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La casa delle bambole crudeli

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Una villa lussuosa sorge in un posto assolutamente deserto; un posto ideale per tenere rinchiuse,contro la loro volontà, un gruppo di ragazze destinate alla prostituzione.
Sono ragazze raccolte in vario modo per strada e indotte a vendere il loro corpo con le buone o con le cattive, con netta predominanza di queste ultime.
Una di esse,Yvette, riesce a fuggire dal postribolo grazie all’aiuto di Gaston,un cliente che si è invaghito di lei; fuggiti nel bosco che circonda la villa, i due,dopo aver passato due avventurosi giorni all’addiaccio nel deserto del Marocco riescono ad arrivare alla stazione di polizia.
Qui Yvette racconta il suo personale inferno, da quando tempo prima è stata raccolta mentre faceva l’autostop.
Convinta dal conducente del veicolo a passare una serata con lui, la ragazza era stata dapprima drogata e infine violentata.
Poi, sbattuta a forza in un container, era stata imbarcata in una nave e alla fine di un lungo viaggio era approdata nella villa, che a buon titolo si chiama La casa delle bambole crudeli (in origine delle ragazze perdute, molto più consono allo svolgimento del film).

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La villa, secondo il racconto di Yvette, era un luogo peggiore dell’inferno, perchè le ragazze non solo venivano trattenute contro la loro volontà e indotte a prostituirsi, ma seviziate e violentate…

Un racconto sul sordido mondo della prostituzione girato come un poliziesco o se vogliamo mescolando gli elementi del sexploitation con quelli del giallo semi erotico.
Un guazzabuglio, quindi, visto che il film ondeggia fra vari stili senza sceglierne uno e sopratutto pretendo di dare una visione quasi distaccata del fenomeno della prostituzione forzata senza però affrontare mai il problema alla radice, ma limitandosi a mostrare qualche scena di violenza e sopratutto mostrando una grande quantità di nudi femminili.
Pierre Chevalier, regista del film,poco conosciuto in Italia, si preoccupa principalmente di esporre nudità a getto continuo, lasciando in pratica la storia in secondo piano e imbastendo un racconto piatto e svogliato, aggravando le cose con un cast di figure di terzo piano nel quale l’unica vera star è Sandra Julien; poichè alla sceneggiatura collabora Jesus Franco è facile capire da subito dove si andrà a parare.

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La quale è al penultimo dei tredici film girati in carriera e oltre alla spettacolare bellezza non mostra nessuna delle doti necessarie ad essere un interprete cinematografica credibile.Ragion per la quale il film, già di per se mal girato e peggio recitato,naufraga ben presto senza riuscire più a riemergere da un mare di banalità viste troppe volte nelle sale cinematograficamente.
Non c’è nel film alcun tentativo di analizzare il fenomeno della prostituzione indotta violentemente mentre abbonda la parte effettistica del fenomeno, ovvero le consuete sevizie illustrate con grande pedanteria dal regista canadese che indugia molto volentieri sui corpi delle varie protagoniste, lasciando a fare da filo conduttore solo la figura di Yvette
Nessuna analisi sociale quindi, nessun tentativo di esplorare il fenomeno in tutta la sua drammatica complessità;non parliamo poi dei dialoghi, stereotipati e quasi non sense come le sequenze iniziali del film.
Un esempio dell’una e dell’altra cosa:
“Io conosco la storia e so che suona come un romanzo da tre soldi , signor Commissario , ma è vera purtroppo”, dice Yvette al funzionario di polizia, usando una delle più sfruttate locuzioni di tutti i tempi.
In quanto agli inizi del film, praticamente ridicolo il plot; un anziano cliente a letto con una prostituta si sente raccontare da questa che è tenuta prigioniera contro la sua volontà. Detto fatto, il vecchio gentiluomo si trasforma in cavaliere senza macchia e senza paura e decide di far fuggire la donna dalla villa.

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Come già detto, il cast è solo un riempitivo e tra loro spicca solo la bellezza della Julien purtroppo bella si, ma anche inespressiva;inspiegabile la traduzione italiana del titolo, che trasforma le ragazze perdute in bambole crudeli, visto che il film parla di vittime.
Non risultano disponibili in rete versioni italiane del film e non risultano nemmeno recenti passaggi televisivi dello stesso, il che non è certamente una perdita.

 La casa delle bambole crudeli
Un film di Pierre Chevalier. Con Jack Taylor, Silvia Solar, Sandra Julien, Oliver Mathot Titolo originale La maison des filles perdues. Drammatico, durata 95 min. – Francia 1974.

