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La vestale di Satana

La vestale di satana locandina

Valeria e Stefano sono due giovani sposi in viaggio per l’Inghilterra; provengono dalla Svizzera e hanno attraversato il Belgio per raggiungere la costa e imbarcarsi.
Arrivati ad Ostenda i due coniugi, dietro pesanti insistenze di Stefano, si fermano in un albergo nel quale è alloggiata la contessa Elisabeth Bathory accompagnata dall’enigmatica segretaria Ilona.
Il concierge dell’albergo rivela ai due coniugi di conoscere la contessa; a suo giudizio è la stessa donna che ha alloggiato nell’hotel 40 anni prima, che per qualche inesplicabile motivo dimostra sempre un’età indefinibile, attorno ai 30 anni.
La contessa inizia a mostrare un certo interesse per Valeria, che accetta con disagio e riluttanza le evidenti intenzioni della contessa; nel frattempo alcuni inspiegabili fatti di sangue accadono nei dintorni.
Quattro ragazze vengono ritrovate morte, tutte completamente dissanguate.

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Stefano e Valeria arrivano nell’hotel

Poco alla volta l’ipnotica contessa riesce ad avere la meglio sulle resistenze della ragazza, aiutata anche da un inspiegabile gesto di violenza di Stefano: Elisabeth seduce la giovane Valeria e riesce a sconvolgere la ragazza mostrandole il marito che tenta di sedurre Ilona.
La quale, però, non ha accettato la corte dell’uomo perchè interessata a lui, ma solo dietro ordine della contessa.
Nel tentativo di sfuggire all’uomo, Ilona muore accidentalmente, e sia Elisabeth sia Valeria lo aiutano ad occultare il cadavere.
A questo punto Stefano vorrebbe lasciare il Belgio, ma è la moglie a non voler partire, ormai completamente soggiogata dalla contessa.

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Andrea Rau è Ilona, la segretaria della contessa

La vestale di satana 2Delphine Seyrig, la  Contessa Elisabeth Bathory

Le due donne lo uccidono e ne bevono il sangue, poi decidono di partire all’imbrunire, per evitare il sorgere del sole che avrebbe effetti letali su di loro.
Ma durante il viaggio l’auto con a bordo le due donne sbanda e la contessa muore infilzata da un palo; sarà la sola Valeria, sopravvissuta all’incidente, a tentare di trovare nuovo sangue con cui alimentarsi.
Infatti la Contessa, emula dell’antenata omonima Bathory, era riuscita a trovare il segreto dell’eterna giovinezza bevendo il sangue delle fanciulle, che poi lasciava morte.

Ennesimo rifacimento delle tragiche avventure della Contessa Bathory, la più grande serial killer della storia responsabile della morte di un numero imprecisato di ragazze (tra le 500 e 700 vittime) nel periodo a cavallo tra
il 1580 e il 1614, anno della sua morte.
La vestale di Satana, conosciuto all’estero come Les lèvres rouges (titolo originale) e Daughters of Darkness (Usa e altri paesi), è in realtà il primo dei film dedicato alle gesta della contessa Dracula, come venne soprannominata subito dopo la sua morte.
A dirigere il film troviamo il regista Harry Kümel, praticamente sconosciuto in Italia fatto salvo un breve documentario sull’attrice Claudia Cardinale.

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Usando una sceneggiatura essenziale e senza fronzoli, con dialoghi scritti da Jean Ferry, un prolifico writer con all’attivo già una ventina di adattamenti, Kümel crea un film dall’atmosfera rarefatta e morbosa, senza tuttavia eccedere con l’erotismo o con il gore.
Il film è essenzialmente d’atmosfera, elegante e a tratti molto raffinato: la storia della contessa e del suo legame proibito con il mito dell’eterna giovinezza, rafforzato da quella discendenza mortale dalla contessa Dracula, regge perfettamente per tutto il film, caratterizzato anche da dialoghi mai banali ed essenziali.
In ciò il regista è aiutato, oltre che dalla geometrica potenza delle immagini e da una fotografia impeccabile, dalla buona vena degli attori; a cominciare da quella impeccabile di Delphine Seyrig, attrice non famosissima ma dal curriculum di tutto rispetto, che include film come L’anno scorso a Marienbad, La via lattea e Il fascino discreto della borghesia.

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L’attrice di origine libanese, morta prematuramente nel 1990 all’età di 58 anni, tratteggia in maniera misurata ed elegante il personaggio della discendente di Elizabeth Bathory, rendendo la sua interpretazione di gran lunga la migliore dei pur tanti cloni del film.
Molto brava anche Daniele Ouimet, la debole Valeria che raccoglierà l’eredità sanguinaria della Contessa, così come bravissima è Andrea Rau, l’enigmatica Ilona che morirà banalmente nel tentativo di disobbedire alla contessa, sfuggendo alla corte di Stefano.

Personaggio interpretato con disinvoltura da John Karlen, attore in seguito specializzato in fiction tv (lavorerà, tra l’altro nelle serie Tenente Kojak e saranno famosi).
Il personaggio dell’inquietante concierge dell’albergo è interpretato da Paul Esser; il film non conta molti attori, anche perchè è incentrato quasi esclusivamente sul rapporto morboso che si viene a creare ta Elizabeth e Valeria, con sullo sfondo la maledizione dell’eterna giovinezza causa della morte di tanti innocenti.

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La vestale di Satana non è da considerare un horror, quanto piuttosto un thriller psicologico a sfondo horrorifico; ed è sicuramente il migliore dei film dedicati alla Contessa Dracula, come già detto.
Serie di film che include anche una parte dei Racconti immorali di Borowzick, l’elegante film in cui il ruolo della contessa è interpretato dalla figlia del grande Pablo Picasso, Paloma,  il film diretto da Grau Le vergini cavalcano la morte, debole e confuso, oppure il buon La morte va a braccetto con le vergini, con Ingrid Pitt nel ruolo della contessa ed infine Stay alive diretto da William Brent Bell nel 2005
Un film particolare, che a tratti può sembrare anche monotono o eccessivamente freddo, ma che ha dalla sua il fascino di una regia abilissima.

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La vestale di Satana, un film di Harry Kumel. Con Delphine Seyrig, John Karlen, Andrea Rau, Paul Esser. Titolo originale Les Lèvres rouges. Horror, durata 100 min. – Belgio 1971

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La vestale di satana banner personaggi

Delphine Seyrig    …     Contessa Elisabeth Bathory
John Karlen    …     Stefano
Danielle Ouimet    …     Valeria
Andrea Rau    …     Ilona Harczy
Paul Esser    …     Concierge
Georges Jamin    …     Poliziotto in pensione
Joris Collet    …     Maggiordomo
Fons Rademakers    …     Madre

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Regia di Harry Kümel
Scritto da Pierre Drouot,Harry Kümel, Jean Ferry (dialoghi)
Prodotto da:
Paul Collet    ….     produttore
Pierre Drouot    ….     produttore associato
Alain C. Guilleaume    ….     produttore associato
Henry Lange    ….     produttore
Musiche originali di François de Roubaix
Costumi di Bernard Perris

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In un albergo di Ostenda una bella sposina si ritrova a spartire le location con una piacente e lesbica signora, quest’ultima accompagnata dalla cameriera-amante. Pellicola quantomeno unica nel panorama horror dei primi Anni Settanta: per via della suggestiva ambientazione e per una tematica, insolitamente, femminista e omoerotica in tal direzione. Collocato nella tradizionale vena fantastica di matrice belga, sulla scia di Magritte, Delvaux, Wiertz e Khnopff, ha una struttura gelida, fredda e stilizzata vivacizzata, però, dall’inserimento di elementi commerciali quali nudo, sangue e violenza.
I gusti di Undying

Monotono e sanguinoso vampiresco ispirato alla leggenda della contessa Bathory, che si distingue unicamente per la fotografia luminosa e rosseggiante e per un pre-finale in cui il ruolo di Van Helsing viene svolto… dal fato. Il resto si riduce ad un lesbismo di bassissima lega condotto dalla Sewell, vampira ben poco intrigante a dispetto dell’aura enigmatica alla Baba Yaga.

Horror a due facce: a una parte narrativa bolsa, poco originale e a tratti anche abbastanza noiosa, se ne contrappone invece una registica che risulta essere abbastanza riuscita e raffinata anche se, naturalmente, non ci troviamo certo dinanzi a qualcosa di eccezionale. In definitiva un film dignitoso che si lascia guardare ma nulla di più.

Buon film vampirico, con protagonista la contessa-vampiro Bathory (interpretata in modo regale da Delphine Seyrig), che seduce la ragazza di una coppia di giovani sposini. Nonostante la durata molto lunga, il film non annoia neanche per un minuto, vi è molta atmosfera e la scenografia dell’hotel vuoto funziona alla perfezione. Ottimo anche il cast di contorno e la scena sulla spiaggia. Da vedere assolutamente.

Curioso horror vampiresco con venature erotiche. Il ritmo per tutta la prima parte è lentissimo e nel secondo tempo le cose migliorano solo parzialmente. Però la regia possiede una stile e una raffinatezza notevoli e la fotografia, che ricorda alcuni film di Mario Bava, è eccellente. Poi c’è una particolare atmosfera, tipica di alcuni horror dell’epoca, che rende il tutto piuttosto interessante e che riesce, anche se solo in parte, a tenere lontana la noia. Bravi gli attori e suggestive le musiche. Consigliato.

Vampirico particolarissimo, con una indubbia riuscita ambientazione ed una recitazione più che discreta. Ci sono elementi classici del vampirico 70 quali l’ omosessualità, in questo caso indirizzata all’emancipazione della sessualità della donna dal potere dell’uomo. Si inverte quindi la linea, ma alla fine l’uso strumentale della passione c’è sempre. Ci sono momenti davvero forti, come il fattaccio nel bagno, con la vampira sofferente sotto la doccia per colpa della violenza del suo amante. Alla fine risulta tra i più originali del genere, da vedere!

A mio avviso è leggermente inferiore all’altro capolavoro horror del belga Kumel, “Malpertuis”, tuttavia rimane uno dei più raffinati ed eleganti film di donne-vampiro mai realizzati. Delphine Seyring è una “contessa Dracula” di gran classe, algida ed ironica al contempo. Davvero incantevole Andrea Rau: minigonna, labbra rosse e un caschetto di capelli neri che la fa sembrare la Valentina di Crepax capitata (ma non “per caso”) in un’intrigante ed ambigua avventura soprannaturale. Assolutamente da vedere.

Horror erotico di grande impatto. Bella la musica inquietante che lo accompagna. Interessante il riferimento al voyeurismo del protagonista, che si ferma curioso mentre portano via il cadavere di una giovane donna e viene… immortalato. Delphine Seyrig giganteggia.

marzo 31, 2011 Posted by | Horror | , , , | 4 commenti

Emanuelle, perchè violenza alle donne?

