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Le età di Lulù

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“Suppongo che possa sembrare strano, ma quell’immagine, quell’immagine innocente, alla fine risultò il fattore più illuminante, il corpo più violento.
I due, i loro bei volti, affiancavano il protagonista, che sul momento non riuscii a identificare, tanta era la confusione in cui mi aveva sprofondato,
in precedenza, quel radioso amalgama di corpi. La carne perfetta, splendente, sembrava affondare soddisfatta in se stessa senza alcun trauma,
soggetto e oggetto di un piacere completo, assoluto, autonomo, così diverso da quello che suggerisce l’ano, meschino, corrugato,
permanentemente contratto in una smorfia dolorosa e irreparabile.”

L’incipit del romanzo Le età di Lulù,o Las edades de Lulu di Almudena Grandes,scrittrice spagnola che pubblicò questo romanzo smaccatamente erotico nel 1990 introduce il lettore nel mondo della adolescente Lulù,una ragazza che vive una realtà familiare in cui è priva di affetti forti,
nonostante il legame con il fratello e le sorelle.Manca un assieme affettivo importante nella famiglia, e Lulù cercherà nel sesso un valido surrogato.
Senza questo importante riferimento principale,Bigas Luna introduce la vita di Lulù non curandosi del background familiare,mostrandocela già
preda delle sue pulsioni erotiche che finiranno per condizionarle la vita,in una discesa verticale verso l’erotismo più sfrenato fino all’abiezione
totale dalla quale sarà redenta grazie al sacrificio di Ely,un travestito dal cuore tenero,vera figura illuminata del film che la riscatterà e la riporterà
presumibilmente verso il recupero della propria identità.

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Il film si apre con una scena/sequenza che vorrebbe essere tenera ed invece appare volgare;una bambina nata da poco,inquadrata per alcuni secondi a gambe aperte mentre viene aspersa con il talco.
Basterebbe già questa scena a bollare il film come opera da guardoni.
Ma Luna fa di molto peggio.
Tradendo lo spirito del romanzo,che è si forte e analiticamente descrittivo,ma che non scivola quasi mai nel volgare,Luna ammicca con fare da satiro voluttuoso agli istinti più bassi e beceri della platea,aiutato in questo da una Francesca Neri assolutamente splendida e bravissima nel suo ruolo,
ma decisamente degna di ben altro tipo di film e di regia.
La storia resta comunque abbastanza fedele al romanzo,del quale tradisce solo un aspetto fondamentale,l’erotismo ridanciano e vibrante che ne contraddistingue la prosa a favore invece di una visualizzazione molto più volgare ed esplicita
Veniamo alla storia di Lulù,che nel film appare come una ragazzina predestinata ad una vita dominata dal sesso e dall’erotismo,è attratta irresistibilmente da Pablo, uno scrittore amico di suo fratello e più grande di lei di dodici anni.
E’ proprio con Pablo che Lulù conosce e sperimenta il sesso;infatuata di lui,ha la prima esperienza parziale in un auto,dove Pablo
le insegna i rudimenti del sesso prima di portarla a casa sua e trasportarla di colpo nell’età adulta.
In seguito Pablo parte per gli Usa;al ritorno completa l’opera iniziata e coinvolge la finta ingenua ma segretamente vogliosa Lulu
nelle sue fantasie erotiche.

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A questo punto Pablo le chiede di sposarlo e Lulu accetta;il matrimonio è completato dalla nascita di una figlia,ma Lulu sente,con il passare del
tempo,che suo marito sta iniziando ad allontanarsi da lei.Dopo aver conosciuto la dolce Ely,un transgender dall’animo gentile,Lulu una sera accetta di farsi coinvolgere in una nuova esperienza erotica.
Bendata da Pablo,viene posseduta da un estraneo;quando si toglie la benda Lulu scopre che l’uomo altri non è che suo fratello.
Eì la goccia che fa traboccare il vaso.
Il rapporto già vacillante va in frantumi e Lulù lascia suo marito,trovando conforto nell’amicizia di Ely.
Ma il desiderio,le pulsioni sessuali hanno la meglio e la donna si lascia andare ad avventure sempre più estreme.
E in una di queste,coinvolta in un rapporto sadico,perde la vita la sua amica Ely,intervenuta per salvarla…
Il film di Luna ha ben poco a che vedere con lo spirito del romanzo;in quest’ultimo l’erotismo è quasi giocoso,le stesse esperienze di Lulù
appaiono un gioco,fantasie portate alle estreme conseguenze mentre il film si adagia in una visione in cui l’erotismo sconfina nel softcore
privo di anima,un gioco visivo perverso assolutamente fine a se stesso.

