I peccati di madame Bovary
Charles Bovary è un oscuro medico condotto di provincia; ha sposato al giovane e bellissima Emma, che è innamorata di lui ma che soffoca nella piccola casa in cui è costretta a vivere.
Soffre anche le ristrettezze economiche in cui vive, rimpiange la vita movimentata e allegra della Parigi piena di vita che ha dovuto lasciare.
Sogna quindi ad occhi aperti una vita differente da quella sostanzialmente piatta in cui si è dovuta adagiare.
Un’occasione di svago è rappresentata dalla festa che i marchesi di Andervilliers organizzano e alla quale i coniugi Bovary partecipano:durante il gran ballo serale, mentre suo marito sembra annoiarsi profondamente, Emma viene avvicinata e corteggiata dal visconte Gaston Fresnay, ma la donna pur lusingata evita di cedere all’affascinante corteggiatore.
Il visconte muore in un duello e Emma, sempre più intristita dalla sua vita piatta conosce dapprima il giovane Leon, che inutilmente le fa delle avance ma alla fine cede alla corte di Rudolph Boulanger, un ricco proprietario terriero che ne fa la sua amante.
Emma sembra finalmente più felice, inizia anche ad indebitarsi con Adolphe Léreux, un viscido sarto che le fornisce abiti finalmente adeguati ma che fatalmente ora la tiene in pugno.
Rudolph, che le aveva promesso una vita diversa e che voleva portarla con se a Parigi, non mantiene quanto promesso e lascia la donna che a questo punto accetta la corte di Leon.
Ma Adolphe Léreux scopre la loro relazione e inizia a ricattare Emma, minacciandola di incassare le cambiali che la donna improvvidamente gli ha firmato; Emma riesce a contattare Boulanger e gli chiede del denaro per riscattare le cambiali,ma l’uomo non l’aiuta.
Di fronte alla possibilità che il sarto crei uno scandalo, Emma accetta di diventare la sua amante, ma dopo essersi concessa Emma prova disgusto di se stessa a tal punto da decidere di morire.
Sale su un ponte determinata a suicidarsi, ma mentre sta per attuare il suo proposito si ferma:decide di continuare a vivere e cambiare quella vita che l’ha portata a perdere la stima in se stessa…
I peccati di Madame Bovary, film del 1969 diretto da Hans Schott-Schöbinger è una riedizione per il grande schermo del celebre romanzo di Gustave Flaubert Madame Bovary, uscito nel 1856 e che suscitò grande scandalo in Francia tanto da costare al suo autore un processo per oltraggio alla morale.
Flaubert, al suo esordio come scrittore, si era ispirato ad una storia vera, quella di Delphine Delamare che si suicidò in seguito ad alcune vicende raccontate nel romanzo.
Per la cronaca la donna, dopo aver contratto numerosi debiti per l’acquisto di pellicce e gioielli, si suicidò a soli 26 anni ingerendo del cianuro.
Flaubert quindi riprese questa storia, utilizzandola come pretesto per mostrare il degrado morale della borghesia francese e contemporaneamente indicare la condizione sottomessa delle donne francesi.
Il regista di origine austro ungarica, nato nel 1900 sotto il dominio asburgico si ispira in gran parte al romanzo, senza però rispettarne il tragico finale (nel libro Emma muore, come accadde nella realtà a Delphine) e sopratutto allontanandosi ben presto da quell’aria volutamente di denuncia che si respira nell’opera di Flaubert.
Quello che vien fuori è un prodotto eminentemente commerciale, in cui la letteratura è messa a bella posta da parte a vantaggio di una descrizione completamente didascalica, in cui sparisce del tutto l’atmosfera viziosa e repressa della borghesia francese a tutto vantaggio degli aspetti pruriginosi della vicenda.
La regia è monocorde, ma priva di grosse falle; il film a tratti sembra diventare una soap opera anche se va detto mantiene una dignità che manca a molti prodotti del genere.La presenza di Edwige Fenech, non ancora diventata la star della commedia sexy si rivela un buon acquisto, perchè la bellissima attrice, quando è stata messa a confronto con copioni non banali, ha sempre mostrato che la sua recitazione era tutt’altro che dilettantesca.
Però il film non incide più di tanto, privo com’è di profondità e di analisi sia ambientali che del personaggio.
La Emma Bovary del film appare molto più frivola del personaggio di Flaubert e tutti i personaggi della pellicola stessa appaiono pesantemente stereotipati.
Tuttavia come già detto no siamo di fronte ad un B movie ma ad un tentativo, parzialmente riuscito, di abbinare letteratura e immagini in un amalgama coerente.
Per fortuna Schott-Schöbinger non preme troppo l’acceleratore sull’erotismo, forse anche perchè siamo sul finire degli anni sessanta e la censura è sempre minacciosamente presente.
Un’opera quindi che può valere una visione, alla luce anche della discreta ambientazione e della bella fotografia; certo siamo distanti quasi anni luce dalla tensione e compattezza della prima versione cinematografica di Jean renoir e la Fenech non è certo Valentine Tissier così come la Madame Bovary del 1991 diretta da Claude Chabrol, con Isabelle Huppert nei panni di Emma è non solo un adattamento calligrafico al romanzo ma è abissalmente più affascinante della versione di Schöbinger.
Che l’anno precedente aveva diretto il più che discreto Andrée – l’esasperazione del desiderio nell’amore femminile e che nel corso della sua carriera diresse in totale 13 pellicole caratterizzate da un onesto mestiere.
