Ma voi chi siete?! Cosa volete?!
– Non go’ bombe. Io sono questo qua, Zaccherin Giuseppe.
– Ah, sì … .
– No. Io voglio sapere cos’è questo affare e subito!
– Questi li facciamo distribuire dalla ragazza del movimento. Ne abbiamo regalato già piu di duemila. Valgono circa cento milioni, una bella sommetta! Praticamente, stiamo facendo la campagna elettorale per vostro conto. Dovreste essere grato.
– Io?! E perché?!
– Noi sappiamo tutto: voi siete un candidato DC per sbaglio. In realtà, siete un fervente comunista.
– Appunto, eh! Allora mi faccia il favore di spiegarmi perché voialtri fascisti volete fare la propaganda a me che non sono fascista e candidato DC?!
– Ma è molto semplice: per dare una batosta all’Onorevole Colli. Noi vogliamo distruggerlo!
– Come distruggerlo?
– Politicamente, s’intende. Facendogli subire lo smacco non solo di essere trombato, perché sarete trombati tutti e due e su questo non ci piove, ma facendolo addirittura scavalcare da uno che politicamente non vale un casso!
– Io.
– Appunto, voi. Per l’Onorevole Colli, essere scavalcato da uno come voi, significa la fine della sua carriera politica! E ce lo leviamo per sempre dalle palle! Se vuoi foste veramente un comunista dovreste essere contento di collaborare con noi ai danni di un democristiano di merda!
– Anche i fascisti adesso… . Ma io, con voi fascisti, non voglio aver niente da spartire! Io vi mando a fare in… !!!
Progetto di legge numero uno: provvedimenti urgenti in favore della sanità pubblica.
Articolo primo. I grattacieli sono severamente proibiti. Qualsiasi edificio superiore ai cinque piani sarà abbattuto e al suo posto sorgerà un giardino.

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gennaio 28, 2017 Posted by | Commedia | , , , , , , , , | 4 commenti

I flani del 1969-Seconda parte

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Un’altra manciata di flani del 1969;come già ricordato,un anno fondamentale per il cinema,pieno di capolavori immortali e di film di ottima fattura.

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Il flano del controverso Vergogna schifosi

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Vedo nudo di Risi,campione di incassi dell’anno

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Il flano del pruriginoso Top sensation,sequestrato e edito anni dopo in versione integrale

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L’introvabile Temptation

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Di certo non il miglior Comencini,ma sicuramente un bel film Senza sapere niente di lei

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Il capolavoro di Polanski,Rosemary’s baby

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Bello e essenziale il flano di Queimada,ottimo film di Gillo Pontecorvo

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Altro grande successo del 1969,Nell’anno del signore

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Metti una sera a cena

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Musicarello di discreto livello:Lisa dagli occhi blu

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Un discreto film:Le due sorelle

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Quando gli spettacoli iniziavano alle 14,30…

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Il flano del drammatico L’amaro giardino di Lesbo

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Una grande coppia,Delon-Schneider per un bel film,La piscina

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La donna scarlatta

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Ancora un flano molto bello per La donna invisibile

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Il flano di uno dei capolavori di Visconti,La caduta degli dei

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Grande successo dell’anno,La bambolona

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Il chilometrico titolo del film di Salce,Il professor Guido Tersilli…

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Il laureato

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Il commissario Pepe

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Il flano del peplum I daci

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Femina ridens

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Dove vai tutta nuda

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Così dolce,cosi perversa

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Il flano dell’ottimo Contronatura

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Beatrice Cenci

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Il mediocre film di Sordi:Amore mio aiutami

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Un film assolutamente sconosciuto:Alexandre un uomo felice

gennaio 27, 2017 Posted by | Flani | | 1 commento

Sole rosso

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Un pugno di grandi attori,un soggetto robusto,un buon regista e una colonna sonora accattivante.
Elementi che da sempre sono garanzia di un risultato finale all’altezza delle attese e sopratutto un prodotto gradevole e ben confezionato.
A ben guardare la miscela che costituisce l’ossatura del film Sole rosso,diretto da Terence Young nel 1971 è quella semplice e lineare appena esposta;
Charles Bronson e Alain Delon,Toshiro Mifune e Capucine,Ursula Andress e Michel Jarre alle musiche erano di per se già una garanzia.
Però il particolare genere scelto,il western,metteva di fronte ostacoli abbastanza seri in questo caso;il filone della frontiera era ormai da tempo considerato morto e sepolto,molto raramente ci si imbarcava in produzioni particolarmente rischiose al box office.
Invece con una felice intuizione, una joint venture composta da tre società produttrici di diverse nazionalità,la francese Les Films Corona,l’italiana Oceania Produzioni Internazionali Cinematografiche e l’iberica Producciones Balcázar S.A,con un capitale adeguato e una robusta campagna pubblicitaria tirò su questo emulo del crepuscolo del western ispirato pesantemente allo spaghetti western italiano,al quel Sole rosso deve un forte tributo.

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Sole rosso (Soleil rouge nell’edizione francese e Red Sun in quella internazionale) mantiene quello che promette,anzi;alla fine il risultato è una pellicola gustosa e ben recitata, ben diretta e capace di tenere avvinto lo spettatore per la durata delle due ore canoniche della proiezione.
Merito sopratutto dell’estrema professionalità degli attori che compongono il cast del film;un Charles Bronson insolitamente loquace e ironico,duro all’apparenza ma capace,alla fine di rinunciare a soldi e ricchezza solo per mantenere una promessa,un Alain Delon carognone e infido come una serpe,elegante come un damerino in netto contrasto con i selvaggi territori attorno e la dura realtà quotidiana del wes,un Toshiro Mifune assolutamente impeccabile,un samurai sperduto in una terra ostile che però segue il suo codice d’onore fino all’olocausto personale.
E due figure femminili completamente diverse;una,Ursula Andress scelta evidentemente per motivi “sentimentali” da Young che l’aveva diretta nell’esplosivo esordio in 007 Licenza di uccidere,espressiva come “un pezzo di grana”,come ha recentemente detto con una felice intuizione una persona a me cara.
L’altra,Capucine,emblema di eleganza e bravura,più defilata ma decisamente più brava nella sua parte,quella della tenutaria di un bordello nel quale ha trovato rifugio la donna del “cattivo” del film.
Questi i protagonisti,tutti all’altezza (con l’eccezione della decorativa e inespressiva Andress),coloro che con la loro bravura tengono su il film per tutta la sua durata.

