Classifica al botteghino 1973
1) Altrimenti ci arrabbiamo
Un film di Marcello Fondato con Bud Spencer, Terence Hill, John Sharp, Patty Shepard.
Giudizio:
2) La stangata
Un film di George Roy Hill con Paul Newman, Robert Redford, Robert Shaw, Charles Durning, Ray Walston, Eileen Brennan
Giudizio:
3) Peccato veniale
Un film di Salvatore Samperi. con Laura Antonelli Alessandro Momo, Orazio Orlando, Fred Bongusto, Monica Guerritore, Lino Banfi
Giudizio:
4) Papillon
Un film di Franklin J. Schaffner con Steve McQueen, Dustin Hoffman, Victor Jory, Don Gordon, Anthony Zerbe, Robert Deman
Giudizio:
5) Il mio nome è nessuno
Un film di Tonino Valeri,con Terence Hill, Henry Fonda, Jean Martin, Piero Lulli, Mario Brega, R.G. Armstrong
Giudizio:
6) Sesso matto
Un film di Dino Risi con Laura Antonelli, Giancarlo Giannini, Paola Borboni
Giudizio:
7) Paolo il caldo
Un film di Marco Vicario con Giancarlo Giannini, Rossana Podestà, Gastone Moschin, Marianne Comtell, Ornella Muti
Giudizio:
8 ) Amarcord
Un film di Federico Fellini – Magali Noel; Bruno Zanin; Pupella Maggio
Giudizio:
9) Il portiere di notte
Un film di Liliana Cavani con Charlotte Rampling, Dirk Bogarde, Philippe Leroy, Gabriele Ferzetti
Giudizio:
10) Piedone lo sbirro
Un film di Steno con Bud Spencer, Adalberto Maria Merli, Raymond Pellegrin, Juliette Mayniel
Giudizio:
Altri film dopo la decima posizione:
11) Pane e cioccolata di Franco Brusati
con Anna Karina, Nino Manfredi, Ugo D’Alessio, Paolo Turco
Giudizio:
12) Zanna Bianca di Lucio Fulci
con Franco Nero, Virna Lisi, Fernando Rey, John Steiner, Daniel Martin
Giudizio:
13) Jesus Christ Superstar di Norman Jewison
con Barry Dennen, Yvonne Elliman, Ted Neeley, Joshua Mostel, Carl Anderson
Giudizio:
14) Serpico di Sidney Lumet
con Al Pacino, John Randolph, Jack Kehoe, Biff McGuire, Barbara Eda-Young, Cornelia Sharpe
Giudizio:
15) Un tocco di classe di Melvin Frank
con George Segal, Glenda Jackson, Paul Sorvino, K Callan, Cec Linder, Michael Elwyn
Giudizio:
16) Polvere di stelle di Alberto Sordi
con Alberto Sordi,Monica Vitti; Wanda Osiris; Carlo Dapporto; Alvaro Vitali
Giudizio:
17) L’ultima neve di Primavera di Raimondo Del Balzo
con Nino Segurini, Renato Cestié, Agostina Belli, Bekim Fehmiu
Giudizio:
18 ) I guappi di Pasquale Squitieri
con Fabio Testi, Claudia Cardinale
Giudizio:
19) Teresa la ladra di Carlo Di Palma
con Monica Vitti; Stefano Satta Flores; Isa Danieli; Fiorenzo Fiorentini; Carlo Delle Piane; Michele Placido
Giudizio:
20) Per amore di Ofelia di Flavio Mogherini
con Renato Pozzetto ,Françoise Fabian ,Giovanna Ralli,Alberto De Mendoza ,Didi Perego,Maurizio Arena
Giudizio:
Amici miei Atto II
Abbiamo lasciato il gruppo scanzonato e dissacrante di amici alle prese con il funerale del Perozzi e con l’ultima atroce beffa perpetrata ai danni del pensionato. Monicelli,per riprendere il discorso,affida le vicende all’uso sapiente del flashback,e ci mostra i 5 alle prese con le loro vicende famigliari e con nuove,crudeli ma esilaranti beffe.
C’è il Necchi (questa volta impersonato da Renzo Montagnani) alle prese con la sua perenne gelosia;il Perozzi afflitto come al solito dai suoi problemi,tra i quali un figlio serioso e agli antipodi rispetto al padre; il conte Mascetti,nobile decaduto,che cerca di mantenere la sua dignità,e il Sassaroli,il primario annoiato, alla ricerca della botta di vita,oltre al solito Melandri.
Le beffe sono di quelle che fanno epoca,come quando il gruppo fa sgomberare la torre di Pisa con la scusa che è pericolante,mentre loro con dei cavi invitano la gente a tirare per evitare che la stessa cada;c’è l’espediente del conte Mascetti,che abbaglia giovani attricette con fiori e inviti a cena,che dopo la rituale notte di sesso,si trasformano in una fuga ignominiosa dello stesso,senza pagare i conti. C’è la distruzione del paesino,con i nostri che vanno in piccoli paesini della Toscana,vestiti di tutto punto come ingegneri o tecnici e comunicano alla gente che proprio sul paese dovrà passare l’autostrada,con conseguente abbattimento di case,chiese ed edifici.
E c’è anche spazio per lo humour nero e per la commozione,come nel momento in cui il conte Mascetti,adirato con gli amici,viene colpito da un ictus che lo riduce sulla sedia a rotelle; parteciperà ad una gara per paraplegici,dove arriverà ultimo sotto la bandiera pisana,per fare un dispetto ai cittadini di quella città.
Monicelli nel primo film si era divertito con un humour duro e graffiante; nel secondo film affiora invece un pessimismo quasi leopardiano,tutte le zingarate del gruppo di amici diventano più crudeli,una metafora del cupo pessimismo che sembra voler trasmettere il regista attraverso immagini forti,come la già citata corsa di portatori di handicap.
Amici miei II segna la fine della grande stagione della commedia all’italiana,che da quel momento non avrà quasi più spazio al cinema;l’amarezza e la drammatica corrosività di Monicelli,sembrano essere un epitaffio sulla commedia all’italiana,in piena crisi di idee ma sopratutto di interpreti. Il cupo pessimismo del film sembra avvolgere la storia,rendendola sicuramente meno brillante del primo atto,Amici miei,ma sicuramente più tesa ad un’analisi spietata di un periodo,di una generazione in crisi con il rapporto verso l’età e le nuove generazioni.
Amici miei atto secondo,
un film di Mario Monicelli. Con Ugo Tognazzi, Adolfo Celi, Gastone Moschin, Renzo Montagnani, Paolo Stoppa, Franca Tamantini,
Milena Vukotic, Alessandro Haber, Philippe Noiret, Angela Goodwin, Tommaso Bianco, Domiziana Giordano.