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Anche se la fotografia ben calibrata da al film un aspetto di qualità,lo stesso non convince e per lunghi tratti resta anonimo e privo di alcun fascino.
E’ solo la presenza di Francesca Neri a tenere a galla una pellicola noiosa come poche;è brava,è bella,ha charme.
Oscar Ladoire,che interpreta Pablo viceversa fa da tappezzeria.
Inespressivo,poco ispirato come Bigas Luna.
Che farà anche peggio con lo scadentissimo Bambola,un altro erotico mal girato in cui sarà protagonista una pessima,inguardabile Valeria Marini.
A conti fatti non c’è nessuna indicazione per consigliare il film a chi non l’abbia visto.
Comunque sia,chi voglia visionarlo può farlo in streaming all’indirizzo http://www.nowvideo.li/video/740c43e4220fe

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Le età di Lulù
Un film di Bigas Luna. Con Francesca Neri, Oscar Ladoire, Maria Barranco, Javier Bardem
Titolo originale Las edades de Lulu. Drammatico, durata 100 min. – Spagna 1990.

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Francesca Neri: Lulú
Oscar Ladoire: Pablo
María Barranco: Ely
Fernando Guillén Cuervo: Marcelo
Javier Bardem: Jimmy

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Regia Juan José Bigas Luna
Soggetto Almudena Grandes (romanzo)
Sceneggiatura Juan José Bigas Luna, Almudena Grandes
Fotografia Fernando Arribas
Montaggio Pablo Gonzalez Del Amo
Musiche Carlos Segarra
Scenografia Miguel Chicharro

Le età di Lulu locandina banner dal romanzo

Le età di Lulu locandina libro

“Quando ce ne andammo il cameriere mi salutò molto cerimoniosamente.
‘Sei una bambina incantevole, Lulù.’
Pablo rise di nuovo. Io ero stufa di sorrisini enigmatici, stufa di essere trattata come un agnellino bianco con un fiocco rosa al collo, stufa di non controllare la situazione.
Non che non fossi capace di immaginare possibili sviluppi, è che li scartavo in partenza perché mi sembravano inverosimili, inverosimile che lui volesse davvero perdere tempo con me,
non capivo perché insistesse di fatto a perdere tempo con me, perché lo stesse perdendo.
Fuori faceva molto freddo. Mi passò un braccio sulle spalle, un segno che non volli interpretare, sconfitta dallo sconcerto, e camminammo in silenzio fino alla macchina.
Mentre apriva la portiera feci di nuovo una domanda, quella fu una notte piena di domande.
‘Mi porti a casa?’
In realtà sì lo volevo, volevo mettermi a letto e dormire.
‘No.’
‘Benissimo.’
Dentro si fermò a guardarmi ancora un istante. Poi, con un movimento perfettamente sincronizzato, mi mise la mano sinistra tra le cosce e la lingua in bocca
e io allargai le gambe e aprii la bocca e cercai di rispondergli come potevo, come sapevo, cioè non molto bene.

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L’opinione di Will Kane dal sito http://www.filmtv.it

