Brivido nella notte
Dave Garland è uno scapolo impenitente e affascinante, che lavora come Disc jockey per una radio indipendente; è legato ad una donna,Tobie, che ama. Tuttavia, Dave non esita a tradire la compagna con Evelyn, sua ascoltatrice assidua, con la quale si illude di avere un rapporto sessuale fine a se stesso.
Infatti, l’uomo si accorgerà di essere precipitato in un incubo nel momento in cui la psicotica Evelyn mostrerà di non voler essere considerata un’avventura.
La donna inizia, quindi, a perseguitare il Dj, arrivando a distruggergli l’appartamento.
Con l’arresto di Evelyn, sembra che la quotidianità di Dave sia tornata alla normalità. Ma ciò che appare un principio di respiro, si dimostrerà, in seguito, l’inizio di un’agonia.
Prima regia cinematografica per Clint Eastwood, che nel 1971 vive un periodo davvero fortunato per la sua carriera: è, infatti, il protagonista di La notte brava del soldato Jonathan del suo amico regista Don Siegel. Non pago delle interpretazioni sullo schermo, Eastwood passa dall’altro lato della macchina da presa con questa prima opera: Brivido nella notte,
antesignano di un film di grande successo degli anni ottanta, Attrazione fatale di Adrian Lyne, del quale anticipa la tematica dello stalking portato alle estreme conseguenze.
Qui la storia è quella di un uomo un po’ superficiale, distratto dal suo rapporto con la fedele compagna che, in verità, ama profondamente. Il protagonista è, infatti, invogliato dal desiderio di trasgredire e, probabilmente, è stimolato dall’istinto primordiale del predatore, “piaga” dell’universo maschile.
Mal gliene incoglie, perché quella che doveva essere la scopata usa e getta si trasforma in un incubo: il “predatore” si ritroverà a fare i conti con la evidente pazzia della “preda”, una donna profondamente turbata, la quale non solo metterà in crisi il rapporto di Dave con la sua compagna, ma gli minaccierà perfino l’incolumità fisica.
Eastwood dimostra di aver imparato molto sulle tecniche di ripresa e soprattutto sui tempi cinematografici; le lezioni dei suoi maestri Leone e Siegel, che lo avevano diretto in film come
Per un pugno di dollari, Per qualche dollaro in più e La notte brava del soldato Jonathan.
Questo Brivido nella notte è, infatti, un thriller di buona fattura, abbastanza teso e scorrevole, decisamente interessante anche come trama.
La persecuzione di cui è fatto oggetto Dave è mostrata con un crescendo di tensione ben calibrata, che dimostra le ottime attitudini, la predisposizione quasi naturale alla direzione di Eastwood, il quale attraverso la sua prestazione smentisce le parole del mentore, Sergio Leone, in merito alle sue capacità interpretative. Difatti, Eastwood non è l’attore con due espressioni “una col cappello e una senza”, ma un interprete capace e volitivo.
Il film, come dicevo, è ben congegnato e scorre tranquillamente.
Eastwood, che nel futuro dirigerà ben 37 pellicole, tutte di ottima fattura, consacrate anche da due Oscar, inizia qui una carriera da regista lusinghiera e importante.
Da Assassinio sull’Eiger a I ponti di Madison County, da Mystic River a Gran Torino, l’attore regista di San Francisco mostrerà doti di padronanza del mezzo tecnico.
Bene anche la sua recitazione nel film, assecondata da quella di un’ottima Jessica Walter, che interpreta la stalker di Dave.
Cameo per l’amico regista Don Siegel in un film in definitiva da vedere e gustare.
Buona la fotografia.
Potete scaricare il film (seguendo il tutorial su questo sito) all’indirizzo https://openload.co/f/AOdcDOYKZcE/Brivido_nella_notte_1971_-_Sat_rip.avi.mp4
Brivido nella notte
Un film di Clint Eastwood. Con John Larch, Clint Eastwood, Jessica Walter, Donna Mills, Don Siegel Titolo originale Play Misty for Me. Giallo, durata 102 min. – USA 1971.
Clint Eastwood: Dave Garner
Jessica Walter: Evelyn
Donna Mills: Tobie
John Larch: Sgt. McCallum
Jack Ging: Frank
Irene Hervey: Madge
James McEachin: Al Monte
Clarice Taylor: Birdie
Donald Siegel: Murphy
Duke Everts: Jay Jay
Pino Colizzi: Dave Garner
Rita Savagnone: Evelyn
Vittoria Febbi: Tobie
Nando Gazzolo: Sgt. McCallum
Ferruccio Amendola: Al Monte
Flaminia Jandolo: Birdie
Carlo Romano: Murphy
Regia Clint Eastwood
Soggetto Jo Heims
Sceneggiatura Dean Riesner, Jo Heims
Produttore Robert Daley
Fotografia Bruce Surtees
Montaggio Carl Pingitore
Musiche Dee Barton (musiche originali)
Scenografia Alexander Golitzen
Costumi Helen Colvig, Brad Whitney
L’opinione di Will Kane dal sito http://www.filmtv.it
Sull’onda dei personali successi raccolti tra Italia e USA,Clint Eastwood passò anche dall’altra parte della macchina da presa nel 1971,con un thriller che venne rievocato dalla stampa quasi vent’anni dopo dopo il grande risultato di “Attrazione fatale”.Perchè anche in questa pellicola una donna che ha avuto un “one night stand”,più elegante certo di “una botta e via” con un uomo,non accetta di essere stata considerata solo l’avventura di una nottata,e si vendica fino alla psicopatia,mettendo in pericolo la vita dell’amante e di chi gli è vicino. Certo,riguardandolo oggi,soprattutto dopo le opere che l’antico portatore della pistola di Callaghan in alcuni momenti questo esordio ha delle piccole ingenuità,qualche tempo non gestito propriamente in modo perfetto,ma che attenzione alla descrizione delle personalità,ed interessante l’ambientazione quasi del tutto in notturna, che aggiunge pathos al racconto,e l’attenzione all’escalation da nevrotica a folle omicida della coprotagonista Jessica Walters,un ritratto psicologico raffinato e assolutamente non dozzinale,come invece in molti thriller dell’epoca poteva esser riscontrato. Eastwood, che ha cominciato da qui a costruire una carriera registica intensa e in crescendo,sceglie una via non semplice,giocando se stesso come interprete di un personaggio non libero da ambiguità,e che nel finale ha la meglio sulla scheggia impazzita che vuole uccidere lui e l’amata,in un confronto con risoluzione brusca e ruvida.Al tempo dell’uscita,un quasi sorpreso Kezich ne parlò bene,e dire che non amava particolarmente Clint come star del botteghino e beniamino delle platee….
L’opinione di generation Lost dal sito http://www.filmscoop.it
Il primo lungometraggio che vede Clint Eastwood dietro la macchina da presa racconta quello che al giorno d’oggi i media chiamerebbero un caso di stalking. Siamo nel 1971, il femminismo è oramai qualcosa più che un semplice grido dalla folla, e un regista sensibile come lui avverte la cosa, proponendoci un ribaltamento di ruoli: la donna da preda diventa predatrice, non più soggiogata dalla forza maschile, ma soprattutto anch’essa potente eroticamente, senza paura di usare il sesso e il ricatto come arma.La pellicola procede per tutta la sua durata sul sottile filo che separa la passione dall’ossessione, viste come due facce della stessa medaglia. Il bene è da una parte rappresentato da Tobie, fidanzata di Dave – ritratta sempre in scene diurne, tra il verde e la purezza della natura – mentre Evelyn, il lato malato dell’amore, si situa quasi esclusivamente in ambientazioni notturne o chiuse, quasi claustrofobiche.Dal punto di vista formale il film non presenta alcuna nota degna di citazione: Eastwood è un novizio ed è evidente come l’uso della macchina da presa sia ancora piuttosto rozzo ed elementare. Anche il montaggio è eccepibile, soprattutto nelle scene di lotta che presentano movimenti fin troppo agitati. Le scelte musicali, al contrario, sono solo l’aperitivo di quella che sarà una carriera costellata da grandi momenti melodici applicati al cinema.Brivido nella notte scorre abbastanza linearmente nella sua interezza, mantenendo sempre un costante livello di suspense. Non convince però del tutto la figura di Evelyn, il cui disagio psicologico è analizzato in maniera piuttosto approssimativa, lasciando più spazio alle azioni criminose che ai momenti di intimità e malattia.Ottime invece le sequenze riguardanti il festival jazz di Monterrey ma sopratutto le riprese aeree di Camden che risentono molto dello stile di Siegel (vedasi dirty harry)
Dal sito http://www.storiadei film.it
Imperfetto ma suggestivo.