Genere Commedia, colore 117 minuti. – Produzione Italia 1982.
* Ugo Tognazzi: Il Conte Mascetti – Raffaello “Lello” Mascetti
* Gastone Moschin: Il Melandri – Architetto Rambaldo Melandri
* Adolfo Celi: Il Sassaroli – Professor Alfeo Sassaroli
* Renzo Montagnani: Il Necchi – Guido Necchi
* Milena Vukotic: Alice Mascetti
* Franca Tamantini: Carmen Necchi
* Marisa Traversi: Anita Esposito, l’amante del Perozzi
* Angela Goodwin: Laura Perozzi
* Alessandro Haber: Paolo, il vedovo
* Domiziana Giordano: Noemi
* Tommaso Bianco: Fornaio
* Paolo Stoppa: Sabino Capogreco, lo strozzino
* Philippe Noiret: Il Perozzi – Giorgio Perozzi
* Fiorentina Bussi: Twister
* Enio Drovandi: Poliziotto
* Maurizio Scattorin: il figlio del Perozzi
Regia Mario Monicelli
Soggetto Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi, Tullio Pinelli, Mario Monicelli
Sceneggiatura Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi, Tullio Pinelli, Mario Monicelli
Produttore Luigi De Laurentiis, Aurelio De Laurentiis
Distribuzione (Italia) Filmauro
Fotografia Sergio D’Offizzi
Montaggio Ruggiero Mastroianni
Musiche Carlo Rustichelli
Scenografia Lorenzo Baraldi
Costumi Gianna Gissi
Fare un bel sequel non è da tutti. Il seguito di Amici Miei ci riesce benissimo, inserendo uno splendido Montagnani al posto di Del Prete e trovando un asso di briscola nello strozzino, non disegnato, ma addirittura scolpito, da Paolo Stoppa. Tante scene di culto. Io ne preferisco una solitamente poco citata, benché presa di peso da Causa di divorzio di Fondato: il vigile (Enio Drovandi) che ferma gli amabili Amici e guarda la patente del Necchi. Ovviamente non mancano coloro che, ultra-esagerando, vanno oltre la lettura anti-femminile e parlano di velata omosessualità. Insopportabili.
Il primo Amici miei (una delle ultime grandi commedie italiane) rimane insuperabile; il sequel (pur essendo confezionato con classe, non per niente alla regia rimane il grande Monicelli) non è all’altezza; si tratta di un film spiritoso con trovate talvolta originali, ma lo spirito del primo film si è perduto per sempre. Manca sopratutto il sentimento nostalgico-malinconico che pervadeva il primo film (specie nel finale) anche se gli attori fanno ancora bene la loro parte.
Caposaldo, a tratti persino meglio del primo (Montagnani è un bel valore aggiunto). L’intera sequenza del cimitero, dal fulminante “sbiriguda” con cui Tognazzi inizia la sua tiritera all’efferato duetto Celi-Haber sulla tomba di Agata, “amica e amante impareggiabile”, vale da sola tutta la cinematografia di sedicente comicità toscana dgli ultimi 15 anni.
Ritornano i compagnoni scherzosi di Amici miei, dopo la morte di uno di loro, ma sempre in vena di zingarate (magari in flashback), tra cataclismi (l’alluvione di Firenze) e piccole burlette, in mezzo a drammi familiari o avventure passeggere. Tutto tra spensierata comicità e sottile malinconia. Un buon film, che tiene alto il livello della confezione già acquisito nel precedente lavoro, senza però la sorpresa dell’originalità.
Sono ancora tutti in grande forma i compagnoni, armati di supercazzole e vogliosi di zingarate; e dico proprio tutti, visto che, grazie a voli nel passato, viene anche riesumato (e menomale) il Perozzi. Le gag riuscite si sprecano, passando dalle peggio vigliaccate, ai colpi bassi (come sempre, anche tra loro). Non mancano, comunque, i momenti piuttosto amari (la situazione del conte Mascetti e famiglia). Regge bene fino alla fine, a parte qualche colpo non proprio a segno (l’inesistente spasimante), restando notevole e da vedere.
Seguito che nulla aggiunge né toglie al primo capitolo, ma che può vantare sempre le superlative interpretazioni dei protagonisti e alcune gag ben riuscite (su tutte, quella del cimitero con Haber e quella della torre di Pisa). Ottimo Stoppa nella parte dell’usuraio gabbato. Tra una zingarata e l’altra, torna ad aleggiare l’ombra della morte, che questa volta minaccia Tognazzi.
Di assoluto livello questo secondo capitolo, con la solita amarezza di fondo ad ancora molte scene strepitose. Il film a mio avviso guadagna anche dalla sostituzione del mediocre Duilio Del Prete con l’ottimo Renzo Montagnani, ed anche l’usuraio intepretato da Paolo Stoppa è protagonista di alcuni momenti grandiosi. Forse alcuni passaggi tra il “presente” ed i flashback non sono perfetti, ma che importa. Da vedere anche solo per gli ultimi 5′, che mostrano un Tognazzi da applausi a scena aperta.
Secondo capitolo che presenta tante affinità col primo, al quale in definitiva non aggiunge nulla di nuovo: zingarate di varia natura, una “tonificante” vena di cattiveria e la morte che aleggia in maniera prepotente. Anche il cast (quasi immutato) fa la sua parte. Il divertimento non manca anche se il risultato finale è un passo indietro rispetto al capostipite. Tuttavia il livello è ancora buono.
Secondo atto per i goliardi fuori tempo. Entra Montagnani per Del Prete: ovvio miglioramento, che aumenta il rimpianto per il talento sprecato dall’attore nella sua carriera. La struttura è sostanzialmente la stessa. La morte del Perozzi dà lo spunto, poi si torna alle zingarate, alcune memorabili come la crocefissione e il “rigatino”. Non tutto è di gran gusto (la contorsionista messa in valigia e buttata su un autobus è una trovata esagerata e stupida) e si perde un po’ il senso vero del primo film. Comunque si ride tantissimo.
Mentre il primo capitolo rientra a pieno merito tra i capolavori della “commedia all’italiana”, questo secondo atto risulta un film divertente e nulla più. Rispetto all’originale forse manca la novità delle “zingarate” dei cinque amici ma ancor più manca l’approfondimento psicologico dei protagonisti. Comunque Monicelli è regista intelligente e sa come far funzionare lo spettacolo ed inoltre la sostituzione di Del Prete con Montagnani è sicuramente positiva, così la pellicola risulta molto godibile. Ottimo anche Paolo Stoppa nel ruolo dello strozzino.
