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L’isola delle demoniache

Un posto maledetto, una chiesa sconsacrata, un naufragio con due sopravvissute.
Il posto maledetto è una ripida scogliera in Normandia, divenuto tale per la frequenza con cui nel corso dei secoli numerose navi sono finite tra gli scogli fracassandosi; la chiesa sconsacrata e ormai abbandonata nasconde secondo una leggenda locale un terribile segreto, ovvero la presenza tra le sue mura nientemeno che di un demone, imprigionatovi da sette Cavalieri che avevano partecipato alle Crociate.
Il naufragio con le due sopravvissute è quello in cui incorre una nave che sul finire degli anni trenta si schianta sulle tristemente famose rocce della scogliera della Normandia.

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Le due ragazze, figlie del comandante della nave (delle quali non conosceremo i nomi) riescono a salvarsi dallo schianto, ma restano per diverso tempo prive di sensi.

Nel frattempo sul luogo del naufragio arrivano quattro loschi individui, che vivacchiano con la loro attività di sciacalli; il Capitano, com’è chiamato l’uomo che sembra aver maggiore autorità sul gruppo, la sua donna Tina, e i due loschi compari del capitano, Bosco e Paul, allettati dal bottino si accorgono della presenza delle due ragazze e invece di soccorrerle le violentano ripetutamente fino a lasciarle esanimi.

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Compiuta la prodezza, il gruppo ritorna alla taverna che fa da ritrovo anche ad alcune prostitute della zona e dove la tenutaria, Madame Louise avvisa il gruppo che le due ragazze, in stato confusionario stanno per recarsi alla chiesa sconsacrata.
Qui le due sorelle trovano il custode del demone, un cavaliere, che dopo averle possedute trasmette loro dei poteri soprannaturali.
Si scatena la vendetta delle ragazze con logico olocausto finale.
Diretto dallo specialista Jean Rollin nel 1974, L’isola delle demoniache (Les demoniaques) non sfugge al tradizionale clichè del regista francese, fatto di un pizzico di paranormale di grana grossissima, di una spruzzata di violenza con qualche timido effetto splatter e sopratutto tanto erotismo con sovra esposizione di nudi femminili.
Al solito, il regista di Neuilly-sur-Seine confeziona un prodotto dagli aspetti estremamente divergenti e sconcertanti; ad una fotografia quasi lussuosa, molto simile ad una carrellata di piccoli quadri espressionisti, Rollin aggiunge una trama assolutamente inconsistente portata avanti in maniera confusa, quasi avulsa dalle immagini che scorrono sullo schermo.

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Ad appesantire ulteriormente il tutto c’è la tradizionale parsimonia di dialoghi, con lunghe sequenze praticamente mute.
Inaspettatamente però il risultato finale non può essere bocciato in toto, perchè il regista francese mescola aspetti sicuramente affascinanti come la scogliera solitaria e da incubo, la chiesa sconsacrata ripresa sopratutto di sera e quindi dall’atmosfera lugubre e claustrofobica con un finale molto cattivo, in cui c’è spazio per la morte di tutti i personaggi principali, buoni o cattivi che siano.

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Chi conosce Rollin sa che tra i 52 film che lui ha diretto la stragrande maggioranza ha trame a tratti inesistenti oppure esistenti e incomprensibili per lunghi tratti.
L’isola delle demoniache non fa eccezione, così come al solito la presenza di nudi femminili è massiccia anche se davvero poco erotica.
Anche le scene più forti, quelle di sesso tra le sorelle e il misterioso Cavaliere Crociato che custodisce il demone nella chiesa sconsacrata restano abbastanza freddine, non fosse altro per i minuti precedenti alle scene incriminate, in cui le due sorelle hanno passeggiato nude mano nella mano in un luogo che metterebbe i brividi a vederlo anche da fuori.

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Ecco, le scene della chiesa sono decisamente le migliori, anche se ancora una volta va sottolineneata l’abitudine di Rollin di usare un ritmo bassissimo, quasi sognante per illustrare le situazioni che man mano si sviluppano nel film.
Per le due parti principali, le due sorelle, Rollin sceglie Lieva Lone e Patricia Hermenier, la prima all’esordio cinematografico ( e anche alla sua ultima prova), la seconda reduce dal film di José Bénazéraf The french love; anche Patricia Hermenier darà l’addio con questo film alla sua inesistente carriera cinematografica.
Poichè alle due attrici non è chiesto di far altro che farsi violentare e andar in giro nude, senza praticamente proferir verbo, si può dire che assolvano al loro compito.