Il cast fa il suo lavoro con diligenza e oltre la citata Fenech segnalo la presenza di un’affascinante Patrizia Adiutori, altra attrice dalle ottime doti finita però ai margini del cinema che conta.
Il film è disponibile in un’ottima riduzione digitale in streaming, all’indirizzo http://www.cineblog01.net/i-peccati-di-madame-bovary-1969/
I peccati di madame Bovary
Un film di Hans Schott-Schobinger. Con Peter Carsten, Franco Ressel, Edwige Fenech, Luigi Bonos,Gianni Dei, Gerhard Riedmann, Patrizia Adiutori Drammatico, durata 91′ min. – co produzione Italia Germania 1969
Edwige Fenech: Emma Bovary
Gerhard Riedmann: Charles Bovary
Manja Golec: Madeleine
Peter Carsten: Rudolph Boulanger
Patrizia Adiutori: Amante di Rudolph
Franco Borelli: Gaston
Maria Pia Conte: Madeleine
Gianni Dei: Leon Dubois
Franco Ressel: Adolphe Leureaux
Rossana Rovere: Felicita, la domestica
Gigi Bonos: Giocatore di carte
Edda Ferronao: Anastasia
Regia Hans Schott-Schöbinger
Soggetto Gustave Flaubert (romanzo)
Sceneggiatura Arnulf Mann
Casa di produzione Tritone Filmindustria
Distribuzione (Italia) Interfilm
Fotografia Klaus Von Rautenfeld
Montaggio Enzo Alabiso
Musiche Hans Hammerschmidt
Scenografia Nino Borghi
Costumi Massimo Bolongaro
L’opinione di mm40 dal sito http://www.filmtv.it
Checchè se ne voglia dire, la Fenech come attrice è assolutamente credibile. Certo che i ruoli che le sono stati offerti nella sua carriera sono un po’ tutti simili, diciamo da donna sottomessa (e frequentemente svestita). Qui, giovanissima, non fa eccezione; il romanzo è noto (e adattato abbastanza fedelmente) e qualche nudo generosamente offerto qua e là lo rimpolpa, costituendo l’attrattiva di fondo di una pellicola scialba e poco ispirata, ma non per questo meno onesta.
L’opinione di Homesick dal sito http://www.davinotti.com
Libero adattamento del romanzo di Flaubert, reca tutta la viscosità narrativa e la stereotipata ricercatezza scenografica riscontrabile nella maggioranza delle produzioni italo-tedesche (e italo-austriache); l’erotismo langue, l’enfasi dialogica per rammentarne l’origine letteraria stucca e la tapina Emma Bovary è consegnata ad una Fenech d’insopportabile rigidità. L’unico rimarchevole segno è lasciato da Patrizia Adiutori in déshabillé mentre si fa accarezzare gambe e piedi nudi dal calore del caminetto.
L’opinione di Undijing dal sito http://www.davinotti.com
Molto liberamente ispirato alla novella scritta dalla mano di Gustave Flaubert, è in realtà un film che rientra nel lotto (squallidissimo) di pellicole realizzate sul finire degli anni ’60 in scadenti co-produzioni italo-tedesche. Questo, tra tutti, pur essendo un mattone malamente digeribile, ha dalla sua un cast interessante. Oltre alla bella Fenech figurano alcuni volti italiani invischiati in produzioni “bis”, tra i quali meritano la segnalazione Patrizia Adiutori, Gianni Dei e Maria Pia Conte. Supervisionato da Sergio Martino, che conosce qua la divina Edwige. Da vedere per curiosità.
Il trionfo della casta Susanna
Un gruppo di teatranti è in viaggio verso Parigi, dove intende tenere una rappresentazione.
La tarda ora consiglia al gruppo il pernottamento presso il castello di Adrian d’Ambras; qua però arrivano i soldati inviati da Napoleone per arrestare lo stesso d’Ambras.
Un malaugurato equivoco fa si però che ad essere portato via non sia D’Ambras ma l’attore principale del gruppo, Ferdinand,legato alla bellissima prima attrice Susanna.
Un altro equivoco fa si che il gruppo di attori decida di portare con se, verso Parigi, un bambino trovato nel castello a cui viene posto il nome di Adamo; tutti ignorano che il bimbo è il figlio di D’Ambras e così si incamminano verso la capitale, con lo scopo di intercedere presso l’imperatore e ottenere la liberazione dello sfortunato Ferdinand.
Arrivati a corte Susanna e gli attori si ritrovano coinvolti in una serie di intrighi tessuti ai danni dell’imperatore; Napoleone infatti vorrebbe prendere in moglie Maria Luisa, figlia dell’imperatore d’Austria il quale però non intende concedere la mano di sua figlia ad un uomo che crede incapace di procreare.
A questo punto interviene Susanna, che riesce a spacciare il piccolo Adamo come figlio di Napoleone,creando di fatto ostacoli all’ambasciatore russo, che non vuole le nozze e allo stesso tempo alla sorella di napoleone, la bellissima Paolina.
Dopo alterne vicende, Susanna potrà ricongiungersi con l’amato Ferdinand e…
Il trionfo della casta Susanna è il terzo ed ultimo episodio della fortunata serie ambientata nel periodo napoleonico costruita dal regista Franz Antel (che si firma François Legrand), serie costituita dai due episodi precedenti, I dolci vizi… della casta Susanna (1967, Susanne, die Wirtin von der Lahn nell’edizione originale) e Susanna… ed i suoi dolci vizi alla corte del re (1968,Frau Wirtin hat auch einen Grafen).
