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Il mercante di Venezia

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Sul finire del 1500,più o meno tra gli anni 1596 e 1598 ,William Shakespeare scrisse Il mercante di Venezia,
commedia all’apparenza leggera ma intrisa di tutto il pessimismo di cui il grande bardo disponeva a piene mani,
una condizione psicologica che riemerge come un marchio di fabbrica in buona parte della sua produzione.
Questa volta il grande bardo non crea qualcosa di totalmente nuovo,ma al contrario si affida ad un’opera di uno scrittore italiano,
Giovanni Fiorentino del quale praticamente non si conosce nulla,nè data di nascita o di morte e i cui natali sono ancora oggi avvolti nel mistero.
L’autore di Il pecorone,raccolta di cinquanta novelle, narrate in venticinque giornate aveva inserito nella sua opera una novella dal titolo Il Giannetto,
che viene ripresa nella sua quasi totalità da Shakespeare,che la modifica e la fa sua variandone solo alcune componenti.
Una delle caratteristiche dell’opera è l’antisemitismo,in qualche modo ripreso dal bardo dall’opera originale,del quale probabilmente
è solo portatore.Il personaggio di Shylock è odioso e conserva caratteristiche attribuite agli ebrei sia nell’epoca storica in cui è ambientata la storia
sia nel periodo nel quale visse Shakespeare,al quale tuttavia,ripeto,non si può attribuire un antisemitismo tout court.
La tradizione del teatro inglese era quella,lui si limita a seguirne le tracce;gli ebrei erano malvisti quando non sopportati o peggio,odiati.

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Aldilà di questo,la commedia shekspiriana è abbastanza complessa come struttura,ovviamente ricca di dialoghi,come al solito colmi di battute significative,come
io considero il mondo per quello che e’ : un palcoscenico nel quale ognuno deve recitare una parte, e la mia e’ una parte triste” o la più triste e vera “Possiamo chiudere con il passato, ma il passato non chiude con noi.
Il Mercante di Venezia non ha mai affascinato i registi o il mondo del cinema più in generale;a parte la complessità dei dialoghi,proprio il forte antisemitismo dell’opera ha scoraggiato adattamenti cinematografici,inoltre sicuramente non ha mai giovato il cupo intimismo del quale è pervasa l’opera.
Nel 1952 Pierre Billon aveva portato sugli schermi l’opera (nel cast il grande Albertazzi,Massimo Serato,Renato De Carmine) ma con scarso successo di critica e ancor meno di pubblico.
Ci prova nel 2004 Michael Radford,4 anni dopo il discreto successo di Dancing at the Blue Iguana;il risultato è un’opera di ottimo livello,ben giudicata dai critici ma che fallisce clamorosamente al botteghino,facendo perdere alla produzione 10 milioni di dollari (fra i produttori la nostra Edwige Fenech)
I motivi dell’insuccesso sono da ricercarsi paradossalmente nella trasposizione fedele dell’opera;lo Shakespeare cinematografico non è mai stato amato dai puristi,legati al testo e alla rappresentazione teatrale,mentre ai giovani il drammaturgo/poeta di Stratford-upon-Avon è sempre risultato indigesto.

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Ragion per la quale ci troviamo di fronte ad un’opera sicuramente godibile ma snobbata dal box office.
Ingiustamente,certo,ma alla fine sono gli spettatori a pagare il biglietto e tanto deve bastare.
La storia è quella raccontata dal bardo,ovvero l’infatuamento di Bassanio per la bella Porzia,ricca e affascinante ereditiera.
Bassanio,per superare una prova che gli consentirà di impalmare la bella Porzia,è costretto a chiedere all’amico Antonio 3000 ducati,che non li possiede,pur essendo ricco.
Gran parte del suo patrimonio è infatti investito in navi da carico,così per accontentare l’amico decide di rivolgersi al ricco mercante ebreo Shylock per farseli prestare.
Al quale non sembra vero di avere un’opportunità del genere;egli detesta i cattolici,detesta Antonio perchè presta soldi gratuitamente,rovinando così i suoi affari.
Shylock quindi propone il prestito ad Antonio con una clausola crudele;l’uomo avrà i suoi ducati,ma se non li restituirà entro tre mesi dovrà ripagare l’ebreo con una libbra della sua carne.
Antonio accetta e cosi Bassanio può superare la prova imposta per ambire alla mano di Porzia.
Ma nel frattempo viene comunicato che le navi attese da Antonio hanno fatto naufragio (nell’originale del testo il Doge non fa attraccare le navi per la peste) e di conseguenza Antonio è insolvente nei confronti di Shylock.
Si finisce davanti al Doge,con l’ebreo che implacabilmente chiede la riscossione del suo credito,nonostante Bassanio,sorretto economicamente dalla ricca Porzia offra il doppio del debito.

