1971, un anno di cinema
Se il 1970 era stato un anno superlativo a livello di qualità delle pellicole proiettate nei cinema e molto remunerativo a livello di incassi, il 1971 presenta quasi le stesse connotazioni: film importanti, grandi incassi.
In Italia arrivarono oltre settecento film, alcuni di essi sono considerati autentici capolavori. A cominciare dal capolavoro di Kubrick Arancia meccanica, uno sguardo lucido puntato su una società che mostrava già tutti i segni anticipati da Burgess nel romanzo prima e da Kubrick nel film poi.
Rod Steiger in Giù la testa di Sergio Leone
Arancia meccanica. il film, oltre a diventare uno dei pù importanti della cinematografia di tutti i tempi, si rivela anche un grande affare ai botteghini. Ho un ricordo personale dell’uscita sugli schermi di Arancia meccanica; il film aveva il divieto ai minori di 18 anni, io ne avevo 14, ma riuscii in qualche modo a vederlo. Ricordo di essere uscito dal cinema stordito, colpito dall’allucinante violenza (per allora, ben inteso) del messaggio di Kubrick, che in seguito sarebbe diventato fatalmente profetico.
Nel 1971 arriva sugli schermi l’ambizioso Giù la testa, di Sergio Leone; se vogliamo, è l’ultimo western girato dal maestro con il suo nome; è un film con pregi e difetti,violento, con un Leone che manda messaggi, cosa prima assolutamente non esistente nelle sue pellicole. Il film ha successo, la sua colonna sonora arriva in hit parade e a fine stagione Giù la testa sarà uno dei film più visti dell’annata.
Una scena dal Decameron di Pier Paolo Pasolini
Morte a Venezia, di Luchino Visconti
E’ anche l’anno del Decameron di Pasolini, prima parte della trilogia della vita dedicata dal regista alla riscoperta dei grandi classici medioevali auenticamente popolari. L’anticlericalismo del regista si materializza in un’opera gioiosa, in cui il sesso diviene l’unica fonte di divertimento del popolo, oppresso dai nobili e dal clero. Pasolini si vendica girando un film al vetriolo, con attori non professionisti, escludendo Davoli, la Luce e il cameo di Silvana Mangano. A fine stagione, il film, che ebbe guai a non finire con la censura, sarà uno dei più visti e sarà anche il battistrada involontario di un fertile filone secondario, chiamato dei Decamerotici, film che sfrutteranno le novelle del Boccaccio, dell’Aretino, di Caucher per mostrare giovani donzelle nude impegnate spesso in improbabili beffe.
Gian Maria Volontè in Sacco e Vanzetti, di Giuliano Montaldo
Cybill Sheperd in L’ultimo spettacolo
Il camionista assassino in Duel di Spielberg
Arriva sugli schermi anche Morte a Venezia, di Luchino Visconti; il riadattamento del celebre romanzo di Mann, ambientato in una Venezia sonnolenta e decadente; il film interpretato da Dirk Bogarde, Romolo Valli, Mark Burns, Nora Ricci e Marisa Berenson riscuote un gran successo di critica e un buon successo ai botteghini.
Grande successo anche per Sacco e Vanzetti, film di Giuliano Montaldo dedicato alla figura dei due anarchici italiani ingiustamente accusati di rapina e omicidio: le interpretazioni dei due protagonisti, Gian Maria Volonté e Riccardo Cucciolla sono da incorniciare, così come il tema sonoro cantato da Joan Baez, Here’s to you, che entra meritatamente in hit parade.
Peter Bogdanovich presenta L’ultimo spettacolo, uno straordinario, indimenticabile affresco sull’America del 1950, con tema la giovinezza di un gruppo di ragazzi che vedrà la propria vita cambiare a seguito di avvenimenti di piccola entità, prova concreta che la vita non è solo sconvolgimenti biblici. Il film, che si avvale di una colonna sonora sontuosa, diviene ben presto un cult;
anche Duel, opera di un giovane Steven Spielberg diventa un cult. La storia del commesso viaggiatore che ingaggia una mortale sfida con un camionista materializza incubi e paure, e la storia, che corre sul filo dell’angoscia di non sapere cosa accadrà al protagonista, finisce per diventare un punto di partenza per un nuovo modo di concepire il cinema. Hal Ashby porta sugli schermi Harold e Maude, mentre Andrei Tarkovskij presenta Solaris, un film fantascientifico metafisico, sulle orme di 2001 odissea nello spazio: il successo di critica è enorme, il pubblico invece è perplesso, per la evidente difficoltà di recepire tutti i messaggi che il regista lancia con le sue immagini statiche e con la sua concezione di un tempo d’azione molto dilatato.
1975: Occhi bianchi sul pianeta Terra (Omega man)
Quattro mosche di velluto grigio di Dario Argento
Arrivano sugli schermi 1975: Occhi bianchi sul pianeta Terra, di Boris Sagal, anche questo tratto da un romanzo, quello di Matheson, film che ottiene un grande successo in virtù di una trama claustrofobica e dell’ottima interpretazione di Heston e L’uomo che fuggi dal futuro, dell’esordiente futuro re Mida Lucas.
Il cinema italiano risponde con grandi successi di cassetta; Quattro mosche di velluto grigio e Il gatto a 9 code, del regista Dario Argento, fanno il pieno ai botteghini, così come … Continuavano a chiamarlo Trinità, di Barboni, che ripropone la inossidabile coppia Hill-Spencer.
C’è un film che ottiene un lusinghiero successo di pubblico e di cassetta; si tratta di Il dittatore dello stato libero di Bananas, opera di un geniale regista americano Woody Allen. La storia dell’oscuro americano che diventa dittatore di una repubblica che da allora in poi avrà come sinonimo una situazione disastrata e allo sbando, diverte il pubblico mondiale e lancia il grande talento di Allen.
Il gatto a 9 code di Dario Argento
Continuavano a chiamarlo Trinità
Arriva sugli schermi Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo, violentissimo poliziesco impiantato sulle gesta di Harry la carogna, un ispettore dai mezzi spicci e duri. Il film, che ha per protagonista Clint Eastwood, non più uomo con solo due espressioni, è un successo planetario, mal visto dalla critica, che ne condanna il linguaggio e i fini come film fascistoide e istigatore della violenza.
