La casa degli spiriti
“Barrabás arrivò in famiglia per via mare, annotò la piccola Clara con la sua delicata calligrafia. Già allora aveva l’abitudine di scrivere le cose importanti e piú tardi, quando rimase muta, scriveva anche le banalità, senza sospettare che, cinquant’anni dopo, i suoi quaderni mi sarebbero serviti per riscattare la memoria del passato, e per sopravvivere al mio stesso terrore. Il giorno in cui arrivò Barrabás era Giovedí Santo. Stava in una gabbia lercia, coperto dei suoi stessi escrementi e della sua stessa orina, con uno sguardo smarrito di prigioniero miserabile e indifeso, ma già si intuiva – dal portamento regale della sua testa e dalla dimensione del suo scheletro – il gigante leggendario che sarebbe diventato. Era quello un giorno noioso e autunnale, che in nulla faceva presagire gli eventi che la bimba scrisse perché fossero ricordati e che accaddero durante la messa delle dodici, nella parrocchia di San Sebastián, alla quale assistette con tutta la famiglia.“(Incipit del romanzo di Isabella Allende)
Il realismo magico della letteratura sudamericana trova in La casa degli spiriti un altro emblema potente e vigoroso,quasi alla stregua di quel capolavoro assoluto che è Cent’anni di solitudine di Marquez.
Isabelle Allende scrive un libro vigoroso e affascinante e Hollywood, sempre sensibile alle saghe familiari intriganti e complesse produce la riduzione cinematografica affidandola a Bille August,regista danese quasi sconosciuto non fosse per Pelle alla conquista del mondo (1987),straordinario film interpretato da Pelle Hvenegaard e Max von Sydow che riuscì a vincere l’Oscar come miglior film straniero e la Palma d’oro di Cannes.

Con un simile biglietto di presentazione August, aiutato da un cast stellare, prova a mettere in scena una storia molto complessa e intricata resa ancor più difficile da raccontare sopratutto dalla complessità della trama e dalle situazioni che vedono protagonisti Esteban Trueba e Clara del Valle Trueba,Férula Trueba e Blanca Trueba,Pedro Tercero García e Nívea del Valle ovvero le figure che popolano il racconto della scrittrice cilena.
La casa degli spiriti è essenzialmente una saga familiare,potente e visionaria, che abbraccia oltre 50 anni della storia cilena,partendo dagli anni 20 e arrivando al 1973,culminando quindi in quel drammatico periodo in cui alla democrazia instaurata da Salvador Allende si sostituì la sanguinaria dittatura di Augusto Pinochet.
Una saga familiare quindi, che parte con la storia personale di Esteban Trueba,un giovane minatore che vive negli anni venti sorretto da una volontà ferrea e da un sogno assolutamente impossibile, ovvero quello di diventare ricco in modo da poter chiedere la mano della splendida e ricca Rosa del Valle.
Esteban ha giovinezza e forza,ma sopratutto ha una fortissima volontà,un’ambizione smodata e pochissimi scrupoli.

Queste sue “qualità” lo portano a coronare in parte il suo sogno, ma il fato ci mette lo zampino spezzandolo in parte strappando Rosa alla vita in seguito ad un attentato che avrebbe dovuto colpire il di lei padre.
E’ sua sorella Clara, creatura dolce e dotata di straordinarie qualità medianiche a “vedere” gli avvenimenti,rifiutando da quel momento di comunicare con il mondo,rifugiandosi in un mondo popolato da spiriti confortata da sua madre Nivea che la segue con tenerezza e affetto.
Esteban diventa ricco e potente, ma anche egoista e crudele; l’antico minatore finisce per passare dall’altro lato della barricata,dalla parte dei padroni, usando mezzi discutibili e la ferocia per piegare i mezzadri cileni alle sue volontà.
Attratto dalla dolcezza di Clara, l’uomo le chiede di sposarla e la ragazza accetta, andando ad abitare alle “Tres Marias” una proprietà che Esteban ha completamente ristrutturato salvandola dall’abbandono; con loro va ad abitare Ferula,sorella nubile dell’uomo.
