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Con quale amore, con quanto amore

Con quale amore, con quanto amore locandina

Andrea e Francesca sono una coppia sposata da anni; molto diversi fra loro, attraversano una crisi originata principalmente dalla scarsa stima che Andrea, architetto di una certa fama ha verso sua moglie.
Francesca infatti vorrebbe più attenzioni e ritiene di essere trattata dal marito come una bambina.
Così la donna alla fine si fa un amante.
L’uomo prescelto è Ernesto, che tra l’altro è un dipendente del marito.
Con sorpresa Andrea scopre la relazione, ma da uomo di mondo non fa scenate.
All’apparenza sembra intenzionato a favorire la relazione tra i due; difatti continua a far lavorare l’amante di sua moglie nello proprio studio.

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Claude Rich e Erika Blanc

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Catherine Spaak

Ma Andrea è ancora innamorato di sua moglie e parte al contrattacco.
Approfittando di un’assenza di Ernesto, inizia una corte serrata nei confronti di Francesca e alla fine sembra che la tattica funzioni…
Lui, lei. l’altro.
Una situazione certo non nuova in una sceneggiatura cinematografica.
Pasquale Festa Campanile e Ottavio Jemma creano un plot visto mille volte, con il classico gioco delle parti in un triangolo amoroso che per una volta non sfocia in tragedia.
Siamo, come ambientazione, nel mondo medio borghese e a quanto pare certe storie vanno affrontate con dignità, senza scandali e senza rumore.

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Un mondo ipocrita in cui anche i sentimenti devono restare inespressi; così Andrea fa buon viso a cattivo gioco, accettando il tradimento della moglie ma mettendo in atto uno stratagemma che si rivelerà vincente alla fine.
Nessuna scenata di gelosia, ma il riconoscimento delle proprie colpe e di conseguenza il tentativo di riconquistare una donna, Francesca, probabilmente un pò bambina ma bisognosa di affetto e attenzioni.
Con quale amore, con quanto amore è una commedia sentimentale appena velata di critica sociale.
Non era nelle intenzioni del regista lucano fare rumore o attaccare il dorato e ipocrita mondo della borghesia; c’era invece l’intenzione di muovere garbate critiche alla stessa, attraverso la costruzione di una commedia leggera che mostrasse le regole che fissano i comportamenti dei suoi appartenenti.

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Un gioco non necessariamente difficile, e difatti Pasquale Festa Campanile porta a compimento una commedia leggermente amarognola senza grossi sforzi, anche se va detto, dai ritmi troppo blandi e parecchio verbosa.
Reduce dagli ottimi risultati al botteghino di commedie di costume come Adulterio all’italiana e la La matriarca (1968) nelle quali aveva proposto Catherine Spaak come protagonista principale, Festa Campanile affida il personaggio della volubile Francesca all’attrice francese che in pratica ripropone i personaggi dei due film precedenti condensandoli in quello della viziata e sentimentaloide moglie dell’architetto.
Poichè il mondo borghese sembra afflitto principalmente dalla noia più che dai problemi esistenziali, il personaggio di Francesca appare leggermente stereotipato, ingabbiato in un modello riproposto più volte in varie pellicole girate fra la fine degli anni sessanta e l’inizio degli anni settanta.

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In questo film tale tendenza è però mimetizzata; il regista lucano bada più a mostrare l’aspetto sentimentale della storia, basata sul tentativo di riconquista di Andrea nei confronti di sua moglie che appare un pò come la raffigurazione del gioco sottratto al bambino.
Andrea però, contrariamente alle previsioni,sceglie la via migliore per riconquistare la donna che in fondo ama; passa cioè attraverso un percorso di crescita personale, evita la classica esposizione dell’orgoglio ferito e alla fine viene premiato dalla riconquista della sua donna.
Il succo del film è tutto qui, un gioco delle parti garbato anche se leggermente anonimo.
Festa Campanile descrive, con discrezione, l’atmosfera oziosa del mondo borghese senza però essere graffiante; il suo è un gradevole excursus giocato tra i sentimenti contrapposti che agitano i due protagonisti in un gioco delle parti che alla fine ha una sua ragione d’essere.

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Il cast è molto ben assortito e mostra una sempre bellissima e affascinante Catherine Spaak nel ruolo della moglie insoddisfatta,un Claude Rich sobrio ed elegante nel ruolo di Andrea, uno spento Lou Castel nel ruolo del terzo incomodo.
Spazio anche per una splendida Erika Blanc, molto defilata in un ruolo comprimario.
Gradevoli le musiche e poichè la storia propone come protagonista un architetto, ecco un trionfo di vintage nell’arredamento e nei costumi, una full immersion nella feconda epoca pre settantiana che vide la
In quanto al regista, Festa Campanile conferma ancora una volta la sua abilità nel costruire storie all’apparenza molto semplici ma ben strutturate, mai banali.
La commedia all’italiana o quella leggera sono nelle sue corse e lo dimostrerà, se ce ne fosse bisogno, nei due anni successivi, quando diverrà anche protagonista del botteghino con i clamorosi successi di Quando le donne avevano la coda e Il merlo maschio.

Con quale amore, con quanto amore
Un film di Pasquale Festa Campanile. Con Claude Rich, Catherine Spaak, Erika Blanc, Lou Castel, Aldo Giuffré.  Marisa Traversi, Michel Bardinet Commedia, durata 107′ min. – Italia 1970.

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Con quale amore, con quanto amore banner personaggi

Catherine Spaak: Francesca
Claude Rich: Andrea
Lou Castel: Ernesto
Erika Blanc: Sandra
Marisa Traversi: Nora
Michel Bardinet: Renè
Aldo Giuffré: Giovanni

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Regia Pasquale Festa Campanile
Soggetto Ottavio Jemma
Sceneggiatura Pasquale Festa Campanile
Ottavio Jemma
Produttore Clesi Cinematografica
Distribuzione (Italia) Euro International Film
Fotografia Franco Di Giacomo
Montaggio Sergio Montanari
Musiche Riz Ortolani

Con quale amore, con quanto amore banner recensioni

 

L’opinione dell’utente mm40 tratta dal sito http://www.filmtv.it
Il pregio principale di questa commedia lentuccia e poco fantasiosa sta nell’analisi psicologica del rapporto sentimentale che è alle fondamenta della storia. Niente di eccezionale, sia ben chiaro; ma almeno, nella sua scarsità di mezzi, c’è una discreta coerenza: nessuna pretesa, è soltanto una commedia sentimentale. Noiosetta, ad ogni modo.

L’opinione dell’utente ilgobbo tratta dal sito http://www.davinotti.com
Rondò erotico-psicologico di Campanile, sotto-genere di gran voga all’epoca (siamo in zona Metti, una sera a cena). Sì, è vero, non manca qualche tocco implausibile, qualche compiacimento, qualche scivolata nella letterarietà dei dialoghi, ma chissenefrega, verso i film di questo periodo (e soprattutto verso il loro look complessivo, dal design all’oggettistica ai vestiti: ah, il loft di Lou Castel…) nutriamo un inscalfibile pregiudizio favorevole. Buon cast (e ottimi doppiatori), tranne un Giuffrè fuori contesto, ottima e abbondante la Blanc.

L’opinione dell’utente fauno tratta dal sito http://www.davinotti.com
Quasi paradisiaco per la scorrevolezza e la disinvoltura, specialmente del protagonista. Riconquistare la moglie dopo averla quasi spinta ad abbandonarti è una mission impossibile, ma se si riconoscono gli errori e se si sa che ne vale la pena è giusto tentare. La Blanc fa da sostanzioso contorno come amica disinibita e abituata a storie piccanti. Bardinet, sei grandioso: hai saputo soffrire senza fare l’ipocrita, hai parlato poco, a modo e sapendo cogliere il momento giusto per tutto. Complimenti.

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marzo 28, 2013 Posted by | Commedia | , | Lascia un commento

Senta Berger

Senta Berger A2

E’ salita su un palcoscenico quando aveva 4 anni, per accompagnare suo padre.
Era appena terminata la guerra e Senta Berger, nata nel 1941 a Vienna, era troppo piccola per immaginare il futuro.
Ma aveva un sogno, quello di fare la ballerina; un sogno che ha coltivato fino ai sedici anni, quando ha dovuto rinunciare alla sua passione.
Ma la scuola Max Reinhardt, quella dove studiava ballo e recitazione le sarebbe servita in futuro; le basi della sua futura professione se le forma proprio qui e appena cerca un lavoro nel cinema riesce ad ottenere qualche particina anche perchè è veramente bella.
Una bellezza statuaria, aristocratica; eppure lei ,a trent’anni,non si vedeva certo tale.

Senta Berger-Una notte in hotel

Uno dei suoi ultimi film: Una notte in Hotel

Senta Berger-Una donna di seconda mano

Una donna di seconda mano

In un’intervista rilasciata a Luigi Cozzi nel 1971 dice a tal proposito:
Bella io? Non scherziamo! Intanto ho un sopracciglio rovinato da un incidente d’auto, e non ho mai avuto il tempo di rimetterlo a posto con la plastica. Poi, la plastica, il giorno che dovessi farmela la imporrei anche al mio naso, che trovo orribile. Ho le gambe troppo pesanti – per tutta la danza classica che ho fatto da ragazza – non ho un’altezza imponente e tendo a ingrassare. Bella io? Allora le altre sono tutte dee!”
Aldilà di una modestia eccessiva, Senta Berger non tarda a farsi notare:dopo due brevissime apparizioni, una delle quali a 9 anni (1950) nel film Questi nostri genitori e in Du bist die Richtige del 1955, ottiene una prima particina nel film Die unentschuldigte Stunde del 1957.
E’ l’inizio di una carriera che dura ininterrottamente da allora sino ai giorni nostri e che conta ormai oltre 150 partecipazioni a film, telefilm e produzioni televisive.

Senta Berger-Roma bene

Il celebre nudo in Roma bene

Praticamente, 56 anni di una carriera che le ha dato tante soddisfazioni, ma che nonostante tutto lei sottovaluta parecchio, come dirà nel corso dell’intervista citata:
Ho fatto veramente di tutto dalle mie prime esperienze in Austria ad oggi. Ho avuto tutte le età, persino i capelli bianchi, e sono stata buona e cattiva, onesta e depravata. Gran parte di queste interpretazioni valgono poco o niente, i personaggi che ho dovuto incarnare erano irreali e zoppicanti, eppure li ho scelti tra due volte tanti, anzi dieci volte tanti, perché in fondo erano i meno peggio.”
Verò è che la parte migliore della sua carriera doveva ancora arrivare e che l’avrebbe vista protagonista per tutto il decennio settanta, con quasi quaranta film interpretati moltissimi dei quali girati in Italia.
Dove è diventata, proprio in quel decennio, una delle attrici più ammirate ed amate dal pubblico.
Tra i numerosi film interpretati nel decennio sessanta, alcuni sono degni di menzione, nonostante la bella attrice austriaca tenda a sminuire il loro valore.
Tra essi segnalerei:
Operazione San Gennaro,interpretato nel 1966 per la regia di Dino Risi:Nei panni della bella straniera Maggie lavora accanto a mostri sacri come Toto e Nino Manfredi,in una commedia molto fresca e divertente;
Il papavero è anche un fiore, diretto da Terence Young nel 1966 con un cast stellare che include Stephen Boyd e Yul Brinner, Rita Hayworth e Trevor Howard,Marcello Mastroianni e Anthony Quayle;
Infanzia, vocazione e prime esperienze di Giacomo Casanova, veneziano, diretto da Luigi Comencini nel 1969, miglior storia che racconti la vita del grande seduttore veneziano e nel quale la Berger interpreta la donna che inizia Casanova alla vita sessuale,Giulietta Cavamacchia.

Senta Berger-Ritratto di borghesia in nero 2

Ritratto di borghesia in nero

Accanto a questi degni di menzione sono anche De Sade (1969),Diabolicamente tua (1967) di Julien Duvivier accanto ad Alain Delon,Sierra Charriba (1965) del grande Peckinpah accanto a Charlton Heston.
Questo film, come Il nostro uomo a Marrakesh, Quiller memorandum e altri fanno parte del periodo hollywoodiano dell’attrice, che le saranno di grandissimo aiuto nel proseguimento della carriera.
E’ proprio sui set della mecca del cinema che Senta sperimenta la sua dedizione assoluta al lavoro, che racconta nel proseguimento dell’intervista di Giusti:
Probabilmente la serietà nel lavoro è un lato del mio carattere, è una mia dote innata. Ma anche se non l’avessi avuta, una dote del genere, l’avrei acquistata lavorando a Hollywood. Negli Stati Uniti non c’è posto per i dilettanti. Potete aver fatto mattina con l’amico, o in compagnia di una bottiglia, o magari con tutti e due, poco importa: salendo sul set bisogna essere in perfetta forma, nel pieno delle vostre possibilità di recitazione, altrimenti non vi varrà a nulla essere bella come una dea, o magari l’amica del produttore: il vostro contratto sarà immediatamente rescisso e vi sarà difficilissimo trovare qualcuno che ve ne offra un altro da firmare”.

Senta Berger-Ti aspetterò all'inferno

Ti aspetterò all’inferno

Senta Berger-The ambusher

The ambusher

Intanto ha sposato il regista Michael Verhoeven,che prima di incontrarla faceva il dentista e che la diresse in seguito in alcuni lavori.
Nel 1970 è una donna piena di fascino, discretamente famosa grazie ai lavori che ha interpretato in America e che le hanno permesso di apparire in film di grandi registi come il citato Peckinpah accanto a star famosissime come Kirk Douglas,Frank Sinatra ecc.
Il suo primo lavoro del decennio è Cuori solitari, diretto da Franco Giraldi e interpretato accanto a Ugo Tognazzi :”Cuori solitari è stato uno spasso, da girare. Giraldi era molto sicuro del fatto suo, come regista, e infondeva a tutti noi attori la stessa sicurezza. Così non era difficile che ci si arrischiasse, di scena in scena, in qualche interpretazione fuori copione, un tocco personale. Io e Tognazzi ci eravamo calati alla perfezione nella copia di borghesi in cerca di sensazioni nuove e fuori dai tabù (eravamo proprio noi, la donna che da timida si fa sfrenata, l’uomo che vuole portarla fuori strada per i suoi vizi e poi ne resta travolto) così si arricchivano le nostre battute, si sfaccettavano sempre più i nostri caratteri. Tognazzi era bravissimo, inesauribile, e io ero trascinata dal suo esempio, ce la mettevo tutta per non restargli troppo indietro.” ricorderà l’attrice viennese, mentre del suo primo, grandissimo successo al botteghino, quel Quando le donne avevano la coda di Pasquale Festa Campanile non parlerà affatto bene:” No. Non ho alcun ricordo positivo (di Quando le donne avevano la coda,ndr) . Né allegria né pena. Film del genere si fanno, perché si è dei professionisti, ma subito si dimenticano, perché altrimenti non si avrebbe più il coraggio di guardarsi in uno specchio. Ho faticato molto, fisicamente per girarlo ,eppure ho dimenticato anche la fatica “.