Emanuelle perché violenza alle donne locandina

Durante uno dei suoi tanti viaggi in giro per il mondo per realizzare servizi fotografici di vario genere, Emanuelle si ferma in un albergo dove viene salvata da un tentativo di violenza sessuale da Malcom, un funzionario di un’agenzia governativa che si occupa di aiuti ai paesi poveri; i due fraternizzano ma devono lasciarsi per i rispettivi impegni.
Nella hall, Emanuelle incontra la sua vecchia amica Cora, anch’essa impegnata in un difficile reportage; la donna infatti sta girando per il mondo allo scopo di documentare la condizione femminile e la violenza esercitata a tutte le latitudini sulle donne.

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Laura Gemser, la reporter Emanuelle

Sarà proprio Emanuelle a scoprire come il lavoro di Cora sia attuale e terribilmente pericoloso; mandata in India per un servizio fotografico e documentaristico su una specie di santone che propaganda una strana religione sui rapporti sessuali e sul sistema per renderli infiniti, Emanuelle lo sbugiarda pubblicamente, ma prima di tornare in patria ha modo di consolarsi con una giovane e bella ragazza, Mary.
Emanuelle, notoriamente bisessuale, ha una breve relazione con la ragazza, che le racconta una terribile storia di soprusi e violenze subite.
Riagganciata Cora, decide di accompagnarla nel viaggio che la donna sta facendo per documentare le violenze.
Giunte a Roma, le due amiche hanno modo di mettersi nei guai, mentre indagano su una misteriosa organizzazione che rapisce giovani ragazze per destinarle ai bordelli dell’estremo oriente; Cora ed Emanuelle però vengono rapite e farebbero una brutta fine se non venissero salvate in extremis da Jeff, un amico della reporter.

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Brigitte Petronio, la giovane Mary

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Ma la banda non ha intenzione di mollare e riesce ad arrivare nuovamente a Cora, che viene seviziata e violentata da alcuni adepti dell’organizzazione.
Nonostante tutto, Cora riparte per l’Oriente sempre accompagnata dall’inseparabile reporter, che vivrà con lei una nuova pericolosa avventura, prima di tornare a casa e scoprire che anche negli States il fenomeno è purtroppo diffusissimo.
Emanuelle perchè violenza alle donne?, distribuito negli Usa con il titolo più appropriato di Emanuelle Around the World, è il quarto film della serie dedicata alla bella reporter di colore Emanuelle ed è il terzo diretto da Aristide Massaccesi che ancora una volta usa il suo nome d’arte Joe D’Amato.

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Il successo delle sue due pellicole precedenti, Emanuelle nera – Orient Reportage (1976) e Emanuelle in America (1976) permise a Massaccesi l’utilizzo di un budget più ampio, che il regista romano utilizzò principalmente per rendere ricche le location, trasportando la protagonista, l’affascinante venere nera Laura Gemser attraverso tre continenti ovvero Europa, America e Asia e ben quattro metropoli, come Roma, New York, Hong Kong e Nuova Delhi.

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Il meccanismo è lo stesso dei due film precedenti, quindi una miscela di erotismo e  violenza nella quale si inserisce il classico “pistolotto” moraleggiante che però suona tanto come espediente per accalappiare gonzi.
Questa volta D’Amato affianca alla Gemser oltre alla Schubert la giovane Brigitte Petronio, l’occasionale amante saffica immancabile nei film della serie Emanuelle nera (ricordiamo la Galleani e la De Selle, per esempio)
Film diretto con una certa cura e attenzione ai particolari, Emanuelle perchè violenza alle donne? ha il grosso demerito di cambiare spesso e caoticamente la storia, rendendola quanto meno improbabile e sopratutto farraginosa e tirata per i capelli.

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Ma al solito D’Amato non sembra affatto preoccupato di dare un senso alla sceneggiatura, quanto mostrare visivamente il solito campionario di scelleratezze unite ad un erotismo molto pronunciato, vero trademark del regista.
La violenza la fa da padrona, così come l’eros; al solito, il film ebbe due versioni, una più pulita e l’altra con inserti hard core abbastanza mediocri.
La versione “pulita” ebbe comunque grossi problemi con la censura per la presenza delle famose scene di violenza e delle scene dell’orgia, anche prive degli inserti erotici.
Per quanto riguarda il cast, gli attori fanno con diligenza la loro parte.

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Bene come al solito la Gemser, non ancora caratterizzata da quel dimagrimento che in seguito le dette un’aria sofferente e patita; la sua Emanuelle è conturbante e sexy, la sua capacità recitativa resta sufficiente.
Molto bene anche Karin Schubert che interpreta Cora.
La sequenza dello stupro sembra quasi reale, e dispiace pensare che Karin che pure era una buona  attrice abbia poi sceso la china così velocemente e in maniera così traumatica.

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Karin Schubert (Cora)

Spazio anche alla bionda ed efebica Brigitte Petronio, starlette poco valorizzata che nel film interpreta la giovane Mary, che ha subito sul suo corpo la violenza maschile e che ha una breve ed intensa relazione saffica con Emanuelle, così come apprezzabile è Ivan Rassimov una volta tanto non penalizzato dal solito ruolo del duro e cattivo. Così così George Eastman nel ruolo del guru fregnone, bene Gianni Macchia in quello dell’emiro che salva da una brutta fine Emanuelle.
Se il film non è da annoverare tra i film indimenticabili, ha dalla sua tuttavia qualche buon guizzo, a patto di chiudere un occhio sull’abitudine di Massaccesi di voler ad ogni costo strizzare l’occhio al messaggio moralistico del film.
Se si vuol fare un’opera di denuncia,non la si costella di scene erotiche fine a se stesse.
Il solito vizio del regista romano, costretto a ciò anche dalla furbizia dei produttori che, afferrato il filone giusto, non chiedevano altro al regista che usare il suo indubbio talento per agganciare una parte di pubblico poco interessato ai discorsi sociali e molto più ai nudi femminili e alle atmosfere torbide.

Emanuelle: perché violenza alle donne? un film di Joe D’Amato. Con George Eastman, Don Powell, Karin Schubert, Ivan Rassimov, Laura Gemser, Gianni Macchia, Marino Masé, Paola Maiolini, Brigitte Petronio
Erotico, durata 90 min. – Italia 1977.

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Emanuelle perché violenza alle donne protagonisti

Laura Gemser: Emanuelle
van Rassimov: Malcolm Robertson
Karin Schubert: Cora Norman
Don Powell: Jeff Davis
George Eastman: il guru
Brigitte Petronio: Mary
Al Thomas: eunuco
Aristide Massaccesi: Caleb
Marina Frajese: partecipante all’orgia
Rick Martino: partecipante all’orgia

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Regia     Joe D’Amato
Soggetto     Maria Pia Fusco
Sceneggiatura     Maria Pia Fusco
Produttore     Fabrizio De Angelis
Casa di produzione     Embassy Productions S.p.A.
Distribuzione (Italia)     Fida Cinematografica
Fotografia     Aristide Massaccesi
Montaggio     Vincenzo Tomassi
Musiche     Nico Fidenco
Scenografia     Maurizio Dentici

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Terza pellicola del ciclo dedicato alla disinibita reporter, qui in viaggio per il globo terracqueo tra Stati Uniti, Italia e Hong Kong, impegnata a sventare un traffico “internazionale” di schiave bianche, spesso sottoposte a vere e proprie sessioni di tortura. Nel suo peregrinare svergogna, per tramite del proprio corpo, un falso ­santone indiano, ideatore/propugnatore del coito prolungato. Forse il più maschilista/cinico (e pornografico) dell’intera serie, curiosamente sceneggiato anche da mano femminile.

Buon film del filone esotico/erotico di Emanuelle, la splendida Laura Gemser… La trama è suppergiù sempre quella, con la bella fotoreporter giramondo coinvolta in qualche losco intrigo più grosso di lei. Ovviamente è tutto un pretesto per mostrare scene erotiche, e per i mercati esteri anche hard-core. Un prodotto comunque più che dignitoso, che non annoia ed anzi fa passare i canonici 90 minuti in tutta tranquillità. Certo, con Joe D’Amato alla regia almeno un momento splatter non poteva mancare… e difatti non manca: vedere per credere.

Così così. Le scene erotiche sono ottimamente realizzate e quelle di tortura sono molto efficaci. Peccato che questi due elementi, uniti, finiscano per stonare. La sceneggiatura è mediocre come al solito, ma la buona regia di Massaccesi riesce a salvare il salvabile. Non male il cast: bellissima come sempre la Gemser, stesso discorso per la Schubert, bravo Rassimov e cultissimo George Eastman. Splendida la colonna sonora, la migliore realizzata per la serie insieme a quella di Emanuelle in America.

Le pericolose scorribande erotiche per il mondo di una famosa reporter, implicata in pericolosi giri d’affari fatti sulla pelle delle donne. Costumi, scenografia e fotografia (ovviamente..) di gran classe, sceneggiatura così così.. A volte la confusione si trasforma in noia e il prodotto perde carattere. Scene erotiche ben fatte, moderatamente spinte, con un paio di inserti hardcore marginali e piuttosto inutili (almeno nella versione visionata). La componente violenta scaturisce potente e in alcune occasioni davvero estrema, ma stiamo parlando del D’Amato!

Interessante. Questo personaggio di reporter-detective che indaga sul fenomeno della tratta delle bianche calza a pennello a una donna come Emanuelle, la cui concezione del sesso -ludica e scanzonata- è effettivamente agli antipodi rispetto ad ogni forma di violenza o di mercimonio. Dunque, è una storia che ha una buona coerenza interna. Le locations (Roma, la Thailandia, l’India, New York) sono ben utilizzate: Paese che vai usanza che trovi, soprattutto rispetto agli usi e costumi sessuali! Non monotono, buone musiche e, complessivamente, ottimo look!

IL titolo è chiaro, ma quello inglese (“The degradation of Emanuelle”) lo è ancora di più: sulla falsariga del precedente seguiamo la fotoreporter Emanuelle sulle tracce di un esclusivo mercato nero di sfruttamento delle donne. Autentiche perle del trash massaccesiano, su tutte la scuola di sesso diretta dallo scaricatore di porto Eastman nei panni di un improbabilissimo guru indiano (che predica il ritardo dell’orgasmo ma al dunque non si trattiene manco lui). Sul piano erotico/hard aumenta la vena sgradevole. Interessante e ben realizzato.

Visto nella versione hard del dvd polacco (meno completo, pare, di quello della Severin). Pellicola gradevolissima con la splendida Laura Gemser e una buonissima regia di Joe D’Amato. A dispetto di altri titoli del filone, nonostante la trama sia semplice qui (almeno io) ho trovato un po’ di confusione nel finale e quindi non sono rimasto del tutto soddifatto. Meglio altri capitoli della saga.

In questo episodio la bella Emanuelle, con la scusa dei reportage scandalistici, crea un’alleanza di ferro con la giornalista Cora Norman (una divina Karin Schubert) e riesce a sgominare una banda internazionale di farabutti dedita alla tratta delle bianche, da Roma ad Hong Kong. Nel mezzo una love story con un diplomatico Rassimov, una puntatina in India per toccare con mano le teorie sul coito prolungato di un presunto santone (un mitico Montefiori!) e nel finale uno stupro a New York. Vedibile ma poco coinvolgente rispetto ad altri capitoli.