Woody Allen in Il dittatore dello stato libero di Bananas
Nel frattempo il cinema italiano di produzione interna mostra segni evidenti di salute; grande successo ottiene il pessimista Detenuto in attesa di giudizio, interpretato da un ottimo Alberto Sordi, storia di un innocente che sperimenta sulla sua pelle le ingiustizie della società, finendo in carcere prima, in manicomio poi e uscendone alla fine del tutto traumatizzato. Nino Manfredi, passato dietro la cinepresa, presenta l’ottimo Per grazia ricevuta, storia malinconica di un ragazzo quasi costretto a diventare prete in virtù di un suo salvataggio miracoloso dopo una caduta da un bastione,, che troverà la forza di vivere la sua vita accanto alla donna che ama, e che incredibilmente verrà miracolato una seconda volta.
Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo
Il film riscuote un grandissimo sucecsso e si piazza tra i più visti della stagione.Un altro successo è l’amarissimo In nome del popolo italiano, con due grandi protagonisti, Gassman e Tognazzi, l’uno palazzinaro senza scrupoli, l’altro giudice integerrimo. Il primo finirà per pagare per l’unica colpa non commessa, l’omicidio di una studentessa, con la complicità del giudice, che distruggerà il diario della ragazza, unica prova dell’innocenza del palazzinaro. Il film di Risi, graffiante, diventa un grosso successo di pubblico, anche se la critica non riserva lo stesso trattamento.
Detenuto in attesa di giudizio
Ancora Sordi è protagonista di un’altra commedia amara, Bello onesto emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata, con la partecipazione di Claudia Cardinale; la storia dello sfigato italiano che cerca moglie e che trova una prostituta come compagna, è una commedia degli equivoci ben girata da Luigi Zampa. Anche Pasquale Festa Campanile ritorna alla commedia venata di erotismo con l’ottimo Il merlo maschio, che lancia la straordinaria bellezza di Laura Antonelli. Il film , che parla dell’ossessione sviluppata da un uomo represso nel lavoro che trova una sua affermazione mostrando nuda la moglie, ottiene un grandissimo successo.
Bello onesto emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata
Laura Antonelli in Il merlo maschio
Cosa che invece non accade al kolossal Scipione detto anche l’africano, di Luigi Magni: il film, che pure annovera nel cast Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Silvana Mangano, Turi Ferro ottiene scarso successo;
Altro film delizioso è Basta guardarla, ironico e commosso omaggio di Luciano Salce al mondo dell’avanspettacolo ormai quasi definitivamente avviato sul viale del tramonto;Mario Bava presenta Reazione a catena, thriller di ottima fattura, mentre Lizzani tratteggia un quadro fosco e pessimista della società borghese romana, attraverso uno sguardo cinico sulla Roma bene.
Fausto Tozzi porta sugli schermi Trastevere, commedia ambientata nel popolare quartiere romano, in cui si intrecciano storie di vita dei vari abitanti; Confessione di un commissario di polizia al procuratore della repubblica, di Damiano Damiani, è una denuncia delle collusioni tra potere mafioso e organi della giustizia, un film davvero bello e ottimamente interpretato da Franco Nero e Martin Balsam. Giorgio Martino invece lancia Lo strano vizio della signora Wardh, thriller con connotazioni erotiche di discreta fattura, con una Edwige Fenech che si appresta a diventare una delle icone degli anni settanta.
Scipione detto anche l’africano
Maria Grazia Buccella in Basta guardarla
Dall’estero arrivano La notte brava del soldato Jonathan, curioso film di Don Siegel, con protagonista Clint Eastwood, che fa il gallo in un collegio femminile, prima di pagare a caro prezzo la sua voglia di seduzione. Un grandissimo successo riscuote l’ottimo L’abominevole Dr. Phibes, diretto da Robert Fuet, con protagonista Vincent Price: un dottore, reso folle dalla morte della moglie, uccide usando le bibliche piaghe i dottori responsabili della scomparsa della donna. Sugli schermi viene proiettato Cane di paglia, di Sam Peckinpah, con protagonista un eccellente Hoffman; la storia del professorino che dopo aver subito umiliazioni di ogni genere si ribella al linciaggio di un uomo accusato di aver ucciso una ragazza.
Confessione di un commissario di polizia al procuratore della repubblica
Il film è un grande successo, così come Il braccio violento della legge di William Friedkin, appassionante poliziesco interpretato da Gene Hackmann e vincitore di 5 oscar. Un film di fantascienza è detinato a diventare un cult; si tratta di Andromeda, di Robert Wyse, splendida trasposizione di un romanzo di Michael Crichton, che racconta come un satellite artificiale, caduto dallo spazio, porti con se un letale virus che distrugge la popolazione di una cittadina; solo un vecchio e un bambino sopravvivono, e saranno loro a indicare la strada per una cura efficace.
Tra i film dell’anno, che ebbero un’accoglienza tiepida dal pubblico, immeritatamente, cito E Johnny prese il fucile di Dalton Trumbo con Donald Sutherland, storia terribile di un ragazzo ridotto ad una larva umana dalla guerra che chiede di poter morire e invece viene trattato come una cavia da laboratorio;
Lo strano vizio della signora Wardh
2002, la seconda odissea di Douglas Trumbull, versione ecologista di un viaggio nello spazio, con una nave spaziale che traporta gli ultimi alberi della terra, e che continuerà a vagare per l’universo con al comando un robot, dopo che un membro dell’equipaggio ha ucciso tutti i colleghi che volevano far saltare la cupola in cui erano contenuti.
Segnalo ancora Soffio al cuore, di Louis Malle, ottimo lavoro interpretato da Lea Massari su un tema scomodo, l’incesto, Conoscenza carnale di Mike Nichols, con Jack Nicholson, Family life di Ken Loach “il rosso“,Domenica, maledetta domenica di Schlesinger, la versione cinematografica del Macbeth di Polanski, Homo eroticus, di Marco Vicario, una commediola semi erotica con un cast eccellente.
Susan George in Cane di paglia
Tra i film di successo, meritevoli di essere rivisti, segnalo Una lucertola con la pelle di donna, thriller parapsicologico diretto da Lucio Fulci con due bellissime dello schermo, Anita Strindberg e Florinda Bolkan, La bestia uccide a sangue freddo, altro thriller diretto da Fernando Di leo, un tantino pasticciato ma con un ottimo cast, La notte che Evelyn uscì dalla tomba, thriller di Miraglia, meritevole di segnalazione più per il buon successo riscontrato che per proprie virtù, il particolare La vittima designata, diretto da Lucidi con un grande Pierre Clementi, L’evaso, un film di Pierre Granier-Deferre con protagonisti Delon, Ottavia Piccolo e Simone Signoret, storia di un evaso che tenta di rifarsi una vita e che finirà male.
