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Una spirale di nebbia

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Un colpo di fucile risuona nel bosco.
C’è una battuta di caccia e a sparare è Fabrizio Sangermano,sposato con Valeria e padre di due figli;il bersaglio però non è un animale ma la moglie di Fabrizio.
La donna cade,colpita mortalmente; ma è stato un terribile incidente o Fabrizio ha deliberatamente colpito sua moglie?
A indagare su quello che si presenta da subito un caso di difficilissima interpretazione è Renato Marinoni, giudice inquirente che ha il compito di raccogliere prove e testimonianze proprio all’interno della famiglia Sangermano.
Qui si troverà ben presto a cospetto di un mondo assolutamente impenetrabile, coinvolto in prima persona nell’inestricabile groviglio di segreti e inconfessabili peccati che tutti i componenti della famiglia in qualche modo tentano di occultare.
In primis c’è Fabrizio,che ha sposato la francese Valeria contro il parere della sua famiglia, oltremodo ricca la dove la ragazza è invece di umili origini;qualche tempo dopo il matrimonio l’uomo si è quasi rintanato nella tenuta della sua famiglia, dedicandosi esclusivamente alla fattoria e al commercio ad essa legato.

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Marc Porel

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Eleonora Giorgi e Stefano Satta Flores

Marinoni poco alla volta ricostruisce il puzzle dei legami sentimentali dei vari componenti della famiglia;scopre così che il matrimonio di Fabrizio con Valeria non era affatto felice, scopre che Maria Teresa, cugina di Fabrizio, sposata a Marcello ha anch’essa un matrimonio in bilico, avendo la donna scoperto che il marito era assolutamente impotente proprio la prima notte di nozze.
Via via che scorrono le indagini Marinoni ha modo di conoscere Vittorio, amico di Fabrizio che è sposato ma ha una relazione extra coniugale con l’infermiera Armida, scopre che la cameriera di Maria Teresa, Armida, ha avuto una relazione con un domestico del quale è ora incinta, ma che la stessa donna ha intenzione di dichiarare di essere incinta di Marcello allo scopo di coprire l’impotenza del suo padrone.
L’unico punto fermo di Renato sembra essere la sua relazione con Lidia, unica oasi di serenità nel corso delle indagini, che mettono a contatto il disincantato giudice con un mondo in cui i valori tradizionali sembrano essere una chimera, in cui anche i rapporti personali, amorosi o sessuali diventano cose dai contorni indistinti.

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Martine Brochard

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Marina Berti

Alla fine il giudice deve arrendersi; le indagini non hanno portato a nulla e Fabrizio potrebbe aver ucciso volontariamente la moglie oppure no; questa è la conclusione che trasmetterà ai suoi superiori.
Una spirale di nebbia, tratto da un racconto di Michele Prisco da Eriprando Visconti è un film in perenne bilico tra il thriller e il film di indagine psicologica e comportamentale.Immerso in’atmosfera volutamente fredda, quasi inanimata, vive sull’indagine introspettiva di pirandelliani personaggi in cerca d’autore.Tutti i comportamenti personali o sociali dei vari protagonisti appartengono ad una logica di base che vede i rapporti di tutti i generi che gli stessi protagonisti allacciano o hanno allacciati mediati e alla fine minati da sentimenti inesplorabili, legati come sono allo status sociale, agli obblighi verso la società stessa e in fondo ad una immatura genesi degli stessi.
Il sesso, patinato ed elegante del e nel film è volutamente rarefatto, freddo, quasi glaciale;tutte le pulsioni sessuali dei protagonisti appaiono slegate,meccaniche,tanto da rendere il film stesso gelido e al tempo stesso didascalico.

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Visconti aveva già affrontato tematiche molto simili, analizzando comportamenti umani come farebbe invece un entomologo alle prese con il mondo degli insetti; si pensi a film come La orca o ad Oedipus orca, nei quali i personaggi sembrano essere inanimati, privi di senso d’orientamento, fatalmente avviati verso destini volutamente disperati.
Una spirale di nebbia è quindi un buon film,con momenti felici (la battuta di caccia) e qualche cedimento strutturale che però alla fine rendono in maniera dignitosa sia a livello di risultato sia come “insegnamento” impartito, ovvero la dove c’è la borghesia, la ricchezza,la dove la classe sociale si eleva ecco affiorare il retroterra della stessa, fatto di valori decadenti quando non del tutto assenti.
Bene sicuramente tutto il cast, con fior di protagonisti come Porel e Satta Flores, oltre ad un cast femminile da urlo, fra le quli segnalerei la Giorgi,Martine Brochard e Claude Jade, splendida la fotografia.
Il film è finalmente disponibile in una versione da digitale;lo potrete trovare qui https://uploadto.us/file/details/cElQ1NEGL8o/Sprl77mst.rar. Vi ricordo per l’ennesima volta che dopo averlo visionato avete l’obbligo legale di eliminare il file…