Il più fresco, colorato e scanzonato della serie di Emanuelle. Memorabile il “guru” interpretato da Luigi Montefiori, ma ci sono anche altri momenti molto divertenti e nel complesso il film non risulta noioso pur essendo privo degli eccessi che fanno storia visti in “in America” e nel successivo “e gli ultimi cannibali”. Il film, co-sceneggiato da Maria Pia Fusco, ha anche un certa dignità sul piano della denuncia sociale, pur diluita nella commercialità e nell’eros venduto al chilo tipico delle opere del buon Massaccesi.


marzo 29, 2011 Posted by | Erotico | , , , , , , | 2 commenti

Nerone

Nerone locandina

L’imperatore Nerone è odiato da tutti: dai cristiani che lo accusano di aver fatto bruciare Roma e di aver addossato loro la colpa, dalla madre Agrippina perchè ha nominato senatore un suo avversario politico e dalla moglie Poppea perchè non le affida la parte di Elena di Toria in una rappresentazione teatrale scritta dallo stesso imperatore.
Così, grazie ad una congiura orchestrata da alcuni senatori e con la complicità dell’infido Tigellino, capo dei pretoriani dello stesso imperatore, Agrippina riesce a far rinchiudere in un manicomio Nerone, che ne viene liberato solo grazie all’amico Petronio e con l’aiuto di una bella cristiana convertitati al paganesimo, Nenè.
Così, il tentativo di mettere sul trono il generale Galba, affetto da fastidiosi problemi fisici come le emorroidi fallisce e Nerone riesce a tornare sul trono, non prima di essersi spacciato per Gesù davanti ad un Pietro molto più vicino ad un allocco che alla figura carismatica del capo della cristianità.
Diretto da Castellacci e Pingitore, alla loro seconda e ultima prova di regia in coppia dopo il discreto successo di Romolo e Remo storia di due figli di una lupa, Nerone è una parodia in stile burlesque o anche in puro stile avanspettacolo, realizzato nel 1977 con l’ausilio di un cast di assoluto livello ma con un risultato finale appena sufficiente.
Se l’idea di base, il cast e la formula della storia riadattata con enormi asincronismi temporali può sembrare azzeccata, il film che pure parte con qualche felice battuta e qualche gag che smuovono il sorriso ben presto si spegne in una lunga sequela di banalità, a cui invano i due registi tentano di porre rimedio affidando ai vari attori canzoncine e battute lampo che però risultano piatte e poco divertenti.
Colpa di una sceneggiatura da avanspettacolo, quindi inadatta ai tempi cinematografici, colpa anche di troppe banalità nelle battute, alcune delle quali appaiono grossolane e sconce.

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 Pippo Franco e Bombolo

E colpa anche di una certa blasfemia che serpeggia nel film, che appare davvero gratuita e poco divertente, tra l’altro.
Il film parte con una sequenza in cui Nerone, interpretato da un romanaccio doc come Pippo Franco scambia due battute con Atte: ” A Nerò, che vuoi la lira?” ” Beh, mejo de gnente” e prosegue sulla stessa falsariga, con scambi di battute surreali, come quella con Bombolo :”certo che l’alloro è una grande invenzione” “specie co’ i fegatelli”
Il livello del film è questo, tuttavia non mancano sprazzi di comicità e di divertimento.

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Paola Borboni

Tra una battuta e una canzoncina, spesso in rima, il film prosegue con vivacità, alternando momenti felici (il bagno di Poppea, la sequenza al manicomio) a momenti di stanca.
Tuttavia, alla fine, non si resta completamente delusi.
Merito sopratutto di un cast che raccoglie attori molto bravi, quelli che con un brutto termine erano definiti “caratteristi”e merito anche delle due bellezze protagoniste del film, la ex soubrette Paola Tedesco che interpreta la cristiana convertita Nenè e Maria Grazia Buccella, deliziosamente svampita nel ruolo dell’imperatrice Poppea.

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Enrico Montesano

Nel film compaiono anche un bravo Enrico Montesano nel ruolo di Petronio Arbitro, con tanto di erre moscia e vestito ovviamente di tutto punto e con un anacronistico cappello, Oreste Lionello nel ruolo di un Seneca filosofo futurista dai dialoghi quasi demenziali, che parla una stranissima lingua un pò burina, un pò romana e tanto british de noantri.

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Due fotogrammi con Paola Tedesco

Troviamo ancora la stella del cinema muto Paola Borboni, che interpreta Agrippina, madre di Nerone e ispiratrice della congiura che porterà l’imperatore stesso in manicomio e che si segnala per un’audace scena a seno nudo, mostrato alla bella età di 77 anni; c’è l’immancabile Gianfranco D’Angelo nel ruolo di Tigellino, stravagante e anche lui caratterizzato da una stoltezza quasi commovente.

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“Non sono più cristiana, sono diventata pagana: ecco la prova”

C’è spazio per Paolo Stoppa, un San Pietro rivoluzionario, quasi comunista e anarcoide che alla fine verrà beffato da Nerone, c’è Aldo Fabrizi nel suo penultimo film, che interpreta il generale Galba affetto da problemi fisici fastidiosissimi come le emorroidi, c’è Marina Marfoglia nel ruolo di Atte (storicamente amante di Nerone).
Ancora, completano il cast in ruoli minori Bombolo (Roscio), aiutante squinternato di Nerone, Massimo Dapporto in una particina e infine la futura soubrette Carmen Russo in una breve sequenza in cui mostra il suo celebre seno.
Un film assolutamente scacciapensieri, probabilmente non riuscito ma in grado di strappare qualche momento di ilarità.

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Paolo Stoppa

Nerone, un film di Castellacci e Pingitore, con Pippo Franco, Maria Grazia Buccella, Paola Tedesco, Oreste Lionello, Enrico Montesano, Paola Borboni, Gianfranco D’Angelo, Paolo Stoppa, Bombolo, Carmen Russo, Marina Marfoglia, Laura Troschel, Aldo Fabrizi Italia 1977, commedia

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Gianfranco D’Angelo

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Maria Grazia Buccella

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Bombolo, Pippo Franco e Carmen Russo

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Paola Tedesco

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A destra, Aldo Fabrizi

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Pippo Franco: Nerone
Maria Grazia Buccella: Poppea
Paola Tedesco: Licia
Oreste Lionello: Seneca
Enrico Montesano: Petronio Arbitro
Paola Borboni: Agrippina
Gianfranco D’Angelo: Tigellino
Paolo Stoppa: San Pietro
Aldo Fabrizi: Generale Galba
Bombolo: Roscio
Piero Santi: Vinicio
Gio Staiano: Sporo
Marina Marfoglia: Atte
Laura Troschel: Locusta
Massimo Dapporto: Cristiano liberato
Attilio Dottesio: Centurione
Giancarlo Magalli: Presidente del senato
Valentino Simeoni
Bruno Vilar: Centurione

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Regia     Castellacci e Pingitore
Soggetto     Castellacci e Pingitore
Sceneggiatura     Castellacci e Pingitore
Produttore     Mario Cecchi Gori
Casa di produzione     Capital Film
Distribuzione (Italia)     Gold
Fotografia     Sergio Martinelli
Montaggio     Alberto Gallitti
Musiche     Flavio Bocci
Scenografia     Enrico Rufini e Maurizio Tognalini
Costumi     Enrico Rufini e Maurizio Tognalini

marzo 28, 2011 Posted by | Commedia | , , , , , , , , , , , , , | Lascia un commento

Quando i dinosauri si mordevano la coda

Quando i dinosauri si mordevano la coda lodandina 3

La giovane e bella Sanna appartiene ad una tribù preistorica che vive tra le montagne.
E’ un’epoca pericolosa perchè giganteschi rettili come dinosauri, pterodattili e triceratopi cacciano tutto ciò che si muove.
Il capo della tribù, Konsor, ha l’abitudine di sacrificare al dio sole tre ragazze bionde, onde ingraziarsi le divinità; Sanna è una delle prescelte ma  rifiuta di farsi immolare e fugge per mare.

Quando i dinosauri si mordevano la coda 1

Salvata in extremis da un ben piantato pescatore di nome Tara, viene accolta nella tribù dell’uomo dove però si fa subito delle nemiche, a causa dell’attrazione che suscita nell’uomo, legato alla bella Ajark.
Sanna così è costretta a scappare nuovamente e si avventura in zone desertiche, dove non possa essere raggiunta dalla tribù, che si è messa sulle sue tracce; rifugiatasi in un uovo di dinosauro, viene in pratica adottata da uno dei rettili e la ragazza finisce per dividere il suo tempo con un cucciolo di dinosauro che ammaestra quasi fosse un cagnolino.
Ma è destino che la tranquillità della ragazza debba essere nuovamente turbata.
Tara, che non ha mai smesso di cercarla, la ritrova e per un pò di tempo i due dividono le giornate spensieratamente, vivendo la loro storia d’amore, cacciando e divertendosi come bambini.
L’idea di tornare alla tribù di Tara si rivela fatale: i due vengono fatti prigionieri e solo l’intervento del dinosauro che aveva salvato Sanna in precedenza permette alla donna di fuggire.

Quando i dinosauri si mordevano la coda 2

Nuovamente catturata, Sanna e Tara fuggiranno grazie ad una tempesta che si abbatte sul villaggio.
I due, questa volta, si allontanano per sempre da quelle terre inospitali.
Prodotto Hammer targato 1969, diretto da Val Guest con un budget molto alto e con l’ausilio dei migliori mezzi tecnologici dell’epoca, Quando i dinosauri si mordevano la coda (When the dinosaurs ruled the earth) è uno dei più importanti film ambientati in epoca preistoria, limitatamente com’è ovvio al periodo in cui venne girato.

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Victoria Vetri

Aldilà delle numerose incongruenze, come quella della convivenza tra i giganteschi rettili e l’uomo, separati in realtà da milioni di anni nella scala dell’evoluzione, il film è una gradevole avventura strutturata anche come love story tra la bella Sanna e il robusto Tara, i due personaggi principali del film, con l’aggiunta dell’interazione con i dinosauri.
Memorabile la sequenza che vede Sanna tentare di istruire un cucciolo di dinosauro con una specie di flauto insegnandogli a stare seduto secondo comandi, un po come facciamo noi con i nostri animali domestici.

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Magda Konopka

L’ingenuità della trama e di molte situazioni è evidente, anche se non si tratta certo di un prodotto per minori.
La bella Victoria Vetri che interpreta Sanna si produce infatti in alcune sequenze di nudo che a fine anni sessanta erano assolutamente un’eccezione per i prodotti poi destinati al nostro paese.
Un film ovviamente pesantemente datato, anche se girato con mano esperta e con l’ausilio di mezzi tecnici di prim’ordine.