Pierre Clementi e Thomas Milian in La vittima designata
In ultimo, La coda dello scorpione, buon thriller di Martino con le belle Evelyn Stewart e Anita Strindberg, l’ottimo Giornata nera per l’ariete di Bazzoni, La tarantola dal ventre nero, thriller convenzionale ma con un cast eccellente, Una sull’altra di Fulci, ottimo thriller con Marisa Mell, Ettore lo fusto di Enzo Girolami Castellari, gradevole commedia con illustri interpreti.
Il 1971 forse non ha, al di fuori di Arancia meccanica, capolavori eterni, ma si segnala per l’alto numero di produzioni di ottimo livello; è l’anno dei thriller all’italiana, che si colorano di un tocco d’erotismo, è anche l’anno dell’esplosione dei decamerotici e in deifinitiva, ancora un’annata da ricordare.
Il braccio violento della legge (Miglior film)
William Friedkin (Miglior regia per Il braccio violento della legge)
Gene Hackman (Miglior attore per Il braccio violento della legge)
Jane Fonda (Miglior attrice per Una squillo per l’ispettore Klute)
Ben Johnson (Miglior attore non protagonista per L’ultimo spettacolo)
Cloris Leachman (Miglior attrice non protagonista per L’ultimo spettacolo)
Anche i dottori ce l’hanno (Miglior sceneggiatura originale)
Il braccio violento della legge (Miglior sceneggiatura non originale)
Il violinista sul tetto (Miglior fotografia)
Il violinista sul tetto (Miglior adattamento musicale)
Quell’estate del ’42 (Miglior colonna sonora originale)
Shaft il detective (Miglior canzone)
Nicola e Alessandra (Migliori costumi)
Il braccio violento della legge (Miglior montaggio)
Il violinista sul tetto (Miglior suono)
Pomi d’ottone e manici di scopa (Migliori effetti speciali visivi)
Il giardino dei Finzi Contini (Miglior film straniero)
Messaggero d’amore (The Go-Between) di Joseph Losey (Gran Bretagna)
Vittorio De Sica (Orso d’oro per Il giardino dei Finzi Contini)
Pier Paolo Pasolini (Orso d’argento per Il Decameron)
Jean Gabin (Miglior attore per Le chat, l’implacabile uomo di Saint-Germain)
Simone Signoret (Miglior attrice per Le chat, l’implacabile uomo di Saint-Germain)
Enrico Maria Salerno (Miglior regia per Anonimo veneziano)
Luchino Visconti (Miglior regia per Morte a Venezia)
Nino Manfredi (Miglior regia per Per grazia ricevuta)
Florinda Bolkan (Miglior attrice per Anonimo veneziano)
Monica Vitti (Miglior attrice per Ninì Tirabusciò, la donna che inventò la mossa)
Ryan O’Neal (Miglior attore straniero per Love Story)
Ali MacGraw (Miglior attrice straniera per Love Story)
Claude Lelouch (Miglior film straniero per Voyou (La canaglia))
Soffio al cuore
Storia dell’educazione sentimentale e sessuale del giovane Laurent, adolescente alle prese con i problemi tipici della sua età: la difficoltà di rapportarsi con l’altro sesso, una rabbia confusa, unita all’irrequietezza tipica dei giovani, rivolta contro il mondo che li circonda.
Con i suoi due fratelli più grandi, Laurent condivide tutto, anche il primo tentativo di approccio con una donna, una prostituta, durante il quale viene importunato proprio dai due fratelli, restando turbato e frustrato.
Un giorno a Laurent viene diagnosticato un soffio al cuore, una disfunzione cardiaca non pericolosa ma che richiede il suo soggiorno in una località termale. Accompagnato dalla madre, Laurent si rende conto che la donna, frivola e leggera, anche se molto affezionata a quel suo ultimo e timido figlio, ha un’amante.
Pur turbato dalla scoperta, il giovane segue come un’ombra la mamma, diventandone anche una specie di confidente; la osserva mentre fa il bagno nuda, sviluppa, in pratica, uno strano rapporto con la stessa, fatto anche di morbosità.
Lea Massari
La sera del 14 luglio, dopo una generale ubriacatura, madre e figlio, un pò sbronzi, consumano un incestuoso rapporto; ma la donna sdrammatizza la cosa, promettendo a suo figlio che tutto ciò che è avvenuto resterà per sempre un segreto fra di loro. Il giovane, come se nulla fosse, raggiunge Dafne, una sua amica, e passa il resto della notte con lei. L’indomani, con scarpe in mano, tenta di rientrare nella sua camera, accolto però dal padre e dai fratelli con risa di complicità.
Soffio al cuore, per la regia di Louis Malle, girato nel 1971, è una bonaria presa in giro delle convenzioni borghesi, unita ad uno sguardo tenero, indulgente e alle volte ironico su quell’universo variegato che è il mondo dell’adolescenza. Lungi dal prendere posizioni morali, Malle descrive il morboso rapporto tra madre e figlio senza indulgere in predicozzi. La vicenda è narrata con leggerezza, con qualche puntura di spillo, come nel caso dei dialoghi tra il prete e il ragazzo, che evidenziano l’atteggiamento anticlericale del regista.
Il resto del film è una magistrale interpretazione di Lea Massari, la Clara Chevalier, figura quanto meno singolare di donna, simile ad una farfalla dalle bellissime ali, che riesce a passare sui problemi del passato con la stessa leggerezza propria delle farfalle. Nel cast c’è anche la bravissima Ave Ninchi, che interpreta Augusta, la cameriera di casa Chevalier. Presente anche la bella Gila von Weitershausen, attorniata da ottimi caratteristi; il giovane Benoît Ferreux è Laurent Chevalier, interpretato con sobrietà.
Un film certo non memorabile di Louis Malle, che però si fa apprezzare proprio per la sobrietà con cui il grande regista francese affronta un tema scottante come quello dell’incesto.
Soffio al cuore, un film di Louis Malle. Con Michael Lonsdale, Daniel Gélin, Lea Massari, Ave Ninchi,Benoit Ferreux
Titolo originale Le souffle au coeur. Commedia, durata 119 min. – Francia 1971.