Non è capitato a molte attrici, ma Francesca Neri venne lanciata da un ruolo da protagonista in un film straniero:Bigas Luna la volle come interprete principale per “Le età di Lulù”, melò erotico in chiave piuttosto spinta,verso il finale soprattutto,
che cede volentieri ad un voyeurismo, che tuttavia fa parte da sempre del genere, qui particolarmente ostentato. Luna ci dà dentro e mette nella sua pellicola ogni oltre sessuale, dal feticismo all’incesto, dal rapporto plurimo alle escursioni gay e trans,
fino all’orgia sadomaso a rischio violenza estrema: se voleva lasciare lo spettatore a bocca aperta, ha sbagliato notevolmente uscio, perchè il film non funziona, nè,nonostante il suo daffare pruriginoso solletica i sensi e l’immaginazione.
Spesso noioso nell’elencare l’escalation sessuale della protagonista, “Le età di Lulù” procede per capriole di logica, chiudendosi su una sorta di ipocrita moraletta semifamilista, che sembra suggerire che basta che succeda in famiglia, tutto va bene.
Che importa se il maritino, in vena di trasgressione, ha fatto partecipare il cognato, fratello di sangue, ad un gioco a tre erotico abbastanza laido? Vogliamo mettere con quegli sozzoni di pederasti sado-maso e violentissimi?
In un simile assemblamento di sciocchezze,nessun interprete brilla, e l’unico personaggio con un potenziale spessore tragico, il trans Ely, è maltrattatissimo da una sceneggiatura che non gli concede gran sviluppo.

L’opinione di Atticus dal sito http://www.filmscoop.it

Delizia per guardoni dalla sega facile.
Ridicolo. E non per l’idea totalmente errata che Luna ha dell’erotismo, ma perché una storia così elementare, se trattata con cotanta stupidità, fa rimpiangere la posta del cuore del “Cioé”.
Quindi, ecco pronto uno sciorinamento nauseabondo e maleodorante di finta trasgressione e finto anticonformismo per mezzo di personaggi privi di qualunque spessore, alla ricerca costante dei limiti sessuali da abbattere.
Forse, più che ridicolo, il film è triste e patetico, perché ha oltremodo il pessimo gusto di rifugiarsi in una moraletta finale che condanna l’ansia di sperimentazione della protagonista, facendo passare per accettabile
una laida ammucchiata in cui il marito coinvolge il cognato, per la serie ‘finchè si resta in famiglia tutto è concesso’, di contro a quei porci di sodomiti in guepiere!

L’opinione di Paride86 dal sito http://www.filmscoop.it

Se fosse stato un film porno probabilmente sarebbe stato un prodotto decente, ma spacciarlo come vademecum dell’educazione sessuale di una donna è davvero troppo. Innanzitutto è sbagliato e ipocrita nelle pretese,
visto che Lulù è una donna di fantasia, o meglio, una donna partorita da una mente prettamente maschile: il personaggio interpretato (se così si può dire) da Francesca neri, infatti, non ha nulla di femminile.
Non ha sentimenti, tutto le scorre addosso in una frenetica e spasmodica ricerca del sesso; affronta perversioni, incesti, omosessualità senza che questo la sconvolga minimamente dal punto di vista affettivo e sentimentale. Lulù non è una donna, è Bigas Luna con la parrucca,in più, a volerlo prendere solo come un film erotico, è anche brutto.
Poi il regista ci mette il peso da 90 con scene di sesso estremo ai limiti del consentito: ma fare un film erotico non significa fare un porno ‘vorrei ma non posso’, col risultato di azzerare completamente il grado di erotismo.
Dispiace che attori come la Neri (particolarmente inascoltabile) e Bardem (particolarmente indemoniato) si siano prestati in giovinezza ad una vergogna simile.

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novembre 29, 2015 Posted by | Erotico | , , , , | Lascia un commento

Al lupo al lupo

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Storia di tre fratelli alla ricerca della propria identità e delle proprie radici,due uomini e una donna che legatissimi da piccoli hanno finito poi per seguire le proprie vite trascurando in qualche modo il legame fortissimo,simbiotico che esisteva fra di loro.
Sarà la ricerca del padre,apparentemente scomparso senza spiegazioni,a unire di nuovo i tre ricreando la magica atmosfera,ricomponendo come un puzzle l’antico affetto che li legava.
In sintesi è questa la trama di Al lupo al lupo,film del 1992 diretto e interpretato da Carlo Verdone,un’opera sorprendentemente matura e intimista,l’undicesima diretta dall’attore e regista romano che arriva nello stesso anno in cui Verdone dirige Maledetto il giorno che ti ho incontrato e prima di Perdiamoci di vista,quindi un’opera assolutamente a se stante sia come tematiche sia come registro.