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Il film, tratto da un romanzo di Ballard scomparso due anni addietro e autore di grandi classici della fantascienza come Vento dal nulla, Deserto d’acqua e Terra bruciata, venne definito dallo scrittore “un film orribile”
Il perchè è facilmente identificabile nelle scelte della produzione; in primis va segnalata la scrittura di attori belli come il sole, biondi e atleticamente scolpiti, in forte contrasto con quelle che dovevano essere le caratteristiche fisiche delle genti preistoriche.

Inevitabilmente le scelte cinematografiche devono però andare in direzioni ben precise; un bel volto di donna, un uomo atletico e muscoloso attraggono sicuramente più di un volto comune o di un corpo adiposo e pertanto le scelte della Hammer erano da considerarsi obbligate.
Gli effetti scenici sono di prim’ordine, e se la storia fa acqua come un colabrodo, la cosa non ha molta importanza; siamo di fronte ad un tipico prodotto di fantasy con un buon ritmo e con scene curate.
Fa nulla che la Vetri sia espressiva come un armadio e che Robin Hawdon abbia sempre la stessa espressione imbarazzante, sia che debba soccorrere la bella Sanna sia che ci debba fare l’amore.

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Aggiungiamoci anche una Magda Konopka che sembra appena uscita da un parrucchiere, una Imogen Hassall abbronzatissima e con ì denti bianchi a tal punto da essere una promozione diretta per la corretta igiene dentale.
Infine mescoliamo anche i dinosauri buoni che familiarizzano con gli umani, il cattivo pterodattilo che attenta alla vita del povero cucciolo di dinosauro, dialoghi abbastanza surreali e avremo una sintesi di quello che è il peggio del film.
Ma come già detto, non si possono fare troppe pulci ad un prodotto di semplice evasione.
E allora ci si può gustare una storiellina abbastanza lineare, si possono godere le grazie di Victoria Vetri che se non è passata agli annali come grande attrice era peraltro un gran bel vedere, si possono ammirare le belle sequenze tecniche e gustarsi qualche bella scena di combattimento, abbassando possibilmente il volume quando c’è una mortale colonna sonora a fare da sotto fondo nelle scene senza azione.

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Quando i dinosauri si mordevano la coda, un film di Val Guest. Con Magda Konopka, Victoria Vetri, Robin Hawdon, Sean Caffrey, Patrick Allen, Drewe Henley,Imogen Hassall, Patrick Holt, Jan Rossini, Carol Hawkins, Maria O’Brien, Connie Tilton, Maggie Lynton, Jimmy Lodge, Billy Cornelius, Ray Ford
Titolo originale When Dinosaurs Ruled the Earth. Fantastico, durata 96 min. – Gran Bretagna 1969

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Victoria Vetri    …     Sanna
Robin Hawdon    …     Tara
Patrick Allen    …     Kingsor
Drewe Henley    …     Khaku
Sean Caffrey    …     Kane
Magda Konopka    …     Ulido
Imogen Hassall    …     Ayak
Patrick Holt    …     Ammon
Carol Hawkins    …     Yani
Maria O’Brien    …     Omah
Connie Tilton    …     La madre delle sabbie
Maggie Lynton    …     La madre delle rocce
Jimmy Lodge    …     Pescatore
Billy Cornelius    …     Cacciatore

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Regia di Val Guest
Da un romanzo di James Ballard
Sceneggiatura di Val Guest
Prodotto da Aida Young
Musiche di Mario Nascimbene
Fotografia di Dick Bush
Montaggio di Peter Curran

Effetti speciali:

Alan Bryce    ….     effetti speciali (con il nome Allan Bryce)
Roger Dicken    ….     effetti speciali
Brian Johnson    ….     effetti speciali (con il nome Brian Johncock)
Martin Gutteridge    ….     effetti speciali (non accreditato)
Brian Humphrey    ….     effetti speciali (non accreditato)
Garth Inns    ….     effetti speciali (non accreditato)

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Foto promozionale di Victoria Vetri

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Foto promozionale della Hammer

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Da sinistra a destra:
Magda Konopka, Victoria Vetri, Imogen Hassall

Quando i dinosauri si mordevano la coda lc 5Victoria Vetri in un fotogramma tratto da un cineracconto

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Foto pubblicitaria del film

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marzo 26, 2011 Posted by | Avventura | , , | 1 commento

Il gatto mammone

Il gatto mammone locandina

Rosalia e Lollo formano una bella coppia a cui tutto sembra sorridere; hanno un tenore di vita alto, hanno una bella casa, Lollo è un piccolo industriale e quindi tutto sembrerebbe filare per il meglio.
Ma Lollo ha un cruccio; nonostante i suoi “sforzi”, non riesce a diventare padre.
Il che per lui, siciliano di nascita e di cultura, è un autentico dramma aggravato dalle visioni del padre che lo rimprovera per non essere capace di mettere al mondo il tanto sospirato erede.

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Rossana Podestà interpreta Rosalia

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Gloria Guida è Marietta

In accordo con sua moglie, stufa dei continui lamenti del marito, Lollo si decide a frequentare altre donne, senza però riuscire nell’intento.
Poi trova la soluzione: porta in casa una giovane ragazza madre, Marietta, alla quale propone soldi e una sistemazione sicura in cambio di un figlio.
La ragazza accetta e per Lollo inizia un surmenage che sembra culminare nel raggiungimento dei suoi sogni; vede apparire infatti la figura di suo padre dal mare che gli conferma che diverrà padre.

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Lollo spia…

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… la bella e procace Marietta

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E in realtà diverrà papa di un bel bambino, ma non per merito suo: Rosalia, sua moglie, stanca dell’ossessione del marito, si procura un amante e resta incinta, mostrando a suo marito che la sterilità non era da addebitare a lei ma a lui.
Finale adeguato…

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Il gatto mammone, diretto da Nando Cicero nel 1975, è una commediola sexy (erotica è davvero troppo) imbastita attorno al personaggio del gallo meridionale tante volte interpretato da Lando Buzzanca, star assoluta delle commedie sexy di inizi anni 70.
L’attore palermitano diventa protagonista assoluto (come tante altre volte) della pellicola, infarcita as usual di tanti luoghi comuni da poter essere definito un compendio degli stessi.
C’è il solito galletto arricchito convinto che tutto gli sia dovuto, l’ansia tipica del siciliano (così come descritta purtroppo tante volte in altri film) di dare un erede alla sua famiglia, la moglie che tacitamente acconsente e infine il colpo di scena (abusato troppe volte) della sterilità non imputabile alla moglie ma a lui.

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In mezzo, un film che non decolla mai, abbellito solo dalle presenze della splendida Rossana Podestà e da quella di una Gloria Guida che passa parecchio del suo tempo in una doccia, dimostrando di poter rivaleggiare con la Fenech, l’attrice più pulita dello schermo (secondo una definizione di un critico dell’epoca)
La regia di Nando Cicero, reduce dall’ottima prova di Ultimo tango a Zagarolo e da quella meno riuscita di Bella, ricca, lieve difetto fisico cerca anima gemella non si segnala per nulla di particolarmente interessante.

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Il film, che vede nelle firme della sceneggiatura la presenza di Raimondo Vianello, è un contenitore (vuoto) di cose viste e riviste, inclusi tutti i luoghi comuni citati e qualche volgarità di troppo.
Le scene comiche latitano, per cui non si può nemmeno parlare di un film costruito per scatenare risate; il massimo della comicità (di bassa lega) è espressa da una scena in cui Lollo, dopo aver consumato l’atto d’amore con una annoiata Marietta, esce sul balcone e vede la figura del padre sorgere dal mare e sorridere. Lui grida “sarò padre” e un vicino, uscito anch’egli sul balcone, lo manderà volgarmente a …….
Questo è il massimo di comicità espresso dal film, a cui il regista nato in Eritrea tenta inutilmente di dare un’anima.
Non è un film inguardabile, quanto piuttosto un maldestro tentativo di ironizzare sui soliti luoghi comuni attribuiti ai siciliani.
Non a caso  il papa di Lollo porta la coppola….

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Il gatto mammone, un film di Nando Cicero. Con Rossana Podestà, Gloria Guida, Lando Buzzanca, Umberto Spadaro, Adriana Facchetti, Franco Giacobini, Tiberio Murgia, Franco Lantieri, Renzo Marignano
Commedia, durata 95 min. – Italia 1975.

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Lando Buzzanca … Lollo
Rossana Podestà     … Rosalia
Gloria Guida         … Marietta
Ermelinda De Felice         …Suora
Grazia Di Marzà     … Madre di Rosalia
Franco Giacobini         … Prete
Franco Lantieri         … Amico di Lollo
Sofia Lusy          … La vedova
Renzo Marignano          … L’urologo
Tiberio Murgia         …     Zingaro
Umberto Spadaro          … Dottore

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Regia: Nando Cicero
Soggetto: Francesco Longo
Sceneggiatura: Raimondo Vianello e Sandro Continenza
Musiche: Carlo Rustichelli
Casa di produzione: Medusa Cinematografica
Distribuzione :    Medusa Distribuzione
Fotografia :    Alfio Contini
Montaggio :    Renato Cinquini

Le recensioni qui sotto appartengono al sito http://www.davinotti.com

TUTTI I DIRITTI RISERVATI

Semideludente. Buzzanca in forma, ma il film, monocorde, non mantiene le promesse. La Guida è al primo film non VM18. Come in L’arbitro c’è l’imitazione mussoliniana: “L’uomo… non è uomo… se non è PADRE!!!”. La musica delle apparizioni del padre è quella dell’inizio delle trasmissioni RAI. La trovata del training autogeno viene dal fatto che la prima squadra a realizzarlo, all’epoca, era stato il Cesena,
Tipicamente ciceriano, cioè a dire svincolato dal genere per via di un impianto surreale (le apparizioni) e per la presenza di brutti (e sovente sfigati) figuri. Buzzanca è ben immerso nella parte e la Guida è alla sua massima forma (fisica, purtroppo non artistica) che viene affiancata a quella della bella e brava Rossana Podestà. C’è anche Tiberio Murgia che aggiunge un tocco di stravaganza al tutto (come sempre). Riuscito solo a metà…

Brillante prova di Buzzanca con Cicero, ben serviti da una sceneggiatura di Vianello e Continenza che, pur con le inevitabili concessioni ai cliché, valorizza l’estro dello scatenato Lando (in una delle sue riuscite migliori) e crea i presupposti per gli eccessi di Cicero, la parte migliore del suo cinema, che si sfrena ad esempio nella strepitosa sequenza ambientata nell’abitazione della subumana fattrice, o nelle apparizioni del babbo. La Guida è un pezzo di legno, ma che bel pezzo (terribile, ma appropriato, il doppiaggio veneto).

Sguaiata commedia alla siciliana che, dopo un rapido, divertente inizio (l’incubo di Buzzanca) scende sempre di più, fino a precipitare del tutto. Colpa di una trama sterile e ripetitiva e di un cattivo gusto generalizzato, insopportabile nelle sequenze in cui compare la vedova e le cacofonie “pierinesche” di casa sua. Anche le apparizioni del padre del protagonista stancano presto. Buzzanca e la Guida ripropongono i consueti ruoli, per cui la sola ragion d’essere è la bellissima Podestà con il suo physique du rôle da donna sicula.