Lea Massari … Clara Chevalier
Benoît Ferreux … Laurent Chevalier
Daniel Gélin … Charles Chevalier
Michael Lonsdale Padre Henri
Ave Ninchi … Augusta
Gila von Weitershausen … Freda , la prostituta
Fabien Ferreux … Thomas
Marc Winocourt … Marc
Micheline Bona … Claudine
Henri Poirier … Zio Leonce
Liliane Sorval … Fernande
Corinne Kersten … Daphne
François Werner … Hubert
Regia Louis Malle
Soggetto Louis Malle
Produttore Louis Malle, Claude Nedjar
Casa di produzione Orion Classics
Daniela Giordano
Chiunque cerchi dati anagrafici o biografici di Daniela Giordano, la bellissima attrice siciliana, troverà generalmente scarni dati relativi ai suoi 37 film, girati tra il 1967 e il 1980, data dell’ultima apparizione cinematografica. In più troverà un breve sunto tratto dal Dizionario del cinema italiano, di Enrico Lancia e Roberto Poppi, edito da Gremese, nel quale viene definita, letteralmente “attrice di non grandissime risorse, ma splendida donna, che non sfigura nel panorama poco edificante del cinema di genere del decennio 1969-1979”
A parte la scarsa lungimiranza dei due autori, che dimenticano come il thriller all’italiana o il poliziesco all’italiana, molti film della commedia stessa, siano oggi oggetto di rivalutazione globale, oltre che essere fonte di ispirazione per molti acclamati registi di oltre oceano (Tarantino e Scorsese, solo per esempio), il giudizio su Daniela Giordano è fortemente limitativo.
Quante volte quella notte
Se è vero che tra i film interpretati non ci sono i capolavori, è indubbio che la bella attrice palermitana abbia dato un apporto personale adeguato anche i copioni che le venivano sottoposti, mostrando doti recitative all’altezza.
Sono ben altre le bellone senza talento espresse dal cinema italiano, e alcune di loro sono celebrate come delle grandi attrici, per i soliti misteri insondabili del mondo del cinema, che nega il talento ove c’è e viceversa.
Daniela nasce a Palermo il 7 novembre del 1947, e subito dopo aver ultimato gli studi, arriva al cinema grazie alla vittoria nel concorso di bellezza più famoso, Miss Italia, che si aggiudica nel 1966; la cosa le vale una piccola parte in Play boy, di Ezio Battaglia, uno dei tanti musicarelli costruiti attorno alla figura del cantante più popolare del momento, in questo caso casco d’oro Caterina Caselli e nello stesso anno per I barbieri di Sicilia , film comico diretto da Marcello Ciorciolini, costruito attorno all’inossidabile coppia Franchi-Ingrassia.
Le segrete esperienze di Luca e Fanny
Il buon riscontro ricevuto, spinge Daniela Giordano ad accettare altri ruoli, che così partecipa, nel 1968, a due ruoli in film western. Il fatto di essere bruna, una tipica bellezza mediterranea, la rende credibile sia in Il lungo giorno del massacro, di Alberto Cardone, in cui è Paquita sia in Joe… cercati un posto per morire!, di Carnimeo, in cui è Juanita; entrambi i film sono discreti successi, come del resto accadeva a quasi tutti i film del genere western, nati attorno alla seconda giovinezza del genere dovuta al grande successo dei film di Leone. Una piccola parte è anche quella interpretata in Susanna… ed i suoi dolci vizi alla corte del re , film famoso più che altro per la presenza di altre due future star del cinema anni settanta, le bellissime Edwige Fenech, quasi agli esordi e Femi Benussi.
Per Daniela il cammino è decisamente difficile; le parti che le vengono offerte sono poco più che comparsate, anche se va detto che fa eccezione quella di Luisa in Vedo nudo di Dino Risi, nel quale è una ragazza che accetta un appuntamento con un fotografo di donne discinte, e che non riuscirà ad avere con lui un rapporto perchè l’uomo all’improvviso vede sparire la sua virilità;
le due opere sempre girate nel 1969, Un esercito di cinque uomini di Italo Zingarelli e il successivo …e vennero in quattro per uccidere Sartana! di Demofilo Fidani sono due western con piccole parti, ma importanti perchè le permettono di farsi conoscere ancora di più. Tra il 1970 e il 1971 gira Le ombre roventi, di Mario Caiano al fianco di William Berger, il western Buon funerale, amigos!… paga Sartana di Carnimeo, La sfida dei MacKenna di Klimovsky, Bolidi sull’asfalto a tutta birra di Bruno Corbucci, film costruito attorno al grande campione di motociclismo Giacomo Agostini;
Una tomba aperta, una bara vuota
film che si fa notare anche per la presenza del cantante Sergio Leonardi, del futuro cabarettista e comico Gianfranco D’Angelo. La Giordano sembra relegata i ruoli di secondo piano in film western o in B movie, come Il suo nome era Pot, di Lucio Dandolo e Demofilo Fidani e I quattro pistoleri di Santa Trinità di Giorgio Cristallini, quando le si presenta l’occasione della vita. A scritturarla per Quante volte… quella notte è Mario Bava, che le offre il ruolo principale, quello di Tina Brandt, in un film inespresso, confuso, che racconta la storia di una ragazza che viene violentata ( o forse no) da un play boy, in un gioco d’inganni e false verità.
Daniela Giordano in Batton story- Le impiegate stradali
Non è il miglior Bava, ma Daniela se la cava egregiamente; nel frattempo il cinema italiano ha scoperto il filone thriller, dopo la scomparsa del western all’italiana, così Daniela Giordano entra nei cast di Una tomba aperta… una bara vuota di Alfonso Balcazar, brutto e raffazzonato film a metà strada tra l’horror e il thriller, in Violenza contro violenza e in Il tuo vizio è una stanza chiusa e solo io ne ho la chiave , di Sergio Martino, nel quale interpreta il ruolo di Fausta, l’amante di Oliviero, scrittore alcolizzato, e in cui ha davvero una piccola parte.