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La storia parte mostrandoci Vanni Sagonà,apprezzato pianista alle prese con un concerto durante il quale per la prima volta è assente suo padre,Mario,conosciuto e apprezzatissimo scultore e poeta.
Deluso e un po preoccupato dalla sua assenza,Vanni si reca a casa di suo padre scoprendo che non c’è e trovando solo la copia delle chiavi delle loro residenze di campagna e di mare.
Convinto che Mario Sagonà sia partito per una delle due case,Vanni contatta sua sorella Livia per farsi accompagnare,non possedendo la patente.
Livia è sposata,ma ha una relazione clandestina con Paolo e sta meditando di lasciare il marito;per questo non sembra propensa ad accettare l’invito di Vanni ma alla fine più per evitare di dover partire con suo marito che spinta dalla preoccupazione per l’assenza del padre che attribuisce al carattere bizzarro dello stesso,accetta di mettersi in viaggio con il fratello.

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Vanni e Livia si dirigono quindi verso la residenza di campagna,dove scoprono che il terzo fratello,Gregorio,ex musicista e violinista e attualmente Dj,ha organizzato una rumorosa festa con amici e conoscenti.Tra Vanni e Gregorio scoppia una lite sedata a fatica da Livia e il gruppo si separa;mentre i due fratelli vanno a ritirare un premio assegnato al padre,Livia sembra dirigersi verso la casa al mare,ufficialmente per cercarlo,in realtà per incontrare il suo amante.
Alla fine i tre convergono verso la casa,dove i rancori tra i due fratelli emergono prepotentemente quando a loro si unisce un gruppo di vecchi amici passati per caso in barca.
Vengono fuori l’invidia di Gregorio per il fratello,da sempre musicista di valore e il sottile disprezzo di Vanni per Gregorio,che accusa di essere la pecora nera della famiglia.
Lo scontro tra i due però avrà uno sviluppo imprevedibile.
Vanni e Livia assisteranno ad una serata in cui Gregorio mostra il suo talento di DJ;sarà in quell’occasione che Vanni abbandonerà per un po i panni del fighetto inappuntabile e si lascerà andare,complice anche una compressa di anfetamina che lo porterà a sciogliersi e ad abbandonarsi.
I tre fratelli, ora riavvicinati e finalmente complici,possono rimettersi alla ricerca del padre….
In bilico tra la commedia sentimentale con venature (e velature) comiche ma malinconiche,Carlo Verdone sceglie un ibrido agro dolce,costruendo il film come un viaggio di tre persone alla ricerca di se stessi.
Tre persone profondamente diverse,dai percorsi di vita assolutamente differenti,eppure uniti da un legame antico oltre che dal legame fortissimo del sangue.

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Un padre dalla schiacciante personalità fa da deus ex machina invisibile eppure presente con la forza magnetica che da sempre esercita sulla famiglia.
Per contraltare,i tre figli sembrano volersi svincolare da quell’abbraccio soffocante;Vanni è quello che più di tutti ha rispettato il ruolo scritto per lui,seguendo le orme paterne e diventando come lui un personaggio famoso della cultura.
E’ un giovane dalle buone maniere,sempre educato e vestito impeccabilmente;non si concede mai colpi di testa e sembra rispettare in pieno il suo ruolo anche nella società.
Gregorio è l’esatto opposto di suo fratello.
Ha scelto di fare il Dj,vive come un bohemienne senza regole precise,è abituato a immergersi nel caos e ha fatto della sua vita una fucina di incontri,musica,vivendo disordinatamente e al di fuori delle regole scritte da suo padre.
Livia è una donna tormentata,in crisi matrimoniale e legata ad un altro uomo;come scoprirà in seguito,ama suo marito e sua figlia,eppure sente il bisogno di trasgredire,come quel suo ingombrante padre che pur amando la moglie la tradiva con un’altra donna.
Dei tre in fondo Livia è quella più vicina al carattere e all’indole di suo padre.
Pur non essendo presente fisicamente,se non nel finale,Mario Sagonà opprime i tre però al tempo stesso li costringe ad un affannoso viaggio che in teoria ha lo scopo di trovarlo ma che in realtà sembra essere stato provocato proprio per mettere in discussione la vita dei giovani.
Il viaggio alla ricerca del padre diverrà infatti l’occasione per ritrovare se stessi e ritrovare l’antico affetto che da piccoli li univa indissolubilmente.
Ogni singola tappa del viaggio infatti porterà Vanni,Gregorio e Livia davanti al loro passato, sull’onda di ricordi mai assopiti, ma vivi e presenti nel loro essere.
L’antico affetto riemergerà di volta in volta,man mano che i ricordi comuni affioreranno durante la convivenza forzata.
Così Vanni scoprirà di invidiare un po il suo scapestrato fratello Gregorio,che vive si una vita disordinata,ma che ha il coraggio di sfuggire al perbenismo, a quelle leggi non scritte ma inviolabili che sembrano guidare le loro vite e scritte per loro non solo dal padre,ma dalla società in cui sono costretti a vivere,dal ruolo che rivestono e sopratutto dal portare l’ingombrante cognome Sagonà.
Gregorio confesserà a suo fratello l’invidia per il suo talento e le ombre che li hanno divisi;i due si ritroveranno nella memorabile sequenza ambientata in discoteca,quando Gregorio procurerà a suo fratello una donna,imbarazzante desiderio di Vanni, evidentemente troppo preso dal suo ruolo per coltivare e gestire i rapporti umani.