Commedia erotica poco entusiasmante. La buona idea di partenza viene sviluppata nel modo più banale possibile, e i momenti divertenti scarseggiano. Discrete le ambientazioni, anche se la regia appare piuttosto rozza e banale. Buoni gli attori: Buzzanca, in una parte simile a molte altre, funziona bene; bravissima la Podestà, forse la migliore del cast; Gloria Guida, anche se ha dato di meglio (forse anche per il ruolo secondario che ricopre) è sempre uno spettacolo. Discreta la colonna sonora.

marzo 25, 2011 Posted by | Commedia | , , , | Lascia un commento

Brigitte Skay

Brigitte Skay foto

Brigitte Johanna Riedle, conosciuta nel mondo del cinema come Brigitte Skay, deve moltissimo al nostro paese in temini di popolarità e sopratutto deve il lancio della sua carriera cinematografica fatta da 22 film e 14 sceneggiati televisivi.
Rossa, con il volto costellato da tantissime efelidi, copro da modella ma non da autentica pin up, la teutonica Brigitte resta un mistero assoluto per gli amanti del cinema di genere; è un mistero la sua data di nascita, così come il luogo stesso dove è nata.

Brigitte Skay Quando suona la campana
Brigitte Skay nel film Quando suona la campana

Brigitte Skay Quante volte quella notteIn Quante volte quella notte, di Mario Bava

Probabilmente la rete stessa ha dimenticato la carriera di Brigitte, evolutasi nel periodo che va dal 1963, anno in cui fa il suo esordio ufficiale sulla Tv tedesca nel film tv Alsterstrasse, un dramma familiare che ebbe un notevole successo sia di pubblico che di critica.
La bellezza della Skay deve aver colpito in qualche modo i produttori cinematografici, che la chiamarono lo stesso anno per un film mai arrivato in Italia, Heute kündigt mir mein Mann (1963) diretto da Peter Goldbaum e Rudolf Nussgruber con protagonista Gert Frobe, il famoso Goldfinger della serie degli Agente 007.

Brigitte Skay Reazione a catena
Una celebre immagine tratta da Reazione a catena

Fino al 1967 Brigitte si fa strada sopratutto grazie alle produzioni televisive tedesche, nelle quali compare per sei volte fino all’esordio cinematografico, avvenuto nel 1968 con il film Sexy baby diretto dal regista norvegese Hansjörg Amon, con protagonisti autenti carneade del cinema.
E’ un film del quale almeno in Italia non esiste traccia, che probabilmente non venne nemmeno doppiato come tante delle produzioni del cinema tedesco che nel nostro paese non hanno mai avuto largo seguito.

Brigitte Skay Morte sul Tamigi
La Skay in Morte sul Tamigi

Poche notizie anche sul suo film successivo, ovvero Il mandrillo (1968) diretto dal regista bulgaro Marran Gosov, mentre decisamente più conosciuto è Le 10 meraviglie dell’amore diretto da Sergio Bergonzelli, nel quale Brigitte lavora con Al Cliver e Angelo Infanti, un curioso film che parla di un gruppo di studenti che prepara una tesi sull’amore e sul sesso e che per sperimentare il tutto decide di vivere in una comunità allargata, con problematiche però molto diverse dalla teoria.

Brigitte Skay La bestia in calore
La bestia in calore (film realizzato con spezzoni di Quando suona la campana, la Skay non compare tra i credit)

La grande occasione ( e una relativa fama) arriva con la chiamata di Sergio Corbucci che nel 1969 decide di portare sullo schermo le avventure di una delle eroine dei fumetti, Isabella De Frissac conosciuta anche comeIsabella duchessa dei diavoli.
Brigitte ha in comune molto con la bella eroina sexy del fumetti chiamato, all’epoca, per adulti: è bella, è rossa, ha i capelli lunghi e un’aria spavalda, che sembrano la perfetta riproduzione di quella che è la “personalità” dell’avventurosa duchessa Isabella.
Il film è ben diretto, ben sceneggiato e si rivela una delle migliori trasposizioni dal mondo delle nuvolette (così erano chiamati anche i fumetti) a quello dell’immagine in movimento.
La Skay è fisicamente perfetta, anche se come attrice non possiede doti eccelse.
Tuttavia il film diventa abbastanza noto, anche e sopratutto per le traversie giudiziarie dovute alla sovra esposizione di nudi della pellicola; la bellissima attrice tedesca non si nega all’obiettivo, anche se va sottolineato che il film non ha nulla di erotico.
Alcuni critici particolarmente feroci battezzano il nuovo filone inaugurato da Corbucci come film di “chiappa e spada”, sottolinenando malignamente la presenza di molti nudi femminili.
Nonostante il buon successo della pellicola, la Skay resta confinata in produzioni confinanti con i B movies o comunque in pellicole realizzate senza grossi budget e con cast molto limitati.
E’ il caso del film di De Sisti L’interrogatorio, datato 1970, un discreto giallo/poliziesco che racconta la storia di un giovane che verrà incriminato per un delitto che non ha commesso, nonostante sia del tutto innocente.
Sempre nel 1970 lavora con Luigi Batzella in Quando suona la campana, nel ruolo della partigiana Dorina; il regista, che lavora sotto lo speudonimo di Paolo Solvay utilizzerà le immagini della Skay per un film assolutamente degradante, La bestia in calore, realizzato nel 1977 utilizzando diversi spezzoni del film Quando suona la campana.
Il risultato finale sarà una pellicola agghiacciante, sconclusionata e brutta, nella quale la povera Brigitte centrerà come un cavolo a merenda.
Nel frattempo la Skay accetta qualche altro lavoro televisivo, prima di tornare al cinema con Reazione a catena, girato nel 1971 sotto la regia del grande Mario Bava.
Brigitta interpreta Brunhilda, la ragazza che fa il bagno nuda nella baia e che scopre casualmente il corpo del marito di una contessa, cosa che le costerà la vita.

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Brigitte Skay Isabella duchessa dei diavoli 1
Il suo film più famoso, Isabella duchessa dei diavoli

Anche in questo caso non è una gran parte, destinata però a rimanere nella memoria degli spettatori.
La sequenza della corsa sul pontile di Brigitte, completamente nuda, è da antologia.
Nel 1971 lavora nel ruolo di una cameriera (poche sequenze davvero) nel film di Marco Vicario Homo eroticus mentre nel 1972 ha ancora una breve ma incisiva parte in un film minore di Bava, Quante volte quella notte accanto a Daniela Giordano.
Il cinema degli anni settanta è molto generoso con le attrici disinibite, ovvero con quelle attrici disponibili a mostrarsi senza veli ed è anche un formidabile veicolo per la fama e la notorietà; tuttavia la Skay non riesce ad avere ruoli principali, trasformandosi ben presto in un’attrice di supporto, quelle attrici cioè che figurano in ruoli secondari.
Nel 1972 è nel cast di Tutti fratelli nel west… per parte di padre, un western costruito attorno ad Antonio Sabato e in cui la vera protagonista femminile è Miss Dynamite, l’attrice Marisa Mell; non va meglio nel buon thriller di Harald Philipp Morte sul Tamigi dove ancora una volta ha un ruolo secondario, quello della bella Maggy McConnor, mentre il ruolo principale è affidato alla emergente Uschi Glass.

Brigitte Skay Studio legale

Probabilmente rassegnata a dover comparire in ruoli di contorno, la Skay partecipa anche all’anomimo Studio legale per una rapina (1973) di Tano Boccia, confuso pasticciaccio sul mondo della mala.poco significativa è anche l’opera successiva, Zeta uno datata 1973 e diretta da Michael Cort.
Il film è una strana pellicola fantascientifica, che da noi no ebbe alcun successo.
Viaggia, ragazza, viaggia, hai la musica nelle vene (1974), diretto da Pasquale Squitieri è il film successivo; ambizioso e riuscito film sul mondo della droga, caratterizzato da un cast di buon livello, nel quale figurano Leopoldo Trieste e Raymond Pellegrin e che ebbe grossi problemi di censura.

Brigitte Skay St. Pauli Nachrichten Thema Nr. 1

Morte sul Tamigi

Lentamente le parti offerte a Brigitte si diradano: dopo aver lavorato in patria per l’ennesimo serial Tv, torna sugli schermi in Lo strano ricatto di una ragazza per bene, nel quale è finalmente protagonista nel ruolo di Babel, una ragazza viziata che diverrà protagonista di un giallo che sfocerà grottescamente in un sogno dovuto agli effetti della droga, un’altra boiata diretta dall’ineffabile Batzella.
Ormai attrice di B movies a tutti gli effetti, viene chiamata da Lizzani per San Babila ore 20 un delitto inutile (1977), nel quale è la ragazza stupidina che accetta un passaggio da alcuni sanbabilini e che finirà per dover offrire le sue grazie agli stessi.

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Brigitte Skay San Babila ore 20,2

Brigitte Skay San Babila ore 20,1
Due fotogrammi tratti da San Babila ore 20: un delitto inutile

Come accennato agli inizi, compare anche in La bestia in calore, ma in realtà non partecipò al film essendo lo stesso girato con larghi spezzoni di repertorio.
L’ultima apparizione di Brigitte Skay è una piccola parte nel bel film di Sergio Gobbi Enfantasme, poi il nulla.
Ancora una volta, un’attrice scompare senza lasciare tracce: come diverse sue colleghe, la Skay si ritira dallo schermo, o forse non le vengono più proposte parti.

Brigitte Skay Zeta 1
Nel film Zeta uno

Il che, ancora una volta, è un vero peccato perchè la sua presenza nei film a cui ha partecipato si notava, se pur nei limiti di partecipazioni secondarie.
Resta però un’icona per coloro che hanno amato il suo film più famoso, isabella, bel aldilà degli effettivi meriti del film peraltro ridotti.
Un’attrice dalla gran bellezza, della quale chiedo ai lettori del blog, notizie aggiornate.

