Peccati in famiglia
Il ricco e gaudente ingegner Carlo, in compagnia di sua moglie Piera e di sua figlia Francesca decide di prendersi un periodo di ferie, stressato dall’impegno di dover gestire le sue fabbriche e torna così nella sua residenza estiva nel piacentino.Ad attenderlo c’è una sorpresa: c’è una cuoca, una giovane vedova di nome Doris che ha sostituito la vecchia balia di Carlo.
A qualche giorno dall’inizio delle vacanze, ecco che arriva a casa di Carlo il giovane Milo, figlio di suo fratello, morto senza un centesimo.
Il giovane è uno studente all’apparenza timido, ma in realtà e’ mosso da un’ambizione senza limiti e da un arrivismo altrettanto forte.
Simonetta Stefanelli e Renzo Montagnani
Mentre Carlo inizia un’opera di seduzione serrata nei confronti di Doris, Milo tesse una trama sottile che si dimostrerà vincente.
Dapprima seduce la bella Francesca, che per lui abbandona la relazione torbida con Fedora, poi passa a sedurre anche Doris, nel segreto intento di poter meglio controllare lo zio.
L’unico ostacolo alle ambizioni del giovane è rappresentato dalla furba Piera, che ha intuito qualcosa e che ora vorrebbe mandarlo via.
Ma Milo seduce anche lei e da quel momento è padrone del campo.
Michele Placido e Simonetta Stefanelli
Con l’aiuto di Doris che sottopone Carlo ad un tour de force erotico, Milo procura allo zio un infarto e da quel momento si assicura definitivamente sia le grazie del gineceo famigliare sia il controllo dell’azienda del defunto Carlo.
Peccati in famiglia, diretto da Bruno Gaburro nel 1975 è una delle tradizionali commedie sexy degli anni settanta, poco attente ad una sceneggiatura accettabile e intente invece a mostrare le attrici di turno in abiti succinti.
Cosa che accade immancabilmente anche in questa commedia, che non si eleva come qualità dalla maggioranza dei film del filone, nonostante la presenza nel cast di alcuni validi attori.
Jenny Tamburi
Gaburro, regista di B movie (sue saranno le regie degli erotici Malombra,Maladonna e Penombra) non tenta nemmeno di dare qualsiasi giustificazione sociologica o di indagine al suo film, puntando tutto decisamente su una storia pruriginosa quanto basta per tener desta l’attenzione dello spettatore.
Vien fuori così un film totalmente piatto, a mala pena retto dalla verve del solito Renzo Montagnani, un professionista esemplare in qualsiasi situazione.
La storia è vista e rivista per cui nessun elemento di novità; questa volta però il furbetto di turno riesce a diventare il padrone e una volta tanto il film finisce in maniera anticonvenzionale.
Juliette Mayniel
Per quanto riguarda il cast, davvero sprecato, discrete le tre maggiori protagoniste, ovvero le sensuali Simonetta Stefanelli e Jenny Tamburi oltre che la solita sicurezza rappresentata da Juliette Mayniel mentre appena appena sufficiente un Michele Placido in evidente imbarazzo nei panni del seduttore bello e dannato.
Questo film non è facilmente rintracciabile, quelle che circolano sono generalmente copie ricavate o da vecchie VHS oppure registrate qualche anno addietro dai rari passaggi televisivi.
Peccati in famiglia
Un film di Bruno Gaburro. Con Michele Placido, Simonetta Stefanelli, Renzo Montagnani, Jenny Tamburi, Dino Curcio, Corrado Olmi, Gastone Pescucci, Juliette Mayniel, Lorenzo Piani, Rosita Torosh, Edy Williams Commedia, durata 97′ min. – Italia 1975.
Michele Placido: Milo
Simonetta Stefanelli: Doris
Jenny Tamburi: Francesca
Juliette Mayniel: Piera – moglie di Carlo
Gastone Pescucci: Armando – il dottore
Laura De Marchi: Vincenza – moglie di Armando
Corrado Olmi: don Erminio
Edy Williams: Zaira
Renzo Montagnani: Carlo
Rossella Pescatore: Fedora – figlia di Armando
Dino Curcio: Nando – amministratore della terra
Regia Bruno Gaburro
Soggetto Bruno Gaburro
Sceneggiatura Lianella Carell, Carlo Romano
Produttore Edmondo Amati
Casa di produzione Flaminia Produzioni Cinematografiche
Fotografia Joe D’Amato
Montaggio Vincenzo Tomassi
Musiche Guido De Angelis, Maurizio De Angelis
Scenografia Ennio Michettoni
Costumi Antonio Randaccio
La profanazione
L’affascinante dottor Massimo lavora in una casa di cura, la stessa nella quale opera volontariamente la novizia suor Angela.
Lavorando a stretto contatto Massimo e Angela ben presto familiarizzano oltre il rapporto professionale, creando grossi problemi morali nella incerta suor Angela.
Che alla fine cede al richiamo dei sensi, dimenticando i voti e il suo ufficio religioso.