Al netto degli anacronismi imposti dalla necessità di ripescare il Perozzi e inserirlo in un flashback della Firenze alluvionata, oltre che di un tono meno introspettivo e più leggero che calza a pennello alla new entry Montagnani, la struttura base del primo film è salva, comprese la burla prolungata (qui al bravo Stoppa, nel primo a Blier) e la morte che aleggia sul finale. Non c’è l’atmosfera del capostipite, si compensa con maggiore cattiveria: gli “zingari” assecondano alla perfezione una sceneggiatura ben congegnata.
Non male. Vi sono numerosi “episodi” divertenti, come per esempio quello dell’alluvione con Moschin che esclama “ma guarda se Dio per salvare la tua verginità doveva inondare Firenze!”, l’usuraio, le foto oscene. Monicelli firma una buona regia. Ottimo il cast d’attori, non solo quelli principali. Godibile.
Decisamente inferiore al primo atto. La comicità diventa più crudele e surreale, e se molte scene sono memorabili altre non riescono a colpire nel segno. Inoltre la storia dopotutto non è che una serie di episodi, e rispetto al numero 1 mancano sia l’approfondimento dei personaggi che la malinconia di fondo. Comunque il cast è sempre straordinario (Montagnani al posto di Del Prete funziona benissimo) e la regia di Monicelli, cinica e sarcastica, funziona ancora alla grande.
Se l’entrata in scena di Montagnani pare funzionare bene e la verve dissacrante del primo episodio non si è smarrita, tuttavia il filo narrativo è meno lineare, sembra adesso di procedere per gag successive. Tra queste mi piace ricordare il figlio del Perozzi a pigione dal Mascetti, l’operazione ai reni dello strozzino, l’alluvione. Più grossolani invece altri passaggi, come quello alla torre di Pisa e la corsa delle carrozzine. I temi di fondo del primo film vengono confermati, ma l’effetto non è più lo stesso.
Secondo atto che si mantiene agli alti livelli del primo per quel che riguarda la comicità delle situazioni, la vincente struttura a flashback, qui utile per ripescare il prezioso Noiret e la prova attoriale dei 5 amici, anche qui spumeggianti, geniali e impagabili (Moschin forse fa sbellicare più di tutti). Ottimo anche il contributo degli sventurati che capitano loro a tiro come Stoppa e uno strepitoso Haber. Monicelli dirige il tutto col piglio giusto. Tanti gli episodi memorabili: al cimitero, l’alluvione, la gravida, il servizio torri…
Sequel delle avventure degli zingari. Si ride parecchio, ma là con una nota malinconica evidente, qui c’è la voglia di costruire scene efficaci tralasciando quasi del tutto (occhio al finale) lo spirito del primo film. Ecco dunque pezzi divenuti celeberrimi: Adelina, Stoppa, la beghina e l’alluvione, la Via Crucis, ecc. ecc. Grandissimo Celi nella parte del cinico (quasi più che nel primo).
Quando il sequel non delude lo spettatore! Qui siamo di fronte ad un capolavoro di cinema comico, o commedia se si preferisce. Qui abbiamo situazioni boccaccesche, scherzi più o meno volgari, e abbiamo anche il cattivo cinismo. Alcune scene sono assolutamente memorabili e non v’è possibilità alcuna di trovar qui un solo punto debole. Attori al top, regia al top, sceneggiatura al top. Insomma un capolavoro. Peccato per l’immensa boiata del terzo capitolo, che quasi danneggia i Monicelliani!
Mentre il primo era un divertente e riuscito misto tra dramma e commedia, in questa seconda puntata è netta la dimensione comica della vicenda. I quattro protagonisti ricordano episodi del passato (che vengono mostrati in flashback e in cui riappare il Sor Perozzi/Noiret) e vivono divertenti avventure nel presente. Il tutto sotto la calibrata regia del maestro Monicelli. Grandissimi una volta di più i protagonisti, con la new entry Montagnani al posto di Del Prete. Raffica di scene memorabili.
Nient’altro che un buon film. La sensazione di già visto è sin troppo pesante, tanto che a tratti sembra di assistere ad un remake più che ad un sequel. Manca completamente l’atmosfera del capostipite e la sostituzione di Del Prete con Montagnani è quasi emblematica delle intenzioni che animano quaesto secondo capitolo: fare ridere, punto. Invece paradossalmente l’effetto comico risulta inferiore al primo capitolo, a causa di situazione esagerate ed una certa grossolanità di fondo.
Bello quanto il primo, in certi momenti anche di più. Montagnani rimpiazza degnamente Del Prete, conferendo alla sua figura da “bottegaio” un’aria più leggera. Questa volta il riso, più che amaro, è nero: nemmeno la morte riesce a dividere i cinque bischeri (vedi la bella idea dei flashback sul Perozzi) e si scherza amabilmente sui cimiteri, sui tradimenti e persino sulle malattie. Il ritmo malin-comico si mantiene sempre su alti livelli.
Per certi versi l’ho trovato addirittura superiore al primo: più ritmo, scherzi più accattivanti e divertenti, Montagnani più in parte di Del Prete, ma la storia è un po’ affaticata con i continui flashback tra passato e presente (che servono a riportare in scena Noiret). Comunque un cult del cinema italiano, pieno di grandi dialoghi e con un cast eccezionale che, oltre ai cinque protagonisti, conta comprimari del calibro di Haber e Stoppa. Imperdibile.
Se nel geniale capostipite veniva voglia di invecchiare, qui si sente forse il peso dell’età. Gli attori non sono più freschi 50enni e la stessa sceneggiatura pare richiamarsi troppo all’originale, quasi per dovere di sequel. Da verificare l’eventuale presenza di errori figli dell’esigenza di spettacolo (il grandioso Sassaroli era già un “amico” con il figlio del Perozzi fanciullo?). Cionondimeno e nonostante la debolezza nell’approfondimento psicologico dei 5, ne risulta una buonissima commedia, arricchita da qualche perla indimenticabile.
Il gatto dagli occhi di giada
Mara,una giovane attrice,si ferma casualmente davanti ad una farmacia dove è stato appena consumato un feroce delitto;è l’inizio di un incubo che la vedrà perseguitata da un misterioso assassino,convinto che lei abbia visto qualcosa.Subito dopo la morte dell’uomo,viene uccisa Smeralda,una signora di mezza età.Mara chiede aiuto e rifugio a Lukas,
un ingegnere tecnico del suono,che viene contattato da un vicino di casa,un usuraio che da tempo riceve,come le altre due vittime,misteriose telefonate che recano incise voci di donne urlanti,di cani e altro.Lukas inizia ad indagare,e le sue indagini lo portano ad un detenuto,da poco evaso,che venne giudicato dal farmacista,da Smeralda e dall’usuraio.