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Il Doge,non trovando nei testi di legge nulla che possa essere contestato a Shylock,decide di affidarsi alla sua clemenza;ma l’implacabile ebreo avrebbe partita vinta non fosse per il provvidenziale intervento di Porzia,che,travestita da avvocato,fa notare che la riscossione del debito ovvero l’escissione della libbra di carne,debba avvenire senza far cadere una sola goccia di sangue di un cristiano.
Shylock,rendensosi conto dell’impossibilità della cosa,è costretto a cedere e come punizione dovrà convertirsi al cristianesimo…
Il mercante di Venezia di Michael Radford è,in definitiva,una buona trasposizione del testo shekspiriano,impreziosito da un’elegante veste grafica (location,costumi e fotografia da applausi) e sopratutto dalla prova di bravura del principale interprete del film,o perlomeno colui che svetta sugli altri dall’alto di una recitazione drammatica senza pari del personaggio odioso e avvilente di Shylock l’ebreo,quell’Al Pacino che avrebbe sicuramente meritato l’Oscar per la grande interpretazione fornita.
Mai sopra le righe,ma con la sua carismatica figura,con tutta la teatralità naturale che lo distingue,Al Pacino tocca il vertice della bravura.
Bravi anche gli altri interpreti,ma due gradini sotto;Jeremy Irons e Joseph Fiennes,rispettivamente Antonio e Bassanio fanno bene il loro compito,ma nulla più.
Gelida,un vero ghiacciolo,la bella Lynn Collins.

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Ad aggiungere carisma alla figura di Shylock,la splendida voce di Giancarlo Giannini nel doppiaggio,un valore aggiunto senza pari.
Sicuramente un’opera di gran pregio,che però non mi sento di consigliare a tutti;il film in pratica è una gara di dialoghi,in pieno rispetto del testo del grande bardo e pertanto gli amanti del cinema “movimentato” potrebbero trovarlo soporifero,
come del resto evidenziato da tantissime critiche negative lette tra le recensioni dei lettori in rete.
Per gli amanti di Shakespeare l’occasione per vedere su pellicola una bella trasposizione non lontana dalla algida bellezza del posto deputato alle rappresentazioni delle opere del drammaturgo inglese,il palcoscenico di un teatro.

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Il mercante di Venezia

Un film di Michael Radford. Con Al Pacino, Jeremy Irons, Joseph Fiennes, Mackenzie Crook, Julian Nest,Lynn Collins, Ben Whishaw
Titolo originale The Merchant of Venice. Drammatico, durata 124 min. – Gran Bretagna, Italia 2004

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Il mercante di venezia banner protagonisti

Al Pacino: Shylock
Jeremy Irons: Antonio
Joseph Fiennes: Bassanio
Lynn Collins: Porzia
Zuleikha Robinson: Jessica
Kris Marshall: Graziano
Charlie Cox: Lorenzo
Heather Goldenhersh: Nerissa
Mackenzie Crook: Lancillotto Gobbo
John Sessions: Salerio
Gregor Fisher: Solanio
Ron Cook: Vecchio Gobbo
Allan Corduner: Tubal
Tony Schiena: Leonardo
Al Weaver: Stefano
Anton Rodgers: Doge
David Harewood: Principe del Marocco

Giancarlo Giannini: Shylock
Massimo Corvo: Antonio
Christian Iansante: Bassanio
Connie Bismuto: Portia
Perla Liberatori:Nerissa
Riccardo Niseem Onorato: Graziano
Francesco Pezzulli: Lorenzo
Fabrizio Vidale: Lancillotto Gobbo
Stefano Mondini: Salerio
Giuliano Santi: Solanio
Dante Biagioni: Vecchio Gobbo
Michele Kalamera: Doge
Pino Insegno: Principe del Marocco

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Regia Michael Radford
Soggetto da William Shakespeare
Sceneggiatura Michael Radford
Produttore Cary Brokaw, Barry Navidi, Jason Piette, Edwige Fenech, Michael Lionello Cowan
Produttore esecutivo Manfred Wilde, Michael Hammer, Peter James, James Simpson, Alex Marshall, Robert Jones
Fotografia Benoît Delhomme
Montaggio Lucia Zucchetti
Effetti speciali Sean Farrow
Musiche Jocelyn Pook
Scenografia Bruno Rubeo

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-“L’uomo che non ha alcuna musica dentro di se è nato per il tradimento,per gli inganni, per le rapine.”
-“Shyloc:
Mi ha maltrattato, gioito delle mie perdite, disprezzato i miei guadagni, raffreddato i miei amici,
riscaldato i miei nemici, insozzato il mio abito, disprezzato il mio popolo e per quale motivo?
Perchè sono ebreo! Forse che un ebreo non mangia come gli altri esseri umani? Se lo pungete non prova dolore?
Non si ammala delle stesse malattie dei gentili? E non si cura con le stesse medicine?”
-“Vostro padre era uomo assai virtuoso, ed i sant’uomini, in punto di morte, sono sempre, si sa, bene ispirati”
-“Ma la misericordia è al di sopra di questo potere scettrato,essa ha il suo trono nei cuori dei re,è un attributo dello steso dio;
e il potere terreno appare più simile quando la misericordia tempera la giustizia.”
-“Il mondo e’ ancora ingannato dalle apparenze.”
-“Sarebbe meglio se alle parole seguissero i fatti.”
-“Fled with a Christian! O my Christian ducats!Justice, the law, my ducats, and my daughter!”
(Fuggita con un cristiano! o i miei ducati!Giustizia,la legge ,i miei ducati,e mia figlia!)

Il mercante di venezia banner recensioni
Opinioni tratte dal sito http://www.davinotti.com

Galbo

Adattamento cinematografico dell’opera di Shakespeare, Il Mercante di Venezia è la storia di Antonio ricco commerciante che chiede un grosso prestito all’ebreo Shylock.
Girato nella città lagunare, il film di Michael Radford è stato realizzato con notevule cura per i dettagli (costumi, scenografia) tale da costituire uno spettacolo
molto godibile anche per la grande interpetazione di Al Pacino che da al protagonista un tono sofferto ed umiliato e offre una delle sue migliori prove d’attore.
Cotola

Mediocre trasposizione del capolavoro scespiriano i cui risultati sono insoddisfacenti a causa di una sceneggiatura scialba e leccata che non taglia a dovere lo scritto.
Certo c’è Pacino che fornisce una bella prova (anche se chi l’ha sentito in originale ha avuto un po’ da ridire) ed anche Irons non è male, ma per il resto anche le prove attoriali non soddisfano appieno. Un capolavoro del genere avrebbe meritato ben altro trattamento.