I due così convolano a nozze ma le cose ben presto, nonostante l’amore che lega i due, si mettono male.
Le reminescenze religiose della ragazza diventano un ostacolo insormontabile e la vita di coppia ne risente profondamente.
Massimo dapprima cerca con pazienza di recuperare il rapporto (sopratutto sessuale) con la sua inibita moglie, poi cerca una maniera per risolvere il problema.
Inizia a tradire la moglie sfacciatamente e ….
La profanazione, film del 1974 diretto da Tiziano Longo è un prodotto a metà strada tra la commedia drammatica e quella di costume.Con netta preferenza per la prima ma con alcuni inserti erotici che portano a guardare il film con occhi sospetti.
Se il drammone psicologico che vivono i due protagonisti ha una sua logica, pur deviata dal fascino e dal sex appeal di Simonetta Stefanelli che è un’improbabile suorina destinata a lasciare l’abito religioso per trasformarsi in una moglie dai mille problemi irrisolti, la presenza di alcune sequenze erotiche e di nudo lascia propendere per una concessione troppo larga al voyeurismo dello spettatore.
Sollecitato da alcuni nudi integrali della bellissima Stefanelli,(divenuta famosa internazionalmente per aver interpretato Apollonia, moglie di Michael Corleone nel Padrino di Coppola) lo spettatore finisce per apprezzare più le evidenti doti fisiche dell’attrice romana.
Il film di Longo, regista che nel corso della sua carriera ha diretto 8 film, fra i quali i discreti Peccatori di provincia e Mala amore e morte,ha delle frecce al suo arco e tutto sommato si barcamena alla meglio senza risultare indigesto allo spettatore.
La profanazione è un film che in pratica non è mai passato in tv, in virtù sia del tema trattato che è indubbiamente molto scomodo sia per le citate sequenze di nudo integrale della Stefanelli.
Il che impedisce ovviamente di poter valutare, con gli occhi di oggi, una pellicola che affronta un tema certamente non usuale o quantomeno non affrontato mai in maniera profonda in ambito cinematografico.
Simonetta Stefanelli
Jean Sorel
A mente mi sovviene il mediocre La novizia, che peraltro uscì nelle sale l’anno successivo al film di Longo, con esiti commerciali superiori visti gli incassi ma fallimentari da quello artistico.
Per quanto riguarda il cast, da segnalare i due interpreti, Jean Sorel nel ruolo del dottor Massimo e Simonetta Stefanelli in quello di Suor Angela.
I due, molto amati dal pubblico, recitano in maniera dignitosa rendendo il film quanto meno credibile a onta della improponibilità della storia; c’è spazio anche per Anita Strindberg nel ruolo di una infermiera che diverrà un’occasionale amante del bel dottor Massimo.
La parte di Anita Strindberg è molto ridotta ed è un peccato ed a questo proposito esco un attimo dal seminato.
L’attrice svedese aveva grandi qualità recitative e lo ha dimostrato nei film interpretati.
Lei stessa si rammaricava di essere sottovalutata dai registi che la dirigevano.
Anita Strindberg
Ecco un sunto di una lunga intervista-confessione del 1974 nella quale si lamenta proprio di questo:
“Luigi Cozzi. – “E’ soddisfatta dei film che le hanno fatto fare finora?”
L’attrice non risponde subito. Esita.
Anita Strindberg: – “Veramente…” inizia, non molto convinta, ma subito si arresta.
“L.C. – Avanti,” la sollecitiamo gentilmente. “Non abbia paura.”
Anita Strindberg sorride.
A.S. – “E va bene, allora diciamolo pure,” risponde finalmente. “Non è che io sia molto soddisfatta di quello che mi hanno fatto fare finora… oh, intendiamoci, ho lavorato in diversi film interessanti, ben curati, ben diretti, eppure c’è qualcosa, non saprei, ma ecco, io come attrice mi sento ancora insoddisfatta. Non mi pare di avere espresso realmente le mie possibilità. Anzi, ho un po’ la sensazione che quello che abbiamo voluto usare sia più il mio corpo che il mio talento.”
L.C. – “E’ contraria ai ruoli spinti?”
A.S. – “No, assolutamente. Ma sono contraria a certi ruoli facili, a certi film falsi, dove quello che conta è solo il modo per attirare il maggior numero di spettatori nelle sale cinematografiche. E purtroppo, devo ammetterlo, ho la sensazione di averne fatti diversi, di film di questo tipo.”
L.C. – “Però sono serviti a conferirle una non indifferente popolarità,” le facciamo notare noi.
A.S. – “Lo so benissimo. Infatti non ne parlo male, tutt’altro. Ma esprimo solo un’opinione: cioè, ho la sensazione che mi abbiano usato solo… per il corpo, gliel’ho detto. Senza curarsi troppo di quelle che sono… o potrebbero essere… le mie qualità di attrice. Forse non hanno fiducia in me oppure… non so, non tocca a me dirlo.”