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Anche per Livia arriverà il momento della resa dei conti.
Durante il viaggio scoprirà di amare ancora suo marito e di desiderare solamente il ritorno ad una vita coniugale per certi versi frustrante ma i cui vantaggi sono di gran lunga superiori agli svantaggi.
Al lupo al lupo è un bel film,con qualche errore ma con tanti pregi.
Sicuramente la parte meno interessante e slegata dal film è la lunga sequenza della discoteca,tirata per le lunghe e che avrebbe richiesto tempo girato in meno,ma d’altro canto Verdone cerca di mostrare l’elemento in cui si muove il suo alter ego Gregorio,la sua vita dietro la consolle e le sue serate da DJ.
Parlo di alter ego perchè fondamentalmente il personaggio di Gregorio assomiglia molto a Verdone;da quello che racconta nei suoi libri o quando mostra la figura del padre,che sia nel film o nella vita reale,Verdone sembra richiamare il suo passato,il suo vissuto.
Bene gli attori, dallo stesso Verdone, una volta tanto misurato e attento alla bella e seducente Francesca Neri per finire con la prova matura di Sergio Rubini.
Come dicevo agli inizi,il film ha una connotazione malinconica e nostalgica che Carlo Verdone propone con senso della misura e sentita partecipazione;non sono un’estimatore del regista romano e tanto meno quando recita.Ma questa è un’opera di tutto rilievo,anche se poco apprezzata da parte del pubblico e della solita critica.
Bene il resto del cast,che però agisce sullo sfondo dei tre protagonisti,che finiscono per diventare il perno sul quale ruota tutto.Una segnalazione per Maria Mercader,che interpreta il ruolo della raffinata ed elegante amante di Mario Sagonà.
Ultimamente il film è stato riproposto più volte in tv e vista la consuetudine delle reti commerciali a riproporlo, suggerisco la sua visione caldamente agli spettatori amanti del buon cinema.

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Al lupo al lupo

Un film di Carlo Verdone. Con Carlo Verdone, Sergio Rubini, Francesca Neri, Maria Mercader, Simona Mariani,Giovanni Vettorazzo, Giampiero Bianchi, Barry Morse, Loris Paiusco, Gianpiero Bianchi, Cecilia Luci, Alberto Marozzi, Gillian McCutcheon, Marco Marciani Commedia, durata 114 min. – Italia 1992

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Carlo Verdone: Gregorio Sagonà
Francesca Neri: Livia Sagonà
Sergio Rubini: Vanni Sagonà
Barry Morse: Mario Sagonà
Giampiero Bianchi: Paolo
Cecilia Luci: Vanessa
Alberto Marozzi: Ivano
Fabio Corradi: Gregorio Sagonà da piccolo
Maria Mercader: signora anziana
Giulia Verdone: Livia Sagonà da piccola
Massimo De Lorenzo: Corrado Santoro

