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Soledad Miranda

Soledad Miranda Foto 1
Soledad Miranda

La mattina del 18 agosto 1970 José Manuel Simões guidava la sua auto sulla Costa del sol, nel tratto che conduce da Estoril a Lisbona; accanto a lui c’era sua moglie Soledad Rendón Bueno, che il pubblico cinematografico conosceva come Soledad Miranda, attrice bellissima e amata, in procinto di dare una svolta alla sua carriera.
Ha 27 anni la bella Soledad e fino a quel momento ha interpretato 31 film e 3 sceneggiati tv.

Soledad Miranda Ursus
La sua prima vera apparizione nel film Ursus

Si appresta a firmare un contratto che la deve lanciare finalmente in America, sopratutto in quella latina dove la sua bellezza e quei tratti tipicamente mediterranei le possono assicurare quel successo che ha ma solo in patria e in Europa.
Artur Brauner, il suo produttore, è stato chiaro con lei; la trasformerà in una diva internazionale, allontanandola temporaneamente (o forse per sempre) da quel cinema a sfondo erotico che ormai è ddiventata la costante della sua carriera, da quando cioè ha conosciuto Jesus Franco, il regista che l’ha lanciata definitvamente in pellicole morbose, come il celebre Vampiros lesbos.

Soledad Miranda Sugar colt
Sugar colt

Lei si fa chiamare Susan Korda, perchè non vuole che il suo nome sia legato ai film erotici che sta interpretando: non dimentichiamo che in Spagna siamo in pieno franchismo e che la censura fortissima che opera nel paese in pratica le impedisce qualsiasi visibilità.
I film di Franco infatti, se circolano, lo fanno solo con pesantissimi tagli.
José Manuel Simões quindi accompagna sua moglie all’appuntamento.
Con loro non c’è il piccolo Antonio, nato dal matrimonio.

Soledad Miranda Il Conte Dracula
Il Conte Dracula

Sulla strada un piccolo camioncino sbanda e travolge l’auto dei due coniugi; le conseguenze sono terrificanti per Soledad che riporta gravi fratture al cranio e della colonna vertebrale, mentre suo marito ha solo poche escoriazioni.
Viene trasportata di corsa nell’ospedale San José di Lisbona, ma le sue condizioni appaiono disperate; poche ore dopo senza mai uscire dal coma la giovane attrice muore.
Soledad era nata a Siviglia in Andalusia il 9 luglio del 1943.
Nipote della famosa cantante spagnola, attrice e ballerina di flamenco Paquita Rico, era figlia di una famiglia numerosa che contava oltre lei altri cinque figli.

Soledad Miranda Vampiros lesbos 2
Vampyros lesbos

Soledad Miranda The Devil Came from Akasava
Una Venere senza nome per l’ispettore Forrester

Le difficoltà economiche spinsero la piccola Soledad a lavorare fin dalla tenera età come ballerina a San Fernando di Siviglia per poi andare in tour per la Spagna; a sedici anni si trasferisce a Madrid, sempre continuando la sua breve carriera di ballerina.
Nel 1960 avviene il suo esordio cinematografico; a chiamarla sul set è il regista Jesus Franco che la dirige nel film La reina del tabarin; il film è un musical e la parte di Soledad è molto breve tant’è che l’attrice non figura tra i crediti del film stesso.
Ha tuttavia modo di mettersi in luce nel 1961 con il film Ursus, diretto dal regista Carlo Campogalliani; lei ha il ruolo di Iside in un peplum ben fatto nel quale compaiono le star del genere Moira Orfei e Mariangela Giordano. La sua bellezza così mediterranea, così selvaggia non passa inosservata e nello stesso anno interpreta il film di  José María Elorrieta Cancion de cuna.

Soledad Miranda 100 rifles
El Verdugo (100 Rifle)

Fino al 1966 l’attrice lavora in pellicole destinate al mercato spagnolo, tra le quali possiamo segnalare Eva 63 , La bella Mimí (un altro musical) e  I leoni di Castiglia diretto da Javier Setó con la partecipazione di Fernando Rey e Alida Valli.
L’anno più importante per lei è il 1966; Soledad ha soli 16 anni, è bellissima e ha iniziato ad avere una certa fama nel mondo cinematografico. Conosce José Manuel Simões da Conceição un pilota di auto da corsa di origini portoghesi e lo sposa mentre nel frattempo lavora all’horror Prigionieri dell’orrore, film diretto da José Antonio Nieves Conde nel quale divide la scena con la bellissima Ingrid Pitt.

Soledad Miranda Prigionieri dell’orrore
Prigionieri dell’orrore

Soledad Miranda La familia y… uno más
Una curiosa espressione di Soledad in La familia y… uno más

Nel 1967 nasce suo figlio Antonio e contemporaneamente lavora a due film di buona rilevanza internazionale; il primo è Avventure e gli amori di Miguel Cervantes diretto da Vincent Sherman con Horst Buchholz nel ruolo del grande Cervantes e al fianco di Gina Lollobrigida, José Ferrer, Fernando Rey e Francisco Rabal mentre il secondo è il western Sugar Colt di Franco Giraldi.
Un periodo decisamente fortunato, questo, sia dal punto di vista professionale che da quello umano.
Suo marito lascia le corse dietro sua insistenza, pur restando nel campo automobilistico e lei si dedica alla tv per la quale gira prodotti come Lola la piconera ,La última moda e Estudio amueblado 2.P.

Soledad Miranda Eugenie De Sade
Soledad nel film Eugenie De Sade

Soledad Miranda Sie tötete in Ekstase
She Killed in Ecstasy

Il successo, quello vero, lo conosce grazie al suo mentore Jesus Franco che ormai sta facendosi una grande fama come regista di film horror. Sua è la parte di Anna nel film Sangre en la noche, conosciuto all’estero con i titoli di Les cauchemars naissent la nuit (Francia) e Nightmares Come at Night Usa e Europa)
Il film contiene scene di nudo, assolutamente vietate in Spagna e Soledad sceglie di cambiare il suo nome in Susan Korda, almeno per la distribuzione spagnola; scene che l’attrice aveva già girato nel film El Verdugo (1969) accanto a Burt Reynolds e Raquel Welch. Nel film la sua selvaggia bellezza non aveva certo lasciato indifferenti gli spettatori che da quel momento la elessero a personale culto.
A ben guardare il vero segreto di Soledad era proprio il suo volto così particolare; l’attrice non era molto alta, appena un metro e sessantacinque e non aveva un fisico esplosivo. Tuttavia da lei emanava una specie di magnetismo fortissimo che sarebbe stato esaltato proprio da Jesus Franco nel film più famoso di Soledad, Vampyros lesbos.
Nel 1970 Jesus Franco gira la sua versione di Dracula, il leggendario vampiro creato da Bram Stoker; nel ruolo del principe della notte il regista chiama Christopher Lee mentre a Soledad è riservato quello di Lucy Westenra, la bella vampirizzata dal conte che la trasforma in una letale vampira.
Il legame tra i due diventa più simbiotico e la bella Soledad recita nel film successivo di Jess, Una Venere senza nome per l’ispettore Forrester conosciuto in Spagna come El diablo que vino de Akasawa e internazionalmente come The Devil Came from Akasava.Il film è un giallo di stampo spionistico e Soledad interpreta il ruolo di Jane Morgan, un’agente segreto che dovrà affiancare un collega per scoprire cos’è accaduto ad un prezioso minerale.
I tempi sono maturi per avere finalmente un ruolo di primo piano e Jess Franco le affida quello della contessa Oskudar nel celebre Vampyros lesbos; è il film che crea il mito di Soledad anche se limitatamente ad un genere cinematografico amato molto dal pubblico e molto poco dalla critica.
Soledad è perfetta nel ruolo della contessa vampira, altera e aristocratica, bellissima eppure freddissima: consegna al cinema un ritratto indelebile che diverrà nel corso degli anni successivi un cult assoluto per gli amanti dell’horror.
Nello stesso anno Franco la dirige in She Killed in Ecstasy e successivamente in Eugenie De Sade, che sarà l’ultimo film interpretato dall’attrice andalusa prima della sua tragica scomparsa e che uscirà più tardi con il ttolo di De Sade 2000.

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Siamo nel 1970 e come raccontato Soledad si apprestava a essere lanciata sul mercato internazionale; con ogni probabilità, l’attrice avrebbe avuto quanto meno la maniera di farsi conoscere da una platea non più ristretta a quella spagnola o a quella degli amanti del genere horror e del cinema di Jesus Franco.
Viceversa, il destino decise altrimenti e per  caso anche quello di Franco cambiò radicalmente poco dopo; il regista infatti scelse di aumentare la dose di erotismo nei film arrivando in seguito ad un cinema di stampo prettamente pornografico nel quale la nuova musa era la sua compagna di vita Lina Romay.
Per Soledad il destino decise altrimenti, consegnandola giovanissima al culto. I pochi film interpretati infatti ebbero sempre maggior fama e oggi la bella andalusa ha un gruppo di fans che probabilmente non ebbe quando era viva.
Ha detto di lei Jesus Franco: “Lei ha effettivamente suscitato un’enorme impressione su di me  e , nel corso degli anni è divenuta una figura quasi mitica. Morì in un incidente stradale pochi giorni prima che firmasse un contratto con un produttore che l’avrebbe trasformata in una star in Europa. Soledad Miranda era molto spontanea. Una zingara. Non aveva cultura  ma un istinto primitivo. Una mente molto chiara e intelligente. Era una donna che amava galleggiare attraverso la vita. Era molto sentimentale e molto carnale allo stesso tempo.”

Soledad Miranda Estudio amueblado 2.P
Estudio amueblado 2.P. (film per la Tv)

Soledad Miranda Lola la piconera
Soledad nel film Lola la piconera

La sua collega Ingrid Pitt la ricordava con queste parole :”Da quello che ricordo era una persona divertente anche se a volte poteva essere un po’ capricciosa, ma poi in fondo chi non lo è .Abbiamo  condiviso l’ interesse per il Flamenco e abiamo assistito assieme a un paio di spettacoli. Sul set era molto professionale e la fotocamera le piaceva Lei stava imparando a parlare inglese, allo stesso tempo io stavo lottando per perfezionare il mio spagnolo e ci siamo aiutate un pò. Penso che abbiamo lavorato insieme molto bene, ma non ho avuto modo di conoscerla in maniera profonda. Oltre il film, non avevamo rapporti di amicizia e da allora non l’ho rivista più.”

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Soledad Miranda Fin de semana
Fin de semana

Soledad Miranda Soltera y madre en la vida
Soltera y madre en la vida

Soledad Miranda Los gatos negros
Los gatos negros

Soledad Miranda Cuatro bodas y pico
Cuatro bodas y pico

Soledad Miranda Canción de cuna
Canción de cuna

Soledad Miranda La bella Mimi
La bella Mimi

Soledad Miranda Es mi hombre

Es mi hombre

Soledad Miranda Las hijas de Helena
Las hijas de Helena

Soledad Miranda Eva 63

Eva 63

Soledad Miranda Eugenie De Sade 2
Eugenie De Sade

Soledad Miranda Il Conte Dracula 2

Il conte Dracula

Soledad Miranda Currito de la Cruz

Currito de la cruz

Soledad Miranda Les cauchemars naissent la nuit

Les cauchemars naissent la nuit

Soledad Miranda Pyro

Pyro

Soledad Miranda She killed in ecstasy

She killed in ecstasy

Soledad Miranda The sound of horror

The sound of horror

Soledad Miranda Vampiros lesbos

Vampiros lesbos

Soledad Miranda banner filmografia

1974 De Sade 2000 (Eugenie De Sade, girato nel 1970)
1971 Sie tötete in Ekstase
1971 Vampiros lesbos
1971 Una Venere senza nome per l’ispettore Forrester
1970 Il conte Dracula
1970 Les cauchemars naissent la nuit
1969 Estudio amueblado 2.P.
1969 Soltera y madre en la vida
1969 La última moda (TV movie)
1969 El Verdugo
1969 Estudio 1 (TV series)
1969 Lola la piconera (TV movie)
1968 …e venne l’ora della vendetta (non accreditata)
1967 Sugar Colt
1967 Avventure e gli amori di Miguel Cervantes
1966 Prigionieri dell’orrore
1966 ¡Es mi hombre!
1965 La familia y… uno más
1965 Currito de la Cruz
1964 Fin de semana
1964 A Canção da Saudade
1964 Fuego
1964 Los gatos negros
1964 Playa de Formentor
1963 Bochorno
1963 I leoni di Castiglia
1963 La bella Mimí
1963 Las hijas de Helena
1963 Cuatro bodas y pico
1963 Eva 63
1961 Canción de cuna
1961 Ursus
1960 La reina del Tabarín

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Soledad Miranda Foto 2

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aprile 29, 2011 Posted by | Biografie | | 2 commenti

La prima notte del dottor Danieli, industriale, col complesso del… giocattolo

La prima notte del dottor Danieli locandina

Storia di un matrimonio tra innamorati che non riesce ad essere consumato per un motivo banale: lui è abituato a folleggiare con altre disinibite donne e di fronte alla verginità della moglie vede sfiorire d’incanto la sua virilità.
Il riassunto della trama potrebbe essere costituito da queste due righe.
Nel film infatti accade molto poco, se non il racconto delle peripezie di Carlo Danieli, ricco industriale ovviamente di origini siciliane che dopo aver “navigato” in lungo e in largo nei porti accoglienti di disponibili donzelle, decide di impalmare la bella Elena.

La prima notte del dottor Danieli 10
Katia Christine è Elena, la sposina

Ma ecco che la prima notte di nozze accade il fattaccio.
Carlo non riesce a consumare e ben presto la faccenda diviene di dominio pubblico.
Sarà la mamma di Elena, la signora Virginia che di matrimoni se ne intende, a salvare quello di sua figlia con un espediente.

La prima notte del dottor Danieli, industriale, col complesso del… giocattolo 1
Lando Buzzanca e Katia Christine, i due coniugi

La prima notte del dottor Danieli industriale con il complesso del giocattolo esce sugli schermi italiani nel 1970 per la regia di Giovanni Grimaldi, che aveva diretto il protagonista della commedia, Lando Buzzanca, un anno prima in Puro siccome un angelo papà mi fece monaco… di Monza.
Il regista, intuite le particolari doti comiche dell’attore siciliano, gli affida un ruolo decisamente mortificante in una commediaccia piena di luoghi comuni che pure sorprendentemente ebbe un gran riscontro di pubblico, diventando uno dei film più visti dell’annata.
Un mistero questo di difficile soluzione.

La prima notte del dottor Danieli 2

Il film è piatto come una tavola da biliardo, con trovate comiche di grana grossa e sopratutto povero anche di situazioni sexy che erano poi uno dei motivi del successo di questo genere di pellicole.
Quello che infastidisce di più nel film è lo stereotipo del maschio siculo orgoglioso della sua potenza sessuale messo in crisi dal fiasco della prima notte di nozze con conseguenti pettegolezzi sulla vicenda scatenati proprio dal dottore chiamato a visitare l’uomo. Inoltre il film si infila ben presto negli abusati doppi sensi di natura sessuale, non dimenticando ovviamente di porgere come contraltare la vicenda di Laura, moglie di Federico (un uomo di una certa età) affetta dal problema opposto, ovvero l’iper attività sessuale di suo marito che la costringe ad un esaurimento nervoso.
Come vediamo, ci sono tutti gli ingredienti pruriginosi e vetusti delle commedie sexy; ad aggravare il bilancio fallimentare del film da ogni punto di vista, si aggiunga l’inespressività totale di Katia Christine, chiamata a interpretare il ruolo della mogliettina insoddisfatta del dottor Danieli.

