La polizia chiede aiuto
Una telefonata anonima avverte la polizia della presenza del cadavere di una ragazza in un appartamento.
L’ispettore Valentini, giunto sul posto trova il corpo di una ragazzina di 15 anni nudo e appeso ad una trave con una corda al collo.
Si tratta di Silvia Polvesi, apparentemente suicida, in realtà uccisa abilmente in maniera tale da simulare una morte autoindotta.
Il macabro rinvenimento del corpo
Delle indagini è incaricato l’ispettore Silvestri, affiancato dal procuratore distrettuale Vittoria Stori: i due ben presto scoprono che dietro la morte della ragazza si nasconde un turpe giro di prostituzione minorile al quale non è estranea nemmeno la figlia di Valentini.
In mezzo a mille difficoltà la coppia da la caccia al misterioso assassino che intanto semina la morte accanto a se: Silvestri e la Stori dopo varie vicissitudini ricostruiranno il puzzle identificando sia gli intoccabili clienti delle ragazzine, sia fermando il misterioso killer.
Diretto da Massimo Dallamano nel 1974, La polizia chiede aiuto ad onta del titolo fuorviante che sembra echeggiare e rimandare ad un poliziottesco è in realtà un robusto thriller contaminato da elementi polizieschi e con qualche velleità di denuncia sociale.
Un film molto ben congegnato e ottimamente recitato, per altro, con qualche ingenuità ma che si rivela strutturato e diretto con mano sicura dal regista milanese prematuramente scomparso nel 19756 a 59 anni, autore di una dozzina di film di buon livello fra i quali spicca Cosa avete fatto a Solange? dell’anno precedente e che in qualche modo fa da base a questo lavoro, visto che parla comunque di ragazzine e di loschi giri attorno a loro.
Dallamano era un buon professionista, attento ai ritmi e alla sceneggiatura cosa che si nota dal primo momento nel film, che scorre con ritmo verso un finale un tantino frettoloso ma coerente con la narrazione.
Fermo immagine che rivela il trucco dell’impiccagione di Silvia
Fa specie quindi leggere critiche come questa che riporto, presa dal sito più frequentato di cinema e purtroppo riportata da altri siti in fase di commento del film stesso: “Indagando sull’impiccagione di una ragazzina, la polizia arriva a una organizzazione di giovanissime squillo con molti clienti d’alto rango. Gli italiani non brillano nel poliziesco, ma è grave, come in questo caso, quando per parlare di violenza si fa violenza, per criticare gli orrori si mostrano orrori senza il filtro di un linguaggio, di uno stile, dunque di un’etica.”
Il che mostra miopia assoluta e sopratutto mancanza di buona fede.
Nel film di orrori non ce ne sono se non la descrizione ( a distanza) della visita di una delle protagoniste nell’obitorio per il riconoscimento del cadavere di un detective privato.
La stessa scena iniziale dell’impiccagione della ragazzina è uno dei nei del film; in un fotogramma che allego alla recensione è possibile vedere l’ingenuità del fotografo che riprende l’immagine del volto mostrando chiaramente che si tratta di una bambola scenica.
Questo tipo di recensioni, tratte da un commentario critico famoso e vendutissimo mostra come la disinformazione dilaghi quando si parla del cosidetto cinema minore.
Fellini o Antonioni sono il cinema (secondo i soloni), gli altri se devono essere menzionati è meglio stroncarli.
Un atteggiamento spocchioso che nel caso di questo film non ha alcuna giustificazione.
I tanto adorati registi coreani, cinesi o degli improbabili paesi dell’est possono solo prendere esempio da registi come Dallamano, capaci di creare suspence con la sapienza di chi il cinema lo fa per lo spettatore e non per il solone cinematografico affetto da intellettualismo fanatico e un tantinello idiota.
Detto questo, torniamo alla pellicola e ai suoi protagonisti, per citare il buon Cassinelli nel ruolo di Silvestri, la bella e afafscinante Ralli rigorosa nel ruolo della procuratrice Stori, l’ottimo Adorf questa volta un tantino sacrificato nel ruolo di Valentini e il duo Marina Berti-Claudio Gora in ruoli secondari.
Un film vitale e interessante, che si segue con piacere senza rivoltarsi lo stomaco con immagini slasher.
In ultimo, segnalo la preziosa fotografia di Delli Colli e la bella soundtrack di Stelvio Cipriani.
La polizia chiede aiuto,un film di Massimo Dallamano. Con Claudio Cassinelli, Giovanna Ralli, Attilio Dottesio, Farley Granger Mario Adorf, Franco Fabrizi, Marina Berti, Corrado Gaipa, Micaela Pignatelli, Steffen Zacharias, Lorenzo Piani, Paolo Turco, Giancarlo Badessi, Ferdinando Murolo, Roberta Paladini, Salvatore Puntillo
Poliziesco, durata 90 min. – Italia 1974
Giovanna Ralli: sostituto procuratore della Repubblica Vittoria Stori
Claudio Cassinelli: commissario Silvestri
Mario Adorf: Ispettore Valentini
Corrado Gaipa: procuratore della Repubblica
Paolo Turco: Marcello Tosti
Micaela Pignatelli: Rosa
Farley Granger: Polvesi
Franco Fabrizi: Bruno Paglia
Marina Berti: sig.ra Polvesi
Sherry Buchanan :Silvia Polvesi
Roberta Paladini :Patrizia Valentini
Renata Moar : Laura
Clara Zovianoff :Talenti
Regia Massimo Dallamano
Soggetto Ettore Sanzò
Sceneggiatura Ettore Sanzò, Massimo Dallamano
Casa di produzione Primex Italiana
Distribuzione (Italia) PAC
Fotografia Franco Delli Colli
Montaggio Antonio Siciliano
Musiche Stelvio Cipriani
Bresciano e lolitesco. A metà fra poliziottesco e argentiano, è un ibrido interessante, che ha snodi assai casuali e qualche umorismo involontario (l’assassino che gira per la clinica con l’ascia in bella vista!). C’è qualche morbosità verbale gratuita, compiaciuta, fastidiosa. Inferiore a Solange. Regìa sicura, Ralli gran donna, Cassinelli un po’ caricato, Adorf corretto. Grande, come sempre, Franco Fabrizi. La Paladini (figlia di Adorf) è la figlia del Paladini che conduceva il telegiornale.