Brigitte Skay banner gallery

Brigitte Skay Sexy baby

Nel rarissimo Sexy baby

Brigitte Skay Reazione a catena 2

Reazione a catena

Brigitte Skay Morte sul Tamigi 2

Morte sul Tamigi

Brigitte Skay Lo strano ricatto

Due fotogrammi da Lo strano ricatto di una ragazza perbene

…il secondo

Brigitte Skay Enfantasme

Con Agostina Belli nel film Enfantasme

Brigitte Skay Black mail

Black mail

Brigitte Skay Homo eroticus

Homo eroticus

Brigitte Skay Heute kündigt mir mein Mann

Brigitte Skay in Heute kündigt mir mein Mann

St. Pauli Nachrichten: Thema Nr. 1

Beiß mich, Liebling

Viaggia ragazza viaggia,hai la musica nelle vene

L’interrogatorio

                                                                                                Studio legale per una rapina

Brigitte Skay flano
Il flano italiano del film Isabella Duchessa dei diavoli

Brigitte Skay flano 2
Il flano francese dello stesso film

Brigitte Skay lobby card
Altre lobbycard dell’edizione italiana

Brigitte Skay discoUn disco per Brigitte

Brigitte Skay lobby card 2

Lobby card dell’edizione tedesca di Morte sul tamigi

Brigitte Skay giornale 1

Brigitte Skay giornale 2

Brigitte Skay banner filmografia

1978 Enfantasme
1977 San Babila ore 20 un delitto inutile
1977 La bestia in calore (non accreditata, spezzoni di repertorio)
1974 Lo strano ricatto di una ragazza per bene
1974 Sergeant Berry (TV series)
1974 Viaggia, ragazza, viaggia, hai la musica nelle vene
1973 Zeta uno
1973 Studio legale per una rapina
1973 Morte sul Tamigi
1972 Tutti fratelli nel west… per parte di padre
1972 Quante volte… quella notte
1972 Tatort (TV series)
1971 Einfach sterben… (TV movie)
1971 Homo Eroticus
1971 Reazione a catena
1971 Zu dumm zum…
1971 St. Pauli Nachrichten: Thema Nr. 1
1970 Dem Täter auf der Spur (TV series)
1970 Beiß mich, Liebling
1970 Quando suona la campana
1970 Ach, so eine nette Person (TV movie)
1970 L’interrogatorio
1969 Isabella, duchessa dei diavoli
1969 Der ewige Gatte (TV movie)
1969 Kurz vor dem Sprung (TV movie)
1969 Le 10 meraviglie dell’amore
1968 Il mandrillo
1968 Sexy baby
1967 Das Arrangement (TV movie)
1965 Ein Tag im Leben von… (TV movie)
1964 Mit zwei Füßen im Grab (TV movie)
1963 Hafenpolizei (TV series)
1963 Der Vater (TV movie)
1963 Don Juan kommt zurück (TV movie)
1963 Heute kündigt mir mein Mann
1963 Alsterstrasse (TV series)

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Brigitte Skay foto 1

marzo 23, 2011 Posted by | Biografie | | 5 commenti

Penombra

Penombra locandina 1

Carlotta è la bella e insoddisfatta moglie di Osvaldo Raininger, un ricco proprietario terriero che la donna ha sposato senza amore, solo perchè rappresentava un valido partito.
L’uomo la strappa alla vita di città, confinandola in una splendida dimora di campagna, dove la donna si annoia mortalmente.
L’unico diversivo è rappresentato dalle avventure saffiche con la procace cameriera Carolina; altro svago della donna è il gioco del baccarat.

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E sarà proprio il gioco a causarne la rovina; conosciuto il giovane e affascinante Alexis, che si finge uno sprovveduto al tavolo verde, la donna cade in una trappola tesa dallo stesso Alexis e da un infido banchiere.
I due, in combutta, fanno perdere alla donna un’ingente somma di denaro, facendole firmare un pagherò
Il banchiere con il titolo in mano si reca da Osvaldo, per costringerlo a vendere le sue terre.
Nel frattempo Carlotta vive un’intensa passione proprio con l’uomo che è stato la sua rovina; ma quando si rende conto della situazione, decide di ucciderlo, attirandolo in campagna.

Penombra 14

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Ma è proprio Carlotta a morire, durante una collutazione.
L’inconsolabile Osvaldo, legato da morboso affetto alla moglie, trova un fascio di lettere scritte dalla gemella della moglie,Maria, che vive confinata in convento.
Decide così di conoscerla, e quando fa l’esperienza resta turbato oltre modo, perchè la donna è la copia esatta della defunta moglie.
Riesce a convincerla a seguirla nella sua tenuta, dove Maria ben presto si rende conto che Osvaldo è ossessionato dalla memoria della moglie; la costringe infatti a vestirsi come lei e infine la costringe ad atti auto erotici mentre lui la spia da un’apertura in una libreria.

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La situazione cambierà radicalmente quando nella tenuta arriva il nipote di Osvaldo e il suo precettore; quest’ultimo si innamora perdutamente di Maria, ricambiato.
Durante un loro convegno d’amore Osvaldo, che li spia dal solito posto, ha un malore e muore.
I due sono così liberi di andarsene.
Penombra, diretto da Bruno Gaburro nel 1986, riprende in toto la trama di Maladonna e in parte quella di Malombra, diventando una specie di trait d’union tra i due film citati, non aggiungendo nulla se non qualche scena erotica ai due film precedenti.

Penombra 1

La storia è praticamente identica, la location anche, gli attori sono sempre gli stessi; quella di Gaburro è quindi un’operazione commerciale volta a sfruttare la fama della Senatore, che nel 1985 aveva interpretato Non stop-Sempre buio in sala, film hard con la quale la bella attrice romana aveva dato un taglio al suo passato di attrice sexy, qualche volta contornato da buone prove in film discreti.

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E’, come già detto, un’operazione smaccatamente commerciale; la fama della Senatore era ormai legata a quel film hard che aveva girato per necessità, schiava com’era della tossicodipendenza.
Questo film, che è poco più di un film erotico, senza sconfinamenti nell’hard, curiosamente è il migliore dei tre, ammesso che si possa fare una graduatoria di merito tra film che utilizzano senza scrupoli l’erotismo per imbastire attorno una storia credibile.
La fotografia è la stessa dei film precedenti, ma la storia ha quantomeno una sua logica, che mancava sia in Maladonna che in Malombra.
Il tema della follia di Osvaldo è finalmente chiaro, mentre nei due film precedenti era rimasto abbastanza confuso, così come il tema del “doppio”, ovvero della doppia vita di Carlotta e Maria viene finalmente spiegato.
Certo, il film non brilla per ritmo, recitazione o altro.

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Tuttavia non è un prodotto da gettare via, perchè una sua eleganza formale ce l’ha.
E a differenza di Maladonna e di Malombra, la parte erotica che interpreta la Senatore è sicuramente più soft; da dimenticare lo squallido siparietto erotico con protagoniste le due giovani monache.
In ultimo segnalo le amene recensioni che girano sul web relative a questo film; molto probabilmente sono davvero pochi coloro che lo hanno visto, visto i riassunti assolutamente improbabili della trama.

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Penombra, un film di Bruno Gaburro (Alex Romano). Con Paola Senatore, Maurice Poli, Marcella Petri Erotico, durata 90 min. – Italia 1985.

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Penombra banner protagonisti

Paola Senatore    …     Maria / Carlotta
Maurice Poli    …     Osvaldo Raininger
Marcella Petrelli    …     Suora
Carmen Di Pietro    …     Suora
Domiziano Arcangeli    …     Alexis
Stefano Alessandrini    …     Mario Raininger
Claudia Cavalcanti    …     Carolina – cameriera
Paola Corazzi    …     Claudia Carli
Scilla Jacu    …     Teresa
Gino Milli    …     Massimiliano Renda
Jacques Stany    …     Tesser

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Regia: Bruno Gaburro
Sceneggiatura: Piero Regnoli
Editing: Alessandro Lucidi
Musiche: Stelvio Cipriani
Produzione: G.Buricchi per Leo
Distribuzione: Play time

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Pazzesco (e geniale) assemblaggio con: a) sunto di Maladonna; b) una decina di minuti di raccordo; c) sunto di Malombra. Purtroppo il succo qui non è meglio del tutto, anzi: si nota con chiarezza che c’è un netto sbilanciamento di personaggi (la cameriera è la Cavalcanti nella prima parte, la Jacu nella seconda…). Da notare poi, in questo film ambientato nell’Ottocento, l’esilarante apparizione di una penna biro (da Maladonna), il che la dice lunga sul livello dell’opera.

Estremo esempio di riciclaggio (Malombra + Maladonna), operato senza colpo ferire, aggiungendo brevi raccordi di girato ex-novo onde spacciare per altro una serie di nudi – già offerti, ossia “usati” ed “abusati” – audaci ma senza anima. Per l’occasione la Senatore si sdoppia, nel duplice ruolo di sorella ora buona (con e senza U) ora perversa (ma sempre “buona senza U”). Amplessi a go-go, lesbismo in prima fila, ed una (mal)riuscita atmosfera goticheggiante (ma nient’affatto godereccia) provocata dalla decadente ambientazione rétro. Gaburro, dato l’eccelso risultato, sigla come Alex Romano.

Riciclaggio dei due precedenti titoli della trilogia di Gaburro (Malombra e Maladonna), ottenuto ricucendo, con un breve segmento di raccordo girato ex novo, le sintesi del secondo e del primo film. Quindi una ripetizione di atmosfere, scene e dialoghi, con protagonisti la coppia Senatore-Poli, assolutamente priva di utilità ed interesse (se non filologico); peraltro nel segmento di raccordo la Senatore appare pochissimo…

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marzo 22, 2011 Posted by | Erotico | , | Lascia un commento

Stangata in famiglia

Stangata in famiglia locandina

Il commendator Piero Brambilla, un funzionario del ministero delle finanze, vive da vedovo in un appartamento condiviso dalle sue due figlie, dal cognato pugliese Nicola e dalla figlia di quest’ultimo Sabina.
Il menage famigliare si rivela troppo esoso per le sue tasche, così quando un suo superiore gli propone di aumentare le entrate Brambilla accetta senza discutere; dovrà occuparsi d’ora in poi di accertamenti finanziari sul tenore di vita di presunte massaggiatrici, di sedicenti estetiste che secondo il ministero delle finanze traggono i loro guadagni in maniera illegale, sottraendo così il loro patrimonio alla giusta tassazione.

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Lino Banfi e Piero Mazzarella

Brambilla inizia un tour presso varie professioniste, nel corso del quale si renderà conto del sottobosco che governa il mondo nascosto al pubblico ( e alle finanze) delle sedicenti professioniste.
Molte di loro in fatti praticano massaggi molto particolari, altre ancora si prostituiscono.

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Brambilla, che è persona sostanzialmente ingenua ed onesta, racconta i particolari delle sue “indagini” ai famigliari che, allettati dai facili guadagni, decidono di mettere su un fiorente istituto dedicato proprio a massaggi particolari con relative pratiche sessuali.

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Nel gruppo ovviamente ci sono tutti i componenti della famiglia, così quando Brambilla si troverà casualmente a indagare proprio sulla neonata azienda Toccasana, scoprirà amaramente che sia le figlie, che la nipote e il cognato traggono illeciti guadagni in maniera illegale.
La scoperta provoca un infarto al buon Brambilla, che appena guarito verrà spedito nella Brianza ad eseguire altri lavori.
Stangata In Famiglia , diretto da Franco Nucci nel 1976, è una commediola della equivoci abbastanza piatta e noiosetta; tutte le gag utilizzate nella commedia sanno di stantio, e la commedia è penalizzata anche dalla scelta del buon Piero Mazzarella,caratterista apprezzato in tanti film della commedia italiana, assolutamente inadatto a ruoli di primo piano.