La prima notte del dottor Danieli 3

L’attrice si segnala solo per un paio di topless e null’alto, mentre appena sulla sufficienza troviamo Francoise Prevost, ormai quarantenne e con alle spalle il successo dello scabroso Brucia ragazzo brucia; l’attrice si barcamena decentemene nel ruolo della suocera un tantino “esuberante” e con alle spalle una grossa esperienza nel ramo matrimoniale.
Malissimo Saro Urzi nel ruolo del dottore lingua lunga che alla fine corteggerà la vedova Virginia.
Da segnalare nel film la presenza della principessa Ira Furstenberg nel ruolo della sventurata Laura affetta da surmenage sessuale e di Enzo Garinei.

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Ira Furstenberg è Laura, alle prese con l’insaziabile marito

La prima notte del dottor Danieli 4

Film che davvero non merita altri commenti e che risulta oggi assolutamente inguardabile.
La prima notte del dottor Danieli, industriale, col complesso del… giocattolo,un film di Gianni Grimaldi. Con Lando Buzzanca,Katia Kristine, Françoise Prévost, Alfredo Rizzo, Saro Urzì, Linda Sini, Enzo Garinei, Carletto Sposito, Ira Fürstenberg, Ileana Rigano,Renato Malavasi, Francesco Sineri
Commedia, durata 93 min. – Italia 1970.

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La prima notte del dottor Danieli banner protagonisti

Lando Buzzanca: Carlo Danieli
Françoise Prévost: Virginia
Katia Christine: Elena
Alfredo Rizzo: Federico
Carletto Sposito: Totò
Linda Sini: Concettina, moglie di Totò
Enzo Garinei: Chevron
Renato Malavasi: Direttore dell’hotel
Ileana Riganò: Teresa Durini
Ira Fürstenberg: Laura
Saro Urzì: Il medico dell’hotel

La prima notte del dottor Danieli banner cast

Regia     Giovanni Grimaldi
Soggetto     Giovanni Grimaldi, Bruno Corbucci
Sceneggiatura     Giovanni Grimaldi
Casa di produzione     Princeps Cinematografica
Distribuzione      Medusa
Fotografia     Aldo Greci
Montaggio     Dolores Tamburini
Musiche     Riz Ortolani
Scenografia     Francesco Cuppini
Costumi     Giulia Mafai

aprile 28, 2011 Posted by | Commedia | , , , , | Lascia un commento

Tre sotto il lenzuolo

Tre sotto il lenzuolo locandina

Film in tre episodi, diretti dai due registi Michele Massimo Tarantini, autore di Sabato mattina e di L’omaggio e dal regista Domenico Paolella (con lo pseudonimo Paolo Dominici) autore Non, non è per gelosia.
Episodi riguardanti tematiche sessuali e coniugali, in puro stile commedia all’italiana.
Primo episodio, Sabato mattina; Andrea, in cirsi di astinenza sessuale, è felice di passare finalmente il sabato mattina con la bella moglie Giulia. Per poter restare tranquillo, spedisce via da casa la domestica Rosita.
Ma Giulia inizia a ricevere telefonate dalla madre e da altra gente, con la conseguenza che l’entusiasmo iniziale di Andrea man mano scema.
Mentre attende la conclusione di una delle tante telefonate della moglie, spia la bellissima vicina Anita mentre prende il sole in topless.
La aggancia e inizia con lei un tour de force erotico che lo lascia esausto; inaspettatamente Giulia smette le telefonate, ma Andrea ovviamente non può più soddisfarla.

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Nei due fotogrammi: Lorraine De Selle

Secondo episodio No, non è per gelosia: in casa di Irene si installa Vittorio, suo ex marito mentre in casa della donna si trova il suo nuovo compagno Giorgio.
L’uomo, dapprima geloso, stabilisce un buon rapporto con l’ex marito e i due in combutta decidono di far ingelosire la donna, che alla fine sceglierà un terzo incomodo, il dipendente di un negozio vicino.
Terzo episodio,L’omaggio: per un equivoco Mario Sgarbozzi trova nella sua camera d’albergo, dove ha incontrato un cardinale con cui ha concluso un’affare e che gli ha promesso un regalo, una donna che in realtà non è affatto quello che lui crede.
Sidny, la donna, ha litigato con il marito e ha riparato proprio nella camera di Mario; l’arrivo della moglie dell’uomo provocherà un putiferio.
La donna credendo che il marito l’abbia tradita, si concederà al segretario del cardinale.

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Nei due fotogrammi: Sonia Viviani

Tre sotto il lenzuolo è la classica commedia sexy di fine decennio settanta, per intenderci quella ormai in chiaro debito d’ossigeno, ovvero priva di spunti originali e con tematiche logore e stantie.
In primis il vecchio e buon sesso, off course.
Tarantini e Dominici confezionano un prodotto senza infamia e senza lode, non particolarmente volgare ma neanche molto divertente.
Le classiche trovate della moglie che scopre la presunta amante del marito in una camera d’albergo, il marito che anela ad una giornata d’amore con la moglie e poi finisce a letto con la bella e disponibile vicina sono espedienti troppo sfruttati per riuscire in qualche modo ad essere coinvolgenti.
A questo va aggiunto il penalizzante cast femminile, dove ad eccezione della splendida Orchidea De Santis, vengono utilizzate starlet poco espressive dal punto di vista recitativo come Sonia Viviani, Patricia Webley e Lorraine De Selle.
Un tantino meglio Daniela Poggi, quantomeno simpatica, così come nulla da eccepire c’è sulla splendida forma fisica delle protagoniste.

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Orchidea De Santis

Meglio il cast maschile, con il solito Maccione a farla da padrone e un imbarazzato Walter Chari in forte disagio; impalpabile Giuffrè.
Questi film seriali di fine decennio venivano realizzati spesso puntando più sul nome dei protagonisti che sulle sceneggiature; Tre sotto il lenzuolo è un evidente esempio di povertà di mezzi.

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Daniela Poggi e Walter Chiari

Difatti la produzione assolda un buon cast, almeno per metà dei protagonisti, ma alla fine ambienta il tutto fra mura domestiche con un enorme risparmio di investimenti nelle scene di esterni.
E ancora una volta risulta penalizzante per lo spettatore sorbirsi scenette trite e ritrite in cui l’unico elemento di novità è rappresentato dalle starlette più o meno disposte a concedere qualche centimetro di epidermide.
Probabilmente il film venne girato in pochissimi giorni; un esempio banalissimo è dato dall’episodio con Lorraine De Selle e Maccione.
La De Selle indossa per tutto il periodo dello stesso l’identico paio di mutandine, mentre il regista inquadra per lunghi minuti Sonia Viviani mentre si bagna in cortile.
Espedienti che mostrano sia povertà d’idee sia povertà di mezzi.

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Patricia Webley

Tre sotto il lenzuolo, un film di Michele Massimo Tarantini, Paolo Dominici. Con Orchidea De Santis, Walter Chiari, Sonia Viviani, Aldo Maccione, Daniela Poggi, Carlo Giuffrè, Mario Valdemarin, Aldo Giuffré, Venantino Venantini, Liana Trouché, Cindy Leadbetter,
Film a episodi, durata 91 min. – Italia 1979.

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Tre sotto il lenzuolo 1

Tre sotto il lenzuolo banner personaggi

Walter Chiari    …     Giorgio Mori – il marito di Irene / episodio ‘No, non è per gelosia’
Orchidea de Santis    …     Rosita – la domestica / episodio ‘Sabato mattina’
Lorraine De Selle    …     Giulia – la moglie di Andrea / episodio ‘Sabato mattina’
Aldo Giuffrè    …     Il cardinale / episodio ‘L’omaggio’
Carlo Giuffrè    …     Il Signor Sgarbozzi/ episodio ‘L’omaggio’
Patricia Webley    …     Sidny – una bella ragazza americana / / episodio ‘L’omaggio’ ‘L’omaggio’
Aldo Maccione    …     Andrea – il marito di Giulia / / episodio ‘L’omaggio’ ‘Sabato mattina’
Daniela Poggi    …     Irene Mori / / episodio ‘L’omaggio’ ‘No, non è per gelosia’
Liana Trouche    …     Olga Scarbozzi – le moglie di Scarbozzi / / episodio  ‘L’omaggio’
Mario Valdemarin    …     Vittorio- il primo marito di Irene / / episodio ‘No, non è per gelosia’
Sonia Viviani    …     Anita/ episodio ‘Sabato mattina’

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Regia di Paolo Dominici (Domenico Paolella) (episodio “No, non è per gelosia”) (con il nome Paolo Dominici)
Michele Massimo Tarantini     (episodi “Sabato mattina”, “L’omaggio”)
Sceneggiatura Teodoro Corrà         storia (con il nome Teodoro Agrimi)
Massimo Fiore         storia
Giorgio Mariuzzo         storia e sceneggiatura
Michele Massimo Tarantini
Musiche originali di Franco Campanino
Fotografia di Sergio Rubini e Pier Luigi Santi

aprile 26, 2011 Posted by | Commedia | , , , , , , , , | 1 commento

Michele Mercier

Michele Mercier foto 7

La gente non parla dei mei 50 film, ma solo del personaggio di Angelica;  la differenza tra lei e me è che io non ho avuto nella vita un Joffrey De Peyrac

Sono le parole venate di malinconia di Jocelyne Yvonne Renée Mercier, in arte Michele Mercier, l’attrice diventata un culto per 5 film interpretati a cavallo tra il 1964 e il 1968 con protagonista Angelica Marchesa degli angeli, un personaggio creato dai coniugi Anne e Serge Golon che le dedicarono ben 13 romanzi dei quali 5 portati sullo schermo proprio dalla bellissima Mercier.

Michele Mercier Angelica (Marchesa degli Angeli)
Il celebre fotogramma tratto dal primo film basato sulle avventure di Angelica (Marchesa degli Angeli)

Michele Mercier Angelica alla corte del re
Il secondo film dedicato all’eroina: Angelica alla corte del re

Nata a Nizza il 1 gennaio del 1939, figlia di un farmacista, Michele sin da piccola sognava le luci della ribalta anche se limitatamente alla sua passione, la danza. Voleva diventare una ballerina e nonostante l’atteggiamento poco convinto del padre, brigò tanto da riuscire ad avere il suo primo tutu; e alla fine la spuntò mettendo in mostra forti doti caratteriali che la portarono a calcare le scene del Teatro dell’Opera di Nizza, a lavorare niente meno che con la compagnia di Roland Petit. Ma il destino aveva in serbo un’altra strada per Michele. La ragazza seguiva corsi di recitazione e diventava ogni giorno più bella e affascinante tanto da essere notata dai produttori cinematografici. La prima mossa che fece fu cambiare i suoi lunghissimi nomi in un sintetico Michele, in omaggio all’attrice Michele Morgan interprete di celebri film come Porto delle nebbie (accanto a Gabin) e recentemente ricomparsa sugli schermi nel film di Tornatore Stanno tutti bene. Così Jocelyne Yvonne Renée diventa Michele ed esordisce nel cinema con una piccola parte in Delitto sulla Costa Azzurra diretto da Denys de La Patellière accanto proprio all’attrice della quale ha scelto di condividere il nome, Michele Morgan.

Michele Mercier L’indomabile Angelica
Il quarto capitolo, L’indomabile Angelica

Siamo nel 1957 e la diciottenne Mercier è già molto bella; una bellezza acerba ma sensuale. Per qualche anno la Mercier vivacchia con film di buon calibro come Donnez-moi ma chance di Léonide Moguy o come Angelica ragazza jet di Géza von Radványi accanto alla giovane ma già famosissima Romy Schneider. Un’attrice, la Schneider che ebbe un percorso cinematografico molto simile a quello di Michele. Anch’essa infatti rimase a lungo prigioniera del planetario successo del personaggio della Principessa Sissi, da lei interpretato in una serie di film che la resero popolarissima ma che la rinchiusero in un guscio dorato dal quale la brava attrice riuscì ad affrancarsi solo dopo molti anni.

Michele Mercier Il mestiere più antico del mondo
Michele Mercier in Il mestiere più antico del mondo

Nel 1960 la Mercier lavora in un film italiano, Le notti di Lucrezia Borgia diretto da Sergio Grieco per poi approdare sul set di Tirate sul pianista di Francois Truffaut; in questo film lavora accanto a Charles Aznavour ed è protagonista di un’ardita scena di nudo che resterà impressa indelebilmente nella memoria degli spettatori. Tre anni separano ormai la Mercier dalla celebrità; lei si fa le ossa con film di buona fattura come Il giustiziere dei mari (1961) diretto da Paolella, con La baia dei pirati (1961) di John Gilling accanto a Peter Cushing, con Le prigioniere dell’isola del diavolo (1962) ancora diretta da Paolella. Arriviamo così al fatidico 1963, anno in cui il produttore Francesco Cosne si assicura i diritti del personaggio di Angelica. I romanzi di Anne e Serge Golon sono molto popolari e occorre per il film un’attrice che incarni il carattere fiero e indomabile di Angelica di Sancé de Monteloup, Contessa di Peyrac e Marchesa di Plessis-Bellière.

Michele Mercier Non tirate sul pianista 2

Michele Mercier Non tirate sul pianista 1

Due celebri fotogrammi tratti da Tirate sul pianista

Iniziano le selezioni e il produttore si trova in grandi difficoltà, perchè la scelta numero uno, la popolarissima Brigitte Bardot rifiuta la parte (salvo pentirsene amaramente in seguito). Anche Catherine Deneuve è inadatta al ruolo: troppo bionda, troppo delicata. Ad una ad una vengono scartate per vari motivi Annette Stroyberg (bella ma praticamente sconosciuta), Jane Fonda, Virna Lisi (che stava lavorando negli Usa). La scelta cade sulla bella attrice di Nizza, che nello stesso anno si è messa in luce in un film molto importante diretto dal grande Mario Bava, I tre volti della paura; lei è protagonista dell’angosciante segmento La telefonata che ha girato accanto alla popolare Lidia Alfonsi. La scelta si rivelerà vincente, perchè Michele riuscirà a dar corpo nell’immaginario collettivo a tutte le qualità che i lettori dei romanzi idealizzavano in un volto nobile e forte, in un carattere determiiato che non si lascia travolgere dalle difficoltà della vita. Michele incarnerà tutto questo, rendendo indissolubile la sua personalità da quella di Angelica finendo però per essere travolta dal suo stesso successo e dalla sua abilità nell’interpretare la Marchesa degli Angeli. Tuttavia Michele questo non lo sa ancora.