Spenta la luce e isolata acusticamente la stanza sarà facile provare quel brivido nella notte con cui si è discutibilmente tradotto Play Misty For Me. Non è detto che a suggestionare sia la convincente follia di Jessica Walter, tanto riuscita da spingere chiunque a desiderare la sua morte, potrebbe anche essere la colonna sonora, eccessivamente risaltata ma con una scelta azzeccata dei titoli. Atmosfere giuste e buone scelte di regia compensano la mancanza di originalità della trama e alcuni passaggi degni di pennichella (come la lunga sequenza d’amore tra piante e cascate). È un film d’esordio alla regia e si nota. Se non fosse per il nome dietro la macchina da presa sarebbe un titolo del passato di cui difficilmente si parlerebbe. Il punto è che la non originalissima sceneggiatura di Jo Heims venne acquistata dalla Universal, su consiglio di Eastwood, a condizione che fosse Clint stesso a girare la pellicola. Così ci ritroviamo con il duro e puro uomo senza nome in balia a due donne che giocano con i suoi sentimenti e la sua vita, incastrandolo nella penisola californiana di Carmel-Monterey (la stessa dove Clint ricoprirà la carica di sindaco).
Un film semplice, che rallenta eccessivamente in alcuni passaggi ma dimostra passione verso il cinema e la musica, elementi che verranno riproposti in modo più maturo e riuscito.(…)
La notte brava del soldato Jonathan
Quando nel 1971 usci sugli schermi americani The beguiled (nel circuito cinematografico italiano La notte brava del soldato Jonathan), diretto da Don Siegel l’accoglienza fu fredda, per non dire sprezzante.
Il film del regista di Chicago si rivelò inoltre un fiasco clamoroso ai botteghini,fatta salva una rivalutazione a posteriori quanto meno sospetta.
Colpa principalmente di una parte della critica che smontò il film con commenti durissimi, fra i quali il meno forte era l’accusa, trita e ritrita,di misoginia di Siegel.
Che Siegel fosse un misogino era lapalissiano e mai come in questo film l’accusa sembra essere confermata dall’evidenza; ma l’avversione di Siegel per le donne,unito a quel suo essere politicamente scorretto, avviene in un contesto sociale tutto da analizzare, così come questa sua peculiarità diverrà in qualche modo il marchio di fabbrica dei suoi prodotti.
Un difetto, se vogliamo,che comunque gli costò caro, visto l’ostracismo che buona parte del pubblico femminile decretò verso i suoi film , accusati (con qualche ragione) di essere violentemente maschilisti.
Ma questo non può e non deve essere un atto discriminatorio: il cinema di Siegel è un cinema duro, ipercritico, a tratti violento e altre volte ancora spietato verso la società americana, accusata di volta in volta di essere lassista e permissivista.
Certo, quando in un film si sente dire, come in Charlie Varrick “Non vado a letto con le puttane, io. E se qualche volta mi è successo, me ne sono accorto dopo”, non si può non sobbalzare sulla sedia, ma tutto fa parte del particolare modo che ha Siegel di impostare i suoi film.
Questo La notte brava del soldato Jonathan in fondo è davvero un film violentemente misogino; la storia del soldato che spezza l’equilibrio ipocrita e perbenista di un collegio femminile, alterando le vite sfrontatamente borghesi e puritane (solo all’apparenza) del gineceo che ci vive, appare come un ceffone in pieno viso rivolto allo spettatore medio americano, quasi una metafora dei vizi privati degli stessi.
Un perbenismo di facciata di un mondo femminile che il regista giudica ipocrita,a tal punto da diventare inviso anche a buona parte del pubblico maschile.
Ma le personali convinzioni di Siegel, giuste o sbagliate che siano vanno viste sul campo; e il film in questione, pur con il limite descritto dell’eccessivo anti femminismo del regista stesso appare come opera omogenea e vigorosa, cattiva al punto giusto e costellata di colpi di genio registici, con carrellate, zoomate,flash back che di certo sono strumenti ben usati e a tratti affascinanti in modo estremo.
Siegel riduce per lo schermo un romanzo di Thomas Cullinan, The Beguiled uscito nel 1966 ed intitolato in origine A Painted Devil e ne fa una versione cinematografica di grandissimo impatto visivo.
La storia,ambientata durante la guerra civile americana, parte con il ritrovamento del caporale nordista Jonathan McBarney ferito gravemente durante una battaglia, da parte di una ragazzina che vive in un vicino collegio femminile.
Amy, questo il nome della piccola, sta raccogliendo funghi nel bosco quando si imbatte in Jonathan; riesce a trascinarlo fino al cancello d’ingresso del collegio, dove l’uomo viene raccolto e soccorso.
La rettrice Martha decide di far restare l’uomo, nonostante nel collegio vivano esclusivamente donne;la motivazione ufficiale è quella dell’obbligo del soccorso verso i feriti, esempio di carità cristiana per le ragazza del collegio.
In realtà Martha, come del resto la sua socia Edwina, è attratta più dalla sensualità, dal fascino maschile che Jonathan emana piuttosto che ispirata da nobili intenti.
Jonathan, con molta furbizia, si rende immediatamente disponibile e grazie alla sua simpatia ben presto entra nelle grazie di buona parte delle ragazze del collegio.
Gallo nel pollaio, Jonathan dispensa a piene mani quello che le represse donne del collegio in fondo cercano;intreccia una relazione con Martha e con Edwina e infine con Carol, una splendida ragazza del collegio.
Ormai Jonathan è diventato un punto fermo del posto.
Ma l’essere l’unico uomo in un gineceo ha il suo prezzo.
Jonathan, che con poco giudizio alterna e dispensa amore a mezzo istituto, veine sorpreso durante un convegno d’amore proprio con Carol da Martha ed Edwina.
A questo punto è la gelosia a prendere il posto, soppiantando tutti i sentimenti; Edwina lo fa cadere per le scale, rompendogli una gamba e Martha….
Il finale è da brivido e in qualche modo riflette non solo l’ambientazione del romanzo ma anche la personale visione del regista.
La notte brava del soldato Jonathan è in effetti una perfetta contrapposizione di mondi e mentalità:il mondo femminile in qualche modo ipocrita e perbenista del collegio, pieno di verità non espresse, violentemente represso nella sensualità e quello scopertamente maschilista di Jonathan, personaggio al limite del banditesco.
Jonathan è un bugiardo, un approfittatore ma è anche il paradigma di una società in guerra, allo sbando.
Lo sfondo della guerra civile è importante, perchè Jonathan combatte dal lato “giusto” ( è un nordista) ma è anche lo specchio dell’uomo americano dell’epoca.
In una società fortemente maschilista, la donna ha un ruolo ovviamente subalterno e lui si ritrova a gestire un’impresa assolutamente impossibile.
Vivere cioè in simbiosi in un mondo totalmente femminile, diviso però da feroci rivalità e gelosie, che fino all’arrivo di Jonathan sono in equilibrio instabile ma comunque là, ferme.
L’esplosione ci sarà proprio quando Jonathan, con molta incoscienza, assumerà il controllo dell’harem come un sultano.
Qui però a comandare sono le donne: le varie Martha, Edwina, Carol e persino la bella governante di colore rivendicano il loro ruolo di api regine e Jonathan farà le spese di questa atmosfera da arnia.
Lui è solo uno strumento di piacere e pertanto deve accettare questo ruolo, senza mediazioni.
Nel momento in cui l’ex caporale si renderà conto della situazione in cui si è ficcato, non potrà più tornare in dietro.
E il cerchio si chiude con il drammatico finale, che riporta tutto a prima dell’arrivo di Jonathan.