Nel frattempo il cinema, grazie allo straordinario successo del western comico Lo chiamavano Trinità, scopre un altro ricco filone; proliferano le commedie/western con la denominazione Trinità nei titoli; la Giordano, che come abbiamo visto aveva già alcuni western all’attivo, viene scritturata per Scansati… a Trinità arriva Eldorado, diretto da Diego Spataro nel 1972, con l’onnipresente Gordon Mitchell e per Trinità e Sartana figli di… diretto da Bolzoni. Film poco conosciuti e passati subito nel dimenticatoio, così come è un insuccesso La casa della paura, film di William Rose, che rappresenta il ritorno sullo schermo di Daniela, avvenuto nel 1974, dopo due anni di fermo;
La casa della paura, nonostante il buon cast che include anche Rosalba Neri, Raf Vallone, Brad Harris e Karin Schubert, si rivela un fiasco, e viene anche sbeffeggiato dalla critica per la sceneggiatura pasticciata. Nonostante abbia la parte principale, Daniela Giordano non spicca nell’aurea mediocrità della pellicola, e da questo momento la sua carriera va incontro ad una involuzione costante. La riprova è La cameriera, di Roberto Bianchi Montero, stanca pellicola erotica del filone commedia sexy; non va decisamente meglio nemmeno con L’infermiera di mio padre, di Mario Bianchi, nel quale è affiancata da Maria Pia Conte, destinata a diventare una meteora.
Dopo una breve apparizione nel bel Roma violenta, di Marino Girolami, nel quale interpreta la bella Erika, la Giordano lavora in Malocchio (Eroticofollia), un thriller con connotazioni soprannaturali confuso, diretto da Mario Siciliano.In pratica la storia cinematografica di Daniela Giordano è segnata proprio da queste scelte; i film successivi sono quasi dei B movie, come Il vizio ha le calze nere, di Tano Cimarosa, thriller piatto nel quale lavora con Magda Konopka (l’ex Satanik anni 60) e con l’affascinante Dagmar Lassander. Nello stesso anno, il 1975, è con lando Buzzanca e Martine Brochard nel brutto Il fidanzamento, di Giovanni Grimaldi, nel quale è la moglie di Riccardo Garrone, fratello del protagonista Lando Buzzanca, che interpreta Luigi, uno strano tipo che inganna la fidanzata procrastinando le nozze all’infinito.Nel 1976 la troviamo sul set di ben 5 film, l’unico dei quali abbia un minimo di valore è Inquisicion, diretto e interpretato dal grande Paul Naschy;
gli altri, a partire da L’adolescente, di Alfonso Brescia, sono le solite stracche commediole erotiche, nelle quali l’unica cosa di rilievo sono le curve delle protagoniste, come la Sonia Viviani che lavora con lei, o come quelle di Femi Benussi, che interpreta con lei i due film successivi, Batton story- Le impiegate stradali, insulsa commedia su un gruppo di prostitute che decide di gestirsi da sole e Un toro da monta, di Roberto Mauri, film noioso in maniera patologica. Dopo aver girato La portiera nuda, di Luigi Cozzi accanto a Erika Blanc, Daniela Giordano lavora per la penultima volta in Il braccio violento della mala, uno degli ultimi film del genere poliziottesco e chiude la sua carriera cinematografica con l’orrido Le segrete esperienze di Luca e Fanny, un film in cui si trova accanto a Enzo Garinei a chiacchierare per buona parte del film nel giardino di una splendida casa, mentre il protagonista Luca, si dedica all’erotismo; il film, girato con abbondanti inserti porno, chiude in maniera desolante la carriera della bella attrice.
Un percorso cinematografico, quello della Giordano, privo di acuti e privo di quel film che illumina una carriera; colpa di scelte sbagliate, probabilmente, o colpa della miopia dei produttori che non hanno voluto insistere su di lei affidandole ruoli meno “leggeri”; un vero peccato, perchè le doti c’erano, aldilà del fascino innegabile che ci ha regalato la sua bellezza intrigante
Violenza contro la violenza
Ombre roventi
L’adolescente
Cercati un posto per morire
I barbieri di Sicilia
La casa della paura
Una tomba aperta,una bara vuota
Un esercito di cinque uomini
Scansati,a Trinità arriva Eldorado
Quante volte quella notte
La cameriera
Due fotogrammi da Il lungo giorno del massacro
Il fidanzamento
Ancora da Il fidanzamento
Roma violenta
Susanna e i suoi dolci vizi alla corte del re
La sfida dei Mackenna
Karamurat la belva dell’Anatolia
Joe cercati un posto per morire
Merkwürdige Lebensgeschichte des Friedrich Freiherrn von der Trenck
Trinità e Sartana figli di …
La portiera nuda
Le segrete esperienze di Luca e Fanny (1980)
I miei peggiori amici 1978
La portiera nuda (1976)
Un toro da monta (1976)
Le impiegate stradali – Batton Story (1976)
L’adolescente (1976)
Inquisición (1976)
Il vizio ha le calze nere (1975)
Il fidanzamento (1975)
Malocchio (1975)
L’infermiera di mio padre (1975)
Roma violenta (1975)
La cameriera (1974)
La casa della paura (1973)
Trinità e Sartana figli di… (1972)
Scansati… a Trinità arriva Eldorado (1972)
Il tuo vizio è una stanza chiusa e solo io ne ho la chiave (1972)
Quante volte… quella notte (1972)
Violenza contro violenza 1972
Una tomba aperta… una bara vuota 1972
Il suo nome era Pot (1971)
I quattro pistoleri di Santa Trinità (1971)
Bolidi sull’asfalto a tutta birra (1970)
La sfida dei MacKenna (1970)
Le ombre roventi (1970)
Buon funerale, amigos!… paga Sartana (1970)
…e vennero in quattro per uccidere Sartana! (1969)
Un esercito di cinque uomini (1969)
Vedo nudo (1969)
Susanna… ed i suoi dolci vizi alla corte del re
Joe… cercati un posto per morire! 1968
Il lungo giorno del massacro 1968
I barbieri di Sicilia (1967)
Play-Boy (1967)
La femme publique
Andrzej Zulawski dirige, nel 1984, Femme publique, opera complessa a tal punto da risultare indigesta ai più. Ma non ai critici, che generalmente stravedono per i film quasi incomprensibili, e che etichettano come parti geniali opere che francamente lasciano perplessi i poveri spettatori, spiazzati da continui capovolgimenti di situazioni, con immagini che si inseguono senza un filo conduttore, quasi un film nel film.
Femme publique è opera eccessiva; contorta, principalmente.
Ethel, una bellissima modella che spesso posa nuda per guadagnarsi la pagnotta, viene scritturata da un regista per una parte in un film liberamente ispirato ai Demoni, opera letteraria di Dostojevski. Lucas, il regista, si trasforma in una specie di pigmalione, e tenta di modificare sia il carattere che la personalità di Ethel, portandola attraverso un percorso fatto di parole e atti, a quella che lui ritiene la maturazione di un’artista, ovvero la trasformazione della persona in un attore slegato dalla persona stessa, che a questo punto deve annientarsi per lasciare libero sfogo proprio all’artista.