In ultimo ricordo che questo film non è mai uscito in digitale e che in rete gira una versione (francamente indecente) ridotta da una vecchissima VHS, ragion per la quale i fotogrammi presi per questa recensione sono di qualità così scadente.
La profanazione
Un film di Tiziano Longo. Con Jean Sorel, Simonetta Stefanelli, Teodoro Corrè, Anna Orso,Lorenzo Piani, Anita Strindberg Drammatico, durata 92 min. – Italia 1974.
Jean Sorel- Dottor Massimo
Simonetta Stefanelli- Suor Angela
Anita Strindberg- L’infermiera amante di Massimo
Regia: Tiziano Longo
Sceneggiatura: Tiziano Longo, Piero Regnoli, Vittorio Vighi
Musiche: Carlo Savina
Fotografia: Roberto Girometti
Montaggio:Mario Gargiulo
Il padrino
Quando i dirigenti della Paramount, la grande casa di produzione cinematografica americana fondata da Zukor acquisirono i diritti del romanzo di Mario Puzo Il padrino non immaginavano certo che avrebbero incontrato tante difficoltà per ridurre il romanzo stesso prima in una sceneggiatura e poi in un film sul quale aveva deciso di scommettere con molta audacia.
La genesi di una delle opere cinematografiche più famose della storia, che ebbe anche due sequel e che si trasformò contemporaneamente in una delle saghe più belle della storia del cinema e in un’operazione commerciale di straordinario successo, è quanto di più complesso si possa immaginare.
Robert Evans, il capo indiscusso della Paramount chiamò alcuni registi famosi offrendo loro di dirigere il film con un budget notevole, segno che la casa di produzione credeva fermamente nel progetto.
Marlon Brando
Inaspettatamente registi del calibro di Sergio Leone, Elia Kazan, Arthur Penn e Costa Gavras declinarono gentilmente l’invito; il genere mafia movie era ancora considerato poco appetibile e fondamentalmente dequalificante per un regista di fama, così l’incredulo Evans dopo aver scartato il grande Peckinpah, che voleva libertà d’azione ma che aveva anche problemi gravi a livello psicologico (abusava di farmaci e whisky) puntò su Francis Ford Coppola, un regista praticamente sconosciuto che aveva alle spalle solo 4 film peraltro diretti in un arco temporale di 8 anni.
La scelta dell’attore protagonista si rivelò ancora più difficile; Coppola ovviamente voleva fare a modo suo mentre i vertici della Paramount avevano idee differenti.
Alla fine la spuntò Coppola, che dovette scontrarsi con collaboratori e dirigenti; in effetti la scelta di Marlon Brando era molto rischiosa in quanto il grande attore di Omaha non aveva certo l’età per interpretare il patriarca della famiglia Corleone, Don Vito.
Alcune sedute di trucco e dell’ovatta infilata nella bocca trasformarono Brando nella maschera divenuta poi celebre.
Altrettanto laboriosa fu la scelta del resto del cast; per il ruolo di Michael, figlio di Don Vito, si scatenò una vera guerra tra il regista e la produzione.
Ma Coppola, per sua e nostra fortuna difese a spada tratta le sue scelte e chiamò l’illustre sconosciuto Al Pacino per ricoprire il ruolo delicatissimo di Michael.
L’attore di New York aveva all’attivo solo un paio di partecipazioni, la seconda delle quali era stata quella in Panico a Needle Park; Coppola testardamente andò avanti e completò il cast con Robert Duvall,James Caan, Diane Keaton e con gli altri attori che grazie al successo di Il padrino ebbero una visibilità internazionale senza precedenti.
Come sappiamo, il film fu un successo assolutamente straordinario, tanto che il film vinse tre Oscar su 11 nomination (Miglior film, Miglior attore protagonista per Marlon Brando, Migliore sceneggiatura non originale per Francis Ford Coppola e Mario Puzo), si aggiudicò 4 Golden Globe e in Italia due David di Donatello.
Tutto il mondo applaudì un film tecnicamente perfetto splendidamente recitato e appasionante come pochi.
Avvenimento più unico che raro, Il padrino fu salutato da larga parte della critica come uno dei film più importanti della storia del cinema, cosa poi amplificata negli anni successivi dalla costruzione di un mito che vede il film di Coppola come una delle opere imprescindibili della cinematografia di tutti i tempi.
Ma quali sono i meriti effettivi del film di Coppola, perchè ha avuto tanta fama e perchè ha affascinato generazioni di spettatori?
In primis il merito fondamentale va a Coppola, capace di ricavare dal romanzo di Puzo un affresco vivo e affascinante sull’America degli anni 40 (con incursioni nel passato e quindi all’origine del fenomeno della criminalità organizzata), realizzato tramite una storia senza cedimenti e senza pause.
Un film che dura 175 minuti, un’eternità cinematograficamente parlando ma che passano in un lampo, tante e tali sono le situazioni e le storie intimamente collegate che fanno del Padrino il classico film che tiene incollati alla poltrona.