Quello che si dice un buon film, che attraversa vari generi (poliziesco, giallo e thriller) e che ripropone un soggetto -lo sfruttamento della prostituzione minorile- strettamente collegato al regista (Cosa Avete fatto a Solange?). Il killer incaricato di uccidere ha influenzato, per via del look (agisce con casco da motociclista) anche Nude per l’Assassino (1975), mentre l’ottima colonna sonora, realizzata dal bravo Stelvio Cipriani, è ripescata dal precedente La Polizia sta a Guardare (1973). Prodotto da Paolo Infascelli.
Buono (ma non direi ottimo, preferisco Solange) questo thriller di Dallamano, che ibrida felicemente poliziesco e giallo, con decisa prevalenza del secondo, orchestrando con la consueta perizia una sceneggiatura non ineccepibile ma di efficace coralità, e regalando alcune sequenze notevoli. Fabrizi come sempre eccellente in uno dei suoi ineluttabili ruoli di viscido. Da vedere sicuramente: si piazza a pieno titolo nella prestigiosa zona fra i tre e i quattro pallini.
La descrizione iniziale di Adorf alla Ralli (il sostituto procuratore) nello studio fa già capire che non verrà risparmiato nulla allo spettatore; e così è. Film crudo, spietato, senza speranza. Nessun cedimento, ritmo costante. Non si perde mai interesse. Segnalo un bel puzzle umano, il motociclista con casco e ascia in ospedale, un’amputazione, il commissario in ambulanza, i nastri…. Un po’ troppo manichino l’impiccata. Brava e convincente Giovanna Ralli, ma anche Cassinelli (il nervoso commissario Silvestri). Grande cinema.
Interessante film che mescola abilmente due generi (il thriller ed il poliziesco) che hanno poco da spartire. Merito della bella regia di Dallamano, che riesce a dar vita a splendide scene di tensione, oltre che a inseguimenti ottimamente girati. Peccato però che la sceneggiatura non sia all’altezza della situazione (propinando allo spettatore situazioni assolutamente inverosimili), oltre ad avere qualche caduta di gusto, consistente soprattutto in alcuni eccessi verbali. Indimenticabile lo score di Cipriani.
Niente male. La regia di Dallamano è sicura (anche se ha fatto di meglio), bravi Giovanna Ralli (da citare la scena nel garage), Adorf e Fabrizi. Vi sono anche insistiti particolari sanguinolenti (la mano mozzata, le pugnalate) funzionali e non esagerati. Spiegazione finale sufficientemente convincente. Non uno dei migliori del genere, ma merita un buon punteggio (***) per la professionalità.
Grande cinema di genere. Ritmo elevatissimo e una sceneggiatura morbosa e violenta che non risparmia nessun colpo basso. Ottima come sempre la regia di Dallamano, molto sopra la media anche la fotografia, davvero trascinanti le musiche di Cipriani. Grande il cast, con un perfetto trio di attori (Claudio Cassinelli, Mario Adorf, Giovanna Ralli). Un po’ sbrigativo il finale, ma è difetto su cui si può sorvolare. Spettacolare il look dell’assassino. Il tipo di film di cui si sente la mancanza.
Dallamano si conferma regista solido e immune da farseschi colpi di testa. Con questo notevole film riesce a spaziare tra generi diversi con bravura, aggiungendo venature horror e un che di morboso senza strafare. Complessivamente discreti gli attori e memorabili i motivi musicali di Stelvio Cipriani (altro esperto del mestiere) che si fondono ad arte con le immagini come, ad esempio, nelle magistrali sequenze finali del motociclista nella piazzetta.
Eccellente mix di giallo e poliziesco, con forti tinte drammatiche e una decisa aria di denuncia sociale. Il film, basato su un soggetto e su una sceneggiatura ben studiati, è supportato dalle ottime interpretazioni del cast, su tutti Cassinelli e la Ralli. Non mancano alcune sequenze splatter, la tensione è costante e si respira un’aria cupa e pesante, pregna di una drammaticità livida e senza speranza, specialmente nel finale. Ben coreografate e girate anche le sequenze d’azione. Un gioiellino di Dallamano che va rivalutato assolutamente.
Splendido film che mixa giallo, poliziesco e un tocco di orrore (si vedano i numerosi cadaveri fatti a pezzi). La trama è banale (il solito giro di ragazzine che si prostituiscono per una clientela facoltosa e importante) ma il film non lo è per niente. Attori ottimi, sia i principali Cassinelli, Fabrizi, Gaipa sia i vari caratteristi (vedi il grande Dottesio).
Sicuramente un buon prodotto di genere, realizzato con mestiere e con tanta passione. La pellicola si avvicina più al giallo che al poliziottesco. Se togliamo le scene degli inseguimenti, del secondo non rimane praticamente traccia. Belle prove attoriali, anche se spicca su tutti il grande Mario Adorf, qui dosato nella parte, ma intenso come solo lui sa fare. Alta tensione e ottimi effetti visivi arigianali. Sicuramente da vedere.
Ottimo incrocio di poliziesco e thriller. Il bravo Dallamano resta fedele alla tematica degli abusi e delle violenze sulle giovani donne, ma questa volta il tutto si mescola con una storia poliziesca dalle tinte forti. Tra omicidi-suicidi, insabbiamenti e mezze verità, sprofondiamo in un thriller dall’alto tasso di tensione. Il motociclista killer non ha nulla da invidiare al classico assassino argentiano. Memorabile, fenomeno unico del genere.