Paola Tedesco
Convinto di essere sulle giuste tracce,Lukas si reca a casa dell’evaso,per convincere la moglie di Ferrante a farlo desistere dai suoi propositi. Lukas si rende conto,dopo aver incontrato l’evaso,che è vittima di una congiura e riprende le indagini,mentre viene ucciso casualmente un dipendente del locale dove lavora Mara,che sempre più terrorizzata,si rifugia a casa di Lukas. Il quale parte per Padova,allertato da una telefonata dell’usuraio che gli dice di volergli rivelare la verità sul movente che sta spingendo l’assassino a eliminare tutta quella gente.
Ma quando arriva a Padova,Lukas trova morto anche l’usuraio.Indaga,e scopre qual’è il vero movente degli efferati omicidi,legati ad una vecchia storia avvenuta durante la seconda guerra mondiale.Colpo di scena finale come nella tradizione di ogni giallo.
Il gatto dagli occhi di giada è un thriller canonico,di buona fattura,con una trama credibile ed attori ben calati nelle rispettive parti,Corrado Pani,nel ruolo di Lukas,improvvisato detective,Paola Tedesco,nei panni di Mara,la cantante di cabaret.Ed infine Bianca Toccafondi,con un cameo nel ruolo di Smeralda,la seconda vittima.
Un film piacevole,con una trama scorrevole,ben supportato da una regia poco incline agli effettacci ed attenta invece ai particolari e alla tensione
Il gatto dagli occhi di giada (1977) un film di Antonio Bido con Franco Citti, Paola Tedesco, Corrado Pani, Bianca Toccafondi.
Corrado Pani … Lukas
Paola Tedesco … Mara
Franco Citti … Pasquale Ferrante
Fernando Cerulli … Giovanni Bozzi
Giuseppe Addobbati Giudice
Gianfranco Bullo … Assistente
Jill Pratt … Signora Dezzan
Bianca Toccafondi Esmeralda Messori
Inna Alexeievna … Signora anziana
Paolo Malco … Carlo
Cristina Piras … Mogile di Pasquale Ferrante
Roberto Antonelli Michele
Gaetano Rampin Dott. Peretti
Giuseppe Pennese Marco
Regia Antonio Bido
Soggetto Vittorio Schiraldi
Sceneggiatura Antonio Bido, Roberto Natale, Vittorio Schiraldi e Aldo Serio
Produttore Gabriella Nardi, Webi di Erwin Wetzl e Antonio Bido
Fotografia Mario Vulpiani
Montaggio Maurizio Tedesco
Musiche Trans Europa Express
Scenografia Gianfranco Ramacci
Costumi Gianfranco Ramacci
Trucco Giannetto De Rossi
Perchè quelle strane gocce di sangue sul corpo di Jennifer?
Jennifer, una giovane e bellissima modella (Edwige Fenech), con un passato molto torbido da dimenticare, sceglie come domicilio un appartamento in un condominio in cui abitano strane persone; una donna lesbica molto ambigua (Annabella Incontrera), una spogliarellista che lavora in un night (Carla Brait), un suonatore di violino sicuramente con il cervello fuori fase.
Assieme alla ragazza va a vivere una sua amica (Paola Quattrini), un po svampita; un giorno la spogliarellista viene uccisa proprio nell’ascensore. Da quel momento qualcuno inizia ad attentare alla vita di Jennifer,che nel frattempo conosce un giovane architetto del quale si innamora (George Hilton).
Carla Brait
Ma nella vita di Jennifer rientra anche il vecchio amante, che la aveva iniziata ai rapporti a tre e alla droga; Jennifer lo respinge,mentre nel frattempo l’assassino misterioso colpisce ancora,uccidendo la sua amica.
La storia prosegue fino al colpo di scena finale, dopo che la ragazza ha rischiato ancora una volta di morire, e dopo aver sospettato anche del suo nuovo amore. Giallo sui generis di Giuliano Carnimeo, regista specializzato in western, che tenta,senza grossi risultati, la strada del giallo non andando oltre un onesto lavoro, nonostante un cast discreto, nel quale figurano,oltre alla Fenech e a Hilton, Oreste Lionello, nel ruolo di un fotografo gay e Paola Quattrini, che compare in una fugace scena di nudo dentro una vasca da bagno.
Perchè quelle gocce di sangue sul corpo di Jennifer,
un film di Giuliano Carnimeo. Con George Hilton, Paola Quattrini, Edwige Fenech, Oreste Lionello, Luciano Pigozzi, Annabella Incontrera, Georges Rigaud, Giampiero Albertini, Carla Brait, Carla Mancini, Franco Agostini. Genere Giallo, colore 97 minuti. – Produzione Italia 1973.
Edwige Fenech … Jennifer Lansbury
George Hilton … Andrea Barto
Annabella Incontrera Sheila Heindricks
Paola Quattrini … Marilyn Ricci
Giampiero Albertini Commissario Enci
Franco Agostini … Redi
Oreste Lionello … Arthur
Ben Carra … Ex-Marito Di Jennifer
Carla Brait … Mizar Harrington
Gianni Pulone … Waiter
George Rigaud … Professor Isaacs, padre di Sheila
Antonio Basile … (uncredited)
Evi Farinelli … Prima vittima (uncredited)
Francesco Narducci Fotografo(uncredited)
Gennarino Pappagalli Guardiano Nightclub (uncredited)
Filippo Perego … Guardiano Nightclub (uncredited)
Luciano Pigozzi … Fanelli
Maria Tedeschi … Signora Moss (uncredited)
Regia: Giuliano Carnimeo
Sceneggiatura: Ernesto Gastaldi
Prodotto da: Luciano Martino
Produttore associato: Marcello Romeo
Muscihe: Bruno Nicolai
Film editing: Eugenio Alabiso
Costumi: Silvio Laurenzi
Production Management: Furio Rocchi, Lamberto Palmieri
Rita Savagnone doppia Edwige Fenech
I racconti di Viterbury
Esaurito il filone Decameron,ecco arrivare il filone Canterbury,ovvero film che prendono in prestito,almeno formalmente,il titolo pasoliniano I racconti di Canterbury per girare pellicole basate su novelle di autori medioevali.Nei Racconti di Viterbury,sottotitolato Le più allegre storie del 300,diretto dalla coppia Edoardo Re e Mario Caiano ci sono sette novelle,ovvero sette episodi così composti:
1-Antonio,un giovane inesperto in materia di sesso,viene istruito dalla suocera,con il risultato che finirà con il passare la prima notte di nozze proprio con la suocera invece che con la legittima sposa;
2-Un giovane,politicamente avverso al suocero,non potendo impalmare la sua bella tenta più volte di entrare di soppiatto nella camera della ragazza;all’ennesima caduta dalle scale,decide,saggiamente,di rinunciare;
3-Una tresca tra un frate esorcista e una giovane e vogliosa ragazza viene interrotta da un tacchino dispettoso e intelligente in maniera sospetta
4-Una donna,con la complicità della madre,fa l’amore con il suo uomo,salvando le apparenze grazie ai consigli della madre,che inganna anche il marito;
5-Una giovane moglie,spaventata dai rapporti sessuali prima delle nozze,si trasforma in un’assatanata che finisce per far morire consunto il povero marito;
6-Una contadina trova un sistema molto pratico per procurarsi manodopera per il suo mulino;d’accordo con il marito,circuisce una serie di giovani che finiscono per lavorare gratis nel far girare le pale del mulino;
7-Cecco si libera con uno stratagemma di un fastidioso amico e di sua sorella che vorrebbe impalmarlo.