Caesars

Corretta trasposizione cinematografica della celebre opera di Shakespeare, che trova nell’intensa recitazione di Al Pacino il suo punto di forza. Buono comunque anche il cast di contorno,
capitanato da Jeremy Irons, così come bella è la fotografia (aiutata dall’ambientazione veneziana). Forse si poteva fare di più, ma il film risulta complessivamente molto godibile e Radford dirige, correttamente,
senza troppi voli pindarici. Merita la visione.

Rigoletto

Rivedendolo l’ho ridimensionato perchè, al di là della buona ricostruzione storica, manca di quella passione necessaria in un’opera di tale portata, riducendo il tutto a un puro esercizio di stile
se non fosse per la grandiosa attrazione “Pacino-centrica” esercitata da Al sui comuni mortali. Una prova maiuscola che, già da sola, vale il prezzo del biglietto e capace di coprire tutte le altre magagne del film
(inclusa la non brillantissima performance di Irons). Resto del cast così così (troppo algida la Collins).

L’opinione di Argan dal sito http://www.filmtv.it

Una serie di capovolgimenti di punti di vista stupendi, lo spettatore viene sballottato da una parte all’altra, cambia più volte opinione e si ritrova a volte dalla parte di uno e a volte dalla parte dell’altro protagonista
(o almeno questo è quello che mi è successo), anche se forse non era questa l’idea del regista (ma magari era l’idea di Shakespeare), non comprendo poi che senso hanno i “travestimenti” alla fine del film e della commedia
(già annunciati ed abbastanza evidenti e perciò anche privi di un minimo di “sorpresa”).

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Testo originale della commedia

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luglio 18, 2016 Posted by | Drammatico | , , , | 2 commenti

Il padrino

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Quando i dirigenti della Paramount, la grande casa di produzione cinematografica americana fondata da Zukor acquisirono i diritti del romanzo di Mario Puzo Il padrino  non immaginavano certo che avrebbero incontrato tante difficoltà per ridurre il romanzo stesso prima in una sceneggiatura e poi in un film sul quale aveva deciso di scommettere con molta audacia.
La genesi di una delle opere cinematografiche più famose della storia, che ebbe anche due sequel e che si trasformò contemporaneamente in una delle saghe più belle della storia del cinema e in un’operazione commerciale di straordinario successo, è quanto di più complesso si possa immaginare.
Robert Evans, il capo indiscusso della Paramount chiamò alcuni registi famosi offrendo loro di dirigere il film con un budget notevole, segno che la casa di produzione credeva fermamente nel progetto.

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Marlon Brando

Inaspettatamente registi del calibro di Sergio Leone, Elia Kazan, Arthur Penn e Costa Gavras declinarono gentilmente l’invito; il genere mafia movie era ancora considerato poco appetibile e fondamentalmente dequalificante per un regista di fama, così l’incredulo Evans dopo aver scartato il grande Peckinpah, che voleva libertà d’azione ma che aveva anche problemi gravi a livello psicologico (abusava di farmaci e whisky) puntò su Francis Ford Coppola, un regista praticamente sconosciuto che aveva alle spalle solo 4 film peraltro diretti in un arco temporale di 8 anni.
La scelta dell’attore protagonista si rivelò ancora più difficile; Coppola ovviamente voleva fare a modo suo mentre i vertici della Paramount avevano idee differenti.

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Alla fine la spuntò Coppola, che dovette scontrarsi con collaboratori e dirigenti; in effetti la scelta di Marlon Brando era molto rischiosa in quanto il grande attore di Omaha non aveva certo l’età per interpretare il patriarca della famiglia Corleone, Don Vito.
Alcune sedute di trucco e dell’ovatta infilata nella bocca trasformarono Brando nella maschera divenuta poi celebre.
Altrettanto laboriosa fu la scelta del resto del cast; per il ruolo di Michael, figlio di Don Vito, si scatenò una vera guerra tra il regista e la produzione.
Ma Coppola, per sua e nostra fortuna difese a spada tratta le sue scelte e chiamò  l’illustre sconosciuto Al Pacino per ricoprire il ruolo delicatissimo di Michael.

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L’attore di New York aveva all’attivo solo un paio di partecipazioni, la seconda delle quali era stata quella in Panico a Needle Park; Coppola testardamente andò avanti e completò il cast con Robert Duvall,James Caan, Diane Keaton e con gli altri attori che grazie al successo di Il padrino ebbero una visibilità internazionale senza precedenti.
Come sappiamo, il film fu un successo assolutamente straordinario, tanto che il film vinse tre Oscar su 11 nomination (Miglior film, Miglior attore protagonista per Marlon Brando, Migliore sceneggiatura non originale per Francis Ford Coppola e Mario Puzo), si aggiudicò 4 Golden Globe e in Italia due David di Donatello.
Tutto il mondo applaudì un film tecnicamente perfetto splendidamente recitato e appasionante come pochi.
Avvenimento più unico che raro, Il padrino fu salutato da larga parte della critica come uno dei film più importanti della storia del cinema, cosa poi amplificata negli anni successivi dalla costruzione di un mito che vede il film di Coppola come una delle opere imprescindibili della cinematografia di tutti i tempi.