Poi la grandissima resa del cast, che Coppola fortissimamente volle e che rispose con caratterizzazioni rimaste nella storia del cinema, a partire da quella di Marlon Brando che diventò un autentico mito grazie alla maschera di uomo duro, di criminale ma con tanto di codice d’onore.
La mafia uccide, la mafia significa traffici illeciti e tutto il peggio che ciò comporta, ma Don Vito Corleone appare quasi un eroe nella sua capacità di rifuggire quando può dall’uso della violenza. Crede nell’amicizia, nella famiglia e gestisce i suoi affari senza crudeltà inutili.
E’ un malvivente, ma di quelli che riescono anche a suscitare simpatia.
Simonetta Stefanelli
E Brando trasforma il suo personaggio in qualcosa di vivo e pulsante, un personaggio negativo che però ha dei valori che la sua famiglia in qualche modo rispetta e venera.
Accanto a lui si muovono gli altri protagonisti della saga, ovvero il cinico Michael, dapprima riluttante e poi braccio destro fedele del padre e suo vendicatore nonchè suo sostituto alla guida della famiglia.
Al Pacino diventa anch’esso un simbolo e da quel momento diverrà uno degli attori più stimati di Hollywood, tanto da essere in seguito definito uno degli attori più importanti della storia stessa del cinema.
A differenza di Brando, Pacino avrà modo di rinverdire la sua fama anche grazie ai due successivi sequel che porteranno a compimento la saga della famiglia Corleone.
Un altro protagonista importantissimo, anche se in un ruolo leggeremente defilato è Robert Duvall, quel Tom Hagen che è il braccio nell’ombra del Padrino, il figlio adottato che venera Don Vito e che in seguito mostrerà tutto l’affetto per la famiglia Corleone diventando il braccio destro di Michael.
Ancora, c’è James Caan, il figlio prediletto del boss, irruento e così differente dal padre e da Michael e che finirà ucciso coinvolgendo proprio Michael in una guerra che non avrebbe voluto. Bravissimo, Caan, nel mostrare forza e testardaggine; è violento e testone, ribelle ma anche profondamente legato a quel padre che non condivide la sua maniera di gestire gli affari ma che lo adora senza riserve.
Diane Keaton
La famiglia Corleone è composta anche da Connie Corleone, interpretata splendidamente da Talia Shire (Tania Rose Coppola, sorella del regista), la donna che per prima si sposa con l’uomo che tradirà la famiglia e che morirà per ordine di Michael, da Fredo che è il vero punto debole della famiglia.
Fredo è un giovane con qualche problema, timido e privo della forza di carattere che è a caratteristica del padre e dei suoi fratelli; John Cazale, che interpreta Fredo riserva al suo personaggio quell’aria spaurita che sarà la caratteristica peculiare nel secondo film della saga, quando troverà la morte per ordine del fratello Michael.
La famiglia Corleone è questa, ma attorno ad essa ruotano altri personaggi che in un modo o nell’altro finiranno per condividerne le sorti; c’è Kay Adams, compagna di studi di Michael che lo sposerà e gli darà un figlio, interpretata da una bellissima Diane Keaton, c’è Apollonia, prima moglie di Michael, da quesi sposata in Sicilia e morta in un attentato esplosivo.
Apollonia è interpretata dalla bella Simonetta Stefanelli, che resta in scena poco tempo ma che dette vita al personaggio forse più rimpianto dagli spettatori, la giovane e ingenua ragazza siciliana che sposa il suo amore e che finisce per morire in maniera assurda e tragica.
Ci sono ancora tanti personaggi che costellano la storia, ma occorrerebbe uno spazio enorme per descriverli tutti.
Perchè la caratteristica del Padrino è proprio quella di mostrare uno spaccato di vite che ruotano attorno alla famiglia Corleone; dal boss rivale Sollozzo (il trafficante) a Tattaglia, un altro boss rivale passando per Clemenza (amico di Don Vito) e per Carlo Rizzi (il marito di Connie).
Personaggi che si muovono sullo sfondo di una New York malavitosa e violenta, nella quale anche la polizia ha i suoi problemi, tra mele marce come il capitano ucciso da Michael e le tangenti che vengono pagate agli agenti per chiudere un occhio.
Se vogliamo, un altro dei pregi del film è proprio la capacità descrittiva di un ambiente in cui convivono tante realtà in modo precario e in equilibrio instabile; c’è la lotta tra bande, ci sono omicidi per il controllo del territorio e degli affari più loschi mentre si affaccia prepotente il bussines dei bussines, l’affare del secolo ovvero il traffico e lo spaccio della droga.
James Caan
In un mosaico così organico come può mancare una colonna sonora adeguata?
Il motivo portante del film, opera del maestro Nino Rota, è avvolgente e sinuoso e finisce per diventare immediatamente riconoscibile, un autentico marchio di fabbrica che finirà per diventare anch’esso un best sellers.