Solita sarabanda di battutine più o meno scontate e solita sarabanda di nudi femminili,vero fiore all’occhiello della pellicola.Il film è disponibile su You tube all’indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=LxTHxeDl6qs in una qualità più che discreta
I racconti di Viterbury
Un film di Edoardo Re. Con Orchidea De Santis, Rosalba Neri, Toni Ucci, Raika Juri, Clara Colosimo, Christa Linfer, Linda Sini, Rosemarie Lindt, Poldo Bendandi, Christa Linder, Giacomo Rizzo, Carla Mancini, Lorenzo Fineschi, Renzo Rinaldi, Fortunato Cecilia. Genere Erotico, colore 92 minuti. – Produzione Italia 1973.
Rosalba Neri: Bona
Christa Linder: Fiora
Peter Landers: L’esorcista
Toni Ucci: Nicolo
Orchidea De Santis: Amanda
Mario Frera: Marito di Bona
Clara Colosimo: Madre di Fiora
Fausto Di Bella: Menico da Pistola
Linda Sini: Madonna Brenda
Giacomo Rizzo: Minchiotto
Tommy Polgár: Agnolo
Lorenzo Fineschi: Baccio da Rovigo
Poldo Bendandi: Jacopo de Monteroni
Pietro Ceccarelli: Puccetto Corsini
Dante Cleri: Il medico
Giuseppe Tessitore:
Fortunato Cecilia: Chiappe d’oro
Gianni Ottaviani: Antonio
Enzo Rinaldi: Il vero vescovo
Rosemarie Lindt: Moglie di Nicolo
Regia Mario Caiano
Sceneggiatura Mario Caiano
Casa di produzione Jarama
Fotografia Giovanni Ciarlo
Montaggio Claudio M. Cutry
Musiche Franco Bixio
Costumi Riccardo Domenici
Trucco Carlo Sindici
Classifica al botteghino 1972
1– Il Padrino di Francis Ford Coppola
con Marlon Brando, Al Pacino, Diane Keaton, John Cazale, Robert Duvall, James Caan, Talia Shire
Giudizio:
2 – Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci
Con Massimo Girotti, Maria Michi, Marlon Brando, Jean-Pierre Léaud,Maria Schneider
Giudizio:
3- Malizia di Salvatore Samperi
con Tina Aumont, Alessandro Momo, Turi Ferro, Laura Antonelli
Giudizio:
4– Più forte,ragazzi di Pino Colizzi
con Bud Spencer, Terence Hill, Cyril Cusack, Ferdinando Murolo, Reinhard Kolldehoff, Carlos Munoz
Giudizio:
5- E poi lo chiamarono il Magnifico di E.B. Clucher
con Harry Carey, Terence Hill, Gregory Walcott, Enzo Fiermonte
Giudizio:
6- Anche gli angeli mangiano fagioli di E.B. Clucher
con Giuliano Gemma, Bud Spencer, Robert Middleton, Bill Vanders
Giudizio:
7- La prima notte di quiete di Valerio Zurlini
con Alain Delon, Giancarlo Giannini, Sonia Petrova, Renato Salvatori,Lea Massari,Alida Valli
Giudizio:
8- L’emigrante di Pasquale Festa Campanile
con Adriano Celentano, Claudia Mori, Lino Toffolo, Sybil Danning, Pepe Calvo
Giudizio:
9- Arancia meccanica di Stanley Kubrick
con Malcolm McDowell, Patrick Magee, Michael Bates, Warren Clarke
Giudizio:
10- Alfredo Alfredo di Pietro Germi
con Dustin Hoffman, Stefania Sandrelli, Carla Gravina, Saro Urzì, Duilio Del Prete
Giudizio:
Altri film oltre la 10a posizione:
11- I racconti di Canterbury di Pier Paolo Pasolini
con Hugh Griffith; Laura Betti; Ninetto Davoli; Franco Citti; Josephine Chaplin; Alan Webb
Giudizio:
12- Joe Valachi di Terence Young
con Charles Bronson, Lino Ventura, Jill Ireland
Giudizio:
13- Lo chiameremo Andrea di Vittorio De Sica
con Nino Manfredi, Mariangela Melato, Anna Maria Aragona, Maria Pia Casilio
Giudizio:
14- Cinque dita di violenza di Cheng Chang
con Lo Lieh, Wang Ping, Tien Feng
Giudizio:
15- Lo scopone scientifico di Luigi Comencini
con Joseph Cotten, Alberto Sordi, Silvana Mangano, Mario Carotenuto, Dalila Di Lazzaro, Bette Davis
Giudizio:
16- Una ragione per vivere ed una per morire di Tonio Valeri
con Telly Savalas e James Coburn
Giudizio:
17- L’uccello migratore di Steno
con Lando Buzzanca, Rossana Podestà, Gianrico Tedeschi
Giudizio:
18- Il richiamo della foresta di Ken Annakin
con George Eastman, Rick Battaglia, Charlton Heston, Michèlle Mercier
Giudizio:
19- Il clan dei Marsigliesi di Josè Giovanni
con Jean-Paul Belmondo, Claudia Cardinale, Michel Constantin, Luciano Lorcas
Giudizio:
20- Ludwig di Luchino Visconti
con Helmut Berger, Romy Schneider, Umberto Orsini, Trevor Howard, Silvana Mangano.
Giudizio:
C’era una volta in America
Se con C’era una volta il West Sergio Leone era andato alle radici della storia americana,cercando,con un’ambiziosa operazione,di mostrare una faccia del Far West,quello della prima colonizzazione,delle ferrovie,della nascita di un capitalismo senza scrupoli,con C’era una volta in America,opera ancora più ambiziosa,cerca di mostrare l’altra faccia di un paese tutto sommato giovane,senza una storia antica,popolato da mille etnie differenti.
Ognuna delle quali con grossi problemi di identificazione in un paese dallo sviluppo selvaggio e incontrollato,in cui potevi diventare ricco in un giorno,oppure marcire ai bordi della stessa civiltà che ti offriva tutte le opportunità;attraverso le storie di figli di immigrati,come Noodles,come Maximilian Berkowitz o gli altri protagonisti,fra i quali ancora un rappresentante di un’etnia,quella ebraica,rappresentata da Fat Moe e da sua sorella Deborah.