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Veniamo alla trama:
un treno percorre le desolate valli del West;all’interno c’è un carro che contiene una fortuna in monete d’oro,in un altro c’è un dono speciale per il presidente Grant,una spada da samurai con inserti preziosi in oro e pietre preziose,che l’ambasciatore giapponese scorta con l’ausilio di due samurai,dono dell’Imperatore del Sol Levante.
Ma è sul carico di monete d’oro che sono puntati gli occhi della banda di Gauche e Link,che attaccano il treno.
Gauche non ha alcuna intenzione di dividere il bottino e fa saltare in aria il carro sul quale è Link,poi,vista la preziosa spada,uccide uno dei samurai e fugge via con l’ingente bottino.
Link non è morto e viene costretto dall’ambasciatore a fare da guida per Kuroda,l’altro samurai,che adesso ha sette giorni di tempo per recuperare la spada ed evitare di dover fare harahiri con lo stesso ambasciatore.
Si costituisce così una strana coppia,il pistolero loquace e il samurai silenzioso,con due obiettivi ben diversi.
Link vuole Gauche vivo in modo da recuperare il bottino,Kuroda rivuole la spada e vuole il bandito morto per vendicare l’onore e il samurai ucciso.
Da questo momento,attraverso epiche cavalcate,scene anche divertenti,uno scontro con i Comanche e altro si scatena una folle corsa attraverso il West che culminerà nel finale assolutamente adeguato…

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Sole rosso è decisamente un bel film.
Bandita la noia,spazio ai topos classici del western spaghetti,ma diretti da un regista che con le scene di massa,con le scazzottate e le sparatorie aveva larga familiarità.
Young si era fatto le ossa ( e costruita una grande fama) con Agente 007 – Licenza di uccidere,cui avevano fatto seguito altri film spettacolari e dall’enorme successo al box office come A 007, dalla Russia con amore,Agente 007 – Thunderball: operazione tuono.
La sua dimestichezza con il genere avventuroso gli permette quindi di dare ampio respiro alla storia,ben coadiuvato da un cast assolutamente impeccabile e in parte.

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Anche il finale del film è in linea con il racconto,forse un pochino amaro,ma di sicuro l’aver tolto un happy end hollywoodiano giova alla credibilità della storia.
Sole rosso è quindi un prodotto di assoluto buon livello,l’ideale per passare due ore senza pensieri e appaganti.Da segnalare nel doppiaggio italiano la bellissima voce di Renzo Palmer che doppia Bronson.
Purtroppo al momento non sono in grado di segnalare link in italiano al film,che è presente su You tube in lingua originale.

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Sole rosso

Un film di Terence Young. Con Charles Bronson, Alain Delon, Ursula Andress, Toshiro Mifune, Capucine. Titolo originale Soleil rouge. Western, durata 112 min. – Italia, Francia, Spagna 1972

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Charles Bronson: Link
Toshiro Mifune: Kuroda
Alain Delon: Gauche
Ursula Andress: Christina
Capucine: Pepita
Guido Lollobrigida: Mace
Anthony Dawson: Wyatt
Luc Merenda: Chato
Bart Barry: Paco
Hiroshi Tanaka: il samurai ucciso da Gauche

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Regia Terence Young
Sceneggiatura Laird Koenig
Fotografia Henry Alekan
Montaggio Johnny Dwire
Musiche Maurice Jarre
Scenografia Enrique Alarcon
Costumi Tony Pueo

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Renzo Palmer: Link
Emilio Cigoli: Kuroda
Michele Kalamera: Gauche
Laura Rizzoli: Christina
Leonardo Severini: Mr Frings

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Produzione: Titanus Distribuzione Video, 2010
Distribuzione: Rai Cinema – 01 Distribution
Durata: 112 min
Lingua audio: Italiano (Dolby Digital 1.0 – mono)
Formato schermo: 1,37:1
Area 2
Costo:euro 6,99

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gennaio 24, 2017 Posted by | Western | , , , , , | 1 commento

L’iguana dalla lingua di fuoco

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Dublino,Irlanda.
Alcuni omicidi senza movente e dalle modalità particolarmente feroci sconvolgo la città.
L’ispettore Lawrence ha una pista,che però si interrompe davanti all’infrangibilità del vincolo diplomatico;i suoi sospetti pertanto non hanno maniera di poter essere verificati.
Decide quindi di avvalersi della collaborazione dell’ispettore Norton,un bravo funzionario allontanato dal servizio per aver avuto la mano pesante con un pregiudicato.
Norton segue a modo suo le indagini;stretta una relazione con la bella Helen Sobieskj,figliastra dell’ambasciatore,
lo spregiudicato ispettore può finalmente mettere il naso da vicino nella vita dei principali personaggi che  popolano l’ambasciata.
Mentre il misterioso killer continua a mietere vittima,l’ispettore ha finalmente un colpo di fortuna e …

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Titolo con tutti e due gli occhi puntati sull’argentiano L’uccello dalle piume di cristallo,L’iguana dalla lingua di fuoco è un film
diretto nel 1972 da Riccardo Freda,il primo del decennio settanta che segue La salamandra del deserto uscito nel 1970 ma diretto nel 1969.
Firmato come Willy Pareto,è un thriller in cui la buona fattura e la padronanza del mezzo tecnico non bastano al regista nato ad Alessandria d’Egitto
per far dimenticare un prodotto confuso e molto pasticciato.
L’espediente sfruttatissimo del killer in guanti neri e cappellaccio non riesce in alcun modo a coinvlgere lo spettatore,spiazzato
da una trama molto ondivaga e priva di riferimenti,tanto che alla fine l’identità del misterioso killer lascia sgomento lo spettatore stesso,
che è stato disorientato per tutto il film dalle mezze ammissioni di colpevolezza dei vari protagonisti.

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A questo va aggiunto l’espediente narrativo di scoordinare le varie sequenze,cosa che aggiunge confusione ad una trama già di per se poco affascinante;Freda non aveva un buon carattere, dopo la stroncatura da parte della critica tributata verso questo film si scagliò contro quanti lo criticavano,dimenticando che anche il pubblico era rimasto parecchio deluso da un film fondamentalmente piatto e poco interessante,nonostante qualche scena ben diretta, i discreti effetti splatter e un cast volenteroso,che in qualche modo dà dignità ad un film di scarso interesse.
La carriera cinematografica di Freda,tra alti e bassi,procede velocemente verso la fine;a L’iguana dalla lingua di fuoco seguiranno l’ambiguo ma fascinoso Estratto dagli archivi segreti della polizia di una capitale europea (che firmerà Hampton),l’invisibile Superhuman e si concluderà con l’inguardabile Murder obsession-Follia omicida.
Questa sua prova va quindi catalogata come un inciampo di percorso.