Tra Clara e Ferula si stabilisce da subito un legame profondo.
Ferula adora sua cognata, creatura dolcissima ed eterea, della quale subisce il fascino profondo.
La famiglia vive e ruota attorno a Clara che,con le sue visioni e con le sue doti medianiche, finisce per diventare il punto fermo di tutti.

La nascita di Blanca corona il sogno della coppia;ora sono una famiglia a tutti gli effetti ma Esteban continua ad essere sempre più ambizioso e di conseguenza amorale.
Non si fa scrupolo per esempio di usare violenza sulle contadine della sua mezzadria, insegue con ogni mezzo il sogno di diventare un politico potente ed influente.
Ma Blanca, crescendo, mostra un carattere ribelle, in assoluta antitesi con quello del padre.
Si innamora infatti di Pedro Terzo García, figlio dell’amministratore di Esteban; il giovane, retto da ideali libertari e politicamente comunista è inviso al rude ex minatore e quindi cacciato dallo stesso.
Esteban allontana da se anche sua sorella Ferula,che,separata dalla dolce Clara che ormai considera come una parte di se, finisce per sentirsi emarginata lasciandosi consumare dal dolore che la porterà alla morte, annunciata in una delle sue visioni proprio da Clara.
La storia tra Pedro e Blanca però continua, nonostante l’ostilità di Esteban,che ormai è diventato un pezzo grosso della politica.
Ma la breve stagione della democrazia cilena e subito dopo della lunga e sanguinaria dittatura di Pinochet sono alle porte e la saga dei Trueba si avvia verso una fase assolutamente drammatica e imprevedibile…
Dalla trama si evince la complessità della storia raccontata e le difficoltà di trasporre il linguaggio poetico e sognatore della Allende in immagini in movimento.
E difatti il risultato, se solo si prova ad accostare arbitrariamente il romanzo al film non può che essere in parte deludente;troppo complesse le figure dei personaggi per essere inquadrate in fotogrammi,troppo strutturate le psicologie dei personaggi per diventare immagini in movimento.
Sorge quindi il solito problema dell’accostamento fra l’opera letteraria e quella cinematografica.
Solo raramente nella storia del cinema un testo scritto ha avuto una trasposizione cinematografica di pari livello; potrei citare le pellicole di Kubrick,o il caso rarissimo di Il nome della rosa di Jean-Jacques Annaud e pochi altri.

Un film in chiaro-scuro,con molte zone d’ombra ma salvato sopratutto dallo straordinario cast e dalle buone prove dei protagonisti con i testa una bravissima ed intensa Glenn Close che interpreta magistralmente la dolente figura di Ferula a pari merito con Meryl Streep,straordinaria ed intensa nelle vesti della sognatrice Clara.
Un gradino più sotto gli altri protagonisti, ovvero Jeremy Irons (Esteban), Antonio Banderas (Pedro), Wynona Rider (Blanca) e Vanessa Redgrave (la madre di Clara), tutti comunque ben oltre la sufficienza.
Le zone d’ombra sono costituite dalla tipica abitudine hollywoodiana di spettacolarizzare e rendere simile ad un polpettone qualsiasi prodotto destinato alla massa,la poca profondità della trasposizione,la classica fretta che induce lo sceneggiatore a saltare parti pure importanti del romanzo.
Ma, come già detto, il romanzo della Allende mal si presta ad una riduzione cinematografica per cui conviene accontentarsi di un prodotto quanto meno dignitoso e che scorre con una certa facilità.
Bene tutto il resto, ovvero le altre componenti del film, dalle ambientazioni curate fino alla fotografia.
Un film puramente d’evasione,in definitiva,sfrondato da tutte le implicazioni tipiche del roman à clef,un limite invalicabile e che toglie gran fascino al film,che resta comunque sulla sufficienza.