Il film concepito come un’opera di grande respiro,che racconta la vita di un gruppo di casuali amici,per poi finire per diventare un’epopea tragica,punta il dito sulle contraddizioni del capitalismo stesso,mostrando come l’arricchimento,la ricerca del potere,abbiano finito per diventare la molla principale delle azioni di molti,in assoluta linea con le ambizioni della giovane nazione.
I destini incrociati di Noodles,di Max,di Patsy,di Cockeye,di Fat Moe,di Deborah,si allacciano l’uno all’altro,mostrando spaccati di vita dei quartieri americani,il loro selvaggio sviluppo,la mancanza spesso di una morale unica,che devia verso il crimine,alla ricerca disperata del possesso,dei soldi. L’ America è anche questo,lo sviluppo selvaggio e sfrenato dell’mdividualità.
Così le storie si intrecciano,con l’amicizia tra Max e Noodles,nella quale vengono coinvolti anche Patsy e Cockeye,mentre Fat,il bravo ragazzo,l’amico fidato resterà ai margini,unica figura davvero pulita dell’intera storia;li vediamo crescere come ragazzi e come entità unica,come banda,che inizia con il contrabbando d’alcool per poi finire,dietro suggerimento dell’infido Max,ad una rapina che dovrebbe sistemarli una volta per tutte.
Assistiamo così alle vicende del gruppo,fino alla morte del piccolo Dominic,che segna una svolta nella vita di tutti;Noodles uccide un poliziotto per vendicare l’amico,e finisce in carcere,dal quale esce per scoprire che i suoi amici hanno messo su un’efficace rete di contrabbando di alcolici,in pieno proibizionismo;una pacchia che ha permesso il loro arricchimento,ma che sta per finire.
La proposta di Max,di fare il colpo della vita,ai danni della Federal Reserve è il colpo che Noodles non accetta;è lui il primo a tradire,per affetto,certo,ma sempre di tradimento si tratta;e quando arriva sulla scena del drammatico rinvenimento dei corpi dei tre amici,Noodles si rende conto di aver involontariamente contribuito ad ammazzare i suoi amici.La sua fuga,che è una fuga dalle responsabilità,durerà trentacinque anni,il tempo necessario per riflettere su chi ha rubato la borsa che conteneva tutti i risparmi della banda,ma sopratutto per riflettere sulla strana lettera che un giorno gli verrà recapitata,che annuncia il trasferimento dei corpi dei suoi amici dal vecchio cimitero ad un altro.
E’ il momento della verità,per Noodles;troverà i suoi amici trasferiti in una cappella lussuosa e inizierà ad interrogarsi,fino al momento della soluzione finale,che è un’autentica sorpresa,il colpo di genio di Leone.
C’era una volta in America ha due possibili interpretazioni,dal punto di vista della trama,slegate dalla sua ambientazione,che ho già descritto;Noodles,all’inizio del film,è in una fumeria d’oppio,fuma beatamente;c’è un telefono che trilla ossessivamente,quasi un sogno onirico.Rappresenta un Noodles che ricorda il suo passato e immagina il suo futuro,sotto i fumi dell’oppio?
Oppure è davvero la fuga da una realtà che non riesce ad accettare?
E’ un sogno,quello del tradimento di Max che mostra tutta la sua frustrazione per la personalità schiacciante dell’amico oppure tutto è accaduto realmente?
E la relazione di Deborah con l’amico cosa vuol rappresentare,una paura o una realtà?
Il finale del film,con Noodles che dice “Max è morto tanti anni fa” sembrerebbe far propendere per una storia reale,testimoniata anche dallo scorrere degli eventi in flashback,la musica dei Beatles e il Vietnam.Eppure quel sorriso di Noodles nella fumeria d’oppio sembrerebbe far propendere per un’allucinazione,quella che porterebbe lo stesso giovane a immaginare un futuro in cui l’ingombrante Max diventa una vittima designata delle sue frustrazioni.
Due chiavi di lettura,differenti,che lo stesso Leone non chiarì mai del tutto.I continui flashback,l’inizio e la fine del film,possono significare tutto e il contrario di tutto;sogno,realtà,sono mescolati come in una scatola cinese,non si può capire cosa è reale e cosa no;è reale il tempo che scorre,la fine dei vari capitoli storici,la crescita vorticosa della società americana,testimoniata dalla colonna sonora di Morricone e intervallata dalle musiche di Amapola;c’è tutto questo nel film,e molto di più.
C’è il sogno americano,la sua storia così lineare e al tempo stesso complessa,ci sono storie di piccoli gangster e storie di donne di malaffare,c’è tutto il sogno americano,visto con occhio affettuoso,cinico,divertito.
Un grande film,in pratica;l’essenza stessa del cinema,quello che ti commuove e ti indigna,ti diverte e ti fa pensare.Grandissimi attori,fra cui le segnalazioni d’obbligo sono per Robert De Niro e per James Woods.Infine inutile nascondere che la colonna sonora ha giocato un ruolo fondamentale,grazie alla solita stupenda esecuzione dell’orchestra di Ennio Morricone.