Senta Berger-Infanzia vocazione e prime esperienze di Casanova

Infanzia vocazione e prime esperienze di Giacomo Casanova,veneziano

Senta Berger-Sierra Charriba

Sierra Charriba

Il film, nonostante il pessimo ricordo dell’attrice, diventa il successo più clamoroso della stagione 1970; il ruolo della bella e furba Filli, alle prese con un gruppo di cavernicoli ingenui le da una fama ancor maggiore e conferma il suo talento anche in ruoli prettamente comici.
Un passo falso è invece il successivo Un’anguilla da 300 milioni; anche in questo caso Senta Berger non risparmia le critiche sottilmente velenose.
Ecco: quella doveva essere una pellicola esilarante, e invece a noi, a recitarla, costò una malinconia senza fine. Era chiaro che il regista Samperi non si trovava nel suo genere, e seguirlo era un pianto, un’angoscia. E credo che anche il pubblico se ne sia accorto: il film non ha divertito né interessato.
L’insuccesso di pubblico e di critica non fermano minimamente la sua voglia di cinema;con la regia del marito gira Casa di vetro, un film difficile e nel quale ha una parte anche abbastanza osè.

Senta Berger-La croce di ferro 1

La croce di ferro

Senta Berger-Sier und her

Sier und her

Sarà un fiasco, prima delle ottime performance in Da parte degli amici: firmato mafia! di Yves Boisset e del successivo, graffiante e splendido film di Lizzani Roma bene, che molti ricorderanno per lo splendido nudo dell’attrice mentre sorride maliziosamente su un letto, una scena che ricorda il film su Casanova di Comencini.
Nel 1972, dopo L’amante dell’Orsa maggiore di Valentino Orsini prende parte al sequel di Quando le donne avevano la coda;è ancora Pasquale Festa Campanile a dirigerla in Quando le donne persero la coda, ma il film non ha il successo del precedente e immaginiamo quale sia il pensiero dell’attrice sul film stesso, brutto e scoordinato di per se.
Nel 1972, per la regia di Volker Schlöndorff lavora in La morale di Ruth Halbfass,interrompendo la serie di film italiani e confermando quindi la sua vocazione di attrice europea a tutto tondo.

Senta Berger-Satte Farben vor Schwarz

Satte Farben vor Schwarz

Torna in Italia con Causa di divorzio di Marcello Fondato, accanto a Montesano e alla Spaak,prima di girare il mediocre Il girotondo dell’amore;nel frattempo accetta qualche lavoro in tv, dimostrando di credere nel mezzo televisivo come alternativa al cinema.
I film del 1973 sono Amore e ginnastica, di Luigi Filippo D’Amico, una commedia di discreto livello,La lettera scarlatta di Wim Wenders e l’ottimo Bisturi, la mafia bianca di Luigi Zampa che, come il titolo recita, è un duro atto di accusa contro le baronie del mondo della medicina.
La carriera di Senta Berger prosegue così senza grossi scossoni; è un’attrice affermata, bellissima, che può permettersi di rallentare anche un pò gli impegni, per vivere accanto al marito del quale è innamoratissima.
I film del 1974 sono Di mamma non ce n’è una sola di Alfredo Giannetti nel ruolo di Paolina Borghese,L’uomo senza memoria, un bel thriller diretto da Duccio Tessari e La bellissima estate di Sergio Martino.

Senta Berger-Quiller memorandum

Quiller memorandum

L’anno successivo la vede impegnata in tre lavori televisivi registrati per la tv tedesca, mentre nel 1976 intrepreta nuovamente alcuni film italiani, che però non sono certo lavori memorabili.
Se Brogliaccio d’amore, regia di Enrico Maria Salerno la vede protagonista accanto al regista nel film è un prodotto poco più che dignitoso,Giochi perversi di una signora perbene diretto dal marito è un flop, così come davvero mediocri sono La padrona è servita di Mario Lanfranchi e Una donna di seconda mano di Pino Tosini. Discreto invece La croce di ferro, film nel quale torna a recitare diretta da Sam Peckinpah.
Nel 1978, per la regia di Tonino Cervi, lavora in Ritratto di borghesia in nero, interpretando Carla Richter, una donna che si innamora di un giovane e che per amor suo arriverà a sedurre e ricattare una bella ragazza promessa sposa del giovane.
E’ un momento cruciale nella carriera dell’attrice tedesca; come per tante altre attrici, arriva come una mannaia la grande crisi del cinema che taglia centinaia di proiezioni.

Senta Berger-Quando le donne avevano la coda

Quando le donne avevano la coda

Senta Berger-Quando le donne persero la coda 2

Quando le donne persero la coda

Ma la Berger, grazie alla professionalità che la ha da sempre contraddistinta e grazie anche alla scelta di lavorare in Tv, ottiene nuove scritture.
Per 5 anni compare in produzioni televisive come La giacca verde,Un inverno al mare prima di affrontare gli anni 80; è ormai una splendida quarantenne e sopratutto una irreprensibile professionista, un’attrice che non fa bizze, puntuale e rigorosa.
Nel 1980 lavora in Speed Driver,di Stelvio Massi e nel 1985 in Fatto su misura di Francesco Laudadio; sono le uniche due prove cinematografiche intervallate dalle produzioni citate.

Senta Berger-Presto a letto

Presto, a letto

Dopo La doppia vita di Mattia Pascal di Mario Monicelli, accanto a Mastroianni e al thriller Killing Cars diretto da suo marito, lavorerà ancora in Animali metropolitani di Steno e Cheese di Weber;ormai la sua attenzione è assorbita quasi totalmente dalla tv, tant’è vero che comparirà solo sporadicamente in produzioni cinematografiche;sarà nel cast di Tre colonne in cronaca (1990) di Vanzina, poi in Bin ich schön? (1998), in Ob ihr wollt oder nicht! e infine in due produzioni tedesche targate 2012, Zetl di Helmut Dietl e Ruhm di Isabel Kleefeld.

Senta Berger-Voglia di donna

Senta Berger in Voglia di donna

L’ultimo suo lavoro è stato completato quest’anno, si tratta di Benvenuti a MeckPomm,una produzione televisiva.
Da quanto esposto, appare chiaro come la Berger sia quello che alcuni definiscono animale cinematografico, una persona che ha messo il cinema al primo posto nella vita; una vita spesa tra set cinematografici e telecamere della tv.
In entrambi i casi Senta Berger ha lasciato un segno importante, con quelle che sono state le sue caratteristiche peculiari per tutta la vita; la sua bellezza, la sua eleganza e la sua bravura non possono che essere un esempio da imitare sopratutto per le nuove leve cinematografiche.

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Senta Berger-Operazione San gennaro

Operazione San Gennaro

Senta Berger-Notti e nebbie

Notti e nebbie

Senta Berger-Major Dungee

Sierra Charriba

Senta Berger-L'uomo senza memoria

L’uomo senza memoria

Senta Berger-L'ultima mazurka

L’ultima mazurka

Senta Berger-Le macchine che distrussero Parigi

Le macchine che distrussero Parigi

Senta Berger-L'amante dell'orsa maggiore

L’amante dell’Orsa maggiore

Senta Berger-La spia dai due volti

La spia dai due volti

Senta Berger-La padrona è servita

La padrona è servita

Senta Berger-La lettera scarlatta

La lettera scarlatta

Senta Berger-La doppia vita di Mattia Pascal

La doppia vita di Mattia Pascal

Senta Berger-La bellissima estate

La bellissima estate

Senta Berger-Kirk Royal

Kirk Royal

Senta Berger-Intrigo in Svizzera

Intrigo in Svizzera

Senta Berger-Immer aerger mit dem bett

Immer Ärger mit dem Bett

Senta Berger-Il nostro uomo a Marrakesch

Il nostro uomo a Marrakesch

Senta Berger Lo scandalo Sibelius

Lo scandalo Sibelius

Senta Berger-Il bravo soldato Schwejk

Il bravo soldato Schweik

Senta Berger La morale di Ruth Halbfass

La morale di Ruth Halfbass

Senta Berger-Girotondo dell'amore

Girotondo dell’amore

Senta Berger-Giochi perversi di una signora per bene

Giochi perversi di una signora perbene

Senta Berger-Fatto su misura

Fatto su misura

Senta Berger-Exploit bella sexy e... ladra

Exploit bella sexy e ladra

Senta Berger-E la donna creò l'uomo

Junge Leute brauchen Liebe

Senta Berger E la donna creò l'uomo

Due fotogrammi da E la donna creò l’uomo

Senta Berger-Diabolicall yours

Diabolicamente tua

Senta Berger-Di mamma non ce n'Þ una sola

Di mamma non ce n’è una sola

Senta Berger-De Sade

De Sade

Senta Berger-Da parte degli amici firmato mafia

Da parte degli amici:firmato Mafia

Senta Berger-Cuori solitari

Cuori solitari

Senta Berger Junge Leute brauchen Liebe

Senta Berger-Congiura di spie

Congiura di spie

Senta Berger-Combattenti della notte

Combattenti della notte

Senta Berger-Brogliaccio d'amore

Brogliaccio d’amore

Senta Berger-Bisturi la mafia bianca

Bisturi la mafia bianca

Senta Berger-Bin ich schön

Bin ich schön

Senta Berger Trennungsfieber

Trennungsfieber

Senta Berger Organizzazione U.N.C.L.E.

Organizzazione UNCLE

Senta Berger Operation Zucker

Operation Zucker

Senta Berger Nette Nachbarn küsst man nicht 2

Nette Nachbarn küsst man nicht

Senta Berger Speed driver

Speed driver

Senta Berger Sherlock Holmes - La valle del terrore

Sherlock Holmes la valle del terrore

Senta Berger Quiller Memorandum

Quiller memorandum

Senta Berger Probieren Sie's mit einem Jüngeren

Probieren Sie’s mit einem Jüngeren

Senta Berger Schlaflos

Schlaflos

Senta Berger Satte Farben vor Schwarz

Satte Farben vor Schwarz

Senta Berger Nette Nachbarn küsst man nicht

Nette Nachbarn küsst man nicht

Senta Berger Mama kommt!

Mama Kommt

Senta Berger La casa di vetro

La casa di vetro

Senta Berger La bellissima estate

La bellissima estate

Senta Berger Il testamento del dottor Mabuse

Il testamento del dottor Mabuse

Senta Berger Girotondo dell'amore

Girotondo dell’amore

Senta Berger Frau Böhm sagt Nein

Frau Böhm sagt Nein

Senta Berger Emilia - Familienbande

Emilia – Familienbande

Senta Berger Emilia - Die zweite Chance

Emilia – Die zweite Chance

Senta Berger Einmal so wie ich will

Einmal so wie ich will

Senta Berger Bis dass dein Tod uns scheidet

Bis dass dein Tod uns scheidet

Senta Berger Liebe am Fjord

Liebe am fjord

Senta Berger Zettl

Zettl

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Kaly Yug la dea della vendetta

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Immer Ärger mit dem Bett

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Il pugnale siamese

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Il papavero è anche un fiore

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Di mamma non ce n’è una sola

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Amore e ginnastica

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Adieu liebewol goodbye

Senta Berger-Banner filmografia

2013 Benvenuti a MeckPomm (TV)
2002-2012 Six Degrees (serie TV)
2012 Matrimoni (TV)
2012 Hochzeiten (TV movie)
2012 Operation Zucker (TV movie)
2012 Und alle haben geschwiegen (TV movie)
2012 Ruhm
2012 Zettl
2011 In den besten Jahren (TV movie)
2011 Liebe am Fjord (TV series)
2010 Satte Farben vor Schwarz
2008-2009 Four Seasons (TV mini-series)
2009 Mama kommt! (TV movie)
2009 Frau Böhm sagt Nein (TV movie)
2009 Ob ihr wollt oder nicht!
2009 Schlaflos (TV movie)
2006 Nette Nachbarn küsst man nicht (TV movie)
2005 Emilia – Familienbande (TV movie)
2005 Emilia – Die zweite Chance (TV movie)
2005 Einmal so wie ich will (TV movie)
2004 Die Konferenz (TV movie)
1989-2004 La signora col taxi (TV series)
2002 Bis dass dein Tod uns scheidet (TV movie)
2000 Probieren Sie’s mit einem Jüngeren (TV movie)
2000 Scharf aufs Leben (TV movie)
2000 Trennungsfieber (TV movie)
2000/I Zimmer mit Frühstück (TV movie)
1999 Mit fünfzig küssen Männer anders (TV movie)
1999 Nancherrow (TV movie)
1999 Liebe und weitere Katastrophen (TV movie)
1998 Bin ich schön?
1998 Mammamia (TV movie)
1997 Die Nacht der Nächte (TV movie)
1997 Lamorte (TV movie)
1997 Kap der Rache (TV movie)
1994-1996 Ärzte (TV series)
1996 Dopo la tempesta (TV movie)
1995 Il commissario Rex (TV serie)
1994 Gefangene Liebe (TV movie)
1992 Lilli Lottofee (TV serie)
1992 Sie und Er (TV movie)
1990 Tre colonne in cronaca
1990 La belle Anglaise (TV serie)
1989 Peter Strohm (TV series)
1989 Quattro storie di donne (TV mini-serie)
1989 Oceano (TV mini-series)
1988 Cheeeese
1987 Animali metropolitani
1986 Kir Royal (TV mini-serie)
1986 Killing Cars
1986 L’ultima mazurka (TV movie)
1985 La doppia vita di Mattia Pascal
1985 Diavoli volanti
1985 Fatto su misura
1984 Notti e nebbie (TV movie)
1984 La stagione delle piogge (TV movie)
1983 Die priwalov’schen Millionen (TV mini-series)
1983 Liebe Melanie (TV movie)
1982 Un inverno al mare (TV mini-series)
1982 Wortwechsel (TV series)
1982 Die Entscheidung (TV movie)
1981 Dantons Tod
1981 Der Traum ein Leben (TV movie)
1980 Speed Driver
1979 La giacca verde (TV movie)
1978 Ritratto di borghesia in nero
1978 Freiheit (short)
1977 La croce di ferro
1977 Das chinesische Wunder
1977 Abschiede (TV movie)
1977 Una donna di seconda mano
1976 La padrona è servita
1976 Signore e signori, buonanotte
1976 Intrigo in Svizzera
1976 Giochi perversi di una signora perbene
1976 Brogliaccio d’amore
1975 Dalli Dalli (TV series)
1975 Rottamopoli (TV series)
1975 Die Verschwörung des Fiesco zu Genua (TV movie)
1974 La bellissima estate
1974 L’uomo senza memoria
1974 Di mamma non ce n’è una sola
1974 Frühlingsfluten (TV movie)
1973 Bisturi, la mafia bianca
1973 La lettera scarlatta
1973 Amore e ginnastica
1973 Il girotondo dell’amore
1972 Tatort (TV series)
1972 La morale di Ruth Halbfass
1972 Causa di divorzio
1972 Quando le donne persero la coda
1971 L’amante dell’orsa maggiore
1971 Roma bene
1971 Da parte degli amici: firmato mafia!
1971 Rolf Harris Show (TV series)
1971 La casa di vetro
1971 Un’anguilla da trecento milioni
1970 Quando le donne avevano la coda
1970 Cuori solitari
1969 Infanzia, vocazione e prime esperienze di Giacomo Casanova, veneziano
1968-1969 Operazione ladro (TV series)
1969 De Sade
1969 Quelli che sanno uccidere
1969 Se è martedì deve essere il Belgio
1968 Babeck (TV mini-series)
1968 Fermate l’Orient Express (TV movie)
1968 Reporter alla ribalta (TV series)
1968 Vienna (short)
1967 L’imboscata
1967 Diabolicamente tua
1967 Congiura di spie
1966 Operazione San Gennaro
1966 Quiller Memorandum
1966 Exploit bella sexy e… ladra
1966 Il nostro uomo a Marrakesh
1966 Il papavero è anche un fiore
1966 Combattenti della notte
1965 Doringo!
1965 Operazione terzo uomo
1965 Sierra Charriba
1964 Organizzazione U.N.C.L.E. (TV series)
1964 See How They Run (TV movie)
1964 Polvere di stelle (TV series)
1964 …e la donna creò l’uomo
1964 Ein schöner Herbst (TV movie)
1963 Presto… a letto!
1963 Il mistero del tempio indiano
1963 I vincitori
1963 Kali Yug, la dea della vendetta
1963 Disneyland (TV series)
1962 Sherlock Holmes la valle del terrore
1962 Il testamento del dottor Mabuse
1962 Lo scandalo Sibelius
1962 Il pugnale siamese
1961 Ramona
1961 Diesmal muß es Kaviar sein
1961 Ti aspetterò all’inferno
1961 Adieu, Lebewohl, Goodbye
1961 Immer Ärger mit dem Bett
1961 Das Wunder des Malachias
1961 Eine hübscher als die andere
1961 Junge Leute brauchen Liebe
1961 Le vie segrete
1960 O sole mio
1960 Il bravo soldato Schwejk
1960 Ich heirate Herrn Direktor
1959 Katia regina senza corona
1959 Il viaggio
1958 Un posto in paradiso
1957 Die Lindenwirtin vom Donaustrand
1957 Die unentschuldigte Stunde
1955 Du bist die Richtige
1950 Questi nostri genitori