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Il resto del cast è nello standard tipico di Rollin, ovvero men che mediocre.
L’isola delle demoniache è comunque un passettino avanti per il regista francese, reduce da opere come Schiave del piacere o I desideri erotici di Christine, fatte molto probabilmente per la vil pecunia.
Qui Rollin osa fare qualcosa in più e come ho già detto il risultato è almeno da sufficienza.

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L’isola delle demoniache, di Jean Rollin– Con Joelle Coeur, Lieva Lone, Patricia Hermenier, John Rico, Willy Braque, Paul Bisciglia, Louise Dhour, Ben Zimet, Mireille Dargent, Miletic Zivomir, Isabelle Copejans, Yves Collignon, Véronique Fanis, Monica Swinn- Horror erotico, Francia/Belgio 1974

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Joëlle Coeur     …     Tina
John Rico         … il Capitano
Willy Braque         …     Bosco
Paul Bisciglia         …     Paul
Lieva Lone         … La prima Demoniaca
Patricia Hermenier         … La seconda Demoniaca
Louise Dhour          …     Louise
Ben Zimet          … L’esorcista
Mireille Dargent          …     Clown
Miletic Zivomir          … Il Demonio

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Regia: Jean Rollin
Sceneggiatura: Jean Rollin
Produzione: Pierre Quérut,Lionel Wallmann
Musiche : Pierre Raph
Editing: Michel Patient
Direzione artistica: Jio Berk

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gennaio 2, 2012 Pubblicato da: | Horror | , , , | Lascia un commento

7 femmine per un sadico

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Una ragazza completamente nuda corre per i boschi, inseguita da un alano scuro e da un uomo a cavallo armato di frusta;la fuga della ragazza braccata si conclude sull’orlo di una scarpata, quando viene raggiunta dall’uomo che la minaccia con la frusta, e la ragazza per sottrarsi alle scudisciate precipita nel vuoto e muore.
La scena cambia completamente e vediamo lo stesso uomo all’interno di uno studio,salutato dalla sua segretaria che gli augura un buon week end.

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Mentre percorre una strada di campagna, l’uomo si ferma per raccogliere una bella autostoppista, che invita nella sua tenuta in campagna; la scena cambia ancora e vediamo quello che sembra un sogno dell’uomo intento a frustare la ragazza dopo averla cosparsa di champagne. E’ un sogno, è realtà?
L’uomo è Boris Zaroff, discendente di una famiglia antica caratterizzata nel suo passato dalla presenza del germe della follia, esplicitato dal sadismo degli appartenenti alla famiglia stessa.
Boris invita la ragazza ad una passeggiata nei boschi, durante la quale tenta di violentarla; la ragazza gli resiste e lui dopo averla inseguita nei boschi con l’auto, la travolge, l’uccide e infine dopo averne caricato il corpo su una barca la getta in un lago. Subito dopo, vediamo l’uomo alle prese con quello che sembra un altro dei suoi ricordi, una bellissima donna che vive con lui in campagna, una donna che evidentemente ama, perchè con lei è premuroso, la corteggia e intrattiene contemporaneamente degli strani discorsi sulla vita e sulla morte.

Tornato in ufficio, Boris riceve la visita di una ragazza in cerca di lavoro.
L’uomo le propone l’assunzione a patto che la ragazza gli tenga compagnia per un week end nella sua dimora di campagna; la ragazza accetta, ma anche lei andrà incontro ad una sorte terribile.
La ragazza infatti (dopo il solito siparietto confuso tra sogno e realtà),finisce per essere sbranata dall’alano Edgar (!)
Subito dopo la morte della ragazza, nella dimora-castello di Zaroff arriva una coppia rimasta in panne con l’auto; anche in questo caso Boris si mostra magnanimo e invita i due a passare la notte nella casa.
Ma la donna, la notte, vede il maggiordomo di Borsi trasportare la ragazza morta e segna cosi la sua condanna a morte; verrà uccisa assieme al suo compagno in maniera assolutamente originale. Boris è sempre perseguitato dal ricordo della misteriosa donna, con la quale sogna ( o ricorda?) di fare l’amore, prima che la donna sfugga dirigendosi verso il laghetto della tenuta, nel quale la vediamo immergersi e scomparire sotto lo sguardo di Zaroff.
Subito dopo Boris si reca verso una tomba nella quale entra e trova il corpo della donna, composto e come se fosse vivo; mentre cerca di baciare la donna, il corpo si dissolve trasformandosi in uno scheletro e subito dopo la porta della cappella si rinchiude alle sue spalle.
A bloccare per sempre Boris ha provveduto il maggiordomo, che ha agito per vendicare la donna.