Fin qui la trama sembrerebbe semplice; in realtà tutto si ingarbuglia, perchè compaiono sulla scena un inserviente, profugo cecoslovacco Milan, la cui moglie è stata tempo addietro l’amante di Lucas. Sia la donna, sia Milan che Lucas moriranno in vari modi, così come morirà uno strano cardinale lituano in visita a Parigi: la cosa la apprendiamo dalla tv.
Lo so che riassunta in questo modo la trama sembra surreale; tuttavia il film lo è, surreale, anzi, direi strambo. l’unica cosa davvero comprensibile, almeno nella sua dinamica, è il finale, in cui Lucas improvvisamente sceglie di impiccarsi durante le riprese, quasi a simboleggiare uno dei personaggi dei Demoni.
A questo punto, quando stanno scorrendo i titoli di coda, lo spettatore viene preso dal dubbio: che sia stato preso per i fondelli?
Propendo per una risposta affermativa.
Molti critici, che osannano registi come lo Zulawski di Femme publique, si esaltano davanti a quella che sembra complessità, ma che spesso è solo delirio onanistico. Quello che il regista mostra in questo film sconclusionato e inconcludente, fatta salva la magnifica prestazione di Valerie Kapriskj, che da sola illumina lo schermo. Non tanto per le sue doti interpretative, peraltro eccellenti, quanto per le sue scene di nudo, che sono l’unico vero motivo per sorbirsi due ore di cinema che massacra le parti intime; scene di nudo che fanno venir voglia di cambiare titolo al film trasformandolo in un più consono Femme pubique.
La femme publique, un film di Andrzej Zulawski. Con Lambert Wilson, Valerie Kaprisky, Francis Huster Drammatico, durata 113 min. – Francia 1984.
Valérie Kaprisky … Ethel
Francis Huster … Lucas Kessling
Lambert Wilson … Milan Mliska
Patrick Bauchau …Il padre di Ethel
Giselle Pascal … Gertrude
Roger Dumas … André, il fotografo
Diane Delor … Elena Mliska
Jean-Paul Farré … Pierre
Olivier Achard …primo assistente
Yveline Ailhaud … Rachel
Michel Albertini … Maurice
Marianne Basler … Una giovane anarchica
Lucas Belvaux … François
Regia: Andrzej Zulawski
Sceneggiatura:Dominique Garnier.Andrzej Zulawski
Produzione:René Cleitman
Musiche:Alain Wisniak
Fotografia:Sacha Vierny
Montaggio:Marie-Sophie Dubus
Production Design :Bohdan Paczowski
Mangiati vivi
Una serie di misteriosi e raccapriccianti omicidi si abbatte sulla città di New York: un misterioso assassino, armato di una cerbottana che lancia micidiali dardi intrisi di un letale veleno estratto dalle ghiandole dei cobra, dopo aver assassinato alcune persone, muore investito da un camion.
Ivan Rassimov
Addosso all’uomo la polizia rinviene una pellicola girata dalla sorella di Sheila Morris, Diana, e la polizia convoca quindi Sheila sia per informarla della cosa sia sperando in un qualche aiuto da parte della donna. Visionando la pellicola, Sheila apprende che Diana probabilmente è entrata a far parte della Setta della Purificazione, guidata dal santone Melvyn Jonas, che ha abbandonato la civiltà per rifugiarsi in Guinea, in una zona impenetrabile, pericolosissima, sia per l’ambiente, particolarmente ostile, sia per la presenza di tribù dedite al cannibalismo.
Decisa a ritrovare sua sorella Diana, Sheila parte per la Guinea, dove conosce Mark, un ex combattente del Vietnam ora ridotto a fare la guida. Con il miraggio di un compenso molto alto, trentamila dollari, Sheila convince la riluttante guida a mettersi in cammino per la giungla. I due partono così sulle tracce di Diana; la marcia di avvicinamento al villaggio sarà un’autentica odissea, ma i veri pericoli attendono la coppia proprio nel villaggio.
Melvyn Jonas guida il gruppo dei fuggitivi dalla civiltà con mano dura e rituali pagani; per aumentare l’ascendente sulla gente, non esita a usare droghe, oltre a servirsi di alcuni nativi per scoraggiare fughe e defezioni. Sheila e Mark stessi vengono costretti all’obbedienza; la donna, drogata, viene stuprata con un fallo artificiale. Diana, riemersa dai fumi delle droghe che il santone le somministrava, chiede a Sheila di organizzare la fuga. I tre, con la collaborazione di Mownara, una donna nativa rimasta vedova, riescono a fuggire, ma devono separarsi.
Diana e Mownara, inseguite dai cannibali, vengono divorate vive, mentre Sheila e Mark, allo stremo delle forze, dopo una rocambolesca fuga inseguiti dai cannibali, riescono a saltare su un elicottero inviato alla loro ricerca. Jonas, resosi conto che a breve avrà l’esercito contro, convince i suoi seguaci a morire in un rituale di suicidio collettivo.Rientrati a New York, Sheila e Mark apprendono dello sterminio di massa; all’appello però manca proprio Jonas, che sembra essere fuggito. La donna scopre anche che Diana aveva donato tutti i loro beni al santone. Mangiati vivi ppartiene alla nutrita schiera dei cannibal movie, il genere a cui proprio Lenzi, regista del film, diede un contributo importante con il primo film che inaugurò la serie, Il paese del sesso selvaggio.
In questa pellicola utilizza nuovamente Me Me Lay e Ivan Rassimov, che avevano ben lavorato nella pellicola citata. Il film è di buona fattura, anche se purtroppo, ancora una volta, si segnala anche per la presenza di scene disgustose riguardanti l’uccisione di animali, in questo caso dei coccodrilli e dei serpenti. Il finale del film, violentissimo, ricorda la terribile storia del reverendo Jim Jones e del suicidio di massa avvenuto nella Guyana nel 1978 .
Me Me Lai
Quando Umberto Lenzi gira Mangiati vivi, l’eco della terribile storia del massacro della Guyana era ancora molto viva; il film infatti è datato 1980, quindi erano passati solo due anni dai tragici fatti di Jonestown, quando oltre 900 persone si immolarono per la follia del reverendo Jones. Il film si lascia vedere, il ritmo c’è e la sceneggiatura non perde colpi; Lenzi aggiunge anche scene piccanti, come lo stupro rituale di Mownara, oppure le scene della violenza subita da Diana ad opera dei nativi agli ordini di Jonas.