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Ma quali sono i meriti effettivi del film di Coppola, perchè ha avuto tanta fama e perchè ha affascinato generazioni di spettatori?
In primis il merito fondamentale va a Coppola, capace di ricavare dal romanzo di Puzo un affresco vivo e affascinante sull’America degli anni 40 (con incursioni nel passato e quindi all’origine del fenomeno della criminalità organizzata), realizzato tramite una storia senza cedimenti e senza pause.
Un film che dura 175 minuti, un’eternità cinematograficamente parlando ma che passano in un lampo, tante e tali sono le situazioni e le storie intimamente collegate che fanno del Padrino il classico film che tiene incollati alla poltrona.
Poi la grandissima resa del cast, che Coppola fortissimamente volle e che rispose con caratterizzazioni rimaste nella storia del cinema, a partire da quella di Marlon Brando che diventò un autentico mito grazie alla maschera di uomo duro, di criminale ma con tanto di codice d’onore.
La mafia uccide, la mafia significa traffici illeciti e tutto il peggio che ciò comporta, ma Don Vito Corleone appare quasi un eroe nella sua capacità di rifuggire quando può dall’uso della violenza. Crede nell’amicizia, nella famiglia e gestisce i suoi affari senza crudeltà inutili.
E’ un malvivente, ma di quelli che riescono anche a suscitare simpatia.

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Simonetta Stefanelli

E Brando trasforma il suo personaggio in qualcosa di vivo e pulsante, un personaggio negativo che però ha dei valori che la sua famiglia in qualche modo rispetta e venera.
Accanto a lui si muovono gli altri protagonisti della saga, ovvero il cinico Michael, dapprima riluttante e poi braccio destro fedele del padre e suo vendicatore nonchè suo sostituto alla guida della famiglia.
Al Pacino diventa anch’esso un simbolo e da quel momento diverrà uno degli attori più stimati di Hollywood, tanto da essere in seguito definito uno degli attori più importanti della storia stessa del cinema.
A differenza di Brando, Pacino avrà modo di rinverdire la sua fama anche grazie ai due successivi sequel che porteranno a compimento la saga della famiglia Corleone.

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Un altro protagonista importantissimo, anche se in un ruolo leggeremente defilato è Robert Duvall, quel Tom Hagen che è il braccio nell’ombra del Padrino, il figlio adottato che venera Don Vito e che in seguito mostrerà tutto l’affetto per la famiglia Corleone diventando il braccio destro di Michael.
Ancora, c’è James Caan, il figlio prediletto del boss, irruento e così differente dal padre e da Michael e che finirà ucciso coinvolgendo proprio Michael in una guerra che non avrebbe voluto. Bravissimo, Caan, nel mostrare forza e testardaggine; è violento e testone, ribelle ma anche profondamente legato a quel padre che non condivide la sua maniera di gestire gli affari ma che lo adora senza riserve.

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Diane Keaton

La famiglia Corleone è composta anche da Connie Corleone, interpretata splendidamente da Talia Shire (Tania Rose Coppola, sorella del regista), la donna che per prima si sposa con l’uomo che tradirà la famiglia e che morirà per ordine di Michael, da Fredo che è il vero punto debole della famiglia.
Fredo è un giovane con qualche problema, timido e privo della forza di carattere che è a caratteristica del padre e dei suoi fratelli; John Cazale, che interpreta Fredo riserva al suo personaggio quell’aria spaurita che sarà la caratteristica peculiare nel secondo film della saga, quando troverà la morte per ordine del fratello Michael.
La famiglia Corleone è questa, ma attorno ad essa ruotano altri personaggi che in un modo o nell’altro finiranno per condividerne le sorti; c’è Kay Adams, compagna di studi di Michael che lo sposerà e gli darà un figlio, interpretata da una bellissima Diane Keaton, c’è Apollonia, prima moglie di Michael, da quesi sposata in Sicilia e morta in un attentato esplosivo.

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Apollonia è interpretata dalla bella Simonetta Stefanelli, che resta in scena poco tempo ma che dette vita al personaggio forse più rimpianto dagli spettatori, la giovane e ingenua ragazza siciliana che sposa il suo amore e che finisce per morire in maniera assurda e tragica.
Ci sono ancora tanti personaggi che costellano la storia, ma occorrerebbe uno spazio enorme per descriverli tutti.
Perchè la caratteristica del Padrino è proprio quella di mostrare uno spaccato di vite che ruotano attorno alla famiglia Corleone; dal boss rivale Sollozzo (il trafficante) a Tattaglia, un altro boss rivale passando per Clemenza (amico di Don Vito) e per Carlo Rizzi (il marito di Connie).
Personaggi che si muovono sullo sfondo di una New York malavitosa e violenta, nella quale anche la polizia ha i suoi problemi, tra mele marce come il capitano ucciso da Michael e le tangenti che vengono pagate agli agenti per chiudere un occhio.
Se vogliamo, un altro dei pregi del film è proprio la capacità descrittiva di un ambiente in cui convivono tante realtà in modo precario e in equilibrio instabile; c’è la lotta tra bande, ci sono omicidi per il controllo del territorio e degli affari più loschi mentre si affaccia prepotente il bussines dei bussines, l’affare del secolo ovvero il traffico e lo spaccio della droga.