La casa degli spiriti
Un film di Bille August. Con Jeremy Irons, Meryl Streep, Glenn Close, Winona Ryder, Antonio Banderas,Vanessa Redgrave, Teri Polo, Maria Conchita Alonso, Armin Mueller-Stahl, Jan Niklas, Sarita Choudhury, António Assunção, Julie Balloo, Frank Baker, João Cabral, Miguel Guilherme Titolo originale The House of the Spirits. Drammatico, durata 140 min
Meryl Streep: Clara del Valle Trueba
Glenn Close: Férula Trueba
Jeremy Irons: Esteban Trueba
Winona Ryder: Blanca Trueba
Antonio Banderas: Pedro Tercero García
Vanessa Redgrave: Nívea del Valle
Maria Conchita Alonso: Tránsito Soto
Armin Mueller-Stahl: Severo del Valle
Jan Niklas: Conte Jean di Satigny
Vincent Gallo: Esteban García
Sarita Choudhury: Pancha García
Joaquin Martinez: Pedro Segundo García
Teri Polo: Rosa del Valle
Rossella Izzo: Clara del Valle Trueba
Sonia Scotti: Férula Trueba
Mario Cordova: Esteban Trueba
Giuppy Izzo: Blanca Trueba
Luca Ward: Pedro Tercero García
Germana Dominici: Nívea del Valle
Barbara Castracane: Tránsito Soto
Carlo Sabatini: Severo del Valle
Danilo De Girolamo: Esteban García
Aurora Cancian: Pancha García
Giorgio Lopez: Pedo Segundo García
Loredana Nicosia: Rosa del Valle
Regia Bille August
Soggetto Isabel Allende (romanzo)
Sceneggiatura Bille August
Fotografia Jörgen Persson
Montaggio Janus Billeskov Jansen
Musiche Hans Zimmer
Scenografia Anna Asp e Søren Gam
Costumi Barbara Baum
Per la prima volta nella sua vita, Alba sentì il bisogno di essere bella e rimpianse che nessuna delle splendide donne della sua famiglia le avesse lasciato in eredità i suoi attributi, e l’unica che l’aveva fatto, la bella Rosa, le aveva dato solo una sfumatura d’alga marina ai suoi capelli, che, se non era accompagnata da tutto il resto, sembrava piuttosto un errore del parrucchiere. Quando Miguel indovinò la sua inquietudine, la portò per mano fino al grande specchio veneziano che ornava un angolo della camera segreta; tolse la polvere dal vetro incrinato e poi accese tutte le candele che aveva e gliele mise intorno. Lei si rimirò nei mille frammenti dello specchio. La sua pelle, illuminata dalle candele, aveva il colore irreale delle figure di cera. Miguel cominciò ad accarezzarla e lei vide trasformarsi il suo volto nel caleidoscopio dello specchio e convenne infine che lei era la più bella dell’universo, perché aveva potuto vedersi con gli occhi con cui la vedeva Miguel…
Figliolo, la Santa Madre Chiesa sta a destra, ma Gesú Cristo è stato sempre a sinistra.
Cosí come quando si viene al mondo, morendo abbiamo paura dell’ignoto. Ma la paura è qualcosa d’interiore che non ha nulla a che vedere con la realtà. Morire è come nascere: solo un cambiamento.
Alba si chiedeva come avessero potuto spuntare tanti fascisti da un momento all’altro, perché, nella lunga traiettoria democratica del suo paese, non se n’erano mai visti, tranne alcuni esaltati durante la guerra, che per mania di scimmiottare si mettevano camicie nere e sfilavano col braccio alzato, in mezzo alle sghignazzate e ai fischi dei passanti, senza che avessero avuto alcun ruolo importante nella vita nazionale. Non si spiegava neppure l’atteggiamento delle Forze Armate, che per la maggior parte provenivano dalla classe media e dalla classe operaia e che storicamente erano state piú vicine alla sinistra che all’estrema destra. Non capí lo stato di guerra interna, né si rese conto che la guerra è l’opera d’arte dei militari, il culmine della loro preparazione, il distintivo dorato della loro professione. Non sono fatti per brillare durante la pace. Il golpe aveva dato loro l’opportunità di mettere in pratica quanto avevano imparato nelle caserme, l’obbedienza cieca, il maneggio delle armi e altre arti che i soldati possono dominare quando mettano a tacere gli scrupoli del cuore.