L’omicidio di una ragazzina porterà gli investigatori ad indagare, ma solo fino ad un certo punto, nel mondo della prostituzione di giovanissime borghesi, annoiate ed in cerca di ulteriore denaro facile. Gran bel film, che riesce a riprodurre efficacemente vizi e virtù della società italiana degli Anni Settanta, scellerata e corrotta, ma tenuta comunque a galla da un pugno di eroi “equilibrati”. Eccellente colonna sonora del mitico Cipriani e grande regia del povero Dallamano. Attori in gran forma e atmosfera giusta per una bel dopocena!
Più che poliziottesco è un giallo con elementi tipici dei thriller argentiani, dai quali tuttavia è bene mantenere le distanze: la narrazione è un po’ ingenua e semplicistica e la tensione non è mai molto alta. Il film è comunque dotato di un buon ritmo che lo rende piacevole e coinvolgente, grazie anche alla sapiente regia di Dallamano che, tra le altre cose, ci regala delle soggettive decisamente efficaci. Belle le musiche di Stelvio Cipriani.
1973, un anno di cinema
Il 1973 è un anno assolutamente fondamentale per la storia del cinema; si producono migliaia di pellicole e gli spettatori affollano le sale cinematografiche di tutto il mondo.
Negli Usa vengono prodotti film destinati a diventare degli autentici cult, nonostante la nazione sia alle prese con il più grave scandalo politico della sua storia, il Watergate, episodio che avrà anche riduzioni cinematografiche importanti con pellicole come Tutti gli uomini del presidente.
In Italia siamo alle prese con gravi problemi interni dovuti all’escalation del terrorismo, con fatti di sangue come la strage alla questura di Milano o la morte dell’agente Marino sempre a Milano o con gravi fatti di cronaca come l’epidemia di colera che costerà la vita a 30 persone.
Barbra Streisand in Come eravamo
Nonostante tutto, il cinema tira e il 1973 sarà ricordato come l’anno più fecondo dal punto di vista degli incassi.
Merito anche di film importanti come L’esorcista, diretto da William Friedkin e interpretato da Ellen Burstyn, Max von Sydow e Linda Blair ; la storia della giovane Regan, posseduta da un demone sarà il film più visto della stagione e scatenerà una teoria di film di ispirazione satanica impressionante.
Paul Newman e Robert Redford in La stangata
Il film di Friedkin diventa anche un fatto di costume, suscita paura e in alcuni casi terrore, conseguenze anche del fascino oscuro di ataviche paure dell’uomo, come la presenza delle forze del male e la raffigurazione visiva della sua componente più importante, il diavolo.
Dagli Usa arriva un altro film importante e campione di incassi: si tratta di Come eravamo di Sidney Pollack interpretato straordinariamente bene da Robert Redford e Barbra Streisand.
Jesus Christ Superstar di Norman Jewison
La storia della coppia che si conosce, si ama e poi si lascia lungo un periodo importante della storia americana che va dalla guerra alle prime proteste contro le armi nucleari affascina e commuove grazie anche all’indimenticabile colonna sonora della Streisand, The way we where.
Grandissimo successo per Jesus Christ Superstar, riduzione cinematografica anticonformista di Norman Jewison che riprende il grande successo del musical di Andrew Webber e Tim Rice e che consegna alla storia del cinema l’opera rock filmata più bella di sempre.
Un altro film che potremmo definire un musical mascherato ottiene un successo straordinario in tutto il mondo: si tratta di American Graffiti diretto da George Lucas e interpretato da un gran cast che include Richard Dreyfuss, Ron Howard e un giovane Harrison Ford.
Marisa Mell e Erika Blanc in Bella ricca lieve difetto fisico cerca anima gemella
La ricerca della felicità di un gruppo di amici che finirà per avere destini diversi è esaltato anche da una colonna sonora di primissimo ordine con brani leggendari come Rock Around The Clock di Bill Haley and the Comets o Smoke Gets In Your Eyes dei Platters.
Ancora gli Usa protagonisti con un film che racconta della beffa giocata da due imbroglioni ai danni di un re della mala di Chicago; è il film di George Roy Hill La stangata, anche questo interpretato da un grande Robert Redford coadiuvato da Paul Newman.
In Italia non si sta a guardare e si assiste al trionfo nelle sale del film di Fellini Amarcord, commossa e commovente pellicola dedicata alla Rimini dell’infanzia del regista, arricchita dalle splendide musiche del maestro Nino Rota, mentre dal punto di vita prettamente commerciale è l’anno del travolgente successo del film di Samperi Malizia, protagonista una giovane e affascinante Laura Antonelli che diverrà parte importante dell’immaginario erotico italiano.
Paul Newman e Dominique Sanda in L’agente speciale MackIntosh
Il film racconta le vicissitudini di una giovane cameriera che finirà per sposare il suo datore di lavoro ma che nel frattempo dovrà guardarsi dalle attenzioni dei figli dell’uomo.
La pellicola è anche il grande successo di un giovane attore che purtroppo scomparirà l’anno successivo a causa di un incidente motociclistico.
Si tratta di Alessandro Momo, che nel 1974 sarà consacrato grande attore dal suo ultimo film, Profumo di donna.
Ma gli Usa continuano a fare la parte del leone, sfornando autentici capolavori come Mean street di Martin Scorsese, regista tra i più importanti della cinematografia moderna; lo spaccato della Little Italy mostrato dal regista di origini italiane rivela anche lo straordinario talento di Robert De Niro che diverrà una vera star con Taxi driver.
Lusinghiero successo anche per una pellicola di pura evasione, tratta da un romanzo di Henri Charrière: si tratta di Papillon, film autobiografico di Charriere diretto da Franklin J. Schaffner e interpretato da due grandi attori, Steve Mc Queen e Dustin Hoffman.
Julie Christie in A Venezia…un dicembre rosso shocking
La storia di amicizia dei due condannati alla prigione infernale della Cayenna in Guyana, pur non essendo un film riuscitissimo a fine stagione risulterà tra i più visti, per merito anche della splendida ambientazione ma sopratutto per la gara di bravura tra i due interpreti.
Grandissimo successo anche per Lumet con Serpico, storia di un poliziotto italo americano che scopre le magagne della polizia della sua città, un film che rivela un altro talento straordinario, quello dell’italo americano Al Pacino.