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marzo 25, 2013 Posted by | Biografie | | 3 commenti

Improvvisamente un uomo nella notte

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Il giro di vite (The Turn of the Screw) è un racconto scritto da Henry James, pubblicato nel 1898; da esso sono stati tratti alcuni film, il primo dei quali è stato l’eccellente Suspense (The Innocents) diretto da Jack Clayton nel 1961 e interpretato da Deborah Kerr.
Poi, nel 2001, il regista Alejandro Amenábar, ispirandosi al romanzo ne ha tratto la sua opera The others, protagonista Nicole Kidman; in mezzo ci sono state riduzioni come Un altro giro di vite (Otra vuelta de tuerca, 1985),Presenze (The Turn of the Screw, 1994),Presence of Mind (1999) e il recente In a Dark Place (2006).
Nel 1971 Michael Winner, su sceneggiatura di Michael Hastings dirige un vero e proprio prequel del romanzo, The nightcomers che verrà proiettato in Italia con il titolo Improvvisamente un uomo nella notte.
Il film, che sfrutta la storia dei due piccoli protagonisti del romanzo, termina esattamente la dove inizia il romanzo di James,con l’arrivo di miss Giddens a Bly; per chi ha letto lo splendido romanzo di James le analogie con il romanzo stesso terminano qua.

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Il film inizia con la vicenda dei due piccoli Miles e Flora, che hanno perso i genitori in un incidente e che vengono presi sotto tutela dal patrigno; l’uomo,dovendo assentarsi per lavoro, affida i due ragazzini alla governante Grose.
La donna è un’anziana signora, che dirige la grande casa nelle campagne inglesi in cui la vicenda si volge;siamo in un’epoca non specificata, sotto il regno della regina Vittoria.
Nella grande dimora Miles e Flora hanno come unica compagnia, oltre a quella della signora Grose, quella di Peter Quint che svolge le mansioni di giardiniere.
I due ragazzini ben presto si legano all’uomo, un individuo dal comportamento bizzarro, a tratti semplicemente amorale, a tratti infantile come i suoi due piccoli protetti.

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Assistono ad esempio a crudeli maltrattamenti verso piccoli animali, un rospo e una tartaruga ma al tempo stesso imparano anche ad apprezzare lo splendido paesaggio e la straordinaria bellezza della natura che li circonda, ascoltano con interesse i racconti di Peter, imparano ad andare a cavallo o a far volteggiare aquiloni.
Ma Quint è anche un uomo perverso; ha una relazione sado masochistica con la bella Miss Jessel, che è stata assunta dal patrigno dei due ragazzi come istitutrice; Miles spia l’uomo mentre ha rapporti con Miss jessel, che dapprima ha rifiutato e in seguito accettato le perverse attenzioni dell’uomo nei suoi confronti.
Lo stesso ragazzino, sotto l’influenza del rozzo giardiniere, finisce per coinvolgere la sorellina in un tragico simulacro di quello che ha visto fare a Peter nei confronti di Miss Jessel, con tanto di imitazione di violenza sessuale.
Miles e Flora, privi di una figura di riferimento, finiscono ben presto per assimilare come spugne il comportamento amorale del giardiniere;

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la signora Grose, che ha scoperto la natura ambigua del legame tra il giardiniere e l’istitutrice e che guarda con impotenza al vero e proprio plagio della personalità che lo stesso Peter esercita sui ragazzini vieta all’uomo di entrare in casa.
E medita sull’allontanamento dei due dalla casa.
Ma i due ragazzi, che hanno già perso i genitori, non vogliono staccarsi da quelle due persone che fanno parte del loro quotidiano, del loro piccolo mondo; così praticano un foro nella barca che sanno dovrà essere usata da Miss Jessel, che muore annegata.
Peter verrà ucciso, ironia della sorte, da Miles che ha messo a frutto gli insegnamenti dell’uomo nell’uso dell’arco.
Ora i due, non potranno più allontanarsi dalla villa e già nella grande casa si pregusta l’arrivo di una nuova istitutrice…
Improvvisamente un uomo nella notte termina così con l’arrivo di una nuova istitutrice, che presumibilmente diverrà il nuovo “gioco” della terribile coppia di ragazzini; un finale in linea perfetta con il romanzo di James, che prò prenderà tutt’altra strada.Miss Giddens infatti si troverà immersa in’atmosfera gotica, alle prese con inquietanti presenza che altro non sono che i fantasmi del giardiniere e della precedente istitutrice.

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Così Winner tenta di dare una spiegazione abbastanza lineare, tutto sommato, a quello che accade in Suspence; il risultato finale è un film non privo di un certo fascino ma anche terribilmente rozzo e poco incisivo (per nulla) sul piano delle introspezioni psicologiche dei personaggi.
A parte lo stupendo scenario della location e la splendida fotografia, il film non mostra pregi sufficienti a tributargli onori particolari;la regia di Winner è inadatta, mentre la storia sembra essere discontinua, legata principalmente al racconto delle personali perversioni di Peter e di Miss Jessel
I due bimbi appaiono invece come i ragazzini del Villaggio dei dannati; belli fuori e cattivi dentro.
Ci sarebbe stato lo spazio per motivare lo sviluppo psicologico delle due personalità alla luce dei traumi subiti dai ragazzi; Winner viceversa,con una regia monocorde e poco ispirata, vaga quà e là senza incidere nelle psicologie dei personaggi.

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Mortificando quindi Marlon Brando che alla fine rende il suo personaggio meno oscuro e degno di interesse di quello che avrebbe dovuto;i dialoghi che interpreta spesso appaiono forzati lasciando poco spazio alla sua innegabile capacità artistica.
Il resto del cast tutto sommato fa il suo, con Stephanie Beacham che merita ampiamente la sufficienza, così come i due piccoli protagonisti e con l’inappuntabile performance di Thora Hird che interpreta Miss Grose.
Un film in chiaro-scuro, con predominanza di quest’ultimo aspetto;di ben altro livello sono infatti i due film citati all’inizio, ovvero Suspense di Clayton che racconta in maniera sobria e sopratutto claustrofobica la vicenda della governante Miss Giddens e The others, gran bel film interpretato magistralmente da Nicole Kidman che introduce la variante dei due bambini affetti da fotofobia e una storia sopratutto molto più ariosa e ben diretta.
Improvvisamente un uomo nella notte è generalmente considerato il peggior film di Brando del ventennio 60-70; un giudizio un tantino ingeneroso, perchè la professionalità dell’attore americano, anche se un pò in ombra, è comunque sempre un valore aggiunto ai film da lui interpretati.

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Per quanto riguarda le possibilità di vedere questo film in tv, sono davvero scarse; a mia memoria non ricordo un solo passaggio televisivo dello stesso mentre la sua diffusione sulla rete è davvero ai minimi termini.
Purtroppo non sono riuscito a trovare nemmeno la versione originale, mentre sono presenti su You tube alcuni spezzoni della pellicola, peraltro poco indicativi.

Improvvisamente un uomo nella notte
Un film di Michael Winner. Con Marlon Brando, Stephanie Beacham, Thora Hird Titolo originale The Nightcomers. Drammatico, durata 96′ min. – Gran Bretagna 1972

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Marlon Brando: Peter Quint
Stephanie Beacham: Miss Jessel
Thora Hird: Mrs. Grose
Harry Andrews: Padrone di casa
Verna Harvey: Flora
Christopher Ellis: Miles
Anna Palk: Nuova governante

Improvvisamente un uomo nella notte banner cast
Giuseppe Rinaldi: Peter Quint
Fiorella Betti: Miss Jessel
Franca Dominici: Mrs. Grose
Sergio Graziani: Padrone di casa
Micaela Esdra: Flora
Germana Dominici: Nuova governante

Regia Michael Winner
Soggetto Henry James
Sceneggiatura Michael Hastings
Produttore Elliott Kastner, Michael Winner
Casa di produzione Elliott Kastner-Jay Kanter-Alan Ladd Jnr Productions, Scimitar Productions
Fotografia Robert Paynter
Montaggio Michael Winner (con il nome Arnold Crust Jr.)
Musiche Jerry Fielding

Improvvisamente un uomo nella notte banner recensioni

L’opinione dell’utente gattopongo presa dal sito http://www.filmtv.it
Praticamente un prequel de IL GIRO DI VITE di James,già portato al cinema 11 anni prima dal magnifico Suspense di Clayton . Winner, oltre a non saper dirigere il gigione Marlon Brando, dà sfogo a giochi bdsm da fumetto e non sa mantenere l’ambiguità, nè tanto meno far intuire la paura attraverso la reticenza, espedienti che erano alla base del film precedente. Il racconto di James verrà portato ancora sullo schermo col film Presenze.

L’opinione dell’utente Homesick, tratta dal sito http://www.davinotti.com
Questo antefatto del bellissimo racconto di Henry James (“Giro di vite”) non riesce nemmeno lontanamente a ricreare l’ambiguità, l’inquietudine e la tensione scaturita dalla penna dello scrittore. Brando, nonostante le sue eccellenti doti interpretative, finisce con l’essere poco incisivo per la mancanza di una sceneggiatura solida e per una regia poco rigorosa. Si salva comunque la bella ambientazione nell’inconfondibile, pittoresca campagna inglese.

L’opinione dell’utente leleemo tratta dal sito http://www.davinotti.com
Scenari davvero fiabeschi, arborei ed affascinanti, che contrastano con la tenebrosità della “manor house” di Sawston nel Cambridgeshire e soprattutto con la storia, che è pervasa da inizio a fine da un fascino perverso e sadico. Un Marlon Brando magistrale che s’impone per carisma e forza impattante, con la pur ottima interpretazione del resto del cast ma soprattutto dei due ragazzini. Un Brando più “libero” che sul “tango” che si lascia andare anche a qualche frammento divertente. In complesso un’ottima opera gotica, molto spesso sottovalutata.

L’opinione dell’utente Stefania tratta dal sito http://www.davinotti.com
Brando giardiniere, amante (dell’istitutrice) di Lady Chatterley, campione di tiro alla fune (in camera da letto), vermiciattolo infetto nella salubre insalata della quieta routine, corruttore dell’innocenza e vittima di una crudeltà innocente, ma fatale. La contrapposizione tra Natura e (buona) Società è raccontata nella maniera più esplicita e schematica, quindi alla fine banale, con qualche morbosità uggiosa. La fascinazione dei bambini per il soprannaturale appare inserita a forza nella trama. Brando si auto-cita, gli altri stanno semplicemente a galla.
Citazioni dal film:
“Quando i morti muoiono,dove vanno?” Miles
“I morti non vanno da nessuna parte, perchè non ha nessun posto dove andare” Peter
Da libro di James Il giro di vite

“Il racconto ci aveva tenuti attorno al focolare col fiato sospeso, ma a parte l’ovvia osservazione ch’esso era raccapricciante, come doveva essere una strana storia narrata la vigilia di Natale in una vecchia casa, non ricordo che suscitasse alcun commento finché qualcuno disse ch’era quello il primo caso in cui s’imbatteva d’una simile esperienza toccata a un fanciullo. Si trattava, se ben ricordo, di un’apparizione in una casa altrettanto vecchia di quella in cui eravamo riuniti per l’occasione – una visione spaventosa apparsa ad un bambino che dormiva nella camera di sua madre e che l’aveva svegliata terrorizzato; svegliata non per vincere il suo spavento e per farsi teneramente riaddormentare, ma perché lei stessa, prima di riuscirvi, si trovasse davanti la medesima visione che l’aveva sconvolto.”

“Si, sentii nettamente che mentre compiva quei pochi passi non mi tolse mai gli occhi di dosso, e ancora oggi vedo la sua mano, durante il percorso, spostarsi da un merlo all’altro. Si fermò all’altra estremità, ma meno a lungo, e anche mentre si girava, continuò a fissarmi ostentatamente.
Si girò; e fu tutto.”