È passato più di mezzo secolo, ma ancora ho impresso nella memoria il momento preciso in cui Rosa, la bella, entrò nella mia vita, come un angelo distratto che passando mi rubò l’anima.
Pst! Padre Restrepo! Se il racconto dell’inferno fosse tutta una bugia, saremmo proprio fregati…
Per la da tutto il resto, sembrava piuttosto un errore del parrucchiere. Quando Miguel indovinò la sua inquietudine, la portò per mano fino al grande specchio veneziano che ornava un angolo della camera segreta; tolse la polvere dal vetro incrinato e poi accese tutte le candele che aveva e gliele mise intorno. Lei si rimirò nei mille frammenti dello specchio. La sua pelle, illuminata dalle candele, aveva il colore irreale delle figure di cera. Miguel cominciò ad accarezzarla e lei vide trasformarsi il suo volto nel caleidoscopio dello specchio e convenne infine che lei era la più bella dell’universo, perché aveva potuto vedersi con gli occhi con cui la vedeva Miguel.
Per la prima volta nella sua vita, Alba sentì il bisogno di essere bella e rimpianse che nessuna delle splendide donne della sua famiglia le avesse lasciato in eredità i suoi attributi, e l’unica che l’aveva fatto, la bella Rosa, le aveva dato solo una sfumatura d’alga marina ai suoi capelli, che, se non era accompagnata da tutto il resto, sembrava piuttosto un errore del parrucchiere. Quando Miguel indovinò la sua inquietudine, la portò per mano fino al grande specchio veneziano che ornava un angolo della camera segreta; tolse la polvere dal vetro incrinato e poi accese tutte le candele che aveva e gliele mise intorno. Lei si rimirò nei mille frammenti dello specchio. La sua pelle, illuminata dalle candele, aveva il colore irreale delle figure di cera. Miguel cominciò ad accarezzarla e lei vide trasformarsi il suo volto nel caleidoscopio dello specchio e convenne infine che lei era la più bella dell’universo, perché aveva potuto vedersi con gli occhi con cui la vedeva Miguel.
Blanca: La vita in se è diventata il valore più importante…
Esteban: Preferisco pensare che tu mi debba un favore..
Così come quando si viene al mondo,morendo abbiamo paura dell’ignoto.
Ma la paura è qualcosa d’interiore che non ha nulla a che vedere con la realtà.
Morire è come nascere:solo un cambiamento.
La memoria è fragile, il percorso umano è troppo breve, le cose accadono cosi’ in fretta che non si ha il tempo di capire la relazione tra gli eventi
Bisogna lottare per vivere, perchè la vita è un miracolo
L’opinione di Giannisv 66 dal sito http://www.filmtv.it
Imponente affresco che ripercorre quasi mezzo secolo di storia cilena, La Casa degli Spiriti è una di quelle pellicole che lasciano allo spettatore l’impressione di una grande occasione perduta.
Perduta perché il cast a disposizione del regista Billie August è davvero di altissimo livello, ma non sempre grandi attori rendono in base alle loro capacità, soprattutto se messi in un ruolo per cui manifestamente non sono “in parte”. Il riferimento è a Meryl Streep, attrice tra le migliori senza alcuna discussione possibile, ma qui chiamata a dare vita a un personaggio che non le è per niente congegnale.
Perduta anche perché l’ottima base di partenza (il romanzo di Isabel Allende) per più che legittimi motivi di “tempi” ha dovuto essere accorciato e semplificato, ma l’impressione è non sempre i tagli sono stati fatti con la misura dovuta e alla fine chi ne risente è una sceneggiatura che presenta ben più di una lacuna, dando a volte l’impressione di voli pindarici che vanno ad inficiare sulla qualità complessiva dell’opera.