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In quanto alle note positive del film,ben poche va segnalato come dicevo il cast,che include un ottimo ma un tantino spaesato Pistilli,la sempre elegante e raffinata Valentina Cortese, una bella e sensuale Dagmar Lassander e per quel poco che resta in scena,la sempre brava Dominique Boschero.
Adeguate le musiche di Stelvio Cipriani.
Il film è presente su You tube in una versione più che sufficiente,all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=RbzyzoqCzEM

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L’Iguana dalla lingua di fuoco
Un film di Riccardo Freda. Con Luigi Pistilli, Dagmar Lassander, Anton Diffring, Valentina Cortese, Dominique Boschero Giallo, durata 90 min. – Italia 1971

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Luigi Pistilli: detective John Norton
Dagmar Lassander: Helen Sobiesky
Anton Diffring: ambasciatore Sobiesky
Arthur O’Sullivan: ispettore Lawrence
Werner Pochath: Marc Sobiesky
Dominique Boschero: amante dell’ambasciatore
Renato Romano: Mandel
Sergio Doria: Walter
Valentina Cortese: signora Sobiesky

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Regia Riccardo Freda
Soggetto Richard Mann (romanzo “A Room Without Door”)
Sceneggiatura Sandro Continenza, Riccardo Freda
Casa di produzione Les Films Corona, Oceania Produzioni Internazionali Cinematografiche, Terra-Filmkunst
Fotografia Silvano Ippoliti
Montaggio Riccardo Freda (con il nome Willy Pareto)
Musiche Stelvio Cipriani
Scenografia Giuseppe Chevalier
Costumi Nadia Vitali
Trucco Lamberto Marini

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gennaio 23, 2017 Posted by | Thriller | , , , , , | Lascia un commento

E tanta paura

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Un misterioso e inafferrabile serial killer semina la morte a Milano;ad essere uccisi sono sopratutto giovani,senza distinzione di sesso.
A capo delle indagini viene nominato l’ispettore Lomenzo,che si ritrova ben presto a fare i conti con un autentico puzzle;cosa lega le vittime se
non una serie di illustrazioni raffiguranti Pierino Porcospino rinvenute accanto alle vittime?
Alla fine,grazie ad un investigatore privato e a tanta pazienza,Lomenzo riesce a collegare le morti ad un’oscuro club,Gli amici della fauna,che
nascondono,dietro una facciata di rispettabilità,perversioni legate al sesso.
Grazie anche all’aiuto di Jeanne,una bella fotomodella della quale è diventato l’amante,l’ispettore riuscirà a trovare il bandolo della matassa
indagando negli oscuri segreti che sembrano legare gli appartenenti al club…
Un giallo/thriller assolutamente anticonvenzionale e fuori dagli schemi,questo E tanta paura diretto da Paolo Cavara nel 1976.

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Se l’impianto classico è quello degli omicidi seriali inspiegabili e apparentemente senza movente,la storia si dipana in modo alternativo
andando a scavare in un ambiente privo di morale e di valori che ha la sua sede nascosta dietro la facciata irreprensibile di un club di amanti della natura.
E’ qui che il bravo inquirente,donnaiolo e ostinato,troverà la soluzione agli omicidi di Pierino Porcospino,la tavola dei disegni del personaggio della fiaba che accompagna ritualmente ogni delitto.
Attraverso una Milano irrituale e defilata,quasi chiusa e impenetrabile,il bravo ispettore si immerge in un mondo che ha fatto dell’immoralità e del vizio il proprio emblema,percorrendo strade che non sono quelle solite dei topos del genere thriller.
Indizi vaghi,un legame assolutamente tenue fra gli omicidi,indagini rese quasi impossibili per l’incapacità di capire le motivazioni del killer accompagnano il film che spesso devia dalla strada principale,creando in tal modo una suspence che non si riscontra facilmente in altri thriller del periodo,che per la massima parte si rifacevano ai modelli argentiani.

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Qui non c’è nulla del genere,perchè Cavara spesso inserisce elementi di commedia grottesca,di cinema poliziesco e una satira forse velata ma sicuramente vincente verso il retrobosco di una città con una morale decisamente discutibile.
Forse Cavara spinge troppo su questi elementi,con vistose cadute come quella che vede avvenire un omicidio in diretta,ma alla fine
ottiene un risultato pregevole grazie anche ad un finale ben giocato che è il punto di forza del film.
Ottimo il cast;particolarmente bravo è Michele Placido che,per una volta,non è il solito commissario inquieto e con problemi esistenziali,violento o frustrato,bensì un giovane funzionario che svolge il suo lavoro con diligenza e fiuto,senza disdegnare le avventure galanti che gli si presentano.
Bravo anche Eli Wallach,nell’insolito ruolo di dirigente di un’agenzia di investigazioni e per una volta bene anche Corinne Clery,meno legnosa e inespressiva del solito.
Completano il cast ottimi comprimari come Steiner,Quinto Parmeggiani e Enrico Oldoini.

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Un film quindi di buon livello,sicuramente superiore al livello medio del periodo;Cavara torna al giallo a qualche anno di distanza del buon La tarantola dal ventre nero,un altro prodotto molto sottovalutato all’epoca e che oggi è stato ampiamente rivalutato.
Sufficiente la fotografia di Franco Di Giacomo.
Vi segnalo la buona versione presente in rete del film all’indirizzo http://www.casacinema.click/e-tanta-paura.html (seguite il tutorial per il download)

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E tanta paura

Un film di Paolo Cavara. Con Eli Wallach, Michele Placido, Tom Skerritt, Corinne Cléry, John Steiner, Jacques Herlin, Quinto Parmeggiani, Enzo Robutti, Sarah Crespi, Bianca Toso Giallo, durata 90 min. – Italia 1976.