Michele Mercier Le calde notti di lady Hamilton
Le calde notti di Lady Hamilton

Il successo di Angelica (Marchesa degli Angeli) esplode in maniera travolgente e cancella anche i film che ha interpretato nei due anni precedenti, come Alta infedeltà (diretto da un’equipe composta da Elio Petri, Mario Monicelli, Luciano Salce e Franco Rossi) accanto a star come Nino Manfredi, Monica Vitti (non ancora famosissima) Bernard Blier, come il celebre I mostri di Dino Risi oppure Lo sciacallo di Jean-Pierre Melville. Bernard Borderie, regista del film, è chiamato d’urgenza a preparare il sequel che si intitolerà Angelica alla corte del re. Siamo nel 1965 e la ormai ventiseienne attrice si consacra a livello mondiale come star di prima grandezza. La sua sensualità sembra travolgere lo stesso personaggio che incarna e ormai per tutti e a tutti gli effetti Michele Mercier è ormai Angelica De Peyrac.

Michele Mercier The god’s thunder
Michele Mercier e Jean Gabin in The god’s thunder

In fretta e furia viene girato un terzo capitolo della serie, La meravigliosa Angelica; nel film oltre a lei ci sono Jean Louis Trintignant e Jean Rochefort oltre al nostro Giuliano Gemma. La miscela è sempre la stessa, ormai collaudata; eppure molto velocemente sta arrivando anche il periodo di saturazione per l’eroina indomabile. Nel frattempo la Mercier cerca di affrancarsi dal personaggio che le si è cucito addosso come una seconda pelle interpretando il ruolo di Noelle nel film di Monicelli Casanova 70, nel quale lavora accanto a Marcello Mastroianni per il quale avrà nel futuro parole di ammirazione. E’ un momento molto felice, professionalmente: lavora in Matrimonio alla francese di Denys de La Patellière accanto a Jean Gabin, in L’amante infedele di Christian-Jaque nel quale è nuovamente accanto a Robert Hossein e in Come imparai ad amare le donne di Luciano Salce. Nel 1967 Denys de La Patellière la dirige in L’angelica avventuriera con l’intento di attrarre pubblico giocando con l’aggettivo angelica e il nome della bella eroina interpretata da Michele. Buona parte del pubblico però chiede che l’attrice torni ad interpretare la Marchesa; così Borderie allestisce il cast di L’indomabile Angelicae naturalmente lei è la protagonista assoluta. Il film delude le aspettative, anche perchè il cast è decisamente anonimo e la storia si svolge in mare; Angelica non frequenta più la corte di Francia e non è più la donna che deve difendersi da congiure e gelosie, sembra essersi trasformata in una vittima sacrificale dei biechi desideri di individui loschi. E’ un momento particolare.

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La saga di Angelica sembra essere decisamente in fase calante e la Mercier nel frattempo recita in un film ambizioso e pretenzioso come pochi, L’amore attraverso i secoli diretto da un gruppo di registi anche molto bravi come Claude Autant-Lara, Mauro Bolognini,Philippe de Broca,Jean-Luc Godard,Franco Indovina. Il film che si propone di raccontare la storia del meretricio attraverso i secoli è un clamoroso fiasco. Michele è assolutamente inadatta al ruolo affidatole. Non l’aiuta nemmeno la folta capigliatura di un assurdo biondo paglia così come non l’aiuta la debolezza del segmento affidatole, L’era preistorica diretto da Franco Indovina. Nel 1968 arriva il capitolo conclusivo delle avventure di Angelica. Si tratta di Angelica e il gran sultano, film diretto ancora una volta da Bernard Borderie che dopo questo film lavorerà al cinema solo in altri due film prima di dedicarsi alla Tv.

Miche Mercier Angelica e il Gran Sultano

L’ultimo capitolo delle avventure di Angelica: Angelica e il gran Sultano

Il film non è male, ha una buona sceneggiatura ma non riscuote grandissimo successo. Lei è ormai prigioniera del suo ruolo, anche se ha bellezza e fascino da vendere. In pratica siamo di fronte al giro di boa della sua carriera cinematografica, anche se nel 1968 si segnala la sua interpretazione di Emma Lyon Hamilton in Le calde notti di Lady Hamilton, terrificante titolo appioppato dai furbastri distributori italiani al molto più rassicurante e meno trasgressivo titolo originale Lady Hamilton. La storia della giovane contadinotta che scala la società londinese grazie alla sua bellezza richiama in qualche modo il personaggio di Angelica; qui è anche l’amante di Nelson il grande ammiraglio inglese che sconfisse Bonaparte e sicuramente possiamo affermare che la sua bellezza è all’apice.

Michele Mercier Le prigioniere dell’isola del diavolo
Le prigioniere dell’isola del diavolo

Michele Mercier I tre volti della paura
I tre volti della paura

Ma il cinema crea, distrugge e sopratutto modella ideali di donna che all’atto pratico non hanno nulla in comune con le attrici che interpretano i vari ruoli nei film. Aamaramente confesserà  nel suo libro biografia Je ne suis pas Angelique scritto con Henry Jean Servat, “gli uomini non si innamoravano di me ma di Angelica” Un’identificazione con il personaggio, quindi, quasi di simbiosi totale.

Michele Mercier L’angelica avventuriera
Nel film L’angelica avventuriera

Michele Mercier Nella stretta morsa del ragno
Nella stretta morsa del ragno

La bella attrice finisce così per pagare alla sua stessa fama un tributo molto pesante. I rapporti con gli uomini saranno disastrosi; due matrimoni falliti alle spalle, storie d’amore con persone sbagliate che la illuderanno e in alcuni casi la deruberanno costringendola negli anni 2000 a dire in una malinconica intervista “Sono rovinata,senza soldi: sarò costretta a vendere parte dei miei quadri, i miei mobili, la mia proprietà, i miei gioielli e i costumi di Angelica

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Tornando al cinema, dopo Le calde notti di Lady Hamilton lavora a qualche altro film tra i quali vanno segnalati il graffiante Roma bene di Carlo Lizzani nel quale è un’arrivista moglie di un costruttore sull’orlo del fallimento che ha una relazione saffica con una donna e che tenta disperatamente con le sue arti seduttive di sollevare le sorti economiche del marito e Il richiamo della foresta, tratto dall’omonimo racconto di Jack London e interpretato al fianco di Charlton Heston. Malinconicamente la carriera di Michele si avvia ad una conclusione imprevista e sopratutto poco gloriosa. Ricomparirà saltuariamente in Les femmes du monde, un prodotto televisivo come per il piccolo schermo sono gli altri lavori successivi, Il bello delle donne e Vénus & Apollon (2009), l’ultima sua apparizione in video. L’unico film interpretato da Michele è del 1998; si tratta di La rumberadiretto da Pietro Vivarelli, un film passato totalmente inosservato.

Michele Mercier I mostri
Nel film I mostri

Il cinema ha dato molto a Michele. Le ha dato una fama quasi immortale grazie al personaggio di Angelica, ma le ha anche pesantemente condizionato la vita. Il privato dell’attrice ha  per diventare l’immagine distorta della sua eroina cinematografica. I mille amori di Angelica sono stati anche i mille amori di Michele Mercier. Amori non cercati, come quello con lo Scià di Persia che la ricopri di gioielli per poi tentare di violentarla (come il suo emulo nel film, il Gran Sultano), come quello con Claude Bourillot con cui visse una dozzina d’anni e che fuggì con tutti i suoi gioielli. E anche disavventure economiche, come quella che la travolse nel 1999 in seguito a sciagurate operazioni commerciali che la lasciarono sul lastrico.

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Amore, fortuna e fama. Ma anche solitudine, amarezze e una carriera che non decollò mai veramente. “Ho capito che Angelica non mi può fare più fare male, quindi ho imparato a considerarla  come una sorellina, con cui ho dovuto vivere mano nella mano” E’ il passaggio più amaro del suo libro, con cui condensa il dualismo con cui ha dovuto convivere per mezzo secolo. Oggi Michele Mercier è una donna dal sorriso un pò triste, in cui l’antica bellezza ha lasciato il posto a quella bellezza degli anni maturi, quella vera e non appariscente. Ma il suo sguardo ha ancora la fierezza della sua “sorellina” Angelica, la Marchesa degli Angeli.

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Michele Mercier Cimitero senza croci
Cimitero senza croci

Michele Mercier Comment te dir adieu
Comment te dir adieu

Michele Mercier Amore in 4 dimensioni
Amore in 4 dimensioni

Michele Mercier La rumbera
Nel film La rumbera, l’ultima apparizione cinematografica

Michele Mercier Al soldo di tutte le bandiere
Con Tony Curtis in Al soldo di tutte le bandiere

Michele Mercier Roma bene
Roma bene

Michele Mercier Una vedova tutta d’oro
Una vedova tutta d’oro

Michele Mercier Le soleil noir
Le soleil noir

Michele Mercier Casanova 70

Casanova 70

Michele Mercier Lo sciacallo

Lo sciacallo

Michele Mercier L'incredibile storia di Marta Dubois

L’incredibile storia di Marta Dubois

Michele Mercier Il giovedi

Il giovedi

Michele Mercier Matrimonio alla francese

Matrimonio alla francese

Michele Mercier Delitto sulla Costa Azzurra

Delitto sulla Costa Azzurra

Michele Mercier Götz von Berlichingen mit der eisernen Hand

Götz von Berlichingen mit der eisernen Hand

Michele Mercier Il giustiziere dei mari

Il giustiziere dei mari

Michele Mercier Il richiamo della foresta

Il richiamo della foresta

Michele Mercier Venus et Apollon

Venus et Apollon

Michele Mercier Symphonie pour un massacre

Symponie pour un massacre

Michele Mercier Retour de manivelle

Retour de manivelle

Michele Mercier Pirati della notte

Pirati della notte

Michele Mercier Mademoiselle Ange

Mademoiselle Ange

Michele Mercier Le tonnerre de Dieu

Le tonnerre de Dieux

Michele Mercier Le Notti di Lucrezia Borgia

Le notti di Lucrezia Borgia

Michele Mercier Le meraviglie di Aladino

Le meraviglie di Aladino

Michele Mercier Le brune sparano

Le brune sparano

Michele Mercier L'ane de ferchaux

Jane de Ferchaux

Michele Mercier L'amante infedele

L’amante infedele

Michele Mercier La rumbera

La rumbera

Michele Mercier La pupa

La pupa

Michele Mercier I nostri mariti

I nostri mariti

Michele Mercier Götz von Berlichingen mit der eisernen Hand

Götz von Berlichingen mit der eisernen Hand

Michele Mercier Gli anni ruggenti

Gli anni ruggenti

Michele Mercier Fury at Smugglers bay

Fury at Sumrgless Bay

Michele Mercier Frenesia dell'estate

Frenesia dell’estate

Michele Mercier Donnez-moi ma chance

Donnez moi ma chance

Michele Mercier Alta infedeltà

Alta infedeltà

Michele Mercier Aimez-vous Brahms

Aimez vous Brahms

Michele Mercier A global affair

A global affair

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Michele Mercier Angelica e il gran Sultano cineracconto

Il cineracconto di Angelica e il Gran Sultano

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Michele Mercier banner filmografia

“Vénus & Apollon” (2009) Serie tv

“Krasnaya kapella” (2004) Serie TV

“Il bello delle donne” (2001) Serie TV

La rumbera (1998)

Jeans Tonic (1984)

Götz von Berlichingen mit der eisernen Hand (1979)

Les femmes du monde (1977) (TV)

Per amore o per forza (1976)

Il richiamo della foresta (1972)

Il vitalizio (1972)

Roma bene (1971)

E venne l’alba… ma tinta di rosso (1971)

L’incredibile storia di Martha Dubois (1971)

Al soldo di tutte le bandiere (1970)

Una vedova tutta d’oro (1969)

Cimitero senza croci (1969)

Le calde notti di Lady Hamilton (1968)

Angelica e il gran sultano (1968)

L’indomabile Angelica (1967)

L’amore attraverso i secoli (1967)

L’Angelica avventuriera (1967)

La pupa (1966)

Come imparai ad amare le donne (1966)

I nostri mariti (1966)

L’amante infedele (1966)

Matrimonio alla francese (1965)

Casanova ’70 (1965)

La meravigliosa Angelica (1965)

Angelica alla corte del re (1965)

Angelica (1964)

Via Veneto (1964)

Amore in quattro dimensioni (1964)

Frenesia dell’estate (1964)

I guai di papà (1964)

Il giovedì (1964)

Alta infedeltà (1964)

I mostri (1963)

Lo sciacallo (1963)

I tre volti della paura (1963)

Sinfonia per un massacro (1963)

Le prigioniere dell’isola del diavolo (1962)

Gli anni ruggenti (1962)

Le meraviglie di Aladino (1961)

Le piace Brahms? (1961)

Le Saint mène la danse (1961)

La baia dei pirati (1961)

Tirate sul pianista (1960)

La brune que voilà (1960)

Le notti di Lucrezia Borgia (1960)

La ligne de mire (1960)

Angelica ragazza jet (1959)

Donnez-moi ma chance (1957)

Delitto sulla Costa Azzurra (1957)

aprile 23, 2011 Posted by | Biografie | | Lascia un commento

Camera d’albergo

Camera d'albergo locandina

Emma Crocetti è la figlia di un proprietario d’hotel; è un’appassionata di cinema e si diletta di regia con i suoi due amici Guido e Tonino. Desiderosi di sfondare nel mondo della regia, il terzetto costituisce la cooperativa “La svolta” e decidono di girare un reality ante litteram piazzando una telecamera all’interno delle stanze dell’albergo. Messo assieme del materiale amatoriale con l’uso di mezzi di fortuna, i tre presentano parte del loro prodotto ad un regista ormai in disarmo, il commendator Achille Mengaroni che possiede anche una casa di produzione, la Ursus.

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Enrico Montesano

Quello che i tre non sanno è che l’uomo è pieno di debiti ed inseguito dai suoi creditori; Mengaroni dopo aver visionato il materiale fiuta tuttavia il colpo e suggerisce ai tre di ampliare i filmati in loro possesso aggiungendo delle altre scene e contemporaneamente di strappare agli ignari protagonisti il consenso all’utilizzo delle immagini. Nasce così un autentico reality nel reality, con protagonisti Fausto e Flaminia. Il primo è un netturbino, mentre la donna lavora in una scuola guida.

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Monica Vitti

Alla ricerca di una sistemazione Flaminia decide di sposare il proprietario della scuola, il corpulento e manesco Cesare De Blasi. Così loro malgrado Fausto e Flaminia sono costretti a frequentarsi e ben presto la passione tra di loro rinasce. La morale che se ne ricava è che nella vita prima o poi l’amore e i veri sentimenti trionfano. Diretto da Mario Monicelli nel 1981 Camera d’albergo è un prodotto incolore e insapore.

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Vittorio Gassman

La scarsa vena di Monicelli (anche i grandi alle volte fanno errori) la si nota in tutto il film, nella mollezza di un soggetto francamente abbastanza banale (anche se sceneggiato da Age e Scarpelli e dallo stesso Monicelli) e sopratutto nella piatta recitazione di tre grandi protagonisti del cinema italiano, Vittorio Gassman, Enrico Montesano e Monica Vitti. I tre personaggi a loro affidati, rispettivamente il regista squattrinato Achille, il netturbino dai buoni sentimenti Fausto e la scontenta Flaminia sembrano tagliati con l’accetta e sono anche mal caratterizzati, segno dell’abulica volontà dei tre attori alle prese con un film in cui probabilmente non credevano.