Un film con diverse chiavi di lettura quindi, impreziosito da un’atmosfera di tensione latente, che esploderà nel convulso finale; nel frattempo Siegel ha dato dimostrazione di abilità e virtuosismi impressionanti con la macchina da presa.
Il regista sceglie Clint Eastwood come protagonista assoluto del film;è la terza delle cinque collaborazioni totali fra Siegel e Eastwood, quella che mostra definitivamente al pubblico americano che Clint è attore di razza, nonostante l’ironica dichiarazione di Leone, che lo aveva definito “attore con due sole espressioni”
Eastwood è furfante quanto basta, è macho ed ha sensualità da vendere e quindi è perfetto per il ruolo scelto; da questo film in poi saranno in molti coloro che vedranno enormi potenzialità nell’attore californiano.La sua caratterizzazione rende il personaggio di Jonathan a tratti quasi lontano dal modello che Siegel cerca di imporre.E’ un furfante, è vero, mente ed è in qualche modo ossessionato dal sesso. Ma è l’ambiente in cui si trova catapultato a tirarne fuori il peggio.Capisce di essere stato scelto e si adegua furbescamente.Ma nel finale, quando cercherà di prendere le redini, proprio nel momento in cui non è più un uomo integro, ma deve riprendere a farsi guidare dalle donne del collegio, ecco che la sua reazione violenta lo porta verso un destino crudele, che lo punirà ben oltre i suoi demeriti.
Ottimo tutto il cast femminile, che asseconda il regista e Eastwood; semplicemente strepitosa la fotografia di Bruce Surtees, che verrà utilizzato da Siegel in altri film.
Un film da riscoprire,senza dubbio.
Per quanto riguarda i passaggi televisivi, è abbastanza raro imbattersi in uno di essi;in rete il film c’è ma è nella versione originale.
La notte brava del soldato Jonathan
Un film di Don Siegel. Con Clint Eastwood, Elizabeth Hartman, Geraldine Page, Jo Ann Harris, Darleen Carr, Mae Mercer Titolo originale The Beguiled. Drammatico, durata 109′ min. – USA 1971.
Clint Eastwood: John McBurney
Geraldine Page: Martha
Elizabeth Hartman: Edwina
Jo Ann Harris: Carol
Darleen Carr: Doris
Mae Mercer: Hallie
Pamelyn Ferdin: Amy
Melody Thomas: Abigail
Peggy Drier: Lizzie
Patricia Mattick: Janie (con il nome Pattye Mattick)
George Dunn: Sam Jefferson
Regia Don Siegel
Soggetto Thomas Cullinan
Sceneggiatura John B. Sherry, Grimes Grice
Produttore Donald Siegel
Produttore esecutivo Jennings Lang
Casa di produzione The Malpaso Company
Fotografia Bruce Surtees
Montaggio Carl Pingitore
Musiche Lalo Schifrin
Scenografia Ted Haworth
Costumi Helen Colvig
Trucco Bud Westmore
Pino Locchi: Clint Eastwood
Lydia Simoneschi: Geraldine Page
Fiorella Betti: Elizabeth Hartman
Micaela Esdra: Jo Ann Harris
Serena Verdirosi: Darleen Carr
Rita Savagnone: Mae Mercer
Liliana Sorrentino: Pamelyn Ferdin
Emanuela Rossi: Patricia Mattick
Alessandro Sperlì: George Dunn
Ispettore Callaghan il caso Scorpio è tuo
Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo è il primo film con protagonista l’ispettore Harry Callaghan, detto Harry la carogna per i modi spicci e brutali con i quali affronta il mondo del crimine.
Su un soggetto di Harry e Rose Fink il regista Don Siegel costruisce un personaggio destinato ad avere grande popolarità ( e successo) tra le platee di tutto il mondo e contemporaneamente a mettersi contro la stragrande maggioranza dei critici, che accusarono il regista di Chicago di essere un reazionario, un violento ed un fascista.
Un’accusa, quella di essere un reazionario, che Don Siegel fu costretto a ingoiare nonostante il film in questione fosse un apologo delle paure e delle fobie della società americana, a cui Harry la carogna da una risposta sicuramente durissima ma se vogliamo in linea con quello che la maggioranza degli americani sentiva e voleva.
Il regista di Chicago sceglie come protagonista Clint Eastwood, attore con il quale aveva già lavorato con buoni riscontri in L’uomo dalla cravatta di cuoio (1968),Gli avvoltoi hanno fame (1970) e in quel gioiello misconosciuto che è La notte brava del soldato Jonathan, girato qualche mese prima di questo film.
Paradossalmente, questa resterà l’unica opera a vedere in scena il binomio Siegel-Eastwood; i successivi film della serie,ovvero Una 44 Magnum per l’ispettore Callaghan (1973) avrà la regia di Ted Post,Cielo di piombo, ispettore Callaghan (1976), quella di James Fargo,Coraggio… fatti ammazzare (1983), quella dello stesso Clint Eastwood ed infine il capitolo conclusivo,Scommessa con la morte (1988), avrà la regia di Buddy Van Horn.
Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo si ispira molto liberamente alle gesta del serial killer Zodiac,il killer dello zodiaco, che operò tra il dicembre 1968 e l’ottobre 1969 nella zona di san Francisco, che fece cinque vittime e che rimase sconosciuto.
La storia vede il grintoso Ispettore Callaghan alle prese con un killer psicopatico che si fa chiamare Scorpio, che ricatta la città e che finirà ucciso, in un finale violentissimo, proprio da Harry la carogna.
Un film violento, duro e crudo, in cui l’azione predomina e vede crescere la statura dell’Ispettore Callaghan, un uomo disilluso e cinico; che ha dei valori forti, ma che è altresì consapevole che alla guerra non ci si va con un ramoscello d’ulivo in mano.
Forse Harry la carogna esagera, ma il pubblico lo ama proprio per quello.
In un’America spesso ostaggio della violenza e di una legge che tutela i cittadini fino alle estreme conseguenze, Callaghan rappresenta il desiderio di vendetta e di giustizia di una popolazione che troppe volte si sente ostaggio della delinquenza.
E parteggia quindi apertamente per quel poliziotto anticonformista e violento, dai modi brutali ma sicuramente efficaci.
Siegel costruisce un’aura di figura maledetta attorno a Harry Callaghan: l’ispettore è probabilmente anche un asociale, non ha alcuna stima per i suoi capi e tanto meno per il potere politico.
Lo dimostra chiaramente una sequenza resa celebre proprio dal volto scolpito nella pietra di Harry, con un dialogo assolutamente irresistibile:
“Sindaco: Allora, sentiamo…
Callaghan: Sentiamo cosa?
Sindaco: Cosa ha fatto finora…
Callaghan: Beh, negli ultimi tre quarti d’ora mi sono scaldato il sedere nella sua anticamera aspettando lei
Sindaco: [rivolgendosi a Callaghan] Non combini altri pasticci come quelli dell’anno scorso nel settimo distretto. Ha capito? Sono stato chiaro?
Callaghan: Sì, però… Quando un maschio adulto aggredisce una donna con l’intenzione di violentarla, io lo uccido. Sono stato chiaro?
Tenente Neil Briggs: Intenzione? E come ha fatto a stabilirlo?
Callaghan: Quando un uomo nudo rincorre una donna in un vicolo con un coltello in mano e con l’affare di fuori… non credo voglia raccogliere fondi per la croce rossa.
Questo tipo di dialoghi, che nel film abbondano e che costituiranno in seguito il marchio di fabbrica di Callaghan, insieme all’uso della inseparabile 44 Magnum, faranno la fortuna del personaggio.
Ancora un dialogo dal film:
“Capitano: Ha seguito quell’uomo?
Callaghan: Sì, l’ho pedinato ma quando ero fuori servizio, ed è evidente che non sono stato io a picchiarlo.
Capitano: Perché?
Callaghan: Perché gli è rimasta qualche parte di faccia sana.”
Come già detto, il personaggio di Callaghan creò un’ondata emotiva che imbarazzò non poco anche le autorità;il desiderio di ordine e legalità del cittadino medio americano si conciliava benissimo con i metodi spicci di Callaghan, ma era decisamente inaccettabile come messaggio per le forze di polizia.