Molto crude le scene di violenza, girate con indubbia abilità, incluse le famigerate scene in cui Diana e Mownara vengono mangiate a pezzi staccati dal corpo mentre sono vive. raccapricciante la scena della mutilazione di diana, a cui viene strappato un seno e una gamba da un cannibale, che poi divora il tutto con evidente soddisfazione. Il cast, oltre ai citati Rassimov e Me Me Lai, include la bella Janet Agren, che interpreta dignitosamente Sheila Morris e Paola Senatore, che interpreta Diana. Il ruolo di Mark è affidato a Robert Kerman, che se la cava discretamente. Nel film, in una piccola parte c’è anche Mel Ferrer
Mangiati vivi, un film di Umberto Lenzi. Con Janet Agren, Mel Ferrer, Paola Senatore, Ivan Rassimov.Robert Kermann, Franco Fantasia, Me Me Lai Horror, durata 94 min. – Italia 1980. –
Robert Kerman: Mark Butker
Janet Agren: Sheila Morris
Ivan Rassimov: reverendo Melvyn Jonas
Me Me Lay: Mownara
Paola Senatore: Diana Morris
Regia: Umberto Lenzi
Sceneggiatura: Umberto Lenzi
Fotografia: Federico Zanni
Montaggio: Eugenio Alabiso
Musiche: Budy Maglione
Una lucertola con la pelle di donna
Il sogno si mescola alla realtà, creando un groviglio inestricabile in cui è praticamente impossibile capire cosa sia veramente accaduto in casa Durer, sopratutto che ruolo abbia avuto Carol Hammond nella vicenda, una donna elegante, bella e sensuale. Lo scenario è una Londra inusuale, così come sono inusuali i personaggi di questo film: atmosfera di sospetto, pazzia, perversione, sembrano avvolgere i personaggi, rendendoli più simili a casi psichiatrici che a persone normali, quelle persone con una vita normale, con una famiglia normale e con un lavoro che li attende la mattina.
Florinda Bolkan è Carol, Anita Strindberg è Julie
Ma Carol, Julia, Jean e gli altri non sembrano affatto normali: o forse lo sono, ma in una dimensione diversa da quella che noi conosciamo.
Carol Hammond, bella e affascinante, si reca da uno psichiatra, il dottor Kerr e gli racconta delle sue strani visioni; la notte è tormentata da sogni onirici, i cui vede la vicina di casa, la bellissima e disinibita Julie Durer, impegnata con lei in strani giochi erotici, che culminano con un rituale assassinio finale, in cui Carol, armata di coltello, uccide la donna.
Frammenti di sogno?
Per lo psichiatra la soluzione è nel complesso rapporto di invidia/gelosia che Carol prova verso la donna, e liquida il tutto come un normalissimo e banale gesto liberatorio, in cui Carol sfoga solo virtualmente con la violenza il suo istinto latente.
Ma le cose non sono affatto così semplici, e difatti qualche giorno dopo la bella Julie viene trovata uccisa proprio con le modalità indicate da Carol nel sogno. E’ lei l’assassina?
Per l’ispettore Corvin non ci sono dubbi: la presenza sullo scenario del delitto di una pelliccia e di un fermacarte che appartengono a Carol sono elementi sufficienti per indicare nella donna l’autrice del delitto. Ma durante le indagini, subito dopo l’incriminazione di Carol, ecco comparire vari personaggi che in qualche modo potrebbero essere coinvolti nell’omicidio e che potrebbero aver avuto un valido movente per compiere il delitto accusando Carol del crimine.
C’è suo marito, Frank, che ha una relazione adulterina, c’è Deborah, l’amante di Frank, c’è Joan la figlia di Frank quindi la figliastra di Carol, che ha uno strano legame con degli hippy che sembrano essere stati testimoni dell’omicidio, c’è il padre di Carol…..
Tutti, in qualche modo, sembrano avere delle motivazioni che potrebbero aver portato uno di loro a compiere l’omicidio.
Per quanto poco persuaso dal racconto di Carol, l’ispettore Corvin prosegue le sue indagini, non tralasciando alcuna pista.
Pazientemente, Corvin ricostruisce tutti i tasselli della vicenda, e alla fine conferma l’ipotesi iniziale: a uccidere Julie è stata proprio Carol, legata da un morboso e torbido rapporto alla donna.
La stessa Carol ha costruito abilmente il sogno, le varie combinazioni che si susseguono nel film, anticipando una difesa difficilmente smontabile, non fosse stato per l’arguzia dell’ispettore.
Il film di Fulci, girato nel 1971, mette tanta carne al fuoco, probabilmente troppa.Però va detto subito che l’impianto narrativo è di prim’ordine, anche se si fa fatica a capire il simbolismo di molte scene, in cui la realtà finisce per assomigliare al sogno, in cui verità e menzogna si mescolano in un groviglio in cui appare impossibile orientarsi.
Il fascino del film è sostanzialmente questo: sappiamo come avviene l’omicidio, vediamo Carol commetterlo, ma prendiamo per buono il racconto della donna allo psichiatra e iniziamo a sospettare di tutti.
Anita Strindberg
Invece, alla fine,la verità è banale, ed era sotto gli occhi di tutti.
Nessun intuito paranormale, nessuna visione premonitrice, ma la banalità assoluta di una mente deviata che organizza diabolicamente un omicidio che ha un solo punto debole, che alla fine farà crollare miseramente tutto il piano
Se il film ha dei punti deboli strutturali, Fulci, con il suo grande mestiere, riesce a mascherarli, unendo alcune situazioni presenti nei nuovi canoni del thriller all’italiana ( sesso morboso, scene splatter come quella dei cani) alla potenza delle immagini sia reali che sognate, rendendo in pratica impossibile il distinguere una strada vera e univoca della storia.
Scena memorabile quella del laboratorio con i cani squartati e legati, con il cuore in prima vista, scoperti da Carol; un trucco magnifico che costò a Fulci la denuncia per maltrattamenti su animali.
Pubblicità gratuita per l’inventore delle scene, il grande Rambaldi, che iniziò così a diventare famoso come creatore di particolari effetti speciali.
Il cast se la cava con diligenza; bene la Bolkan nel ruolo dell’imperscrutabile Carol, bene Anita Strindberg in quello di Julie.
Il quadro delle presenze femminili è completato da altre due splendide donne, l’altera Silvia Monti nel ruolo di Deborah e l’esile e acerba Ely Galleani in quello di Joan
Cast maschile di secondo piano, sia rispetto alla storia narrata sia all’effettivo valore della recitazione;asciutto e compassato Stanley Baker nel ruolo dell’ispettore Corvin, inapuuntabile Jean Sorel nel rulo di Frank.