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Sandra Julien … Magda
Silvia Solar … Sylvia
Magda Mundari … Yvette
Olivier Mathot … Rasly
Gillian Gill … Madame Zozo
Raymond Schettino … Gaston
Mario Santini … Calvet
Antonia Lotito … Mimie

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Regia:Pierre Chevalier
Sceneggiatura:Pierre Chevalier, Jesús Franco
Produzione:Remo Angioli,Marius Lesoeur
Musiche:Daniel White
Montaggio:Luigi Batzella
Fotografia:Gérard Brisseau

 La casa delle bambole crudeli banner recensioni

L’opinione di Cotola dal sito http://www.davinotti.com
Filmaccio dal titolo italiano che non c’entra niente (in originale la casa era, giustamente, delle ragazze perdute) poiché parla di tratta delle bianche. Tema nobilissimo direte voi, non fosse però che viene trattato in maniera pressappochista ed assolutamente pedestre. Inutile perder tempo con pellicole del genere.

L’opinione di Lucius dal sito http://www.davinotti.com
Un’associazione a delinquere rapisce e instrada giovani e belle donne verso un destino di schiavitù nella casa delle bambole crudeli dove i loro corpi non sono che oggetto di piaceri sessuali. Un morboso spy film di montaggio, che fa rimanere basiti per l’operazione di bassa lega con cui viene assemblato in una pellicola puzzle in stile Rose rosse per una squillo. Incredibile ma vero.

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dicembre 18, 2013 Pubblicato da: | Drammatico | , , | Lascia un commento

Nel buio non ti vedo ma ti sento (Je suis une nymphomane)

Nel buio non ti vedo ma ti sento locandina

Carole e Eric sono due giovani di buona famiglia, con in comune un’educazione molto rigida e l’appartenenza a famiglie di pari ceto sociale; il padre di Carole è un capitano su una nave, mentre Eric viene da una famiglia benestante.
I due lavorano insieme, sono una coppia affiatata anche se decisamente poco spregiudicata.

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A cambiare le carte in tavola è un incidente, che vedrà coinvolta la ragazza e che avrà conseguenze imprevedibili.
Un giono Carole cade nella tromba dell’ascensore per causa del dottor Michele; la colpa del medico è assolutamente casuale, e il medico stesso la soccorre.

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La caduta sembra provocare un profondo trauma nella ragazza; se da un lato non ha subito apparenti danni fisici, da un altro sembra che la sua psiche abbia riportato alterazioni profonde.
Difatti la timida e inibita Carole all’improvviso muta il suo atteggiamento verso gli uomini, trasformandosi da timida e inibita e aggressiva e disinibita accalappiatrice di uomini.

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La prima cavia del nuovo corso sessuale della ragazza è il figlio del datore di lavoro di carole e Eric, sedotto proprio sotto gli occhi increduli di quest’ultimo.
Quando la famiglia apprende della vita spregiudicata della ragazza, per mettere a tacere le numerose malelingue e i pettegolezzi che ormai circolano sul suo conto in città, la invia a Parigi.

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Errore fatale, perchè Carole, ormai in preda a quello che sembra un raptus irrefrenabile, finisce per diventare una marionetta nelle mani di due loschi figuri, Muriel e Bruno.
Ormai destinata ad una vita di abiezione, Carole si decide a incontrare uno psicanalista, convinta di essere ormai diventata una ninfomane.

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Il tentativo non sortisce gli effetti sperati, e dopo aver anche consultato un sacerdote inutilmente, la ragazza verrà salvata dalla sua triste sorte proprio dall’affetto del dottor Michele, che lei ha provvidenzialmente reincontrato, dimostrando di essere sulla via della guarigione quando fugge a gambe levate da un’orgia organizzata da Muriel e Bruno.

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Lanciato in Italia con il titolo abbastanza ambiguo di Nel buio non ti vedo, ma ti sento, in origine Je suis une nymphomane, il film diretto nel 1971 da Max Pecas è un ardito pseudo dramma a forti tinte erotiche, giocato tutto sulla fresca bellezza di sandra Julien, attrice di scarse doti cinematografiche ma assolutamente adatta a livello visivo per la sua bellezza e la sua sensualità.