Antel, ispirandosi almeno come ambientazione alla storica serie di Angelica, gira nel 1969 un film in costume in bilico tra gli intenti comici e le situazioni surreali, creando di fatto un prodotto dalla sceneggiatura molto confusa e con spiccata tendenza al grottesco.
Il prodotto finale, al netto delle ambizioni di partenza, è poco più che mediocre; la comicità ha delle regole ben precise e non basta creare situazioni paradossali in una serie di gag mal assortite per assicurare il divertimento dello spettatore
Un film che ha dalla sua però un cast di eccellente livello, che quantomeno tiene a galla il film grazie alla simpatia dello stesso; basti pensare alla simpatia del nostro Lando Buzzanca, nella parte dell’ambasciatore Conte Lombardini, un po tonto e un po malizioso, o alla presenza nel gineceo femminile di prammatica in questo genere di film delle splendide Margaret Lee e Edwige Fenech, oltre alla storia presenza della Susanna della serie, la bella attrice ungherese Teri Tordai, specializzata in ruoli di supporto e che ancora oggi, a distanza di cinquant’anni dall’esordio sul set continua a lavorare in ambito cinematografico.
Di contorno la presenza di Rosemarie Lidt mentre nel cast maschile vanno segnalati Claudio Brook (D’Ambras), Karl Michael Vogler (Il principe Borghese) e Heinrich Schweiger (Napoleone Bonaparte)
Un film che non risulta particolarmente affascinante sopratutto per il caotico muoversi della storia, per gli improbabili colpi di scena e per la caratterizzazione, tutta volta al grotesco, dei personaggi utilizzati per dipanare una storia che alla fine lascia lo spettatore abbastanza deluso.
Antel prova a mettere un pizzico di sale mostrando senza veli (ma molto pudicamente) la bellissima Fenech e Margaret Lee, che è sempre uno splendido vedere;ma la presenza della censura dell’epoca e la necessità di fare un film possibilmente non volgare o a sfondo erotico consigliarono Antel dall’esagerare con la componente erotica.
Così, quasi a voler ossequiare il titolo che parla della casta Susanna, si vede la Fenech nuda ma non troppo e la Lee di sbircio; di erotismo ovviamente zero e sicuramente è una fortuna, vista la qualità tendente al basso del film.
Che è ancor oggi quasi introvabile nella versione italiana, nonostante la digitalizzazione del film stesso sia avvenuta da tempo.
Ragion per cui è praticamente inutile cercare in rete una versione del film stesso.
Nota finale che riguarda l’enorme battage pubblicitario del film, che però non si tradusse in maggiori introiti al botteghino, ragion per cui questo fu l’ultimo film della serie.Nel 1970 Antel girò Le piacevoli notti di Justine, utilizzando ancora una volta l’attrice Terry (Teri) Torday in un ruolo che ricordava quello ricoperto nella triade dedicata alla casta Susanna e dandole come compagno un personaggio che guarda caso si chiamava, ancora una volta, Ferdinand.
Il trionfo della casta Susanna
Un film di François Legrand (Franz Antel). Con Margaret Lee, Lando Buzzanca, Edwige Fenech, Terry Torday, Rosemarie Lindt Titolo originale Frau Wirtin hat auch eine Nichte. Commedia, durata 90′ min. – Germania 1969.
Terry Torday: Susanne Delberg
Claudio Brock: Barone Ambras
Margaret Lee: Paolina Bonaparte Borghese
Karl Michael Vogler: Principe Borghese
Harald Leipnitz: Ferdinando
Jacques Herlin: Ambasciatore Dulaikeff
Heinrich Schwriger: Napoleone Bonaparte
Lando Buzzanca: Conte Lombardini
Edwige Fenech: Rosalie
Regia Franz Antel
Soggetto Kurt Nachmann
Sceneggiatura Vittoria Vigorelli, Kurt Nachmann
Casa di produzione Aico
Distribuzione (Italia) Delta
Fotografia Hanns Matula
Montaggio Luciano Anconetani
Musiche Gianni Ferrio
L’opinione del Morandini
Giovane attrice armeggia in tutti i modi per liberare Ferdinando, condannato da Napoleone. Commedia austriaca in tono farsesco su una vicenda napoleonica un po’ assurda e intricata. F. Legrand è lo pseudonimo con cui l’austriaco Franz Antel firmò 5 dei suoi film. 3 episodio della serie iniziata con Dolci vizi… della casta Susanna (1967) e proseguita con Susanna e i suoi dolci vizi alla corte del re (1968).
L’opinione di B.Legnani dal sito http://www.davinotti.it
Non è malvagio. Complessa vicenda comico-diplomatica, con un gruppo di attori che finisce col gabbare sistematicamente l’ambasciatore dello Zar di Russia. Buzzanca è perfetto nella sua parte di conte italiano un po’ tonto, che va (per l’onore della famiglia) a fare la ambascerie più pericolose, come andare a dire a Napoleone che si dubita della sua virilità…
L’opinione di Undjing dal sito http://www.davinotti.it
Terzo capitolo dedicato alla Susanna del titolo, che segue, in ordine: I Dolci vizi… della Casta Susanna (1967) e Susanna… ed i suoi Dolci Vizi alla Corte del Re (1968). È ancora l’austriaco Franz Antel a firmare una regia piatta e confusa, frutto di una coproduzione internazionale tra Germania, Italia, Austria ed Ungheria. Il cast è pressoché immutato ed il reparto italiano è garantito dalla presenza di Lando Buzzanca e dalle curiose musiche di Gianni Ferrio. Da vedere, anche se parco per contenuti (comici o erotici che siano).
