I film della Hammer production-Parte seconda
Distruggete Frankenstein
Frankenstein e il mostro dell’inferno
1972 Dracula colpisce ancora
I satanici riti di Dracula
La leggenda dei 7 vampiri d’oro
La morte arriva strisciando
Gli artigli dello squartatore
Lo sguardo che uccide
L’uomo che inganno’ la morte
La nebbia degli orrori
Rasputin il monaco folle
Una figlia per il diavolo
Distruggete Frankenstein
Frankenstein e il mostro dell’inferno
1972 Dracula colpisce ancora
I satanici riti di Dracula
La leggenda dei sette vampiri d’oro
La morte arriva strisciando
Lo sguardo che uccide
Gli artigli dello squartatore
L’uomo che ingannò la morte
La nebbia degli orrori
Rasputin il monaco folle
Una figlia per il diavolo
Paura nella notte
Madeline Smith
Stephanie Beacham
Jennifer Daniels
Barbara Shelley
Angharad Rees
Hazel Court
Dana Gillespie
Barbara Selley
Nastassja Kinskj
Joan Collins
Andavamo al cinema-Parte terza
Largo alle immagini in questa terza parte della serie di articoli dedicata alle nostre sale cinematografiche riprese in varie epoche della storia italiana.Tutte immagini in un rigoroso bianco e nero,che da un aspetto quasi ieratico alle stesse.Da nord a sud,i cinema di un’Italia completamente diversa.Ingenua,provinciale,fiduciosa.
L’ingresso del cinema Alcyone di Roma
L’ingresso del cinema Alpi di Torino
Il cinema Littorio di Aprilia (Latina)
Il cinema Littorio di Rovigo
Il cinema Luce di Torino
Il cinema Mazari di Brindisi
Il cinema Moderno di Taranto
L’interno del cinema Odeon di Milano
La sala di proiezione del Supercinema di Roma
Il cinema Odeon di Piombino
Il cinema Pesante di Manfredonia (Foggia)
Il cinema Rex di Taranto
Il cinema Ristori di Ferrara
Il cinema Sociale di Carpaneto (Piacenza)
Cinema Sociale di Favaro Veneto (Venezia)
Il cinema Splendor di Pescia (Pistoia)
Sala interna del cinema Vittoria di Alessandria
Sala di proiezione del Cine Teatro di Trieste
Cinema Teatro delle Terme di Abano Terme (Padova)
Cine Teatro Impero di Brindisi
Cine Teatro Maugeri,Acireale
Sala di proiezione del Cine Teatro Traiano di Civitavecchia
Il cinema Teatro Politeama Alessandrino di Alessandria
Cine Teatro Sociale di Omegna (Verbano Cusio Ossola)
Il cinema Trinacria di Messina
Cinema Umberto,Avellino
Sala di proiezione del Cine Teatro Solvay di Rosignano (Alessandria)
Cinema Vernazza,Genova
Cinema Vittoria,Alessandria
La sala di proiezione del cinema Pio X di Trento
Un uomo,una donna
E’ stata la richiesta dell’amica Luciana,nel topic Link di Filmscoop a riportarmi alla mente questo film di Lelouch,targato 1966.
Un film bello e poetico,del quale parlo ben volentieri e che sopratutto dedico alla nostra amica,sempre gentile ed educata nei suoi commenti sul nostro sito.A lei quindi un grazie e un affettuoso saluto.
“Una versione televisiva e pubblicitaria del melodramma classico,la cui storia zuccherosa e finta è un concentrato di tutti i luoghi comuni possibili sull’amore e la solitudine“.
Sono le parole utilizzate dal Dizionario Mereghetti (Edizione 2008) per stroncare Un uomo,una donna,pellicola diretta da Claude Lelouch nel 1966.
Non voglio essere da meno del celebre dizionario e mi affido alle parole del grande Guccio che,nella sua L’avvelenata,ebbe a dire a proposito di un suo critico:
“tanto ci sarà sempre,lo sapete,un Bertoncelli un prete a sparare cazzate…”
Una citazione forte,ma d’altro canto quando si pontifica come il Mereghetti su un film,senza comprenderne l’intima essenza,ci si può andar giù duro.
Prima di parlarvi del film,ricordo qualche recensione del Mereghetti di film considerati capolavori,alla stregua della famigerata Corazzata Potiemkin di Einsenstein,che Fantozzi apostrofa come “cagata pazzesca”
Alcuni critici hanno sempre avuto la puzza sotto il naso quando hanno dovuto recensire film d’amore o comunque a sfondo sentimentale;le storie di sentimenti generalmente sono viste come fumo negli occhi,quasi che il parlare dell’intimo sia cosa sconveniente o degna al massimo di fare da spunto a feuilleton o romanzi d’appendice.
Così eccoli esaltare film armeni e coreani,tailandesi e mongoli,capaci di ridurre le parti intime degli spettatori in entità microscopiche.
Vizio del tutto italico,questo.
La nostra esterofilia ha avuto sempre qualcosa di patologico;in questo caso all’opposto si arriva allo sciovinismo più bieco nei confronti di una pellicola come Un uomo,una donna,rea agli occhi dei pennivendoli di aver avuto un successo straordinario,di aver in qualche modo commosso o divertito le platee di tutto il mondo.
L’assioma è sempre lo stesso:se il film ha troppo successo non può essere un bel film.
Per essere un capolavoro deve piacere ai critici,alla loro cerchia o al massimo a pochi eletti.
E allora via nell’osannare oscuri film dell’Europa dell’est o della Lapponia.
Purtroppo per loro,è il grande pubblico a pagare il biglietto e questo alla fine è quello che conta.
Dopo questa filippica,d’obbligo dopo aver letto in rete bestialità firmate da grandi critici e cose bellissime scritte invece dal pubblico,parliamo un po dell’oggetto del contendere.
Lelouch,con scarsi finanziamenti ma tante idee che frullano in testa,scrive nel 1966 il soggetto di Un uomo,una donna con Pierre Uytterhoeven senza prendersi nemmeno la briga di accreditarsi come sceneggiatore.
Lo gira in poco più di tre settimane,quasi di getto.
Il che porterebbe a credere che il prodotto finale sia poco curato.
Incredibilmente non è così.
Perchè la pellicola,aldilà dello straordinario successo avuto,può tranquillamente essere usato come compendio di un nuovo modo di fare cinema;l’uso della handy cam,la camera a mano,del flashback,del colore sapientemente mescolato al bianco e nero sfumato o al viraggio seppia trova nella pellicola il massimo della esaltazione e dell’abilità d’impiego.
Al punto che molti futuri cortometraggi presero esempio dalla lezione di Lelouch,che diventò un maestro per coloro che da quel momento in poi
misero mano a short pubblicitari o a corti d’autore.
Un film in cui proprio la trama è la parte meno essenziale mentre è l’immagine la vera protagonista,resa potentemente viva grazie ad un uso magistrale dell’effetto morbido della fotografia stessa.
Ad aggiungere fascino al film,una colonna sonora ormai celebre,quella composta da Francis Lai,destinata a diventare in seguito un classico con in aggiunta le note di Samba Saravah,la bellissima canzone di Baden Powell de Aquino e Vinícius de Moraes,cantata da Pierre Barouh.
*Faire une samba sans tristesse c’est aimer une femme qui ne serait que belle.”,dice Barouh.
Ma la tristezza in questo caso,in questo film,se c’è è solo nelle vite dei protagonisti antecedenti al loro incontro.
Perchè dopo essersi casualmente conosciuti,tutto cambierà,anche quel passato pesante che si portano dietro,come una seconda pelle e con la quale dovranno convivere,ma senza più la paura e il senso di impotenza che caratterizza la loro vita fino al momento fatale.
In breve la trama:
Anne Gauthier è una giovane vedova;suo marito,uno stuntman,è morto da poco in un tragico incidente.
Vive nel ricordo del suo amore scomparso del quale l’unica cosa rimasta,di reale,è sua figlia.
Sarà proprio per merito involontario di sua figlia che farà la conoscenza di Jean-Louis Duroc,un pilota di auto da corsa,
anch’egli rimasto vedovo dopo il suicidio di sua moglie,che aveva fatto il gesto estremo di uccidersi il giorno in cui Jean Louis aveva avuto un incidente
nel quale lei temeva fosse morto.
Anche lui ha un filo fisico che lo lega alla moglie;un figlio che frequenta una scuola nella quale studia anche la figlia di Anne.
Come dicevo,i due figli diventano involontari artefici del loro destino;frequentano la stessa scuola,così il giorno che Anne ha problemi a tornare a casa,lui si offre di accompagnarla.