Basti pensare che solo nel primo film della serie,Il caso Scorpio, Callaghan fa fuori con le cattive 14 malviventi.
Per il pubblico italiano, a parte la carica di violenza e il messaggio distorto lanciato da Siegel, il film fu un grande successo di cassetta; colpirono sopratutto le peculiarità specifiche del film, ovvero le magnifiche inquadrature,il sarcasmo feroce di Callaghan, quel suo essere personaggio in stile Cavaliere della valle solitaria.
Ispettore Callaghan il caso Scorpio è tuo è un film di facile reperibilità e sopratutto è trasmesso con regolarità dalle tv private;oggi è considerato oggetto di culto e chiunque non l’abbia visto troverà in rete con facilità ottime versioni del film stesso.
Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo
Un film di Don Siegel. Con Harry Guardino, Clint Eastwood, Reni Santoni, John Mitchum Titolo originale Dirty Harry. Poliziesco, durata 103′ min. – USA 1971.
Clint Eastwood: Harry Callaghan
Harry Guardino: tenente Al Bressler
Andrew Robinson: Scorpio
Reni Santoni: ispettore Chico Gonzalez
John Larch: il Capo
John Mitchum: ispettore Frank DiGeorgio
John Vernon: il sindaco
Lyn Edgington: Norma
Woodrow Parfrey: sig. Jaffe
Josef Sommer: procuratore distrettuale William T. Rothko
William Paterson: giudice Bannerman
Regia Don Siegel
Soggetto Harry Julian Fink, Rita M. Fink
Sceneggiatura Harry Julian Fink, Rita M. Fink, John Milius (non accreditato), Terrence Malick (non accreditato), Dean Riesner
Produttore Don Siegel
Fotografia Bruce Surtees
Montaggio Carl Pingitore
Musiche Lalo Schifrin
Scenografia Dale Hennessey
Nando Gazzolo: Harry Callaghan
Daniele Tedeschi: tenente Al Bressler
Cesare Barbetti: Scorpio
Michele Gammino: ispettore Chico Gonzalez
Bruno Persa: il Capo
Carlo Alighiero: ispettore Frank DiGeorgio
Arturo Dominici: il sindaco
Flaminia Jandolo: Norma
Vinicio Sofia: sig. Jaffe
Gianfranco Bellini: procuratore distrettuale William T. Rothko
Alessandro Sperlì: giudice Bannerman
Gianni Marzocchi: l’uomo che tenta di suicidarsi
“ Io so quello che pensi, ti stai chiedendo se ho sparato sei colpi o solo cinque, ti diro’ che in mezzo a tutta questa baraonda ho perso il conto io stesso, ma dato che questa è una Magnum 44, cioè la pistola piu’ precisa del mondo che con un colpo ti spappolerebbe il cranio, devi decidere se è il caso… di’, ne vale la pena? ”
Il buono, il brutto e il cattivo
Nel 1966 Sergio Leone chiude la trilogia del dollaro con Il buono, il brutto e il cattivo, la sua opera, almeno fino a quel momento, più ambiziosa e sopratutto girata con più mezzi a disposizione. I due fortunatissimi precedenti, Per un pugno di dollari e Per qualche dollaro in più gli avevano permesso di poter finalmente disporre di finanziamenti cospicui; così Leone sceglie un cast di più largo respiro, sceglie di girare il film con tempi cinematografici più lunghi e sopratutto esce dai temi trattati nei due film precedenti per parlare della guerra di secessione americana, guardando sia alla storia in se stessa, sia ad un discorso di più ampio respiro, la denuncia degli orrori della guerra, simboleggiata in vari punti del film, da alcuni episodi chiave, come il famoso attacco al ponte, oppure dal campo di concentramento sudista o ancora dalla morte del povero soldatino a cui Biondo porge l’ultima sigaretta.
Il buono, il brutto e il cattivo è la summa dell’arte di Leone, un film bellissimo in larghi tratti, supportato dalla sontuosa recitazione dei tre protagonisti, Eastwood, Van Cleef e il possente Eli Wallach, da una colonna sonora semplicemente stupefacente e da un ritmo che affascina lo spettatore portandolo attraverso gli orrori della guerra in una pazza corsa ad un tesoro rappresentato da 200.000 dollari sepolti dallo sconosciuto soldato Jackson in un cimitero Confederato.
Leone bada molto alla caratterizzazione dei personaggi, e questa volta sceglie due attori con cui ha già lavorato, il solito Clint Eastwood a cui affida il ruolo di Biondo e Lee Van Cleef, a cui affida il ruolo del crudele sergente Sentenza. Il terzo protagonista è uno strepitoso Eli Wallach, che si immedesima così tanto nei panni di Tuco Benedicto Pacifico Juan Maria Ramirez da risultare, alla fine, il più bravo dei tre, ammesso che si possa fare una scala di valori di interpretazioni così intense.
Per la sceneggiatura del film Leone si era affidato al duo Age e Scarpelli, ma deluso dal risultato, la rimaneggiò totalmente, sostituendo i dialoghi scritti dal duo con altri di suo pugno; è per questo che Il buono il brutto e il cattivo, alla fine, diventa un film assolutamente ascrivibile a Leone, che è libero di modellare la pellicola a suo gusto e piacimento.
Anche la selezione degli attori non protagonisti rivela una sapiente, profonda conoscenza dei caratteristi del mondo del cinema: basti pensare alla presenza del solito, bravissimo Luigi Pistilli, che interpreta alla perfezione Padre Pablo Ramirez, fratello di Tuco, oppure alla presenza di Aldo Giuffrè, un intenso Capitano Clinton, l’uomo che morirà con il sorriso sulle labbra dopo aver finalmente visto il maledetto ponte saltare per aria. Ma sono altri i caratteristi degni di menzione: c’è Rada Rassimov, che interpreta Maria, la prostituta; c’è l’immancabile Mario Brega, che è il caporale Wallace….
I 180 minuti di durata del film, che si apre con Tuco e Biondo soci in una truffa ai danni degli sceriffi, e che si chiude con il famoso Triello, lo scontro finale tra Sentenza, Tuco e il Biondo e successivamente con la splendida sequenza di Tuco con il cappio al collo in bilico su un barile, salvato da un colpo di fucile di Biondo, che lascia all’ex socio metà del bottino, sono tre ore di grande cinema, di grande spettacolo e di grande divertimento.
Wallach gigioneggia per tutto il film, mentre, per una volta, Eastwood e in secondo piano; come racconterà Leone, i rapporti tra i due si deteriorarono per la pretesa di Eastwood di interpretare la parte di Tuco, che in effetti era assolutamente inadatta per Eastwood:
“Ci mancò poco che non facesse la parte del Biondo. Dopo aver letto il copione ,trovò in effetti che il ruolo di Tuco fosse troppo importante, che fosse il migliore dei due ruoli. Tentai dunque di ragionarci: “Il film è più lungo degli altri due. Non puoi essere tutto solo. Tuco è necessario per la storia, e resterà come ho voluto che fosse. Devi capire che è il comprimario… e il momento in cui appari tu, è la star che fa la sua apparizione.”[ Eastwood però non fu convinto, dunque Leone, insieme con la moglie, dovette andare in California per tentare una mediazione. La moglie del regista, Carla, ricorda perfettamente: “Clint Eastwood con sua moglie Maggie venne al nostro albergo… io spiegai che il fatto che avesse al suo fianco altri due grandi attori non avrebbe potuto che rafforzare la sua statura. A volte anche una grande star che interpreta un ruolo più piccolo insieme ad altri grandi attori può trarre vantaggio dalla situazione. A volte fare un passo indietro voleva dire farne due avanti.” Mentre le due mogli parlavano, Eastwood e Leone si scontrarono duramente, e il loro rapportò iniziò a incrinarsi. Leone disse: “Se interpreta la parte ne sarò felicissimo. Ma se non lo fa – beh, visto che sono stato io a inventarlo, domani dovrò inventarne un altro come lui.”Dopo due giorni di trattative l’attore accettò di fare il film e volle essere pagato 250.000 $ più il 10% dei profitti dei botteghini in tutti i territori occidentali,un accordo che non trovò contento Leone.”