Scandalo e polemiche a non finire suscita invece il film di Marco Ferreri La grande abbuffata, iperbole di una società destinata a consumarsi nei riti del consumismo e che quattro amici decidono di affrontare in un modo assolutamente particolare, isolandosi cioè in una villa e lasciandosi morire attraverso una spaventosa indigestione di cibi accompagnata da una serie di atti sessuali che completeranno il loro annichilimento.
Il film ebbe traversie giudizarie a non finire, non certo per le immagini di sesso quanto per il durissimo colpo inferto da Ferreri alla morale sociale.
Maurice Ronet e Lisa Gastoni in La seduzione
Nella rassegna dell’anno non può mancare una citazione per il drammatico Giordano Bruno di Montaldo.
Il grande regista svedese Ingmar Bergman presenta nello stesso anno due film amatissimi dalla critica e accolti tiepidamente dal punto di vista degli incassi dagli spettatori: si tratta di Scene da un matrimonio e di Sussurri e grida, visioni intimistiche del rapporto di coppia con protagonista in entrambi i casi Liv Ulmann.
Buoni successi anche per il film di Woody Allen Il dormiglione, per Zardoz di John Boorman, un gioiello che racconta la storia di Zed che distruggerà la città dei sogni degli immortali riportandoli ad una vita mortale ma sicuramente meno noiosa di quella condotta al riparo della cupola che protegge la città dal resto dell’umanità.
Un altro film dal grande successo, anche se su un piano diametralmente opposto a quello di Ferreri è l’erotico Emmanuelle, tratto da un romanzo di Emmanuelle Arsan e che lancia la sua protagonista, Sylvia Kristel come icona dell’erotico.
Film dozzinale, il cui successo è spiegabile solo con la morbosa attenzione che parte del pubblico iniziava a riservare ai prodotti del soft erotico.
Dalla Francia arriva il capolavoro di François Truffaut, Effetto notte, grandissima opera che narra la storia di un gruppo di attori alle prese con un film che sembra non debba mai essere terminato e che avrà su di loro l’effetto di legarli indissolubilmente.
Sam Peckinpah propone un altro capolavoro, Pat Garrett e Billy Kid, storia di un’amicizia che si concluderà tragicamente e che lancerà la sua struggente colonna sonora, Knocking on heaven door come una delle più belle soundtrack della storia del cinema.
Michael Crichton porta sugli schermi un suo romanzo, Il mondo dei robot, storia di Delos, una città parco divertimenti in cui gli abitanti sono dei robot del tutto simili agli uomini, che hanno su d loro diritto di vita e di morte fino a quando un incidente tecnico non causerà una strage. Nel film la parte del leone la fa uno straordinario Yul Brinner nei panni di un cowboy pistolero che inseguirà l’ultimo sopravissuto fino alla drammatica resa dei conti.
Uno dei film più belli, che ebbe un lusinghiero successo ma che sarebbe diventato un cult negli anni successivi è lo straordinario A Venezia…un dicembre rosso schocking diretto dal grande Roeg e che racconta la storia in bilico tra paranormale e reale di una coppia che si trasferisce a Venezia dopo la drammatica morte della loro figlioletta e che sarà funestata anche dalla morte dell’uomo.
Segnalo i buoni successi di film importanti come L’ultima corvè di Hal Ashby, di Il gabbiano Jonathan Livingston di Hall Bartlett tratto dal celebre romanzo di Richard Bach, di L’Amerikano di Constantin Costa Gavras,di L’agente speciale Mackintosh per la regia di John Huston, di Electra Glide per la regia di James William Guercio.
Ma non c’è solo il cinema americano o straniero, ovviamente.
La produzione italiana è di buon livello, anche se non eccelso.
Si va da Ludwig diretto da Luchino Visconti che però si rivelò un tremendo fiasco ai botteghini interpretato da Helmut Berger e Romy Schneider a Piedone lo sbirro di Steno, primo fortunato capitolo delle avventure del poliziotto tutto ceffoni Piedone passando per Polvere di stelle diretto da Sordi e alle cui riprese ho assistito personalmente.
Il regista romano girò parte della pellicola nella mia città, mentre le scene più belle ambientate in teatro vennero girate al Petruzzelli di Bari e quelle in albergo nell’ex Albergo delle Nazioni sul lungomare.
Il film diventò famoso anche per il tormentone “Ma ‘ndo vai se la banana non ce l’hai? bella Hawaiana attaccate a sta banana” interpretato dal duo Sordi-Monica Vitti.
Il 1973 è anche l’anno del trionfo dei decamerotici, che si chiamino L’Aretino nei suoi ragionamenti… sulle cortigiane, le maritate… e i cornuti contenti…oppure Beffe, licenze et amori del Decamerone segreto, E continuavano a mettere lo diavolo ne lo inferno o al contrario Leva lo diavolo tuo dal… convento, Quando le donne si chiamavano madonne, I Racconti di Viterbury…
Questi prodotti girati alla velocità della luce vengono visti comunque da un vasto pubblico, con effetti incredibilI; registi di nessun talento e attricette alla ricerca di notorietà finiranno per inflazionare il mercato sgonfiando nell’anno successivo il fenomeno.
Marcello Mastroianni e Andrea Ferreol in La grande abbuffata
Gloria anche per western parodistico, rappresentato dal successo di Il mio nome è nessuno, ideato e prodotto da Sergio Leone ed interpretato da Terence Hill (orfano di Bud Spencer) e da Henry Fonda.
Buoni successi, di critica e di pubblico per Il delitto Matteotti di Florestano Vancini conMario Adorf, Vittorio De Sica, Riccardo Cucciolla, Franco Nero che ricostruisce con sobrietà l’assassinio da parte dei fascisti del deputato socialista, per Lucky Luciano di Francesco Rosi con il solito grande Gian Maria Volonté dedicato alla figura del gangster di origini italiane, per Pane e cioccolata di Franco Brusati con Nino Manfredi, storia di un emigrante in Svizzera che sperimenterà sulla sua pelle il dramma di vivere in una nazione che non lo ama e che anzi lo ripudia, per l’ottima riduzione di un romanzo di Brancati, Paolo il caldo di Marco Vicario caratterizzato da un cast all star che presenta attori come Giancarlo Giannini, Adriana Asti, Riccardo Cucciolla, Rossana Podestà,Vittorio Caprioli, Ornella Muti, Gastone Moschin,Orchidea De Santis e Femi Benussi.