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Monica Vitti, Flaminia

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Enrico Montesano, Fausto

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Il soggetto debole, le lunghe sequenze girate in albergo, le banali storie riprese dai tre improvvisati registi fanno il resto; banalissima la sequenza delle svedesine nude che alla fine scoprono la telecamera nascosta e anche tutte le altre storielle appiccicate senza molta credibilità al film che si snoda noiosamente fino ad un finale che è quanto di più banale uno si possa aspettare.

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Un vero peccato, perchè Monicelli ci aveva abituato ad uno standard di ben altro livello. Quello che colpisce maggiormente è la conduzione scialba di un film che già nelle premesse appare scontato, vista l’interazione tra la storia dei due ex amanti che riscoprono se stessi e le storielle molto prevedibili che i tre registi girano all’insaputa dei protagonisti. Così la moglie vergine e i vari personaggi ripresi in stile Grande fratello, mentre fanno abluzioni o canticchiano opere liriche, mentre espletano le loro necessità fisiologiche oppure attentano alle virtù delle cameriere appaiono molto sgradevoli e assolutamente prive di fascino. Le gag o le battute francamente sono davvero discutibili; un esempio è il dialogo tra Flaminia e Cesare:” Sai, per un momento ho pensato che tu mi avessi sposato per il mio nome…” “Perchè?” “Perchè mi chiamo Flaminia, come l’autovettura” Con questo genere di battute ovviamente non si va lontano, nemmeno con le gag delle botte da orbi e con le trite altre che scorrono sullo schermo.

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Il voyeurismo reality raramente ha avuto tocchi di finezza, proprio per le sue caratteristiche specifiche, ovvero lo scavare nell’intimo delle persone alle prese con le piccolezze della vita quotidiana. Con queste premesse, senza una trama convincente e con attori assolutamente fuori parte o svogliati era inevitabile il fallimento del progetto. Monicelli non mostra mai, in nessun momento,il suo leggendario talento e il suo spirito corrosivo anche se va detto molti spettatori del film, all’epoca, lo assolsero quasi con formula piena. Ma un periodo di crisi è assolutamente comprensibile; non dimentichiamo che l’anno precedente il grande regista toscano aveva avuto un’altra battuta d’arresto con Temporale Rosy,con protagonisti Faith Minton e Depardieu impegnati in una storia d’amore ambientata nel mondo del catch, mal riuscita e bizzarra.

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Per fortuna Monicelli ci regalerà nel 1982 Il Marchese del Grillo che rimane una delle sue perle più preziose. In definitiva Camera d’albergo non vale una visione, anche se ovviamente resta una spalla sopra tutte le boiate che vennero prodotte purtroppo a partire dal 1979 in poi.

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Camera d’albergo,un film di Mario Monicelli. Con Enrico Montesano, Monica Vitti, Vittorio Gassman, Gianni Agus, Fiammetta Baralla,Franco Ferrini, Nando Paone, Tommaso Bianco, Roger Pierre, Luciano Bonanni, Ida Di Benedetto, Néstor Garay, Beatrice Bruno, Daniele Formica Commedia, durata 99 min. – Italia 1981

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Camera d'albergo banner personaggi

Vittorio Gassman: Achille Mengaroni    

Monica Vitti: Flaminia    

Enrico Montesano: Fausto Talponi    

Roger Pierre: Cesare De Blasi    

Béatrice Bruno: Emma    

Ida Di Benedetto: Moglie vergine    

Néstor Garay: Cesare Di Blasi    

Gianni Agus: Se stesso    

Franco Ferrini: Gianni    

Daniele Formica: Aldo    

Jacques Ciron: Vittorio    

Nando Paone: Guido Bollati    

Paul Muller: Hans    

Isa Danieli: Maria    

Fiammetta Baralla: Tassista   

Tommaso Bianco: Sergio

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Regia     Mario Monicelli

Soggetto     Agenore Incrocci, Mario Monicelli, Furio Scarpelli

Sceneggiatura     Agenore Incrocci, Mario Monicelli, Furio Scarpelli

Produttore     Luigi De Laurentiis, Aurelio De Laurentiis

Distribuzione (Italia)     Filmauro

Fotografia     Tonino Delli Colli

Montaggio     Ruggiero Mastroianni

Musiche     Detto Mariano

aprile 21, 2011 Posted by | Commedia | , , | Lascia un commento

Vampiri amanti (The vampire lovers)

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E’ un giorno di festa in casa del generale Spildorf.
Laura, la sua adorata figlia, festeggia il compleanno in compagnia del fidanzato Karl, della sua migliore amica Emma e di suo padre Morton.
Mentre la festa volge al termine, arriva inattesa una contessa amica del generale, che chiede a quest’ultimo di accogliere e ospitare per qualche tempo sua figlia Marcilla dovendosi assentare dal paese.
Laura stringe amicizia con Marcilla, ma in breve tempo la ragazza inizia ad accusare i sintomi di una strana malattia che la porta ben presto alla tomba.
Lo stesso avvenimento si produce a casa di Morton; una donna affida all’uomo sua figlia Carmilla che diventa amica di Emma; nel frattempo altre ragazze hanno avuto la stessa triste sorte di Laura e in casa Morton sembra rivivere lo stesso dramma di casa Spildorf.

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Peter Cushing è il generale Spildorf

Carmilla infatti seduce la giovanissima Emma, nonostante sulla ragazza vigilino la signorina Peraudaux sua governante  e il maggiordomo Ranton.
Carmilla è una vampira, che soggioga la Pereaudaux e Ranton; la creatura infernale sta per portare alla morte anche Emma, ma nel frattempo accadono alcune cose.
Il barone Joachin Von Hartog, amico di Spildorf e di Morton, li accompagna alla residenza dei Karnstein, un castello nel quale il barone ha dato la caccia a tutti i componenti della famiglia uccidendoli uno per uno, fermandosi solo davanti all’impossibilità di rintracciare la tomba di Mircalla Karnstein.
Nel frattempo Karl è arrivato a casa Morton, dove dovrà lottare disperatamente per salvare Emma, ormai preda della vampira.

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Nai due fotogrammi la splendida Ingrid Pitt, che interpreta Mircalla/Carmilla

Von Hartog, Spildorf e Morton riescono alla fine a trovare la tomba di Mircalla Karnstein e a porre fine alla sua esistenza; scompare così la sanguinaria vampira, incarnatasi con i nomi di Carmilla,Marcella e Mircalla.
E’ la fine di un incubo per i protagonisti della storia.
Vampiri amanti, traduzione letterale di Vampire lovers, diretto da Roy Ward Baker nel 1970 è uno dei più famosi prodotti targati Hammer e segna l’inizio di una trilogia che diverrà famosa come la trilogia Karnstein, dal nome della protagonista di questo film e che includerà anche Mircalla, l’amante immortale (dello stesso anno, titolo originale Lust for a Vampire) e Le figlie di Dracula (1971, titolo originale Twins of Evil)

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Un film che riprende la tradizione vampiresca aggiungendoci forti connotazioni gotiche unite a un pizzico di erotismo saffico, ma che si distingue dalla abbondante produzione del genere vampiresco sia per l’eleganza sia per la splendida fotografia che caratterizzano la pellicola.
Tratto dal romanzo Carmilla di Sheridan Le Fanu, questo film almeno alla sua uscita non ebbe grande fortuna, il che resta abbastanza inspiegabile ancora oggi, vista la fama assunta dal film negli anni successivi fino a quella di autentico cult anni 70.

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Inspiegabile alla luce dei pregi della pellicola, che vanno dall’estrema cura dei dettagli alla buona sceneggiatura del film alla scelta sapiente del cast, nel quale brilla prepotente Ingoushka Petrov divenuta famosa come Ingrid Pitt.
L’attrice di origini polacche (nata nella tristemente famosa Treblinka), scomparsa a novembre dello scorso anno all’età di 73 anni, dà corpo ad un personaggio indimenticabile.
Accanto a lei la solita sicurezza rappresentata da Peter Cushing, uno degli attori di punta della ambiziosa Hammer; l’attore inglese è come al solito impeccabile, così come se la cavano egregiamente le due belle protagoniste dei ruoli delle due ragazze vittime di Mircalla/Carmilla, ovvero Madeline Smith nel ruolo di Emma Morton e Pippa Steel in quello di Laura Spielsdorf.

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Come più volte accennato nel corso delle mie recensioni, la critica parruccona e inamidata dell’epoca ( e non solo) storse il naso con aria di sufficienza davanti a questo gradevolissimo prodotto; il genere horror e gotico è stato da sempre considerato di serie B, con buona pace degli aficionados del cinema vampiresco che hanno mal digerito nel corso degli anni l’accostamento di questo particolare genere cinematografico a film di ben altra fattura, anch’essi bollati come B movie ovvero i vari film sugli Zombie, sui lupi mannari o sulle creature mostruose come Franknstein.
Un destino che accomuna purtroppo un enere che pure ha espresso ottimi lavori.

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Vampiri amanti (The vampire lovers),un film di Roy Ward Baker. Con Peter Cushing, George Cole, Ingrid Pitt Titolo originale The Vampire Lovers. Horror, durata 91 min. – Gran Bretagna 1970

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Ingrid Pitt: Marcilla/Carmilla/Mircalla Karnstein
George Cole: Roger Morton
Kate O’Mara: la governante
Peter Cushing: Generale von Spielsdorf
Ferdy Mayne: il dottore
Douglas Wilmer: Barone Joachim von Hartog
Madeline Smith: Emma Morton
Dawn Addams: la Contessa
Jon Finch: Carl Ebhardt
Pippa Steel: Laura

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Regia     Roy Ward Baker
Soggetto     Sheridan Le Fanu
Sceneggiatura     Harry Fine, Tudor Gates, Michael Style, Tudor Gates
Casa di produzione     Hammer Film Productions
Fotografia     Moray Grant
Montaggio     James Needs
Musiche     Harry Robertson
Scenografia     Scott MacGregor

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Le recensioni qui sotto appartengono al sito http://www.davinotti.com

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Dominato da un vago ed implicito lesbismo il film, ottimamente fotografato da Moray Grant, rappresenta il primo horror diretto da Baker, e anche il primo segmento di una serie targata Hammer ed ispirata alla novella Carmilla di LeFanu, in precedenza saccheggiata nel Vampyr di Dreyer, nel film di Mastrocinque e ne Il Sangue e la Rosa di Vadim. Ottima la scelta di suddividere il tono fotografico in due parti: quella iniziale e lenta, è infatti dominata dalla fiòca luce della Luna piena; la seconda parte, concitata e caratterizzata dall’entrata in scena di Cushing, assume tonalità più fredde…

Non male questo film, targato Hammer, dedicato alla Carmilla (o Mircalla, a seconda dei casi) creata dalla penna di Le Fanu. La storia regge bene, gli attori sono bravi, Ingrid Pitt è molto bella e la fotografia è ottima; possiamo solo notare che alcuni eventi narrativi rimangono un po’ vaghi (vedi il vempiro maschio a cavallo). Non siamo di fronte ad un capolavoro, ma gli amanti del genere troveranno pane per i loro denti (canini ovviamente).

Primo capitolo della saga Hammer dedicata alla figura di Carmilla, il film si basa sulla presenza della brava Ingrid Pitt, che riesce a incarnare sensualità e morte. Da notare la breve ma intensa partecipazione di Dawn Adams e i tocchi lesbici della sceneggiatura.

La figlia di un famoso Generale conosce la bella Mircalla. Poco dopo si ammala e muore misteriosamente, mentre Mircalla svanisce nel nulla. Qualche tempo dopo Mircalla riappare in un’altra abitazione. Bella versione ad alta tasso lesbo del romanzo di LeFanu. Ben diretto dall’ottimo Baker è splendidamente recitato da un bel gruppo di attori: dalla Pitt, affascinante, alla O’Mara, alla Adams, passando per Cole, Mayne, Finch e, sopratutto, da uno strepitoso Peter Cushing.

Tra i più belli del genere, davvero emancipato e dotato di ottime protagoniste, brave e molto belle anche senza le contaminazioni chirurgiche estetiche oggi molto apprezzate. Trama consistente nella struttura e ottima fotografia, ma il valore aggiunto sta nella coppia Pitt-Cushing. La vampira è cattiva e sessualmente capricciosa, usa gli uomini e quindi la metafora del femminismo si percepisce ulteriormente. Il tema “core” di Le Fanu trova qui una esemplare configurazione cinematografica. Liberale e libertino!

La Hammer cerca lo svecchiamento introducendo tocchi di lesbismo (molto moderati comunque) e qualche nudo. Secondo me non è uno dei migliori della casa inglese ma comunque è godibile: ci sono un’ottima atmosfera, una sensualissima Ingrid Pitt e il sempreverde Cushing (che però appare molto poco). Il ritmo è un po’ fiacco, soprattutto il finale l’ho trovato poco emozionante, ma comunque almeno una volta si può vedere.

Strepitosa serie! Le prime “donne nude” che, ragazzino, vidi sullo schermo (a parte la schiena e il “retro cosce” cellulitico di Michèle Mercier intraviste nei film della serie “Angelica”) nell’ormai lontano 1971-72. Mi invaghii perdutamente non di Ingrid Pitt (troppi “pannicoli adiposi”…) ma di Madeline Smith (e della Yutte Stensgaad del 2° episodio del ciclo, Mircalla, l’amante immortale). Il terzo, Le figlie di Dracula, non lo vidi all’epoca, l’ho recuperato in anni recenti in dvd (infatti ho un rapporto diverso, con il terzo capitolo).

Notevole horror gotico della Hammer: la regia, l’ambientazione, la fotografia e la sceneggiatura sono di pregio; la vicenda della demone vampira e bisessuale è intrigante e tratteggiata con cura. Nel suo genere appare
Pacata nei colori e nell’ottima fotografia ma ardente nei contenuti, tutta venata da saffiche pulsioni, la pellicola è un buon esemplare delle produzioni tarde targate Hammer quando il sesso non era più un tabù. Una Pitt fantastica, esplosiva e dalla recitazione istintiva è una vampira che predilige giovani donne, prima da circuire e poi da sfruttare, per placare la sua sete di sangue. Ottimo cast, più che solida la regia di Baker, forse qualche piccola pecca nella sceneggiatura ma nel complesso un film di genere coinvolgente e molto ben fatto.

È il 1970 e la Hammer può permettersi di affrontare il tema sessuale di Carmilla. Uno dei migliori horror di questa casa di produzione inglese dell’ultimo periodo. La sceneggiatura è solida, Baker dirige bene il cast, tra cui Ingrid Pitt nel ruolo della vampira, che usa gli uomini e sembra preferire le donne che ghermisce di notte. C’è Cushing in una parte importante e ben recitata anche se appare poco. Bello il prologo con la nebbia nel più classico stile gotico.

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aprile 18, 2011 Posted by | Horror | , | 3 commenti

Marina Malfatti

Marina Malfatti foto

Una lunghissima carriera, che ha superato il mezzo secolo ricca di soddisfazioni e di riconoscimenti, sopratutto in ambito teatrale caratterizza la carriera artistica di Marina Malfatti, una delle più belle e brave artiste del mondo dello spettacolo.
Oggi che ha 71 anni, la Malfatti continua a lavorare a tempo pieno, dividendo la sua vita tra il privato e il teatro, nel quale ha ormai un ruolo di primo piano e che ha sostituito nei suoi impegni l’attività cinematografica che pure le ha dato tante soddisfazioni.