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marzo 23, 2013 Posted by | Drammatico | , , , | Lascia un commento

Barbara il mostro di Londra

Barbara il mostro di Londra locandina 6

In una Londra vittoriana grigia e fumosa agisce il Dottor Jekyll, studioso alla ricerca del mitico elisir di lunga vita.
Avendo scoperto che per produrre il siero è necessario prelevare ormoni femminili da cadaveri possibilmente di ragazze molto giovani, il Dottor Jekyll deputa due loschi figuri al recupero di salme di ragazze.
Jekyll realizza il siero, ma il risultato è del tutto inaspettato; il siero stesso agisce fisicamente sull’uomo trasformandolo anche se per breve periodo in una donna.
Per poter riprendere la mutazione, Jekyll è costretto ad agire da solo per procurarsi il materiale umano necessario; i due loschi collaboratori infatti sono usciti di scena, essendo stato uno giustiziato come profanatore di tombe e l’altro accecato.

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Jekyll inizia quindi ad uccidere per procurarsi i corpi femminili, ma l’esperimento ormai ha creato un alter ego del dottore che è difficilmente controllabile.
L’uomo presenta il suo doppio femminile come Barbara Hyde, una donna che vive con lui essendo rimasta vedova; ben presto però la parte femminile, violenta e senza freni morali, prende il sopravvento, scatenando di conseguenza l’orrore nella città di Londra….
Dottor Jekyll e Sister Hyde, tradotto malamente in Barbara il mostro di Londra è una tarda produzione Hammer diretta da Roy Ward Baker, regista londinese purosangue scomparso nel 2010 alla bella età di 93 anni e autore prolifico di film di discreto livello e di numerosi serial tv, alcuni dei quali di larga fama come Il ritorno di Simon Templar e Attenti a quei due.

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Un film che modifica il celebre racconto di Robert Louis Stevenson Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde introducendo in luogo del famoso dualismo Jekyll/Hyde imperniato sulla dicotomia bene/male la variante della trasformazione in bene-uomo e male-donna, cosa che valse al regista inglese dure accuse di misoginia e maschilismo.
Accuse fondamentalmente risibili, in quanto lungi dal attribuire alla Hyde femminile caratteristiche negative in quanto donna,Baker utilizza semplicemente il doppio in gonnella per motivi puramente scenici.
Qui non c’è più la lotta interiore di Jekyll con Hide alla ricerca di un impossibile equilibrio tra bene e male, che Stevenson racconta nel suo romanzo scritto proprio per raccontare l’ambiguità dell’animo umano, in bilico fra ragione e forza bruta, fra tendenza al bene e oscure tentazioni del fascino che il male comunque esercita sulla psiche dell’uomo.

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C’è, viceversa, uno sdoppiamento fisico fra uomo e donna in cui le due nature contrapposte del bene e del male finiscono per dividersi nettamente, quando Barbara Hyde prende fatalmente il predominio su Jekyll; da questo momento la storia vira verso l’horror non più metafisico bensi concreto, con la trasformazione di Barbara Hyde in un serial killer spietato, in puro stile Jack lo squartatore.
Poichè la storia è ambientata come già detto nella Londra vittoriana, ecco che il romanzo di Stevenson e la terribile storia, purtroppo vera dello squartatore londinese finiscono per intrecciarsi e dar luogo ad un film che se non ha abbastanza profondità per analizzare le vere motivazioni che spingono Jekyll nella sua folle ricerca, quantomeno vira verso un horror che visivamente si gusta con piacere proprio perchè scevro da eccessive implicazioni filosofiche.
Barbara il mostro di Londra mostra quindi la metamorfosi dello scienziato Jekyll in un essere amorale e senza scrupoli, trascinato sulla via della violenza da pulsioni non controllabili; se il bene, presente in Jekyll riesce a mantenere un equilibrio stabile, almeno fino a prima dell’esperimento con il siero, è perchè secoli di morale e di insegnamenti della società sono riusciti a imporre agli uomini dei comportamenti lineari, tesi ad un comportamento sociale di rispetto degli altri.

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Barbara Hyde invece non ha nulla di tutto questo; è forza primordiale, non ha freni inibitori, non è un essere sociale. Non avendo etica, è libera di procurarsi quello che più vuole con tutti i mezzi; Jekyll tenterà inutilmente di fermare il suo doppio, che fatalmente prenderà il sopravvento.
L’Hyde di Stevenson muore suicida quando Jekyll, in un ultimo barlume di coscienza, si rende conto che ha generato un doppio che è un mostro a tutti gli effetti; Barbara Hyde farà una fine diversa proprio perchè Baker ha preferito scegliere la strada del racconto visivo horrorifico piuttosto che una riduzione pedissequa del romanzo dello scrittore scozzese.
Il regista immerge il film in un’atmosfera adeguata al racconto, in modo tale che il film scivola verso la fine senza annoiare lo spettatore; l’introduzione dello sdoppiamento Jekyll/Hyde è raccontato visivamente con un colpo magistrale.

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Nella scena più famosa del film Jekyll, sotto l’effetto del siero si pone davanti ad uno specchio; magistralmente Baker mostra lo sconcerto dell’uomo diventato all’improvviso donna.
Una donna peraltro molto bella, che inizia a esplorare il proprio corpo partendo dal seno sinistro, che il regista inquadra per qualche secondo con una buona dose di malizia.
Sostanzialmente siamo di fronte ad un prodotto ben riuscito, godibile, in linea con lo standard della Hammer, che ormai non aveva più il riscontro al botteghino degli anni passati, ma che manteneva dignitosamente una qualità apprezzata dal suo pubblico.

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Per quanto riguarda il cast nulla da eccepire sulla preparazione dello stesso; molto bene Martine Beswick (Barbara), bene anche Ralph Bates (Jekyll); l’attrice inglese nata in Giamaica, lanciata dai due film della serie 007 Dalla Russia con amore e Thunderball (Operazione Tuono) è una gioia per gli occhi ed è professionalmente ineccepibile.
Bene come dicevo anche il compianto Bates, scomparso prematuramente a 51 anni, che molti ricorderanno protagonista di altri horror come Una messa per Dracula,Gli orrori di Frankenstein e Mircalla l’amante immortale.
Barbara il mostro di Londra è un film che non è difficile reperire in rete, in versione digitale che mostra l’ottima fattura del film stesso, caratterizzato anche da una bella e tetra fotografia oltre che da un’atmosfera di sicuro effetto.

Barbara, il mostro di Londra

Un film di Roy Ward Baker. Con Martine Beswick, Ralph Bates, Gerald Sim, Lewis Fiander, Susan Broderick, Dorothy Alison, Ivor Dean, Philip Madoc, Irene Bradshaw, Neil Wilson, Paul Whitsun-Jones, Tony Calvin, Dan Meaden, Virginia Wetherell, Geoffrey Kenion, Anna Brett, Jackie Poole, Rosemary Lord, Petula Portell, Pat Brackenbury, Liz Romanoff, Will Stampe, Roy Evans, Derek Steen, John Lyons, Jeannette Wild, Bobby Parr, Julia Wright Titolo originale Dr. Jekyll and Sister Hyde. Horror, durata 97′ min. – Gran Bretagna 1971.

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Barbara il mostro di Londra banner personaggi

Ralph Bates: dott. Jekyll
Martine Beswick: Barbara
Gerard Sim: Robertson
Lewis Flander: Howard
Susan Brodrick: sig.ra Spencer
Neil Wilson: poliziotto anziano
Ivor Dean: sig. Burke
Paul Whitsun Jones: sergente Danvers
Philip Madoc: Byker
Tony Calvin: sig. Hare
Susan Brodrick: Susan
Dan Maeden: banditore
Virginia Wetherell: Betsy
Geoffrey Kenion: primo poliziotto
Irene Bradshaw: Yvonne
Anna Brett: Julie
Jackie Poole: Margie
Rosemary Lord: Marie
Petula Portell: Petra
Pat Brackenbury: Helen
Liz Romanoff: Emma
Will Stampe: Mine Host
Roy Evans: l’arrotino
Derek Steen: il primo marinaio
John Lyons: il secondo marinaio
Jeannette Wild: Jill
Bobby Parr: un giovane apprendista
Julia Wright: cantante di strada

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Regia Roy Ward Baker
Soggetto Robert Louis Stevenson
Sceneggiatura Brian Clemens
Produttore Hammer Film Productions
Distribuzione (Italia) regionale
Fotografia Norman Warwick
Montaggio James Needs
Musiche David Whitaker
Scenografia Robert Jones

Barbara il mostro di Londra banner recensioni

Recensione dell’utente Undying tratta dal sito http://www.davinotti.com
Pregevole produzione inglese siglata da Roy Ward Baker e targata Hammer. Il tema del doppio (buono/cattivo) già analizzato in diverse rivisitazioni del celebre romanzo di Robert Louis Stevenson (Dr. Jekyll and Mr. Hyde) viene qui visto in variante femminile (Dr. Jekyll and sister Hyde è il titolo originale) e con sconfinamento nell’ibridazione (c’è anche un collegamento a Jack lo Squartatore). L’ombra del killer si aggira tra scenografie nebulose nei d’intorni di una Londra -da girone dantesco- sperduta nello spazio e nel tempo… Poetico.

Recensione dell’utente Beckett tratta dal sito http://www.filmtv.it
Un film d’annata, firmato da un altro artigiano della Hammer, pellicola che ha il pregio di rinnovare il mito del dottor Jekyll in modo innovativo e simpatico. A differenza di Fisher (il primo artigiano della Hammer), lo stile di Ward Baker (nel genere vampiresco) è figlio del ’68 e gode di tutte quelle “libertà” che ne conseguono: se in Fisher il sesso era il motivo scatenante ma era vissuto in modo represso, in Ward Baker si libera di tutte quelle restrizioni morali.

Recensione del sito http://www.ecodelcinema.com
Rivisitazione ironica e orrorifica del celebre romanzo di Robert Louis Stevenson, il film vede il dottor Jekyll trasformarsi, grazie alla sua pozione, in una donna bellissima e malvagia, che se ne va per la città a uccidere fanciulle innocenti per ricavarne gli ormoni necessari a sopravvivere. La produzione Hammer garantisce alla pellicola l’eleganza delle ambientazioni e della fattura, ma a fare la differenza è l’originalità del gioco delle ambiguità sessuali, ai limiti del kitsch, sapientemente alternato ai momenti di tensione. Un piccolo classico, divertente e paradossale, da riscoprire.

Recensione del sito http://www.moviecinemania.blogspot.it
Nel film, ambientato dove lo si capisce dal titolo italiano, si narra del dottor Jekyll (Ralph Bates) il quale sperimentando su di sé un siero di sua invenzione di eterna giovinezza, ricavato dall’ormone femminile umano, si trasforma in una graziosa fanciulla, Barbara (Martine Beswick), che tutti credono sorella dello scienziato. Ora con una personalità, ora con l’altra, lo studioso uccide giovani prostitute (creando paura in città un po’ come accade per Jack lo squartatore) per procacciarsi l’ormone e migliorare il suo siero. In Jekyll/Barbara, che si sentono attratti dai fratelli vicini di casa Susan e Howard Spencer (Susan Broderick, Lewis Fiander), inizierà presto la lotta per decidere chi dei due dovrà sopravvivere.
Quello che Jekyll vuole è creare il siero della vita, conoscere il segreto dell’eterna giovinezza, come Frankenstein, senza stregoneria ma con la scienza. È chiaro che anche qui l’ossessione dello scienziato lo porterà all’abisso, all’autodistruzione, all’orrore.
Certo, non ci troviamo di fronte alla folle coraggiosa e geniale commistione di generi e codici che Brian De Palma farà tre anni dopo con Il Fantasma del palcoscenico (1974) ma il prodotto finale è comunque più che dignitoso, in perfetto stile Hammer.

Incipit di Lo strano caso del Dottor Jekyll e Mister Hyde, di R.L.Stevenson

L’avvocato Utterson era un uomo dall’aspetto rude, non s’illuminava mai di un sorriso; freddo, misurato e imbarazzato nel parlare, riservato nell’esprimere i propri sentimenti; era un uomo magro, lungo, polveroso e triste, eppure in un certo senso amabile. Nelle riunioni di amici, quando il vino era di suo gusto, gli traspariva negli occhi qualcosa di veramente umano; qualcosa che non trovava mai modo di risultare nelle sue parole, e che si manifestava, oltre che in quella silenziosa espressione della faccia dopo una cena, più spesso ancora e più vivamente nelle azioni della sua vita. L’avvocato era severo nei riguardi di se stesso; quando si trovava solo, beveva gin, per mortificare l’inclinazione verso i buoni vini; e, sebbene il teatro lo attirasse, non aveva mai varcato la soglia di un teatro in vent’anni.

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marzo 21, 2013 Posted by | Horror | , , | 1 commento

Kramer contro Kramer

Kramer contro Kramer locandina 3

Ted Kramer è un importante dirigente di una azienda che si occupa di pubblicità; è sposato con Joanna e ha un figlio, Billy.
Dedito completamente al lavoro, Ted probabilmente trascura la famiglia.
Infatti, subito dopo aver ricevuto un importante incarico, lo vediamo tornare a casa dove ad accoglierlo c’è la moglie Joanna che gli comunica, senza molti giri di parole, che ha intenzione di andar via di casa per prendersi una pausa di riflessione.
Joanna quindi va via, affidando il figlio alle cure di Ted.
Che da quel momento è costretto gioco forza ad occuparsi del figlio, con il quale, dopo un inizio difficile, stabilisce un buon rapporto.

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Ma la cosa si riflette negativamente sul lavoro; costretto ad occuparsi di Billy, Ted perde il lavoro.
Nel frattempo stringe qualcosa più di un’amicizia con una donna separata come lui, Margaret, anch’essa con un figlio.
Un giorno, mentre i due sono al parco, Billy cade da una giostrina riportando serie ferite al volto.
Qualche mese più tardi, in modo del tutto imprevisto, ritorna Joanna che chiede a suo marito di potersi riprendere il figlio.
Di fronte al diniego di Ted, Joanna trascina l’uomo in tribunale, dove, dopo una lunga battaglia, Joanna riceve l’affidamento del bimbo.
Ted decide di andare in appello, ma quando apprende che dovrà portare suo figlio in tribunale, decide per il bene di Billy di rinunciare.
Finale da vedere….

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Sono i temi del divorzio, quello dell’affidamento dei figli, le lunghe ed estenuanti battaglie legali fra i coniugi, i traumi riportati dagli stessi gli argomenti dei quali parla Kramer contro Kramer, film diretto da Robert Benton nel 1979.
Un film, detto subito, molto ben fatto ma anche terribilmente ruffiano; il regista texano infatti coniuga l’impegno civile della denuncia dei postumi del divorzio sui figli solleticando in più circostanze i sentimenti dello spettatore e cercando quanto più possibile di suscitare simpatia e commozione verso il genitore, in questo caso di sesso maschile.
Lo fa, però, con molta grazia e delicatezza, tanto da riuscire a bilanciare alla fine la lacrima facile con l’impegno sociale del film stesso.
Tratto dal romanzo Kramer vs. Kramer di Avery Corman, il film racconta in maniera sobria la difficile storia tra i coniugi Ted e Joanna, alle prese con una separazione che Ted sembra più subire proprio mentre la sua professione sta per fare un balzo in avanti.