E’ l’inizio di una tenera amicizia che sfocia ben presto in amore.
Ma il coinvolgimento di entrambi avviene in maniera dissimile.
Per Jean Louis è più facile immergersi nella love story;con la tipica superficialità maschile da per scontato il coinvolgimento della donna,anche a livello fisico.
Nella realtà le cose non stanno affatto così.
Pur amandolo,Anne ha ancora un legame simbiotico con il marito e non è pronta del tutto ad affrontare una nuova storia d’amore.
Cosa succederà ai due novelli amanti?
Tralascio il finale,anche se a mio giudizio è la parte più bella e coinvolgente della pellicola.
Lelouch ha il grande merito di non affrontare la storia con cipiglio drammatico,anzi.
La leggerezza diventa sovrana,anche se non siamo certo di fronte ad un’opera superficiale.
A differenza di altre storie d’amore portate sullo schermo come Fantasma d’amore,Love story,Come eravamo,lo stesso Giulietta e Romeo di Zeffirelli fino al recente Titanic, manca il finale triste,angosciante.
Lelouch opta per un finale aperto,lasciando allo spettatore il compito di intuire quale sarà il futuro dei due amanti.
E lo fa a ragion veduta,perchè Un uomo,una donna è un film che affonda le radici nel passato della coppia,si nutre del presente e tralascia del tutto il futuro.
A cosa serve parlare di futuro se l’attimo da cogliere è nel presente che i due vivono?
Carpe diem.
Vivi la storia,l’amore,senza pensare a domani.
Messaggio chiaro,inequivocabile.
E poichè i sentimenti in fondo sono la molla che governa la parte più importante della vita,ecco che il film
assume una valenza doppia,raccontando con delicatezza quella che è una storia qualsiasi,quasi un’assieme di quadri o di bellissime fotografie
fatte per rappresentarne l’evoluzione,senza scomodare Freud o inventarsi futuri ombrosi e incerti.
Un uomo una donna è quindi un film delicato,come un intarsio o un origami.
In equilibrio tra passato e presente,con un flashback mai invadente ma al contrario vera innovazione del film,ci trasporta in uno scenario quasi sognante,fra il rimpianto per la vita precedente e l’affetto che i protagonisti hanno per i loro sfortunati partner e il bisogno di dover fare di necessità virtù.
La vita va avanti,il dolore non muore mai.
Però si può almeno fingere di dimenticarlo e ricostruire le basi per un presente difficile,si,ma da affrontare sempre e comunque con coraggio e volontà.
A voler citare la frase più famosa della storia del cinema,ci andrebbe bene un “Dopotutto domani è un altro giorno”
Ed è quello che i protagonisti faranno,scegliendo di vivere il proprio essere arrendendosi ai sentimenti.
Di sicuro un’altra componente importante del film è la straordinaria bravura di Anouk Aimee e di Jean Louis Trintignant.
Sfuggente,ieratica,quasi enigmatica lei,ironico ma anche dolce e premuroso lui.
Ma anche tanto altro ancora.
Due attori in stato di grazia,un regista innovativo e delicato,una colonna sonora spettacolosa.
Cosa chiedere di più ad un film?
Un uomo e una donna ebbe un successo straordinario,suggellato dal “triplete” Oscar,Palma d’oro e Golden Globe,
al quale va aggiunto anche il BAFTA per la Aimee.
Un film senza tempo e senza confini.
Un uomo, una donna
Un film di Claude Lelouch. Con Jean-Louis Trintignant, Anouk Aimée, Pierre Barouh, Valérie Lagrange, Antoine Sire, Souad Amidou, Henri Chemin, Yane Barry, Paul Le Person, Simone Paris, Gérard Sire Titolo originale Un homme et une femme. Drammatico, durata 102 min. – Francia 1966.
Anouk Aimée: Anne Gauthier
Jean-Louis Trintignant: Jean-Louis Duroc
Pierre Barouh: Pierre Gauthier
Valérie Lagrange: Valerie Duroc
Antoine Sire: Antoine Duroc
Souad Amidou: Françoise Gauthier
Regia Claude Lelouch
Sceneggiatura Claude Lelouch (non accreditato), Pierre Uytterhoeven (collaborazione ai dialoghi)
Produttore Claude Lelouch (non accreditato)
Casa di produzione Les Films 13
Fotografia Claude Lelouch
Montaggio Claude Barrois, Claude Lelouch (non accreditato)
Musiche Francis Lai
Tema musicale Un homme et une femme, musica di Francis Lai e testi di Pierre Barouh, cantata da Nicole Croisille e Pierre Barouh
Scenografia Robert Luchaire
Costumi Richard Marvil
Premio Oscar 1967 come Miglior film straniero (Francia) e come Migliore sceneggiatura originale a Claude Lelouch e Pierre Uytterhoeven
Palma d’oro 1966 a Claude Lelouch al festival di Cannes
Golden Globe 1967 come Miglior film straniero (Francia)e come Miglior attrice in un film drammatico a Anouk Aimée
Premio BAFTA 1968 come Migliore attrice straniera a Anouk Aimée
Nastro d’argento 1967 come Regista del miglior film straniero a Claude Lelouch
Claude Lelouch
L’opinione di Dalton dal sito http://www.filmtv.it
Una gradevole telenovela dall’originale piglio regist(r)ico. Ottenne un inaspettato successo internazionale anche grazie all’intramontabile colonna sonora di Francis Lai, poi autore delle musiche di LOVE STORY. Montaggio dinamico (piuttosto anomalo per un’opera europea) ed una coppia di attori, Trintignant/Aimée, in stato di grazia. Frase chiave: “Non posso rovinarmi la vita per una persona che si impossibilita di sentirsi felice”
L’opinione di fidelio78 dal sito http://www.filmscoop.it
Splendido film di Lelouch che ha il sapore e il ritmo della vita. E’ il classico film francese in cui però i personaggi sono così ben delineati e descritti che riescono ad incantare, anche quando la storia forse arranca. Questo tipo di cinema spesso annoia perchè non tutti sono capaci di raccontare una storia con tale garbo. E’ un film intimo su un rapporto, un film minimalista che riesce a rapire completamente.
Bellissimo
L’opinione di atticus dal sito http://www.filmscoop.it
Quintessenza del minimalismo romantico francese degli anni ’60.
Lelouch dirige il suo film più celebre e fortunato, forte di un bella tessitura psicologica sui personaggi (due facce di una stessa solitudine) e di un affascinante struttura a flashback. Una fotografia straordinaria e l’immortale tema musicale di Francis Lai fanno il resto. Magari potrà lasciare un senso di vaga inconsistenza, ma è un film così raffinato e chic! Protagonisti sublimi, fermo immagine finale che è un vero colpo di genio. Da rivedere.
Opinioni tratte dal sito http://www.davinotti.com
Il Gobbo
Due vedovi ancora giovani si incontrano al collegio dei figli. Inizia il più fortunato, immarcescibile, patinato tira e molla amoroso della storia del cinema, un apocalittico successo di pubblico sulle note celeberrime di Francis Lai. Oggi si fa fatica a comprendere il perché di tanta fortuna, ma non si può negare l’abilità diabolica di Lelouch, l’esattezza matematica della costruzione, e – per chi apprezza – l’essenzialità come documento d’epoca. Un film che resiste a ogni parodia. “Sciabadabadà, sciabadabadà”…
Homesick
Una storia risaputa di amour fou e di solitudine, resa tuttavia più che affascinante dallo stile registico di Lelouch, che ai dialoghi preferisce la potenza evocativa delle immagini e dei silenzi, dei primi piani e dei gesti, nonché dei numerosissimi flashback. Professionali e misurate le interpretazioni di Trintignant e della Aimèe, ai quali fa eco la celeberrima colonna sonora di Francis Lai.
Deepred89
Discreto film. Leggero, affascinante ma anche parecchio lento. Comunque la regia è di buon livello e i due protagonisti sono azzeccati. Buona la fotografia che alterna colore e bianco e nero. Ottima (e famosissima) la colonna sonora.
Lucius
A mio parere la colonna sonora (tranne il main theme che tanto successo ha avuto a livello internazionale) è troppo francese e a tratti poco indicata. Per il resto siamo al cospetto di una pellicola con immagini potenti, in grado di emozionare lo spettatore come poche altre. La regia, attenta, consta di movimenti di macchina da scuola del cinema e la fotografia risulta incredibilmente suggestiva. Con tale peculiarità il film non può che considerarsi riuscito. Il risultato finale sarebbe stato amplificato meglio da un autore come Thomas Dolby.