Marina Malfatti Un fiocco nero per Deborah
Un fiocco nero per Deborah

Bella e aristocratica, con un volto nobile e fine la Malfatti è stata sopratutto negli anni settanta, il prototipo dell’antidiva; lei così bella è stata sempre gelosa della sua vita privata così come ha sempre accettato lavori che non fossero dozzinali e improvvisati.
Se è vero che nel suo curriculum manca il film a cinque stelle, quello che viene citato negli annali del cinema come il capolavoro, va detto che manca anche il filmetto da due soldi, quello girato per raccattare soldi o ravvivare la popolarità.

Marina Malfatti La dama rossa
Marina Malfatti in La dama rossa uccide sette volte

Del resto la Malfatti ha fatto sempre scelte ben precise, puntando più sulla qualità che sulla quantità, scegliendo per esempio di studiare al Cours d’Art Dramatique di Parigi per avere quelle basi indispensabili per diventare un’attrice vera e non solo un semplice volto confuso nella marea delle starlette che popolarono gli schermi nella stagione più fortunata del cinema italiano.
Attrice di cinema, quindi, almeno agli esordi e per buona parte della sua vita, ma non solo; attrice televisiva nel periodo d’oro degli sceneggiati tv e in seguito attrice tra le più importanti del nostro teatro.

Marina Malfatti Tutti i colori del buio
Un’intensa espressione di Marina Malfatti in Tutti i colori del buio

Nata a Firenze il 25 aprile 1940, ha il suo battesimo cinematografico nel 1959 nel film di Carlo Ludovico Bragaglia Le cameriere accanto all’attrice di punta del film stesso Giovanna Ralli e accanto al grande Andrea Checchi, che sarà per lunghi anni uno dei volti più importanti della tv che proponeva quegli sceneggiati rimasti nel cuore degli spettatori.
Cosa che farà anche Marina, sopratutto dopo la prima metà degli anni settanta; per 15 anni sceglierà di lavorare nel cinema diventando molto popolare grazie ad una serie di film a sfondo thriller tutti di ottima fattura.
Nel periodo compreso tra gli esordi e il 1970 Marina Malfatti lavora in alcune produzioni importanti, anche se non in ruoli di primissimo piano; vanno citati per esempio Un uomo da bruciare del 1962, un importante film sulla mafia diretto dai fratelli Taviani con protagonista un grande Volontè.
Nel cast di questo film figura anche un’attrice/cantante che avrà una discreta popolarità in film a sfondo erotico sopratutto negli anni settanta, Carmen Villani.
Nel 1963 lavora con un importante cast nel film I fuorilegge del matrimonio, film diretto da Valentino Orsini con la collaborazione dei fratelli Taviani anticipatore della spinosa questione del divorzio.
Nel 1966 va segnalata la partecipazione allo sceneggiato televisivo Le inchieste del commissario Maigret, nell’episodio “L’ombra cinese” che in pratica diverrà il suo debutto sul piccolo schermo, così come vanno segnalate le sue partecipazioni ai film Pronto… c’è una certa Giuliana per te di Franciosa, uno dei primi film ad utilizzare un cast quasi completamente fatto con protagonisti giovani come Gianni Dei, la futura soubrette Mita Medici oltre ad una giovanissima Silvia Dionisio e la partecipazione al film C’era una volta… (1967) diretto da Francesco Rosi, una curiosa favola con protagonista un principe che si innamora di una splendida popolana specialista in fatture. I protagonisti della pellicola sono Omar Sharif e Sophia Loren mentre Marina interpreta bene il ruolo di Olimpia Capace Latro, principessa di Altamura.
Nel periodo tra il 1967 e il 1970 Marina si dedica alla tv, che ormai sta assumendo la stessa popolarità del cinema, complice l’effetto positivo del boom economico che ha portato nelle case il televisore, che diverrà ben presto un totem  capace di catalizzare l’attenzione di intere famiglie che la sera passano il loro tempo in attesa dei programmi tv.
Lei partecipa di suo con apparizioni nella fortunata serie dedicata a Sherlock Holmes, precisamente nei tre episodi dedicati al L’ultimo dei Baskerville accanto ad un altro grande della tv e del teatro, Nando Gazzolo e ad Anna Miserocchi, poi allo sceneggiato Dal tuo al mio di Mario Landi accanto ad Amedeo Nazzari e infine a Die Welt des Pirandello – Liebe! – Liebe? accanto a Jacques Sernas e Gabriele Ferzetti.

Marina Malfatti Sette orchidea macchiate di rosso 2

Sette orchidee macchiate di rosso

Nel 1971 la svolta con il film In fondo alla piscina, diretto da Eugenio Martín, una produzione spagnola conosciuta anche come La última señora Anderson; il film è un thriller ben congegnato e la Malfatti interpreta la moglie del protagonista sospettato di aver ucciso le tre mogli precedenti.
E’ una svolta perchè la sua interpretazione misurata convince il regista Miraglia ad affidarle il ruolo di Gladys Cunningham nel film La notte che Evelyn uscì dalla tomba; il film, un thriller di discreta fattura in cui interpreta la moglie di un lord che uccide donne con i capelli rossi ossessionato com’è dal ricordo della prima moglie che aveva questa particolare caratteristica.
Nel film rivaleggia in bellezza e bravura con l’altra protagonista, Erika Blanc e tratteggia un personaggio che rimarrà nella memoria degli amanti di questo particolare genere cinematografico.
In altri articoli ho già parlato dell’importanza del thriller all’italiana nato sull’onda del successo dei film di Bava e Fulci e portato definitivamente ai massimi livelli da Dario Argento.
Il film di Miraglia mescola bene atmosfere gotiche e thriller, mentre Marina Malfatti si ritaglia un ruolo così ben caratterizzato da spingere altri registi ad affidarle parti in film dello stesso genere.
Ma non ci sono solo thriller in questo periodo della vita artistica di Marina; sempre nel 1971 lavora, anche se non accreditata nel western Era Sam Wallash… lo chiamavano ‘Così Sia’ diretto da Demofilo Fidani, un lavoro poco meno che mediocre come mediocre è l’altro western intepretato accanto a Tony Kendall, Una pistola per cento croci! mentre decisamente più importante è il bellissimo e introvabile Doppio gioco di Anton Giulio Majano girato accanto ad Ugo Pagliai, uno sceneggiato del quale purtroppo si è persa ogni traccia.
Nel 1972 troviamo la Malfatti sul set di ben 7 film; è il periodo più importante del cinema italiano con diversi generi cinematografici che si contendono le platee.
Lei lavora nel mediocre giallo Testa in giù, gambe in aria di Ugo Novello accanto a Corrado Pani e sopratutto nel buon Sette orchidee macchiate di rosso di Umberto Lenzi nel ruolo di Kathy Adams accanto ad altre bellezze come Gabriella Giorgelli e Marisa Mell.
E diventa anche una cattivona nell’altro thriller girato nel 1972, Tutti i colori del buio diretto dallo specialista Sergio Martino; lei è Mary Well, l’ambigua seguace di una setta satanica incaricata di fare impazzire la bella Jane (Edwige Fenech) per permettere alla sorella Barbara (Susan Scott alias Nieves Navarro) di incassare il ricavato dell’eredità della donna.

Marina Malfatti Il clan del quartiere latino 1

Il clan del quartiere latino

Il ruolo della cattiva di turno le riesce naturale, cosa che mostra una volta di più la duttilità dell’attrice capace di ricoprire tutti i ruoli cinematografici, che siano drammatici o leggeri, che includano personaggi positivi o negativi.
Non manca in questo periodo la partecipazione ad un film del genere decamerotico; si tratta dell’elegante Decameron 3, uno dei film meno scollacciati del fortunato filone, nel quale la nostra bellissima è impegnata nel ruolo di Madonna Lucrezia , sposata ad un uomo geloso in maniera patologica, che la costringe a vivere da reclusa in una camera da letto recintata da inferriate e chiusa a doppia mandata da una pesante porta di legno.
In soccorso della donna arriva un giovane che la vede attraverso un finestrino e che pratica una feritoia nel muro.La donna, per stornare i sospetti del marito, gli confessa di essere visitata la notte da un prete della quale lei si è innamorata.

Marina Malfatti Il prato macchiato di rosso 1

Il prato macchiato di rosso

Furibondo, il marito veglia fuori dalla porta non sapendo che Lucrezia e il suo amante nel frattempo si divertono nel letto della donna stessa.
Un ruolo che la vede anche in sequenze di nudo castigatissime, una delle rare concessioni del suo splendido corpo.
Torna in un ruolo drammatico nel film La dama rossa uccide sette volte, di Miraglia, altro film culto del periodo d’oro del thriller; lei è Franziska Wildenbrück sorella di Kitty (Barbara Bouchet), destinata ad una crudele reincarnazione della leggenda della dama nera e della dama rossa che seminerà morte tra i protagonisti della vicenda.
L’ultimo film di questo prolifico e fecondo anno è il buon western di Alfonso Balcázar Il ritorno di Clint il solitario accanto a George Martin e Klaus Kinskij; nell’anno successivo i film interpretati spazieranno dal drammatico La notte dell’ultimo giorno caratterizzato da un eccellente cast (Franco Fabrizi, Fiorenzo Fiorentini, Tony Kendall, Corrado Pani, Enrico Maria Salerno, Erna Schurer), un’operazione poco fortunata al box office al buon giallo di Bruno Gantillon Il clan del quartiere latino accanto a Maurice Ronet all’horror thriller Il prato macchiato di rosso in cui è la cattivissima Nina, una trafficante di sangue umano (nel film compare anche il cantante Lucio Dalla), passando per il lacrima movie (i film strappa lacrime) Il venditore di palloncini e sopratutto  Un fiocco nero per Deborah che rimane uno dei suoi lavori più significativi dal punto di vista della recitazione.

Marina Malfatti Sette orchidea macchiate di rosso

Due dei più bei gialli anni 70: una splendida Marina Malfatti in Sette orchidee macchiate di rosso

Marina Malfatti La notte che Evelyn usci dalla tomba 1
… e in La notte che Evelyn uscì dalla tomba

Si tratta di un film in stile thriller/mistery con punte di horror in cui interpreta il personaggio drammatico di Deborah, una donna dotata di facoltà medianiche con il grosso problema di non riuscire a diventare madre.
Resterà incinta davvero, ma suo marito la crederà pazza con il risultato finale che la donna morirà in un incidente subito dopo aver partorito un bambino.
Nel 1974 da corpo all’indimeticabile personaggio di Marina  nel Malombra televisivo ridotto per il piccolo schermo da Raffaele Meloni che utilizza il personaggio creato da Fogazzaro; è un grande successo, nella stagione più felice degli sceneggiati televisivi che hanno visto produzioni di altissimo livello come Il segno del comando ecc.
E’ un momento chiave della sua carriera: distratta dal teatro, impegnata sui set televisivi la bellissima Marina, che è ormai una affascinante signora di 35 anni inizia a trascurare il cinema.

Marina Malfatti Il clan del quartiere latino 2
Il clan del quartiere latino

Per rivederla sul set dovremo attendere il 1976 quando interpreterà il ruolo di Stella nello sfortunato Lezioni di violoncello con toccata e fuga nel quale lavora con Carlo Giuffrè, con il quale farà il bis nel film Per amore o per forza diretto da Massimo Franciosa accanto anche all’affascinante Michele Mercier, la protagonista dei film su Angelica marchesa degli angeli.
Non sono film importanti, ben più rilevanti sono gli impegni televisivi, come quello nella serie tv accanto a Nando Gazzolo L’ultimo aereo per Venezia del 1977, diretto dal grande Daniele D’Anza, il bellissimo Fauno di marmo nel ruolo di Miriam.
E’ un personaggio molto complesso, quello dell’artista Miriam, destinata a rivivere il passato di una donna del tutto simile a lei assieme ai suoi tre amici, braccata da una figura spettrale soprannominata Il persecutore.

Marina Malfatti Decameron 3
Marina Malfatti in Decameron 3

La Malfatti è ormai una beniamina del pubblico televisivo, che la apprezza come straordinaria professionista capace di calarsi perfettamente nei ruoli che le vengono affidati; nel 1978 lavora ancora in na serie televisiva, questa volta non molto fortunata.
Si tratta del remake parziale di Il prigioniero di Peter Grenville, ed è diretta da Aldo Lado.
Non lavora più al cinema, dedicandosi anima e corpo al teatro e alla tv, per la quale da corpo al personaggio di Anna Kuliscioff nel 1981, la ormai leggendaria femminista rivoluzionaria fondatrice del Partito socialista italiano e compagna per lungo tempo di Filippo Turati.
Si diradano anche le apparizioni tv, a tutto vantaggio del suo impegno in teatro che ormai è davvero il suo unico amore; la rivedremo ancora, sporadicamente negli sceneggiati Teresa Raquin (1985), Silvia è sola (1988) La signora Morlì, una e due (1991), Un posto freddo in fondo al cuore (1992) e infine in quella che è la sua ultima interpretazione televisiva, A rischio d’amore del 1996
Il teatro d’ora in poi sarà tutta la sua vita; sarà Lisistrata ed Elettra, affrontando quindi personaggi classici in opere di Goldoni, di Shaw e Pirandello, così come ridurrà per il teatro il grande successo letterario di Va dove ti porta il cuore.
Oggi Marina Malfatti ha superato la settantina, ma continua ad avere quel fascino magnetico che l’ha sempre caratterizzata.

Marina Malfatti In fondo alla piscina 1

 In fondo alla piscina (La ultima senora Anderson)

Continua a lavorare in teatro, una delle sue ultime cose è Le sorelle Materazzi, riduzione teatrale dall’opera di Palazzeschi che ha avuto anche un grande successo in tv nel 1972 nello sceneggiato interpretato da due grandi attrici come Rina Morelli e Ave Ninchi.
Elegante, aristocratica nella sua bellezza, bravissima.
Sono aggettivi che ben si coniugano con la personalità e la fisicità di questa attrice toscana che ha attraversato con grazia gli ultimi cinquant’anni della storia cinematografica, teatrale e televisiva del nostro paese.

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Marina Malfatti Un fiocco nero per Deborah 2

Un fiocco nero per Deborah

Marina Malfatti Il venditore di palloncini
Il venditore di palloncini

Marina Malfatti Il ritorno di Clint il solitario
Il ritorno di Clint il solitario

Marina Malfatti Il prato macchiato di rosso 2
Il prato macchiato di rosso

Marina Malfatti In fondo alla piscina 2

In fondo alla piscina

Marina Malfatti  Più tardi Claire, più tardi...