Una lucertola con la pelle di donna. Un film di Lucio Fulci. Con Florinda Bolkan, Leo Genn, Jean Sorel, Stanley Baker, Franco Balducci.Georges Rigaud, Gaetano Imbrò, Ezio Marano, Silvia Monti, Anita Strindberg,Ely Galleani
Titolo inglese; Lizard in a woman’s skin Giallo, durata 91 min. – Italia 1971.
Florinda Bolkan … Carol Hammond
Stanley Baker … Ispettore Corvin
Jean Sorel … Frank Hammond
Silvia Monti … Deborah
Alberto de Mendoza … Sergente . Brandon
Penny Brown … Jenny (ragazza hippy)
Mike Kennedy … Hubert (ragazzo hippy)
Ely Galleani … Joan Hammond
George Rigaud … Dr. Kerr
Ezio Marano … Lowell (Uomo della scientifica)
Franco Balducci … McKenna
Luigi Antonio Guerra … Poliziotto
Erzsi Paál … Signora Gordon
Gaetano Imbró … Poliziotto
Leo Genn … Edmond Brighton
Regia: Lucio Fulci
Soggetto: Lucio Fulci, Roberto Gianviti
Sceneggiatura: Lucio Fulci, Roberto Gianviti, José Luis Martinez Molla, André Tranché
Produttore: Edmondo Amati
Produttore esecutivo: Renato Jaboni
Casa di produzione: Apollo Films, Atlantida Films, Les Films Corona
Fotografia: Luigi Kuveiller
Montaggio: Jorge Serralonga, Vincenzo Tomassi (supervisione)
Effetti speciali: Carlo Rambaldi, Eugenio Ascani
Musiche: Ennio Morricone
Scenografia: Román Calatayud, Nedo Azzini, Maurizio Chiari
Costumi: Maurizio Chiari
Trucco: Franco Di Girolamo, Gloria Fava
L’infermiera nella corsia dei militari
Grazia, giovane e bella cantante, più che brava, procace, ha una relazione con Johnny, il gestore un tantino losco del night nel quale lavora. L’uomo le chiede di fingersi un’infermiera, per poter recuperare due quadri appartenuti a sua madre, rubati e ora nascosti all’interno della clinica psichiatrica del professor Larussa. Così Grazia entra nella clinica,dove ovviamente abbondano i fuori di testa, inclusi i classici generali e il pittore con qualche dote.
Lino Banfi è il Professor Larussa
La donna è costretta anche a difendersi dalle lunghe mani dei pazienti, oltre che a doversi guardare dal professor Larussa, un uomo che ha problemi con la moglie, che crede frigida. Dopo diverse peripezie, Grazia rintraccia i due famosi quadri, proprio nella stanza di peppino, il pittore fuori di testa. scopre però che non si tratta di due quadri della madre di Johnny, ma di due preziosissimi Caravaggio, rubati, ovviamente.
Alvaro Vitali è il pittore pazzo
Scopre anche che Johnny non ha alcuna intenzione di farla diventare una cantante famoa, ma che intende vendere i quadri e scappare in America con la sua amante. Grazia, così, con l’aiuto dell’assistente di larussa, sventa il piano. Non diventerà una cantante famosa, in compenso troverà l’amore.
Mariano Laurenti, autore di questo L’infermiera nella corsia dei militari, ha diretto, nel corso della sua carriera, una cinquantina di film, quasi tutti appartenenti alla commedia sexy:
Nelle due foto: Nadia Cassini è Grazia
sono suoi alcuni titoli di culto, come Quel gran pezzo dell’Ubalda, La vedova inconsolabile ringrazia quanti la consolarono e Il vizio di famiglia. Lasciata la Fenech, Laurenti punta sulla Cassini, sicuramente molto meno dotata di capacità artistiche, ma fisicamente splosiva, grazie al corpo perfetto. Inserisce nel cast l’onnipresente e bravo Banfi, lo mescola a Alvaro Vitali, Susan Scott, Karin Schubert e Carmen Russo e tira fuori una gradevole commediola, assolutamente insolita nel desolante panorama di fine anni settanta.
Siamo infatti nel 1979, e la crisi del cinema è ormai esplosa a livello quasi mondiale; la stessa commedia sexy ha ormai pochi proseliti, tuttavia Laurenti gira un film in cui qualche risata la si fa, anche se ovviamente siamo al livello tipico di questi film. Tuttavia non è un prodotto da bocciare in toto, non fosse, come già detto, per le discrete battute, una trama una volta tanto non basata solo sulle gag, e per il best cast al femminile che il film propone. Certo, chiedere alla Cassini o a Carmen Russo di recitare è davvero troppo, tuttavia in una pellicola di questo tipo si può sorvolare, accontentandosi di ammirare le perfette forme delle due attrici, di ridacchiare con Banfi e Vitali, il che, con i tempi che correvano nel 1979, non era cosa da poco.
Susan Scott (Nieves Navarro) è Veronica Larussa
L’infermiera nella corsia dei militari , un film di Mariano Laurenti, con Lino Banfi, Nadia Cassini, Paolo Giusti, Enzo Andronico,Elio Zamuto, Karin Schubert,Susan Scott, Gino Pagnani, Alvaro Vitali, Carmen Russo
Commedia, durata 88 min. – Italia 1979.
Nadia Cassini … Grazia Mancini
Lino Banfi … Prof. Amedeo La Russa
Paolo Giusti … Prof. Santarelli
Karin Schubert … Eva
Elio Zamuto … John
Renato Cortesi … Ugolini
Marcello Martana Moretti
Gino Pagnani … Ottavio
Ermelinda De Felice … Suor Fulgenzia
Enzo Andronico … Cav. Galeazzo Gedeone
Carmen Russo … Modella
Alvaro Vitali …. Peppino, Il pittore pazzo
Jimmy il Fenomeno … Il guardiano
Luigi Uzzo … Gustavo – male Nurse
Vittoria Di Silverio L’amante di Johnny
Susan Scott (Nieves Navarro) Veronica Larussa
Regia: Mariano Laurenti
Soggetto: Mariano Laurenti, Francesco Milizia
Sceneggiatura: Mariano Laurenti, Francesco Milizia
Fotografia: Federico Zanni
Montaggio: Alberto Moriani
Musiche: Gianni Ferrio