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E’ proprio su Ted che il regista punta l’attenzione, descrivendo da subito le difficoltà di un uomo alle prese con l’impegno nel suo lavoro e subito dopo l’improvvisa necessità di doversi dedicare al figlio, impegno per il quale non è certo preparato. Un rapporto difficile, che Ted deve recuperare in un ruolo, quello del padre, che è distante per ovvi motivi anni luce da quello della madre.
Con l’impegno, con il sacrificio, con la rinuncia Ted riesce a costruire un rapporto con Billy; riesce anche a ricostruirsi un brandello di vita prima del momento fatale del ritorno di Joanna.
Che costringerà Ted a delle scelte dolorose, fino all’ultimo gesto che sa tanto di rinuncia per amore, un amore superiore che ora Ted finalmente conosce in tutta la sua bellezza ma anche in tutto il dolore della rinuncia…
Benton realizza un film sobrio, che cede alla commozione facile solo nel finale; ma è una concessione obbligata, in quanto è costretto dal romanzo ad una specie di happy end che però in fondo è quello che la gente vuole.
Un happy end ben differente da quello di tantissime storie di papa divorziati costretti a vedere i propri figli in orari e giorni prestabiliti, a sacrificare se stessi in toto per i propri figli.

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Un film quindi armonico, che scorre senza grossi problemi grazie alla sobria regia di Benton ma grazie anche ai due straordinari attori protagonisti,Dustin Hoffman e Meryl Streep oltre alla presenza del bravissimo Justin Henry che interpreta Billy.
Hoffman tiene quasi sempre su di se il peso del film, perchè la storia è incentrata sul suo personaggio; molto più defilata la Streep, sacrificata dal copione ma sempre pronta e misurata nei momenti in cui la si vede in scena.
Non a caso Kramer contro Kramer, uno dei successi più rilevanti del 1979, venne premiato con 5 oscar e 4 nomination; il film vinse infatti il premio Oscar come miglior film (grida ancora vendetta la vittoria su Apocalypse now), per la miglior regia e sopratutto vide premiati sia Hoffman (miglior attore) sia la Streep (migliore attrice non protagonista) oltre al premio per la miglior sceneggiatura non originale.

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Riconoscimenti meritati, almeno per quanto riguarda il cast, ma resta assolutamente il marchio di infamia la vittoria a spese di Apocalypse now o di All that jazz, due film nettamente migliori e di ben altro calibro rispetto a Kramer contro Kramer, più blockbuster che film dai profondi contenuti.
Un film ben fatto, ben diretto, molto furbo, attentissimo ad arruffianarsi il pubblico senza però eccedere nei sentimentalismi, quindi.
Il film di Benton è facilmente rintracciabile in rete ed è passato più volte sui canali televisivi.

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Kramer contro Kramer

Un film di Robert Benton. Con Dustin Hoffman, Meryl Streep, Jane Alexander , Justin Henry, Howard Duff, George Coe, Jo Beth Williams, Joe Seneca, Ellen Parker, Nicholas Hormann, Howland Chamberlain, Shelby Brammer, Bill Moor, Jack Ramage, Jess Osuna, Carol Nadell, Donald Gantry, Judith Calder, Peter Lownds, Kathleen Keller, Ingeborg Sorensen, Iris Alhanti, Richard Barris, Evelyn Hope Bunn, Joann Friedman, Quentin J. Hruska, Dan Tyra, David Golden, Petra King, Melissa Morell, Frederic W. Hand, Scott Kuney Titolo originale Kramer vs. Kramer. Drammatico, durata 104′ min. – USA 1979.

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Dustin Hoffman: Ted Kramer
Meryl Streep: Joanna Kramer
Justin Henry: Billy Kramer
Jane Alexander: Margaret Phelps
Howard Duff: John Shaunessy
George Coe: Jim O’Connor
JoBeth Williams: Phyllis Bernard
Howland Chamberlain: Giudice Atkins
Bill Moor: Gressen, avvocato di Joanna
Joe Seneca: ospite

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Ferruccio Amendola: Ted Kramer
Maria Pia Di Meo: Joanna Kramer
Davide Lepore: Billy Kramer
Anna Rita Pasanisi: Margaret Phelps
Sergio Rossi: John Shaunessy
Gianni Marzocchi: Jim O’Connor
Sergio Fiorentini: Giudice Atkins

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Regia Robert Benton
Soggetto Avery Corman
Sceneggiatura Robert Benton
Produttore Stanley R. Jaffe
Casa di produzione Columbia Pictures, Stanley Jaffe Production
Distribuzione (Italia) Ceiad Balmas
Fotografia Néstor Almendros
Montaggio Gerald B. Greenberg
Musiche John Kander, Herb Harris
Scenografia Paul Sylbert

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marzo 19, 2013 Posted by | Drammatico | , , | 1 commento

La montagna sacra

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Un compito difficile quanto risolvere un’equazione di Einstein, quello di recensire La montagna sacra (La montaña sagrada,The holy mountain) di Alejandro Jodorowsky.
Un film che a distanza di 40 anni esatti non può che far discutere, litigare o far esaltare, arrabbiare o lasciare stranito lo spettatore che si avvicini ad esso incautamente.
Un’opera che anche cinematograficamente sembra fuori posto; fatte le debite (ed incaute) proporzioni, assomiglia d un museo caotico e confusionario, nel quale vengano esposte alla rinfusa opere di Raffaello o Michelangelo accostate a quelle di Dali e Picasso, di Modigliani accanto a Fontana.

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Ecco proprio all’artista di Rosario si può accostare, giusto concettualmente, l’opera di Jodorowsky; perchè la visionarietà del film può ben accostarsi alla straordinaria esperienza di Fontana, l’artista che aprì le porte ad un nuovo modo di concepire l’arte, con quei suoi tagli sulla tela che invitavano il fruitore stesso dell’opera ad andare oltre la visione del taglio stesso, cercando così un nuovo spazio aldilà del taglio che facesse spaziare la mente oltre i limiti fisici stessi dell’opera.
Jodorowsky gira La montagna sacra tre anni dopo l’esaltante risultato raggiunto da El topo, la sua opera fino ad allora più famosa.

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Il poliedrico artista cileno, che nella sua vita ha sperimentato praticamente di tutto, dalla letteratura ai fumetti, dal teatro al cinema stesso, gira questa pellicola con intenti chiaramente provocatori, quasi volesse esprimere per immagini la summa del suo pensiero politicamente scorretto ma anche innovativo e per certi versi geniali.
Un film particolarissimo, carico di simbolismi che spaziano senza soluzione di continuità attraverso immagini dissacratorie ed ermetiche, a tratti blasfeme o cariche di una fortissima rabbia che resta generalmente inespressa.
La trama del film è molto semplice, anche perchè nell’economia stessa della pellicola ha un’importanza relativa, asservita com’è alla dimostrazione del teorema finale; un giovane ladro, che assomiglia a Gesù, con la compagnia di sei Signori, un assistente e un mistico, intraprende un lungo viaggio per raggiungere la montagna sacra, sulla quale ci sono i nove saggi che posseggono il segreto dell’immortalità.

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Ci arriveranno ma scopriranno una verità semplice e fondamentale…
Da come si evince da questa sintesi, la trama del film di Jodorowsky è un pretesto per raccontare un viaggio iniziatico nel quale contano molto più le esperienze del ladro/Gesù, visualizzate sullo schermo da immagini dadaistiche e surreali, piuttosto che il viaggio in se, che avrà una conclusione spiazzante ma solo per il meno scafato dello spettatore.
L’immortalità dei mistici e dei loro compagni di viaggio è allo stesso tempo una chimera e una irrealtà: cosa c’è di immortale nell’universo? Nulla, assolutamente nulla, perchè l’universo stesso è nato dal Big bang e si ritrae fino a ritornare ai primordi, probabilmente per eoni di tempo.
Filosofia spicciola o tentativo estremo di ricerca di una verità da far fruire allo spettatore nel tentativo di farlo riflettere sui misteri della vita?

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O semplicemente esercizio di stile, bizzarra rappresentazione di riferimenti alchemici e mistici, religiosi e panteisti?
Ecco, l’essenza del film di Jodorowsky sta tutta in questa serie di domande, che naturalmente non hanno risposta.
Il regista cileno scandalizza, turba, espone in maniera criptica riferimenti a tutto e a niente allo stesso tempo, riducendo alla fine il film stesso ad una lunghissima sequela di immagini scollegate l’una dall’altra, chiuse da un finale che vorrebbe essere spiazzante sopratutto quando i famosi saggi immortali svelano i loro volti.
Ma allora quale è la chiave di lettura di La montagna sacra?
Forse la più probabile è la ricerca dell’io, che non può coincidere con quella dell’immortalità, proprio per la mancanza pratica della stessa. E’ attraverso la realizzazione della ricerca dell’io che si compie la perenne ricerca dell’uomo, teso alla scoperta delle proprie origini e del proprio divenire.

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Se questa è la chiave di lettura ( e non sono affatto certo che lo sia), allora Jodorowsky sceglie la via più complicata per illustrare il suo percorso di ricerca.
E’ davvero impresa improba districarsi fra immagini in contrasto con le parole che i personaggi pronunciano, anche se l’inizio della ricerca sembra indicare una logica semplice delle cose.
Avete potere e denaro, ma siete mortali.Sapete che non potete sfuggire alla morte, ma l’immortalità può essere raggiunta.In ogni tradizione si parla di montagne sacre…nove uomini immortali vivono sulla montagna,dal picco più alto dirigono il nostro mondo
Sembrerebbe tutto lineare, semplice. E invece ci troviamo proiettati in un delirio metafisico e surrealista, antireligioso all’eccesso.

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Troviamo l’uomo con un anello vescovile che si toglie un occhio (l’occhio dello scandalo?) e il Cristo che divora il suo corpo dopo essere stato allontanato dal papa,il papa morto che sembra essere in uno stato “zombistico” tanto da autoassolversi dai peccati. Assistiamo alla trasmutazione alchemica delle feci in oro, che l’alchemista opera con le parole “Vuoi l’oro?Non sei che merda. Puoi cambiare te stesso in oro
Fino all’incontro con l’alchimista, il personaggio/Gesù in fondo altro non ha fatto che tentare di spogliarsi del suo ruolo di Messia e di speranza per i cristiani; dopo, con l’incontro degli altri nove compagni che lo affiancheranno nella ricerca dei nove saggi assistiamo ad un’analisi sul potere tramite un’allegoria esplicitata attraverso immagini fra le più disparate.
In ultimo l’arrivo alla montagna, con la scoperta che il viaggio altro non è stato che un viaggio in se stessi, alla ricerca di un io tanto trascurato e che invece dovrebbe essere al centro del viaggio dell’uomo.

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Permettetemi un excursus personale sul film, ricordando la visione dello stesso in un cinema di periferia della mia città esattamente quarant’anni addietro.
Era una sera fredda e andai a cinema perchè davvero non avevo nulla da fare; scelsi il film di Jodorowsky senza sapere assolutamente nulla di lui e dei suoi lavori precedenti.
Eravamo non più di 50, nel cinema e alla fine del primo tempo eravamo rimasti la metà.
A fine proiezione eravamo in pochissimi, gli altri erano andati via bestemmiando e borbottando; io rimasi qualche minuto dopo che le luci si erano accese, convinto di aver assistito alla proiezione di un capolavoro assoluto.
Tali e tante erano state le immagini devastanti che avevano popolato lo schermo da avermi impressionato la mente in maniera indelebile.

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Qualche anno addietro ho rivisto il film, riportandolo nel suo giusto collocamento, ovvero quello di una pellicola innovativa e sperimentale, affascinante per certi versi, irritante per altri.
Non un capolavoro, quindi, ma un’opera originale con tanti pregi e altrettante pecche.
La montagna sacra è un’opera oggi facilmente rintracciabile in rete, dopo che l’ostracismo verso il film è finalmente saltato; c’è un’edizione digitale splendida che ha restituito alla pellicola i colori vividi con i quali è stato girato. Purtroppo è praticamente impossibile vedere il film sui canali televisivi.

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La montagna sacra
Un film di Alejandro Jodorowsky. Con Alejandro Jodorowsky, Horacio Salinas, Ramona Sanders, Valerie Jodorowsky, Ana De Sade, Jacqueline Voltaire, Juan Ferrara, Leticia Robles, Adriana Page, Burt Kleiner, Nicky Nichols, Richard Rutowski, Luis Lomeli, David Kapralik, Guadalupe Perullero, Robert Taicher, Hector Hortega Titolo originale The Holy Mountain. Fantastico, durata 115′ min. – USA 1973

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Alejandro Jodorowsky: l’Alchimista
Horacio Salinas: il ladro
Zamira Saunders: la donna
Juan Ferrara: Fon
Adriana Page: Isla
Burt Kleiner: Klen
Richard Rutowski: Axon
Valerie Jodorowsky: Sel
Nicky Nichols: Berg
Jacqueline Voltaire: moglie del turista
David Kapralik: il turista

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Regia Alejandro Jodorowsky
Sceneggiatura Alejandro Jodorowsky
Produttore Alejandro Jodorowsky, Allen Klein, Roberto Viskin
Produttore esecutivo Robert Taicher
Casa di produzione Allen & Betty Klein and Company, Producciones Zohar
Distribuzione (Italia) Raro Video
Fotografia Rafael Corkidi
Montaggio Federico Landeros
Musiche Don Cherry, Ronald Frangipane, Alejandro Jodorowsky
Costumi Alejandro Jodorowsky, Nicky Nichols
Trucco María Eugenia Luna

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Questa è la vita reale? No! Questo è un film! Zoom indietro…
Vuoi l’oro?Non sei che merda. Puoi cambiare te stesso in oro
Sapere, osare, volere, tacere.
La pietra filosofale degli alchimisti non è altro che LSD
“Il mio pianeta è mia moglie”
“L’Apocalisse e il Libro tibetano dei Morti sono un’esperienza alla mescalina”
“Più umani che mai… la realtà. Questa vita è realtà? No, è un film. Non siamo che immagini, fotografie. Romperemo l’illusione! Questa è magia! La vita reale ci attende”.