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Corinne Cléry: Jeanne
Michele Placido: Ispettore Gaspare Lomenzo
Eli Wallach: Pietro Riccio
Eddy Fay: Fulvio Colaianni
John Steiner: Hoffmann
Jacques Herlin: Pandolfi
Tom Skerritt: ispettore capo
Quinto Parmeggiani: Angelo Scanavini
Cecilia Polizzi:
Greta Vayan: Laura Falconieri
Enrico Oldoini: Assistente di Lomenzo
Enzo Robutti: cliente con la moglie infedele
Claudio Zucchet: Agostino Farundi
Maria Tedeschi: madre di Angelo Scanavini

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Regia Paolo Cavara
Soggetto Paolo Cavara
Sceneggiatura Paolo Cavara, Bernardino Zapponi, Enrico Oldoini
Produttore Ermanno Curti, Guy Luongo, Rodolfo Putignani
Casa di produzione Centro Produzioni Cinematografiche Città di Milano, G.P.E. Enterprises
Fotografia Franco Di Giacomo
Montaggio Sergio Montanari
Effetti speciali Giovanni Cappelli
Musiche Daniele Patucchi
Scenografia Franco Fumagalli
Costumi Marisa Crimi
Trucco Otello Sisi

Produzione: Raro Video, 20162017-01-22_083031
Distribuzione: Rai Cinema – 01 Distribution
Durata: 94 min
Lingua audio: Italiano (Dolby Digital 1.0 – mono) – Inglese (Dolby Digital 1.0 – mono)
Lingua sottotitoli: Inglese
Formato schermo: 1,85:1
Area 2
Contenuti: interviste; speciale
Allegati: booklet
Costo:4,99 euro

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gennaio 22, 2017 Posted by | Thriller | , , , , , | Lascia un commento

La famiglia

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Subito dopo la prima metà degli anni ottanta il cinema italiano sembrava preda di una crisi irreversibile di identità.
Ormai solo i grandi registi del passato riuscivano ancora a proporre prodotti degni di menzione e sopratutto di una visione.
La concorrenza formidabile della tv domestica,dell’Home video (cassette ecc.) e la contemporanea crisi di disaffezione verso il cinema
di fatto svuotava le sale,che chiudevano ad un ritmo insostenibile.Eppure,in un quadro così desolante,il cinema di casa nostra riusciva a proporre
ogni tanto film di altissimo livello.
Nel 1987 Ettore Scola,uno dei registi più importanti del dopo guerra,presentò La famiglia,un film sceneggiato dallo stesso Scola con l’aiuto di esperti scrittori del grande schermo come Maccari,Scarpelli e Diana.
La pellicola,di ben 137 minuti di durata,racconta quella che a prima vista sembra una saga familiare,che abbraccia un arco temporale storico che va
dal primo decennio del novecento al 1986.
Una storia lunga ottant’anni quindi,vissuta dai numerosi protagonisti all’interno del luogo simbolo della società,quello dove si gioisce e si soffre,dove si ama e si costruisce,la base stessa della società civile,la famiglia.

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Un grande appartamento,quasi sempre in penombra,vede sfilare genitori e figli,sorelle e nipoti,senza soluzione di continuità,mentre all’esterno la vita scorre con tutti i suoi accadimenti,che ovviamente hanno un riflesso sulla famiglia ma che in fondo restano marginali,funzionali solo alle storie personali di tutti i protagonisti,quasi che la famiglia stessa sia l’oasi in cui rifugiarsi e dimenticare tutte le pene gli affanni del quotidiano,un posto fuori dal tempo in cui tutti i protagonisti della storia recuperano in qualche modo la propria intimità,il proprio essere,prima come individuo che come essere meramente sociale.La famiglia si divide in nove sequenze temporali,grosso modo di un decennio circa.
Una delle invenzioni più importanti dell’ottocento,la fotografia,fa da muta testimone all’inizio della storia della famiglia in oggetto,della quale non conosciamo il cognome,così come non conosceremo il cognome di nessuno dei protagonisti.
E’ una foto ingiallita dal tempo,in cui le persone in posa guardano con occhio timido o sfrontato nell’obiettivo,con i loro vesti d’epoca ad esaltarne le figure ormai dimenticate quella che introduce le vicende della famiglia;raffigura il battesimo di Carlo,vero protagonista della storia,in braccio a suo nonno omonimo e accanto al padre Aristide,impiegato del ministero con qualche ambizione pittorica e sua madre Susanna,una tenera e scioccherella
cantante lirica.Ci sono le tre zitelle di casa,sorelle di Aristide; Luisa, Margherita e Millina pur essendo continuamente in competizione,sono legate da un affetto profondo che riverseranno sul resto della famiglia.

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In ultimo,nella foto,c’è la domestica di casa con sua nipote Adelina.Altri personaggi meno importanti fanno parte della cerimonia del battesimo,ovvero il fratello di Aristide,il dottor Giordani,medico e amico di famiglia,il giovane fratello di Susanna e in ultimo la famiglia del fratello di Aristide.
Questa è la famiglia,nel 1907; dieci anni dopo ritroviamo Carlo ormai quasi adolescente con suo fratello Giulio,nato tre anni prima alle prese con un dilemma;sottrarre o no una banconota dal soprabito del dottor Giordani,accorso sul capezzale del nonno morente.
Con l’aiuto del cuginetto Enrico, i tre compiono il furtarello;che verrà scoperto casualmente dal padre,quando il dottor Giordani,privo di soldi,verrà fermato per non aver pagato il biglietto del tram.
Carlo,con dignità,si assumerà la responsabilità del suo gesto mentre Giulio confesserà solo involontariamente il furto;si capiscono quindi già le personalità future dei ragazzi,quella riflessiva e posata di Carlo,quella irrequieta di Giulio.
Mentre i famiglia ci sono questi screzi,piccole e grandi rivalità,amori mai nati come quello tra Millina e Giordani,il mondo affonda sempre più nella follia della guerra…
Terza parte,siamo nel 1926;Carlo, studente,da lezioni alla bella Beatrcie,che non gli nasconde le sue simpatie ,ma il giovane non ha occhi che per la seducente Adriana,sorella di Beatrice,ragazza spigliata ed indipendente.
Nel frattempo muore Aristide,Adriana comunica a Carlo di voler andar via dalla città destinazione Milano,per seguire un corso.Carlo cerca inutilmente di convincerla a restare, ma Adriana è gelosa della sua libertà e tra i due la relazione termina bruscamente.
Quarta parte,1938.Carlo si è sposato con la dolce Beatrice,insegna in un liceo e ha due figli,Paolino e Maddalena.