Mean Streets di Martin Scorsese
Citerei ancora del 1973 i film Vogliamo i colonnelli di Mario Monicelli con Ugo Tognazzi, mediocre pellicola dedicata ad un golpe da opeeretta ed ispirato a fatti degli anni sessanta,il poliziottesco Milano trema: la polizia vuole giustizia di Sergio Martino con Luc Merenda, Silvano Tranquilli, Richard Conte, Martine Brochard, Perché quelle strane gocce di sangue sul corpo di Jennifer? un film di Giuliano Carnimeo con George Hilton, Paola Quattrini, Edwige Fenech
Un’annata importante, quindi sia per qualità, sia per quantità di film prodotti; siamo davvero nell’età dell’oro del cinema che si protrarrà ancora per circa tre anni prima del declino imprevedibile e imprevisto, coinciso con l’avvento delle tv private e che ha modificato completamente la storia stessa del cinema.
Alain Delon e Nicoletta Machiavelli in Tony Arzenta
Storia di una monaca di clausura
Anna, quel particolare piacere
2022, I sopravissuti (Soylent green)
Rivelazioni di uno psichiatra sul perverso mondo del sesso
I corpi presentano tracce di violenza carnale
Una 44 magnum per l’ispettore Callaghan
Perchè quelle strane gocce di sangue sul corpo di Jennifer?
Il padrino (Miglior film)
Bob Fosse (Miglior regia per Cabaret)
Marlon Brando (Miglior attore per Il padrino)
Liza Minnelli (Miglior attrice per Cabaret)
Joel Grey (Miglior attore non protagonista per Cabaret)
Eileen Heckart (Miglior attrice non protagonista per Le farfalle sono libere)
Il candidato (Miglior sceneggiatura originale)
Il padrino (Miglior sceneggiatura non originale)
Cabaret (Miglior fotografia)
Cabaret (Miglior adattamento musicale)
Le farfalle sono libere (Miglior colonna sonora originale)
Luci della ribalta (Miglior colonna sonora originale)
L’avventura del Poseidon (Miglior canzone)
Cabaret (Miglior scenografia)
In viaggio con la zia (Migliori costumi)
Cabaret (Miglior montaggio)
Cabaret (Miglior suono)
L’avventura del Poseidon (Migliori effetti speciali)
Il fascino discreto della borghesia (Miglior film straniero)
Gran prix:
Un uomo da affittare (The Hireling), regia di Alan Bridges (Gran Bretagna)
ex aequo Lo spaventapasseri (Scarecrow), regia di Jerry Schatzberg (USA)
Grand Prix Speciale della Giuria:
La maman et la putain, regia di Jean Eustache (Francia)
Premio della giuria:
Sanatorium pod klepsydra, regia di Wojciech Has (Polonia) ex aequo
L’invito (L’invitation), regia di Claude Goretta (Svizzera/Francia)
Prix d’interprétation féminine:
Joanne Woodward – Gli effetti dei raggi gamma sui fiori di Matilde
Prix d’interprétation masculine:
Giancarlo Giannini – Film d’amore e d’anarchia
Premio opera prima:
Jeremy, regia di Arthur Barron (USA)
Premi FIPRESCI:
La grande abbuffata, regia di Marco Ferreri (Francia/Italia) ex aequo
La maman et la putain, regia di Jean Eustache (Francia)
Premio OCIC:
Lo spaventapasseri (Scarecrow), regia di Jerry Schatzberg (USA
Migliore film
Alfredo Alfredo, regia di Pietro Germi (ex aequo)
Ludwig, regia di Luchino Visconti (ex aequo)
Miglior regista
Luchino Visconti – Ludwig
Migliore attrice protagonista
Florinda Bolkan – Cari genitori (ex aequo)
Silvana Mangano – Lo scopone scientifico (ex aequo)
Migliore attore protagonista
Alberto Sordi – Lo scopone scientifico
Miglior regista straniero
Bob Fosse – Cabaret (Cabaret)
Migliore attrice straniera
Liza Minnelli – Cabaret (Cabaret)
Migliore attore straniero
Yves Montand – È simpatico, ma gli romperei il muso (César et Rosalie) (ex aequo)
Laurence Olivier – Gli insospettabili (Sleuth) (ex aequo)
Miglior film straniero
Il padrino (The Godfather), regia di Francis Ford Coppola
Tuoni lontani (Ashani Sanket) Satyajit Ray
Il Poliziottesco o Poliziesco all’italiana
Il film poliziesco denominato all’italiana per distinguerlo dai prodotti arrivati sui nostri schermi da altri paesi e con connotazioni molto differenti, ebbe il suo massimo fulgore nel periodo intercorso tra la fine degli anni sessanta e la fine del decennio settanta, anche se sporadici casi di questo particolare genere di produzioni arrivarono prima e dopo il periodo indicato.
Un genere che si caratterizzò a tal punto da essere riconosciuto con la definizione di “poliziottesco”, brutto termine che però è entrato nel linguaggio comune per indicare quel filone cinematografico distinto dal film poliziesco vero e proprio per alcune caratteristiche particolari.
In primis l’uso della violenza, di tematiche locali (quindi non legate a discorsi internazionali) come la lotta alla mafia e alla camorra, il terrorismo, i sequestri di persona o anche semplicemente la cronaca nera, quella piena di tragici fatti di sangue di cui purtroppo è costellato il nostro passato.
Barbara Magnolfi in Milano difendersi o morire
Altra caratteristica specifica può essere individuata nel binomio poliziotto/legge, tutto conflittuale, nel quale il difensore (i difensori) della legge si trovano a combattere non solo contro il crimine organizzato,contro terroristi di varia natura e contro serial killer spietati o semplici assassini casuali, ma anche contro le leggi di un paese spesso troppo garantiste nei confronti di coloro che facevano parte dei mondi citati, criminali spesso spietati che uccidevano inermi cittadini per portare a termine le loro losche imprese.