Robert De Niro … David ‘Noodles’ Aaronson
James Woods … Maximilian ‘Max’ Bercovicz
Elizabeth McGovern … Deborah Gelly
Joe Pesci … Frankie Manoldi
Burt Young … Joe
Tuesday Weld … Carol
Treat Williams … James Conway O’Donnell
Danny Aiello … Polizotto
Richard Bright … Chicken Joe
James Hayden … Patrick ‘Patsy’ Goldberg
William Forsythe … Philip ‘Cockeye’ Stein
Darlanne Fluegel … Eve
Larry Rapp … ‘Fat’ Moe Gelly
Richard Foronjy … ‘Fartface’ Whitey
Robert Harper … Sharkey
Dutch Miller … Van Linden
Gerard Murphy … Crowning
Amy Ryder … Peggy
Olga Karlatos … Donna nel teatro
Mario Brega … Mandy
Ray Dittrich … Trigger
Frank Gio … Beefy
Karen Shallo … Lucy Aiello
Scott Schutzman Tiler Il giovane Noodles
Rusty Jacobs … Il giovane Max
Brian Bloom … Il giovane Patsy
Adrian Curran … Il giovane Cockeye
Mike Monetti … Il giovane Fat Moe
Noah Moazezi … Dominic
Regia: Sergio Leone
Writing credits: Leonardo Benvenuti
Piero De Bernardi
Enrico Medioli
Franco Arcalli
Franco Ferrini
Sergio Leone
Prodotto da: Claudio Mancini,Arnon Milchan
Musiche: Ennio Morricone
Fotografia: Tonino Delli Colli
Film editing: Nino Baragli
Casting: Cis Corman,Joy Todd
Costumi: Gabriella Pescucci
Ferruccio Amendola: David “Noodles” Aaronson
Sergio Fantoni: Maximilian “Max” Bercovicz / sen. Christopher Bailey
Rita Savagnone: Deborah Gelly
Leo Gullotta: Frankie Monaldi
Gigi Reder: Joe
Maria Pia Di Meo: Carol
Cesare Barbetti: James Conway O’Donnell
Carlo Giuffré: Vincent Aiello
Vittorio Di Prima: Chicken Joe, Beefy
Angelo Nicotra: Patrick “Patsy” Goldberg
Luciano De Ambrosis: Philip “Cockeye” Stein
Vittoria Febbi: Eve
Franco Latini: “Fat” Moe Gelly
Nando Gazzolo: Sharkey
Renato Mori: Crowing
Riccardo Rossi: “Noodles” da ragazzo
Massimo Rossi: Max da ragazzo/David Bailey
Georgia Lepore: Deborah da ragazza
Alessandro Quarta: “Patsy” da ragazzo
Fabrizio Manfredi: “Cockeye” da ragazzo
Piero Tiberi: Bugsy Siegel
Francesco Pezzulli: “Fat” Moe da ragazzo
Claudio Fattoretto: Monkey
Giorgio Piazza: avv. Irving Gold
Alessandro Rossi: serg. P. Halloran
Federico Danti: Scagnozzo di Bugsy
Massimo Giuliani: Scagnozzo di Bugsy
Gianni Marzocchi: Scagnozzo di Bugsy
Anna Rita Pasanisi: ragazza nella bara
Pino Locchi: giornalista televisivo
Per non impazzire dovevi non pensare che fuori c’era il mondo, proprio non pensarci. Dovevi dimenticarlo. Eppure, sai, gli anni passavano sembrava… che volassero. Strano ma è così quando non fai niente. Ma due cose non riuscivo a togliermi dalla mente: la prima era Dominic, quando prima di morire mi disse “Sono inciampato”. E la l’altra eri tu. Tu che mi leggevi il “Cantico dei Cantici”, ricordi? “Oh figlia di principe quanto sono belli i tuoi piedi nei sandali”. Lo sai che leggevo la Bibbia tutte le sere? E tutte le sere io pensavo a te. “Il tuo ombelico è una coppa rotonda dove non manca mai il vino. Il tuo ventre un mucchio di grano circondato da gigli. Le tue mammelle sono grappoli d’uva. Il tuo respiro ha il profumo delicato delle mele.” Nessuno t’amerà mai come ti ho amato io. C’erano momenti disperati che non ne potevo più e allora pensavo a te e mi dicevo: “Deborah esiste, è la fuori, esiste!” E con quello superavo tutto. Capisci ora cosa sei per me? (Noodles)
Ho rubato la tua vita e l’ho vissuta al tuo posto. T’ho preso tutto. Ho preso i tuoi soldi, la tua donna, ti ho lasciato solo 35 anni di rimorso. Per la mia morte. Rimorso sprecato. (Max)
Noodles, ci rimangono solo dei bei ricordi e se adesso uscirai da quella porta nemmeno quelli ti rimarranno. (Deborah)
Oggi hanno chiesto a te di far fuori Joe, domani chiederanno a me di far fuori te. Se questo sta bene a te, a me non sta bene. (Noodles)
James Woods è Maximilian ‘Max’ Bercovicz
William Forsythe è Philip ‘Cockeye’ Stein
James Hayden è Patrick ‘Patsy’ Goldberg
Elizabeth McGovern è Deborah Gelly da adulta
Jennifer Connelly è Deborah Gelly ragazza
Larry Rapp è ‘Fat’ Moe Gelly
Il dio serpente
Il dio serpente,diretto da Piero Vivarelli nel 1970 si ricorda ancor oggi per due motivi;il primo è rappresentato dalla superba colonna sonora,quella Djamballà che furoreggiò per un’intera estate nei juke box della penisola,nell’esecuzione di Augusto Martelli. E per la prima apparizione di una giovane e procace attrice,che non avrebbe avuto una gran carriera,se non limitata a b-movie con titoli ammiccanti,del tipo la Dottoressa ci sta con il colonnello e via dicendo.
Il suo nome è Nadia Cassini,e nel film interpreta la giovane moglie di Bernhardt,un abitante dei Caraibi che la chiama a se per viverle accanto.
Il film è abbastanza macchinoso,anche se non privo di un certo fascino,legato ad una storia che mescola il thriller con il fascino dell’esotico,e qualche ardita nudità (per i tempi),in cui rivaleggiano le due protagoniste,la già citata Cassini e Beryl Cunningham.
La trama è molto semplice:Paola (Nadia Cassini),raggiunge il marito ai Caraibi. Qui conosce Stella,una giovane e misteriosa indigena,che la inizia a strani riti ancestrali;il rito culmina nell’invocazione a Djamballa,il dio serpente,che si materializza nei panni di un robusto e affascinante nativo.La donna ne diventerà succube a tal punto che quando il marito perirà in un incidente,lei,indifferente,resterà sull’isola,unendosi al dio serpente.
Un film molto confuso,in cui predomina l’atmosfera magica dei Caraibi,tra riti voudou orgiastici,testimoniati dai contorcimenti delle due donne durante l’invocazione a Djamballa.Ma aldilà delle bellezze naturali dei posti,davvero notevoli,e alle due protagoniste,del film non resta molta traccia.
Il dio serpente, un film di Piero Vivarelli. Con Nadia Cassini, Beryl Cunningham, Sergio Tramonti, Evaristo Marquez
Erotico, durata 94 min. – Italia 1970.
Nadia Cassini: Paola
Beryl Cunningham: Stella
Galeazzo Bentivoglio: Bernard, marito di Paola
Sergio Tramonti: Tony
Regia Piero Vivarelli
Soggetto Piero Vivarelli
Sceneggiatura Piero Vivarelli, Ottavio Alessi
Produttore Alfredo Bini
Casa di produzione Finarco
Fotografia Benito Frattari e Francesco Alessi
Montaggio Carlo Reali
Scenografia Giuseppe Aldrovandi
Costumi Maria Pia Lo Savio
Trucco Orietta Melaranci
Ludovica Modugno: Paola
Mirella Pace: Stella
Giorgio Piazza: Bernard, marito di Paola
Giacomo Piperno: Tony
L’opinione del sito http://www.fascinationcinema.com
Sulla carta, un progetto che mira a nutrire tutte le aspettative commerciali del periodo: sesso, paesaggi incantevoli, magia tribale, bellezze nostrane e non. Tuttavia Vivarelli appare attento anche alla sostanza del narrato, graziando la curatissima fotografia e le belle inquadrature di battute affatto superficiali, sibillini j’accuse verso la natura colonialista occidentale. Chiaramente non bastano questi intenti, peraltro oggi assai datati, a salvare un prodotto tanto confuso, prolisso e noioso. I protagonisti vagano lenti attraverso una sceneggiatura in forma sperimentale di work-in-progress: una spirale di situazioni autoreferenziali interrotte da tedianti pause folkloristiche per turisti (danze indiavolate, passeggiate sulla spiaggia, scene di seduzione ed amore).