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Una spirale di nebbia

Un film di Eriprando Visconti. Con Duilio Del Prete, Stefano Satta Flores, Marc Porel, Martine Brochard,Claude Jade, Enzo Fiermonte, Marina Berti, Corrado Gaipa, Valeria Sabel, Victoria Zinny, Wendy D’Olive, Flavio Bucci, Dario Ghirardi, Eleonora Giorgi, Giorgio Trestini, Carlo Puri, Roberto Posse, Anna Bonaiuto, Flavio Andreini Drammatico, durata 104′ min. – Italia, Francia 1977.

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Claude Jade: Maria Teresa
Marc Porel: Fabrizio
Duilio Del Prete: Marcello
Carole Chauvet: Valeria
Stefano Satta Flores: Renato Marinoni
Roberto Posse: Molteni
Martine Brochard: Lavinia, l’infermiera
Flavio Bucci: Vittorio, il medico
Marina Berti: Costanza San Germano
Corrado Gaipa: Pietro San Germano
Eleonora Giorgi: Lidia
Anna Bonaiuto: Armida
Elvira Cortese: Cesira
Valeria Sabel: Cecilia
Carlo Puri: Piero
Giorgio Trestini: Boris
Victoria Zinny: la governante
Tom Felleghy: Bellini

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Regia Eriprando Visconti
Soggetto Michele Prisco (romanzo)
Sceneggiatura Luciano Lucignani, Fabio Mauri, Lisa Morpurgo, Roselyne Seboue, Eriprando Visconti
Fotografia Blasco Giurato
Montaggio Franco Arcalli
Effetti speciali
Musiche Ivan Vandor, Carl Maria von Weber

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E così continuava a fissare assorta la fotografia di sua madre e a rincorrere l’immagine di Valeria, ormai persa abbandonata dietro questo giuoco di sovrimpressioni: e forse perché adesso doveva pensarla morta, eliminata per sempre, avvertiva a un tratto un vago turbamento, un rimorso, no, non proprio un rimorso, semmai un’insofferenza confusa e delusa, una specie di, come poteva definirla, di necessità di riparazione, ma neppure è l’espressione giusta, di maggiore tolleranza e umanità, di ordine, ecco, di pulizia. Per quel bisogno che abbiamo, di fronte alla morte, di sistemare per bene i nostri rapporti con coloro che ci hanno preceduti evitando di lasciare zone d’ombra, sentimenti di cruccio o d’acredine, quasi per sentirsi in pace con noi stessi più che per non sentirsi in debito con loro. Quasi per farci perdonare d’essere ancora vivi…

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L’opinione di mm40 dal sito http://www.filmtv.it
Un Chabrol all’italiana, questo Una spirale di nebbia, penultimo film della non lunghissima carriera di Eriprando (nipote di Luchino) Visconti; è in pratica il ritratto di un ‘gruppo di famiglia in un interno’ sociale, nelle convenzioni cioè che la relazionano a sè stessa e con il prossimo (amici, servitù e via dicendo). Piano piano ognuno di questi legami si viene a scoprire in realtà debole, debolissimo, se non addirittura già sciolto nei fatti, ma mantenuto vivo solamente per confermare le apparenze; l’infedeltà sentimentale è solamente una delle mille varianti possibili in tale contesto, nel quale ogni personaggio nasconde qualcosa a tutti gli altri. Ma rispetto all’entomologo – chirurgico nell’approccio, insomma – Chabrol, Visconti si prodiga nel mostrare la vivace italianità della storia: corna e menzogne spudorate la fanno da padrone. Dignitosissimo il cast, che vanta una coppia di nomi, qui centrali, che hanno sempre sfiorato il cinema di serie A da protagonisti, senza mai riuscire però a conquistarlo: con vero peccato, perchè fra Stefano Satta Flores e Flavio Bucci è difficile scegliere il migliore, ma se la cavano bene anche Martine Brochard, Marc Porel, Duilio Del Prete, Claude Jade e ci sono infine due particine per Anna Bonaiuto ed Eleonora Giorgi. Sceneggiatura che Visconti scrive insieme a Luciano Lucignani, Fabio Mauri, Lisa Morpurgo e Roselyne Seboue, tratta da un romanzo di Michele Prisco; sontuose e patinate le musiche di Ivan Sandor e la fotografia di Blasco Giurato; montaggio di Franco Arcalli
L’opinione di Undijng dal sito http://www.davinotti.com
Durante una battuta di caccia un ricco possidente uccide (involontariamente?) la moglie. Ad un tormentato magistrato tocca il difficile compito di stabilire la verità. Ispirato dall’omonimo romanzo di Michele Prisco, Eriprando Visconti dirige un significativo erotico dalle forti componenti thriller e dai risvolti inquietanti, sempre in bilico tra menzogna e realtà. L’ottimo cast offre al regista un mezzo potente per dare corso ad una storia ambigua e compatta, spesso limitrofa al territorio dell’hard (la scena della fellatio).