La mala ordina (Femi Benussi e Mario Adorf)
All’interno del cinema poliziottesco si sviluppano quindi una serie di tematiche ben precise, come la denuncia della violenza e l’uso della forza per stroncarla, discorso molto complesso affrontato spesso dai registi con sceneggiature discutibili in cui assistiamo visivamente ad esplosioni di violenza, da parte dei tutori della legge, che nulla hanno da invidiare agli stessi malviventi.
La miscela tipica del genere poliziottesco è composta da violenza-azione-legalità, mescolata spesso a ingredienti classici del thriller come delitti efferati e un pizzico più o meno velato di sesso, immancabile anche in un genere che teoricamente non ne avrebbe bisogno.
Un’analisi generale della produzione dei polizieschi porterebbe a dire che il livello medio delle pellicole tende al basso; il che sarebbe però un’analisi troppo semplicistica, perchè tra le centinaia di pellicole girate nel periodo di massimo splendore del genere ci sono diversi film degni di menzione.
Silvia Dionisio in Paura in città
A partire da quello che può essere definito il capostipite di tutti (anche se non certamente il primo) i polizieschi, ovvero La polizia ringrazia, diretto da Stefano Vanzina alias Steno nel 1972, uscito in un periodo davvero drammatico della storia italiana.
Sono infatti passati solo tre anni dalla strage di Piazza Fontana a Milano e il decennio settanta è iniziato con cupi presagi e con una crisi economica che toccherà il culmine nel periodo della grande depressione dovuta alla crisi energetica. Non siamo ancora negli anni di piombo, eppure la violenza che inizia ad esplodere nel contesto sociale trova immediato riscontro nelle pellicole del periodo, pellicole che mostrano la grande attenzione del mondo del cinema verso la società e i suoi mutamenti.
Il merito del film di Steno è quello sopratutto di aver fissato dei paletti precisi, che saranno da allora in poi degli autentici canoni per tutti coloro che seguiranno la scia del fortunato film del regista romano.
Franco Gasparri in Mark il poliziotto
Malisa Longo in Mark colpisce ancora
Ely Galleani in Mark il poliziotto spara per primo
In La polizia ringrazia troviamo per esempio l’onesto e integerrimo commissario Bertone alle prese con un’ondata di criminalità dilagante e contemporaneamente alle prese con l’ottusità della legge rappresentata dal miope Sostituto Procuratore Ricciuti; è una situazione che verrà ripresa moltissime volte, allor quando troveremo commissari e ispettori costretti a muoversi in un mondo crudele e determinato come quello della malavita senza avere alle spalle la tutela e il sostegno della legge.
L’amara conclusione del film di Steno mostra una tendenza che era tipica della maggioranza silenziosa, ovvero di tutta quella parte della società civile che viveva e lavorava senza far sentire mai la propria voce: la tendenza al silenzio e alla rassegnazione, che in pratica favorivano l’esplosione dei fenomeni di criminalità diffusa.
Il cinema si impossessa anche del fatto di cronaca portandolo sullo schermo e dando colori vividi a fatti già di per se sintomatici di una realtà in continuo movimento come quella dell’escalation della criminalità organizzata; Lizzani con Banditi a Milano crea qualcosa di molto simile ad un poliziottesco quando gira il film che racconta le criminali gesta della Banda Cavallero, usando un ampio respiro per raccontare anche la metamorfosi della criminalità stessa, che si organizza e taglieggia aiutata anche dal silenzio e dall’omertà sia delle vittime che dei testimoni.
Banditi a Milano è quindi un altro paletto storico, sia per la bella ambientazione in un bianco e nero che ricorda tanto il noir, sia per la gigantesca prova di uno degli attori più bravi del cinema italiano, Gian Maria Volontè sia per la capacità di mostrare una Milano in evoluzione che ben presto avrebbe conosciuto una violenza cieca e feroce come quella esplosa nel dicembre del 1969 con la citata strage di Piazza Fontana.
Enrico Maria Salerno, il commissario Bertone e Gian Maria Volontè, il feroce bandito Cavallero: due facce di una medaglia opposte e diametralmente differenti come caratteri e comportamenti sociali.
La dove Bertone è il rappresentante delle forze oneste della nazione, Cavallero è l’epigono di coloro che quella società combattono, non certo per motivi ideologici ma semplicemente di opportunità.
E’ questa la parte migliore del cinema poliziottesco, quella che delinea e tratteggia comportamenti sociali diametralmente opposti, mostrando anche scene di vita quotidiana di realtà differenti del paese: la Milano industriale è lontanissima dalla Palermo in cui la mafia in maniera sempre più massiccia influenza la vita degli abitanti.
In comune c’è però, tra loro, la stessa volontà distruttiva del vivere comune, della legalità, di tutti quei valori che fanno della società l’unica forma possibile di convivenza.
C’è un altro film che può diventare a buon titolo emblematico della situazione italiana dei primi anni settanta, e che diventa poliziottesco solo marginalmente, ovvero per l’utilizzo dei canoni citati del genere: si tratta di Confessione di un commissario di polizia al procuratore della repubblica diretto da Damiano Damiani nel 1971, che quindi precede di un anno il citato film di Vanzina.
La storia del commissario Bonavia che combatte la mafia e che sarà costretto a farsi giustizia da solo perchè la legge non lo protegge e perchè il Procuratore generale della repubblica è colluso con la mafia stessa è emblematica del filone poliziottesco.
Qui troviamo davvero tutti gli elementi del genere mescolati con sapienza, inclusa la diffidenza tra poteri dello stato (il conflitto tra il giudice Traini e il commissario Bonavia), l’uccisione dell’integerrimo commissario ma anche la decisione di Traini di proseguire le indagini di Bonavia, di combattere quindi quei poteri forti che sono il vero cancro della società.