L’opinione del sito http://www.temperamente.it
Rispetto al libro, il regista opera dei tagli netti nella trama e snellisce il folto ventaglio di personaggi ben delineati ed extra-ordinari del romanzo.
Sappiamo che tutto ciò è necessario per evitare che il film diventi una maratona di tre ore. Il susseguirsi degli episodi, tuttavia, è talvolta disorganico; si passa, infatti, da una situazione all’altra senza capirne perfettamente il filo logico.
La sceneggiatura, a mio parere, è scarna, e ciò va a discapito della performance di un cast di prim’ordine. Perché, diciamolo, buona parte del successo di questa pellicola è dovuta agli attori: Meryl Streep, Jeremy Irons, Glenn Close, Winona Ryder, Antonio Banderas, Vanessa Redgrave. Mica pizza e fichi. Sicuramente, alcuni personaggi sono più riusciti di altri: Glenn Close, nei panni della sorella di Esteban, Ferula, è in assoluto la mia preferita. La sua interpretazione è profonda e da brividi, e abbastanza fedele al personaggio creato dalla Allende.
Non da meno i protagonisti Jeremy Irons e Meryl Streep, rispettivamente Esteban Trueba e Clara Del Valle. Winona Ryder (Blanca Trueba) ottiene grande visibilità per l’empatia che si crea con il suo personaggio, benché (chi ha letto il libro lo sa) il suo ruolo nella storia venga fuso con quello della figlia Alba.
L’opinione di angelheart dal sito http://www.filmscoop.it
Non ho letto il romanzo, ne tantomeno conosco l’autrice. Fatto sta che questo grande ambizioso film (almeno le prime volte che lo vidi, perche’ visto recentemente sono riuscito a coglierne parecchi difetti narrativi e tecnici), che segue la storia di una benestante (solo economicamente) famiglia cilena dagli inizi del ‘900 fino ai giorni nostri, rimane un concentrato di sentimenti ed emozioni riuscito e toccante. A me e’ sempre piaciuto molto; vedere i membri di questa famiglia allontanarsi e disrtuggersi a vicenda con il passare del tempo, e’ davvero straziante (tantissime le scene dolorose e commoventi, una fra tutte, il riavvicinamento tra il padrone e il povero contadino). Laurea con lode a tutto l’intero cast, tra cui mi sento di sento di menzionare la giovane, bella e piena di talento Ryder, e il grande, odioso e scorbutico Irons (eccellente).
Come diceva qualche utente sotto, libro o non libro, rimane comunque un bel film (non esente da difetti, che pero’ non voglio mettere in risalto).
Kramer contro Kramer
Ted Kramer è un importante dirigente di una azienda che si occupa di pubblicità; è sposato con Joanna e ha un figlio, Billy.
Dedito completamente al lavoro, Ted probabilmente trascura la famiglia.
Infatti, subito dopo aver ricevuto un importante incarico, lo vediamo tornare a casa dove ad accoglierlo c’è la moglie Joanna che gli comunica, senza molti giri di parole, che ha intenzione di andar via di casa per prendersi una pausa di riflessione.
Joanna quindi va via, affidando il figlio alle cure di Ted.
Che da quel momento è costretto gioco forza ad occuparsi del figlio, con il quale, dopo un inizio difficile, stabilisce un buon rapporto.

Ma la cosa si riflette negativamente sul lavoro; costretto ad occuparsi di Billy, Ted perde il lavoro.
Nel frattempo stringe qualcosa più di un’amicizia con una donna separata come lui, Margaret, anch’essa con un figlio.
Un giorno, mentre i due sono al parco, Billy cade da una giostrina riportando serie ferite al volto.
Qualche mese più tardi, in modo del tutto imprevisto, ritorna Joanna che chiede a suo marito di potersi riprendere il figlio.