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Un film che ovviamente basa tutta la sua trama, presso che inesistente, sulle avventure erotiche della protagonista, alle prese con dilemmi esistenziali tipo ” sono una ninfomane?”, oppure ” amo davvero Michele?” e via discorrendo, sul piano di una banalità  assoluta, mimetizzata dietro una patina di sesso soft, il massimo mostrabile agli inizi degli anni settanta.

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Inutile poi parlare di recitazione o altro, visto sia il tema, sia le scarse capacità della Julien; forse l’unica a metterci un po d’impegno è Janine Reynaud, attrice abbastanza conosciuta in Francia, un po meno da noi.
Falcidiato dalla censura italiana, il film perde anche quel poco di senso che ha, trasformandosi in una sarabanda di esposizioni di nudo della bella Julien.

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Insomma, un film da vedere solo se davvero non si ha nessuna alternativa valida; in questo caso lo spettatore è avvisato, la noia lo sorprenderà a meno di metà film.

Nel buio non ti vedo (Je suis une nymphomane)
, un film di Max Pecals, con Sandra Julien, Patrik Verde, Janine Reynaud, Yves Vincent, Michel Lemoine, Alan Hitier, France Noel, Erotico, Francia 1971

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Sandra Julien     …     Carole
Janine Reynaud    …     Murielle
Yves Vincent    …     Le prêtre
Patrick Verde    …     Michel
Michel Lemoine    …     Hugo
Alain Hitier    …     Eric
Bob Ingarao    …     Zingaro
Michel Charrel    …     Zingaro
Michel Vocoret    …     Olivier

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Regia Max Pécas
Sceneggiatura Max Pécas,Claude Mulot
Produzione Paul Cayatte
Musiche Derry Hall
Fotografia Robert Lefebvre
Makeup Serge Stern

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giugno 28, 2010 Pubblicato da: | Erotico | , , , | Lascia un commento

Le frisson des vampires (Violenza ad una vergine nella terra dei morti viventi)

Le frisson des vampires locandina

Nel castello di due cugini arriva la bella Isa in compagnia di Antoine, suo marito. I due si sono appena sposati ( difatti lei indossa ancora l’abito nuziale), e intendono fermarsi a salutare i due che la ragazza non vede da quando era bambina.
Giunti al castello, vengono accolti da una strana donna, Isabelle, che racconta loro della morte dei due, che sono stati entrambi suoi sposi.

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I due, nonostante la brutta notizia, decidono di fermarsi al castello, nel quale dimorano anche due belle ragazze, Maid e Isolde.
In realtà i due cugini non sono morti, perchè sono due vampiri, che vivono come tutti i rappresentanti della loro specie esclusivamente di notte, aiutati dalle due conturbanti ragazze.

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Isabelle è anch’essa una vampira, e utilizza il suo potere per sedurre la ragazza; così, tra una messa nera in un cimitero, con Antoine che si rende conto del pericolo e i due vampiri che si apprestano a fare la festa a Isa, si arriva alla fine, quando Antoine tenta inutilmente di liberare la sua sposa dal gioco dei diabolici vampiri.
Le frisson des vampires, titolo originale del film di Jean Rollin, modificato con una buona dose di fantasia in Violenza ad una vergine nella terra dei morti viventi, sopratutto con il chiaro intento di depistare l’innocente spettatore, è uno dei film più brutti in assoluto dedicati ai vampiri.

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Sandra Julien

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A parte la trama, che raccontata così sembra quasi credibile, mentre in realtà non lo è affatto, perchè bisogna districarsi tra realtà, immaginazione e false piste, il film è ammorbato da una pestifera colonna sonora rock/psichedelica, che, unita alla lentezza esasperante del racconto, finisce per fare addormentare il malcapitato spettatore sul luogo che ha scelto per assistere alla proiezione.
Disomogeneo, confuso, noioso, Les frisson de vampires si segnala per i nudi della bella e inespressiva protagonista, Sandra Julien, e per una serie di trovate che alcuni cultori del trash hanno sempre giudicato geniali, come la scena imbarazzante della vampira che allo scoccare della mezzanotte esce invece che dalla tomba da un pendolo, il tutto colorato da una fotografia a tratti sinistramente assomigliante a quella del grande Mario bava, a cui Rollin sicuramente deve un largo tributo.

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Il guaio è che la lentezza dl film, davvero esasperante, si unisce a dei non sense che vengono praticamente replicati per tutto il film, che conta non più di 9 attori, peraltro alle rpese con dialoghi surreali quando non imbarazzanti.
Rollin, furbissimo, tiene viva l’attenzione dello spettatore attraverso un largo uso di nudi femminili; si spogliano tutte, le protagoniste del film.
Si spoglia Sandra Julien, ed è quanto meno un bel vedere, si spogliano le due ragazzotte, si spoglia anche la vampira, e questo è un male visto che è una visione davvero poco confortante.