A Van Cleef spetta il ruolo più antipatico, quello del crudele Sentenza; l’intepretazione dell’attore è eccellente, e riesce credibile così com’era credibile nei panni del colonnello Douglas Mortimer.
Parlare della trama del film, in fondo, è inutile; chi non ha visto questo capolavoro in una delle tantissime riproposizioni televisive, quello che più conta, nel film, è l’armoniosità della storia, che regge le tre ore di proiezione senza grossi cedimenti, attraverso lo sviluppo delle storie a volte parallele, a volte come destini incrociati, di Tuco, Sentenza e Biondo; Leone si diverte a mostrare le carriere di Biondo e Tuco mentre truffano gli sceriffi con la loro eccezionale abilità con pistole e fucili, mentre Sentenza in effetti è un pò trascurato. La vita di Tuco, gaglioffo si, ma per necessità, come racconterà a suo fratello, padre Ramirez, “dalle nostre parti o muori di fame, o diventi prete oppure bandito: Io ho scelto la via più difficile” viene vista con sguardo ironico ma in fondo affettuoso dal grande regista.
A completare l’armonia del film, la grandissima colonna sonora, opera di Morricone, questa volta, a differenza delle due produzioni precedenti, preparata in anticipo; come disse Leone, “Ennio non è solo un musicista: è il miglior sceneggiatore dei miei film. Sul set giro con la sua musica, e questo aiuta gli attori ad entrare nell’atmosfera del film, a capire meglio i propri personaggi: ogni tema rappresenta perfettamente le caratteristiche d’un personaggio, il suo spirito. Che sia un sistema vantaggioso, per girare, lo conferma il fatto che anche Kubrick, dopo aver parlato con me, lo abbia adottato; ma non è la musica in generale, a permetterlo: è la musica di Ennio.”
Mi si consenta un appunto personale.
Tra i western girati da Sergio Leone, Il buono il brutto e il cattivo è quello, a mio personalissimo giudizio, praticamente esente da difetti; Leone, finalmente libero di poter disporre di soldi e mezzi, si diverte a ricostruire scenari e situazioni di largo respiro: basti pensare alla scena epica del ponte, che diventa cruciale per capire anche la psicologia dei due personaggi Tuco e Biondo, che rischiano la vita anche per salvare quella di migliaia di incolpevoli soldati. Se i due lo fanno principalmente per loro tornaconto (Leone bonariamente lascia intendere questo), è indubbio che l’intera scena poteva essere tranquillamente eliminata dal film, senza per questo sminuirlo; al contrario, Sergio Leone intendeva mostrare la brutalità, l’idiozia della guerra, e puntò moltissimo proprio su quelle sequenze.
Per questo il film lo si ama alla follia, per quella sua commistione perfetta di umorismo nero, di ironia, di avventura che permea, pervade il film dalle prime alle ultime battute, con quella scena finale di Tuco che urla “Biondo, sai di chi sei figlio tu? Di una grandissima puttana” con l’ultima sillaba che scompare sulla scia della magica musica di Morricone.
Il film venne accolto bene dalla critica; l’unica eccezione fu rappresentata da Moravia:
“Il film western italiano è nato non già da un ricordo ancestrale bensì dal bovarismo piccolo borghese dei registi che da ragazzi si erano appassionati al western americano. In altri termini il western di Hollywood nasce da un mito; quello italiano dal mito del mito. Il mito del mito: siamo già nel pastiche, nella maniera.”
Parole di un mediocre scrittore, tra i più sopravvalutati della storia della letteratura e di un pessimo recensore cinematografico.
Il buono, il brutto e il cattivo, un film di Sergio Leone. Con Clint Eastwood, Lee Van Cleef, Eli Wallach, Aldo Giuffré, Luigi Pistilli, Rada Rassimov, Mario Brega, Enzo Petito, Claudio Scarchilli, John Bartha, Livio Lorenzon, Antonio Casale, Sandro Scarchilli, Benito Stefanelli, Angelo Novi, Antonio Casas
Western, durata 176 (148) min. – Italia, Spagna 1966.
Clint Eastwood: “Il Biondo”, il buono
Eli Wallach: Tuco Benedicto Pacifico Juan Maria Ramírez, il brutto
Lee Van Cleef: Sentenza, il cattivo
Mario Brega: Caporale Wallace
Aldo Giuffré: Capitano Clinton
Luigi Pistilli: Padre Pablo Ramírez
Antonio Casale: Jackson, alias Bill Carson
Rada Rassimov: Maria, la prostituta
Maurizio Arena: uomo della banda di Tuco
Luigi Ciavarro: uomo della banda di Tuco
Saturno Cerra: uomo della banda di Tuco
Antonio Molino Rojo: Capitano Harper
Enzo Petito: Milton, il proprietario dell’emporio
John Bartha: sceriffo
Al Mulock: Elam, il cacciatore di taglie monco
Livio Lorenzon: Baker
Antonio Casas: Stevens
Claudio Scarchilli: membro della banda di Sentenza n° 1
Sandro Scarchilli: membro della banda di Sentenza n° 2
Benito Stefanelli: membro della banda di Sentenza n° 3
Lorenzo Robledo: membro della banda di Sentenza n° 4
Aldo Sambrell: membro della banda di Sentenza n° 5
Angelo Novi: monaco giovane
Frank Braña: cacciatore di taglie ad inizio film
Saturno Cerra: cacciatore di taglie ad inizio film
Sergio Mendizábal: cacciatore di taglie biondo
Manuel Boliche Bermudez: cacciatore di taglie
Chelo Alonso: moglie di Stevens
Víctor Israel: Sergente della Confederazione
Josè Terron: Thomas Larsen
Antonito Ruiz: Figlio di Stevens
Jesùs Guzmàn: proprietario dell’albergo
Rafael López Somoza: Vecchio sergente
Romano Puppo: Israel
William Conroy: Giovane Confederato
Regia Sergio Leone
Soggetto Sergio Leone, Luciano Vincenzoni
Sceneggiatura Sergio Leone, Luciano Vincenzoni, Age & Scarpelli, Sergio Donati (non accreditato)
Produttore Alberto Grimaldi
Casa di produzione PEA (Produzioni Europee Associate), Arturo González Producciones Cinematográficas, S.A, Constantin Film Produktion GmbH
Distribuzione (Italia) PEA (Produzioni Europee Associate)
Fotografia Tonino Delli Colli
Montaggio Eugenio Alabiso, Nino Baragli
Effetti speciali Eros Bacciucchi, Giovanni Corridori
Musiche Ennio Morricone
Scenografia Carlo Simi, Carlo Leva
Costumi Carlo Simi
Trucco Rino Carboni, Rino Todero
Enrico Maria Salerno: Il Biondo, Il buono
Carlo Romano: Tuco Benedicto Pacifico Juan Maria Ramirez, il brutto
Emilio Cigoli: Sentenza, il cattivo
Renato Turi: Wallace, cacciatore di taglie biondo
Pino Locchi: Capitano Clinton, Jackson
Nando Gazzolo: Padre Pablo Ramirez
Giuseppe Rinaldi: Capitano Harper
Rita Savagnone: Maria
Nino Pavese: Sceriffo
Luigi Pavese: Stevens
Mario Pisu: Baker
Oreste Lionello: Sergente Sudista
Lauro Gazzolo: Milton
Bruno Persa: Sergente della Confederazione
Glauco Onorato: Elam
Sergio Tedesco: Cacciatore di taglie calvo
Massimo Turci: Tenente Nordista
Gianfranco Bellini: Monaco giovane
Gino Baghetti: Frate
Giorgio Capecchi: Prete nel deserto
Luciano De Ambrosis: Uomo di Tuco
Stefano Sibaldi: Mezzo-soldato
Cesare Barbetti: Fotografo
Il parere del Morandini
Durante la guerra di Secessione (1861-65) il Biondo, bounty-killer un po’ romantico, Tuco, vendicativo fuorilegge messicano, e Sentenza, cinico assassino a pagamento, si associano, senza alcuna fiducia reciproca, per recuperare un tesoro nascosto in un cimitero. Profanatore del western, il più tipico genere del cinema USA, ma anche risolutamente critico perché quasi sempre ha tradito la vera storia della nazione, trasformandola in mito, Leone chiude la “trilogia del dollaro” con il suo film più ambizioso e costoso, più ironico e beffardo. Non a caso l’ha scritto con Luciano Vincenzoni e Age & Scarpelli, grandi specialisti della commedia: il tema del denaro è sempre legato alla morte violenta, ai cadaveri; la guerra è un banditismo organizzato; non c’è differenza tra nordisti e sudisti: tutti e 3 i protagonisti (uno nel 1°, due nel 2° della trilogia) sono mossi dalla rapacità, pur in modi diversi.