Di fronte al diniego di Ted, Joanna trascina l’uomo in tribunale, dove, dopo una lunga battaglia, Joanna riceve l’affidamento del bimbo.
Ted decide di andare in appello, ma quando apprende che dovrà portare suo figlio in tribunale, decide per il bene di Billy di rinunciare.
Finale da vedere….

Sono i temi del divorzio, quello dell’affidamento dei figli, le lunghe ed estenuanti battaglie legali fra i coniugi, i traumi riportati dagli stessi gli argomenti dei quali parla Kramer contro Kramer, film diretto da Robert Benton nel 1979.
Un film, detto subito, molto ben fatto ma anche terribilmente ruffiano; il regista texano infatti coniuga l’impegno civile della denuncia dei postumi del divorzio sui figli solleticando in più circostanze i sentimenti dello spettatore e cercando quanto più possibile di suscitare simpatia e commozione verso il genitore, in questo caso di sesso maschile.
Lo fa, però, con molta grazia e delicatezza, tanto da riuscire a bilanciare alla fine la lacrima facile con l’impegno sociale del film stesso.
Tratto dal romanzo Kramer vs. Kramer di Avery Corman, il film racconta in maniera sobria la difficile storia tra i coniugi Ted e Joanna, alle prese con una separazione che Ted sembra più subire proprio mentre la sua professione sta per fare un balzo in avanti.

E’ proprio su Ted che il regista punta l’attenzione, descrivendo da subito le difficoltà di un uomo alle prese con l’impegno nel suo lavoro e subito dopo l’improvvisa necessità di doversi dedicare al figlio, impegno per il quale non è certo preparato. Un rapporto difficile, che Ted deve recuperare in un ruolo, quello del padre, che è distante per ovvi motivi anni luce da quello della madre.
Con l’impegno, con il sacrificio, con la rinuncia Ted riesce a costruire un rapporto con Billy; riesce anche a ricostruirsi un brandello di vita prima del momento fatale del ritorno di Joanna.
Che costringerà Ted a delle scelte dolorose, fino all’ultimo gesto che sa tanto di rinuncia per amore, un amore superiore che ora Ted finalmente conosce in tutta la sua bellezza ma anche in tutto il dolore della rinuncia…
Benton realizza un film sobrio, che cede alla commozione facile solo nel finale; ma è una concessione obbligata, in quanto è costretto dal romanzo ad una specie di happy end che però in fondo è quello che la gente vuole.
Un happy end ben differente da quello di tantissime storie di papa divorziati costretti a vedere i propri figli in orari e giorni prestabiliti, a sacrificare se stessi in toto per i propri figli.

Un film quindi armonico, che scorre senza grossi problemi grazie alla sobria regia di Benton ma grazie anche ai due straordinari attori protagonisti,Dustin Hoffman e Meryl Streep oltre alla presenza del bravissimo Justin Henry che interpreta Billy.
Hoffman tiene quasi sempre su di se il peso del film, perchè la storia è incentrata sul suo personaggio; molto più defilata la Streep, sacrificata dal copione ma sempre pronta e misurata nei momenti in cui la si vede in scena.
Non a caso Kramer contro Kramer, uno dei successi più rilevanti del 1979, venne premiato con 5 oscar e 4 nomination; il film vinse infatti il premio Oscar come miglior film (grida ancora vendetta la vittoria su Apocalypse now), per la miglior regia e sopratutto vide premiati sia Hoffman (miglior attore) sia la Streep (migliore attrice non protagonista) oltre al premio per la miglior sceneggiatura non originale.

Riconoscimenti meritati, almeno per quanto riguarda il cast, ma resta assolutamente il marchio di infamia la vittoria a spese di Apocalypse now o di All that jazz, due film nettamente migliori e di ben altro calibro rispetto a Kramer contro Kramer, più blockbuster che film dai profondi contenuti.