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Per tutta la durata del film si sguazza tra la noia, la sorpresa in negativo, perchè non accade nulla, sopratutto di quello che il titolo fuorviante italiano promette; non c’è violenza, anzi, l’unica è quella esercitata sullo spettatore, visto il risultato finale.
La vergine, ovvero Isa, tale rimane fino alla fine, deludendo chi sperava in soluzioni erotiche diverse; a parte delle caste scene saffiche, degne di uno studio di posa, tanto sono artefatte, di scene sexy nemmeno l’ombra.

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I morti viventi, come abbiamo letto, non sono zombie alla Romero, ma due vampiri che non suscitano terrore o orrore quanto una liberatoria risata; i due protagonisti, gli attori Jacques Robiolles e Michel Delahaye, vestono come due fricchettoni invitati ad un party a base di acido, parlano come due dementi e si muovono come tali.
E non solo per l’idiozia dei dialoghi, bensi per proprie carenze interpretative.

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Insomma, se a qualcuno capitasse la recensione di un fanatico di Rollin, verrebbe il dubbio che chi vi scrive sia affetto da qualche problema; allora, per togliervi ogni dubbio, provate a vedere il film e fatemi sapere.
Però non ditemi che non vi avevo avvisato.
Violenza ad una vergine nella terra dei morti viventi (Les frisson des vampires), un film di Jean Rollin, con Sandra Jullien, Michael Delahaye, Nicole Nancel, Jacques Robiolles, Catherine Tricot, Marie Pierre Tricot ,Horror, Francia 1970

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Sandra Julien- Isla
Jean-Marie Durand – Antoine
Nicole Nancel – Isabelle
Dominique -Isolde

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Regia:Jean Rollin
Sceneggiatura:Monique Natan,Jean Rollin
Musiche:Groupe Acanthus
Montaggio:Olivier Gregoire
Distribuzione:Les Films ABC

Il mix erotismo horror, per quanto poco energico (siamo all’inizio dei “Seventies”), funziona soprattutto nel finale, nell’edizione insertata con estratti derivati da altra pellicola. Rollin predilige un clima ad effetto sedativo, in grado cioè di obnubilare la ragione e, in primis, la storia; che si sviluppa in maniera indistinta a causa, essenzialmente, della carenza di mezzi e del difetto dato da interpretazioni disastrose. Lento e a sublimazione di uno stato d’apatia cronica, che si sviluppa dal primo minuto di visione sino al finale.

Titolo assai rappresentativo dello stile di questo bislacco cineasta, e del suo catalogo di ossessioni e ascendenze colte tradotte in una filmografia indefinibile, fra l’autoriale e il regista della domenica a seconda del punto di vista (o dell’umore dello spettatore). Le trame non sono mai state una preoccupazione, i dialoghi sono preoccupanti, ma fra uno sbadiglio e l’altro Rollin indovina sequenze che lasciano di stucco (celebre la vampirazza bona che esce dall’orologio, idea che tornerà). Cut la versione italiana. Per amatori!

Titolo italiano roboante per un pacco di proporzioni cosmiche. Lento, presuntuoso, comico senza volerlo e triste quando invece vuol far ridere. Fotografia satura virata sul rosso, musica clone dei Pink Floyd, protagonisti maschili insopportabili nella parte dei cugini “vampiri borghesi”. Meglio la sposa Jullien e le due assistenti nane, queste almeno sempre o quasi nude. Un horror che non fa paura, un porno senza sesso. Il per certi versi avvicinabile (nel tema) Vampyros Lesbos di Jess Franco è di tutt’altro pianeta. Pessimo.

Film di suggestioni visive ottenute con un uso del colore anomalo che esalta le atmosfere gotiche di cui la pellicola è satura. Tutto ciò sopperisce ad un trama confusa ed ad una recitazione dilettantesca. Il risultato è incerto, sempre in bilico tra il film d’autore e lo z-movie. Spiazzante l’interpretazione dei due vampiri, assolutamente fuori dagli schemi del genere, che aggiunge un tocco surreale forse non voluto. A suo modo un film unico nel suo genere.

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aprile 15, 2010 Pubblicato da: | Horror | , | 2 commenti