Raggiungere l’epilogo prevedibile della vicenda è impresa veramente ardua, non fosse per la già citata regia e le musiche del bravo Augusto Martelli che peraltro, grazie al successo dell’intrigante singolo Djamballa (tormentone tribal-lounge della pellicola), entrò di diritto tra i compositori più quotati del periodo.
L’opinione del sito bmoviezone.wordpress.com
(…) Il film richiama anche il genere d’avventura (e talvolta anche il mondo-movie, come nella scena in puro stile exploitation del capretto sgozzato), se non altro per la location e per la presenza del grosso serpente e l’horror (durante i riti vodoo). Per larga parte del film assistiamo a danze, celebrazioni e riti della popolazione indigena, scene in qualche modo ispirate al genere documentaristico abbastanza in voga in quegli anni. Riuscitissima comunque soprattutto la scena della cerimonia in cui tutte le donne, in estasi mistica, si contorcono e si denudano al ritmo dei tamburi indemoniati.(…)
L’opinione di MM40 tratta dal sito http://www.filmtv.it
Dio serpente o umano, sostanzialmente, sono la stessa cosa. L’importante è la fede. Questa è l’unica cosa buona che scaturisce da questa pellicola inconcludente e a medio-alto tasso erotico; ovviamente il discorso religioso ha un peso davvero minimo sulla storia e ciò che interessa a Vivarelli e ad Ottavio Alessi (co-sceneggiatore) è piuttosto lo sfoggio di canti, balli, percussioni e riti indigeni con forsennato sottofondo musicale; ricorre peraltro spesso Djamballà, il tema barzotto del film, che ai tempi fu un piccolo successo, scritto da Augusto Martelli. Il serpente come simbolo fallico non è certo un’invenzione di questa sgangherata pellicola; che la virilità e la fertilità siano quindi legate tutt’uno con il concetto di creazione, e perciò di divinità, è il passo successivo: forse Vivarelli intendeva sorprendere o scatenare polemiche, ma in realtà non dice nulla che non sia già stato sentito; soprattutto lo fa con scarsi mezzi e ancora più limitate idee. Nadia Cassini è la star del film; ai tempi il suo nome era ancora del tutto sconosciuto: è questa la sua prima parte da protagonista in assoluto. Nella prima metà della pellicola al suo fianco c’è Galeazzo Bentivoglio; per il resto non si segnalano nomi degni di nota nel cast.
L’opinione di Saintgifts tratta dal sito http://www.davinotti.com
L’impresa risultava ardua (ma forse l’impresa non è stata nemmeno cercata): fare un film con quella bellezza in fiore di Nadia Cassini (che da sola ruba ogni qualsivoglia interesse di altro tipo), che risultasse di uno spessore tale da riuscire a guadagnare una piccola percentuale dell’attenzione residua, oltre le nude fattezze della protagonista. Ce la mettono tutta regista, fotografia, musica… ma potevano anche impegnarsi di meno, il successo sarebbe stato ugualmente lo stesso. Non so quanto la censura abbia operato, in ogni caso sempre troppo.
L’uccello dalle piume di cristallo
L’uccello dalle piume di cristallo è il primo film importante di Dario Argento,e segna contemporaneamente il suo ingresso nel cinema come regista di thriller;un film importante,scorrevole,con una buona trama,che segnò effettivamente una stagione,visto che molti registi usarono nomi di animali per i titoli dei loro film.Una maniera per attirare pubblico sui loro prodotti,un sistema se vogliamo ingenuo,ma efficace.
Il film inizia con un giovane scrittore,Sam Dalmas,che sta per rientrare nel suo paese d’origine,gli Stati Uniti;accade però che la sera antecedente la sua partenza assista ad un omicidio,quello di una donna,Monica.
La donna non muore,e Sam scopre grazie al commissario incaricato del caso,che non è la prima vittima di fatti di sangue.In città c’è un serial killer che ha già accoltellato tre donne.
Sam inizia ad investigare,tallonato dal killer,che per due volte tenta di ucciderlo,lui riesce a scampare agli agguati,ma la prossima vittima è la sua fidanzata Giulia.
Anche Giulia si salva,e grazie alla sua telefonata,registrata,viene identificato un rumore di fondo;un verso emesso da u uccello,l’uccello dalle piume di cristallo,che vive solo ed esclusivamente nello zoo della città
Sam e la polizia si recano sul posto,identificano la finestra e arrivano appena in tempo per fermare il marito di Monica che sta strangolando la moglie.
Sembra tutto finito,ma……..
Un film sicuramente d’effetto,ben girato,con una buona tensione;bella la scena del tentato omicidio di Monica,con Musante che osserva tutto attraverso un grande vetro.
Un film di Dario Argento. Con Enrico Maria Salerno, Tony Musante, Suzy Kendall, Umberto Raho, Werner Peters, Mario Adorf, Eva Renzi, Renato Romano, Fulvio Mingozzi, Rosita Torosh, Carla Mancini. Genere Thriller, colore 96 minuti. – Produzione Italia 1970.
Tony Musante: Sam Dalmas
Suzy Kendall: Giulia
Enrico Maria Salerno: Commissario Morosini
Umberto Raho: Alberto Ranieri
Eva Renzi: Monica Ranieri
Mario Adorf: Berto Consalvi
Raf Valenti:Professor Carlo Dover
Gildo Di Marco: Garullo/Addio
Giuseppe Castellano: Monti
Pino Patti: Faiena
Fulvio Mingozzi: poliziotto
Omar Bonaro: poliziotto
Bruno Erba: poliziotto
Annamaria Spogli: Sandra Roversi, terza vittima
Rosita Torosh: quarta vittima
Karen Valenti: Tina, quinta vittima
Werner Peters: antiquario
Reggie Nalder: inseguitore col giubbetto giallo
Maria Tedeschi: anziana nella nebbia
Carla Mancini: ragazza che guarda la TV
Giovanni Di Benedetto: Professor Rinaldi
Regia Dario Argento
Soggetto Dario Argento
Sceneggiatura Dario Argento
Produttore Salvatore Argento
Casa di produzione Seda Spettacoli, Central Cinema Company Film (CCC)
Distribuzione (Italia) Titanus
Fotografia Vittorio Storaro
Montaggio Franco Fraticelli
Musiche Ennio Morricone
Scenografia Dario Micheli
Costumi Dario Micheli
Trucco Pino Ferrante
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