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Regia Carlo Verdone
Soggetto Filippo Ascione, Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi, Carlo Verdone
Sceneggiatura Filippo Ascione, Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi, Carlo Verdone
Produttore Mario Cecchi Gori, Vittorio Cecchi Gori
Distribuzione (Italia) Penta Film (1992)
Fotografia Danilo Desideri
Montaggio Antonio Siciliano
Musiche Manuel De Sica
Scenografia Francesco Bronzi

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L’opinione di Elias dal sito http://www.mymovies.it

Questa storia ripercorre lo stesso tipo di tematica già evidenziata col film “Io e mia sorella” con l’aggiunta di qualche opportuna variante. Anche in questo film il regista ci descrive il riavvicinamento di fratelli (per la precisione di due fratelli e una sorella), che il tempo li aveva divisi,in seguito ad un particolare episodio: l’improvviso allontanamento del padre verso una meta a loro sconosciuta. Il film riesce a mettere in evidenza le singole storie di ognuno di essi con le relative problematiche: Vanni è un affermato pianista, tanto preciso nel suo lavoro quanto insicuro e “fragile” nel suo carattere e in alcune componenti psicologiche della sua personalità; Greg. è una persona che non è riuscita a costruirsi delle solide basi per un suo futuro e pertanto è costretto ad arrangiarsi vivendo alla giornata con un’occupazione saltuaria come DJ di party privati e come compositore di canzoni senza pretese; infine Livia che sta attraversando un burrascoso rapporto matrimoniale e conducendo una relazione clandestina dagli esiti incerti. Ciò che ci ha colpito di questo film è stata l’abilità di Verdone nel non ergersi come protagonista principale ed assoluto della trama, ma di bilanciare perfettamente le storie dei tre personaggi dando ad ognuno di essi il giusto peso e la dovuta importanza. A nostro avviso mentre, in linea generale, dovrebbero essere i genitori ad aiutare i figli venendo incontro alle loro esigenze, in questo caso Verdone ci fa capire che in alcuni momenti della vita potrebbe accadere il contrario, vale a dire che questi tre fratelli, sebbene divisi dal destino, alla fine uniranno le loro forze e la loro volontà per ritrovare il padre “perso”.
L’opinione di Cherubino dal sito http://www.filmtv.it

Forse i veri cinefili non saranno d’accordo, ma io penso di averlo visto nelle condizioni ideali e cioè non sapendone nulla, neppure della trama; e non avendo visto film dello stesso regista da parecchio tempo (almeno una decina d’anni).
Esprimo dunque un parere “ignorante”, cui credo ogni film abbia diritto, specie se lo si veda per la prima volta dopo ben ventitrè anni dal suo esordio sugli schermi; e non mi sento condizionato neppure dalle primissime opere, comiche, di Verdone o dal ricordo, per me parziale e sfuocato, della sua crescita successiva come regista e come attore.
Ebbene, debbo dire che sono stati 108 minuti “belli” e che sono proprio stato soddisfatto, sia per la vicenda narrata, dall’inizio alla fine, sia per il ritmo lento della narrazione, sia per la verosimiglianza del procedere dei personaggi verso il non scontato lieto fine.
Riguardo agli interpreti, tutti e tre i principali (i fratelli) li ho trovati veramente bravi: Carlo Verdone, Francesca Neri e Sergio Rubini perfetti per i loro ruoli. Barry Morse, che non conoscevo, proprio adeguato per impersonare il padre artista nel poetico finale in cui ritrae i figli ritrovati così come sono da sempre nella sua mente.
E poi, il piacere di rivedere dopo moltissimi anni, in un’apparizione fugace, Maria Mercader, ancora un bel volto; e nostalgia.
Opinioni tratte dal sito http://www.davinotti.com

Luchi78

Il miglior film di Verdone: divertente e malinconico, riflessivo e spensierato. Una bella storia diretta magistralmente, dove ognuno dei tre fratelli Sagonà segue il proprio percorso lungo tutta la durata del film. Molto divertenti le situazioni imbarazzanti che si capovolgono in comicità pura, ma soprattutto in contrasto con quella sottile angoscia che pervade tutto il film per la costante ricerca del padre. Verdone prova a riprendere il tema nel suo ultimo Io, loro e Lara, ma i risultati saranno sensibilmente inferiori.