Giacomovie
Bel film per il quale conta principalmente l’atmosfera piuttosto che la densità della storia. In un clima di sofisticata delicatezza Lelouch fa lievitare lentamente la dimensione romantica, la lascia sospesa e la contorna di un erotismo implicito. Ma il fluire distensivo, quasi tranquillante, degli eventi, il soave accompagnamento della colonna sonora e il riuscito cocktail tra colore e bianco/nero lasciano alla fine del film un senso di soddisfazione per l’avvenuta visione. Anouk Aimee è bravissima ed incantevole.
Due maschi per Alexa
Alexa ha sposato Roland,un uomo dai modi signorili e sopratutto ricchissimo;ma anche troppo più anziano di lei.
Stanca del menage familiare,ha cosi trovato consolazione tra le braccia dell’aitante Pietro,tradendo il marito senza alcuna esitazione e senza alcuno scrupolo.
Roland scopre la relazione tra i due amanti,li spia e li segue e capisce che non può competere con il fascino della giovinezza del suo rivale.
Decide quindi di mettere in pratica un piano diabolico;scoperti a letto i due amanti,si uccide in loro presenza.
Dopo lo sgomento iniziale,Alexa e Pietro decidono di chiamare la polizia ma scoprono che Roland ha in pratica blindato la casa,impedendo loro qualsiasi contatto con l’esterno.
Pesanti grate d’acciaio chiudono ermeticamente la casa,che è diventata una prigione mortale per i due amanti,tagiati fuori anche da qualsiasi contatto telefonico con l’esterno.
“Tu sei qui,con me,in questo sepolcro che ho costruito per noi tre“dice la voce registrata senza emozioni di Roland.
L’atmosfera di passione svanisce ben presto.
La paura serpeggia tra gli amanti,che ricordano in flashback quelli che sono stati i ricordi del loro incontro
mentre la voce fredda di Roland,registrata su un magnetofono li segue implacabile,rivelando in anticipo i loro movimenti,le loro parole e i loro pensieri.
Poco alla volta quella che sembrava una passione irrefrenabile,un amore potente viene a galla sotto una luce diversa:Alexa e Pietro
sono soltanto due persone legate l’una all’altra dagli istinti primordiali,non da affetto vero.
Con il tempo che scorre inesorabilmente la vendetta di Roland si compie e quando Alexa si rende conto di essere allo stremo delle
forze…
Dramma quasi sheakespiriano questo Due maschi per Alexa,diretto dal regista spagnolo Juan Logar nel 1971,una delle sette opere da lui dirette,
fra le quali l’altra più conosciuta è Crystalbrain, l’uomo dal cervello di cristallo.
Film dall’andamento lento caratterizzato dall’uso del flashback,che mostra la vita passata dei due amanti in netto contrasto con il presente.
Alle immagini ormai sbiadite della passione e delle ore passate felicemente in spiaggia o nelle altre occasioni dei loro incontri
si sovrappone per la legge del contrappasso un presente claustrofobico,con i due amanti rinchiusi sotto lo stesso tetto
con il terzo incomodo,quel Roland che con spietata lucidità ha ordito la trappola della quale sono prigionieri.
Una trappola che rivela come i due,in fondo,altro non siano che persone meschine,arriviste,legate l’un l’altra solo dai sensi.
Non c’è amore e non c’è nessun sentimento forte tra loro.
E questo li porterà alla distruzione finale,che arriva quasi come una condanna annunciata dalla voce lugubre di Roland,conoscitore
dell’animo umano che in fondo aveva previsto i loro comportamenti e che anticipa il finale con le sue parole monotone scandite dal registratore.
La punizione per la bella Alexa è la tragica conseguenza della sua avidità,di quell’arrivismo che l’ha portata a sposare Roland non certo per affetto
ma per sete di denaro.
Analoga punizione per l’avido Pietro,che perirà proprio per mano della sua amante.
Film di pregevole fattura,nel quale i personaggi di contorno (la figlia del precedente matrimonio di Roland,l’avvocato ecc) scompaiono
per lasciare posto ai veri protagonisti della tragedia,i due amanti.
Logar segue con buon uso della tensione le fasi drammatiche,in crescendo,della prigionia forzata di Alexa e Pietro.
C’è una discreta tensione nel film,che si segue con piacere.
Molto bella e sensuale la sfinge italiana,Rosalba Neri,dignitoso e tragico Curd Jurgens,il marito tradito autore della spietata vendetta mentre
decisamente opaco è Juan Luis Galiardo,decisamente l’anello debole del film.
Un thriller di pregevole fattura,quindi,finalmente disponibile in una versione accettabile su youtube
all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=GnVnq_RscC0
Due maschi per Alexa
Un film di Juan Logar. Con Curd Jürgens, Rosalba Neri, Juan Luis Gallardo,Emma Cohen,Manolo Otero Drammatico, durata 95 min. – Italia 1972
Juan Luis Galiardo…Pietro
Curd Jürgens …Ronald Marvelling
Rosalba Neri …Alexa
Emma Cohen …Catherine
Manolo Otero …Phillipe
Eduardo Calvo …Max
Mario Della Vigna …Marcel
Regia: Juan Logar
Sceneggiatura:Francesco Campitelli,Jesús L. Folgar,Juan Logar
Musiche:Piero Piccioni
Fotografia:Igino Florentini
Montaggio:Antonio Ramírez de Loaysa
Costumi:Giorgio Marzelli
L’opinione di wangyu dal sito http://www.filmtv.it
La storia è interessante perchè c’è un diabolico piano di vendetta e incuriosisce vedere se i due immorali riusiranno a uscirne integri ,
purtroppo mentre da una parte c’è una fantasia stuzzicante sembra che il regista non voglia mai affondare i colpi e giri le scene
in maniera frettolosa e sciatta,specialmente alla fine.
Opinioni tratte dal sito http://www.davinotti.com
Ciavazzaro
Ottimo thriller molto originale, ben recitato. Dall’eccellente Curd Jurgens alla sensuale Rosalba Neri, c’è pure il grande caratterista spagnolo Eduardo Calvo. La pellicola risulta molto originale, conta su un buon tema musicale. Da citare la stanza-bara nella quale si svolge la maggior parte del film e gli incubi della Neri. Consigliato.
Deepred89
Due persone (amanti in questo caso) segregate in uno spazio chiuso con un cadavere in mezzo, mentre una voce registrata illustra loro la macchinazione. Impossibile non pensare ad un noto thriller americano recente, nonostante i temi affrontati (e il modo in cui vengono affrontati) siano del tutto differenti. Al di là di tali curiose analogie, questo thrillerino non è che sia un granchè. Ben recitato e confezionato dignitosamente, ma purtroppo incapace di coinvolgere e troppo esile nella sceneggiatura. Sufficienza risicatissima.
Daidae
Bel thriller atipico e particolare.: un uomo tradito organizzerà una particolare vendetta… Bellissima Rosalba Neri, un po’ scarso Galiardo, ma va bene lo stesso. Ottime musiche del maestro Piccioni; un bel film che raggiunge l’apice quando si vede il protagonista dapprima fiducioso arrendersi all’evidenza della trappola ordita.
Lucius
Chi come me ama i film Anni Settanta troverà estremamente piacevole questo thriller girato quasi (o interamente?) a Parigi. Il soggetto della sceneggiatura, ancora attuale al giorno d’oggi, è ben interpretato da un cast variegato. L’appartamente “sigillato” mi ha ricordato quello di Scissors; anche se il finale forse è un po’ frettoloso il film resta comunque interessante perché credibile.
Fauno
La vanità ne esce veramente a pezzi e altrettanto i protagonisti del film. Crudele, inesorabile e angosciante da dare più suspense di molti thriller. I flashback espongono divinamente il lento procedere dell’annunciata catastrofe. Fantastico Jurgens, brava come sempre la Neri. Un’altra chicca di film!
B. Legnani
Insolito giallo, i cui meriti stanno essenzialmente nella sua originalità e nell’azzeccata cadenza dei vari flashback. Funziona Jürgens e funziona Rosalba Neri, pure brava. Restano però inopinatamente aperte alcune piste (ma la figlia dell’anziano e l’avvocato perché spariscono dalla trama?) ed il finale lascia un po’ delusi, pur se giunge inaspettato. Così così.