L’opinione di fauno dal sito http://www.davinotti.com
…Alla fine mi sono alzato ad applaudire! Sincero, controcorrente, mette KO tutte le ipocrisie e le schifezze borghesi. Non solo il denaro non rende felici, ma non fa neppure da lenitivo quando in certe unioni matrimoniali si devono accettare ingiustizie o prevaricazioni del genere… di più: il medesimo può portare perfino all’autodistruzione. Un film talmente bello che nudità e petting si interpretano finalmente per quel che sono: le cose più belle e naturali del mondo e non quello sboccatissimo ciarpame che viene pubblicizzato adesso…

L’opinione di The gaunt dal sito http://www.filmscoop.it

Un inno all’irrisolto: una morte che rimane avvolta nel mistero, una galleria di personaggi o per meglio dire di coppie di personaggi, afflitte da una gabbia esistenziale alla quale devono soggiacere per rispetto delle convenzioni. Si è parlato della grande presenza di nudi integrali in questo film di Eriprando Visconti, ma è un erotismo volutamente sfumato e meccanico, noioso persino. In questo contesto dove tutti faticano a trovare una propria dimensione e si accetta qualsiasi compromesso, suonano amare le parole del giudice quando afferma “cosa devo mettere come movente del delitto nel fascicolo? La Vita?” Parole amare per un film amaro. apprezzabile per il soggetto di base, con un buon cast di attori, ma eccessivamente freddo, a mio parere, nella rappresentazione.

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settembre 28, 2014 Posted by | Drammatico | , , , , , , , | 5 commenti

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settembre 26, 2014 Posted by | Photogallery | | Lascia un commento

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settembre 22, 2014 Posted by | Photogallery | | Lascia un commento

Le regine dei sogni anni 70 oggi parte seconda

Le regine dei sogni banner

Uno degli articoli più seguiti su Filmscoop riguarda certamente la gallery di foto delle attrici più belle e famose degli anni 60 e 70 ai giorni odierni https://filmscoop.wordpress.com/2010/11/05/le-regine-dei-sogni-anni-70-oggi/

Ecco una nuova galleria di altre attrici. Sono donne bellissime,sensuali alle prese con il passare degli anni; oggi sono tutte delle mature signore,ancora belle e affascinanti.Alcune di loro hanno proseguito regolarmente l’attività cinematografica,altre sono diventate manager,lavorano nel cinema ma non più come attrici, altre non hanno più avuto a che fare con il grande schermo.Questi sono i loro volti,oggi.

 Cinzia MonrealeSempre bellissima e affascinante,comprimaria in molte commedie sexy: Cinzia Monreale