Il dvd del film è disponibile su Amazon.
Le caratteristiche tecniche del prodotto sono:
Dettagli prodotto
Formato: Import
Audio: Tedesco (Stereo)
Lingua: Tedesco
Regione: Tutte le regioni
Formato immagine: 1.33:1
Studio: MCP Sound & Media AG
Durata: 90 minuti
L’uomo dal pennello d’oro
13 secondi di tempo: sono quelli che passano fra la prima inquadratura e le prime natiche nude in bella mostra che scopriremo appartenere ad una giovane e bellissima Edwige Fenech.
E’ questo l’inizio di L’uomo dal pennello d’oro, film del 1969 in origine ma uscito in Italia nel 1972 per la regia di Franz Marischka
Un film brutto senza se e senza ma,la cui visione richiede dosi massicce di caffè e sopratutto una grande attenzione alla mascella, possibile preda di crampi a seguito degli sbadigli che la visione stessa comporta.
Franz Marischka, regista scomparso 4 anni addietro alla veneranda età di 90 anni, conosciuto per qualche altro film sgangherato come L’albergo degli stalloni, Giochi erotici in famiglia, Il pornovizietto o La locanda dell’allegra mutanda dirige una storia incentrata su Arcibaldo Spatafora, pittore che vivacchia creando opere pop ottenute con il lancio di colori sulla tela.
Amante della bella vita, gran gozzovigliatore e anche amante delle belle donne Archie è pernnemente in bolletta, tanto da essere in arretrato anche con l’affitto.
Sarà l’amico Eros ha procurargli il successo, grazie alla mostra che organizzano e nella quale, provocatoriamente, Archie si presenta nudo.
Arriva il successo e alla fine anche una cattedra all’università.
Poco altro da raccontare di questo filmaccio che non cerca nemmeno di trovare una giustificazione raccontando il mondo hippy e stravagante dei movimenti artistici di fine anni 60, all’indomani del maggio francese e della nascita del movimento dei figli dei fiori.
Qui tutti i personaggi sono tagliati con l’accetta, del movimento hippy o avanguardistico pittorico c’è solamente la parte necessaria ad imbastire la trama e l’unica cosa che risulta presente in abbondanza è l’esposizione di nudi femminili.
In primis l’esposizione del corpo di Edwige Fenech,all’epoca ventunenne, splendida e affascinante, seguita da una pletora di corpi esposti senza soluzione di continuità.
Null’altro da segnalare, se non la presenza nel film della splendida Marcella Michelangeli.
Chiunque voglia visionare il film può farlo seguendo questo link:http://www.youtube.com/watch?v=0lWdh_6rSjo
Una versione, questa, praticamente perfetta dal punto di vista qualitativo
L’uomo dal pennello d’oro
Un film di Franz Marischka. Con Edwige Fenech, Marcella Michelangeli, Rainer Basedow, Willy Colombini, Calisto Calisti, Enzo Monteduro Titolo originale Der Mann mit dem goldenen Pinsel. Erotico, durata 85′ min. – Germania 1969.
Willi Colombini … Archie
Marcella Michelangeli … Luisa
Edwige Fenech … Hong-Kong
Rainer Basedow … Egon
Luigi Bonos … Taubenheim
Alexandra Marischka …Brunhilde
Calisto Calisti … Console Spüler
Enzo Monteduro … Roger
Ellen Umlauf … La signora Sedlmayer
Loni Heuser Aida Spüler
Dick Randall … Quetsch
Rolf Eden …Console Meier
Regia Franz Marischka
Soggetto Claudio Rainis, Horst Hachler
Sceneggiatura Claudio Rainis, Horst Hachler
Casa di produzione Parnass Hape
Fotografia Klaus Werner
Montaggio Fedora Zincone
Musiche Raimund Rosenberger
Scenografia Hans Zehetner
Costumi Blanda
L’opinione di MM40 dal sito http://www.filmtv.it
Può bastare il fatto che Edwige Fenech, appena ventenne, giri per tutto il film completamente nuda dalla vita in su? Quale che sia la risposta, certo è che quest’Uomo dal pennello d’oro è un lavoruccio di poche pretese, privo di idee significative e di attori di particolare appeal. Forse il suo maggiore fattore d’interesse – se si escludono le nudità della co-protagonista – può essere la critica al movimento artistoide della seconda metà degli anni ’60, visto dall’interno (il film è del ’69); c’è spazio pure per una feroce umiliazione di Yoko Ono e dei suoi tipici ‘happening’ in cui compariva in pubblico dentro ad un sacco nero. In definitiva, se ne può vivere anche senza.
L’opinione di Undjing dal sito http://www.davinotti.com
Da noi è uscito solo nel 1972: in realtà la produzione (italo-tedesca) risale al 1969, pertanto il metaforico titolo può solo trarre in inganno essendo praticamente privo di contenuti che non siano ascrivibili al solito, patetico (e un tantino triste anzichenò) nudo femminile. La trama ruota sulle idee piccanti di un pittore da strapazzo (da cui il titolo) che organizza una strampalata mostra a base di “soggetti” non convenzionali. Poco grottesco, ancor meno comico, per nulla erotico, molto (moltissimo) noioso.