La belva col mitra (Helmut Berger e Marisa Mell)
Accanto a questo cinema di denuncia contenuto nel filone poliziottesco, c’è anche una parte eminentemente noir rappresentata egregiamente da due ottimi film di Fernando Di Leo, Milano calibro 9 e La mala ordina, entrambi del 1972.
Attraverso una descrizione fatta di azione con il giusto equilibrio di violenza, il regista pugliese racconta dall’interno le vicende e le contraddizioni della mala attraverso personaggi diventati autentici cult, come l’Ugo Piazza protagonista di Milano calibro 9 interpretato da uno straordinario Gastone Moschin e il Luca Canali protagonista di La mala ordina, interpretato dal rude ma efficace Mario Adorf.
Sono personaggi della mala, è vero, ma hanno dalla loro un codice d’onore che è sconosciuto alla malavita e alla fine il pubblico si ritrova a provare simpatia per le loro vicende.
Di Leo, che chiuderà quella che è conosciuta come la trilogia del milieu con Il Boss, racconta un mondo contraddittorio e violento con un uso della violenza che mostra davvero come la malavita sia da considerare a tutti gli effetti un inferno senza ritorno.
La polizia è al servizio del cittadino?
Un altro film da segnalare che riprende ancora la tematica del poliziotto duro e inflessibile costretto a fare i conti con le pastoie della legge è Milano trema: la polizia vuole giustizia, diretto da Sergio Martino nel 1973.
Il commissario Caneparo assomiglia solo in parte a Bonavia e ancor meno a Bertone.
Siamo all’estremizzazione della figura del poliziotto, che è certo dell’inefficacia delle leggi e che agisce in maniera quasi anarchica contro la criminalità.
Un giustiziere solitario, quindi, che usa la legge per fare giustizia senza però rispettarne i dettami fondamentali.
Luc Merenda, che interpreta Caneparo, ha le phisique du role e la giusta dose di ironia per muoversi da cane sciolto nell’acqua torbida, carico di una rabbia che simboleggia proprio quella parte di società civile stanca di dover sempre sopportare.
Luc Merenda in Milano trema, la polizia vuole giustizia
I familiari delle vittime non saranno avvertiti
La polizia è al servizio del cittadino? (1973) di Romolo Guerrieri porta ancor più in avanti il discorso dell’intreccio tra poteri forti e la conflittualità con la legge, rappresentata dalla figura del Commissario Sironi (Enrico Maria Salerno), un poliziotto che ricorda Caneparo almeno nella disillusione sui metodi legali per affrontare la criminalità questa volta legata ai colletti bianchi. La reazione del poliziotto si tramuta in una vendetta personale quando, smessi i panni del funzionario di polizia si trasforma in giustiziere per fare quello che la legge non ha potuto fare, punire il capo di un’organizzazione malavitosa.
Praticamente identico nella tematica di fondo è La polizia incrimina, la legge assolve, che già dal titolo denuncia una situazione molto sentita dal comune cittadino.
Con questo film, diretto da Enzo G. Castellari nel 1973, un anno d’oro per il cinema italiano, troviamo elementi di novità sopratutto a livello di azione, con la sequenza spettacolare dell’inseguimento di un’ambulanza con a bordo i classici delinquenti e un’auto della polizia.
Sonia Viviani in Napoli si ribella…
La sequenza, che dura 8 minuti, mostra anche come la tecnologia stia facendo passi da gigante e di come i registi si avvalgano sempre più di scene d’azione per movimentare i film.
Un poliziottesco di buona fattura e abbastanza anomalo nel suo svolgimento è Revolver di Sergio Sollima. Questa volta il protagonista centra marginalmente con la legge, in quanto è direttore di un istituto penitenziario, costretto a fare un’alleanza insolita con un criminale per liberare sua moglie dalle grinfie di un’organizzazione malavitosa.
L’interpretazione del direttore è affidata a Oliver Reed, leggendario interprete dei Diavoli di Ken Russell; la faccia e il temperamento anglo sassone dell’attore mal si sposano però con le caratteristiche del personaggio che è chiamato ad interpretare e per una volta a uscirne meglio è il co-protagonista Fabio Testi che allo spettatore risulta di gran lunga più simpatico e umano.
La polizia accusa:il servizio segreto uccide
Come appare chiaro, la grande protagonista e ovvia protagonista rimane la polizia; una struttura in cui si formano legami fortissimi o odi e rivalità feroci, in cui il senso di solidarietà fra colleghi diventa caratteristica pregnante, ma dove può annidarsi il giuda di turno.
E’ un mondo quasi votato tutto al maschile, perchè sono lontanissimi i tempi delle pari opportunità: carabinieri, finanza e altri corpi sono quasi esclusivamente popolati da maschi e la figura femminile quando è presente è sempre di contorno.
Eleonora Giorgi in Liberi, armati, pericolosi
La donna è anche presente nella criminalità, spesso con il ruolo di vittima mentre raramente lo è come protagonista.
In Milano rovente di Lenzi il boss è Salvatore Cangemi, che gestisce appunto un giro di prostitute.
La donna come merce, quindi, mentre questa volta il criminale di turno non verrà preso dalla polizia, ma beffato da un’organizzazione concorrente; siamo quindi di fronte ad un ribaltamento di ruoli inusuale per il poliziottesco.
Lo stesso Lenzi gira nel 1974 il poliziesco più violento del filone, quel Milano odia: la polizia non può sparare che vede protagonisti Thomas Milian e Henry Silva, rispettivamente il delinquente estremizzato come sadico e violento e il poliziotto che alla fine farà giustizia da solo.
Lenzi amplifica tutte le caratteristiche negative del personaggio del malvivente trasformando il suo Giulio Sacchi (Thomas Milian) in un insieme di tutti i peggiori vizi e di tutte le peggiori debolezze.
Man mano che ci inoltriamo nel cuore degli anni di piombo, il cinema poliziottesco descrive sempre più scene di lotta politica, di terrorismo, di scontri tra la legge e le fazioni politiche in lotta contro il potere costituito e la legalità, ma non dimentica comunque le nuove frontiere costituite dalla diffusione della droga, del traffico di armi o di esseri umani.