Undying
Un ricco ed anziano vedovo di nome Roland (Curd Jürgens) entra nelle mire della giovane Alexa (Rosalba Neri) che decide di sposarlo per l’agiatezza economica, ma allo stesso tempo opta per farsi, come amante, il più giovane ed avvenente Pierre (Juan Luis Galiardo). Quando il marito, afflitto dal tradimento, si toglie la vita, un nastro spiega cosa attende i due amanti, mentre un meccanismo blocca le uscite della casa/ritrovo. Interessante noir, tragicamente lucido, ben scritto e doppiato (anche da Amendola). Impostato su temi esistenziali.
L’erotomane
Una carriera in crescita come manager senza scrupoli di un’azienda petrolifera,una splendida moglie e un’altrettanto splendida
amante.
Ma il cavalier Persichetti,a questi successi deve sommare un grosso problema personale.
Negli ultimi mesi,quasi come paradossale nemesi personale,più ha avuto successo negli affari più ha avvertito problemi di impotenza che sfociano in frustrazione nel non poter più consumare rapporti con le donne della sua vita.
Così decide di affidarsi alle cure di uno stravagante psicologo/sessuologo che tenta di analizzare il problema e rimuoverlo,
convinto che si tratti di un trauma infantile.
Ma nonostante lo psicologo le provi tutte,Persichetti resta refrattario ad ogni cura e alla fine dovrà arrendersi…
Succinta descrizione della trama di L’erotomane,film di Marco Vicario del 1974 che segue la più che buona prova fornita
con la sua direzione precedente,quel Paolo il caldo ricavato da un romanzo di Brancati che aveva rinsaldato la buona fama
del regista,autore tra l’altro del più grande successo al botteghino del 1971,Homo eroticus.
Gastone Moschin e Milena Vukotic
Questa volta però Vicario sbraca abbastanza visibilmente,con una commedia erotica ricca di seni e glutei e priva di ogni divertimento,
a meno che non si consideri tale l’assistere a scenette ripetute all’infinito,battute stanche e sogni onirici del protagonista,
un cavalier Persichetti affarista e speculatore,che paga il successo nel lavoro con la perdita della virilità.
A parte la trama inconsistente e pecoreccia,Vicario sbaglia quasi tutto quello che può sbagliare.
A partire dalla scelta del protagonista,affidata ad un Gastone Moschin semplicemente imbarazzante;la logica avrebbe voluto che si ricomponesse
la coppia tra Vicario e Buzzanca,vero stereotipo del maschio all’italiana,che aveva portato al successo quell’Homo eroticus
di ben altro livello rispetto ai modestissimi risultati raggiunti con questa pellicola.
Moschin,grande interprete leggero,appare spaesato in un ruolo principale che non sente e che evidentemente non ama.
A nulla vale il cast affiancatogli,che presenta nomi di un certo spessore del cinema settantiano italiano.
Nei due fotogrammi:Janet Agren
Mi riferisco alle bellissime Janet Agren,Silvia Dionisio e Paola Senatore,Isabella Biagini e Nada Arneric; non meno valido dal punto di vista rappresentativo il cast maschile,con la presenza dell’onnipresente Caprioli (viscido e corrotto politico) e di Jacques Dufilho,lo strambo e stravagante psicanalista,reduce dai successi del suo personaggio più famoso,il colonnello Buttiglione.
Nel 1974 la commedia sexy o erotica mostrava la corda,anche se era comunque molto seguita.
Ma l’uscita di tanti prodotti praticamente fatti in copia carbone spesso allontanava il grande pubblico e a quanto pare anche i critici,
che spesso recensivano questi prodotti senza nemmeno vederli.
Come acutamente fa notare Gordiano Lupi,basta leggere cosa scrive ad esempio il Mereghetti sbagliando completamente il sunto della trama:
“Un cinico avvocato sfoga la sua impotenza sessuale diventando uno spregiudicato affarista, mentre tutte le cure per recuperare la virilità sono vane.
Solo lo shock di sapersi cornuto lo sblocca e lo trasforma in un forzato del sesso a tutti i costi. Classica commediola, neanche troppo originale,
che scivola verso il genere pecoreccio”
Silvia Dionisio
O anche Farinotti,generalmente abbastanza affidabile,che fa lo stesso errore:“In seguito ad uno choc infantile, il cavalier Persichetti è diventato impotente. Per guarire le tenta tutte, ma soltanto nel vedere la moglie a letto con un altro riesce a “sbloccare” il vecchio trauma.
Da quel momento in poi diventerà un maniaco sessuale”
A parte le generose forme delle protagoniste,c’è ben poco da guardare nel film;particolarmente noiose sono le sequenze in cui
Moschin racconta come intende approfittare della crisi petrolifera per speculare,o i vari siparietti immaginari in cui fantastica sulla segretaria dello psicanalista (ovviamente sognata completamente nuda)
Non manca il solito,pecoreccio amplesso tentato sul terrazzo con le immancabili studentesse ( e monache) che osservano
un po vogliose un po imbarazzate i goffi tentativi di Moschin/Persichetti di sedurre la bella cameriera.
Brutto film,decisamente.
Rimasto per quasi 40 anni in un cassetto e magicamente riapparso poco tempo fa e oggi disponibile in una versione mediocre su
you tube all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=98-Q52fcBHo
Da segnalare soltanto dal punto di vista visivo il bel campionario vintage che riguarda oggetti,vestiario e auto.
Maria Antonietta Beluzzi
L’erotomane
Un film di Marco Vicario. Con Janet Agren, Milena Vukotic, Vittorio Caprioli, Gastone Moschin, Isabella Biagini, Silvia Dionisio, Mario Colli, Andrea Scotti, Ugo Fangareggi, Jacques Herlin, Eugene Walter, Gaetano Scala, Neda Arneric, Jacques Dufilho, Paola Senatore, Livio Galassi, Carla Brait, Mauro Vestri, Giacomo Rizzo, Loredana Martinez, Rosita Torosh, Paolo Paoloni Commedia, durata 100 min. – Italia 1974
Gastone Moschin: Rodolfo Persichetti
Isabella Biagini: Dott.sa Bonetti
Janet Agren: Ciccia, la moglie
Neda Arneric: Marietta
Jacques Herlin: Chirurgo
Vittorio Caprioli: Il ministro
Jacques Dufilho: Prof. Pazzoni
Maria Antonietta Belluzzi: Gertrude
Silvia Dionisio: Claretta
Regia Marco Vicario
Soggetto Marco Vicario
Sceneggiatura Marco Vicario
Produttore Alfredo Melidoni
Casa di produzione Atlantica Produzioni Cinematografiche
Distribuzione (Italia) Medusa
Fotografia Giuseppe Rotunno
Montaggio Nino Baragli
Musiche Riz Ortolani
Marco Vicario,il regista
Flano del film
Janet Agren
The Eichmann show
SS-Obersturmbannführer Otto Adolf Eichmann,numero di tessera del partito Nazional socialista 889.895
Un uomo che dal 1945 è in cima alla lista dei criminali nazisti più ricercati da Israele,con Mengele e Bormann;è ritenuto di essere responsabile della deportazione e della morte di oltre 6 milioni di ebrei,inclusi un milione e mezzo di bambini.
L’uomo che aveva pronunciato le terribili,disumane parole ritrovate tra i suoi scritti:« All’occorrenza salterò nella fossa ridendo perché la consapevolezza di avere cinque milioni di ebrei sulla coscienza mi dà un senso di grande soddisfazione.
Mi dà molta soddisfazione e molto piacere »
Sopratutto,l’uomo che grazie all’aiuto del vicario di Bressanone, Alois Pompanin riuscì,per merito della famigerata “via dei topi“,com’era chiamata
la rotta che portò numerosi esponenti nazisti in sudamerica,a rimanere uccello di bosco fino al 1960 in Argentina,prima di essere identificato e rapito
da agenti del Mossad,che lo portarono a Gerusalemme,dove venne sottoposto nel 1961 ad un processo che fece epoca.
Ed è proprio sul processo al burocrate della morte che è imperniato The Eichmann show-Il processo del secolo,film diretto da Paul Andrew Williams nel 2015 e che ricostruisce le fasi immediatamente precedenti al processo e la storia del processo stesso,ripreso dalla tv e trasmesso in tutto il mondo.
Per la prima volta infatti in tutti gli angoli del globo l’umanità ebbe la possibilità di ascoltare e vedere quasi in tempo reale i volti dei sopravvissuti
alla Shoah e sopratutto di guardare in faccia uno dei demoni scesi sulla terra per sterminare inermi,donne,bambini,anziani ebrei,zingari o semplicemente dissidenti politici.