L’opinione di Lucky 78 dal sito http://www.davinotti.com
Vorrebbe essere estroso, dissacrante ed irriverente nei confronti delle classi sociali più in voga alla fine degli anni ’60, ma purtroppo le buone intenzioni rimangono tali e dopo poco il film diventa ripetitivo e noioso, con l’unico pretesto di mostrare le fresche nudità della Fenech e compagnia bella. Insomma un hippy trash che si dimentica subito…
Filmscoop è su Facebook:per richiedere l’amicizia:
https://www.facebook.com/filmscoopwordpress.paultemplar
Vi ricordo di votare per il sondaggio sulle novità da introdurre nel sito!
Quando le donne si chiamavano Madonne
A Prato, nella pubblica piazza, si svolge un insolito processo; ad essere accusata di adulterio è la bellissima Madonna Giulia, sposata a Romildo che non è capace di consumare l’atto coniugale.
La donna così è stata sorpresa dal marito fra le braccia del suo amante Marcuzio dei Lucani.
Davanti al potestà ser Cecco, la donna rivendica il suo diritto ad essere felice con l’uomo che ama,accusando il marito di essere impotente e al tempo stesso la legge di essere stata scritta da uomini che non hanno alcun interesse alla felicità delle donne.
Spogliatasi in pubblico per mostrare le sue grazie, che madonna Giulia giudica sprecate per suo marito, ottiene da Ser Cecco di essere messa alla prova;dovrà dimostrare come suo marito sia impotente e come invece Marcuzio la sappia soddisfare.
Così la sera, a casa di Romildo, avviene una singolare competizione amorosa tra il coniuge tradito e l’amante della donna.
Nel frattempo a Prato sono arrivati tre giovani gaudenti, Gisippo, Ruberto e Tazio che prendono alloggio a casa dello zio di Ruberto,Quinto Fulvio.
Qui i tre giovani hanno la ventura di incontrare tre belle fanciulle;la prima,Peronella, è la figlia di Quinto, la seconda Francesca è la nipote di un frate, Mariaccio mentre la terza,Lucia, è addirittura figlia di un frate.
Naturalmente i tre tentano da subito di insidiare la virtu delle ragazze.
Sarà Tazio il primo a godere delle grazie di Peronella,aiutato in questo da una governante ruffiana,mentre Roberto, per vincere le resistenze di Francesca invero non troppo forti e per eludere la sorveglianza strettissima di frate Mariaccio dovrà travestirsi da donna incinta.
Il compito più difficile lo avrà Gisippo, perchè Lucia ha un congenito timore degli uomini e il giovane dovrà ricorrere ad un astuto trucco per vincerne le resistenze.
Nel frattempo avviene la contesa tra Romildo e Marcuzio: al primo assalto Romildo si arrende,mentre Marcuzio va ben oltre ogni aspettativa.
Il giorno dopo, davanti al popolo,Ser Cecco assolve madonna Giulia dal reato di adulterio “perchè il fatto non costituisce reato”, scornando pubblicamente il marito.
Madonna Giulia ringrazierà Ser Cecco ( e i giudici) dispensando i suoi favori…
Quando le donne si chiamavano madonne è un film boccaccesco inserito nel florido filone del decamerotico italiano;uscito nel 1972, quindi nel pieno della fortunata stagione dei cloni del Decameron pasoliniano.Diretto da Aldo Grimaldi, può essere considerato uno dei prodotti più dignitosi del genere, essendo praticamente privo delle consuete volgarità inserite nei decamerotici; piuttosto curati quindi sia i dialoghi,sia i costumi e per una volta anche le scene di sesso sono abbastanza pulite e non pecorecce.
Tra travestimenti, assalti amorosi ed equivoci,la commedia scivola via abbastanza tranquillamente grazie anche ad un cast decisamente sopra la media, che include nomi come Vittorio Caprioli (Ser Cecco, il disponibile podestà), la splendida Edwige Fenech (madonna Giulia),Mario Carotenuto (Quinto) e Don Backy,l’amante di Giulia.
Un film senza grosse pretese, com’è ovvio che fosse, ma con dalla sua qualche battuta allegra e qualche situazione comica.
Non c’è da gridare la miracolo ma quanto meno non ci si annoia.
Film trasmesso più volte in tv,Quando le donne si chiamavano madonne è presente in una sontuosa versione ridotta in divx su Youtube, dai luminosi colori che permettono per una volta di apprezzare il film nella sua interezza.L’indirizzo è : http://www.youtube.com/watch?v=RfQsn3yYxOk
Quando le donne si chiamavano madonne
Un film di Aldo Grimaldi. Con Don Backy, Paolo Turco, Vittorio Caprioli, Edwige Fenech,Mario Carotenuto, Carlo De Mejo, Stefania Careddu, Francesca Benedetti, Rosita Pisano, Valentino Macchi, Peter Berling, Eva Garden, Renato Malavasi Commedia, durata 94′ min. – Italia 1973.