Carole AndrÞ

La celebre Marianna del Sandokan televisivo,attrice di talento: Carole Andrè

Carla Gravina

Sempre affascinante: Carla Gravina

Barbara Magnolfi

Barbara Magnolfi

Barbara De Rossi

Reginetta dei fotoromanzi,buona attrice di film e fictionBarbara De Rossi

Ania Pieroni

L’indimenticabile volto di Inferno: Ania Pieroni

Claudine Auger

L’ex Bond girl Claudine Auger

Stella carnacina

Sempre bellissima,l’attrice e cantante Stella Carnacina

 Olga Karlatos

E’ stata una delle protagoniste del cinema 70, Olga Karlatos

Nadia Cassini

Il posteriore più ammirato del cinema sexy, Nadia Cassini

Monica Zanchi

Protagonista dei film della serie Emanuelle, Monica Zanchi

Maria Grazia Buccella

Reginetta di bellezza nella commedia anni 70, Maria Grazia Buccella

Lisa Gastoni

Bellissima e sensuale, Lisa Gastoni

Lilli Carati

Una storia personale travagliata, Lilli Carati

Ines Pellegrini

L’attrice preferita da Pasolini, Ines Pellegrini

Haydee Politoff

Inconfondibile il sorriso di Haydee Politoff

Francoise Fabian

Splendida: Francoise Fabian

Florinda Bolkan

Un autentico mito: Florinda Bolkan 

Florence Guerin

Sempre affascinante la reginetta dei soft core anni 80, Florence Guerin

Elke Sommer

La protagonista dei film di Bava, Elke Sommer

Dominique Sanda

L’indimenticabile Dominique Sanda

Daria Nicolodi

La regina del thriller, Daria Nicolodi

Daniela Giordano

Sempre bella, l’ex reginetta Daniela Giordano

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settembre 18, 2014 Posted by | Miscellanea | , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , | Lascia un commento

Livia,una vergine per l’impero

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Prima di iniziare a parlare di Livia,una vergine per l’impero (uscito anche con il titolo di Diario di una vergine romana) ccorre sgombrare il campo da un equivoco, nel quale è caduto anche Wikipedia.
Questo film non ha nulla a che vedere con La rivolta delle gladiatrici (The arena),opera dello stesso regista,Joe D’Amato;l’unica cosa che accomuna i due film è l’ambientazione peplum e la presenza dell’attrice Lucretia Love,ma si tratta di due film completamente differenti, girati per altro in due anni differenti.

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Fotogrammi che mostrano il titolo originale e il nome del regista nei credit

Mentre Livia una vergine per l’impero è diretto da Massaccesi, con l’abituale pseudonimo di Joe D’Amato (come del resto si evince dal fotogramma allegato) nel 1973,  La rivolta delle gladiatrici è del 1974.
Un film che è riemerso dagli archivi grazie all’emittente tv Dahlia, che nel ciclo Eros lo ha riproposto; probabilmente la pellicola non venne mai distribuita nelle sale ed è quindi davvero casuale la possibilità di rivederlo a quarant’anni dalla sua apparizione.Grazie ad un utente che lo ha rippato proprio da Dahlia, è possibile vederlo a questo indirizzo (almeno fino a quando You tube,come fa di frequente,non decida di cancellarlo: http://www.youtube.com/watch?v=oH-CHBtawIc

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Con pochissimi mezzi, potendo contare solo su Lucretia Love come nome di punta e riutilizzando spezzoni di un peplum ambientato in oriente, D’Amato dirige un film modesto tutto virato all’erotico,come del resto accadrà con le sue successive incursioni nel genere “spada e sandali”, il già citato La rivolta delle gladiatrici e l’ambizioso Caligola la storia mai raccontata.
Parlavo non a caso di recupero di vecchi filmati:guardando il film non si può non notare la differenza di colore delle sequenze del terremoto con il resto del film,l’evidente anacronismo del terremoto nel tempio, in cui troneggiano statue di  stile babilonese e la presenza improvvisa di Lucretia Love a ben 10 minuti dall’inizio del film.
Che è probabilmente ambientato,nella sua parte iniziale, a Pompei, anche se le scene mostrano un devastante terremoto mentre fuori campo si vedono delle ridicole immagini di un vulcano che erutta, realizzate in totale economia rispetto alle discrete immagini del terremoto stesso.

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Diamo un’occhiata alla trama:durante il terremoto che distrugge la cittadina nella quale Livia vive,la ragazza rinviene i corpi esanimi della madre e del fratellino.
Rimasta sola al mondo Livia accetta l’invito di Lucilla, che promette di vegliare su di lei,di recarsi a Roma.
Ritroviamo quindi nella città eterna Livia mentre assiste ad un combattimento di gladiatori, palpeggiata da un senatore anziano; la ragazza è diventata una prostituta di lusso, asservita agli ordini di Lucilla e del suo amante Taurus.
Grazie al senatore Claudio, Livia, donna ambiziosa e senza scrupoli,si libera dei suoi “carcerieri” che vengono assassinati durante un convegno amoroso.