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James Caan

In un mosaico così organico come può mancare una colonna sonora adeguata?
Il motivo portante del film, opera del maestro Nino Rota, è avvolgente e sinuoso e finisce per diventare immediatamente riconoscibile, un autentico marchio di fabbrica che finirà per diventare anch’esso un best sellers.
A ben guardare Il padrino è il più italiano dei film di Hollywood e non solo perchè parla di mafia e di una famiglia italiana.
Coppola è italo americano, essendo figlio di una famiglia di origini lucane, Mario Puzo lo è anche lui perchè la sua famiglia è di origini campane, così come italianissimo è il maestro Nino Rota; di origini italiane è Al Pacino, italo americano è Lombardi che è direttore degli effetti speciali.
Il plot del film è conosciutissimo per cui è perfettamente inutile riassumere una trama che ormai tutti conoscono nei minimi dettagli.
Val la pena invece ricordare che Coppola in fase di sceneggiatura con l’ovvia consulenza di Puzo decise di sveltire la trama del film eliminando alcune cose presenti nel romanzo, come il piano ideato da Don Vito per far rientrare suo figlio Michael dall’esilio siciliano in seguito all’omicidio del Capitano di polizia, la parte dedicata al tormentato matrimonio tra Kay e Michael con la breve separazione tra i due coniugi, il personaggio di Jules, nuovo compagno di Connie e altre parti descrittive giudicate cinematograficamente poco proponibili.

Il Padrino, come dicevo agli inizi, è un affresco grandioso e affascinante; Coppola, dopo il grande successo del film si vide immediatamente proporre un sequel e due anni dopo lo realizzò, centrando un altro successo di portata planetaria.
Il padrino – Parte II (The Godfather: Part II), realizzato nel 1974 non solo si rivelò un successo ma superò come riconoscimenti il film precedente, vincendo 6 Oscar su 11 nomination. Coppola bissò l’Oscar alla regia centrando un record che sarà uguagliato solo da Il signore degli anelli, vincere cioè due Oscar consecutivi con il film pilota e poi con il sequel.

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A 16 anni di distanza, nel 1990 venne girata la parte finale della saga, Il padrino – Parte III (The Godfather: Part III) : il film ebbe successo, ma inaspettatamente venne bocciato alla notte degli Oscar, dove su 7 nomination non portò via nemmeno un premio. La giuria scelse come film dell’anno Balla coi lupi, che fece incetta di premi proprio a spese del capitolo conclusivo della saga del Padrino.
Oggi il primo film di Coppola sulla famiglia Corleone è considerato, dall’American Film Institute come il terzo film statunitense più importante della storia, dietro Casablanca e  Quarto potere.

Il padrino
Un film di Francis Ford Coppola. Con Marlon Brando, James Caan, Al Pacino, Robert Duvall, Diane Keaton,
Richard Castellano, Sterling Hayden, John Marley, Richard Conte, Al Lettieri, Abe Vigoda, Talia Shire, Gianni Russo, John Cazale, Julie Gregg, Tony Giorgio, Salvatore Corsetto, Rudy Bond, Cardell Sheridan, Vito Scotti, Angelo Infanti, Alex Rocco, Franco Citti, Richard Bright, Corrado Gaipa, Victor Rendina, Saro Urzì, Simonetta Stefanelli, Jeannie Linero, John Martino, Tere Livrano, Al Martino, Salvatore Corsitto, Ardell Sheridan, Lenny Montana, Morgana King
Titolo originale The Godfather. Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 175 min. – USA 1972.

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Marlon Brando: Don Vito Corleone
Al Pacino: Michael Corleone
James Caan: Santino Corleone
Robert Duvall: Tom Hagen
Diane Keaton: Kay Adams
Talia Shire: Constanzia Corleone
John Cazale: Fredo Corleone
Richard Castellano: Peter Clemenza
Abe Vigoda: Salvatore Tessio
Sterling Hayden: Mark McCluskey
Al Lettieri: Virgil Sollozzo
Gianni Russo: Carlo Rizzi
Corrado Gaipa: Don Tommasino
Al Martino: Johnny Fontane
John Marley: Jack Woltz
John Martino: Paulie Gatto
Lenny Montana: Luca Brasi
Richard Conte: Emilio Barrese (Barzini)
Alex Rocco: Moe Greene
Salvatore Corsitto: Amerigo Bonasera
Julie Gregg: Sandra Corleone
Simonetta Stefanelli: Apollonia Vitelli
Saro Urzì: Sig. Vitelli
Angelo Infanti: Fabrizio il Pastore
Franco Citti: Calò

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Regia     Francis Ford Coppola
Soggetto     Mario Puzo (romanzo)
Sceneggiatura     Mario Puzo, Francis Ford Coppola
Produttore     Albert S. Ruddy
Casa di produzione     Paramount Pictures
Fotografia     Gordon Willis
Montaggio     William Reynolds
Peter Zinner
Effetti speciali     Paul J. Lombardi
Musiche     Nino Rota
Scenografia     Dean Tavoularis
Costumi     Anna Hill Johnstone