Più tardi Claire più tardi

Marina Malfatti  Una pistola per cento croci

Una pistola per cento croci

Marina Malfatti banner filmografia

1996 A rischio d’amore (TV )
1992 Un posto freddo in fondo al cuore (TV )
1991 La signora Morlì, una e due (TV )
1988 Silvia è sola (TV )
1985 Teresa Raquin (TV mini-series)
1981 Anna Kuliscioff (TV mini-serie)
1979 Racconti di fantascienza (TV )
1978 Il prigioniero (TV )
1977 Il Fauno di marmo (TV mini-serie)
1977 L’ultimo aereo per Venezia (TV mini-serie)
1976 Per amore o per forza
1976 Lezioni di violoncello con toccata e fuga
1974 Malombra (TV )
1974 Un fiocco nero per Deborah
1974 Il venditore di palloncini
1973 Il figlio di Zorro
1973 Il prato macchiato di rosso
1973 Il clan del quartiere latino
1972-1973 Alexander Zwo (TV )
1973 La notte dell’ultimo giorno
1972 Il ritorno di Clint il solitario
1972 La dama rossa uccide sette volte
1972 Il decameron No. 3 – Le più belle donne del Boccaccio
1972 Tutti i colori del buio
1972 Sette orchidee macciate di sangue
1972 Testa in giù, gambe in aria
1971 Black Killer
1971 La notte che Evelyn uscì dalla tomba
1971 Una pistola per cento croci!
1971 In fondo alla piscina
1971 Doppio gioco (TV)
1971 Era Sam Wallash… lo chiamavano ‘Così Sia’
1969 I dannati della terra
1969 Dal tuo al mio (TV )
1968 Sherlock Holmes (TV mini-series)
1968 Più tardi Claire, più tardi…
1967 C’era una volta…
1967 Pronto… c’è una certa Giuliana per te
1966 Le inchieste del commissario Maigret (TV series)
1966 Io, io, io… e gli altri
1965 Una bella grinta
1963 I fuorilegge del matrimonio
1962 Un uomo da bruciare
1960 Une fille pour l’été
1959 Le cameriere

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Marina Malfatti Tv MalombraNello sceneggiato tv Malombra

Marina Malfatti Tv Maigret

Nel celebre Maigret elevisivo

Marina Malfatti Tv Va dove ti porta il cuoreLa Malfatti nella recente pieces teatrale Va dove ti porta il cuore

Marina Malfatti Tv Gallina vecchiaNel lavoro teatrale Gallina vecchia

Marina Malfatti Tv Anna Kuliscioff
Anna Kuliscioff

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Marina Malfatti La locandina di PirandelloLa locandina di Pirandello

Marina Malfatti Tv Le sorelle Materazzi

Marina Malfatti e Simona Marchini in Le sorelle Materazzi

Marina Malfatti Tv con Ivana Monti

Marina Malfatti e Ivana Monti

aprile 16, 2011 Posted by | Biografie | | 3 commenti

Vieni avanti cretino

Vieni avanti cretino locandina

Per una volta posso tralasciare la consueta introduzione con la trama del film, perchè Vieni avanti cretino, film del 1982 diretto da Luciano Salce è costruito con criteri tipici dell’avanspettacolo, ovvero con una sequenza di sketch slegati fra loro, uniti da un’esilissima trama.
Che vede protagonista Pasquale Baudaffi, appena uscito di galera, che viene aiutato da suo cugino Gaetano a reinserirsi nella società; l’uomo cerca di trovargli un lavoro, e Pasquale da quel momento vivrà una esilarante odissea fatta di equivoci e malintesi attraverso situazioni grottesche e paradossali.

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La gag ambientata nel garage, protagonista Michela Miti

Pasquale infatti dapprima finirà in uno studio dentistico (è appena uscito di galera e sente impellente il bisogno di una donna) scambiandolo per un bordello, poi davanti ad una inflessibile esaminatrice che lo boccerà all’esame da guardacaccia, poi come improbabile garagista al quale vengono sottratte tutte le auto da custodire, per finire poi come cameriere e apprendista “custode” e controllore di quadri elettrici.
Il film è costruito e cucito addosso a Lino Banfi, qui alle prese con un ruolo da assoluto protagonista per una volta tanto privo di copione e lasciato libero di caratterizzare il personaggio (in realtà quasi inesistente) di Pasquale, autentica macchietta e caricatura del passaguai ad oltranza.

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Nella foto, a destra, Moana Pozzi

Tutto quindi si snoda attraverso scenette tipiche dell’avanspettacolo, con equivoci e battute qualche volta volgarotte o con situazioni ai limiti dell’assurdo come la deliziosa sequenza (patrimonio proprio dell’avanspettacolo) che si svolge all’interno dello studio dentistico.

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Il comico colloquio per diventare guardacaccia

Il surreale dialogo tra Pasquale e un cliente dello studio, un ingegnere capitato lì per estrarre un dente si svolge in un clima esilarante, aiutato anche dalla mimica di Gigi Reder che proprio con Salce trovò la sua affermazione grazie al ruolo del ragionier Filini in Fantozzi.
Gustoso anche lo sketch in cui Pasquale viene letteralmente preso a ceffoni da Don Peppino, un sacerdote in trasferta con i suoi parrocchiani che lo riconosce come suo concittadino, così come gradevole è la gag nel garage, protagonista una splendida Michela Miti che vorrebbe concedersi a Pasquale ma viene fermata dai suoi gelosissimi fratelli.

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Lo sketch dell’equivoco Studio dentistico- casa d’appuntamento (a destra Ramona Dell’Abate)

Luciano Salce, che veniva da due anni di fermo dopo l’incerto Rag. Arturo De Fanti, bancario precario (1980), protagonista un Paolo Villaggio spaesato, riprende dopo 12 anni il discorso interrotto con Basta guardarla, splendido affresco sul mondo dell’avanspettacolo intriso di ironia ma anche di malinconia, usando questa volta l’arma della comicità per omaggiare un mondo ormai completamente lasciato ai margini dello spettacolo stesso.
Lo fa però usando ritmo e puntando sopratutto su un Lino Banfi che si era fatto le ossa negli anni settanta attraverso la commedia sexy, anche se con risultati discontinui.

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I due cugini Pasquale e Gaetano, interpretati da Lino Banfi e Franco Bracardi

Paradossalmente però è proprio grazie a questo film (che viene dopo l’ottimo Fracchia la belva umana) che Banfi mostra appieno tutto il suo talento; finiti i fasti della commedia sexy, l’attore pugliese può finalmente dedicarsi a ruoli comici di ben altro spessore di quelli interpretati fino ad allora.
Così Banfi è libero di imperversare nel film con la sua carica di simpatia che diventa sempre più forte con lo scorrere del film: che sia il cameriere costretto a portare una marea di caffè ad una cliente o che sia il sostituto del tenore costretto a improvvisare un recital in dialetto pugliese, Banfi fa il suo caratterizzando un personaggio tra i migliori della sua lunghissima carriera.

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Il sosia di Benigni e Adriana Russo

Aiutato anche dall’inappuntabile presenza di numerosi caratteristi all’altezza del loro compito come Franco Bracardi (il cugino Gaetano, protagonista del formidabile sketch del ristorante),del citato Reder e della Miti oltre che da piccole partecipazioni di Ramona Dell’Abate, Moana Pozzi, Adriana Russo.
Un film che riesce a divertire, tenendo conto che siamo nei primi anni ottanta, quindi nel pieno della crisi cinematografica che non fu soltanto di incassi, ma anche di idee; qui di idea vincente c’è quella di salce di uscire dallo schema del film basato su una trama per divertire semplicemente con le gag che si usavano negli anni sessanta.

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Il finale del film, Lino Banfi è con Luciano Salce che interpreta se stesso

Vieni avanti cretino, un film di Luciano Salce. Con Lino Banfi, Franco Bracardi, Moana Pozzi, Michela Miti, Mimmo Poli,Luciano Salce, Gigi Reder, Dada Gallotti, Ennio Antonelli, Paolo Paoloni, Luciana Turina, Alfonso Tomas, Giuseppe Spezia, Annabella Schiavone, Nello Pazzafini, Roberto Della Casa, Jimmy il Fenomeno, Dino Cassio, Pietro Zardini, Giulio Massimini, Anita Bartolucci, Ramona Dell’Abate, Mireno Scali, Danila Trebbi, Francesca Viscardi, Adriana Russo
Commedia, durata 98 min. – Italia 1982.

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Vieni avanti cretino banner personaggi

Lino Banfi: Pasquale Baudaffi
Michela Miti: Carmela
Franco Bracardi: Gaetano Baudaffi
Anita Bartolucci: Marisa
Ramona Dell’Abate: Assistente dentista
Gigi Reder: Ingegnere
Jimmy il fenomeno: Raffaele
Dino Cassio: Don Peppino, il Prete Pugliese
Moana Pozzi: Accompagnatrice
Nello Pazzafini: Gargiulo
Adriana Russo: Ragazza al bar
Mireno Scali: Ragazzo al bar
Luciano Salce: se stesso
Alfonso Tomas: Dr. Tomas
Roberto Della Casa: Marito geloso
Paolo Paoloni: Direttore
Giulio Massimini: Cardinale
Pietro Zardini: Radames
Annabella Schiavone:esaminatrice
Luciana Turina:padrona del barboncino

Vieni avanti cretino banner cast

Regia     Luciano Salce
Soggetto     Franco Bucceri, Roberto Leoni, Lino Banfi
Sceneggiatura     Franco Bucceri, Roberto Leoni, Lino Banfi
Produttore     Giovanni Bertolucci, Aldo U. Passalacqua
Fotografia     Erico Menczer
Montaggio     Antonio Siciliano
Musiche     Fabio Frizzi

Le recensioni qui sotto appartengono al sito http://www.davinotti.com

TUTTI I DIRITTI RISERVATI

 

Più che un film con trama, tante scenette d’avanspettacolo (quella del dentista è vecchia di decenni) cucite insieme da un’esilissimo intreccio (Banfi che cerca lavoro). Il livello, va da sé, è quanto di più disuguale si possa immaginare. Resta, indelebile, il nostro che entra in azienda scortato dalla Pozzi e dalla Viscardi, le quali lo affidano al più indimenticabile degli Alfredo Thomas visti al cinema, il quale viene premiato dalla nostra soddisfazione. Fosse stato sempre così divertente, il film sarebbe stato un rozzo capolavoro.

Vero e proprio cult movie della commedia italiana di genere, è diretto da un buon regista come Luciano Salce (al quale si devono i primi grandissimi Fantozzi) e rappresenta la consacrazione cinematografica di Lino Banfi. Il comico pugliese è il grande mattatore della pellicola, che non possiede una vera e propria trama (e tantomeno una sceneggiatura), ma è piuttosto la raccolta di una serie di gag spesso irresistibili, raramente più fiacche.

Una comicità ricca di trovate e gag esilaranti, che meglio mettono in rilievo la corposità (e al tempo stesso la parlata) di un Lino Banfi qua al meglio del suo lato “cabarettistico”. Affiancato da nomi di certo interesse (su tutti l’indimenticabile Gigi Reder/Filini), circondato da bambole di una bellezza ammaliante (Michela Miti e Moana Pozzi), diretto da un regista burlone ma intelligente, Banfi propone qua una delle sue migliori performance. Da non dimenticare il nervoso e “sclerato” Alfonso Tomas che offre un contributo non “marginale”.

Uno dei Banfi più divertenti. Quasi senza trama, con una -inutile- cornice metacinematografica che apre e chiude il film, passa da una scenetta alla seguente in un crescendo di risate. Da Filomenha al dottor Tomas, dalla Miti nudissima che fa ingrifare Banfi al Gargiulo di Pazzafini, dall’uranismo alla scena dal dentista con un grande Gigi Reder, le sequenze memorabili sono davvero troppe. Misteriosamente, non è mai uscito in vhs in Italia: per fortuna da qualche anno c’è il dvd Federal Video.

Non una pellicola dalla trama lineare ma un collage di scenette più o meno divertenti che vedono come protagonista assoluto Banfi che tiene in piedi la baracca grazie anche all’aiuto di alcuni bravi comprimari. Non tutto è di primo pelo, non tutto funziona bene ma fa il suo sporco lavoro riuscendo a strappare molte risate allo spettatore.

Uno dei migliori film di Banfi (inferiore solo a Spaghetti a mezzanotte). Una trama esilissima lega insieme una serie di scenette divertentissime, condite con la piacevolissima colonna sonora di Fabio Frizzi. Banfi è scatenato, ma anche gli altri attori, tra cui i simpaticissimi Franco Bracardi e Alfonso Tomas, sono bravissimi. Negli ultimi minuti si ha una leggera caduta di tono, ma il resto del film è eccezionale, anche se con una storia più elaborata poteva diventare un capolavoro.
Mediocre ma divertente a tratti, con tentativi di metalinguaggio abbastanza patetici. Banfi è in forma anche se come sempre limitato ma riesce a far ridere; o meglio fan ridere le situazioni attorno a Banfi, tipo il buon Reder, in una gag vecchissima o l’immortale Thomas coi suoi tic. Lo so è una comicità da deficienti scherzare sui tic, è troppo facile, ma io sto ancora ridendoci sopra dal 1982!! Il sedere della magnifica immortale Moana è in bella evidenza.

Una delle ultime interpretazioni memorabili di Banfi; e che interpretazione! Il comico dà libero sfogo all’improvvisazione, ma anche alla sua esperienza nel mondo del cabaret da cui è partito. Il sagace Salce, reduce dai bellissimi film con Villaggio, trova in Banfi l’interprete perfetto per la sua comicità surreale e dissacrante, inserendo anche qualche scorcio metacinematografico per nulla disprezzabile. Le gag sono eccezionali, da scompisciarsi, grazie anche a spalle di primordine come Reder, Bracardi e Tomas. Divertentissimo!

Lino Banfi superstar in questo gustoso omaggio all’avanspettacolo. E’ sin troppo ovvio che Vieni avanti cretino sta a Banfi come Totò a colori sta a Totò. Nulla più che una raccolta di gustose scenette d’avanspettacolo legate assieme pretestuosamente. Benché sia divertentissimo e faccia sganasciare dalle risate, alla lunga stanca e si fatica ad arrivare a fine visione. Molto meglio se gustato un po’ per volta, scena per scena. Salce confeziona il tutto egregiamente, sfogando anche la sua vena cinefila.

Favoloso! Uno dei più riusciti film comici di Salce con un Lino Banfi in ottima forma, accompagnato da un ottimo Bracardi. Le gag sono una migliore dell’altra (forse quella del dentista è un po’ deboluccia), in particolare la scena con Michela Miti, quella dei caffè al bar (“me chiamo Salvatore Gargiulo… se sbagli la comanda io ti rompo il…”) e soprattutto la scena con Alfonso Tomas.

Siamo, di solito, abituati a vedere Lino Banfi fare parti da “carnefice”, nelle commedie anni ’70/80, ma qui è “vittima” d’esilaranti gag a non finire, che il regista, Luciano Salce, dirige con la sua abituale ironia. E noi si ride, pensando a quell’Italia più semplice dei primi anni ’80, rappresentata in questo film. Oltre all’ottimo Banfi, sono da applausi anche gli altri attori che vi compaiono. La trama non è poi importante, sono le gag che danno un senso alla pellicola. All’epoca, Nonno Libero era molto lontano (per fortuna, direi). Da tre.

Luciano Salce è il primo che vede in Lino Banfi le qualità per il grande salto e gli consegna tra le mani un canovaccio narrativo deboluccio; ma Banfi tira fuori dal cilindro un’interpretazione memorabile, una prova maestosa che lo consacra re indiscusso della “commedia all’italiana” grazie a trovate geniali, improvvisazioni perfette e un ritmo che, seppur con qualche caduta di tono e stile, risulta essere piacevole anche a molti anni di distanza dall’uscita. Indimenticabile la “cancion anglo-iberico-pugliese” Filomeña. Cult assoluto.