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Ma Roma è una città piena di insidie,di giochi di potere:Livia si lascerà trascinare in un complotto proprio ai danni di Claudio,si innamorerà del suo protetto e pagherà con la vita i suoi errori.
Una buona fotografia,una bellissima Lucretia Love e un professionale Attilio Dottesio;queste in sintesi le doti di un film che avanza senza particolari acuti, ma in modo costante e non noioso.
Il cast attoriale costa pochissimo e si vede; recitazioni quasi da oratorio e nudi a volontà,tanto da far sorgere la domanda su come la censura non sia intervenuta pesantemente.La risposta è probabilmente nella mancata distribuzione nelle sale del film,che, come dicevo all’inizio,è riemerso solo da poco.Può valere una visione.

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Livia una vergine per l’impero
un film di Joe D’Amato,con Lucretia Love,Attilio Dottesio,Linda Sini,Edmondo Tieghi,Stefano Spitoni,Danilo Mezzetti.Eotico,Italia 1973

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Lucretia Love: Livia
Attilio Dottesio:senatore Claudio
Linda Sini:Lucilla

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Regia:Joe D’Amato
Sceneggiatura:Joe D’Amato (pseudonimo Michael Wotruba)
Musiche di Berto Pisano
Fotografia:Aristide Massaccesi (Joe D’Amato)
Montaggio:Piera Bruni

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settembre 14, 2014 Posted by | Erotico | , | 1 commento

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settembre 13, 2014 Posted by | Photogallery | | Lascia un commento

Femmine in gabbia

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L’esordio cinematografico del regista Robert Jonathan Demme avviene nel 1974 con questo film, in originale Caged heat e distribuito in Italia con il titolo Femmine in gabbia, in omaggio alla consolidata prassi che vuole sempre titoli ammiccanti alla sessualità come specchietto per le allodole per gli spettatori;il futuro produttore cinematografico e sceneggiatore statunitense di Baldwin, autore del pluri premiato Il silenzio degli innocenti, di Qualcosa di travolgente e di Philadelfia, tanto per citare i suoi titoli più noti dirige un Wip abbastanza tradizionale, con tanto di carceri, belle detenute sottoposte ad angherie e tradizionale direttrice sadica.
Il plot di questo women in prison è abbastanza semplice:in un carcere femminile spadroneggiano una direttrice sadica e psicopatica e un medico altrettanto depravato, che nel passato si era distinto per aver torturato senza pietà i prigionieri della sporca guerra, quella del Vietnam.

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I due hanno buon gioco nell’imporre i loro metodi disumani sulle detenute, che dal canto loro, frustrate nella sessualità e abbruttite dalle sevize ricevute si abbandonano a nefandezze di ogni genere.
Le condizioni di vita del carcere sono ben aldilà della sopportazione ed un gruppo di esse riesce ad evadere.
Ma la polizia,che ha l’ordine di reprimere la rivolta e riportare indietro le fuggitive, agisce con metodi quasi uguali a quelli della direttrice e del medico.
Femmine in gabbia si fregia ( e pregia) della presenza di un nutrito stuolo di belle e capaci comprimarie mentre il ruolo della direttrice McQueen è affidato ad una vecchia conoscenza del genere horror, la bravissima Barbara Steele;la regia è efficace anche se Demme spinge moltissimo sugli aspetti erotici della vicenda, marcando inequivocabilmente l’appartenenza della pellicola al genere Wip.

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Tuttavia la mano precisa e ferma del regista,la sua indubbia abilità con la macchina da presa e la capacità di direzione distinguono il prodotto dai tanti emuli che circolavano nel periodo,i più famosi dei quali ricordiamolo vedevano la partecipazione dell’attrice di colore Pam Grier.
Una produzione valida, quindi alla cui supervisione troviamo un’altra vecchia conoscenza, Roger Corman.

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Un film di Jonathan Demme. Con Barbara Steele, Roberta Collins, Juanita Brown Titolo originale Caged Heat.Drammatico/ Erotico, durata 84′ min. – USA 1974.