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Giuseppe Rinaldi: Don Vito Corleone
Ferruccio Amendola: Michael Corleone
Pino Colizzi: Santino Corleone
Cesare Barbetti: Tom Hagen
Mario Laurentini: Peter Clemenza
Elio Zamuto: Salvatore Tessio
Riccardo Cucciolla: Fredo Corleone
Vittoria Febbi: Kay Adams
Rita Savagnone: Connie Corleone
Gino Donato: Mark McCluskey
Arturo Dominici: Virgil Sollozzo
Michele Gammino: Carlo Rizzi
Sergio Graziani: Jack Woltz
Gigi Reder: Paulie Gatto
Guido Celano: Luca Brasi
Arturo Dominici: Amerigo Bonasera
Donatella Gambini: Apolonnia Vitelli

 

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Incipit del romanzo di Puzo

Amerigo Bonasera sedeva nella III Sezione Penale della Corte di New York in attesa di giustizia; voleva vendicarsi di chi aveva tanto crudelmente ferito sua figlia e, per di più, tentato di disonorarla.
Il giudice, un uomo servero dai lineamenti pesanti, si arrotolò le maniche della toga nera, come se intendesse punire fisicamente i due giovanotti in piedi davanti al banco. Il suo viso esprimeva freddamente un maestoso disprezzo. In tutto questo, tuttavia, c’era qualcosa di falso che Amerigo Bonasera intuiva, ma non comprendeva ancora.
“Avete agito come la peggior specie di degenerati” disse aspramente il giudice. Sì, sì, penso Amerigo Bonasera. Animali. Animali. I due giovanotti, capelli lucidi tagliati a spazzola, viso tutto acqua e sapone in atteggiamento di umile contrizione, chinarono il capo in segno di sottomissione.
Il giudice continuò: “Avete agito come bestie selvagge in una giungla e siete fortunati di non aver abusato di quella povera ragazza, altrimenti vi avrei mandato in prigione per vent’anni”. Fece una pausa e gli occhi sotto le sopracciglia straordinariamente folte ebbero un lampo furtivo verso il volto olivastro di Amerigo Bonasera; poi li abbassò su un cumulo di rapporti mensili di libertà sulla parola che aveva davanti. Aggrottò le sopracciglia e si strinse nelle spalle, come per mostrarsi convinto suo malgrado. Parlò di nuovo.
“Tuttavia, grazie alla giovane età, al fatto che siete incensurati e appartenete a famiglie rispettabili, dato che la legge nella sua magnanimità non cerca vendetta, io con questa sentenza vi condanno a tre anni di reclusione. Condanna con la libertà condizionale.”

– Sonny Corleone: Hai saputo? Il Turco vuole trattare. Bella faccia di corno, quel figlio di puttana! Ieri sera la presa nel culo e oggi vuole trattare.
– Michael Corleone: Cos’ha detto?
– Sonny Corleone: E che deve dì? Piripì, perepè, perepà, perepù; vuole che mandiamo Michael a sentire le sue proposte. E fa sapere che l’offerta sarà così buona, che non potremo rifiutare
Per la giustizia dobbiamo andare da don Vito Corleone.

Quando colpiscono, colpiscono quelli che amiamo.

La droga deve essere controllata come un’industria per mantenerla rispettabile! Non la voglio vicino alle scuole. Non la voglio in mano ai bambini! Questa è un’infamità. Nella mia città limiteremo il traffico ai negri e alla gente di colore. Tanto sono bestie, anche se si dannano peggio per loro.

“Santino… vieni qua! Ma che fai Oh. Il tuo cervello che si è rammollito a furia di correre appresso a quella… a quella li? Mai dire a una persona estranea alla famiglia quello che c’hai nella testa.”

Michael Corleone:”Mio padre non è diverso da qualunque altro uomo di potere, da qualunque abbia responsabilità di altri uomini. Come un senatore, un presidente”
Kay Adams:”Non vedi come è ingenuo quello che dici?”
Michael Corleone:”Perchè?”
Kay Adams:”Senatori e Presidenti non fanno ammazzare la gente”
Michael Corleone:”Chi è più ingenuo Kay?”

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gennaio 31, 2012 Posted by | Capolavori | , , , , , , | Lascia un commento

L’avvocato del diavolo

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Vivere in una cittadina di provincia, essere un ottimo avvocato con un curriculum impressionante di vittorie, avere una moglie bellissima e una casa adeguata ed  infine essere un uomo affascinante e pieno di glamour.
Un sogno.
Eppure Kevin Lomax incarna tutto questo, è l’americano di successo, forse senza scrupoli ma sicuramente avviato ad una vita ricca di soddisfazioni.
Ma spesso anche l’avere tutto può sembrare limitativo, così quando uno studio legale di New York decide di assumerlo, Kevin non ha bisogno poi di pensarci molto.
Ha vinto un difficile processo in cui ha difeso un professore dall’accusa di essere pedofilo ed è sempre più sulla cresta dell’onda.

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Keanu Reeves è Kevin Lomax

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Charlize Theron è Mary Ann,la moglie di Kevin

Così accetta di parlare con il capo dello studio legale, John Milton che è personaggio ambiguo ma anch’esso pieno di fascino e sopratutto molto ma molto convincente quando propone a Kevin di diventare l’avvocato numero uno della città.
Poco alla volta Kevin si imbarcherà in difese di potenziali omicidi, invaghito sempre più dello status symbol americano che ti porta in qualche modo a vendere l’anima al diavolo pur di avere successo.
Questo poi è quello che accade a Kevin, che poco alla volta scivola sempre più verso un abisso in cui il male in pratica non esiste, ma esite solo l’appagamento del proprio ego.
Intreccia una relazione proibita con la splendida Christabella Andreoli trascurando la giovane moglie Mary Ann.
La donna inizia a non capire più il marito, anche se frastornata dal successo dello stesso e dall’improvvisa ricchezza che li avvolge nella sua spirale di perdizione.