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L’opinione dell’utente Ford, dal sito http://www.davinotti.com
“Sequela implacabile di disturbanti sequenze surreali. Jodorowski dirige con classe un trionfo del rivoltante che diventa bello in quanto cinema e il finale metafilmico non fa altro che confermare che il cinema è bello quando fa vedere quello che non c’è, il moralista schifato dalle scene forti di questo film non è altro una persona che attribuisce significati che un fascio di luce o un pugno di pixel in realtà non danno. Le magnifiche scenografie sono il punto in più di questo film stupendo, concreto e impossibile allo stesso tempo.”

L’opinione dell’utente alfatocoferolo dal sito http://www.filmtv.it
Cervellotico, filosofico, visionario. Le prime tre parole che mi son venute in mente terminata la visione di questo elaborato (e per certi versi criptico) capolavoro di Jodorowsky. Inizialmente l’idea prevalente era quella di assistere ad un frammentario ed incongruente assemblamento di immagini grottesche e allucinate (uccelli che prendono il volo da una ferita al cuore di un fucilato, un mistico che viene replicato in infinite sagome di cera, rane travestite da crociati che interpretano una battaglia sanguinosa e tanto altro) ma nel seguito appare comunque chiara l’esistenza di un filo conduttore che permette di armonizzare il tutto. Un lavoro che richiama l’opera di Dalì e Bunuel, probabilmente non adatto a tutti i palati ma sicuramente suggestivo e di grande impatto estetico.

L’opinione dell’utente Giacomo dal sito http://www.filmup.leonardo.it
Ripropone simbolicamente tutte le tappe che l’individuo ha da percorrere per compiere l’opera cui ogni essere vivente è destinato. dal risveglio alle morti dell’io, dalla mandorla mistica all’enneagramma, dall’oro all’io mostruoso, dai tarocchi ai pianeti, dall’integrazione finale all’illusione finale: c’è tutto. ovviamente bisogna avere una chiave d’interpretazione per cogliere il significato dei simboli e poter conferire coerenza ad un film che appare sconclusionato e narcisista. ma i simboli utilizzati sono i simboli, pertanto laddove non arriva l’io ci arriva senz’altro l’inconscio dello spettatore. da vedere e rivedere più volte nella vita.

L’opinione dell’utente Luca dal sito http://www.filmup.leonardo.it
La montagna sacra mi ha colpito. Lo sforzo del cineasta cileno più famoso del mondo è notevole. Non riesco a capire perchè questo film mi piace, ma una cosa è certa, mi piace. Eccessivo all’inverosimile, raffigura semplicemente l’arte figurativa e simbolica di un filosofo – poeta. Il film dice tutto e non dice niente. Nel momento in cui cerchiamo di imbrigliarlo in un contesto razionale ci ritroviamo a brancolare seriamente nel buio. Certo, è riferito all’uomo, alla vita e alla morte, all’amore e l’odio, alle perversioni e alle fantasie malate, ma il film è una parodia di se stesso, così ricco di significati calpestati di volta in volta dalle parole del regista stesso che induce alla povertà del corpo e ci sprona alla ricchezza dello spirito, alla fine è un film che vuole diventare reale, ironia della realtà che vuole diventare film. Fondamentalmente l’ho capito, a parte i simbolismi più ermetici e esoterici, ma credo che non bisogna per forza essere laureati o maghi alchimisti per apprezzare un film incredibile, pregnante, tecnicamente perfetto, ispirato, comico e estremamente tragico, realista e fuorviante, una condanna e un’accettazione. Una regia perfetta, un impiego di mezzi, comparse, attori e scenografie da colossal. L’ho visto due volte, ma credo che l’ho rivedrò tante altre volte ancora. E spero di cogliere sempre nuove sfumature. Una simbolica galleria di suggestioni visive di enorme impatto emotivo mescolate ad un ermetismo concettuale misterioso e affascinante che premio a pieni voti, un capolavoro del 1973, una pellicola che gronda sudore e produce sperma e merda, ma che fusi insieme producono oro, l’uomo è la pietra filosofale, questo film è prezioso come l’oro. Grazie ALEJANDRO.

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marzo 17, 2013 Posted by | Commedia | | 2 commenti

La ragazza del bagno pubblico

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Un film tenero e malinconico, drammatico e per certi versi sfuggente.
Una storia d’amore, una storia d’inquietudine adolescenziale, il tutto sullo sfondo di una Londra tetra e grigia.
Tutto questo è La ragazza del bagno pubblico, Deep end nella versione originale; Deep end, con riferimento alla piscina del bagno pubblico in cui è ambientata la storia che coinvolge due giovani, il quindicenne Michael e la ventenne Susan, caratterizzato anche e sopratutto condito da un finale di rara bellezza e intensità.
Diretto da Jerzy Skolimowski, regista attore e sceneggiatore polacco, esule da una Polonia ancora sotto la ferrea morsa del comunismo imposto dall’Urss, La ragazza del bagno pubblico è opera fondamentale nella filmografia del regista, forse la sua opera meglio riuscita.Un film che racconta quasi in maniera dimessa l’impossibile storia d’amore unilaterale di un adolescente strano, come tutti quelli della sua età se vogliamo.

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Jane Asher

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E di una ragazza più grande, disinibita, che lavora nel bagno pubblico in attesa di un futuro migliore.
Un incontro tra giovani, quindi ma tra giovani che hanno alle spalle due storie diverse;Michael si sta affacciando alla vita, Susan sa già cosa vuole.
Lei ha progettato il suo futuro costruito attorno al fidanzato, un giovane benestante che le potrà dare l’agiatezza che desidera.Intanto, però, si concede con estrema disinvoltura ogni genere di avventura.
Questo è il quadro iniziale attorno al quale ruota la vicenda dei due giovani,forse banale, ma in fondo sono banali le due esistenze analizzate, perchè banale è lo sfondo sul quale si stagliano le loro esperienze, squallido addirittura il teatro principale della vicenda, un bagno pubblico frequentato non dalla middle class, ma da un proletariato urbano uniforme e grigio.
Vediamo la trama del film e il suo svolgimento.

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Michael è un quindicenne come tanti, che ha lasciato la scuola e trova lavoro in un bagno pubblico.
Qui è impegnata anche Susan, ragazza sessualmente disponibile, bella e totalmente disinibita.
E’ proprio Susan a dare dei consigli a Michael su come svolgere al meglio il proprio lavoro nell’intento di permettergli di raggranellare qualche mancia in più.
Ben presto Michael si rende conto di essere attratto dalla ragazza e si scopre geloso dei suoi numerosi amanti; ma Susan gioca a fare la ritrosa, forse perchè lui è davvero troppo giovane o forse più semplicemente perchè è nella sua natura giocare con i sentimenti.
Michael consuma lentamente un’ossessione tutta personale verso la ragazza; arriva a spiarla e a rubare una sua gigantografia con la quale fa il bagno nella piscina del posto in cui lavora.
Il quotidiano squallore del suo lavoro è anche testimoniato dalle avance di una donna ormai avanti negli anni, che cerca inutilmente di sedurre il giovane, che ormai non sogna altro che Susan.

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Un giorno la ragazza smarrisce un anello nella neve e Michael, ingegnosamente, lo recupera sciogliendo la neve stessa in un bollitore.
Nel frattempo continua a seguire le spericolate e spregiudicate evoluzioni sentimentali/sessuali di Susan, che si concede anche ad un suo vecchio insegnante.
Ma il recupero dell’anello vale per Michael la ricompensa agognata; Susan gli si concede, salvo poi correre dal fidanzato quando questi la chiama.
Il giocattolo si è rotto e per Michael l’ossessione si è trasformata in gioia dapprima e in incubo in seguito.
Il finale, assolutamente drammatico, è dietro l’angolo….
Non c’è l’happy end, non c’è il “e vissero felici e contenti”, ma solo la realtà di un amore non corrisposto, quella di un’adolescenza interrotta bruscamente, quella di una vita spezzata da un destino cinico e baro.
Tutto il percorso del film, a partire dai primi turbamenti di Michael per finire con la stupenda sequenza in cui il ragazzo abbraccia il corpo di Susan, finisce per arrestarsi davanti a quella che sembra l’ineluttabilità del fato.
Non ci sarà un futuro “normale” per Michael, non ci sarà alcun futuro per Susan.

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Una fotografia delicatissima, la voce di Cat Stevens, alcune sequenze da applausi; e un cast sopraffino.
Questi i punti forti del film, pur costruito su una vicenda all’apparenza banale; ma non è banale il malessere adolescenziale, così come non è banale, ma tristemente irresolubile, la dicotomia tra le aspirazioni e la routine quotidiana.
Skolimowski crea un’opera di rara bellezza, dosando con abilità le componenti fondamentali del film;affida il ruolo del giovane Michael all’attore inglese John Moulder-Brown, futuro interprete di tante fiction tv e ragazzino prodigio fin dal suo esordio a 5 anni nel film Death Over My Shoulder ).
Moulder Brown nel 1970 ha diciassette anni, ma è in quell’età in cui un adolescente è indecifrabile all’anagrafe;ad affiancarlo c’è l’affascinante Jane Asher, che interpreta Susan e che quando gira il film ha 24 anni, quindi è più che credibile nel suo personaggio, anche anagraficamente.

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L’attrice inglese, vera icona della tv inglese, condivide con Moulder Brown la giovane età d’esordio sul set; lei ha sei anni quando viene scritturata per Mandy la piccola sordomuta (1952) e dopo questo film, che la rese ancor più famosa tornò ad occuparsi di serial tv, la sua vera passione.
Una coppia ben assortita quindi, che del resto monopolizza tutta la storia.
A margine invece è relegata la celebre Diana Dors, che nel film ricopre il ruolo della donna matura che tenta di sedurre il giovane Michael.
In sostanza,un film molto ma molto bello, uscito in un anno che definire strepitoso cinematograficamente dal punto di vista qualitativo è davvero riduttivo: basti pensare alla contemporanea uscita sugli schermi di prodotti come Zabriskie Point,Soldato blu, M.A.S.H.,Piccolo grande uomo,Cinque pezzi facili,Il conformista, I senza nome,Un uomo chiamato cavallo,Comma 22,Una squillo per l’ispettore Klute,I diavoli,Tristana… e potrei ancora continuare a lungo.
Un film anche molto raro da veder passare in tv e altrettanto raro da trovare in rete.Curiosamente su You Tube ci sono molti spezzoni del film, ma nessuna versione intera.

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La ragazza del bagno pubblico
Un film di Jerzy Skolimowski. Con Jane Asher, Diana Dors, Karl Michael Vogler, John Moulder Brown Titolo originale Deep End. Drammatico, durata 88 min. – USA, Germania 1970

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Jane Asher: Susan
John Moulder-Brown: Mike
Karl Michael Vogler: Istruttore
Christopher Sandford: Chris
Diana Dors: cliente
Louise Martini: prostituta
Erica Beer: cassiera
Anita Lochner: Kathy
Anne-Marie Kuster: receptionist del night club

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Regia Jerzy Skolimowski
Sceneggiatura Jerzy Skolimowski, Jerzy Gruza, Boleslaw Sulik
Produttore Helmut Jedele
Produttore esecutivo Judd Bernard
Casa di produzione Maran Film, Kettledrum Films
Distribuzione (Italia) PEA
Fotografia Charly Steinberger
Montaggio Barrie Vince
Musiche Cat Stevens e The Can
Scenografia Anthony Pratt, Max Ott Jr.
Costumi Ursula Sensburg
Trucco Elke Müller

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Di seguito, una recensione molto ben costruita da Alessandro Guatti presa dal sito http://www.mymovies.it

“Skolimowski sceglie di seguire l’evoluzione di un amore per affrontare il tema del passaggio dall’adolescenza all’età adulta, dall’immaturità alla maturità. Ma in Mike, delicato quindicenne che lascia la scuola e accetta un lavoro di custode di bagni pubblici, questo amore non compie un percorso lineare, e il suo innamoramento per l’impossibile oggetto del desiderio rappresentato dalla collega molto più grande Susan, anziché pacificarsi e cristallizzarsi in una fantasia o in un sogno ad occhi aperti o ancora in una presa di coscienza della realtà, si trasforma in un’ossessione malata e indecifrabile anche per lo stesso protagonista, che si ritrova a compiere stranezze, violenze, atti incomprensibili. Non che l’oggetto della sua attenzione sia completamente equilibrato: Susan è una donna stanca di obbedire agli ordini degli uomini, che non vuole rientrare in alcuno schema sociale e che desidera scegliere la propria vita sessuale e sentimentale. Ella rappresenta dunque l’emblema della rivoluzione sessuale e della lotta femminista che pochi anni prima della realizzazione della pellicola ha investito l’Europa. Del resto, il fatto che Susan sia un’“icona” della sessualità è oggettivato nel film da quella sagoma che pubblicizza il locale di spogliarelli e che Mike si porta appresso, sia per toglierla agli occhi dei passanti (la “sua” Susan, così pura!), sia per confrontare la vera Susan con la sua immagine commercializzata, sia, ancora, per far sì che la stessa Susan (e con lei la donna in generale) si confronti con la propria rappresentazione mediatica. Deep end diventa così anche una riflessione sul ruolo sociale della donna – oltre alla madre, sono prostitute, spogliarelliste, donne insoddisfatte sessualmente e segretarie annoiate le figure femminili con cui Mike si trova ad interagire – e su come sta cambiando la sua immagine con l’avvento degli anni Settanta. La sagoma di Susan rappresenta per Mike anche l’unica possibilità realistica di consumare l’amore-ossessione (e quindi ha una rilevante valenza feticistica), almeno fino a quando Susan si lascia trasportare da un senso di riconoscenza e rende reale ciò che era destinato a rimanere irrealizzato. Il cortocircuito che ne segue è magnificamente reso dai vividi colori di una fotografia a metà tra lo psichedelico e il sanguigno (che rosso meraviglioso!), che rispecchia sia la confusione mentale della psicologia adolescenziale sia il senso di un malessere post-traumatico.”