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Juanita Brown: Maggie
Roberta Collins: Belle Tyson
Erica Gavin: Jacqueline Wilson
Ella Reid: Pandora
Cheryl Smith: Lavelle (con il nome Rainbeaux Smith)
Warren Miller: Dr. Randolph
Barbara SteeleDirettrice McQueen
Crystin Sinclaire: Crazy Alice (con il nome Lynda Gold)
Mickey Fox: Bernice
Toby Carr Rafelson: Pinter (con il nome Tobi Carr Refelson)
Ann Stockdale: Bonnie
Irene Stokes: Hazel
Cynthia Songé: Rosemary (con il nome Cynthia Songey)
Carmen Argenziano: Wrestler
John Aprea: Dream Man
Leslie Otis: Meccanico
Mike Shack: Jake
George Armitage: Conducente auto
Patrick M. Wright: Benzinaio (con il nome Patrick Wright)
Joe Viola: Guidatore auto sportiva
Gary Littlejohn: Ploiziotto alla banca
Hal Marshall: Guardia della banca
Carol Miller: Carol
Cydoni Cale: Cindy
Essie Hayes: Essie
Layla Bias Galloway: Shower Guard (con il nome Layla Gallaway)
Dorothy Love: Kitchen Matron
Rob Reece: Mickey Mouse Robber (con il nome Bob Reese)
Valley Hoffman: Val
Amy Randall: Amy

Regia Jonathan Demme
Soggetto Jonathan Demme
Sceneggiatura Jonathan Demme
Produttore S.W. Gelfman, Evelyn Purcell, Roger Corman
Casa di produzione Artists Entertainment Complex, New World Video, Renegade Women Co
Fotografia Tak Fujimoto
Musiche John Cale
Scenografia Eric Thiermann
Trucco Rhavon

L’opinione del sito http://www.glispietati.it

Il suo film parte come (pretesa di) documento sulla violenza nelle carceri femminili: la voce fuori campo avvisa che l’utilizzo di caratteri estremi era necessario per trasmettere meglio il messaggio di “denuncia”…ma è meglio farci sopra una risata. Il dottore folle, la sessualmente repressa direttrice (Barbara Steele) su sedia a rotelle, le punizioni ingiuste, il Caso che ci mette troppo spesso lo zampino, tutto è un pretesto per una compiaciuta ed insistita presenza del corpo femminile denudato e/o in bella mostra, fra detenute tutte avvenenti e perverse, sempre a parlar di sesso, (addirittura) con camice da notte sexy, impegnate in eccitanti lotte sott’acqua (slippery when wet…) e così via. Non può mancare, nell’exploitation, la violenza, presa direttamente a prestito dai film carcerari maschili, con qualche tocco grandguignolesco in più (l’orecchio mozzato da un proiettile, ad esempio). Più procede, più il racconto sconfina nell’inverosimile, rivelando la sua gradita natura da B-movie, inevitabilmente di culto per efferatezze e depravazioni assenti in una produzione mainstream (almeno, ai tempi). Ma l’opera è anche figlia dei suoi tempi, fra inno alla liberazione sessuale, al femminismo (lo scienziato pazzo vuole curare la donna sottomettendola al maschio e ai suoi piaceri) e lotta contro il Sistema disumano. E contiene già il tema preferito dal regista, la labilità del confine fra Bene e Male, giusto e sbagliato, per un’ambiguità di fondo che rende tutto più maledetto, erotico ed affascinante.

L’opinione di Rebis dal sito http://www.davinotti.com

Donne dietro le sbarre: un immaginario erotico si dischiude… Demme esordisce sotto il segno di Russ Meyer – Roger Corman all’ascendente – e pur rispondendo a tutti i diktat del prison movie exploitativo scende a patti con l’estetica da B-movie traducendo la povertà dei mezzi in forza espressiva ed irruenza pop (in anticipo su Tarantino e Lady Gaga): l’eccesso si fa liberatorio e irriverente. Così indugia, violenta, infierisce ed esibisce i corpi delle donne ma rimane dalla loro parte, le rispetta e le libera. Di culto Barbara Steele. Visione in lingua originale obbligatoria. Intelligente.