A ben guardare Il padrino è il più italiano dei film di Hollywood e non solo perchè parla di mafia e di una famiglia italiana.
Coppola è italo americano, essendo figlio di una famiglia di origini lucane, Mario Puzo lo è anche lui perchè la sua famiglia è di origini campane, così come italianissimo è il maestro Nino Rota; di origini italiane è Al Pacino, italo americano è Lombardi che è direttore degli effetti speciali.
Il plot del film è conosciutissimo per cui è perfettamente inutile riassumere una trama che ormai tutti conoscono nei minimi dettagli.
Val la pena invece ricordare che Coppola in fase di sceneggiatura con l’ovvia consulenza di Puzo decise di sveltire la trama del film eliminando alcune cose presenti nel romanzo, come il piano ideato da Don Vito per far rientrare suo figlio Michael dall’esilio siciliano in seguito all’omicidio del Capitano di polizia, la parte dedicata al tormentato matrimonio tra Kay e Michael con la breve separazione tra i due coniugi, il personaggio di Jules, nuovo compagno di Connie e altre parti descrittive giudicate cinematograficamente poco proponibili.
Il Padrino, come dicevo agli inizi, è un affresco grandioso e affascinante; Coppola, dopo il grande successo del film si vide immediatamente proporre un sequel e due anni dopo lo realizzò, centrando un altro successo di portata planetaria.
Il padrino – Parte II (The Godfather: Part II), realizzato nel 1974 non solo si rivelò un successo ma superò come riconoscimenti il film precedente, vincendo 6 Oscar su 11 nomination. Coppola bissò l’Oscar alla regia centrando un record che sarà uguagliato solo da Il signore degli anelli, vincere cioè due Oscar consecutivi con il film pilota e poi con il sequel.
A 16 anni di distanza, nel 1990 venne girata la parte finale della saga, Il padrino – Parte III (The Godfather: Part III) : il film ebbe successo, ma inaspettatamente venne bocciato alla notte degli Oscar, dove su 7 nomination non portò via nemmeno un premio. La giuria scelse come film dell’anno Balla coi lupi, che fece incetta di premi proprio a spese del capitolo conclusivo della saga del Padrino.
Oggi il primo film di Coppola sulla famiglia Corleone è considerato, dall’American Film Institute come il terzo film statunitense più importante della storia, dietro Casablanca e Quarto potere.
Il padrino
Un film di Francis Ford Coppola. Con Marlon Brando, James Caan, Al Pacino, Robert Duvall, Diane Keaton,
Richard Castellano, Sterling Hayden, John Marley, Richard Conte, Al Lettieri, Abe Vigoda, Talia Shire, Gianni Russo, John Cazale, Julie Gregg, Tony Giorgio, Salvatore Corsetto, Rudy Bond, Cardell Sheridan, Vito Scotti, Angelo Infanti, Alex Rocco, Franco Citti, Richard Bright, Corrado Gaipa, Victor Rendina, Saro Urzì, Simonetta Stefanelli, Jeannie Linero, John Martino, Tere Livrano, Al Martino, Salvatore Corsitto, Ardell Sheridan, Lenny Montana, Morgana King
Titolo originale The Godfather. Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 175 min. – USA 1972.
Marlon Brando: Don Vito Corleone
Al Pacino: Michael Corleone
James Caan: Santino Corleone
Robert Duvall: Tom Hagen
Diane Keaton: Kay Adams
Talia Shire: Constanzia Corleone
John Cazale: Fredo Corleone
Richard Castellano: Peter Clemenza
Abe Vigoda: Salvatore Tessio
Sterling Hayden: Mark McCluskey
Al Lettieri: Virgil Sollozzo
Gianni Russo: Carlo Rizzi
Corrado Gaipa: Don Tommasino
Al Martino: Johnny Fontane
John Marley: Jack Woltz
John Martino: Paulie Gatto
Lenny Montana: Luca Brasi
Richard Conte: Emilio Barrese (Barzini)
Alex Rocco: Moe Greene
Salvatore Corsitto: Amerigo Bonasera
Julie Gregg: Sandra Corleone
Simonetta Stefanelli: Apollonia Vitelli
Saro Urzì: Sig. Vitelli
Angelo Infanti: Fabrizio il Pastore
Franco Citti: Calò
Regia Francis Ford Coppola
Soggetto Mario Puzo (romanzo)
Sceneggiatura Mario Puzo, Francis Ford Coppola
Produttore Albert S. Ruddy
Casa di produzione Paramount Pictures
Fotografia Gordon Willis
Montaggio William Reynolds
Peter Zinner
Effetti speciali Paul J. Lombardi
Musiche Nino Rota
Scenografia Dean Tavoularis
Costumi Anna Hill Johnstone
Giuseppe Rinaldi: Don Vito Corleone
Ferruccio Amendola: Michael Corleone
Pino Colizzi: Santino Corleone
Cesare Barbetti: Tom Hagen
Mario Laurentini: Peter Clemenza
Elio Zamuto: Salvatore Tessio
Riccardo Cucciolla: Fredo Corleone
Vittoria Febbi: Kay Adams
Rita Savagnone: Connie Corleone
Gino Donato: Mark McCluskey
Arturo Dominici: Virgil Sollozzo
Michele Gammino: Carlo Rizzi
Sergio Graziani: Jack Woltz
Gigi Reder: Paulie Gatto
Guido Celano: Luca Brasi
Arturo Dominici: Amerigo Bonasera
Donatella Gambini: Apolonnia Vitelli
Incipit del romanzo di Puzo
Amerigo Bonasera sedeva nella III Sezione Penale della Corte di New York in attesa di giustizia; voleva vendicarsi di chi aveva tanto crudelmente ferito sua figlia e, per di più, tentato di disonorarla.