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Femi Benussi

L’ingenuità del commendator Brambilla è così resa in maniera poco credibile da un attore come Mazzarella che ha un volto ormai etichettato come quello del furbetto del cinema e appare quindi assolutamente fuori ruolo in virtù del fatto di non appartenere al gotha degli attori.
Molto meglio sarebbe stato affidare il ruolo del “commenda” a Lino Banfi, che viceversa interpreta Nicola, un meridionale sanguisuga che vive alle spalle del Brambilla ( ancora una volta un clichè stantio, quello del meridionale parassita), apostrofato dal Brambilla con il solito e triste “maledetto di un terun”
Banfi, che nel film si chiama Zagaria (suo vero nome) si sacrifica in un ruolo minore, apportando poco all’economia generale del film, così come del tutto irrilevante la presenza di Femi Benussi, una volta tanto insolitamente vestita nel ruolo di Margherita, (una massaggiatrice) e  Marisa Merlini, che a metà anni settanta comparve in numerose pellicole a sfondo semi erotico.

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Nel gineceo femminile compaiono anche Patrizia Gori, la bellissima Helene Chanel nel ruolo di una massaggiatrice/prostituta francese e la futura annunciatrice televisiva Gabriella Golia.
Purtroppo il livello delle gag e delle situazioni comiche è a metà strada tra il pecoreccio e la pochade più imbarazzante:si passa dal Brambilla che va a farsi massaggiare per sondare la vera attività di una di queste pseudo professioniste e viene massaggiato da quest’ultima con i seni e che facendo finta di dormire (sic!)  assiste ad un congresso carnale della donna alla ragazza di colore che si prostituisce in casa del fidanzato, che lo accusa alla fine di essere razzista solo perchè il Brambilla va via senza consumare.

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Ancor più desolante il pistolotto finale del superiore del Brambilla che giustifica la scelta dei famigliari di quest’ultimo con le ristrettezze economiche, come se lavorare onestamente non fosse una valida alternativa al meretricio.
Aldilà di questo il film è davvero bruttino, scontato e per nulla divertente: consegnato all’oblio è stato riesumato in questi ultimi anni grazie alla rivalorizzazione di Lino Banfi.

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Stangata in famiglia,un film di Franco Nucci. Con Femi Benussi, Lino Banfi, Isabella Biagini, Piero Mazzarella,Romy Shell, Marisa Merlini, Hélène Chanel, Ida Meda, Chris Avram, Patrizia Gori, Romy Schell
Commedia, durata 93 min. – Italia 1976.

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Piero Mazzarella    …     Piero Brambilla
Femi Benussi    …     Margherita
Lino Banfi    …     Nicola Zagaria
Romy Schell    …     Sabina
Patrizia Gori    …     Mariuccia
Gabriella Golia    …     Pina
Hélène Chanel    … Prostitua francese
Marisa Merlini    …     Aida
Chris Avram    …     Esposito

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Regia     Franco Nucci
Soggetto     Franco Nucci
Sceneggiatura     Franco Nucci, Ciro Boglioni
Produttore     Rodolfo Putignani
Distribuzione (Italia)     Interfilm CAD
Fotografia     Enzo Oddone
Montaggio     Enzo Monachesi
Musiche     Mino Reitano, Franco Reitano

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Si guarda perché c’è il grande (e grosso) Mazzarella, che si fa pure piazzare le mani delle massaggiatrici in mezzo alle gambe! Ma la vicenda è ripetitiva, lenta, solo qua e là leggermente rischiarata da trovatine. Paragonate alle altre “massaggiatrici” che recitano, la Benussi e la Merlini paiono la Duse e la Hepburn. Il film colpisce, più che altro, per il doppiaggio incredibilmente asincrono e per l’esposizione da primato della Pejo. Finale parzialmente telefonato, parzialmente no. C’è Gabriella Golia.

Se non fosse per la curiosità generata da un cast in grado di ammaliare (Banfi prima maniera, Gabriella Golia al suo unico film, la Benussi e Patrizia Gori: l’anno prima vittima di Eastman in Emanuelle e Françoise (le Sorelline), dopo la comparsata in Un urlo dalle tenebre), Stangata in famiglia potrebbe essere archiviato tranquillamente tra i titoli meno riusciti della commedia (sexy) italiana: eppure qualche sana risata la strappa grazie alla naturale interpretazione di Piero Mazzarella e di un Banfi “perduto” tra le tante “venditrici d’amore”.

Film appartenente al genere commedia sexy, poco sexy e per niente comico. I bravi Mazzarella e Banfi non bastano a risollevare una commediuccia che fa acqua da tutte le parti. Il cast femminile è mediocre, eccetto la Merlini e la sempre bella Benussi.

marzo 18, 2011 Posted by | Commedia | , , , , , , , | 3 commenti

7 femmine per un sadico

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Una ragazza completamente nuda corre per i boschi, inseguita da un alano scuro e da un uomo a cavallo armato di frusta;la fuga della ragazza braccata si conclude sull’orlo di una scarpata, quando viene raggiunta dall’uomo che la minaccia con la frusta, e la ragazza per sottrarsi alle scudisciate precipita nel vuoto e muore.
La scena cambia completamente e vediamo lo stesso uomo all’interno di uno studio,salutato dalla sua segretaria che gli augura un buon week end.

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Mentre percorre una strada di campagna, l’uomo si ferma per raccogliere una bella autostoppista, che invita nella sua tenuta in campagna; la scena cambia ancora e vediamo quello che sembra un sogno dell’uomo intento a frustare la ragazza dopo averla cosparsa di champagne. E’ un sogno, è realtà?
L’uomo è Boris Zaroff, discendente di una famiglia antica caratterizzata nel suo passato dalla presenza del germe della follia, esplicitato dal sadismo degli appartenenti alla famiglia stessa.
Boris invita la ragazza ad una passeggiata nei boschi, durante la quale tenta di violentarla; la ragazza gli resiste e lui dopo averla inseguita nei boschi con l’auto, la travolge, l’uccide e infine dopo averne caricato il corpo su una barca la getta in un lago. Subito dopo, vediamo l’uomo alle prese con quello che sembra un altro dei suoi ricordi, una bellissima donna che vive con lui in campagna, una donna che evidentemente ama, perchè con lei è premuroso, la corteggia e intrattiene contemporaneamente degli strani discorsi sulla vita e sulla morte.

Tornato in ufficio, Boris riceve la visita di una ragazza in cerca di lavoro.
L’uomo le propone l’assunzione a patto che la ragazza gli tenga compagnia per un week end nella sua dimora di campagna; la ragazza accetta, ma anche lei andrà incontro ad una sorte terribile.
La ragazza infatti (dopo il solito siparietto confuso tra sogno e realtà),finisce per essere sbranata dall’alano Edgar (!)
Subito dopo la morte della ragazza, nella dimora-castello di Zaroff arriva una coppia rimasta in panne con l’auto; anche in questo caso Boris si mostra magnanimo e invita i due a passare la notte nella casa.
Ma la donna, la notte, vede il maggiordomo di Borsi trasportare la ragazza morta e segna cosi la sua condanna a morte; verrà uccisa assieme al suo compagno in maniera assolutamente originale. Boris è sempre perseguitato dal ricordo della misteriosa donna, con la quale sogna ( o ricorda?) di fare l’amore, prima che la donna sfugga dirigendosi verso il laghetto della tenuta, nel quale la vediamo immergersi e scomparire sotto lo sguardo di Zaroff.
Subito dopo Boris si reca verso una tomba nella quale entra e trova il corpo della donna, composto e come se fosse vivo; mentre cerca di baciare la donna, il corpo si dissolve trasformandosi in uno scheletro e subito dopo la porta della cappella si rinchiude alle sue spalle.
A bloccare per sempre Boris ha provveduto il maggiordomo, che ha agito per vendicare la donna.

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Mi rendo conto che raccontato così il plot di 7 femmine per un sadico, più conosciuto come Les Week-ends maléfiques du Comte Zaroff possa sembrare confuso; in realtà ho dovuto far ricorso a tutte le mie capacità interpretative per decifrare la sceneggiatura di un film confuso, pasticciato e visionario come pochi.
Visionario nel senso più negativo del termine, attenzione.
Perchè nel film i continui inserti onirici lungi dal chiarire la trama la rendono ancora più farraginosa, mentre la suspence che dovrebbe essere l’asse portante della narrazione latita rendendo il prodotto finale poco più che un filmetto di serie Z.
La mancanza di un plot serio, come sarebbe stato lecito aspettarsi trattandosi della riduzione cinematografica del personaggio creato da Richard Connell, l’assoluta inespressività dell’attore e regista del film, Michel Lemoine che recita molto peggio dell’alano Edgar e la totale assenza di pathos rendono il film una palla mostruosa.
Unico elemento di consolazione, la parte estetico/erotica delle protagoniste, che in realtà non sono sette come accennato dal titolo malizioso; molto meglio sarebbe stato tradurre letteralmente Les Week-ends maléfiques du Comte Zaroff con un più indicato I week end maledetti del Conte Zaroff.

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Ma si sa, negli anni settanta (questo film è del 1976) un espediente mutuato dal passato era quello di inserire titoli ammiccanti per far abboccare gli spettatori più sprovveduti.
Che alla fine non avranno trovato gran che con cui divertirsi, fatte salve le grazie delle misconosciute Sophie Grynholc,Nathalie Zeiger ,Joëlle Coeur,Martine Azencot e Maria Mancini, molto generosamente esposte e che sono davvero l’unica cosa guardabile del film, assieme alla discreta prova di Howard Vernon che interpreta il maggiordomo.

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Un inizio folgorante, quello della ragazza che corre per i boschi inseguita dal cavaliere e dal cane e poi il nulla più assoluta, fatta salva la sequenza della morte della coppia che si avventura nel castello maledetto,e che finirà trafitta da una specie di Vergine di Norimberga che li unisce nella morte.
Davvero troppo, troppo poco anche per un film che aspira ad essere un onesto B movies.

Sette Femmine per un Sadico, un film di Michel Lemoine. Con Michel Lemoine, Nathalie Zeiger, Howard Vernon, Joelle Coeur,Nathalie Zeiger,Martine Azencot,Sophie Grynholc, Maria Mancini- Titolo originale Les week-ends maléfiques du Comte Zaroff. Francia 1976 Horror, durata 82 min.

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Michel Lemoine    …     Conte Boris Zaroff
Nathalie Zeiger    …     Muriel
Howard Vernon    …     Karl, cameriera di Zaroff
Joëlle Coeur    …     Anne
Martine Azencot    …     Joëlle
Robert de Laroche    …     Francis
Sophie Grynholc    …     Segretaria
Patricia Mionnet    …     Jeanne
Maria Mancini    …     Stephanie

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Regia: Michel Lemoine
Sceneggiatura: Michel Lemoine
Produzione: Denise Petitdidier, Armand Tabuteau    ,Yves Winter
Musiche: Guy Bonnet
Fotografia: Philippe Théaudière
Montaggio: Bob Wade
Trucco: Odette Berroyer

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Discreto lavoro di Michel Lemoine, pessimo attore ma metteur en scène non privo di idee gustose, almeno per gli estimatori delle atmosfere sadico-fumettistiche: siamo, in effetti, in pieno “Oltretomba”, con tutti i parafernalia del caso, una riuscita storia nella storia di amour fou ultramondano, e naturalmente le passerone di prammatica, che tuttavia non sono affatto sette (ai titolisti non avrebbe fatto male un giretto nella sala delle torture. Decollo un po’ faticoso, ma poi molto divertente. Per cultori.