Un film di stampo quasi teatrale,con tempi adeguati alla narrazione di questo genere,che fa interagire attori con la realtà storica,
rappresentata dai filmati orginali,assolutamente perfetti,del processo al criminale di guerra Eichmann.
La narrazione inizia proprio con il reclutamento da parte del produttore televisivo Milton Fruchtman che ingaggia il regista di documentari Leo Hurwitz, temporaneamente in disgrazia per essere stato inserito nella famigerata lista nera del senatore Mac Carthy,che includeva molti nomi noti dello spettacolo accusati di simpatie comuniste.
Israele aveva deciso di rendere pubblico il processo,per mostrare al mondo le nefandezze del nazismo,sopratutto a coloro che continuavano ad avere dubbi sulla reale esistenza della “soluzione finale del problema ebraico“,di cui Eichmann fu il principale artefice.
Così nonostante l’opposizione dei giudici,che avrebbero voluto evitare il processo pubblico sopratutto per l’invadenza delle telecamere,
è proprio Leo Hurwitz a studiare un sistema per rendere praticamente invisibili le stesse,utilizzando tutti i trucchi più moderni per evitare che nella stanza del processo qualcuno potesse vedere le telecamere stesse.
I testimoni al processo (immagini registrate del processo)
Il via al processo mostra da subito il volto che Eichmann ha astutamente deciso di esibire,quello di un uomo anonimo,un semplice esecutore di ordini,quasi un piccolo,microscopico ingranaggio preda di un meccanismo troppo grande per lui.
L’uomo Eichmann è in effetti di un grigiore assoluto.
Una calvizie incipente su un volto che mostra ben più dei 55 anni che ha all’inizio del processo.
Spessi occhiali,una smorfia perennemente stampata sul volto.
E’ questo quindi l’uomo che ha mandato a morire e incenerito 6 milioni di esseri umani.
La banalità del male,come ebbe a dire Hannah Arendt nel suo celebre “Eichmann in Jerusalem – A Report on the Banality of Evil”,
Eichmann a Gerusalemme: resoconto sulla banalità del male.
Tra Milton Fruchtman e Leo Hurwitz ci sono anche duri contrasti;il regista continua a non accettare l’idea che Eichmann,nel corso del processo,non mostri il benchè minimo segno di umanità,cosa che a Fruchtman interessa poco.
Lui intende mostrare la realtà delle cose,documentare il processo e lasciarlo come testimonianza della barbarie nazista,un documento visibile nel corso dei secoli a venire.
Processo che inizia ad entrare nel vivo dopo la contestazione dei 15 capi d’accusa ad Eichmann e la successiva dichiarazione di non colpevolezza da parte dell’imputato per ognuno dei capi d’accusa.
Ma l’arrivo dei primi testimoni scardina immediatamente la granitica impassibilità del criminale;sfilano i testimoni dell’orrore,i loro racconti sono da pelle d’oca.
Eichmann assiste alla proiezione dei documentari degli alleati
Uno di essi,che ha perso la moglie e due figli che ha visto cadaveri davanti a se,per l’emozione ha un collasso;la tensione è altissima.
Hurwitz,che vive in un albergo gestito da una scampata all’olocausto,la signora Landau,ha con lei un illuminante confronto.
La donna gli racconta come prima del processo la sua gente,i suoi amici, credessero che la Shoah fosse un’invenzione o comunque un’esagerazione.
E che invece il racconto dei testi ha inorridito le persone.
Al pubblico e ad Eichmann sono mostrati i filmati dell’orrore;la lunga teoria di persone ridotte a scheletri,morte vicino ai reticolati percorsi dalla corrente elettrica verso i quali si lanciavano,per porre fine alle proprie sofferenze,i mucchi disordinati di cadaveri gettati alla rinfusa o sepolti con i bulldozer vengono mostrati in tutto il mondo.
La televisione si rivela uno strumento formidabile di conoscenza di divulgazione della realtà storica.
Ed Eichmann assiste imperturbabile,quasi assente.
Il suo volto da freddo burocrate non mostra mai emozione,mai pietà o coinvolgimento.
Qualche crepa compare solo quando il Procuratore Generale Gideon Hausner gli contesta contraddizioni e lo accusa,senza mezze misure,di non essere
solo un esecutore di ordine,ma il vero responsabile della deportazione degli ebrei.
L’orrore mostrato in aula
Il processo prosegue e termina con il verdetto atteso:condanna a morte per impiccagione.
Che,come recitano le didascalie finali,avviene il 31 maggio 1962 a Ramla capoluogo del Distretto Centrale dello Stato di Israele.
Ancora le didascalie raccontano come il corpo esanime di Eichmann venne cremato,il forno venne distrutto e le sue ceneri,
trasportate fuori dalle acque territoriali israeliane in un secchio,vennero gettate in mare e il secchio stesso lavato per non riportare a terra
nemmeno il minimo frammento di Eichmann.
The Eichmann show è un film ben diretto e ben recitato,un asciutto documento storico che,dopo essere stato trasmesso in tv in occasione
della Giornata della memoria 2016 è tornato nei cinema.
Un film da vedere ed apprezzare,che mostra sia l’importanza della tv nella divulgazione anche di documenti storici che il volto segreto
dell’oscuro burocrate della morte,la banalità del male.
The Eichmann Show
Un film di Paul Andrew Williams. Con Martin Freeman, Anthony LaPaglia, Rebecca Front, Zora Bishop, Andy Nyman,Nicholas Woodeson, Ben Lloyd-Hughes, Ben Addis, Dylan Edwards, Caroline Bartleet, Ed Birch, Nathaniel Gleed, Vaidotas Martinaitis, Nell Mooney,
Solomon Mousley, Anna-Louise Plowman Titolo originale The Eichmann Show. Drammatico durata 90 min. – USA 2015.
Martin Freeman: Milton Fruchtman
Anthony LaPaglia: Leo Hurwitz
Rebecca Front: Mrs. Landau
Andy Nyman: David Landor
Nicholas Woodeson: Yaakov Jonilowicz
Regia Paul Andrew Williams
Soggetto Simon Block
Sceneggiatura Simon Block
Fotografia Carlos Catalan
Montaggio James Taylor
Musiche Laura Rossi
Scenografia Asta Urbonaite
Costumi Daiva Petrulyte
Produttore Laurence Bowen, Gina Marsh, Ken Marshall, Sheetal Vinod Talwar, Gary Tuck
Produttore esecutivo Philip Clarke, Martin Davidson, Jamie Carmichael, Greg Phillips
Casa di produzione BBC
Il falso documento con cui Eichmann espatriò
Il passaporto argentino con la data di nascita alterata
Il criminale in divisa da SS
Plagio
In una Bologna agitata dalla contestazione del 68,Angela e Massimo che partecipano ad una manifestazione soccorrono Guido,aggredito da tre giovani estremisti.
E’ l’inizio di una bella amicizia tra i ragazzi,divisi praticamente da tutto;mentre Angela e Massimo infatti appartengono a famiglie del popolo,Guido è figlio di una famiglia ricca e in vista.
A dividerli c’è anche il profondo rapporto esistenze tra Angela e Massimo,che ben presto Guido scopre di invidiare.
Ma la cosa non sembra turbare,almeno all’inizio,il rapporto tra i tre.
Solo che Guido,abituato ad ambienti completamente diversi dal loro,sembra non conoscere l’affetto e l’amore per una donna.
E così ben presto scopre di essere attirato da Angela.
Turbata dal giovane, alla fine Angela,nonostante l’amore che prova per Massimo,cede a Guido.
Il quale,correttamente,informa della cosa Massimo.
Il giovane reagisce scappando e ritornando nella sua Rimini,ma ben presto l’affetto che si era stabilito tra i tre prevale e il gruppo si ricompone.
Nasce così un improbabile e insostenibile menage a trois che vedrà anche l’evolversi di un rapporto gay tra i due ragazzi.
I tre si lasciano andare ad un rapporto sessuale che però sconvolge Guido,che il giorno dopo si allontana.
Per motivi sconosciuti (disgrazia?suicidio?) la sua auto finisce fuori strada e il giovane muore.
Ai funerali di Guido partecipano solo i due ragazzi.
Angela con un fascio di fiori si allontana da Massimo,quasi a voler simboleggiare la fine del rapporto con lui…
Plagio è uno dei quattro film diretti da Sergio Capogna.
Siamo nel 1969 e la tematica del triangolo consapevole è di sicuro scottante e moralmente condannata.
Ragion per cui il regista romano è costretto ad andarci con i piedi di piombo per evitare di incappare nella censura e motivo anche
di una linea non precisa del film.