Il giudice, un uomo servero dai lineamenti pesanti, si arrotolò le maniche della toga nera, come se intendesse punire fisicamente i due giovanotti in piedi davanti al banco. Il suo viso esprimeva freddamente un maestoso disprezzo. In tutto questo, tuttavia, c’era qualcosa di falso che Amerigo Bonasera intuiva, ma non comprendeva ancora.
“Avete agito come la peggior specie di degenerati” disse aspramente il giudice. Sì, sì, penso Amerigo Bonasera. Animali. Animali. I due giovanotti, capelli lucidi tagliati a spazzola, viso tutto acqua e sapone in atteggiamento di umile contrizione, chinarono il capo in segno di sottomissione.
Il giudice continuò: “Avete agito come bestie selvagge in una giungla e siete fortunati di non aver abusato di quella povera ragazza, altrimenti vi avrei mandato in prigione per vent’anni”. Fece una pausa e gli occhi sotto le sopracciglia straordinariamente folte ebbero un lampo furtivo verso il volto olivastro di Amerigo Bonasera; poi li abbassò su un cumulo di rapporti mensili di libertà sulla parola che aveva davanti. Aggrottò le sopracciglia e si strinse nelle spalle, come per mostrarsi convinto suo malgrado. Parlò di nuovo.
“Tuttavia, grazie alla giovane età, al fatto che siete incensurati e appartenete a famiglie rispettabili, dato che la legge nella sua magnanimità non cerca vendetta, io con questa sentenza vi condanno a tre anni di reclusione. Condanna con la libertà condizionale.”
– Sonny Corleone: Hai saputo? Il Turco vuole trattare. Bella faccia di corno, quel figlio di puttana! Ieri sera la presa nel culo e oggi vuole trattare.
– Michael Corleone: Cos’ha detto?
– Sonny Corleone: E che deve dì? Piripì, perepè, perepà, perepù; vuole che mandiamo Michael a sentire le sue proposte. E fa sapere che l’offerta sarà così buona, che non potremo rifiutare
Per la giustizia dobbiamo andare da don Vito Corleone.
Quando colpiscono, colpiscono quelli che amiamo.
La droga deve essere controllata come un’industria per mantenerla rispettabile! Non la voglio vicino alle scuole. Non la voglio in mano ai bambini! Questa è un’infamità. Nella mia città limiteremo il traffico ai negri e alla gente di colore. Tanto sono bestie, anche se si dannano peggio per loro.
“Santino… vieni qua! Ma che fai Oh. Il tuo cervello che si è rammollito a furia di correre appresso a quella… a quella li? Mai dire a una persona estranea alla famiglia quello che c’hai nella testa.”
Michael Corleone:”Mio padre non è diverso da qualunque altro uomo di potere, da qualunque abbia responsabilità di altri uomini. Come un senatore, un presidente”
Kay Adams:”Non vedi come è ingenuo quello che dici?”
Michael Corleone:”Perchè?”
Kay Adams:”Senatori e Presidenti non fanno ammazzare la gente”
Michael Corleone:”Chi è più ingenuo Kay?”
Lucrezia giovane
La vicenda si svolge a Roma, sul finire del 1400. Lucrezia, figlia del papa Alessandro VI, al secolo Rodrigo Borgia e della sua amante ufficiale, Giovanna Cattanei detta Vannozza, data in sposa a soli 13 anni al conte di Pesaro Giovanni Sforza, si vede annullare il matrimonio con la scusa ufficiale che lo stesso non è stato consumato. In realtà il Papa ha bisogno di stringere nuove alleanze, così briga in maniera tale da sciogliere le nozze della figlia.
Simonetta Stefanelli è Lucrezia Borgia
Nel frattempo Cesare Borgia, il Valentino, uno degli altri figli del papa nato sempre dalla relazione con Vannozza, segretamente innamorato della sorella, uccide in un agguato l’altro fratello,Giovanni il duca di Gandia; l’assassinio lo costringe ad allontanarsi da Roma, dove i sospetti su di lui sono diventati di dominio pubblico. Lucrezia, sempre in nome della ragion di stato, viene maritata ad Alfonso d’Aragona; la donna allaccia una relazione sentimentale con uno dei compagni d’armi di Cesare, Pierotto, del quale resta incinta.