Debole thriller venato di fantastico, con qualche sprazzo horror, costituito da abbondanti inserti onirici ed erotici (del tutto gratuiti). La storia è piuttosto risaputa, il ritmo fiacco e non meraviglia se la noia sia abbastanza “robusta”. I momenti interessanti e divertenti sono davvero pochi. Visto quanto detto il film è tranquillamente evitabile.

Il figlio del conte Zaroff (proprio quello di La Pericolosa Partita) vive plagiato dal figlio del maggiordomo del defunto barone affinché incarni il sadismo del padre in una villa di campagna. Lemoine (che si è visto anche in Succubus) insieme al bravo caratterista franchiano Vernon, dirige e interpreta un buon film, che a parte un paio di punti in cui scade (la sequenza in cui la segretaria balla con un nero) confeziona una dignitosa ghost-story, con ottime musiche e scenografie

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marzo 16, 2011 Posted by | Horror | , | 2 commenti

Zora Kerova

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Zora Ulla Keslerová, conosciuta in Italia con il nome d’arte Zora Kerova, ha avuto da noi una discreta fama negli anni a cavallo tra il 1978 e il 1982, arco di tempo in cui ha girato la gran parte dei 25 film che ha interpretato.
Tra il 1978 che è l’anno d’esordio sullo schermo con Le evase – Storie di sesso e di violenze e il citato 1982 l’attrice ceca, nata a Praga nell’agosto del 1950 ha interpretato 13 film, quasi tutti appartenenti ai B movies, mentre nei 14 anni successivi ha interpretato altri 12 film intervallati da lunghe pause.
Ballerina e modella oltre che cantante, la Kerova ha esordito nel cinema molto tardi, all’età di 28 anni e nel periodo peggiore per la cinematografia italiana.

Zora Kerova La vera storia della monaca di Monaca
Zora Kerova protagonista di La vera storia della monaca di Monza

Il finire del decennio settanta infatti corrisponde al periodo di massima crisi del cinema italiano e Zora compare in produzioni di medio e basso livello, senza l’acuto che caratterizza l’attrice di razza.
Carina, fisico armonico anche se lontano dai canonici corpi da vamp, la Kerova si è fatta notare già dal suo film d’esordio, Le evase – Storie di sesso e di violenze film diretto da Giovanni Brusadori nel quale recita con il nome di Zora Keer.

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La Kerova nel film La ragazza del vagone letto

Il film narra la storia di Monica Hadler, una terrorista, che fugge dal carcere in cui è rinchiusa grazie all’aiuto del fratello Pierre con la compagnia di tre detenute, tutte psicopatiche e condannate a lunghe pene.
Nella fuga, le donne salgono su un pulman che trasporta alcune atlete che devono gareggiare in incontri di tennis; grazie alla segnalazione di una di loro, Terry, si recano ad una villa in cui abita in solitudine un giudice.

Zora Kerova Luna di sangue
La ultime apparizioni della Kerova: Luna di sangue

Zora Kerova La radice del male
… e La radice del male

La Kerova interpreta Anna, una delle sfortunate passeggere del pullman; l’attrice compare nuda in una sequenza del film, una costante che si ripeterà molte altre volte nel corso della sua carriera.
I film di fine anni settanta puntano molto sulla presenza di attrici pronte a spogliarsi, spesso più per compiacere un certo tipo di pubblico che per reali necessità artistiche.
Dopo una breve parentesi con un film cecoslovacco, Zora lavora nel film La febbre americana di Claudio Giorgi, passato assolutamente inosservato; tuttavia le capita una buona opportunità quando entra nel cast del film
La ragazza del vagone letto, diretto nel 1979 da Ferdinando Baldi.

Zora Kerova Quando Alice ruppe lo specchio
Quando Alice ruppe lo specchio

Zora Kerova Mollo tutto
Mollo tutto

Interpreta Anna, una donna che finirà violentata da banditi che si sono di fatto impossessati del vagone letto sul quale la donna viaggia con il marito.
Lei interpreta una delle scene più scabrose del film, quella in cui viene sodomizzata nei bagni dello scompartimento.
Il passo successivo è lavorare in Ragazze in affitto s.p.a. (Les filles de Madame Claude), opera di Régine Deforges coadiuvata da Mauro Ivaldi, che non compare nemmeno nei credit; la pellicola infatti è un pasticciaccio erotico nel quale sia lei che la giovane Carmen Russo appaiono spesso nude senza giustificazione se non quella di compiacere un pubblico assolutamente voyeur.

Zora Kerova Ragazze in affitto spa
Zora Kerova in Ragazze in affitto Spa (Le ragazze di madame Claude)

Ormai la Kerova ha fama di essere attrice da B movies e da film sexy ed infatti Bruno Mattei la sceglie come protagonista di La vera storia della monaca di Monza, nel quale ricopre il ruolo di Virginia de Leyva.
Ovviamente è una versione cinematografica che punta più sull’aspetto erotico della vicenda che sull’aderenza storica.
Il film riscuote comunque un discreto successo tanto da permetterle di entrare nel cast di Antropophagus (Antropofago) di Aristide Massaccesi alias Joe D’Amato, uno dei cannibal movie più violenti e sanguinari.
Lai è Carol, sorella del protagonista, una specie di sensitiva che sente presenze malefiche e che vede la propria morte mentre legge le carte.
Ancora una volta è un ruolo da B movies, anche se va detto che il film di D’Amato ottiene recensioni non disprezzabili.
E’ il primo dei cannibal movie che interpreta.
Infatti l’anno successivo Lenzi la chiama sul set di Cannibal ferox, nel quale la Kerova diventa famosa per la celebre scena in cui viene martirizzata dai cannibali appesa per i seni a dei ganci da macellaio.
Una delle scene più famose dell’intero genere, del quale il film di Lenzi è uno dei pochi esempi di cinema di discreta fattura.
Nel 1982 recita in Lo squartatore di New York, opera tarda del maestro Fulci, con poche luci e tante ombre; Zora interpreta una piccola parte, quella di una attricetta di un sexy show che finisce ammazzata.
I nuovi barbari di Castellari è l’opera successiva.
Siamo nel 1983, il film di Castellari è un’anomalia assoluta, un film che sembra ripercorrere il celebre Mad Max con Mel Gibson; la Kerova è interprete di una piccola parte e di lei non resta traccia nella memoria dello spettatore.
Infatti dal 1983 al 1988 dell’attrice non c’è alcuna traccia, almeno in Italia.
Lei lavora in tre produzioni nei paesi dell’est, all’epoca ancora paesi comunisti: si tratta di tre film mai arrivati in Italia, Vítr v kapse (1983) Andel s dáblem v tele (1984) e Perinbaba (1985)

Zora Kerova Cannibal ferox 1
Cannibal ferox

Quando torna in Italia ormai i tempi sono profondamente cambiati.
La crisi del cinema è devastante, finisce per accettare una piccola parte in Quando Alice ruppe lo specchio film diretto da un Fulci ormai malinconicamente sul viale del tramonto.
Lai interpreta Virginia, una delle tante vittime del Landru moderno Lester Person.
Il film è bruttissimo, e non le va meglio con Il fantasma di Sodoma ancora sotto la regia di un Fulci che dirigeva i suoi ultimi film per motivi meramente economici.
In questa pellicola assolutamente da dimenticare, lei finisce per non essere nemmeno citata fra i credit, il che tutto sommato fu anche una fortuna.

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Il breve ruolo della spogliarellista interpretato in Lo squartatore di New York

L’ultimo film in cui riveste un ruolo di qualche rilievo è Luna di sangue, un mediocre thriller diretto da Enzo Milioni e passato (anche questo) assolutamente inosservato.
La parabola discendente della carriera di Zora è già iniziata; l’attrice torna in patria dove gira tre pellicole che da noi non vengono distribuite, prima di tornare nel film Mollo tutto, diretto da José María Sánchez e interpretato da Renato Pozzetto, ormai anche lui in una fase involutiva della carriera.
Dopo una piccola parte in Altrove di Enzo Balestrieri (1995), l’attrice compare nel mediocre Papà dice messa diretto e interpretato da Renato Pozzetto.
E’ il 1996 e da quel momento della Kerova si perdono completamente le tracce.

Zora Kerova Il fantasma di Sodoma
Una breve comparsata della Kerova nel pessimo Il fantasma di Sodoma

Ricomparirà a sorpresa nel 2006 con il thriller La radice del male, nel quale ha la parte della protagonista.
Da allora null’altro.
Un’attrice arrivata troppo tardi al cinema che conta, Zora Kerova; imprigionata in ruoli poco gratificanti, anche per la concomitante grande crisi del cinema.
Un’attrice che oggi è ricordata più che altro dai nostalgici dell’effimera stagione dei cannibal movie, dagli amanti di Lenzi e di Massaccessi, di quei film cioè a metà strada tra il B movies e il cinema di cassetta.

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Zora Kerova Papa dice messa

Papà dice messa

Zora Kerova The New York ripper 2

Lo squartatore di New York

Zora Kerova Antropophagus 1

Zora Kerova Antropophagus 2

Due fotogrammi dal film Antropofago

Zora Kerova Cannibal ferox 2

Cannibal ferox

Zora Kerova La ragazza del vagone letto 2

La ragazza del vagone letto

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La vera storia della monaca di Monza

Zora Kerova Le evase

Le evase

Zora Kerova Ragazze in affitto spa 2

Ragazze in affitto Spa

Zora Kerova La casa dalle finestre che ridono

La casa dalle finestre che ridono

Zora Kerova banner filmografia

2006 La radice del male
1996 Papà dice messa
1995 Altrove (come Ulla Zora Keslerova)
1995 Mollo tutto
1990 Andel svádí dábla
1990 Hansel e Gretel
1989 Fesák Hubert
1989 Luna di sangue (come Ulla Z. Kesslerova)
1988 Il fantasma di Sodoma (non accreditata)
1988 Quando Alice ruppe lo specchio (come Zora Ulla Kesler)
1985 Perinbaba
1984 Andel s dáblem v tele
1983 Vítr v kapse (come Zora-Ulla Kesslerová)
1983 I nuovi barbari
1982 Sny o Zambezi
1982 Lo squartatore di New York (come Zora Kerowa)
1981 Cannibal ferox
1981 Retez
1980 Antropofago
1980 La vera storia della monaca di Monza
1980 Ragazze in affitto s.p.a.
1979 La ragazza del vagone letto
1979 La febbre americana
1979 Krehké vztahy (come Zora Ulla Kesslerová)
1978 Le evase – Storie di sesso e di violenze (come Zora Keer)

Zora Kerova 2

Zora Kerova 3

marzo 14, 2011 Posted by | Biografie | | Lascia un commento