Tomastich

All’opposto di ogni facile battuta, all’opposto del film ad episodi, all’opposto del Verdone più conosciuto, c’è questo “Al lupo al lupo”. Un road movie (che poi riprenderà in Il mio miglior nemico) che si snoda lungo mezza Italia, alla ricerca di un padre svanito nel nulla. Protagonisti sono i tre fratelli, Verdone, Neri e Rubini. Anche qui come nel film del 2006, a svelare l’arcano sarà una poesia. Finale sopra le righe.
Jandileida

Un malinconico Carlo che esagera un po’ nel calcare la mano e tende alla lacrima facile ma che riesce comunque a girare un film sincero e molto buono nella descrizione dei caratteri dei tre fratelli, paradigmatici forse, ma comunque centrati e “reali”. La Neri pre-revisione AGIP era uno splendore quasi rinascimentale ed anche una più che discreta attrice. E poi Verdone aveva (e, a volte, ha ancora) tempi comici perfetti e trova qui in Rubini una buona spalla, cosicché la pellicola risulta piacevolissima anche se qua e là il ritmo cala vistosamente.
Motorship

Uno dei più profondi e introspettivi film di Carlo Verdone. Una pellicola ben realizzata che sa inteligentemente alternare momenti malinconici con altri più comici e spensierati. La ricerca del padre “desaparecido”, i ricordi della madre scomparsa e dell’infanzia dei tre protagonisti sono trattati con una delicatezza e una tenerezza non proprio comuni, delicatezza che sfocia in un finale commovente e superlativo nella realizzazione. Ottima prova dei tre protagonsisti (Verdone, Rubini e la Neri), eccellenti le musiche di Manuel De Sica.

Stelio

Un film poetico dall’inizio alla fine, con un accompagnamento musicale magistrale e interpreti straordinari. Sergio Rubini svetta nella recitazione rispetto agli altri, Francesca Neri il fanalino di coda. Tanta malinconia e tanto mondo passato intervallati da momenti di modernità che non stonano e non fanno perdere il contatto con la realtà. Compagni di scuola è forse il film più complicato mai girato da Verdone (insieme a Ma che colpa abbiamo noi), ma il tempo spero rivaluterà Al lupo al lupo come il migliore.
L’opinione del sito http://www.agoravox.it

Un film on the road, fotografato in maniera eccelsa da Danilo Desideri che immortala le spiagge della Maremma (Capalbio, Punta Ala), le colline senesi (Bagno Vignoni e la vasca termale) e la città di Siena in tutta la loro sfolgorante bellezza. Un film di caratteri, ben scritto e sceneggiato da due decani della commedia all’italiana come Benvenuti e De Bernardi, aiutati da Filippo Ascione, ma anche dai ricordi d’infanzia di Carlo Verdone. La forza della storia è lo scontro dei caratteri tra fratelli, interpretati magnificamente da Rubini, Verdone e Neri.
Rubini è il genio di famiglia, il ricco e affermato pianista che è sempre stato la gioia del padre. Verdone è la pecora nera, il disc-jockey in perenne bolletta, privo di senso pratico, arruffone, ma simpatico. Neri è la donna in crisi che vorrebbe lasciare un marito che non sopporta, ha un amante, ma non sa decidere perché non vuole perdere la figlia. Il contrasto più forte è tra il preciso e concreto Rubini e lo strampalato e folle Verdone, gelosi l’uno dell’altro, che alla fine scopriranno di volersi bene e di potersi dare qualcosa l’uno con l’altro. Verdone procura una donna a Rubini, imbranato per quanto geniale, e lo fa divertire nella sua discoteca, ma al tempo stesso deve riconoscere che il fratello è davvero un grande pianista.
I tre caratteri contrastanti danno vita a una commedia garbata quando insieme partono alla ricerca del padre avendo come traccia soltanto una poesia. Lo ritrovano, dopo aver ascoltato il consiglio della vecchia amante (Mercader), in una baita di montagna dove si è ritirato in attesa della morte. “C’è stato un tempo in cui ho creduto di essere immortale, ma adesso so che non è vero”, dice il vecchio genitore. Il film si conclude – in maniera molto poetica – con il padre che fa il ritratto dei propri figli ma li disegna come quando erano bambini.

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agosto 21, 2015 Posted by | Commedia | , , , , | 2 commenti