L’opinione di piernelweb dal sito http://www.mymovies.it
Magistrale epilogo della “trilogia del dollaro”, con il quale Leone ridisegna i confini del genere western; confessato e assoluto riferimento per numerosi cineasti di successo delle nuove generazioni. Nei suoi tempi dilatati, nell’esilarante intensità ed efficacia dei dialoghi, nel coinvolgente meccanismo di un’avida caccia al tesoro, Leone esalta l’epica del racconto incasellando a ripetizione sequenze e battute che sono entrate di prepotenza nella storia del cinema. Intrecciando i destini convergenti dei tre protagonisti, “Il buono, il brutto, il cattivo” eleva i personaggi a icone cinematografiche in grado di suscitare un’impatto emotivo e un coinvolgimento nello spettatore di rara frequenza. Il messicano Tuco, interpretato da un favoloso Eli Wallach, miscela esplosiva di simpatia e brutalità, è una prova evidente della potenza che il cinema può avere nel segnare l’immaginario e creare leggenda. Leone impreziosisce la sua opera contestualizzandola nel tragico scenario della guerra civile americana, ingigantendo il contrasto, che si ripete nella storia, tra l’egoismo/spirito di sopravvivenza individuale e le ideologie collettive. Superfluo citare l’indimenticabile colonna sonora di Morricone. Per tecnica e perfezione visiva resta indelebile nella memoria l’intero finale, dall’amaro episodio del ponte, alla forsennata ricerca nel cimitero, al mitico duello a tre fino all’ irresistibile controfinale. Cosa chiedere di più?
L’opinione di Bluebaster dal sito http://www.filmtv.it
Bellissimo, un capolavoro western senza tempo del grande Sergio Leone!
L’avrò visto decine di volte in tempi passati ma stasera me lo sono gustato nuovamente alla tv ed ora posso dargli il voto che merita…
L’odissea di due fuorilegge, tallonati da un terzo, che si ritrovano sbattuti tra le due fazioni della Guerra di Secessione Americana…un buddy movie western come quello che rivedremo in “Lo chiamavano Trinità” ma qui serio e cinico, nonostante qualche incursione di ironia qua e la!
Regia magistrale ma sopratutto delle interpretazioni, da parte di tutti persino le comparse, che meritano di essere nella storia del Cinema (Eli Wallach a mio avviso il migliore).
Inutile spendere altre parole sulla famosissima colonna sonora di Morricone o sulla deliziosa fotografia di quei tempi.
Tanti ma tanti morti, la crudeltà di quella guerra è mostrata limpida (toccante il capitano che vede esplodere il ponte prima di morire) con gli occhi di chi l’ha vissuta, suo malgrado, dal dentro ,ma senza combatterla!
Moltissime le scene memorabili, molte anche divertenti, gli sguardi e sopratutto i dialoghi senza tempo.
L’opinione di cheftony dal sito http://www.filmscoop.it
E’ considerato il più grande film western della storia; non credo di poterlo confermare per il semplice fatto di aver visto ben pochi western, ma Il buono, il brutto, il cattivo è decisamente qualcosa di epico.
Clint Eastwood interpreta il solito avventuriero senza nome, soprannominato Biondo, ed è “il buono” del titolo, nonostante sia completamente privo di scrupoli. Pistolero abilissimo con l’immancabile sigaro in bocca, il biondo è in società con un’autentica canaglia da western, il bandito Tuco Ramirez, vale a dire “il brutto”: Tuco, ricercato per 2000 $, si lascia catturare per farsi portare alla forca e poi farsi liberare in extremis dal biondo, con la sua classe al fucile. E intanto, la taglia su Tuco aumenta sempre più, con i due che dividono a metà i soldi…
Intanto, un mercenario, “il cattivo” (ma detto Sentenza), è alla ricerca del soldato confederato sotto falso nome Bill Carson, il quale avrebbe nascosto da qualche parte ben 200.000 $; sulle tracce di Carson si ritrovano per caso anche il biondo e Tuco, ma ognuno dei tre possiede informazioni imprescindibili da quelle degli altri e devono allearsi per arrivare a scoprire l’ubicazione dei 200.000, mentre imperversa la Guerra di Secessione americana e quindi i tre, oltre ad essere impegnati in un personale scontro in cui nessuno può fidarsi di nessuno, devono guardarsi le spalle dai soldati e dagli orrori della guerra…
La durata del film può sembrare eccessiva, ma le tre ore volano, grazie all’innumerevole numero di scene e battute memorabili e all’impeccabile caratterizzazione dei tre protagonisti, che ci porta ad essere indecisi sul tifo fra il biondo e Tuco, continuamente soci ed ex-soci, ugualmente bastardi e simpatici.
Eli Wallach e Lee Van Cleef sono eccellenti, persino Clint mostra notevoli miglioramenti, mentre la tecnica di Leone si è decisamente affinata e regala inquadrature perfette, toccando l’apice con un finale perfetto in ogni fotogramma, aiutato, come in tutta la durata del film, dalle musiche di Ennio Morricone, che coronano alla grande il “triello” finale nel cimitero, in cui Leone infila primissimi piani sugli intensi sguardi dei protagonisti e dà lezioni di montaggio, creando una suspense degna di un thriller.
L’opinione di herrkinski dal sito http://www.davinotti.com
Capolavoro della “trilogia del dollaro” di Leone. Si può davvero parlare di “grande epopea western”, per uno di quei rari film in cui non si vorrebbe mai arrivare al finale, tanto sono belli e appassionanti (e dire che dura già tre ore!). Tre interpreti perfetti, uno più bravo dell’altro, fotografia eccellente, narrazione scorrevole e ricca di continue trovate spettacolari, sprazzi d’umorismo mai fuori luogo, momenti di tensione ben congegnati.. Un capolavoro indiscusso del cinema, da gustare e rigustare all’infinito. Imprescindibile.
* Quando cerco qualcuno lo trovo sempre. Per questo mi pagano. (Sentenza)
* Chi mi frega e poi non mi ammazza, vuol dire che non ha capito niente di Tuco. (Tuco)
* Non basta una corda a fare un impiccato. (Sentenza)
* Ecco, questi sono i tuoi cinquecento dollari. Ah già, dimenticavo. Lui me ne ha dati mille, sai… Voleva che io ti ammazzassi… Il guaio è che quando uno mi paga gli porto sempre a termine il lavoro e tu dovresti saperlo. (Sentenza)
* Di tutte le più luride fetenti porcate che… (Tuco)
* Che ingrato, dopo tutte le volte che t’ho salvato la vita. (Il buono) [Il buono abbandona Tuco nel deserto]
* Sto cercando un mezzo sigaro, con dietro la faccia di un gran figlio di cagna alto, biondo e che parla poco. (Tuco) [Parlando del buono]
* Gli speroni si dividono in due categorie: alcuni passano dalla porta, altri dalla finestra. (Tuco)
* Io dormirò tranquillo perché so che il mio peggior nemico veglia su di me. (Il buono)
* Non lo conosci e lo chiami al buio? (Sentenza) [Parlando di Bill Carson, riferendosi alla sua donna]
* Eh certo che anche per uno come me è una gran cosa sapere che pioggia o vento, da qualche parte c’è un piatto di minestra calda che ti aspetta. (Tuco)
* I tipi grossi come te mi piacciono, perché quando cascano, fanno tanto rumore. (Tuco)
* Non vorrei essere nei panni del tuo amico, sai; più forte canta il coro, più forte pesta Wallace. (Un detenuto) [Parlando al buono, riferendosi a Tuco]
* Quando si spara, si spara, non si parla. (Tuco)
* Ogni pistola ha la sua voce, e questa la conosco. (Il buono) [riferendosi a Tuco]
* Vado, l’ ammazzo e torno. (Tuco) [riferendosi a Sentenza]
* Chi possiede più bottiglie per ubriacare i soldati e mandarli al macello, quello vince. Noi e quelli dall’altra parte del fiume abbiamo solo una cosa in comune: la puzza dell’alcool. (Il capitano nordista alcolizzato)
* Vedi, il mondo si divide in due categorie: chi ha la pistola carica, e chi scava. Tu scavi. (Il buono) [riferendosi a Tuco]
* Levati la pistola e mettiti le mutande. (Il buono)
* È un bel tipo mio fratello… Ah sì, perché non te l’avevo detto, ma il capo qui è mio fratello. Insomma, a Roma c’è il Papa e qui c’è mio fratello. (Tuco)
* Riconosci quest’occhiello biondo? Mettici dentro il collo! (Tuco) [Mostrando al “buono” un cappio] Deve reggere il peso di un maiale. (Tuco)
Per qualche dollaro in più
Se Ombre rosse è passato alla storia del cinema per l’assalto alla diligenza,Per qualche dollaro in più deve la sua eterna fama alle sequenze conclusive del film,quelle del famoso duello tra Mortimer, un Lee Van Cleff duro come il profilo di pietra della sfinge e la maschera nervosa,psicopatica di Indio,il personaggio immortalato da Gian Maria Volontè. E sopratutto alla sequenza del carillon,con quella musica ipnotica composta da Morricone,mentre i protagonisti del duello si guardano e mentre la macchina da presa di Leone indugia sui volti dei protagonisti,lentamente,come in un thriller.