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L’Italia è nel pieno della dittatura fascista;Giulio ha più di una simpatia per le idee del regime e intende partecipare alle guerre coloniali,nonostante la ferma e preoccupata reazione della giovane Adelina,che da tempo è la sua compagna.Carlo invece non condivide affatto
le idee del fratello,pur evitando di prendere pubblicamente posizione.Anche Adriana intanto ha avuto le sue affermazioni,è una stimata concertista,vive a Parigi .
Quinta parte,1947.La guerra è finita,Giulio torna a casa ma non è più lui;è un uomo depresso,stanco,distrutto nel fisico e nella mente.
Una sera capita a casa di Carlo Adriana con Jean Luc,il maturo fidanzato francese.In un impeto di gelosia,Carlo lo offende pesantemente,suscitando lo sdegno di Beatrice.Nel frattempo arriva a casa di Carlo la sempre fedele Adelina,che sopravvive facendo la borsa nera,per
incontrare l’amore della sua vita,Giulio.
Sesta parte,1956.Millina è morta,Giulio e Adelina si sono sposati e hanno adottato una bambina.Carlo è a casa,da solo;arriva Adriana in visita e Carlo scopre di desiderarla ancora.Ma Adriana rifiuta una relazione,per non ferire sua sorella.Luisa, Margherita e Susanna sono ormai
troppo anziane e affette da problemi di demenza senile.Non le vedremo più.
Settima parte,1966.Maddalena,figlia di Carlo e Beatrice ha deciso di lasciare suo marito perchè innamorata di un altro uomo.Anche Paolino ha una relazione con una donna separata e con due figli.
Ottava parte,1976.Carlo è rimasto solo,la fedele e dolce Beatrice è morta.Adriana gli rivela che sapeva tutto della loro relazione,ma che aveva sempre fatto finta di nulla,preoccupata per l’unità della famiglia.
Paolino ha sposato la donna separata,Marika, mentre Carlo ormai è quasi sempre solo,nella casa affollata da fantasmi.
Nona parte.Tempi attuali.E’ l’ottantesimo compleanno di Carlo e arrivano vecchie e nuove generazioni per festeggiare l’ottuagenario patriarca.
Una foto di gruppo chiude il film.

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In ottanta anni di storia personaggi di tutti i tipi hanno frequentato la casa,legati o no da vincoli familiari;la casa è stata un porto di mare ma anche un rifugio,il mondo esterno,le due guerre,i dopoguerra,le ricostruzioni,il boom economico,il terrorismo hanno avuto un impatto sulle vite di tutti
ma non all’interno della famiglia.Così come nella casa sono man mano comparsi i simboli del progresso sociale,dalla radio fino alla tv,ma sono cose marginali.
Quello che conta è la famiglia,il suo ruolo fondamentale in una società che evolve ma che resta un’ancora di sicurezza,una barriera.
Scola ricostruisce tutto il percorso narrativo con momenti poetici e altri drammatici,con futilità e al tempo stesso con una profondità davvero impressionante.
Non era facile girare tre ore di pellicola in un interno,ma Scola utilizza tanti personaggi pieni di sfumature,di vitalità con pregi e difetti da far dimenticare l’ambientazione sicuramente claustrofobica.
Un linguaggio meta cinematografico fatto di sguardi,di piccole storie,di “fatterelli”,di piccole e grandi tragedie;un romanzo per immagini che scorre sublimando la scrittura in immagini di grande effetto.

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Per girare una pellicola così complessa il regista si affida al meglio del cinema italiano,ad attori di consolidata bravura e espressività.
A partire da un intenso Vittorio Gassman passando per Stefania Sandrelli,i Dapporto padre e figlio (scelta felicissima);come non segnalare la bravissima Ottavia Piccolo,Joe Champa,Monica Scattini,Renzo Palmer,Fanny Ardant,il cameo di Philippe Noiret,e poi ancora Athina Cenci,Sergio Castellitto,Andrea Occhipinti…
Un cast memorabile per resa qualitativa,dove nessuno sbaglia un passaggio,un personaggio.
Accolto con gran favore dalla critica e dal pubblico,La famiglia ebbe anche la candidatura all’Oscar come miglior film straniero;ma era l’anno di L’ultimo imperatore,che aveva trionfato portando via 9 statuette su 9 nomination,sperare che un film italiano potesse portar via un altro premio importante era davvero cosa impossibile.
Peraltro a vincere l’Oscar fu un film bellissimo,Il pranzo di Babette di Gabriel Axel;si pensi che a concorrere quell’anno c’era in concorso Arrivederci ragazzi di Louis Malle…
6 David di Donatello,6 Nastri d’argento e 12 Ciak d’oro furono il giusto tributo ad un film bello ed intenso;va aggiunta anche la nomination alla Palma d’oro di Cannes e 2 Globi d’oro.
Il film è disponibile in una versione molto buona all’indirizzo http://www.rai.it/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-5eb228ac-249c-4a2b-a62f-dc56bee330ba.html

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La famiglia

Un film di Ettore Scola. Con Vittorio Gassman, Stefania Sandrelli, Fanny Ardant, Ottavia Piccolo, Cecilia Dazzi, Massimo Dapporto,
Athina Cenci, Carlo Dapporto, Philippe Noiret, Alessandra Panelli, Monica Scattini, Sergio Castellitto, Renzo Palmer,
Ricky Tognazzi, Barbara Scoppa, Andrea Occhipinti, Dagmar Lassander, Memè Perlini, Fabrizio Cerusico, Jo Champa,
Giuseppe Cederna, Massimo Venturiello, Paola Agosti, Toni De Leo, Alberto Gimignani, Silvana De Santis, Hania Kochansky,
Jacques Peyrac, Alessandra Zoppi, Francesca Balletta, Jo Campa, Andrea Livier Aronovich, Raffaela Davi Drammatico,
durata 127 min. -Italia 1987

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Vittorio Gassman: Carlo uomo; nonno di Carlo
Andrea Occhipinti: Carlo ragazzo
Emanuele Lamaro: Carlo bambino
Cecilia Dazzi: Beatrice ragazza
Stefania Sandrelli: Beatrice
Jo Champa: Adriana ragazza
Fanny Ardant: Adriana adulta
Joska Versari: Giulio bambino
Alberto Gimignani: Giulio ragazzo
Massimo Dapporto: Giulio uomo
Carlo Dapporto: Giulio anziano
Ilaria Stuppia: Adelina ragazza
Ottavia Piccolo: Adelina adulta
Athina Cenci: Zia Margherita
Alessandra Panelli: Zia Luisa
Monica Scattini: Zia Ornella; Millina
Marco Vivio: Carletto bambino
Sergio Castellitto: Carletto uomo
Fabrizio Cerusico: Paolino ragazzo
Ricky Tognazzi: Paolino uomo
Philippe Noiret: Jean Luc
Renzo Palmer: Zio Nicola
Massimo Venturiello: Armando
Giuseppe Cederna: Enrico
Barbara Scoppa: Maddalena
Memè Perlini: Aristide
Dagmar Lassander: Marika
Andrea Livier Aronovich: Marina
Consuelo Pascali: Adelina bambina
Rafaela Davì: Portiera del palazzo