L’opinione di Homesick dal sito http://www.davinotti.com

Titolo paradigmatico del genere WIP. Entro lo scenario degradato e degradante del carcere – sporcizia, abusi, violenze, perversioni – Demme sovrappone spesso sogno, realtà e ironia e adotta una prospettiva femminista. L’inizio entra di diritto negli annali del trash mondiale, con facce e scene d’azione talmente scalcinate da far invidia ai nostri Fidani e Polselli. La Gavin è l’eroina di Vixen; la Steele, direttrice castigata, paraplegica e sessuofoba, compare anche – in un suo incubo cabarettistico – sottoforma di un alter ego ninfomane.
L’opinione del sito http://www.apropositodi.it

Non so spiegare, fortunatamente, in quanto in caso contrario sarebbe qualcosa di noioso, il perché quando mi capita di vedere un determinato film scaturiscono determinate emozioni, nostalgie, rimpianti, desideri, emozioni varie, forti e sincere.
Questo per quanto mi riguarda è uno dei motivi per cui mi piace un film, un disco, un libro, uno spettacolo, etc.
Devo dire che sono particolarmente attratto dalle scenografie degli anni 70, dalla fotografia, le ambientazioni: le trovo maledettamente gagliarde, polverose, datate, irripetibili.
Nemmeno le produzioni che spendono milioni di dollari o euro riusciranno a ricostruire il sapore che si percepisce quando ci si trova davanti ad una scenografia originale di uno specifico e determinato periodo storico, in questo caso appunto: gli anni 70, l’ambientazione originale.
Per un motivo maledettamente semplice: il tempo passa, i luoghi cambiano, cambiano i colori, i suoni, le percezioni, le emozioni, i sogni, le speranze, i desideri.Potere della cinematografia. O del tempo che scorre ed inevitabilmente ed implacabilmente sentenzia le scadenze.
Quello che poi conta molto per quanto riguarda la visione di un film, è il momento in cui una specifica pellicola viene guardata.
Possiamo rimanere più o meno affascinati da un film, associato ad un preciso stato d’animo di uno specifico momento. E’ quello che mi è accaduto con Caged heat.

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settembre 9, 2014 Posted by | Drammatico, Erotico | , , , | 5 commenti

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settembre 5, 2014 Posted by | Photogallery | | 1 commento

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settembre 3, 2014 Posted by | Photogallery | | Lascia un commento

Dove vai tutta nuda?

Dove vai tutta nuda locandina 2

Una solenne ubriacatura costa cara a Manfredo, disinvolto impiegato di banca;al suo risveglio, nella garconniere che appartiene al suo direttore, uso a servirsene per le sue scappatelle,Manfredo trova accanto a se una splendida e giunonica ragazza,Tonino, che ha sposato sotto l’effetto dell’alcool.
Ben presto Manfredo scoprirà di aver commesso una sciocchezza, perchè la ragazza diventa da quel momento fonte di preoccupazioni e sopratutto di guai a getto continuo.
La donna infatti, oltre ad essere una pasticciona, gira per la casa nuda e in qualche caso finirà in costume semi adamitico in strada.
Ma la simpatia di Tonino finirà per far breccia nel cuore dello scapolone incallito…

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Dove vai tutta nuda è un film diretto da Pasquale Festa Campanile nel 1969, con protagonisti due attori di punta di quel periodo, Thomas Milian e Maria Grazia Buccella.
Una commedia a metà strada tra l’ironico e il satirico, che vorrebbe mettere alla frusta, in modo peraltro molto soft la morale ipocrita della classe borghese medio alto unendo il tutto a gag e scenette divertenti costruite attorno al personaggio di Tonino, bella e candida ragazzona capace di portare scompiglio con la sua goffaggine ma anche con la sua prorompente sensualità.
L’intento del regista lucano era questo, ma il film avanza a sprazzi.
Mentre in La matriarca Festa Campanile aveva scelto decisamente la strada dell’ironia e della satira a tutto campo, in Dove vai tutta nuda sceglie la via di mezzo, ovvero attenuare la critica e la satira a favore di un copione più tendnte alla farsa.
E alla fine il film finisce proprio in farsa,non liberandosi dall’equivoco in cui naviga per un’ora e mezza, barcamenandosi tra scenette poco divertenti e l’impianto classico della commedia degli equivoci.