Nel solito,sperduto paese ai confini con il Messico arrivano due personaggi,il primo è un pistolero senza nome (come quello di Per un pugno di dollari,chiamato il monco,perchè spara con una mano e tiene l’altra costantemente coperta dal poncho;il secondo è un colonnello dell’esercito,anche lui un cacciatore di taglie,il colonnello Douglas Mortimer,infallibile con la pistola che usa con un calcio aggiuntivo,che gli permette di sparare quasi avesse tra le mani un fucile.
I due sono sulle tracce di Indio,un pericoloso bandito,psicopatico e assassino,che si è ricongiunto con la sua banda con l’intento di rapinare la banca di El Paso, la più fornita del New Mexico.
Monco e Mortimer, entrambi sulle tracce di Indio,si sfidano in un epico duello senza spargimento di sangue,in seguito al quale decidono di diventare soci.Monco si infiltra nella banda di Indio il giorno prima della rapina alla banca,che ha successo,con la conseguente fuga della banda verso Agua Caliente,un posto sperduto al confine con il Messico.
Lee Van Cleef è il Colonnello Douglas Mortimer
I due soci,Mortimer e Indio,si impadroniscono del bottino della banda,ma Indio,che aveva capito il gioco dei due li fa cattuare e sottoporre ad un pestaggio brutale. Nel frattempo Indio, che ha deciso di non dividere il bottino con i suoi uomini,li uccide ad uno ad uno,con la mira di far ricadere la colpa della rapina sui due soci.
Nelle scene finali,Mortimer e Monco riescono a liberarsi,e si arriva al duello finale tra Indio e il colonnello;quest’ultimo uccide Indio,e rinuncia sia alla sua parte di taglia su tutti i componenti della banda,sia al frutto della rapina.Lui aveva inseguito Indio non per i soldi,ma per vendicare la morte della sorella,uccisa durante un tentativo di rapina dal bandito.Si riprende il medaglione con la foto della sorella,che Indio aveva custodito,e dopo aver salutato Monco,si allontana velocemente a cavallo. Il secondo western di Leone,comprendente la famosa e indimenticabile trilogia del dollaro,è opera matura,equilibrata e affascinante.Le psicologie dei personaggi diventano un alibi per mostrare le varie motivazioni dei due soci,Monco,pratico e sbrigativo,interessato principalmente al denaro e Mortimer,più riflessivo e astuto,che insegue il sogno tanto cullato della vendetta.Una vendetta che però non avrebbe se alla fine non fosse proprio il suo socio temporaneo a offrirgliela su un vassoio d’argento,nella memorabile scena del duello finale,scandito dai rintocchi del carillon,con la foto della sorella di Mortimer,morta per mano dell’Indio.
Un film di una bellezza eccezionale,diventato immediatamente un culto,al pari dei celebrati western americani,che però non avevano mai avuto una simile caratterizzazione dei personaggi,nè una cura cos’ maniacale dei dettagli.
Grandissimo merito del successo del film va alle maschere dei protagonisti; Clint Eastwood tratteggia da par suo il ruolo di Monco,bounty killer con un cuore,spietato con i banditi,ma fermo sulla parola data.Lee van Cleff,nel ruolo di Mortimer,è implacabile,duro e spietato nella sua ricerca di vendetta.Sembra un idolo di ossidiana,con quella faccia scolpita nella pietra,che mostrerà la sua umanità,tuttavia,quando rinuncerà volontariamente,alla sua parte di bottino.E infine Gian Maria Volontè,nel ruolo di indio,con quel volto in cui brillano due occhi pervasi dalla follia,quelli del killer psicopatico che non esita a uccidere la moglie e i figli di un suo antico compare solo per vendicarsi di un vecchio tradimento.
Straordinarie le musiche di Morricone,che con i western di Leone ebbe fama e successo,assolutamente meritati e confermati poi in una carriera strepitosa.
Per qualche dollaro in più,un film di Sergio Leone. Con Gian Maria Volonté, Luigi Pistilli, Klaus Kinski, Lee Van Cleef, Clint Eastwood, Mario Brega, Dante Maggio, Benito Stefanelli, Roberto Camardiel, Aldo Sambrell, Rosemarie Dexter, Tomas Blanco, Mara Krupp, Joseph Egger, Panos Papadopulos, Luis Rodríguez, Mario Meniconi, Sergio Mendizábal, Lorenzo Robledo, Diana Rabito, Giovanni Tarallo
Western, durata 130 min. – Italia 1965.
Clint Eastwood: il Monco
Lee Van Cleef: colonnello Douglas Mortimer
Gian Maria Volontè: el Indio
Mario Brega: el Niño
Mara Krupp: Mary
Luigi Pistilli: Groggy
Klaus Kinski: Wild, il gobbo
Joseph Egger: il vecchio profeta
Benito Stefanelli: Luke
Aldo Sambrell: Cuchillo
Lorenzo Robledo: Fred, il traditore
Sergio Mendizábal: direttore della banca di Tucumcari
Roberto Camardiel: uomo alla stazione di Tucumcari
Tomas Blanco: addetto al telegrafo
Panos Papadopulos: Sancho Perez
Dante Maggio: Carpentiere nella cella
Giovanni Tarallo: addetto al telegrafo di Santa Cruz
Mario Meniconi: addetto ai biglietti del treno
Antonito Ruiz: Fernando
Rosemarie Dexter: sorella di Mortimer
Diana Rabito: ragazza che fa il bagno
José Terrón: Guy Callaway
Josè Marco: Baby Cavanage
Rafael López Somoza: barista di El Paso
Enrique Santiago: Sceriffo di Tucumcari
Francisco Brana: membro della banda dell’Indio
Josè Canalejas: membro della banda dell’Indio
Antonio Molino Rojo: membro della banda dell’Indio
Werner Abrolat: membro della banda dell’Indio
Eduardo Garcìa: membro della banda dell’Indio
Nazzareno Natale: membro della banda dell’Indio
Manuel Boliche Bermudez: membro della banda dell’Indio
Luis Rodriguez: membro della banda dell’Indio
Carlo Simi: direttore della banca di El Paso
Kurt Zips: portiere albergo
Guillermo Mendez: sceriffo di White Rock
Peter Lee Lawrence: cognato di Mortimer
Diana Faenza: moglie di Fred
Raffaella Leone: figlia di Fred
Ricardo Palacios: pianista del saloon di Tucumcari
Regia Sergio Leone
Soggetto Sergio Leone, Fulvio Morsella
Sceneggiatura Sergio Leone, Luciano Vincenzoni, Sergio Donati
Produttore Alberto Grimaldi
Casa di produzione P.E.A. (Produzioni Europee Associate),
Constantin Film Produktion GmbH, Arturo González Producciones Cinematográficas S.A.