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Regia Ettore Scola
Soggetto Ruggero Maccari, Furio Scarpelli, Ettore Scola
Sceneggiatura Ruggero Maccari, Furio Scarpelli, Ettore Scola, Graziano Diana
Produttore Franco Committeri per Mass Film – RAI – Les Film Ariane
Distribuzione (Italia) UIP
Fotografia Ricardo Aronovich
Montaggio Francesco Malvestito, Ettore Scola
Musiche Armando Trovajoli
Scenografia Cinzia Lo Fazio, Luciano Ricceri

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L’amore è come la tosse, non si può nascondere

Ci sei poi andato a quella riunione con i compagni socialisti? Sì, ma ho litigato con tutti. Tu litighi sempre con quelli che la pensano come te.
Forse dovresti metterti con quelli che la pensano diversamente.

Il momento più bello delle feste è quando si resta soli a sparlare.

Ai figli che non danno pensieri, si dedicano pochi pensieri!

A cosa pensi?
E chi pensa? All’età mia non si pensa più: solo ricordi.
Che retorica, proprio da vecchietto… E come sarebbero questi ricordi? Belli?
No, quelli sono i peggiori: che ti fanno dire “era meglio prima”, una frase che non bisogna dire mai. No, tutto sommato i migliori sono i ricordi brutti.

E così ho compiuto ottant’anni. Sono molti? Sono pochi? Pare che sia l’età più bella…

Come stai, zietto?
Quando mi sento meglio, mi sento peggio.

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gennaio 18, 2017 Posted by | Drammatico | , , , , , , , , , , , | 4 commenti

L’assoluto naturale

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Un aggettivo qualificante per indicare L’assoluto naturale:estenuante.
Un film ridotto da una piece teatrale di Goffredo Parise e diretto da Mauro Bolognini che non sembra affatto opera del regista di Pistoia,ma non solo.
Un film che arriva prima di tre grandi successi popolari del decennio settanta,Metello,Bubu e Imputazione di omicidio per uno studente e che rappresenta un’opera presso che unica nella produzione del Maestro toscano.
Opera controversa,che cerca di parlare d’amore stravolgendo i ruoli tipici del rapporto amoroso e che si trasforma nel corso dello svolgimento del film
in un irrisolto confronto a due,verboso e a tratti noiosissimo dialogo tra due posizioni inconciliabili.
Che sono quelle tra Peter,studioso inglese in vacanza in Italia e Elle,bella,ricca e viziatissima signora delle borghesia medio/alta.
I due si incontrano,si amano (o meglio si accoppiano per usare un’espressione cara alla donna) ma alla fine si lasciano incapaci di mediare le mille sfumature del sentimento più complesso,irriducibili nelle loro posizioni.
Peter ha una concezione dell’amore romantica,poetica;parte dal presupposto che amare sia la cosa più importante,considera proprio l’amore la sublimazione del proprio essere,dei propri sentimenti.

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Ella è molto più pragmatica,quasi gelida nelle sue convinzioni;l’amore non esiste,è fatto solo da attrazione fisica,è solo soddisfazione del proprio istinto,è un “accoppiamento“,quindi è appagamento dei sensi e non prevede altri coinvolgimenti se non quello del corpo.
Le due posizioni sono inconciliabili e difatti ben presto le differenze tra i due esplodono in una serie di tentativi,da parte della donna di mostrare al romantico inglese l’altra faccia dell’amore.
Ella si concede a due uomini sotto gli occhi di lui,ferendolo dolorosamente,ne distrugge un opera scritta di stampo prettamente romantico,a simboleggiare l’inutile attaccamento di lui ad un sentimento inesistente e infine gli fa conoscere la sua famiglia,amorale e depravata.
A questo punto finalmente Peter apre gli occhi e decide di troncare il suo inutile rapporto con la donna,dalla quale non può ricavare altro che momenti di appagamento fisico senza nessun futuro.
Finirà in tragedia…
Nel romanzo Parise fa dire ad Ella “Questo è il senso. Me l’hai anche dimostrato e del resto te l’ho dimostrato io stessa, con la mia lunga, struggente confessione anatomica. E tu con le tue metafore. Dicendo che ami i miei capelli perché metaforici mi hai tradito. E io per amore, per vero amore e oscuramento di tutto, della realtà, ho creduto…ho creduto…ma perché? Perché?…
Posso io vivere, amare, fondere il mio corpo con il tuo in mezzo a una selva di metafore? Posso io dividere il mio amore per te con mille e mille immagini che affollano il mio letto, la mia mente e soprattutto la tua mente da cui escono come nugoli di nere farfalle: presenze ideali, poetiche, come tu le chiami, che io non so vedere, toccare, cacciare, ma devo solo subire?”
Una posizione netta e inequivocabile quella di Ella che si scontra frontalmente con la filosofia morbida e sentimentale dell’uomo e che produce,nel corso del film,un’estenuante corsa a dialoghi spesso pretenziosi tra i due,spesso fini a se stessi e che mettono a dura prova la pazienza dello spettatore.

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L’amore,considerato probabilmente l’unico sentimento umano fuori da qualsiasi contestazione finisce qui per diventare materia di scontro tra due visioni antitetiche con un cambio di ruoli decisamente netto;non è la donna ad essere sentimentale
e traboccante amore,bensì l’uomo;la donna rivendica un suo ruolo ben preciso,rivendica il diritto ad avere l’appagamento dei propri sensi e del proprio corpo mentre l’uomo rivendica il diritto ai sentimenti.
Un ribaltamento di posizioni che nel film si traduce in un linguaggio espressivo a tratti insopportabile nella sua pretenziosità.
L’assoluto naturale è uno di quei film pesantemente datati figli “naturali” di un’epoca storica ricca di contraddizioni,dibattiti su tutto e tutti,un’epoca nella quale si tentava di rimettere in discussione ruoli e punti fermi.
Solo che in questo caso il ribaltamento dei ruoli ha risultati quasi comici,mentre la storia stessa alla fine sfianca e rimane sostanzialmente irrisolta.
Come aveva avvertito Parise,”“L’assoluto naturale” è consigliabile a tutti coloro che hanno avuto modo di discutere con qualcuno, e soprattutto con sé stessi, sul tema “che cos’è l’amore?”, ma in particolare a chi quasi gode nel cavillare su tale questione insolubile. Scritto in forma dialogica, con evidente possibilità di trasposizione teatrale, il testo è un’ironica indagine svolta da un uomo e una donna,
i quali dichiarano di amarsi ma lo fanno partendo da presupposti opposti. Ciascun lettore potrà riconoscersi maggiormente nelle tesi dell’uno o dell’altro, o ancora in un miscuglio delle diverse opinioni, com’è più logico che sia. La scelta di assegnare all’uomo e alla donna determinati ruoli, non è, almeno a mio avviso, così decisiva, nel senso che potrebbero benissimo recitare le stesse battute a parti invertite  (questo perché ritengo la divisione in generi alquanto banalizzante, soprattutto quando si afferma che “tutti gli uomini sono…” o “tutte le donne sono…”).