Tra le pellicole più importanti del periodo che va dal 1974 alla conclusione del decennio si possono citare:
–Il cittadino si ribella, 1974 diretto da Enzo G. Castellari che racconta la vendetta privata di un cittadino costretto suo malgrado a difendersi da solo;
–La polizia chiede aiuto, 1974, di Massimo Dallamano con protagonista Claudio Cassinelli, con la polizia costretta questa volta a fare i conti con un maniaco omicida. Il film di Dallamano, che mescola con sapienza elementi di giallo e thriller ad elementi tipici del poliziottesco è una delle parti terminali del periodo migliore del genere stesso.
L’elenco dei poliziotteschi potrebbe continuare ancora a lungo, ma i film più rappresentativi sono quelli che ho citato.
Dopo il 1975 le cose iniziano a cambiare, per molteplici ragioni e sopratutto in conseguenza dei mutati gusti del pubblico; il poliziottesco evolve in altre forme, anche se non mancano i prodotti canonici.
Carole Andrè in Quelli della calibro 38
Rosita Torosch in Milano odia la polizia non può sparare
La forma estrema è rappresentata dall’enorme successo riscosso dalla serie con protagonista Thomas Milian, che interpreta Monnezza e che connota i film con ironia ma anche con trivialità accentuate.
Il Monnezza è un personaggio che sembra preso di corpo da un decamerotico o da una commedia becera all’italiana; bestemmia, veste in maniera assolutamente anticonvenzionale, usa le mani piuttosto che la pistola.
E’ l’apologo di un certo tipo di cinema e sta al poliziottesco come Pierino sta alla commedia all’italiana, mentre lo stesso Milian interpreta il poliziotto Giraldi nella serie di film che assumerà le denominazioni di Squadra antimafia, Squadra antitruffa ecc.
Accanto a questa tipologia di film troviamo anche la fortunata serie interpretata da Bud Spencer con protagonista il poliziotto buono Piedone.
Il poliziottesco quindi muta pelle e si adatta ai nuovi gusti del pubblico.
La parte più fedele alla tradizione è rappresentata dalla serie dei film interpretati da Maurizio Merli (Poliziotto sprint (1977), Il commissario di ferro (1978), Un poliziotto scomodo (1978) ) diretti da Stelvio Massi e dalla breve serie con protagonista lo sfortunato ex attore dei fotoromanzi Lancio Franco Gasparri che interpreterà il Commissario Mark Terzi nei film Mark il poliziotto (1975), Mark il poliziotto spara per primo (1975) e Mark colpisce ancora (1976), tutti diretti dallo specialista Massi.
La città è sconvolta, caccia spietata ai rapitori
Numerose le pellicole ambientate nelle varie città italiane, che diventano di volta in volta violente o spietate, drogate o preda della criminalità.
I titoli parlano da soli, perchè si va da Roma violenta (1975) di Franco Martinelli a Genova a mano armata (1976) di Mario Lanfranchi, da Milano violenta (1976) di Mario Caiano a Roma a mano armata (1976) di Umberto Lenzi passando per Roma: l’altra faccia della violenza (1976) di Franco Martinelli e per il ciclo napoletano composto per esempio da Napoli violenta (1976) di Umberto Lenzi e Napoli spara! (1976) di Mario Caiano oltre che da Napoli si ribella (1977) di Michele Massimo Tarantini.
Attorno al 1977/1978 il genere poliziottesco mostra la corda; le storie ormai sono troppo ripetitive e la realtà sociale del paese ha ormai superato da tempo la fantasia.
Siamo al culmine degli anni di piombo che hanno la parte terminale nel caso Moro, vero punto di svolta della storia del nostro paese.
Maurizio Merli in Italia a mano armata
Il poliziottesco tardo, quello di fine anni settanta, è affidato a Corbucci come abbiamo visto che gira oltre una dozzina di pellicole con i citati film di Milian mentre Steno furoreggia con Spencer/Piedone.
Al fianco di questi film, che hanno una loro dignità, troviamo tutta la serie partenopea con protagonista Mario Merola; il re della sceneggiata interpreta I contrabbandieri di Santa Lucia (1979) di Alfonso Brescia, Luca il contrabbandiere (1980) di Lucio Fulci , I guappi non si toccano (1979) di Mario Bianchi, Napoli… la camorra sfida e la città risponde (1979) di Alfonso Brescia ,Luca il contrabbandiere (1980) di Lucio Fulci che resterà di gran lunga il prodotto migliore del tardo poliziottesco.
Per l’ennesima volta tocca citare la grande crisi del cinema che travolse tutto nel 1979; il poliziottesco cessa praticamente di vivere se si escludono pochi tentativi di resuscitare il genere, come L’avvertimento (1980) di Damiano Damiani, Da Corleone a Brooklyn (1979) di Umberto Lenzi, Il giorno del Cobra (1980) di Enzo G. Castellari.
Confessione di un commissario di polizia
Una fine annunciata, tuttavia, come del resto accaduto per i decamerotici e la commedia sexy, per il thriller all’italiana e per l’horror di derivazione “baviana”
Un genere, il poliziottesco, amato abbastanza dal pubblico e pochissimo o nulla dai critici, che rimproveravano ai registi una dose troppo massiccia di violenza e qualunquismo unita a razzismo e intolleranza.
Tuttavia i decenni successivi hanno in qualche modo riabilitato il genere, con la riscoperta di alcune di queste pellicole.
E in rete sono nati diversi siti dedicati al fenomeno, il più completo dei quali è (vera miniera per gli appassionati e non) il sito http://www.pollanetsquad.it/ che ha in pratica tutte le schede dei film poliziotteschi prodotti in Italia.
La polizia ringrazia
La legge violenta della squadra anticrimine
La polizia interviene: ordine di uccidere
Il cinico l’infame e il violento
Si può essere più bastardi dell’ispettore Cliff?
La polizia chiede aiuto
No, il caso è felicemente risolto
La polizia incrimina, la legge assolve