Edwige Fenech: Giulia Varrone
Vittorio Caprioli: Ser Cecco, il podestà
Stefania Careddu: Francesca
Don Backy: Marcuzio dei Lucani
Jürgen Drews: Ruberto
Paolo Turco: Tazio
Antonia Brancati: Lucia
Carlo De Mejio: Gisippo
Mario Carotenuto: Quinto Fulvo
Francesca Benedetti: Gisa
Peter Berling: Romildo Varrone
Carletto Sposito: frate Mariaccio
Eva Garden: Peronella
Renato Malavasi: il cerusico
Regia Aldo Grimaldi
Soggetto Aldo Grimaldi, da Giovanni Boccaccio
Sceneggiatura Gianni Grimaldi
Fotografia Angelo Lotti
Montaggio Daniele Alabiso
Musiche Giorgio Gaslini
Scenografia Giuseppe Bassan
Costumi Giuditta Mafai
Trucco Franco Schioppa, Gloria Granati
L’opinione di Bellahenry dal sito http://www.filmtv.it
Siamo al decamerotico piu classico, con location e costumi tipici del genere e una trama con buone idee non sviluppate.
la trama si divide principalmente tra la bellissima Edwige ,sempre favolosa, vittima di un marito che non la soddisfa deve difendersi in un processo per “corna” con don backy, e i tre giovani ospiti di un super Carotenuto che devono escogitare sotterfugi per poter accesso ai letti delle ragazze.
come detto le idee ci sono peccato che poi svilupparle sia un altra cosa e spesso ci si perde. l’episodio del processo viene inutilmente tirato lungo solo per un fatto di compensi, oltre alla super star edwige c’è anche un Caprioli che da solo tiene le fila di tutto …sempre bravissimo. mentre quello dei tre giovani potrebbe regalare qualche gag in piu che non c’è, ripeto un super carotenuto da solo porta avanti questo episodio.
per il genere decamerotico non è male ma la qualità generale è abbastanza bassa. nudità come sempre molto poche rispetto al credere popolare sul genere.
L’opinione di B.Legnani dal sito http://www.davinotti.com
Ambientato nel 1395, è fra i meno disprezzabili del genere decamerotico (pur se resta sotto la sufficienza: *½) si avvale di un cast niente male nelle prime linee, ma pure con qualche sorpresa nelle seconde (da notare la sorprendente espressività della Careddu nella sua “scena madre”) e di ottimi nomi nel cast tecnico. Soffre di una certa ripetitività nella seconda parte, che causa lentezza ed una certa noia. Spettacolosa la Fenech. Curiosa la presenza della figlia di Vitaliano Brancati. Si toscaneggia benino, ma si usano a vanvera “codesto” e “affatto”.
L’opinione di Homesick dal sito http://www.davinotti.com
Decamerotico sopra la sufficienza, gioca le carte vincenti del ripudio della volgarità – di solito invece parte integrante di numerose pellicole congeneri – e dell’allegria che anima familiari scenette di concupiscenze, travestimenti, libertinaggio e adultèri. La Fenech, pure in vena di comizi femministi, si prodiga con classe in nudi e amplessi multipli consumati insieme al mandrillo Don Backy sotto lo sguardo attento del giudice Caprioli, mentre Carotenuto, con inedito accento toscano, disegna un arpagone ingenuo e geloso. Un po’ di stanchezza verso il finale. ** abbondante.
L’opinione di Stefania dal sito http://www.davinotti.com
Solare e stuzzicante decamerotico, curato nelle musiche e nelle ambientazioni (molto belli anche gli esterni bucolici), recitato degnamente, con dialoghi niente affatto sciatti o volgari. C’è una particolare attenzione alle figure femminili, o meglio, chiaramente, alla sessualità femminile, colta in varie sfumature (il desiderio, il pudore, la civetteria, l’audacia, la furbizia). Tutto abbastanza superficiale, ma divertente e non grossolano. Ottimo il personaggio di Carotenuto, che allegramente “toscaneggia”.
Vi prego di dedicare pochi secondi per rispondere al sondaggio che segue:le vostre opinioni sono importantissime!
Samoa regina della giungla
Il Professor Dawson organizza una spedizione nelle isole malesiane per trovare un ricchissimo giacimento di diamanti; il gruppo che affianca il Professore è composto dalla sua assistente personale Nancy White,dall’avventuriero Clint Lomas e dagli accompagnatori Muller, Alain e Moreau.
Sbarcati sull’isola, i componenti della spedizione devono subito fare i conti con una natura ostile e con l’insidia rappresentata dai cacciatori di teste che la popolano.
Il pericolo è in agguato e Stark, che si è allontanato dalla spedizione viene sbranato da una tigre, mentre il gruppo raggiunge un fiume che precipita in una cascata. Qui il gruppo stesso viene attaccato dai feroci cacciatori di teste e nonostante la bravura di Clint con le armi Dawson e compagni farebbero una brutta fine se non comparisse all’improvviso la stupenda Samoa, che li salva conducendoli attraverso un passaggio segreto all’accampamento in cui vive con la sua tibu.
Qui scoprono che la tribù custodisce una quantità enorme di diamanti, offerti alle divinità protettrici della stessa; le varie anime della spedizione si mostrano così in tutta la loro interezza.
Edwige Fenech
Femi Benussi
C’è Moreau che non resiste alla cupidigia e saccheggia il tesoro, c’è Alain che si lega alla bellissima Jasmine mentre lo stesso Clint sembra essere tentato dai diamanti. Il furto sacrilego di Moreau scatena la rabbia della tribù che insegue la spedizione costretta a scappare.
Durante la fuga Moreau finisce tra le sabbie mobili e muore sotto gli occhi inorriditi di Samoa e Clint, che riescono a fuggire mentre nel frattempo Alain ha deciso di restare con Jasmine della quale si è innamorato.
Solo Clint e Samoa riusciranno, a bordo di una canoa, a sfuggire dopo varie peripezie alla tribù lanciata al loro inseguimento e a tornare a casa con un ricco bottino in diamanti.
Samoa regina della giungla è un film del 1968 diretto da Guido Malatesta, lo stesso regista che l’anno successivo avrebbe diretto Tarzana sesso selvaggio;è un film che si colloca nella scia del successo di Gungala la vergine della giungla e di Liana la figlia della foresta, anch’essi girati nella giungla e con temi più o meno simili.