Un film ben fatto, ben diretto, molto furbo, attentissimo ad arruffianarsi il pubblico senza però eccedere nei sentimentalismi, quindi.
Il film di Benton è facilmente rintracciabile in rete ed è passato più volte sui canali televisivi.
Un film di Robert Benton. Con Dustin Hoffman, Meryl Streep, Jane Alexander , Justin Henry, Howard Duff, George Coe, Jo Beth Williams, Joe Seneca, Ellen Parker, Nicholas Hormann, Howland Chamberlain, Shelby Brammer, Bill Moor, Jack Ramage, Jess Osuna, Carol Nadell, Donald Gantry, Judith Calder, Peter Lownds, Kathleen Keller, Ingeborg Sorensen, Iris Alhanti, Richard Barris, Evelyn Hope Bunn, Joann Friedman, Quentin J. Hruska, Dan Tyra, David Golden, Petra King, Melissa Morell, Frederic W. Hand, Scott Kuney Titolo originale Kramer vs. Kramer. Drammatico, durata 104′ min. – USA 1979.
Dustin Hoffman: Ted Kramer
Meryl Streep: Joanna Kramer
Justin Henry: Billy Kramer
Jane Alexander: Margaret Phelps
Howard Duff: John Shaunessy
George Coe: Jim O’Connor
JoBeth Williams: Phyllis Bernard
Howland Chamberlain: Giudice Atkins
Bill Moor: Gressen, avvocato di Joanna
Joe Seneca: ospite
Ferruccio Amendola: Ted Kramer
Maria Pia Di Meo: Joanna Kramer
Davide Lepore: Billy Kramer
Anna Rita Pasanisi: Margaret Phelps
Sergio Rossi: John Shaunessy
Gianni Marzocchi: Jim O’Connor
Sergio Fiorentini: Giudice Atkins
Regia Robert Benton
Soggetto Avery Corman
Sceneggiatura Robert Benton
Produttore Stanley R. Jaffe
Casa di produzione Columbia Pictures, Stanley Jaffe Production
Distribuzione (Italia) Ceiad Balmas
Fotografia Néstor Almendros
Montaggio Gerald B. Greenberg
Musiche John Kander, Herb Harris
Scenografia Paul Sylbert
I ponti di Madison County
Sergio Leone disse di lui, un giorno,che aveva due espressioni,”una con il cappello e una senza”.
Una definizione ingenerosa,alla luce della carriera di Clint Eastwood,regista e attore protagonista di I ponti di Madison County,tratto dal romanzo omonimo di Robert James Walzer.
Eastwood sceglie la tecnica del flash back per raccontare la storia d’amore tra Robert,un fotografo giunto ormai alla mezza età e Francesca,oriunda italiana,che vive nella cittadina con i suoi due figli e il marito.
Una donna dall’aspetto dimesso,che sembra aver perso entusiasmo e motivazioni,priva di stimoli e appagata (anche se qualcosa brucia dentro);che vede 
nell’affascinante Robert l’uomo che avrebbe voluto amare,comprensivo,tenero.
Robert è nella piccola cittadina per fotografare i ponti di Madison,e finirà per restare prigioniero della malia del luogo e del romanticismo della donna;un romanticismo non mieloso,ma reale.
Lei,Francesca,è una donna dai sentimenti veri,forti;lui la sa ascoltare,e tra i due nasce subito dopo l’attrazione,l’amore.
Ma l’amore tra i due è impossibile:lo sa Francesca,donna assennata,anche troppo;il suo colpo di vita è fine a se stesso,il suo senso di responsabilità la porta a vivere conflittualmente la situazione.
Così,quando arriva il momento delle scelte,sceglie di non scegliere.
Lascia andare l’amore,per senso di responsabilità verso la famiglia.
Non solo.
Gioca anche un ruolo importante l’amore vero,quello che sa sacrificare i sentimenti in nome di più alti ideali,come la famiglia.