Ancora una recensione, presa dal sito http://www.filmtv.it,scritta ottimamente dall’utente Angelina

Lasciata la scuola,il quindicenne Michael (John Moulder-Brown) trova impiego come inserviente in un fatiscente bagno pubblico londinese,frequentato da una clientela squallida e bizzarra.Sua collega di lavoro è la bella e conturbante Susan (Jane Asher),una ventenne dai modi spicci e disinibiti.
“Non ti troverai male qui…- gli dice spiegandogli le varie incombenze – Sicuramente prenderai molte più mance di me !” “Che vuoi dire?”
“Sai…le signore preferiscono i ragazzi carini ed educati come te.E anche certi signori…”
“Allora dovrò occuparmi delle signore?”
“Penso di si.Alcune ti daranno dieci scellini per niente,solo per aver acceso le loro fantasie.Assecondale un pò,non vogliono altro…Questo è un lavoro strano.”
La bellezza di Susan e le sue provocazioni accendono in Mike una passione,non ricambiata,intrisa di tenerezza,violenza e gelosia.Susan ha un fidanzato ,Chris, insignificante,ma ricco,che dovrebbe garantirle quella sicurezza economica che va cercando,ma non esita a concedersi,sotto gli occhi di Mike,al suo amante,ex professore di scuola,sposato e di mezza età.
Ben presto la passione di Michael,giovane e inesperto,e dolorosamente vulnerabile,si trasforma in ossessione e condurrà,inevitabilmente,ad un epilogo struggente e disperato.
Splendido dramma di iniziazione al sesso e all’amore di un fragile e problematico adolescente,secondo lungometraggio girato in Inghilterra dal trendaduenne regista,sceneggiatore e attore polacco Jerzy Skolimowski,dopo”Le avventure di Gerard” (1970) e prima di “L’Australiano” (1978),che aveva collaborato come sceneggiatore con Andrzej Wajda ( “Ingenui perversi” ,1960 ) e con Roman Polanski ( “Il coltello nell’acqua” ,1962 ), da cui riprende alcune atmosfere intrise di ossessione e desiderio,mutuate però dalla lezione del Free Cinema Inglese.
Percorso da un erotismo torbido e insieme malinconico,”Deep End” evoca ,attraverso la bellissima fotografia di Charly Steinberger,che predilige i colori primari,in particolare il rosso,”come ricorrrente presagio funesto”,il lato oscuro della “Swinging London”,quegli squallidi interni dove si consuma la passione di Michael,in fragile equilibrio tra esaltazione e tormento.
Sequenze indimenticabili.La fuga di Michael,dopo aver rubato la silhouette cartonata di Susan,che ha scoperto davanti ad un locale notturno e il bagno in piscina,stretto a quell’immagine,il tentativo di sciogliere in un bollitore la neve dove si è perso il piccolo diamante che Chris ha regalato a Susan,come anello di fidanzamento,il cammeo di Diana Dors , sex symbol degli anni ’50,sfatta e vogliosa cliente alle prese con un timido e riluttante adolescente.
Infine lo splendido finale,di crudele e struggente bellezza,accompagnato dalla magnifica canzone di Cat Stevens “But I Might Die Tonight “.
Scritto in collaborazione con Jerzy Gruza e Boleslaw Sulik,Skolimowski conduce con mano sicura e autoriale questa delicata e toccante storia d’amore,in sottile equilibrio tra ironia e commozione,tra istinto e tenerezza,tra desiderio e ossessione.

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marzo 15, 2013 Posted by | Drammatico | , | Lascia un commento

La notte brava del soldato Jonathan

La notte brava del soldato Jonathan locandina 1

Quando nel 1971 usci sugli schermi americani The beguiled (nel circuito cinematografico italiano La notte brava del soldato Jonathan), diretto da Don Siegel l’accoglienza fu fredda, per non dire sprezzante.
Il film del regista di Chicago si rivelò inoltre un fiasco clamoroso ai botteghini,fatta  salva una rivalutazione a posteriori quanto meno sospetta.
Colpa principalmente di una parte della critica che smontò il film con commenti durissimi, fra i quali il meno forte era l’accusa, trita e ritrita,di misoginia di Siegel.
Che Siegel fosse un misogino era lapalissiano e mai come in questo film l’accusa sembra essere confermata dall’evidenza; ma l’avversione di Siegel per le donne,unito a quel suo essere politicamente scorretto, avviene in un contesto sociale tutto da analizzare, così come questa sua peculiarità diverrà in qualche modo il marchio di fabbrica dei suoi prodotti.

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Un difetto, se vogliamo,che comunque gli costò caro, visto l’ostracismo che buona parte del pubblico femminile decretò verso i suoi film , accusati (con qualche ragione) di essere violentemente maschilisti.
Ma questo non può e non deve essere un atto discriminatorio: il cinema di Siegel è un cinema duro, ipercritico, a tratti violento e altre volte ancora spietato verso la società americana, accusata di volta in volta di essere lassista e permissivista.
Certo, quando in un film si sente dire, come in Charlie Varrick “Non vado a letto con le puttane, io. E se qualche volta mi è successo, me ne sono accorto dopo”, non si può non sobbalzare sulla sedia, ma tutto fa parte del particolare modo che ha Siegel di impostare i suoi film.

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Questo La notte brava del soldato Jonathan in fondo è davvero un film violentemente misogino; la storia del soldato che spezza l’equilibrio ipocrita e perbenista di un collegio femminile, alterando le vite sfrontatamente borghesi e puritane (solo all’apparenza) del gineceo che ci vive, appare come un ceffone in pieno viso rivolto allo spettatore medio americano, quasi una metafora dei vizi privati degli stessi.
Un perbenismo di facciata di un mondo femminile che il regista giudica ipocrita,a tal punto da diventare inviso anche a buona parte del pubblico maschile.
Ma le personali convinzioni di Siegel, giuste o sbagliate che siano vanno viste sul campo; e il film in questione, pur con il limite descritto dell’eccessivo anti femminismo del regista stesso appare come opera omogenea e vigorosa, cattiva al punto giusto e costellata di colpi di genio registici, con carrellate, zoomate,flash back che di certo sono strumenti ben usati e a tratti affascinanti in modo estremo.

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Siegel riduce per lo schermo un romanzo di Thomas Cullinan, The Beguiled uscito nel 1966 ed intitolato in origine A Painted Devil e ne fa una versione cinematografica di grandissimo impatto visivo.
La storia,ambientata durante la guerra civile americana, parte con il ritrovamento del caporale nordista Jonathan McBarney ferito gravemente durante una battaglia, da parte di una ragazzina che vive in un vicino collegio femminile.
Amy, questo il nome della piccola, sta raccogliendo funghi nel bosco quando si imbatte in Jonathan; riesce a trascinarlo fino al cancello d’ingresso del collegio, dove l’uomo viene raccolto e soccorso.
La rettrice Martha decide di far restare l’uomo, nonostante nel collegio vivano esclusivamente donne;la motivazione ufficiale è quella dell’obbligo del soccorso verso i feriti, esempio di carità cristiana per le ragazza del collegio.
In realtà Martha, come del resto la sua socia Edwina, è attratta più dalla sensualità, dal fascino maschile che Jonathan emana piuttosto che ispirata da nobili intenti.

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Jonathan, con molta furbizia, si rende immediatamente disponibile e grazie alla sua simpatia ben presto entra nelle grazie di buona parte delle ragazze del collegio.
Gallo nel pollaio, Jonathan dispensa a piene mani quello che le represse donne del collegio in fondo cercano;intreccia una relazione con Martha e con Edwina e infine con Carol, una splendida ragazza del collegio.
Ormai Jonathan è diventato un punto fermo del posto.
Ma l’essere l’unico uomo in un gineceo ha il suo prezzo.
Jonathan, che con poco giudizio alterna e dispensa amore a mezzo istituto, veine sorpreso durante un convegno d’amore proprio con Carol da Martha ed Edwina.
A questo punto è la gelosia a prendere il posto, soppiantando tutti i sentimenti; Edwina lo fa cadere per le scale, rompendogli una gamba e Martha….
Il finale è da brivido e in qualche modo riflette non solo l’ambientazione del romanzo ma anche la personale visione del regista.

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La notte brava del soldato Jonathan è in effetti una perfetta contrapposizione di mondi e mentalità:il mondo femminile in qualche modo ipocrita e perbenista del collegio, pieno di verità non espresse, violentemente represso nella sensualità e quello scopertamente maschilista di Jonathan, personaggio al limite del banditesco.
Jonathan è un bugiardo, un approfittatore ma è anche il paradigma di una società in guerra, allo sbando.
Lo sfondo della guerra civile è importante, perchè Jonathan combatte dal lato “giusto” ( è un nordista) ma è anche lo specchio dell’uomo americano dell’epoca.
In una società fortemente maschilista, la donna ha un ruolo ovviamente subalterno e lui si ritrova a gestire un’impresa assolutamente impossibile.
Vivere cioè in simbiosi in un mondo totalmente femminile, diviso però da feroci rivalità e gelosie, che fino all’arrivo di Jonathan sono in equilibrio instabile ma comunque là, ferme.

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L’esplosione ci sarà proprio quando Jonathan, con molta incoscienza, assumerà il controllo dell’harem come un sultano.
Qui però a comandare sono le donne: le varie Martha, Edwina, Carol e persino la bella governante di colore rivendicano il loro ruolo di api regine e Jonathan farà le spese di questa atmosfera da arnia.
Lui è solo uno strumento di piacere e pertanto deve accettare questo ruolo, senza mediazioni.
Nel momento in cui l’ex caporale si renderà conto della situazione in cui si è ficcato, non potrà più tornare in dietro.
E il cerchio si chiude con il drammatico finale, che riporta tutto a prima dell’arrivo di Jonathan.
Un film con diverse chiavi di lettura quindi, impreziosito da un’atmosfera di tensione latente, che esploderà nel convulso finale; nel frattempo Siegel ha dato dimostrazione di abilità e virtuosismi impressionanti con la macchina da presa.
Il regista sceglie Clint Eastwood come protagonista assoluto del film;è la terza delle cinque collaborazioni totali fra Siegel e Eastwood, quella che mostra definitivamente al pubblico americano che Clint è attore di razza, nonostante l’ironica dichiarazione di Leone, che lo aveva definito “attore con due sole espressioni

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Eastwood è furfante quanto basta, è macho ed ha sensualità da vendere e quindi è perfetto per il ruolo scelto; da questo film in poi saranno in molti coloro che vedranno enormi potenzialità nell’attore californiano.La sua caratterizzazione rende il personaggio di Jonathan a tratti quasi lontano dal modello che Siegel cerca di imporre.E’ un furfante, è vero, mente ed è in qualche modo ossessionato dal sesso. Ma è l’ambiente in cui si trova catapultato a tirarne fuori il peggio.Capisce di essere stato scelto e si adegua furbescamente.Ma nel finale, quando cercherà di prendere le redini, proprio nel momento in cui non è più un uomo integro, ma deve riprendere a farsi guidare dalle donne del collegio, ecco che la sua reazione violenta lo porta verso un destino crudele, che lo punirà ben oltre i suoi demeriti.
Ottimo tutto il cast femminile, che asseconda il regista e Eastwood; semplicemente strepitosa la fotografia di Bruce Surtees, che verrà utilizzato da Siegel in altri film.
Un film da riscoprire,senza dubbio.
Per quanto riguarda i passaggi televisivi, è abbastanza raro imbattersi in uno di essi;in rete il film c’è ma è nella versione originale.

La notte brava del soldato Jonathan
Un film di Don Siegel. Con Clint Eastwood, Elizabeth Hartman, Geraldine Page, Jo Ann Harris, Darleen Carr, Mae Mercer Titolo originale The Beguiled. Drammatico, durata 109′ min. – USA 1971.

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La notte brava del soldato Jonathan banner personaggi

Clint Eastwood: John McBurney
Geraldine Page: Martha
Elizabeth Hartman: Edwina
Jo Ann Harris: Carol
Darleen Carr: Doris
Mae Mercer: Hallie
Pamelyn Ferdin: Amy
Melody Thomas: Abigail
Peggy Drier: Lizzie
Patricia Mattick: Janie (con il nome Pattye Mattick)
George Dunn: Sam Jefferson

La notte brava del soldato Jonathan banner cast

Regia Don Siegel
Soggetto Thomas Cullinan
Sceneggiatura John B. Sherry, Grimes Grice
Produttore Donald Siegel
Produttore esecutivo Jennings Lang
Casa di produzione The Malpaso Company
Fotografia Bruce Surtees
Montaggio Carl Pingitore
Musiche Lalo Schifrin
Scenografia Ted Haworth
Costumi Helen Colvig
Trucco Bud Westmore

Pino Locchi: Clint Eastwood
Lydia Simoneschi: Geraldine Page
Fiorella Betti: Elizabeth Hartman
Micaela Esdra: Jo Ann Harris
Serena Verdirosi: Darleen Carr
Rita Savagnone: Mae Mercer
Liliana Sorrentino: Pamelyn Ferdin
Emanuela Rossi: Patricia Mattick
Alessandro Sperlì: George Dunn

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marzo 12, 2013 Posted by | Drammatico | , | 2 commenti

La sposa in nero

La sposa in nero locandina 8

In una stanza anonima una donna è seduta su un divano; sfoglia con nervosismo un album di vecchie foto, mentre accanto a se ha una valigia aperta e piena di indumenti.Ad un tratto la donna si alza di scatto e apre la finestra; sembra intenzionata a lanciarsi nel vuoto ma una signora anziana la trattiene.
La chiama Julie,teneramente.
Julie completa la sua valigia e prende con se molte banconote.
La ritroviamo all’uscita di una stazione, diretta verso un condominio lussuoso.
Qui chiede informazioni su Bliss, un disinvolto don Giovanni che però al momento è assente.
Nel pomeriggio Bliss annuncia,durante un party nel suo appartamento, le prossime nozze con una donna ricchissima; è avvicinato da Julie, che è riuscita ad entrare perchè è talmente elegante, affascinante e misteriosa da non suscitare alcuna remora da parte del padrone di casa.

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Claude Rich (Bliss) e Jeanne Moreau (Julie)

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Una meravigliosa Jeanne Moreau interpreta Julie

Che ovviamente non perde tempo nel tentare di agganciare quella misteriosa donna.
Mentre sono sul balcone dell’appartamento, Julie fa cadere volontariamente la sua sciarpetta oltre il balcone; Bliss cavallerescamente si offre per andare a riprenderla ma appena scavalca il parapetto viene spinto giù dalla donna, che contemporaneamente gli dice ” ‘Sono Julie Kolher‘ “.
Julie, approfittando della confusione, si eclissa e va all’aeroporto, dove prende un aereo, con destinazione la casa di Coral.
Julie lascia a casa dell’uomo un biglietto invito per l’opera, dove la sera si incontreranno. Stregato dalla bellezza e dalla sensualità magnetica della donna, Coral accetta di invitarla a casa sua il giorno dopo.Qui Julie arriva l’indomani con un disco e una bottiglia di liquore; Coral inizia a parlarle del suo passato mentre Julie ascolta impassibile.La donna ha avvelenato il liquore che Coral ha bevuto così quando l’uomo inizia a mostrare i primi sintomi dell’avvelenamento, Julie racconta di essere vedova dal giorno delle sue nozze, quando un colpo di fucile uccise suo marito sul sagrato della chiesa. Julie assiste impassibile alle disperate richieste di aiuto di Coral,ormai morente; subito dopo gli ultimi spasmi dell’uomo raccoglie le sue cose, pulisce le tracce della sua presenza e si allontana.