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Mi rendo conto che raccontato così il plot di 7 femmine per un sadico, più conosciuto come Les Week-ends maléfiques du Comte Zaroff possa sembrare confuso; in realtà ho dovuto far ricorso a tutte le mie capacità interpretative per decifrare la sceneggiatura di un film confuso, pasticciato e visionario come pochi.
Visionario nel senso più negativo del termine, attenzione.
Perchè nel film i continui inserti onirici lungi dal chiarire la trama la rendono ancora più farraginosa, mentre la suspence che dovrebbe essere l’asse portante della narrazione latita rendendo il prodotto finale poco più che un filmetto di serie Z.
La mancanza di un plot serio, come sarebbe stato lecito aspettarsi trattandosi della riduzione cinematografica del personaggio creato da Richard Connell, l’assoluta inespressività dell’attore e regista del film, Michel Lemoine che recita molto peggio dell’alano Edgar e la totale assenza di pathos rendono il film una palla mostruosa.
Unico elemento di consolazione, la parte estetico/erotica delle protagoniste, che in realtà non sono sette come accennato dal titolo malizioso; molto meglio sarebbe stato tradurre letteralmente Les Week-ends maléfiques du Comte Zaroff con un più indicato I week end maledetti del Conte Zaroff.

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Ma si sa, negli anni settanta (questo film è del 1976) un espediente mutuato dal passato era quello di inserire titoli ammiccanti per far abboccare gli spettatori più sprovveduti.
Che alla fine non avranno trovato gran che con cui divertirsi, fatte salve le grazie delle misconosciute Sophie Grynholc,Nathalie Zeiger ,Joëlle Coeur,Martine Azencot e Maria Mancini, molto generosamente esposte e che sono davvero l’unica cosa guardabile del film, assieme alla discreta prova di Howard Vernon che interpreta il maggiordomo.

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Un inizio folgorante, quello della ragazza che corre per i boschi inseguita dal cavaliere e dal cane e poi il nulla più assoluta, fatta salva la sequenza della morte della coppia che si avventura nel castello maledetto,e che finirà trafitta da una specie di Vergine di Norimberga che li unisce nella morte.
Davvero troppo, troppo poco anche per un film che aspira ad essere un onesto B movies.

Sette Femmine per un Sadico, un film di Michel Lemoine. Con Michel Lemoine, Nathalie Zeiger, Howard Vernon, Joelle Coeur,Nathalie Zeiger,Martine Azencot,Sophie Grynholc, Maria Mancini- Titolo originale Les week-ends maléfiques du Comte Zaroff. Francia 1976 Horror, durata 82 min.

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Michel Lemoine    …     Conte Boris Zaroff
Nathalie Zeiger    …     Muriel
Howard Vernon    …     Karl, cameriera di Zaroff
Joëlle Coeur    …     Anne
Martine Azencot    …     Joëlle
Robert de Laroche    …     Francis
Sophie Grynholc    …     Segretaria
Patricia Mionnet    …     Jeanne
Maria Mancini    …     Stephanie

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Regia: Michel Lemoine
Sceneggiatura: Michel Lemoine
Produzione: Denise Petitdidier, Armand Tabuteau    ,Yves Winter
Musiche: Guy Bonnet
Fotografia: Philippe Théaudière
Montaggio: Bob Wade
Trucco: Odette Berroyer

Le recensioni qui sotto appartengono al sito http://www.davinotti.com

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Discreto lavoro di Michel Lemoine, pessimo attore ma metteur en scène non privo di idee gustose, almeno per gli estimatori delle atmosfere sadico-fumettistiche: siamo, in effetti, in pieno “Oltretomba”, con tutti i parafernalia del caso, una riuscita storia nella storia di amour fou ultramondano, e naturalmente le passerone di prammatica, che tuttavia non sono affatto sette (ai titolisti non avrebbe fatto male un giretto nella sala delle torture. Decollo un po’ faticoso, ma poi molto divertente. Per cultori.

Debole thriller venato di fantastico, con qualche sprazzo horror, costituito da abbondanti inserti onirici ed erotici (del tutto gratuiti). La storia è piuttosto risaputa, il ritmo fiacco e non meraviglia se la noia sia abbastanza “robusta”. I momenti interessanti e divertenti sono davvero pochi. Visto quanto detto il film è tranquillamente evitabile.

Il figlio del conte Zaroff (proprio quello di La Pericolosa Partita) vive plagiato dal figlio del maggiordomo del defunto barone affinché incarni il sadismo del padre in una villa di campagna. Lemoine (che si è visto anche in Succubus) insieme al bravo caratterista franchiano Vernon, dirige e interpreta un buon film, che a parte un paio di punti in cui scade (la sequenza in cui la segretaria balla con un nero) confeziona una dignitosa ghost-story, con ottime musiche e scenografie

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marzo 16, 2011 Pubblicato da: | Horror | , | 2 commenti