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Su tutto giganteggia la figura di Maria Grazia Buccella, fisico prosperoso e monumentale, che mostra quel che è possibile in un periodo in cui la censura vigilava con la massima attenzione alla luce della moda che impazzava sugli schermi di mostrare il massimo possibile di grazie femminili.
Poichè la Buccella possedeva in quantità tali doti, Festa Campanile cerca di mostrare la bella attrice con il minor numero di capi d’indumento addosso, senza per fortuna scadere mai nel volgare.
Ne risulta alla fine una commedia abbastanza piatta che ha l’unico vero motivo di interesse nella presenza nel cast di attori di valore, come Vittorio Gassman, che partecipa al film per motivi puramente economici, Gastone Moschin e il citato Thomas Milian, deciso a mostrare che il suo non è soltanto un volto da western.
Alla fine proprio Milian risulta il più convincente mentre la Buccella si segnala solo per le imponenti doti fisiche.
Festa Campanile farà di molto meglio, per fortuna, a partire dai film successivi, Scacco alla regina e Con quale amore con quanto amore.

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Film tutto sommato guardabile, ma oggi pesantemente datato.
Del film esiste in rete una pessima versione ricavata da una registrazione televisiva, mentre lo streaming dello stesso è da tempo scomparso.
La versione sui p2p è purtroppo ai limiti del guardabile
Dove vai tutta nuda?

Un film di Pasquale Festa Campanile. Con Vittorio Gassman, Maria Grazia Buccella, Gastone Moschin, Tomas Milian,Angela Luce, Giancarlo Badessi Commedia, durata 93′ min. – Italia 1969.

 

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Dove vai tutta nuda Banner protagonisti

Maria Grazia Buccella: Tonino
Tomas Milian: Manfredo
Gastone Moschin: presidente
Angela Luce: prostituta
Giancarlo Badessi: cameriere
Vittorio Gassman: Rufus Conforti
Tito LeDuc: cameriere

Dove vai tutta nuda Banner CAST

Regia Pasquale Festa Campanile
Soggetto Ottavio Jemma
Sceneggiatura Sandro Continenza
Pasquale Festa Campanile
Ottavio Jemma
Luigi Malerba
Produttore Mario Cecchi Gori
Fotografia Roberto Gerardi
Montaggio Marcello Malvestito
Musiche Armando Trovajoli

Dove vai tutta nuda Banner recensioni

L’opinione di Undjing dal sito http://www.davinotti.com

Tonino (Maria Grazia Buccella) ha il discutibile vizio di girare per casa come mamma l’ha fatta. Il bancario Luna (Milian) in stato d’ebbrezza si sposa con la bella ragazza e ne pagherà le conseguenze. Ottima pellicola che denuncia certi atteggiamenti della cultura borghese, atti a soffocare istinti naturali (o meglio: naturalisti). Diretto da un regista colto, è sceneggiato dal grande Sandro Continenza e presenta un cast ridotto, ma di elevato spessore. La Buccella è al massimo del suo splendore ed il titolo è malandrino.
L’opinione di emmipi8 dal sito http://www.filmtv.it

Cecchi Gori, sulla spinta del figlio (che ebbe anche un ruolo nel film stesso), cercava di lanciare in tutti i modi la Buccella, che ebbe diverse occasioni in questo periodo anche come attrice protagonista, occasioni spesso bruciate sia da lei, che dalla fretta produttiva con cui sono state fatte, questo film è proprio un esempio lampante di questa fretta. Il film nasceva da un’idea produttiva più grande, e la scelta iniziale di Anthony Perkins, al posto di Tomas Milian, era quello che ci si era proposti, ma dopo le scelte furono ben diverse, forse rendendosi conto che non si aveva per le mani un’attrice della statura giusta. La leggerezza del personaggio femminile deve fare i conti con una sceneggiatura che vola basso e con una regia che non riesce a sfruttare bene l’idea ed attori come Gassman, che fa questo film in partecipazione, per puro dovere contrattuale con Cechi Gori e la resa cinematografica è più che evidente, e diciamolo francamente con quella parrucca ci fa una figura pessima, nel senso: Che si deve fare per mangiare!!

L’opinione di deepred 89 dal sito http://www.davinotti.com

Commedia sciocca, poco divertente e prevedibilissima nella sua moraletta naturalista, in grado di salvarsi dal crollo totale grazie a una confezione dignitosa e a un cast che, seppur completamente sottotono, rimane un cast coi fiocchi: Milian, Maria Grazia Buccella (il suo personaggio fatica a ingranare, ma lei è al top), Gassman (forse al suo peggio assoluto), Moschin. Le risate latitano, a differenza degli sbadigli. Rimane la colonna sonora di Trovajoli, ma nemmeno quella eccelle. Decisamente trascurabile.

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settembre 2, 2014 Posted by | Commedia | , , , , , | 3 commenti