Gioca un ruolo fondamentale la possibilità di ricordare,senza rimpianti,quella che non è stata una semplice avventura,ma una storia vera,profonda,da conservare come un ricordo dolce,da tirar fuori nei momenti difficili.
Non rimpianto,quindi,ma serena accettazione.
Quando i figli di lei scopriranno la storia,grazie alle sue lettere,impareranno a conoscere di più e ad apprezzare quella donna coraggiosa,che ha fatto una scelta difficile,per amore.
E riusciranno a capire anche quali sono i veri valori,ricavandone una lezione salutare.
Dal ponte di Madison voleranno le ceneri di Francesca,in una simbolica unione con il ricordo dell’amato,uniti ora nel vento.
Un film che,lungi dall’essere strappa lacrime,indaga con delicatezza sulle possibilità offerte dalla vita,sulla capacità da parte delle persone di rinunciare a qualcosa in cambio e a favore di altre;un film che privilegia l’introspezione,a scapito della lacrimuccia facile.
Non era semplice,per il regista,riportare i dialoghi,le atmosfere del romanzo,condensarle in due ore di film.
C’è riuscito,giocando proprio sulla capacità descrittiva,indagando sui sentimenti,mostrando,in maniera esplicita,la simpatia per personaggi comuni,dalle storie comuni,eppure così straordinariamente uniche.
I ponti di Madison County
Un film di Clint Eastwood. Con Clint Eastwood, Meryl Streep, Annie Corley, Victor Slezak, Jim Haynie,Sarah Kathryn Schmitt, Christopher Kroon, Phyllis Lyons, Debra Monk, Richard Lage, Michelle Benes, Alison Wiegert, Brandon Bobst, Pearl Faessler, R.E. ‘Stick’ Faessler
Titolo originale The Bridges of Madison County. Sentimentale, durata 135 min. – USA 1995.
Clint Eastwood: Robert Kincaid
Meryl Streep: Francesca Johnson
Annie Corley: Caroline Johnson
Victor Slezak: Michael Johnson
Jim Haynie: Richard Johnson
Phyllis Lyons: Betty
Debra Monk: Madge
Michelle Benes: Lucy Redfield
Richard Lage: Avvocato Peterson
Regia Clint Eastwood
Soggetto Robert James Waller
Sceneggiatura Richard LaGravenese
Produttore Clint Eastwood, Kathleen Kennedy
Casa di produzione Malpaso Productions, Amblin Entertainment
Distribuzione (Italia) Warner Bros.
Fotografia Jack N. Green
Montaggio Joel Cox
Effetti speciali Steve Riley
Musiche Lennie Niehaus
Scenografia Jeannine Claudia Oppewall
Michele Kalamera: Clint Eastwood
Maria Pia Di Meo: Meryl Streep
Roberta Greganti: Annie Corley
Laura Latini: Annie Corley (piccola)
Rodolfo Bianchi: Victor Slezak
Massimiliano Alto: Victor Slezaz (piccolo)
Ennio Coltorti: Jim Haynee
Gabriella Borri: Phyllis Lyons
Aurora Cancian: Debra Monk
Ci sono canzoni che nascono dall’erba punteggiata d’azzurro, dalla polvere di migliaia di strade di campagna. Questa ne incarna la poesia. È un tardo pomeriggio dell’autunno del 1989, io sono seduto alla mia scrivania, guardando il cursore che ammicca sul video del computer davanti a me, quando squilla il telefono. All’altro capo del filo c’è un ex abitante dell’Iowa, di nome Michael Johnson, che ora vive in Florida. Un amico gli ha inviato uno dei miei libri. Michael Johnson l’ha letto, l’ha letto anche sua sorella Carolyn, e hanno da propormi una storia che credono possa interessarmi.
























































































