Massimo Foschi è Cesare Borgia
Il Valentino, tornato dalla campagna d’armi, geloso sempre più di sua sorella, uccide prima Pierotto e poi Alfonso d’Aragona, del quale la sorella si è ormai innamorata. Lo scandalo, che sta per investire direttamente il papato, costringe Alessandro VI a allontanare il Valentino, mentre per Lucrezia è pronto un altro matrimonio, quello con Alfonso I d’Este.
Diretto da Luciano Ercoli nel 1974, Lucrezia giovane è un film senza infamia e senza lode; storicamente è del tutto inattendibile, in quanto la figura di Lucrezia, dipinta come una lussuriosa e incestuosa divoratrice di uomini in realtà è stata molto diffamata dai tantissimi nemici dei Borgia. Non esiste alcuna prova che abbia mantenuto rapporti incestuosi con il fratello, o, come adombrato nel film, addirittura con il padre. fu vittima della ragion di stato questo si.
Tornando al film, è lento e noioso, abbastanza pruriginoso nelle intenzioni, che si esplicitano in diversi nudi femminili, in cui generosamente abbonda la bellissima Simonetta Stefanelli, sensuale e tinteggiata di biondo, che non è evidentemente il suo colore naturale di capelli, e nel film il perchè lo si vede abbastanza bene.
Aldilà di questo, il film non decolla mai, essendo molto descrittivo; non mancano alcune scene gore, come l’amputazione di un dito e altre amenità varie; il truce (nel film) Valentino è interpretato, sopra le righe, da Massimo Foschi,
mentre il lussurioso Alessandro Vi è un discreto Ettore Manni. Segnalazione per la bella Elizabeth Turner, l’amante del papa e per Aldo reggiani, che interpreta lo sfortunato Giovanni Sforza, marito legittimo di Lucrezia costretto a dare pubblica prova di impotenza (cosa mai avvenuta nella realtà)
Film con qualche pretesa, ma fondamentalmente rimaste tali nelle intenzioni.
Lucrezia giovane, un film di Luciano Ercoli, Con Ettore Manni, Simonetta Stefanelli, Massimo Foschi, Piero Lulli, Anna Orso, Fred Robsham, Aldo Reggiani, Raffaele Curi, Paolo Malco
Storico, durata 92 min. – Italia 1972.
Simonetta Stefanelli Lucrezia Borgia
Massimo Foschi Cesare Borgia
Ettore Manni Rodrigo Borgia – Papa Alessandro VI
Anna Orso Giovanna Cattanei , Vannozza
Paolo Malco Duca di Gandia , Giovanni Borgia
Elizabeth Turner Giulia, la’mante del Papa
Fred Robsahm Alfonso d’Aragona
Raffaele Curi Perotto
Aldo Reggiani Giovanni Sforza
Piero Lulli Ludovico Maria Sforza ‘il Moro’
Teodoro Corrà Cardinale Sisto Borgia
Edoardo Florio Il segretario privato del papa
Guglielmo Spoletini Giaco
Regia Luciano Ercoli
Sceneggiatura Luciano Ercoli
Produttore Enzo Doria
Fotografia Aldo De Robertis
Montaggio Angelo Curi
Musiche Franco Micalizzi
Scenografia Giovanni Agostinucci e Carlo Gentili
L’opinione di Ezio dal sito http://www.filmtv.it
Film che mescola attendibilita’ storica (poca) con un erotismo neanche tanto spinto.Si lascia pero’ vedere con una trama abbastanza avvincente fino alla fine.Insomma non annoia e questo e’ gia’ una cosa positiva.
L’opinione di B.Legnani dal sito http://www.davinotti.com
Erotico da Anni Settanta, con interpretazioni di livello medio-basso, qualora si escluda Ettore Manni. Tutto sommato può ricordare i fumetti porno, all’epoca reperibili in ogni buon negozio di barbiere della provincia italiana… Da citare, in mancanza di altre cose memorabili, la coprolalìa alla quale si abbandonano, durante gli amplessi, alcuni personaggi (scena tagliata in tv). Desolante la Stefanelli.
L’opinione di Undying dal sito http://www.davinotti.com
Deludente tentativo di raccontare la storia familiare dei Borgia, con regia distratta da un’impostazione prettamente volgare, grazie a dialoghi incredibilmente kitsch. Qualche nudo, diverse ammucchiate e molta approssimazione si alternano a momenti che si vorrebbero drammatici (l’omicidio a calci di Paolo Malco) e riescono, invece, a suscitare un involontario clima grottesco. Luciano Ercoli, peraltro regista dotato di certa sensibilità, sembra dunque (non) firmare una pellicola palesemente alimentare.
Homo eroticus
Il siciliano Michele è in fuga dal suo paese della Sicilia: il motivo è da ricercarsi nei problemi creati dall’uomo alle donne del posto. Arrivato a Bergamo, si reca dal barbiere Tano con tanto di raccomandazione di un pezzo grosso locale. L’uomo riesce a farlo assumere da un suo cliente, l’ingegner Achille, sposato alla bellissima Coco.