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La morte di David, marito di Julie

Raggiunta una stazione, Julie raggiunge un’altra località; qui, con un espediente, si sostituisce alla tata del figlio di Clement Moran, un politico di una certa rilevanza.
Dopo una serie di avvenimenti, Julie riesce a rinchiudere Clement Moran in un ripostiglio ed è in questa occasione che apprendiamo nuovi particolari sulla vita di Julie e sul ruolo che hanno avuto le due vittime precedenti ( e di conseguenza su quello di Moran) nella morte del marito della donna.
L’uomo, con un gruppo di amici, si era ritrovato sbronzo come loro dopo una giornata di bevute e di gioco a carte in un appartamento; qui avevano fatto un gioco stupido e pericoloso, avevano cioè puntato la folla nelle strade con un fucile fino a quando, tragicamente, era partito il colpo fatale che aveva ucciso il marito di Julie.
La donna,freddamente, racconta all’uomo del suo amore per il marito, che aveva sognato di sposare fin da bambina,Dopo di che, sigilla il ripostiglio con del nastro adesivo e lascia soffocare l’uomo, che verrà rinvenuto cadavere il giorno dopo.

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Ritroviamo Julie in una chiesa.
Ad un sacerdote racconta quello che ha commesso, certa dell’obbligo al silenzio del prelato; subito dopo si mette sulle tracce di Delvaux, l’uomo che, secondo il racconto di Moran, ha materialmente sparato al marito.
Ma sulle tracce di Delvaux, uomo rozzo e incolto, molto differente dalle vittime precedenti, c’è anche la polizia, che lo arresta per aver venduto un auto di provenienza dubbia.
Julie è così costretta a modificare i suoi piani e decide di mettersi sulle tracce di Fergous,un pittore che era presente nella famigerata stanza nel giorno tragico della morte di suo marito; presentatasi come modella, Julie riesce a far perdere la testa al pittore, che l’ha immortalata nella posa di Diana cacciatrice e che le ha fatto un superbo nudo. Un amico di Fergous crede di riconoscere Julie, ma è troppo tardi: la donna uccide con una freccia il pittore e si dilegua, sempre dopo aver fatto sparire le sue tracce.Ma questa volta sembra commettere un errore madornale. Lascia il quadro che la ritrae nuda e si reca ai funerali di Fergous, dove viene riconosciuta. Arrestata, confessa senza remore i suoi quattro omicidi.

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Julie nei panni di Diana…

Julie in realtà non ha commesso un errore fatale. Infatti…
Una trama complessa, da noir puro per un film straordinario, degno della migliore trazione francese di questo particolare genere.Un film da vedere assolutamente, questo di Francois Truffaut; il grande regista parigino, morto prematuramente a 52 anni, nel pieno della sua maturità artistica e culturale, disegna un personaggio quello di Julie, destinato a restare impresso indelebilmente nella memoria dello spettatore.
Julie è una donna fondamentalmente fedele al suo sogno di ragazza, quello del principe azzurro e dell’amore “per tutta la vita”; quando il suo sogno si spezza, per una tragica fatalità, si trasforma in una macchina da guerra letale, una macchina che persegue senza remore ed esitazioni l’oscura volontà di una vendetta senza mediazioni.
Non c’è nulla che possa fermare la donna che cammina sui sentieri bui di una vendetta che non fa distinzioni fra il reale assassino di suo marito e gli involontari complici.Per lei l’essere stati presenti nella stanza fatale è già una condanna a morte, diretta e senza appello.

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Il secondo omicidio…

Una donna con un’ossessione fatale, cinque uomini della classe medio borghese e una vendetta terribile e puntuale; Truffaut si muove tra queste due situazioni mostrando il gelido piano messo in atto dalla donna (con tanto di sorpresa finale) e le figure tutto sommato meschine degli uomini che lei giustizia, ognuno affetto da un principio di megalomania.Il playboy,l’uomo che non riesce a conquistare le donne, il politico, il pittore che ama le donne e per contraltare il brutale e rozzo sfascia carrozze non ispirano alcuna simpatia.
E’ proprio Julie il personaggio per cui si parteggia, una donna che ha perso lo scopo della sua vita, come lei stessa confessa al politico Moran; possiamo non capire la sua sete ossessiva di vendetta, ma parteggiamo ugualmente per lei.
Truffaut, seguendo con abilità il tema dell’omonimo romanzo giallo di Cornell Woolrich che nel libro si firmò William Irish, disegna un film tecnicamente perfetto, mostrando più di un tributo ad Alfred Hitchcock, vero maestro del noir.
L’opera è praticamente esente da pecche e sopratutto ancor oggi appare fresca e affascinante; se può sembrare assurdo il comportamento di una semplice donna di provincia che si trasforma in un’implacabile serial killer, occorre pensare ai giorni nostri, a tutti quei delitti misteriosi che spessissimo altro non sono che il frutto delle gesta di gente semplice che all’occorrenza trova dentro di se motivazioni per compiere gesta tragiche.

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Charles Denner e Jeanne Moreau in una foto di scena

E che spesso riesce a farla franca, pur non avendo esperienza nel campo.
Il film dicevo non ha praticamente pecche; su tutto va ricordato il ruolo fondamentale della stupenda, affascinante Jeanne Moreau, la Julie del film, che presta la sua glaciale e impenetrabile bellezza ad un personaggio memorabilmente interpretato.
L’attrice parigina, oggi ottantacinquenne, quando interpreta il film ha quarant’anni esatti; è una donna dalla bellezza statuaria, concentrata sopratutto su un volto misterioso e dai tratti finissimi.Un’autentica bellezza, che qui viene esaltata ancor più da un personaggio enigmatico, quella Julie che per certi versi finisce per diventare tutt’uno con lei.
Il resto del cast fa egregiamente il suo lavoro, al servizio della vera star del film stesso, la stupenda Moreau.

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La sposa in nero (La mariée était en noir) è quindi un film da non perdere assolutamente, un film intrigante e affascinante, un noir che avvince e che tiene con il fiato sospeso.
Un film che non ha avuto molti passaggi televisivi ma che è facilmente reperibile in rete.

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La sposa in nero
Un film di François Truffaut. Con Michael Lonsdale, Jean-Claude Brialy, Michel Bouquet, Jeanne Moreau, Alexandra Stewart Titolo originale La mariée était en noir. Drammatico, durata 107′ min. – Francia 1968.

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Jeanne Moreau: Julie Kohler
Claude Rich: Bliss
Jean-Claude Brialy: Corey
Michel Bouquet: Coral
Michael Lonsdale: Morane
Charles Denner: Fergus
Daniel Boulanger: Delvaux
Serge Rousseau: David
Christophe Bruno: Cookie
Alexandra Stewart: Melle Becker
Jacques Robiolles: Charlie
Luce Fabiole: la madre di Julie
Sylvie Delannoy: signora Morane

La sposa in nero BANNER CAST

Regia François Truffaut
Soggetto dal romanzo La sposa era in nero (The Bride Wore Black) di William Irish
Sceneggiatura François Truffaut e Jean-Louis Richard
Casa di produzione Les Films du Carrosse, Les Productions Artistes Associés, Dino De Laurentiis Cinematografica
Fotografia Raoul Coutard
Montaggio Claudine Bouché con l’assistenza di Yann Dedet
Musiche Bernard Herrmann
Scenografia Pierre Guffroy

La sposa in nero BANNER CITAZIONI

Nella vita bisogna sempre pretendere quel che c’è di meglio, non bisogna mai arrendersi.(Jule)
La giustizia degli uomini è impotente a punirmi: io sono già morta. Sono morta lo stesso giorno in cui è morto David. Lo raggiungerò quando l’avrò vendicato.(Julie)
Lei crede di vendicarsi, ma sbaglia: non ci si può vendicare . degli uomini, non si finirebbe mai. Bisognerebbe vendicarsi non solo dei loro delitti, ma anche della loro ignoranza, di quasi tutti i loro pensieri.(Il sacerdote, rivolto a Julie)
Qualcuno ha detto: non esistono ottimisti né pessimisti, soltanto imbecilli allegri e imbecilli tristi.(Julie)
In fatto di solitudine sono un esperto. (Coral)
Mi piace molto la volgarità, nelle donne, perché le rende vive. (Fergus)
Sa come si dice? Quando il bicchiere è pieno lo vuoto, quando invece è vuoto lo compiango.(Coral)
“Lei è bella, troppo bella.” -Perché troppo?- “Troppo bella per me.” (Coral rivolto a Julie)

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La sposa in nero locandina 7Il romanzo di Woolrich da cui è tratto il film

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Una delle splendide locandine del film 

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Francois Truffaut

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Il regista,Francois Truffaut

 

marzo 10, 2013 Posted by | Capolavori | , , , , , | Lascia un commento

Il mostro

Il mostro locandina 2

Valerio Barigozzi è un giornalista che è relegato ai margini della sua professione.
Per arrotondare il suo stipendio è costretto a rispondere ad una posta del cuore di un settimanale e a scrivere romanzi gialli da “nero”,ovvero per conto di altri.
La sua situazione privata non è certo migliore; separato dalla moglie, vive un rapporto difficile con suo figlio Luca, che vorrebbe venire a vivere con lui ma che Valerio non può permettersi di mantenere.
La sua triste e stanca routine viene interrotta un giorno da una missiva anonima, nella quale viene annunciato l’omicidio di Nonno Gustavo, un famoso conduttore televisivo di una trasmissione per ragazzi.

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Anche se poco convinto, Valerio si reca a casa di “Nonno Gustavo” giusto in tempo per scoprire che il misterioso informatore ha agito davvero; il presentatore televisivo è infatti morto.
Nello stesso modo Valerio viene informato in anticipo dei futuri “colpi” della mano omicida; a cadere in successione sono il portiere di una squadra di calcio e in seguito il proprietario del giornale per il quale Valerio lavora.
La concomitanza delle sue presenze immediate sui posti degli omicidi, l’intuizione che il misterioso assassino sta scrivendo la parola “vendetta”,i posti in cui avvengono gli omicidi che collegati sembrano formare la v della stessa parola, vendetta, portano Valerio a diventare famoso, tanto da salire immediatamente nelle grazie del nuovo direttore Giorgio, che ha sostituito suo padre ucciso da quello che ormai viene chiamato il mostro.

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Se all’inizio Valerio non sembra porsi il problema del perchè il misterioso killer si adoperi per informarlo in anticipo delle sue mosse, dovrà ben presto fare i conti con la spietata logica-illogica dell’assassino, che uccide anche Dina, una cantante con la quale Valerio ha intrecciato un’appassionata relazione.
Poichè Dina viene uccisa proprio mentre e a letto con Valerio, l’uomo viene arrestato dalla polizia;durante la detenzione Valerio pensa e ripensa agli avvenimenti, rendendosi conto che il killer lo conosce molto, troppo bene. La scoperta che le lettere informative sono state scritte con una macchina per scrivere con un difetto particolare in un carattere che lui ha usato per molto tempo e che ora ha riposto in un armadio lo porta sulla strada giusta.
Valerio è convinto che l’omicida altri non sia che sua moglie; convince così il commissario che lo ha in custodia ad andare a casa dell’ex moglie, proprio mentre questa sta cercando di fare del male a suo figlio.
La polizia la uccide e così la storia sembra finita.Ma è davvero così?

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Cupo e cinico, amaro e drammaticamente profetico Il mostro è un film girato da Luigi Zampa, ottimo sceneggiatore e regista qui alla sua penultima regia cinematografica prima di Letti selvaggi, l’ultima sua fatica datata 1979, quando ormai il regista romano aveva 74 anni.
Cupo e cinico, dicevo.
Si, perchè il Il mostro è un film in cui non c’è un personaggio positivo e in cui viene anticipato, con tantissimo anticipo, l’epoca torbida dei reality e l’epoca disgraziata attuale, con la cronaca nera diventata oggetto di un’attenzione morbosa senza precedenti, sbandierata e utilizzata in tutte le ore da sua maestà la tv.
La vicenda umana di Valerio, che da cronista fallito diventa all’improvviso una star della carta stampata, trasformandosi da uomo mediocre a vincente spietato e senza scrupoli, esaltato com’è dal successo professionale venuto però a scapito e sulla pelle di povere e innocenti vittime si trasforma in un atto d’accusa verso un mondo cinico e rivoltante, quello della carta stampata.

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Sbatti il mostro in prima pagina, a qualsiasi costo e senza nessuno scrupolo morale per le conseguenze.
Il film è costruito su una sceneggiatura accettabile anche se con qualche pecca che però non influenza il giudizio finale, largamente positivo; merito del complesso del film, che è armonicamente costruito attorno ad una trama classica da giallo anche se, alla fine, è difficile catalogare Il mostro in una categoria ben definita.
Il ruolo principale, quello di Valerio, è affidato a Johnny Dorelli, qui ottimo in un ruolo drammatico che replica quello dell’anno precedente ricoperto nel film di Festa Campanile Cara Sposa. Dorelli mostra di possedere talento, aldilà dei ruoli leggeri tradizionalmente interpretati. Brava anche Sydne Rome, che interpreta la sfortunata Dina.
Il cast è completato da attori di primo piano come il compianto Renzo Palmer e Orazio Orlando ;bravo Santaniello nel ruolo del giovane Luca.

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Il mostro di Zampa è un film sicuramente da recuperare; mentre moltissimi film del periodo pre ottanta sono ormai datati, questo film ha ancora molte frecce al suo arco, inclusa la descrizione di un mondo che forse all’epoca appariva un tantino fantascientifico e che invece, nel corso dei decenni, si è trasformato in triste realtà.
Il film è passato qualche volta in tv, ma non è facilmente reperibile in rete.
Il mostro
Un film di Luigi Zampa. Con Johnny Dorelli, Sydne Rome, Renzo Palmer, Renato Scarpa,Yves Beneyton, Enzo Santaniello, Gianrico Tedeschi, Orazio Orlando, Clara Colosimo, Angelica Ippolito, Mauro Vestri, Renzo Rinaldi, Salvatore Baccaro, Guerrino Crivello Drammatico, durata 105′ min. – Italia 1977

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Johnny Dorelli: Valerio Barigozzi
Sidney Rome: Dina, la cantante
Orazio Orlando: il commissario Pisani
Renzo Palmer: Baruffi
Enzo Santaniello: Luca Barigozzi
Renato Scarpa: Livraghi
Yves Beneyton: Giorgio Mesca
Gianrico Tedeschi: Vittorio Santi, “nonno Gustavo”
Clara Colosimo: Donatella Domenica Donati
Angelica Ippolito: Anna, ex moglie di Barigozzi

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Regia Luigi Zampa
Soggetto Sergio Donati
Sceneggiatura Sergio Donati
Fotografia Mario Vulpiani
Montaggio Franco Fraticelli
Musiche Ennio Morricone e Rita Monico

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marzo 8, 2013 Posted by | Drammatico | , , | 4 commenti