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Al Pacino è John Milton

Mary Ann, circondata da oscuri eventi, presagi e altri stani accadimenti si avvia sull’orlo di una pericolosa crisi schizofrenica, mentre Kevin si allontana sempre più inseguendo il miraggio del successo.
Ma il successo ha un prezzo elevatissimo e Kevin si appresta a pagarlo.
Mary Ann, sempre più sconvolta si suicida e il giovane avvocato scopre che Milton altri non è che il signore dei demoni, Satana in persona che lo ha spinto a seguire la strada che conduce dritta all’inferno……
L’avvocato del diavolo esce nelle sale nel 1997, dieci anni dopo un altro film dedicato ai signori del male, Angel heart ascensore per l’inferno, nel quale troviamo non Satana ma Lucifero nel ruolo di tentatore e traviatore dell’anima di Angel.

 

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La differenza tra i due film è notevolissima, l’unico punto di contatto è nella presenza di due tra i più grandi attori di Hollywood, ovvero Robert De Niro in Angel heart e Al Pacino in questo Avvocato del diavolo.
Se De Niro aveva interpretato quasi come comparsa il ruolo di Louis Cyphre, caratterizzandolo però con il suo mostruoso talento e rendendo il suo personaggio indimenticabile pur nella brevità del tempo passato in scena nella pellicola, Al Pacino ha molto più spazio a disposizione e ne approfitta per giganteggiare a tal punto che se non ci fosse stato un ottimo Keanu Reeves a fargli da contraltare, alla fine avrebbe completamente oscurato tutti.
Il film naviga tra diversi generi, ispirandosi al thriller, all’horror e al cinema drammatico in senso stretto.
Taylor Hackford, il regista, predilige il tono drammatico, raccontando una New York affamata, assetata di successo e contemporaneamente popolata di gente che dietro una maschera di rispettabilità nasconde vizi e debolezze in egual misura.

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E’ una città con un’anima sporca, tutta in nero, come del resto sottolineato dal brano dei Rolling Stones Paint it black; c’è arrivismo, c’è competizione e tutti sono disposti a tutto pur di diventare qualcuno.
Kevin a ben guardare altro non è che l’immagine offuscata di questa società opulenta e marcia.
Rappresenta il successo voluto a tutti i costi e con qualsiasi metodo, come dimostrerà accettando cause ambigue proposte dal suo satanico padre.
Che non solo lo guiderà attraverso una scalata al successo in cui Kevin perde se stesso, ma che finirà per fargli perdere anche l’affetto di Mary Ann, vittima incolpevole della smodata ambizione del marito.
Kevin corrompe se stesso e facendolo danna la sua umanità, ma non solo; lui non lo sa, ma è solo una pedina di un gioco enorme e nel finale scopriremo che Satana lo ha generato e guidato per motivi precisi.
Lui deve generare un figlio e deve farlo con una donna infernale, non con l’angelica Mary Ann; e poichè Kevin è bello ed affascinante ecco che il ruolo di Christabella Andreoli è anche piacevole.
Kevin si renderà conto dell’errore e cercherà di porvi riparo, ma….

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Un film molto bello, che può rivaleggiare con il citato Angel heart Ascensore per l’inferno e non solo per la trama scorrevole e la buona sceneggiatura.
La tensione si mantiene alta nel film e poichè si spazia da momenti drammatici a momenti in cui c’è la stessa tensione di un giallo lo spettatore segue con piacere l’evolversi della storia sullo schermo.
Kevin non è particolarmente simpatico, come personaggio, così quando il film finisce tutto sommato non si rimpiange affatto il destino che lo attende; Keanu Reeves bello e affascinante come un angelo fa la sua parte con moderazione e sobrietà, senza sbracare.
La bellissima Charlize Theron interpreta in maniera convincente la virginea Mary Ann, forse l’unica vera vittima incolpevole della storia.
Ma il male deve prevalere, alla fine e lei che ha seguito il marito nella grande mela senza tanta convinzione, spinta solo dall’amore è la preda dell’olocausto,la vittima sacrificale delle ambizioni del marito.

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Di Pacino ho già detto; difficile trovare un solo errore nella sua parte tanto che se si dovesse raffigurare in maniera terrena Satana probabilmente si potrebbe ricorrere a lui per dipingerlo in un quadro di ispirazione infernale.
Brava anche Connie Nielsen, ambigua e sottilmente erotica.
Un film decisamente riuscito che continua a trovare nuovi estimatori, segno che Taylor Hackford, autore per altro del vedutissimo Ufficiale e gentiluomo, di Il sole a mezzanotte e di Due vite in gioco ha saputo cogliere nel segno.
Il regista di Santa Barbara ha diretto 13 film, non molti per la verità, ma tutti con in comune un senso rigoroso del ritmo.

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L’avvocato del diavolo
Un film di Taylor Hakford. Con Al Pacino, Charlize Theron, Keanu Reeves, Jeffrey Jones, Judith Ivey,Connie Nielsen, Craig T. Nelson, Tamara Tunie, Ruben Santiago-Hudson, Debra Monk, Vyto Ruginis, Laura Harrington, George Wyner, Pamela Gray, Heather Matarazzo, Chris Bauer
Titolo originale The Devil ’s Advocate. Thriller, durata 144 min. – USA 1997.