Uno dei migliori Banfi in una commedia che, per quanto non abbia spunti né pretese di capolavoro, fa divertire e ridere di gusto. Certo, alcune situazioni sono vecchie come il cucco (Tomas ha fatto una carriera con i suoi tic), ma vederle fa morire. Gli episodi, eccezion fatta per quello con il direttore anti-gay, che non mi impazzire, sono ottimi. Rimane ben impresso quello al bar con il sosia di Benigni e la bella ragazza dagli aulici pensieri… Assolutamente imperdibile.

Discreto, ma non uno dei migliori interpretati da Banfi. Salvo le scene più famose (tipo quella dell’incontro con il prete, quelle con il barista Gargiulo, al dentista, Filomena e l’incontro tra Banfi e un ispirato Thomas), vi è poco altro da segnalare. Più di Banfi meglio i comprimari, tra cui un divertito Reder. Così così la regia di Salce. Comunque, nel genere si è visto di peggio.
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Il film in cui Lino Banfi dà il meglio di sé e spreme al massimo le sue grandi doti da caratterista. Impossibile non ridere nemmeno dopo averlo visto tantissime volte. La gag che amo di più è quella con Gigi Reder, ma non è da meno quella finale con Alfonso Tomas in un ruolo decisamente celebre. Assolutamente cult la canzone di flamenco pugliese. Carico anche di molte comparse tra cui Adriana Russo e Jimmy il fenomeno. Film obbligatorio per chiunque ami la commedia italiana anni ’70-’80.

Un Banfi memorabile in una pellicola che esalta le sue doti comiche “gestuali”, oltre che quelle canoniche relative all’uso del suo pugliese “storpiante”. Si ride di gusto per tutto l’arco del film ma l’episodio del laboratorio in cui Thomas (il dottor Thomas!!!) assume lo zio Lino per un lavoro “semplice” ha qualcosa di superbo, in un’iperbole di comicità che nulla ha da invidiare ai grandi comici del passato.

Mi ha fatto ridere, ma Banfi mi piace nella commedia sexy, mentre questa è una serie di straviste scenette da avanspettacolo, alle quali l’attore dà smalto, con la sua energia, con la sua mimica, col suo linguaggio (anche corporeo). Riesce a rinfrescare anche la gag – vecchissima – del pranzo in trattoria “inventato”, e rende quasi chapliniano l’episodio della telescrivente. Ma si sente la mancanza di una vera trama, poi credo che Banfi dia il meglio interagendo con belle donne: qui lo fa solo, brevemente e noiosamente, con la Miti. Così così.

In questo film si può apprezzare in tutta la sua verve comica il grandissimo Lino Banfi. La ricerca di un lavoro dopo il carcere porta il nostro amato protagonista a una girandola di situazioni che lo portano a incontrare personaggi bizzarri e strampalati. Ogni mini-scenetta è divertentissima e, tra un equivoco e l’altro, le risate si sprecano.

Indubbiamente una raccolta delle migliori di tutte le possibilità cabarettistiche, meglio dire “da avanspettacolo”, di un Lino Banfi comunque simpatico anche nelle scenette le più scontate. Dove ho riso veramente è stato durante l’esibizione canora di Filomena; non solo perché Banfi è bravissimo, ma per tutta la preparazione, la scenografia e i personaggi di contorno tutti perfetti che fanno da degna cornice all’esibizione stessa. La sceneggiatura è poco più che dilettantistica, come pure il finale auto-assolutorio.
I
Straripante comicità di Banfi & company, con una grandissima regia di Luciano Salce, un vero maestro della commedia all’italiana. Banfi riesce a far passare battute molto d’avanspettacolo per fresche e garbate barzellette da bar. Il corollario di belle attricette (senza offesa, si capisce) è opera di Salce amante del gentil sesso, e si vede. La storia è fatta di tanti piccoli separietti uniti da un solo e unico comun denominatore, la comicità. Bello e buono, imperdibile!

Senza Parole. Un capolavoro della comicità italiana. Banfi in forma paurosa, divertentissimo, attivissimo e immenso! Episodi e gag uno più divertente dell’altro! Da sottolineare la presenza dei grandi Nello Pazzafini, Dino Cassio, Jimmy il Fenomeno, Alfonso Tomas, Gigi Reder. Un cult da vedere, rivedere e rivedere e ridere fino allo svenimento.

Incredibile capolavoro di comicità, ricco di gag ormai entrate nell’immaginario collettivo: il caffè con utopia, l’equivoco dello studio dentistico ex casa d’appuntamenti, gli schiaffi col prete, l’esame ornitologico, Filomenha, i tic nervosi nell’azienda del Dottor Tomas che non è mai in sede… Un Banfi scatenato e a tutto campo che si concede poche volgarità (si nota che alla regia c’è Salce e non Cicero o Tarantini) e diverte tantissimo. Comparsate per Michela Miti e Ramona Dell’Abate e un piccolo cameo di una giovanissima Moana Pozzi.

Salce raccoglie il meglio di Banfi, quello che trapelava dalle pellicole scollacciate (e non) precedenti e imbastisce una trama per far emergere tutto ciò che fino ad allora non era trapelato, ovvero la comicità convincente di un attore completo e non di un caratterista com’era stato giudicato Banfi fino ad allora. Il risultato è una summa banfiana di sketches, alcuni dei quali (i caffè, l’esame ornitologico, il dentista l’azienda elettronica, gli schiaffi) si sono incollati nella memoria collettiva.

Buon esempio di cinema non certo “alto” ma estremamente efficace. Una delle prove più memorabili di Banfi, vero mattatore del film, il quale è legato insieme da una trama che più semplice non si può. Ma la sapiente mano di Salce sa come valorizzare la comicità debordante dell’attore, inanellando una gag dietro l’altra (quasi tutte entrate nella hall of fame, trash se vogliamo, della commedia nostrana); cosparge il film di qualche dotta citazione cinefila e soprattutto circonda Banfi di gustosissime spalle. Strumento di risata perpetua.

Imposto a ritmo di svariati passaggi televisivi, assorto a livello di cult quando invece non è proprio il miglior film di Banfi. Michela Miti non è certo a livello di Bouchet o Fenech e il suo episodio è proprio banalotto. Altri episodi si basano su doppi sensi e equivoci e comunque Banfi è più imbranato del solito, quasi fantozziano (non a caso la regia è di Salce). Per ridere abbastanza dobbiamo aspettare l’ultima parte… con un grande Alfonso Tomas. Però meglio i film di Cicero, Martino, Laurenti e Tarantini… anche se non si chiamano Salce!

Grande cult con un Banfi al top della forma, aiutato da un ottimo cast, in questo lavoro di Salce (che non si fa mancare la denuncia sociale); rimane memorabile per i suoi sketch con Dino Cassio, Tomas, Bracardi e soprattutto in quello indimenticabile con il grande Gigi Reder! Qui si tocca l’apice della comicità, confezionando gag memorabili piene di equivoci e doppi sensi; è uno di quei pochi film in cui si ride sempre, dall’inizio alla fine, grazie ad un Lino goffo e disgrazieto, che grazie alla sua ingenuità si rende spassosissimo! Mitico!

Avanspettacolo travestito da cinema. Tutte le sequenze sono rielaborazioni di scenette vecchie di decenni, che anche le più scalcinate compagnie hanno messo in scena almeno una volta. Ma qui c’è Banfi, che quel mondo ha vissuto e amato: la sua è una prestazione di cuore e il pubblico lo recepisce. Anche le spalle (Cassio, Tomas, Reder) vengono dal varietà e gli reggono il gioco magnificamente. Salce dirige con passione e gusto, ma il film risulta ripetitivo e alla lunga rischia di annoiare.

Semplicemente MEMORABILE!!! E infatti chi non lo conosce a memoria? Banfi è travolgente e una risata… la strappa a tutti. Si consiglia di rivederlo al calduccio della guardiola del portiere (preferibilmente uranista) sorseggiando un caffè con humour, perché la soddisfazione dello spettatore è il nostro maggior premio…. piripiripiahiahi!!! Ha parleto alendelon!


aprile 14, 2011 Posted by | Commedia | , , , , , , , | Lascia un commento

La supplente

La supplente locandina

Solito liceo romano, solito galletto della classe che si spupazza due liceali prima di perdere completamente la testa per la bella e fascinosa Loredana Cataluzzi, insegnante supplente di scienze nominata in loco della titolare della cattedra Teresa Scifuni, considerata dai ragazzi una menagramo di prim’ordine.
Il cambio si rende necessario per la dipartita della Sciguni; così i ragazzi, senza alcun rimpianto accettano ben volentieri la nuova arrivata.
Il povero galletto, un giovinastro di nome Stefano, cerca in tutti i modi di sedurre Loredana, che viceversa lo canzona non alimentando le sue speranze.

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Carmen Villani è Loredana Cataluzzi, la supplente

Loredana invece accetta la corte di Cazzaniga, l’insegnante di educazione fisica un tantino spaccone.
Ma il giovane Stefano riesce a mandare a monte i tentativi di “accoppiamento” dei due, chiudendo il docente nei gabinetti di un cinema o facndo suonare l’allarme della sua auto mentre sta consumando finalmente l’atto carnale.
Stefano avrà modo di rifarsi quando corteggerà la bella sorella di Loredana, Sonia, grazie ad un equivoco che si rivelerà prezioso.
A quel punto Loredana, punta nell’amor proprio e vedendosi trascurata, concederà le sue grazie a Stefano.
Nonostante questo verrà rimandato in scienze, oltre che in educazione fisica dal risentito cazzaniga.
Loredana, Sonia e Stefano passeranno così le vacanze in montagna, dove il giovane avrà modo di studiare scienze, anatomia (grazie a Sonia) ed educazione fisica impartita da un bellimbusto muscoloso che servirà anche da passatempo alla volubile Loredana.

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Dayle Haddon è Sonia, la sorella di Loredana

Trama decisamente esile al servizio della bellissima e fascinosa Carmen Villani, ormai a tutti gli effetti ex cantante e attrice di film sexy, questa del film La supplente; un film appartenente al genere studentesco, che vanta anche una sfilza di titoli molto simili come La liceale, L’insegnante va in collegio ecc.
La variazione questa volta è solo nell’attrice protagonista, la già citata Villani; gran corpo, seno prosperoso anche se non over size, la Carmen è simpatica e bella.
Null’altro.
Probabilmente inserita in film dal contesto diverso avrebbe avuto un’altra carriera cinematografica, ma evidentemente i registi, come questo Guido Leoni che la dirige nel 1975 in lei vedevano solo il prototipo della vamp e le affidavano unicamente ruoli sexy.

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A sinistra si riconosce Ilona Staller

Con le premesse di una sceneggiatura ridotta all’osso e la partecipazione del solo Aldo Giuffrè a tenere alto il livello recitativo, La supplente si segnala solo per qualche scena ardita come quella in cui Stefano si spupazza le due liceali (una delle due è la celebre Ilona Staller alias Cicciolina) e per la fresca bellezza dell’altra attrice protagonista, Dayle Haddon.
Eligio Zamara, che interpreta il focoso Stefano fa il minimo richiesto, anche se va detto che si comprta meglio di altri attori “liceali” comparsi in seguito in altri film; il regista, Guido Leoni ( che nella sua carriera dirigerà 14 film, tra i quali Oh mia bella matrigna e Le seminariste) bada semplicemente a mostrare il meglio della Villani e delle altre ragazze del cast.
La Staller compare per poche sequenze, ovviamente nuda, mentre c’è un piccolo spazio per Gisela Hahn.

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Un film non particolarmente interessante, ma nemmeno da gettare in toto; da segnalare anche la colonna sonora, opera del grande Renato Rascel.
Qualche sprazzo di comicità salva il tutto da un naufragio annunciato già dal titolo; questo tipo di pellicole aveva, a metà anni settanta, un pubblico molto limitato.
Il film ebbe un sequel almeno nel titolo, La supplente va in città (1979) con protagonista sempre la Villani nel ruolo di Rubina per la regia di Vittorio De Sisti.

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La supplente,un film di Guido Leoni. Con Carmen Villani, Carlo Giuffrè, Dayle Haddon, Eligio Zamara, Ilona Staller, Giacomo Furia, Gastone Pescucci, Gisela Hahn, Gloria Piedimonte
Erotico, durata 95 min. – Italia 1975.

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Carmen Villani     …     Loredana Cataluzzi
Eligio Zamara          …     Stefano Baldesi
Carlo Giuffrè          …     Prof.Cazzaniga
Dayle Haddon         …     Sonia
Alvaro Brunetti         …     Sergio

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Regia: Guido Leoni
Sceneggiatura: Guido Leoni
Musiche: Renato rascel
Editing: Angelo Curi

aprile 12, 2011 Posted by | Erotico | , , , , | Lascia un commento

La donna della domenica

La donna della domenica locandina

Torino.
E’ una caldissima giornata estiva e la città è quasi deserta.
In un appartamento cittadino si compie un dramma: l’architetto Garrone, un viscido e traffichino frequentatore dei margini della società bene torinese viene ucciso brutalmente.
L’arma del delitto è quantomeno inusuale.
All’architetto infatti è stato sfondato il cranio con un pesante fallo di pietra.
A dirigere le indagini viene chiamato il romano Santamaria che da subito si rende conto di ritrovarsi tra le mani una brutta gatta da pelare.
L’uomo infatti frequentava il salotto buono della città, in particolare quello dei coniugi Dosio che lo disprezzavano apertamente.
L’esclusivo gruppo lo tollerava pur ritenendolo un uomo gretto e meschino;sopratutto Anna Carla Dosio, l’annoiata moglie dell’industriale Dosio era in prima linea tra i detrattori del losco architetto.

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Marcello Mastroianni (Santamaria)  e Jean Louis Trintignant (Massimo Campi)

Quando i superiori di Santamaria apprendono i nomi di coloro che sono indagati per il delitto, iniziano a premere sull’inquirente per raccomandargli prudenza.
Le indagini iniziano così proprio nella cerchia dei frequentatori del salotto, fra i quali c’è la coppia omosessuale composta da Massimo Campi, erede di una ricchissima e antica famiglia torinese e da Lello Riviera, un giovane timido e riservato che ama Massimo profondamente.

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Claudio Gora, il viscido architetto Garrone

L’unica traccia che ha Santamaria è la descrizione sommaria dell’assassino fatta da colui che ha scoperto il cadavere, il geometra Bauchiero, che descrive la presenza sul luogo del delitto di una donna bionda che indossava un impermeabile, che aveva con se una borsa sportiva arancione e nelle mani un tubo porta disegni.
Muovendosi con circospezione in un ambiente che mostra di avere tanti segreti, alcuni dei quali innominabili e sopratutto una morale gretta e meschina tipica di un ambiente esclusivo poco propenso all’apporto esterno di persone considerate socialmente “al di sotto”, Santamaria arriverà alla soluzione dell’enigma trovando l’insospettabile colpevole e sopratutto allacciando una fugace relazione con la bella signora Dosio che alla fine lo pianterà per riprendere la solita oziosa e inutile vita da ricca borghese.