Ivy Holzer
Un film avventuroso non molto differente, per fare un esempio, da quelli aventi come protagonista Allan Quatermann, con alcuni topos classici, come il tesoro, gli avventurieri, le bellissime che si innamorano dei migliori di loro, la cupidigia e infine la vendetta con la morte di quasi tutti i protagonisti.
Se la storia non presenta grossi motivi di interesse, visto che di film simili ne sono stati fatti in serie un numero impressionanti, va riconosciuto allo stesso la capacità di portare nelle sale un pubblico che altrimenti non avrebbe riempite le stesse.
E’ proprio il cinema di serie B a portare nelle sale la maggioranza degli spettatori e a dare loro quello che in fondo chiedono, ovvero due ore spensierate da passare in compagnia di prodotti che possibilmente non annoino e non costringano lo spettatore stesso a farsi mille domande sul film, sul suo significato ecc.
Samoa regina della giungla è un prodotto discreto, con il giusto mix di avventura e azione, anche se non mancano nel film stesso alcune ingenuità che lo rendono inequivocabilmente un prodotto per bocche buone.
La Fenech, che interpreta Samoa gira con un’acconciatura e con una mise da occidentale sofisticata, parla inaspettatamente la lingua degli avventurieri in cui si imbatte ed appare truccata come dopo una seduta dall’estetista.
A parte questo, il film ha un buon ritmo e qualche momento felice.
Il cast fa il suo con sufficiente professionalità e a tal pro vanno segnalate le prove della Fenech stessa, della splendida Femi Benussi che l’anno successivo sarà protagonista del Tarzana di Malatesta e di Ivano Staccioli, che quando deve fare il duro non è secondo a nessuno.
Discreta la fotografia e la location, con splendide immagini naturali.
Il film è disponibile in una versione di ottima qualità su You tube all’indirizzo: http://www.youtube.com/watch?v=Um2WVBeT5jE
Samoa, regina della giungla
Un film di Guido Malatesta. Con Ivano Staccioli, Edwige Fenech, Roger Browne, Ivy Holzer,Andrea Aureli, Giustino Durano, Claudio Ruffini, Femi Benussi, Umberto Ceriani Avventura, durata 88′ min. – Italia 1968.
Roger Browne: Clint Lomas
Edwige Fenech: Samoa
Ivy Holzer: Nancy White
Ivano Staccioli: Moreau
Andrea Aureli: Stark
Umberto Ceriani: Alain
Tullio Altamura: Professor Dawson
Wilbert Bradley: Campu, la guida
Femi Benussi: Yasmin
Regia Guido Malatesta
Soggetto Gianfranco Clerici, Guido Malatesta
Sceneggiatura Gianfranco Clerici, Guido Malatesta
Produttore Fortunato Misiano
Casa di produzione Romana Film
Distribuzione (Italia) Romana Film
Fotografia Augusto Tiezzi
Montaggio Jolanda Benvenuti
Musiche Angelo Francesco Lavagnino
Scenografia Pier Vittorio Marchi
Costumi Walter Patriarca
Desideri voglie pazze di tre insaziabili ragazze
Un castello, due pretendenti al possesso, due ragazze e una fidanzata gelosa.
Sono i protagonisti di Desideri voglie pazze di tre insaziabili ragazze, film con pretese comiche che racconta la storia del colonnello Delaroche e del conte D’Alsay, entrambi convinti di avere dei diritti sul castello di Portillon.
I due litigano da anni sulla titolarità della proprietà mentre madame Perroniere, la lavandaia del castello briga per far sposare le sue due nipoti ad uno dei due contendenti.
Monique e Babette, le due cuginette, diventano così protagoniste di un intrigo; disinibite e disponibili, le due avvenenti fanciulle tentano di assicurarsi i favori dei due avversari.
Edwige Fenech
Ma a intromettersi nell’ingarbugliata vicenda è Blande, splendida nipote del conte, rendendo il dissidio tra i due inconciliabile.
Alla fine, anche se a malincuore, Delaroche e D’Alsay decidono di battersi a duello a colpi di pistola.
Ma Blande e Babette si intrometteranno proprio nel momento in cui il duello sta per iniziare; poco dopo arriva il Procuratore generale che ha la soluzione pronta per dipanare la questione.
La corte infatti ha stabilito che nessuno dei due ha titolarità sul castello, che in realtà è di……
Desideri, voglie pazze di tre insaziabili ragazze è un film del 1969 diretto da Joseph Zachar, che l’anno successivo riproporrà il quasi identico tema in un film clone chiamato Alle dame del castello piace molto fare quello.
Dai titoli è chiaramente deducibile sia il genere di appartenenza delle pellicole sia la qualità delle stesse; per quanto riguarda il film in oggetto, siamo di fronte ad una commedia che vorrebbe essere umoristica con forti venature erotiche.
Il problema è che il film ha pochissimo di erotico e ancor meno di umoristico; a parte l’assoluta banalità della trama, che ricorda i primi “chiappa e spada” o al massimo un decamerotico di serie z va aggiunta una regia così dilettantistica da far pensare ad un’operazione fatta ad uso esclusivo delle pruderie voyeuristiche degli spettatori di fine anni sessanta, allettati dai primi nudi integrali mostrati con sempre minori tagli sullo schermo.
Se si esclude la Fenech, bella e sexy come sempre e in possesso dei requisiti minimi necessari per definirsi un’attrice siamo di fronte anche ad interpretazioni da parte del resto del cast di livello meno che infimo.