Che parte con uno sfondo politico (il 68,il movimento e gli scontri di piazza) e si conclude malinconicamente con il tema sentimentale
scandito durante la narrazione dall’uso del flash back in bianco e nero o color seppia,quasi a voler rimarcare il tono
dolente del film.
Che in realtà assomiglia più ad una tragedia,visto che le vite dei tre protagonisti saranno definitivamente cambiate dagli avvenimenti.
La storia d’amore impossibile nasce e si sviluppa con sensi di colpa da parte dei tre giovani,incapaci di vivere appieno i sentimenti che li sconvolgono,
in una società apertamente oscurantista in materia di sesso.
Sarà il più debole dei tre,apparentemente,ovvero Guido a pagarne il prezzo più alto,morendo in un incidente la cui dinamica resta volutamente
oscura:si suicida perchè sa che non c’è futuro per la loro storia oppure finisce fuori strada casualmente?
La storia non lo chiarisce,resta solo il finale,molto amaro, a dire che i tre hanno vissuto qualcosa di unico ma anche di irripetibile.
Pacato,descrittivo e affascinante sopratutto per la confezione estetica,Plagio è opera di buon livello a cui nuoce però l’acerba interpretazione dei tre attori principali,molto impacciati e poco comunicativi.
Mita Medici è bella ma algida e fredda,Ray Lovelock imbarazzato e Alain Noury acerbo e inespressivo.
Così la parte del leone la fa la bella e brava Cosetta Greco,l’operaia saggia e disponibile che ha una storia con Guido.
In quanto a Capogna mostra buona mano e padronanza del mezzo tecnico,alla luce anche del fatto che in pratica la storia è figlia sua in tutti i sensi,
visto che cura la regia,la sceneggiatura e alla fine anche il montaggio.
Con buona tecnica e con buone capacità dicevo.
Inspiegabilmente passerà diverso tempo prima che il regista metta mano ad un altro film,quel Diario di un italiano che nel 1973 sarà l’ultima sua opera.
Quattro anni dopo infatti il regista scomparirà a soli 50 anni per una brutta malattia.
Un vero peccato,alla luce della sua capacità analitica e dal tono malinconica di eviscerare le figure protagoniste dei suoi film.
Che in questo Plagio appaiono silenziose e quasi presaghe di un futuro negato.
Sicuramente un’opera datata,vista l’evoluzione dei costumi e della morale,ma che va inquadrata in un’epoca in cui parlare di sentimenti e di sesso
a tre era veramente un azzardo.
Nella pellicola c’è qualche fugace scena di nudo di Mita Medici,probabilmente sostituita da una controfigura,scene giustificate e comunque decisamente pudiche mentre l’accenno alla relazione omosessuale tra i due protagonisti maschi è appena abbozzata.
Belle le location.
Si va da una Bologna romantica e sognante in cui gli scontri di piazza sono solo in sottofondo ad una fugace sortita per Padova,poi attraverso una Rimini quasi felliniana e infine alla splendida,palladiana villa Cordellina Lombardi in Via Giacomo Matteotti a Montecchio Maggiore (VI)
storica residenza affrescata tra l’altro da Giambattista Tiepolo.
Plagio è rimasto a lungo un film sepolto;riemerso poco tempo fa,è oggi disponibile in una splendida versione digitale che restituisce il fascino di un’opera che ebbe molto successo sopratutto all’estero e che racconta con pudore e senso della misura una storia d’amore sullo sfondo del finire degli anni sessanta,l’ultima epoca ingenua di un’Italia che di li a poco avrebbe conosciuto il triste periodo degli anni di piombo.
Bella la colonna sonora,con brani rock e classici,bella la fotografia.
Da vedere
Plagio
Un film di Sergio Capogna. Con Ray Lovelock, Mita Medici, Alain Noury, Cosetta Greco,Dino Mele, Giuliano Disperati Drammatico, durata 85 min. – Italia 1969
Ray Lovelock: Guido
Alain Noury: Massimo
Mita Medici: Angela
Dino Mele: Roberto
Cosetta Greco: Edera
Libero Grandi: professore universitario
Giuliano Esperanti: poliziotto
Raffi: sorella di Guido
Regia Sergio Capogna
Soggetto Sergio Capogna
Sceneggiatura Sergio Capogna
Produttore Giuliana Scappino
Casa di produzione Faser Film (Roma); Prodimex (Paris)
Distribuzione (Italia) Regionale
Fotografia Antonio Piazza
Montaggio Sergio Capogna
Musiche Gustav Mahler, Dirtan Michailev
Scenografia Franco Bottari
Costumi Franco Bottari
L’opinione di Franred dal sito http://www.mymovies.it
Di Plagio mi ha colpito la profonda sensibilità con cui Capogna ha raccontato i delicati sentimenti di Guido,Angela e Massimo.La rivoluzionaria regia con scene a colori e virate,lo stile sicuro,raffinato,inusuale,al di fuori di ogni schema.Un film coraggioso e sincero da vedere o rivedere con ottimi attori e una splendida fotografia e musica(l’Adagietto di Mahler due anni prima che Visconti lo scegliesse per Morte a Venezia e brani rock).
Dal sito http://www.cinematografo.it
(…) ci pare di intravvedere in questo malinconico e triste film di Capogna le linne di una sostanza intima, una poesia delle cose, e riesca a comunicarci emozioni che oltrepassano il frasario chiuso della materia narrativa (…). Comunque il suo è un film piuttosto ingenuo, ma non banale.” (G. Turoni, ‘Bianco e Nero’, 9/10 ottobre 1969)
Da Segnalazioni cinematografiche vol. 67, 1969
“E’ un film incentrato sulla figura di un giovane desideroso di entrare in una comunità di affetti, vista come integrazione della propria personalità. La storia appare nel complesso artificiosa: il legame con la contestazione studentesca, che gli fa da sfondo, incoerente; mentre gli stessi personaggi sono psicologicamente approssimativi. Bella la fotografia e l’ambientazione.”
Opinioni tratte dal sito http://www.davinotti.com
Homesick
Ménage à trois consensuale delimita la carenza di affetti comunicata dalla voce flebile e sommessa di Lovelock e dalle sue crisi emotive. Pregevole la fotografia d’atmosfera – l’uggioso interludio riminese anticipa Zurlini – e uso sapiente della colonna sonora in cui si alternano indomito rock e malinconiche sinfonie classiche. I tre giovani attori se la cavano, ma si avverte il loro divario con la veterana Cosetta Greco, prostituta-operaia bella, saggia e rassicurante che appaga i sensi (a questi provvede anche la Medici) e l’animo. Solo sullo sfondo le contestazioni studentesche del ‘68.
Deepred89
Ménage à trois alla bolognese (ma con qualche trasferta) con tocchi decadenti, un film piccolo piccolo che sta in piedi grazie all’elegante confezione. Brava la Medici, così così Noury, Lovelock davvero mediocre (come lui stesso ammetterà), intreccio banale ma nemmeno malvagio, anche se la conclusione non soddisfa. Curiosi gli accenni gay, anche se timidi quanto tutti il resto. Non imprescindibile, ma interessante per il suo mostrare un sessantotto vissuto nelle retrovie.
Lucius
Grande successo internazionale per questa pellicola basata su una storia vera. Avrei invertito i ruoli ai due attori per una propensione maggiore verso i rispettivi personaggi ma, detto questo, trattasi di una bella perla del cinema italiano. Il triangolo no, non lo avevo considerato, in un’ambientazione sessantottina, tra movimenti studenteschi e sentimenti difficili da gestire. Qualche remora sul finale, ma realistico al cento per cento. Ottima anche la scelta delle location.
Fauno
Un bellissimo film e per nulla melodrammatico, che descrive ed esprime in maniera intatta e integra molte delle sensazioni presenti nei giovani, senza vergogna di scandagliare nel loro animo più recondito. Attori abbelliti e scenari selezionati con criterio, il film non ha pecche, non sfocia mai nel patetico e non cala. Dovendomi però trovare davanti alla biforcazione finale, umanamente son più dalla parte di Noury che da quella della Medici.