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La bottega dei falli di pietra

Tratto dal bellissimo romanzo di Carlo Fruttero e Franco Lucentini edito nel 1972, La donna della domenica è la quasi fedele trasposizione del romanzo stesso operata da Luigi Comencini nel 1975, con esiti assolutamente felici.
Il grande regista di Salò mette la sua ironia, una volta tanto non pesante in eccesso e sopratutto non colorata di nero al servizio di un’opera cinematografica che si segnala per tutta una serie di peculiarità.
Prima di tutto per la splendida sceneggiatura curata dagli stessi scrittori del romanzo ampliata dalla presenza di due fini sceneggiatori come Age e Scarpelli, poi per la presenza di un cast di grandissimo livello e infine per l’abilità di Comencini di riprendere le atmosfere del romanzo riportandole con grande fedeltà sullo schermo.
Sono cose che contribuiscono in maniera determinante alla credibilità del film stesso, che per lunghi periodi appassiona, diverte, fa riflettere anche se sempre in maniera leggera, così come leggera e la vicenda che seguiamo sullo schermo.

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Pino Caruso ( Commissario De Palma) e Lina Volonghi (Ines Trabusso)

Leggera, si, nonostante il delitto iniziale; prima di tutto per la scelta dell’arma da parte dell’assassino, un fallo di pietra, poi per la mancanza totale dell’elemento sangue.
C’è stato un delitto, è vero, ma la cosa ha poca importanza.
Prima di tutto perchè il defunto è un essere spregevole, uno di quelli che l’umanità non piange di certo poi perchè le vicende dei vari sospettati prendono immediatamente il sopravvento su tutto.
L’ambiente indolente, a tratti vizioso, principalmente afflitto da una morale piccolo borghese ed esclusiva che lo avvolge come una cortina impenetrabile ci suona così antipatico che non parteggiamo per nessuno dei protagonisti.
Forse l’unico a suscitare un piccolo moto di simpatia è l’innamoratissimo Lello, che diverrà poi la seconda vittima della vicenda quando verrà ucciso al mercato del Balun dopo aver capito chi è l’assassino.

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Jacqueline Bisset è Anna Carla

Seguiamo così il buon Santamaria alle prese con i superiori che da un lato lo spingono ad usare la massima circospezione ( un vero e proprio tentativo di insabbiamento, in effetti) e alle prese anche con un movente che all’inizio sembra più passionale che venalmente economico.
Così, dopo una vasta carrellata di tutti i personaggi implicati nella storia, ci ritroviamo immersi in un giallo in cui l’ironia di Comencini fa da musa invisibile.
Splendida la visita di Santamaria e di Anna Carla Dosio alla fabbrica di falli di pietra che si conclude con la distruzione di un bel mucchio degli stessi, destinata al mercato degli stranieri, con Anna Carla tutta eccitata dalla novità rappresentata sia dagli eventi che scuotono il torpore dorato in cui vive, sia dall’attrazione che prova per il bel commissario romano.

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Lello confessa la sua relazione con Massimo

Quando il film si conclude, restiamo con un tantino di amaro in bocca non certo per la delusione nello scoprire le motivazioni del colpevole, quanto perchè sono passate due ore di sano divertimento e vorremmo usufruirne ancora.
Grazie sopratutto a Marcello Mastroianni che disegna splendidamente la figura del cinico ma sorridente Santamaria, uno che affronta la vita come un gioco a cui partecipare con il distacco più grande possibile; merito di una bellissima Jacqueline Bisset che è naturalmente predisposta al ruolo della donna di classe, ricca elegante e bella e sopratutto annoiata dalla sua vita dorata fatta del nulla più totale, ovvero cene, parrucchiere e pettegolezzi.

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A sinistra: Aldo Reggiani (Lello Riviera)

E merito anche del cast variegato di caratteristi e non che affollano la pellicola; a partire da Pino Caruso, il Commissario De Palma anche lui furbo e cinico, per proseguire con la coppia omosessuale Jean Louis Trintignant e Aldo Reggiani (Massimo Campi e Lello Riviera), entrambi credibilissimi nel ruolo degli amanti impossibili.
Claudio Gora è inscindibile dal suo personaggio interpretato, quel Garrone viscido come una lumaca senza guscio, Lina Volonghi si cala perfettamente nel ruolo di Ines Tabusso, la donna che si lamenta del via vai di prostitute che ha sotto casa (memorabile la sequenza della caccia ai frequentatori di lucciole, che produrrà alcune grosse sorprese, non tutte piacevoli)

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La splendida Jacqueline Bisset

Spazio anche a grandi caratteristi come Gigi Ballista, Antonino Faà di Bruno, Omero Antonutti e segnalazione per il visagista delle dive, Gil Cagnè che interpreta se stesso rifacendosi ironicamente il verso.
Insomma, una commedia tinta di giallo, gustosa, fresca e divertente che permette di passare due ore davanti allo schermo in perfetta sintonia con quello che accade sullo schermo, impigrendosi al caldissimo sole di Torino, sorridendo dei tanti vizi che costellano la vita sociale dell’alta borghesia della città stessa.
Sopratutto riconciliandosi con un certo tipo di cinema, quello della commedia, che nella metà degli anni settanta doveva fare i conti da un lato con la triste realtà degli anni di piombo, dall’altro con un cinema in cui la volgarità e il sesso avevano purtroppo largo spazio.
Infine, menzione d’onore per la precisa e puntuale colonna sonora di Ennio Morricone

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Al centro della foto l’indimenticabile Franco Nebbia

La donna della domenica, un film di Luigi Comencini. Con Claudio Gora, Jacqueline Bisset, Jean-Louis Trintignant, Marcello Mastroianni, Aldo Reggiani,Pino Caruso, Gigi Ballista, Tina Lattanzi, Lina Volonghi, Clara Bindi, Giuseppe Anatrelli, Ennio Antonelli, Omero Antonutti, Renato Cecilia, Mauro Vestri, Antonio Orlando, Franco Nebbia
Commedia/Giallo, durata 105 min. – Italia 1975.

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La retata sotto casa della Trabusso

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Le indagini dei due commissari

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La seconda vittima, Lello Riviera

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Gigi Ballista (la location è il mercato Balon di Torino)

La donna della domenica banner protagonisti

Marcello Mastroianni: Commissario Santamaria
Jacqueline Bisset: Anna Carla Dosio
Jean-Louis Trintignant: Massimo Campi
Aldo Reggiani: Lello Riviera
Pino Caruso: Commissario De Palma
Lina Volonghi: Ines Tabusso
Franco Nebbia: Bonetto
Maria Teresa Albani: Virginia Tabusso
Omero Antonutti: Benito
Claudio Gora: l’architetto Garrone
Gigi Ballista: Vollero
Fortunato Cecilia (col nome di Renato Cecilia): Nicosia
Tina Lattanzi: la madre di Massimo
Antonino Faà di Bruno: il padre di Massimo
Gil Cagné: il parrucchiere
Mauro Vestri: ragioner Cerioni:
Giuseppe Anatrelli: commissario
Antonio Orlando: Salvatore
Ennio Antonelli: ceramista Zabataro
Dante Fioretti: ragioner Buccero

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Regia     Luigi Comencini
Soggetto     Fruttero e Lucentini
Sceneggiatura     Fruttero e Lucentini, Agenore Incrocci, Furio Scarpelli
Produttore     Marcello D’Amico
Fotografia     Luciano Tovoli
Montaggio     Antonio Siciliano
Musiche     Ennio Morricone
Scenografia     Mario Ambrosino arredamento di Claudio Cinini
Costumi     Mario Ambrosino

 

La donna della domenica libro
Il romanzo di Fruttero & Lucentini

La donna della domenica locandina sound

Le recensioni qui sotto appartengono al sito http://www.davinotti.com

TUTTI I DIRITTI RISERVATI

Bissetiano. Impossibile non innamorarsi di Jacqueline Bisset, che sposa bellezza ed eleganza in modo splendido. Grandissimo cast, con una Lina Volonghi fantastica, da urlo. Ma tutti sono bravissimi. Ci sono anche, fra i tanti, Gigi Ballista (antiquario disonesto), Antonutti, Anatrelli puttaniere. In picccolo ruoli, ma con una bella battuta, Mauro Vestri e Antonino Faà di Bruno. Non per provare tensione, ma per provare divertimento intelligente. “Deus ex machina” risolutivo un po’ diverso dal libro di Fruttero e Lucentini: già perdonato.

Tratto da un bel romanzo di Fruttero & Lucentini, il film si avvale dell’ottima sceneggiatura di Age & Scarpelli, che rimangono fedeli al romanzo, adattandolo in maniera ottimale ai tempi cinematografici. Ottima la ricostruzione dell’ambiente alto borghese di Torino, rispetto al quale il commissario Santamaria (romano trapiantato in Piemonte) mostra sempre un elegante distacco (Mastroianni appare attore ideale per il ruolo). Buona la caratterizzazione psicologica dei personaggi e cast (non solo il protagonista) all’altezza.

Age & Scarpelli, particolarmente attivi con Totò, imbastiscono una sceneggiatura dalle sfumature grottesche (quasi da commedia), ma che poi approdano – con millimetrica precisione – al giallo. Ottima la regia di Comencini, che riesce a valorizzare un cast significativo, partecipe e coinvolto con professionalità nella realizzazione del film. Titolo memorabile, per via d’un “modus operandi” del killer che sembra avere influenzato future produzioni (ora mi sovvengono solo L’Osceno Desiderio e La Sorella di Ursula).

Era inevitabile perdere per strada molte delle finezze del classico romanzo di Fruttero & Lucentini (basti per tutte l’inestinguibile cruccio dell’americanista Bonetto per lo sprezzante “taluno” sparato da un conferenziere rivale… ), ma un film è un film, e questo è buono. Mastroianni è un credibile Santamaria, la Bisset una dea, notevolissimo il cast secondario, col miglior ruolo al cinema della Volonghi. Forse stecca il solo Trintignant, non sempre vispo. Buono.

Discreta riduzione cinematografica del bel romazno giallo di Fruttero e Lucentini. Il ritmo non è certo vertiginoso (come d’altronde nel libro) eppure riesce ad essere abbastanza intrigante e coinvolgente. Peccato che la regia di Comencini sia un po’ troppo piatta. Buone invece le interpretazioni degli attori.

Chi ha ucciso il traffichino Garrone? Nei primi 10 minuti il film ci presenta tutti i sospettati, per poi riunirli tutti sul luogo del secondo omicidio. Bella gente, impiegati comunali, galleristi truffaldini, tutti indagati da Mastroianni, scettico e sornione, e da Pino Caruso, esuberante e perennemente sopra le righe. Da un famoso romanzo, Comencini mette in scena una Torino non molto filmata dal nostro cinema, con un cast di stelle e caratteristi doc. Il meccanismo giallo non è granché (un po’ alla Ellery Queen), ma il film si vede con piacere.

Discreta pellicola in bilico tra giallo e commedia. Registicamente il film non fa una piega, la fotografia è notevole e le musiche di Morricone sono un po’ sottotono ma comunque ben arrangiate e sempre piazzate al posto giusto. Molto lenta la sceneggiatura, soprattutto nella prima parte, anche se il coinvolgimento cresce lentamente per poi diventare molto elevato nell’ultima mezz’ora. Ottimo cast, con un perfetto trio di protagonisti e soprattutto pieno di gustosissime apparizioni in ruoli secondari.

Partendo dall’ottimo giallo di Fruttero & Lucentini, Comencini confeziona una discreta trasposizione che però si concede troppe libertà. Rispetto al testo la storia viene un po’ troppo semplificata e snellita, a discapito di alcuni personaggi fondamentali. Da ricordare soprattutto per il sempre bravo Mastroianni che dona al suo commissario Santamaria un buono spessore e l’ironia giusta.

Bella prova corale, equilibrio tra regia ferma e attori di gran livello che sanno condividere tra loro la scena e soprattutto alla base un gran bel romanzo. Un testo importante, ben scritto, dove in fondo l’ambientazione, l’atmosfera e lo sviluppo dei caratteri dei personaggi prevale sull’intreccio in senso stretto. Un’affascinante Torino, per certi versi sempre un po’ segreta e secretata al grande pubblico. Tre pallini.

Un giallo impeccabile, con un’ottima ricostruzione, ottimi personaggi e una trama solo apparentemente nella norma, ma che diventa incalzante pian piano che si dipana la matassa della brillante sceneggiatura su cui la pellicola si basa. Una Torino inedita e un film che brilla ad ogni fotogramma, musicato da una soundtrack di Morricone semplicemente superba.

Magari l’intellettuale di turno seduto sulla poltrona con la faccia un po’ schifata e il sopracciglio inarcato pensa che dormirà per tutto il film, ma sceneggiatori, regista, musicisti, attori e perfino i costumisti, si meritano un bel “bravo”. Perchè questo è un film dei singoli e anche corale. Immagino che ci sarà voluta una grande fermezza per disciplinare tanti mostri di bravura: un plauso a Comencini, tanto bravo da non sovrapporsi alla storia. La location del Balùn è da menzionare. Mastroianni è il solito grande attore, godibilissima Lina Volonghi.

Pregevole tentativo (imitato poco e male) di “terza via” al giallo italiano, qui epurato dai fremiti pruriginosi del filone lenzian-martiniano (ma se ne mantiene il contesto “vip”) e dalla violenza di quello argentiano. Comencini firma un giallo “maturo”, che coniuga grotteschi personaggi da commedia con il realismo mutuato dal poliziesco di costume. Non è perfetto ma non è nemmeno, come poteva sembrare dalla matrice letteraria, solo un film tutto sceneggiatura e attori: si respira aria di cinema, anche grazie a Tovoli e Morricone.

Da una storia poco intrigante il regista ha realizzato un gran bel film, che si fa guardare molto piacevolmente. Bravi tutti gli attori (in particolare Mastroianni) e bellissime le ambientazioni in una splendida Torino.
I gusti di Dusso

Bel film, cast all stars per la trasposizione cinematografica di uno dei migliori gialli italiani, scritti dalla premiata ditta Fruttero e Lucentini. Ambientazioni stile Anni Settanta molto gustose, protagonista bellissima (una Bisset in gran forma), sceneggiatura tutto sommato all’altezza del libro (e non era certo impresa facile). Claudio Gora si segnala in una delle sue migliori interpretazioni di viscido squallore, Mastroianni rende con la consueta maestria la sorniona nonchalance del Commissario Santamaria.

Da un capolavoro della scrittura non poteva uscire un film scadente. Questo bel giallo, torinese nell’anima, rimane come una delle opere più riuscite degli anni Settanta. Cast di prim’ordine con Mastroianni e Trintignant su tutti, trama complicata e storia appassionante. Con tutto un sostanzioso contorno di personaggi genuinamente macchiettistici e coloriture regionali che danno vita ad un’ambientazione molto definita: è il maggior pregio del film. Grande fotografia dell’Italia che fu: vicina a noi ma irrimediabilmente perduta.

Questa è una di quelle pellicole in cui attori come Mastroianni, magari in cerca di riposo da pellicole più impegnate, avrebbero potuto limitarsi a seguire il copione senza particolari sforzi interpretativi, considerate le intenzioni modeste del film. Invece, guarda caso, il film e l’attore in questione si rivelano essere molto al di sopra di qualunque aspettativa; la trama ha uno sviluppo apparentemente lento, poi progressivamente si infittisce, fino alla scoperta finale dell’assassino; ma prima di questa c’è sempre tempo per gustare i piccoli spunti di comicità che Comencini ha disseminato.


aprile 9, 2011 Posted by | Commedia | , , , , , , , , , , , , , | 4 commenti