Distribuzione (Italia) P.E.A. (Produzioni Europee Associate)
Fotografia Massimo Dallamano
Montaggio Eugenio Alabiso, Adriana Novelli, Giorgio Serrallonga
Effetti speciali Giovanni Corridori
Musiche Ennio Morricone
Scenografia Carlo Simi
Costumi Carlo Simi
Trucco Rino Carboni
Enrico Maria Salerno: Joe “il Monco”
Emilio Cigoli: colonnello Douglas Mortimer
Nando Gazzolo: el Indio
Renato Turi: el Niño
Lydia Simoneschi: Mary
Vittorio Sanipoli: Groggy
Bruno Persa: Wild, il gobbo
Sergio Graziani: Luke
Pino Locchi: Cuchillo
Gualtiero De Angelis: Fred, il traditore
Lauro Gazzolo: il vecchio profeta
Carlo Romano: Benito Martinez
Oreste Lionello: passeggero del treno, barista di El Paso
Giorgio Capecchi: Sceriffo di Tucumcari
Luigi Pavese: uomo alla stazione di Tucumcari
Manlio Busoni: Sancho Perez
Gianfranco Bellini: direttore della banca di Tucumcari
Nino Pavese: sceriffo di White Rock
Mario Feliciani: Baby Cavanage
Massimo Foschi: Guy Calloway
Rita Savagnone: ragazza che fa il bagno
Mario Besesti: addetto al telegrafo di Santa Cruz
Rosetta Calavetta: donna che sta con lo sceriffo di White Rock
Gianni Bonagura: Blackie
Glauco Onorato: pistolero amico di Cavanage
Vinicio Sofia: portiere albergo
Sandro Acerbo: Fernando
Gino Baghetti: controllore biglietti, direttore della banca di El Paso
Arturo Dominici: barista di Tucumcari
Miranda Bonansea: moglie di Fred
Sergio Tedesco: Uomo dell’Indio
“Abitualmente fumo dopo mangiato. Perché non torni tra dieci minuti?”. “Tra dieci minuti fumerai all’inferno“.
“Ci sono molte taglie su voi galantuomini e le taglie significano denaro. E io sul denaro non ci sputo mai sopra.”
“Le domande non sono mai indiscrete, le risposte a volte lo sono a volte.”
“Quei due piuttosto che averli alle spalle è meglio averli di fronte, in posizione orizzontale… possibilmente freddi.”
“Lee Van Cleef chiede: “Qualcosa non va, ragazzo?”. E Clint Eastwood risponde: “Niente vecchio… non mi tornavano i conti. Me ne mancava uno”.
“Dove vai?”. “A dormire. Quando devo sparare, la sera prima vado a letto presto…”
I ponti di Madison County
Sergio Leone disse di lui, un giorno,che aveva due espressioni,”una con il cappello e una senza”.
Una definizione ingenerosa,alla luce della carriera di Clint Eastwood,regista e attore protagonista di I ponti di Madison County,tratto dal romanzo omonimo di Robert James Walzer.
Eastwood sceglie la tecnica del flash back per raccontare la storia d’amore tra Robert,un fotografo giunto ormai alla mezza età e Francesca,oriunda italiana,che vive nella cittadina con i suoi due figli e il marito.
Una donna dall’aspetto dimesso,che sembra aver perso entusiasmo e motivazioni,priva di stimoli e appagata (anche se qualcosa brucia dentro);che vede
nell’affascinante Robert l’uomo che avrebbe voluto amare,comprensivo,tenero.
Robert è nella piccola cittadina per fotografare i ponti di Madison,e finirà per restare prigioniero della malia del luogo e del romanticismo della donna;un romanticismo non mieloso,ma reale.
Lei,Francesca,è una donna dai sentimenti veri,forti;lui la sa ascoltare,e tra i due nasce subito dopo l’attrazione,l’amore.
Ma l’amore tra i due è impossibile:lo sa Francesca,donna assennata,anche troppo;il suo colpo di vita è fine a se stesso,il suo senso di responsabilità la porta a vivere conflittualmente la situazione.
Così,quando arriva il momento delle scelte,sceglie di non scegliere.
Lascia andare l’amore,per senso di responsabilità verso la famiglia.
Non solo.
Gioca anche un ruolo importante l’amore vero,quello che sa sacrificare i sentimenti in nome di più alti ideali,come la famiglia.
Gioca un ruolo fondamentale la possibilità di ricordare,senza rimpianti,quella che non è stata una semplice avventura,ma una storia vera,profonda,da conservare come un ricordo dolce,da tirar fuori nei momenti difficili.
Non rimpianto,quindi,ma serena accettazione.
Quando i figli di lei scopriranno la storia,grazie alle sue lettere,impareranno a conoscere di più e ad apprezzare quella donna coraggiosa,che ha fatto una scelta difficile,per amore.
E riusciranno a capire anche quali sono i veri valori,ricavandone una lezione salutare.
Dal ponte di Madison voleranno le ceneri di Francesca,in una simbolica unione con il ricordo dell’amato,uniti ora nel vento.
Un film che,lungi dall’essere strappa lacrime,indaga con delicatezza sulle possibilità offerte dalla vita,sulla capacità da parte delle persone di rinunciare a qualcosa in cambio e a favore di altre;un film che privilegia l’introspezione,a scapito della lacrimuccia facile.
Non era semplice,per il regista,riportare i dialoghi,le atmosfere del romanzo,condensarle in due ore di film.
C’è riuscito,giocando proprio sulla capacità descrittiva,indagando sui sentimenti,mostrando,in maniera esplicita,la simpatia per personaggi comuni,dalle storie comuni,eppure così straordinariamente uniche.
I ponti di Madison County
Un film di Clint Eastwood. Con Clint Eastwood, Meryl Streep, Annie Corley, Victor Slezak, Jim Haynie,Sarah Kathryn Schmitt, Christopher Kroon, Phyllis Lyons, Debra Monk, Richard Lage, Michelle Benes, Alison Wiegert, Brandon Bobst, Pearl Faessler, R.E. ‘Stick’ Faessler
Titolo originale The Bridges of Madison County. Sentimentale, durata 135 min. – USA 1995.
Clint Eastwood: Robert Kincaid
Meryl Streep: Francesca Johnson
Annie Corley: Caroline Johnson
Victor Slezak: Michael Johnson
Jim Haynie: Richard Johnson
Phyllis Lyons: Betty
Debra Monk: Madge
Michelle Benes: Lucy Redfield
Richard Lage: Avvocato Peterson
Regia Clint Eastwood
Soggetto Robert James Waller
Sceneggiatura Richard LaGravenese
Produttore Clint Eastwood, Kathleen Kennedy
Casa di produzione Malpaso Productions, Amblin Entertainment
Distribuzione (Italia) Warner Bros.
Fotografia Jack N. Green
Montaggio Joel Cox
Effetti speciali Steve Riley
Musiche Lennie Niehaus
Scenografia Jeannine Claudia Oppewall
Michele Kalamera: Clint Eastwood
Maria Pia Di Meo: Meryl Streep
Roberta Greganti: Annie Corley
Laura Latini: Annie Corley (piccola)
Rodolfo Bianchi: Victor Slezak
Massimiliano Alto: Victor Slezaz (piccolo)
Ennio Coltorti: Jim Haynee
Gabriella Borri: Phyllis Lyons
Aurora Cancian: Debra Monk
Ci sono canzoni che nascono dall’erba punteggiata d’azzurro, dalla polvere di migliaia di strade di campagna. Questa ne incarna la poesia. È un tardo pomeriggio dell’autunno del 1989, io sono seduto alla mia scrivania, guardando il cursore che ammicca sul video del computer davanti a me, quando squilla il telefono. All’altro capo del filo c’è un ex abitante dell’Iowa, di nome Michael Johnson, che ora vive in Florida. Un amico gli ha inviato uno dei miei libri. Michael Johnson l’ha letto, l’ha letto anche sua sorella Carolyn, e hanno da propormi una storia che credono possa interessarmi.