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L’ironia agognata da Parise resta meramente sulla carta:nel film è completamente assente,metabolizzata da dialoghi a tratti surreali.
La Koscina,interprete del ruolo di Ella,si concede qualche nudo assolutamente in anticipo sui tempi sfidando la censura;per il resto si limita a sfoggiare dei brutti occhialoni in stile fanali molto in voga in quel periodo e gli arredamenti risentono di un periodo di profonda trasformazione del design.
Per il resto ben poco da segnalare se non la discreta colonna sonora firmata da Ennio Morricone.
Oggi un’opera del genere non avrebbe nessun finanziatore e meno che mai spettatori.
E’ passata,irrimediabilmente,l’epoca delle disquisizioni filosofiche sul sesso degli angeli.
Dopo quasi cinquant’anni di assoluto oblio,il film è stato recuperato dal Centro sperimentale di cinematografia ed è oggi presente in rete,su You tube,in una versione accettabile all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=EQy7VkqT70w

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L’assoluto naturale

Un film di Mauro Bolognini. Con Laurence Harvey, Sylva Koscina, Isa Miranda, Guido Mannari, Felicity Mason Drammatico, durata 90 min. – Italia 1969.

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Laurence Harvey: Lui
Sylva Koscina: Lei
Isa Miranda: Madre
Felicity Mason: Zia
Isabella Cini: Nonna
Nella Tessieri-Frediani: Bisnonna
Amalia Carrara: Bis-bisnonna
Franca Sciutto: Ragazza nell’incidente
Guido Mannari: primo meccanico
Giorgio Tavaroli: secondo meccanico
Vanni Castellani: veterinario

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Regia Mauro Bolognini
Soggetto Goffredo Parise
Sceneggiatura Mauro Bolognini, Ottavio Jemma, Vittorio Schiraldi
Produttore Laurence Harvey
Casa di produzione Cinecenta, Tirenia
Distribuzione (Italia) Cineriz
Fotografia Ennio Guarnieri
Montaggio Giovanni Baragli
Costumi Vanni Castellani

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gennaio 15, 2017 Posted by | Drammatico | , , | Lascia un commento

Così bella così dolce

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Un foulard bianco fluttua nell’aria,plana dolcemente al suolo.
Uno stridente contrasto con il corpo steso sull’asfalto,coperto di sangue,attorno al quale si è radunata una piccola folla.
Il corpo della donna viene pietosamente composto a casa sua,vegliato dalla cameriera e dal marito ,che accanto al suo cadavere ricostruisce in flash back l’inizio della loro tormentata storia.
Luc (ma il nome non viene mai pronunciato) ha lasciato un tranquillo posto in banca,insoddisfatto,e ha scelto di aprire un banco dei pegni;qui un giorno arriva una sedicenne bella e timida,Elle,che per continuare gli studi è costretta ad impegnare le poche cose di valore che possiede.
L’ha sposata,e la donna,dolce e remissiva,si è lasciata intrappolare in un matrimonio che assomiglia tanto,troppo ad una gabbia dorata.
Lui ha immediatamente mostrato un lato del carattere di difficile intuizione per la sedicenne timida e disarmata;ha iniziato a comportarsi con lei come un Pigmalione al contrario,frustrandola e castrandola in tutte le sue iniziative,impedendole di crescere come naturalmente dovrebbe essere,finendo in pratica per tiranneggiarne la figura bel oltre il plagio psicologico.

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Che diventa anche fisico.
La ragazza diviene una figura da plasmare secondo le dispotiche voglie del marito,che le impedisce in pratica anche i contatti fisici con l’esterno;quando la ragazza stringe un legame di sincera amicizia con un giovane sconosciuto,la gelosia di Luc trasforma il rapporto di coppia in tirannia.
La ragazza si ammala,il marito forse capisce di essersi spinto troppo in avanti e promette di cambiare.
La propone un viaggio,che non avverrà mai.
La ragazza,infatti,sceglie di porre termine alla sua vita.
Tratto dalla novella breve di Dostojevski “La mite“il film,,intitolato in Francia Une femme douce,Una ragazza dolce è diretto da Robert Bresson esce sugli schermi transalpini nel 1969, ma arriverà con colpevole ritardo solo nel 1972 in Italia,finendo per essere considerata un’opera minore del grandissimo maestro di Bromont-Lamothe.
Invece il nono lungometraggio di Bresson,il primo a colori della sua carriera,è opera matura e disperata,intrisa di un pessimismo cosmico che avvicina ancor più il Maestro al capolavoro esistenzialista del 1977,quel Il diavolo probabilmente summa teorica e pratica del pensiero elaborato del Maestro,opera che diventa il compendio di una filosofia ormai nichilista e senza speranza per le cose umane.
L’incontro di Bresson con Dostojevski non poteva essere più felice;divisi da due forme di comunicazione dissimili,da epoche di vita distanti (Feodor Dostojevski muore nel 1881,Bresson nasce nel 1901) i due si incontrano su un tema complesso,in una storia di disperazione che è tra le più dirompenti della storia della letteratura.