Il regista Sergio Capogna
Villa Cordellina Lombardi in Via Giacomo Matteotti a Montecchio Maggiore (VI)
Vista frontale,oggi
Sullo sfondo,il Grand Hotel di Rimini
Il Grand Hotel di Rimini oggi
Prato della Valle,Padova, nel film
Prato della Valle oggi
Il cinema Odeon di Bologna nel film
Il cinema Odeon di Bologna oggi
Il vichingo venuto dal sud
Lando Buzzanca ha spesso dato vita sullo schermo alla figura del classico stereotipo del maschio latino; questa è stata la sua fortuna ma anche, se vogliamo, il suo limite. Sicuramente le sue qualità di attore erano superiori ai ruoli che ha quasi sempre interpretato ma a “Il mio vizio” la figura del Landone nazionale piace da matti e continuerò sempre a tesserne le lodi. Ora, pensare al maschio del profondo Sud nei primissimi anni ’70 (ma anche all’ italiano in genere, direi) associato alla “modernità” di paesi dell’ Europa settentrionale come Svezia e Danimarca è compito assai arduo; figuriamoci se poi parliamo del masculo siculo per eccellenza! Da una geniale idea di Giulio Scarnicci, Steno e Raimondo Vianello, Buzzanca veste i panni del meridionale all’ avanguardia con idee “nordiche”: non esistono le corna, la gelosia e quant’ altro, il sesso non è tabù, lo scambismo è all’ ordine del giorno e cose così (ovviamente tutto sulla carta)…Siamo nel 1971 e nel film vengono mostrate cose che in Italia erano ancora lontanissime, a cominciare dai sexy shop e dai filmini porno. Oggi il film risulta un po’ datato poichè siamo nell ‘era del web e il porno è a portata di click comodamente e in ogni momento, per non parlare dei sexy shop che pullulano in ogni dove. Ma 45 anni fa la cosa era ben diversa… Ottima la regia di Steno che, di fronte a simili tematiche scottanti, non sbraca e non scivola mai nella volgarità. Buzzanca è, come sempre, strepitoso a tratteggiare il suo personaggio ipocrita e bellissima è Pamela Tiffin, sua giovane mogliettina danese che egli scopre interprete in un filmino porno. Gigi Ballista è il solito “cumenda” lumbard e altri piccoli ruoli se li ritagliano Dominique Boschero (che si vede solo nel prologo), Victoria Zinny e Rita Forzano.
Il film ha goduto anche di una riedizione un anno dopo (con il titolo “Il magnifico mandrillo”), sulla scia del successo de “Il merlo maschio” e, soprattutto, di “Homo eroticus”, dal quale riprende clamorosamente la locandina originale (con Buzzanca a torso nudo e con cravatta, contornato da donne adoranti) con qualche leggera modifica. Da vedere.
Rosario Trapanese (Lando Buzzanca) è un rampante manager siciliano che lavora per l’ importante calzaturificio milanese Borelon, che ha svariate sedi in Italia e in Europa. Rosario, che si vanta di avere lontane origini normanne, si sente sprecato a lavorare in Italia e sogna di poter vivere nella terra dei suoi avi. Maschio caliente e scapolo impenitente, afferma continuamente di avere idee libere, moderne e anticonformiste e non vede l’ ora di fuggire da un posto retrogrado come l’ Italia dove un suo amico geloso (Gastone Pescucci) può addirittura tentare di sparargli se scopre che va a letto con sua moglie (Dominique Boschero). L’ occasione gliela offre il Dottor Borelon (Gigi Ballista) su un piatto d’ argento, allorquando gli affida il comando della sua filiale di Copenhagen. Rosario è entusiasta ma non conosce il danese e il problema della lingua lo frena tantissimo nelle relazioni interpersonali. Il suo braccio destro del posto, Larsen (Renzo Marignano), lo invita ad una festa di coppie scambiste per risollevargli il morale ma Rosario va in bianco… L’ incontro fortuito con Karen (Pamela Tiffin), una ventitreenne studentessa di psicologia che vissuto 2 anni a Firenze e conosce l’ italiano, è il raggio di sole che trasforma la vita di Rosario: i due si innamorano perdutamente e, nel giro di poco tempo, si sposano. Tornato dopo qualche tempo a Milano per un vertice aziendale, Rosario viene invitato da Borelon ad una festa in casa sua e lo stesso lo invita a tirare fuori una sorpresa per i suoi ospiti: un filmino pornografico danese in Super 8, una autentica chicca da proporre ai curiosissimi invitati che non avevano mai visto nulla di simile.
Si spengono le luci, la proiezione ha inizio e i commenti sono fenomenali… Rosario se ne sta in disparte e sogghigna con distacco, ostentando la sua mentalità fredda e nordica, mentre osserva le sbigottite reazioni degli astanti, fino a quando non allunga uno sguardo verso lo schermo e scopre che la biondina protagonista del film hard è proprio sua moglie Karen! Risultato: Rosario sviene all’ istante… Una volta ripresosi, pazzo di gelosia, pensa a come lavare l’ onta, in barba al freddo distacco nordico, e medita un delitto d’ onore: si precipita a Copenaghen e affronta malamente sua moglie che gli confessa di aver girato il filmino prima che loro due si conoscessero, giustificandolo come un mero errore commesso da una giovane ragazza desiderosa di fare esperienze. Ma Rosario non sente ragioni, la lascia e ritorna in Italia. Dopo un po’ di tempo, però, ci ripensa e torna a Copenhagen da Karen chiedendole di far pace; sarebbe tutto perfetto se Karen però, per fargli dispetto, non avesse accettato di girare un secondo film porno… Rosario decide di parlare con il produttore (Steffen Zacharias) per far sciogliere il contratto firmato da sua moglie ma c’ è da pagare una penale di 40 milioni di lire…
Purtroppo del film non esiste ancora alcuna edizione italiana in dvd e quindi per vederlo bisogna accontentarsi di una paleolitica vhs risalente agli anni ’80. Nel 2009 è stato trasmesso in tv su RaiUno a notte fonda in un ottimo master con i titoli in inglese ma con il prologo spostato dopo i titoli di testa: arcane bizzarrie… Al momento resta, in ogni caso, la migliore versione reperibile in italiano. Sul versante della colonna sonora dobbiamo soffermarci un attimo sul solito ottimo lavoro del Maestro Armando Trovajoli che compone uno score interessante con la main theme “Jingles on my mind” interpretata dal gruppo dei Godfather da poco formatosi (al suo interno ci sono un paio di ex esponenti dei Motowns) e che di lì a poco diventerà il famoso gruppo dei Primitives con Mal. Che tempi…
Il vichingo venuto dal sud
Un film di Steno. Con Lando Buzzanca, Pamela Tiffin, Gigi Ballista, Renzo Marignano, Gastone Pescucci, Dominique Boschero, Steffen Zacharias, Rita Forzano, Nino Terzo, Victoria Zinny, Ferdy Mayne Comico, durata 106 min. – Italia 1971.
Lando Buzzanca: Rosario Trapanese
Pamela Tiffin: Karen
Rita Forzano: Ilse, la moglie di Carl
Steffen Zacharias: Bosen, il produttore
Dominique Boschero: Priscilla, amante di Rosario a Milano
Victoria Zinny: Luisa, moglie di Borelon
Ada Pometti: donna al party di Borelon
Ferdy Mayne: prof. Grutekoor
Kjeld Nørgaard Larsen: Carl, l’attore svedese
Edda Ferronao: donna al sexy-party
Else-Marie: madre di Karen
Renzo Marignano: Gustav Larsen
Donatella Della Nora: Annelise Jørgensen, segretaria di Rosario
Nino Terzo: l’italiano al sexy-shop
Gigi Ballista: Silvio Borelon
Gastone Pescucci: Valerio, marito di Priscilla
Elizabeth Turner: Eva Grete, l’amica di Karen
Maria Pia Di Meo: Karen
Gianrico Tedeschi: Silvio Borelon
Bruno Persa: Bosen, il produttore
Rolf Tasna: prof. Grutekoor
Michele Gammino: l’italiano al sexy-shop
Gianfranco Bellini: Valerio, marito di Priscilla
Richard Mc Namara: Gustav Larsen
Regia Steno
Soggetto Giulio Scarnicci, Steno, Raimondo Vianello
Sceneggiatura Giulio Scarnicci, Steno, Raimondo Vianello
Casa di produzione International Film Company
Distribuzione (Italia) Twenty Century Fox
Fotografia Angelo Filippini
Montaggio Ruggero Mastroianni
Musiche Armando Trovajoli
L’opinione di mm40 dal sito http://www.filmtv.it
Stanca riproposizione degli stereotipi sessuali sul maschio italiano: focoso ma inconcludente, indipendente ma geloso, moderno ma primitivo e via dicendo. Nonostante le premesse fossero buone (il regista è pur sempre Steno, il protagonista è il bravo Buzzanca, la sceneggiatura è un parto di Scarnicci, Vianello e Steno), la qualità scarseggia e si rimane inchiodati a qualche scenetta facile e superficiale che non solo non dice nulla di nuovo, ma pure perpetua le solite, vecchie barzellette maschiliste – nonostante il maschio ne esca sempre in apparenza scornato. Buzzanca è ormai tristemente relegato in parti di questo tipo: non se ne staccherà più per vari anni, rovinando una carriera fino a quel momento dignitosa (aveva infatti recitato diretto da Germi, Risi, Zampa, Pietrangeli, Lattuada e molti altri); la Tiffin è bella e se la cava; c’è Gigi Ballista in un ruolo secondario.