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L'avvocato del diavolo banner personaggi

Keanu Reeves: Kevin Lomax
Al Pacino: John Milton / Satana
Charlize Theron: Mary Ann
Jeffrey Jones: Eddie Barzoon
Judith Ivey: Sig.ra Alice Lomax
Connie Nielsen: Christabella Andreoli
Craig T. Nelson: Alexander Cullen
Tamara Tunie: Sig.ra Jackie Heath
Ruben Santiago-Hudson: Leamon Heath
Debra Monk: Pam Garrety
Vyto Ruginis: Mitch Weaver
Laura Harrington: Sig.ra Melissa Black
Pamela Gray: Sig.ra Diana Barzoon
Heather Matarazzo: Barbara
George Wyner: Meisel
Leo Burmester: procuratore della Florida
Chris Bauer: Lloyd Gettys
Delroy Lindo: Phillipe Moyez
James Saito: Takaori Osumi
Monica Keena: Alessandra Cullen
Vincent Laresca: ragazzo in metropolitana
Roy Jones Jr.: pugile
Paul Benedict: Walter Krasna
George O. Gore II: ragazzo ad Harlem
Don King: cameo
Al D’Amato: cameo

L'avvocato del diavolo banner cast

Regia     Taylor Hackford
Soggetto     Andrew Neiderman
Sceneggiatura     Tony Gilroy, Jonathan Lemkin
Produttore     Arnold Kopelson, Anne Kopelson, Arnon Milchan
Fotografia     Andrzej Bartkowiak
Montaggio     Mark Warner
Musiche     James Newton Howard, Mick Jagger, Keith Richards
Scenografia     Bruno Rubeo

L'avvocato del diavolo banner doppiatori

Giancarlo Giannini: Al Pacino
Luca Ward: Keanu Reeves
Claudia Catani: Charlize Theron
Paolo Buglioni: Jeffrey Jones
Massimo Corvo: Craig T. Nelson

L'avvocato del diavolo banner citazioni

Ti voglio dare una piccola informazione confidenziale a proposito di Dio: a Dio piace guardare! È un guardone giocherellone! Riflettici un po’: lui dà all’uomo gli istinti… ti concede questo straordinario dono e poi che cosa fa? Te lo giuro che lo fa per il suo puro divertimento, per farsi il suo bravo, cosmico, spot pubblicitario del film! Fissa le regole in contraddizione! Una stronzata universale! Guarda, ma non toccare… tocca, ma non gustare… gusta, ma non inghiottire! E mentre tu saltelli da un piede all’altro lui che cosa fa? Se ne sta lì a sbellicarsi dalle matte risate! Perché è un moralista, un gran sadico! È un padrone assenteista! Ecco che cos’è! E uno dovrebbe adorarlo? NO, MAI! Io sto qui con il naso ben ficcato nella terra e ci sto dalla notte dei tempi.

Il prossimo millennio è qui dietro l’angolo Kevin, Eddie Barzoon guardatelo bene, perché è lui l’uomo immagine del prossimo millennio. Non è un mistero da dove arrivi la gente come lui, è gente che affina l’avidità umana al punto che riesce a spaccare un atomo tanto acuto è il desiderio; si costruiscono un ego grande come una cattedrale e collegano a fibre ottiche il mondo con ogni impulso dell’ego. Lubrificano anche i sogni più ottusi con fantasie a base di oro e di dollari finché ogni essere umano diviene un aspirante imperatore, il suo proprio Dio! E a questo punto dove si va?! E mentre noi ci arrabattiamo da un affare all’altro, chi è che tiene d’occhio il pianeta? L’aria si inquina, l’acqua imputridisce, perfino il miele delle api ha il gusto metallico della radioattività e tutto si deteriora sempre più in fretta. Non c’è modo di riflettere né di prepararsi. Si comprano futuri si vendono futuri dove non c’è nessun futuro. Siamo su un treno impazzito figliolo! Abbiamo miliardi di Eddie Barzoon che corrono a passo di jogging verso il futuro, tutti quanti si preparano a ficcare un dito in culo all’ex pianeta di Dio e poi se lo leccano e si mettono a digitare sulle loro immacolate tastiere cibernetiche per calcolare le stramaledette ore da fatturare e finalmente prendono coscienza; il biglietto te lo devi pagare da solo. Il gioco è cominciato, è tardi per ritirarsi adesso, ormai hai la pancia troppo piena… Un uccello malandato! Gli occhi iniettati di sangue e urli per chiedere aiuto, indovina un po’? Non c’è nessuno in giro! Sei tutto solo Eddie, sei un figlioletto rigetto di Dio. Forse è vero, forse Dio ha lanciato i dadi una volta di troppo e cosi ci ha fregati tutti.

Le spalle di una donna sono gli avanposti della sua mistica. E il suo collo, se è vivo, ha tutto il mistero di una città di confine; di una terra di nessuno. È il conflitto fra la mente e il corpo. Vedi… il tuo colore naturale darebbe risalto ai tuoi occhi.

Il senso di colpa, è come un sacco pieno di mattoni. Non devi fare altro che scaricarlo.

… Per esempio, c’è una bella ragazza e ci faccio l’amore in tutti i modi immaginabili, poi lei va in bagno ha un’esitazione, si volta… e vede me, non ha scopato con un plotone di Marines, solo con me ed ha tutta l’aria di una che si domanda: come diavolo avrà fatto? Con me le donne sorridono come la Gioconda.

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settembre 19, 2011 Posted by | Drammatico | , , , | 1 commento