L’ingegnere fa visitare il nuovo assunto, destinato a diventare un cameriere, dal suo amico medico, il dottor Mezzini, che durante la visita di controllo scopre che Michele ha non solo un apparato genitale fuori dal comune, ma è anche affetto da triorchismo, ovvero possiede tre testicoli. Con poco tatto, il medico informa della cosa l’ingegner Achille, che ne parla alla moglie: ben presto la notizia fa il giro della città, divertendo ma anche incuriosendo tutte le donne della buona borghesia. Le stesse signore iniziano a contendersi il giovane, che passa ben presto da un letto all’altro, non disdegnando nemmeno le cameriere delle donne.
Ma tanto super lavoro ha come risultato il nascere della gelosia di Coco, poco disposta a dividere l’uomo con le amiche. Nel frattempo Michele ne combina una delle sue: seduce la giovanissima figlia di Tano, non ancora maggiorenne, suscitando le ire del padre. Licenziato da Coco, Michele passa alle dipendenze di una affascinante ma dura capitano d’industria, Carla, che presto lo scarica per lo stesso motivo di Coco.
Sylva Koscina
Michele viene assunto allora da una nobildonna, Agnese Tresconi, ma fatalmente una sera, durante un amplesso, la donna muore tra le braccia dell’amante.A questo punto Michele, con la coda tra le gambe, torna dall’ingegner Achille, che lo riassume al suo servizio, mettendo a tacere con dei soldi anche Tano, che cercava il siciliano per vendicare l’onore della figlia. Ma è destino che per Michele le cose debbano essere cambiate per sempre: il trauma subito durante l’episodio della morte di Agnese, lo ha reso impotente. Per Michele sembra esserci solo una alternativa: il ritorno in Sicilia.
Luciano Salce
Brigitte Skay
Ma Tano gli offre la soluzione: lui sposa la ragazza che ha sedotto e in cambio i due lavoreranno assieme nella bottega da barbiere di Tano.
Diretto da Marco Vicario nel 1971, Homo eroticus è una discreta commedia; una festa per gli occhi, principalmente, visto il favoloso cast al femminile allestito dal regista. Dalla Koscina alla moglie dello stesso Vicario, la bellissima Podestà, passando per Femi Benussi, Paola Tedesco, Brigitte Skay, Ira Furstemberg,Adriana Asti,Giancaro,Angela Luce. Ottime anche le performance di Lando Buzzanca, Luciano Salce e Bernard Blier. Film godibile, sorretto da una discreta trama e sopratutto privo di volgarità e di nudi fini a se stessi: nel film l’unico topless è della splendida Sylva Koscina.
Il film è disponibile all’indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=2BXOifvpUa4 in una versione passabile.
Homo eroticus,,un film di Marco Vicario. Con Ira Fürstenberg, Femi Benussi, Adriana Asti, Rossana Podestà.Luciano Salce, Sylva Koscina, Lando Buzzanca, Angela Luce, Bernard Blier, Alberto Plebani, Evi Marandi, Sergio Serafini, Sandro Dori, Ugo Fangareggi, Jacques Herlin, Bruno Boschetti, Brigitte Skay, Fulvio Mingozzi, Catherine Diamant, Lino Patruno, Simonetta Stefanelli, Paola Tedesco, Michele Cimarosa, Shirley Corrigan, Nanni Svampa, Piero Chiara
Commedia, durata 111 min. – Italia 1971.
Rossana Podestà Cocò Lampugnani
Lando Buzzanca Michele Cannaritta
Luciano Salce Achille Lampugnani
Adriana Asti Agnese Trescori
Ira von Fürstenberg Moglie del dottor Mezzini
Evi Marandi Giusy
Brigitte Skay Cameriera
Angela Luce Cameriera
Femi Benussi Ersilia
Simonetta Stefanelli Figlia di Tano
Michele Cimarosa Tano Fichera
Paola Tedesco Amica di
Ugo Fangareggi Conducente del Taxi
Jacques Herlin Prof. Godé
Pia Giancaro Amica di Cocò
Federico Pietrabruna
Bernard Blier Dr. Mezzini
Sylva Koscina Carla
Piero Chiara Giudice
Nanni Svampa Bestetti
Lino Patruno Il cantante
Regia Marco Vicario
Soggetto Marco Vicario, Piero Chiara
Sceneggiatura Marco Vicario, Piero Chiara
Casa di produzione Atlantica Cinematografica (Roma) – Productions Roitfeld (Paris) – Optimax Film (Paris)
Distribuzione (Italia) Cidif
Fotografia Tonino Delli Colli
Montaggio Sergio Montanari
Musiche Armando Trovajoli
Scenografia Flavio Mogherini
Costumi Lucia Mirisola
Trucco Grazia De Rossi, Renzo Francioni, Maria Miccinilli, Michele Trimarchi