Opinioni tratte dal sito http://www.davinotti.com
Homesick
«Tu vuo’ fa’ lo vichingo, ma sei nato in Sisilì…»: Steno così sogghigna dirigendo un commedia di costume che prende di mira il maschilismo inveterato e la gelosia possessiva degli italiani, vizi duri a morire anche quando si persegue il proverbiale spirito libertario dei paesi nordici. Dopo la partenza grintosa, il meccanismo inizia tuttavia ad arrugginirsi per il ripetersi di una sceneggiatura povera e dal fiato corto. Buzzanca replica il suo ruolo avito di maschio italico, ma stavolta, o per il colpo della strega o per semplice sfortuna, finisce spesso in bianco.
Daidae
Appena passabile. Inizia bene, ma troppi momenti lenti e inutili lo rendono leggermente pesante; si riprende nel finale. Il cast non si discute: bene Ballista, ottimo come sempre Buzzanca e splendida la Tiffin. Da un regista come Steno mi aspettavo di più… Comunque sufficiente.
Albstef90
Non mi è dispiaciuto. Film gradevole con un Buzzanca sempre raffinatissimo e davvero molto bravo. Steno come regista sa davvero il fatto suo. Girato in parte in Italia e molto in Danimarca il film abbandona un po’ i classici cliché del solito Buzzanca e ne esalta la sua ottima recitazione. Musiche gradevolissime molto seventies, personaggi di contorno buoni (segnalo la presenza dei bravi Renzo Marignano, Gigi Ballista e l’americano Steffen Zacharias) e location indovinate. Promosso.
Shannon
Il film risale all’epoca in cui l’italiano medio sognava avventure bollenti con le emancipate donne scandinave. Allora la pellicola ebbe un discreto successo; quarant’anni dopo, in un’Europa senza più frontiere e con Copenaghen ad un tiro di schioppo, appare decisamente datata. Agli appassionati ed ai nostalgici strapperà qualche sorriso.
Andavamo al cinema-Parte seconda
Chiunque voglia contribuire alla diffusione di immagini di vecchi cinema può contattarmi tramite i commenti o tramite l’indirizzo email: paolobari@email.it
“Il cinema è un’invenzione senza futuro”
Una leggenda metropolitana attribuisce questa frase decisamente miope al padre degli inventori del cinema,
i fratelli Auguste Marie Louis Nicolas e Louis Jean Lumière.
Probabilmente furono invece loro a nutrire dubbi sul futuro della loro invenzione.
Comunque sia andata,sappiamo che il cinema è diventato con gli anni,un formidabile strumento di divertimento,svago
ma non solo.
E’ stato anche un sistema per fare cultura,storia e propaganda.
Ne sanno qualcosa i dittatori del secolo scorso,così come anche le grandi democrazie hanno usato il cinema per diffondere
informazione si,ma anche contro informazione.
Si pensi per esempio all’utilizzo del mezzo cinematografico fatto dal ministro per la propaganda del Reich Goebbels,che lo utilizzò
per diffondere notizie spesso false per rinfrancare le truppe,ma anche per screditare gli ebrei.
Un esempio importante è il film Suss l’ebreo,un film antisemita di volgare propaganda.
O anche all’uso che ne fece il fascismo nell’intero arco del ventennio in cui dominò la vita politica e sociale del paese.
Mussolini,con intelligenza e praticità,utilizzò il cinema per diffondere propaganda a tutti i livelli,dalle conquiste militari coloniali
del regime fino alle costruzioni edilizie,passando per le bonifiche,le adunate oceaniche ecc.
Effetti del bombardamento sul Cinema Balbo di Torino
Il Cinema Maffei di Torino bombardato
Cinema Massimo di Torino
Apparentemente intatto il Mediolanum di Milano,in realtà con il tetto e l’interno distrutto
Il cinema Piemonte di Torino quasi completamente distrutto
Anche il Cinema Principe ha il tetto distrutto (Torino)
Il fascismo impose documentari propagandistici prima delle proiezioni,ma non solo;permise la produzione,nell’arco del ventennio di quasi ottocento
pellicole,tutte naturalmente sottoposte a rigidi controlli.
In campo strettamente architettonico lo stile impero si diffuse capillarmente nel paese e dove non sorgevano sale cinematografiche spesso venivano
cambiati senza troppi complimenti i nomi stessi dei cinematografi.
Una buona parte della sale nate dall’avvento del fascismo nel 1922 fino alla sua caduta nel 1943 portano nomi che riconducono alla famiglia Savoia
(Margherita,Vittorio Emanuele,Umberto,Regina Elena) o “coloniali” (Massaua,Adua ecc.)
E naturalmente alcune si chiamano Balilla,Littorio o con nomi riconducibili direttamente al regime…
Nelle foto che vedrete,le vere protagoniste di questo articolo,si nota come l’architettura fascista divenne predominante.
Un’altra caratteristica delle foto,tutte risalenti a periodi antecedenti il 1950 è quella di mostrare un’Italia ingenua e povera,in cui si andava a cinema
con il vestito della festa.
Le coppie si tenevano per mano,un’usanza che oggi si è in gran parte persa.
Ci sono pochissime auto,un lusso per la stragrande maggioranza degli italiani e i paesaggi,spesso del sud,sono immersi in una
quiete quasi sinistra.
Alcune foto mostrano i danni irreparabili portati dai bombardamenti al patrimonio architettonico cinematografico mentre altre mostrano interni splendidi e riccamente decorati.
Arena Parco Michelotti,Torino
Il Cinema Sala Iride di Roma,con la dizione fotocronografo
Cinema Teatro Ambrosiano di Milano,nel classico stile impero
Cinema Teatro Cantone di Lavello,con la strada principale completamente vuote
Il Cinema Teatro Centrale di Salsomaggiore (Parma),in una piazza completamente priva di veicoli
Il Cine Teatro D’Annunzio a Borgo Panigale (Bologna)
Una rarissima immagine del Cinema del Popolo a Condove (Torino)
Elegantissimo,il Cine Teatro Duomo di Rovigo
Il Cine Teatro Littorio di Trento,in puro stile (e nome) fascista
Una vecchissima foto del Cinema Mastroeni di Messina
Stile impero per il Cinema Teatro Odeon di Canicattì (Agrigento)
Il Cinema Teatro Odeon di Udine (ancora una piazza completamente vuota)
Il Cine Teatro Orfeo di Bondeno (Ferrara)
Cinema Teatro Partenio di Avellino
Cinema Teatro Politeama di Pavia
Cinema Teatro Splendor di Berra (Ferrara)
L’elegante interno del Cinema Corallo di Sassuolo
Ingresso del Cinema Lux di Parma
La sala di proiezione,spartana del Cinema’Oratorio di Torino
Sala di proiezione del Cinema Eldorado di Novara
La splendida,elegantissima sala del Ghersi di Torino
I flani del 1973-Prima parte
Molto bello il flano di I corpi presentano tracce di violenza carnale,film di successo del 1973
Boccaccesco…un avera e propria invenzione del creatore del flano di Cristiana monaca indemoniata
Flano del decamerotico La Calandria
Due grandi attori esaltati nel flano di Notte sulla città
Flano del mediocre Barbablu
Non si sevizia un paperino
Il flano del pluri sequestrato I racconti di Canterbury
Più forte ragazzi
Alcuni mini banner pubblicitari
Il grande Hitchcock nel flano del film Frenzy
I magnifici sette cavalcano ancora
Un classico Disney Pomi d’ottone e manici di scopa
Funerale a Los Angeles
Molto carino il flano di Trappola per un lupo
Ancora un flano di un decamerotico,Finalmente le mille e una notte
Ordine delle SS:eliminate Borman!
Il flano del film di Corbucci La Banda J.& S.
L’attentato
Il flano dell’introvabile Sezione narcotici
Il bellissimo Corvo rosso non avrai il mio scalpo
Il giorno del furore
La pietra che scotta