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Se nel romanzo Dostojevski mostra la figura di Luc come quella di un uomo dalla fanciullezza travagliata,che ha finito per prendersi una rivincita trasformandosi in un essere quasi vuoto,privo di pietà,duro e inflessibile, Bresson ne mutua la figura e grazie all’immagine in movimento trasferisce negli sguardi e nel comportamento dell’uomo tutta la durezza acquisita dallo stesso nel corso della vita.
Lei invece è una donna tranquilla,”mite” come recita il titolo del romanzo;ha però carattere,è una donna sincera,accetta di sposare l’uomo che la corteggia ma finirà per commettere un tragico errore.
Non è un rapporto di coppia paritario,quello che si viene a creare tra la coppia.
Quasi voglia diventarne il padrone assoluto,della mente e del corpo,Luc tiranneggia la donna,impedendole di crescere,come legittimamente la donna si aspetterebbe.
Ha la pretesa di plasmarla a sua immagine e somiglianza,di annullarne la volontà,di diventare padrone del suo corpo e dei suoi pensieri.
Lei non lo ama,lo si capisce poco alla volta.
E’ delusa profondamente da un uomo che mostra ad ogni passo di essere arido.

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E nonostante il passo finale del tentativo,invero goffo,di riconquistare l’affetto della moglie,il film muove lentamente verso il finale che conosciamo.
Dolorsamente,Luc mette in gioco se stesso,si tormenta e si interroga sul gesto disperato della moglie,senza però arrivare a coglierne l’intima essenza;un uomo egoista come può comprendere i segreti tormenti di una giovane donna che ha visto la sua esistenza tramutarsi in quella di un uccellino rinchiuso in una gabbia dorata?
Rigoroso e gelido,il film mostra attraverso il flash back gli errori fatali di valutazione di Luc in violenta contrapposizione con l’anima candida di lei.
Una donna che rifiuta un ruolo subalterno,scegliendo attraverso la morte una libertà assoluta,fuori dalle catene e dalla prigione di un amore che amore non è e non è mai stato.
Esordio con il botto per la bellissima Dominique Sanda,destinata in breve tempo ad una folgorante carriera,almeno relatvamente al decennio settanta.
Il suo volto angelico,dolce esprime compiutamente la figura di Ella,donna tormentata da un rapporto quasi sadico con un coniuge manipolatore;per tutto i film la Sanda mantiene un’aria di candore assolutamente impeccabile,mentre di buon livello è Guy Frangin nel ruolo del marito.
Bene tutto i resto,assolutamente impeccabile.
Il film è di difficilissima reperibilità e non mi risulta una sua edizione italiana in digitale.

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Così bella così dolce
Un film di Robert Bresson. Con Dominique Sanda, Guy Frangin, Jane Lobre Titolo originale Une femme douce. Drammatico, b/n durata 105 min. – Francia 1969

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Dominique Sanda: Elle
Guy Frangin: Luc
Jeanne Lobre: Anna
Claude Ollier: Il medico
Jacques Kébadian: Il dragamine
Gilles Sandier: Il sindaco

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Regia Robert Bresson
Soggetto Fëdor Dostoevskij
Sceneggiatura Robert Bresson
Fotografia Ghislain Cloquet
Montaggio Raymond Lamy
Musiche Jean Wiener
Scenografia Pierre Charbonnier

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«Dite le vostre battute a fior di labbra, come ve le ho recitate io, se le urlate come fanno tanti nostri attori, preferirei affidare i miei testi al banditore…
Nel torrente, nel vortice, nell’uragano delle passioni occorre sempre ottenere persino una certa dolcezza»

«Gettai acqua fredda su quell’ebbrezza»

«Sai, Anna, cosa significa soffrire, quando si sta con una donna così bella, così dolce»

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“Quando si ha un grandissimo dolore, dopo i primi accessi più violenti, si vuole sempre dormire. Si dice che i condannati a morte abbiano un sonno straordinariamente profondo durante l’ultima notte. Si, dev’essere proprio così, lo esige la natura stessa, altrimenti le forze non basterebbero.”

“Lei avvampò di nuovo dopo aver sentito quel “per voi”, ma non replicò nulla, non buttò i soldi, li prese – ecco cosa vuol dire miseria! Ma come era avvampata! Compresi di averla ferita.”

“Allora compresi che era buona e mite. Le persone buone e miti non si oppongono a lungo e, anche se non subito,
diventano poi molto comunicative, non sanno evitare una conversazione: rispondono prima a monosillabi,
ma rispondono e rispondono sempre più facilmente, solo non bisogna scoraggiarsi se ci si tiene tanto alla conversazione”

“Sapete quanto può essere inebriante il pensiero, quando non esiste più il dubbio.”

“Vedete: la gioventù, la buona gioventù, è generosa e irruente, ma poco tollerante, e appena qualcosa non corrisponde al suo ideale, lo disprezza subito.”

“…e del resto accade spesso che qualcosa di elevato per voi, che voi considerate sacro e degno di venerazione, allo stesso tempo
sembri grottesco per qualche ragione alla massa dei vostri compagni.”

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gennaio 14, 2017 Posted by | Drammatico | , , | Lascia un commento

Andavamo al cinema-Parte 16

Sedicesimo appuntamento con l’amarcord sulle vecchie sale cinematografiche italiane,sparse su tutta la penisola;un viaggio attraverso i ricordi di un mondo scomparso.Solo pochissime delle sale le cui immagini ho pubblicato resistono,quasi un muto simbolo di un passato glorioso.

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Cinema Littorio,Santo Stefano Belbo (Cuneo)

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Cinema Lido,Senigallia (Foto ottica Leopoldi)

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Cinema Lami,Santa Croce sull’Arno (Pisa)

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Cinema La Caravella,Forte dei Marmi (Lucca)

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Cinema Kursaal Giardino,Pavia

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Cinema Italia,Borgosesia (Vercelli)

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Cinema Itala,Torino

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Cinema Iris,Vada (Livorno)

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Cinema Iris (Cagliari)

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Cinema Ideale,Novara

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Cinema Ideal,Verres (Aosta)

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Cinema Fiamma,Torino

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Cinema Fiamma,Roma

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Cinema Electra,Iglesias

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Cinema Eden,Modena

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Cinema Dopolavoro Piazza Armerina

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Cinema Cola di Rienzo,Roma

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Cinema Circolo ricreativo del Girone,Firenze 

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Cinema Centrale Senigallia

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Cinema Teatro Verdi,San Donà di Piave

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Cine Teatro Tito Schipa,Gallipoli (Lecce)

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Cinema Teatro Nuovo Mirandola (Modena)

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Cine Teatro Margherita,Livorno

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Cine Teatro Marconi,San Cataldo (Caltanisetta)

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Cine Teatro Maffei,Livorno

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Cine Teatro Grande,Livorno

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Cine Teatro Cite,Garlasco (Pavia)

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Cinema Ariston Spotorno (Savona)

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Arena Italia,Senigallia

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Arena De Re,Foggia

gennaio 11, 2017 Posted by | Miscellanea | | Lascia un commento