Il tentativo di Zachar di imbastire una commedia che strappi una risata si infrange inesorabilmente sulla sua assoluta incompetenza in materia cinematografica; al film manca il benchè minimo senso del ritmo e a ciò va aggiunta l’eccessiva caratterizzazione dei personaggi, che parlano e si muovono come degli idioti.
Così il film prosegue mostrando più pelle nuda possibile, senza alcun riguardo nemmeno per la parte erotica, visto che le sequenze sono girate a scatti e che non vengono creati nemmeno dei momenti che si possano definire caldi.
La parola fine, con le sequenze finali che portano alla soluzione della contesa tra i due avversari, arriva come una liberazione; il film è così malmesso, mal girato e brutto che non ci si arrabbia. Del resto se il nome del regista non poteva certo significare qualità, vista sia la sceneggiatura di partenza sia l’anonimato toale dei protagonisti della pellicola, il titolo stesso portava inequivocabilmente a inserire la pellicola stessa nella fascia dei b movie anni sessanta, per intenderci quel gruppo consistente di film girati in stretta economia, senza idee e mantenuti a galla solo dalla bellezza delle protagoniste e dai nudi proposti negli stessi.
La allora ventunenne Edwige Fenech, messasi in mostra l’anno precedente con Samoa regina della giungla è davvero l’unico motivo di interesse del film; poichè nella pellicola non è richiesta nessuna dote particolare, si può ammirarla senza veli per lunghi tratti.
Le altre due protagoniste della pellicola, ovvero Angelica Ott e Barbara Capell, sono poco più che gradevoli comparse, assolutamente sprovviste di qualsiasi dote recitativa se non quella senza vestiti, il vero motivo della loro presenza nel film.
Cercando con il lanternino qualche scena da segnalare, si possono citare quella del duello con la Ott e la Fenech discinte che cercano di impedire ai due contendenti di spararsi e qualche siparietto che anticipa le situazioni dei decamerotici, ovvero la Fenech che si trastulla con l’amante sotto gli occhi dello zio ecc.
Desideri voglie pazze di tre insaziabili ragazze, nell’originale tedesco Alle Kätzchen naschen gern arrivò in Italia tempo dopo l’uscita sugli schermi tedeschi, mutilato e sforbiciato a tal punto da rendere ancor più inconsistente la trama e il resto.
Un’operazione smaccatamente commerciale, quindi, fra le meno riuscite anche dal punto di vista economico perchè il film all’epoca passò completamente inosservato, salvo essere ripescato in seguito dal nutrito gruppo di fans della Fenech.
Da scansarsi in qualsiasi versione essendo privo del minimo richiesto ad una pellicola.
Desideri e voglie pazze di tre insaziabili ragazze
Un film di Josef Zachar. Con Sieghardt Rupp, Ernst Stankovski, Edwige Fenech, Angelica Ott, Barbara Capell, Helen Vita, Ernst Waldbrunn, Ralph Wolter Titolo originale Alle katzchen naschengerb. Erotico, durata 85 min. – Germania 1969.
Edwige Fenech Blande
Ernst Stankowski Conte D’Alsay
Sieghardt Rupp Colonnello Delaroche
Angelica Ott Babette
Barbara Capell Monique
Helen Vita Madame Peronnière
Ralf Wolter Philippe
Ernst Waldbrunn Procuratore generale
Ivan Nesbitt René
Regia Joseph Zachar
Soggetto Christa Brandt
Sceneggiatura Kurt Nachmann e Günther Heller
Produttore Ilse Kubaschewski e Erich Tomek
Fotografia Kurt Junek
Montaggio Arnfried Heyne (accreditato come Arndt Heyne)
Musiche Gerhard Heinz
Scenografia Ferry Windberger
Costumi Lambert Hofer Jr., Johanna Ott, Berta Pless
Taxi girl
La giovane e bella Marcella per sbarcare il lunario lavora come tassista con l’auto che ha ereditato dal padre.
Le cose non vanno benissimo e Marcella tra l’altro si trova a dover piantare anche il suo spasimante Ramon quando scopre che l’uomo non è affatto single, ma sposato ad una rozza e manesca donna che le spara contro il taxi un giorno che Marcella si apparta in un boschetto con il suo amante.
Le disavventure di Marcella proseguono, mentre la ragazza deve svicolarsi dalle attenzioni di Alvaro e da quelle di un agente di polizia che ha conosciuto dopo la fine del suo legame con Ramon; Marcella infatti rischia di finire dapprima nell’harem di uno sceicco incapricciatosi di lei e in seguito dalle grinfie di un mafioso che tra l’altro traffica anche in droga.
Marcella però permetterà al commissario della sua città di arrestare il pericoloso trafficante dopo un inseguimento rocambolesco…
Taxi girl, film del 1977 vede ricostruirsi la coppia Edwige Fenech/Michele Massimo Tarantini, regista di questo film: i due avevano già lavorato assieme nel fortunato La poliziotta fa carriera (1976), uno dei film più visti di quell’annata.
La miscela è praticamente identica, con la bella Fenech a interpretare la simpatica Marcella in una serie di gag costruite attorno alla sua prorompente bellezza.
Non è uno dei film nei quali la Fenech abbonda in docce o in nudi, e il regista romano prova a cucirle addosso un ruolo comico scegliendo anche una sceneggiatura ricca di gag.
Alla fine si assiste ad un prodotto non sgradevole, grazie anche all’uso sapiente del regista dei migliori caratteristi della commedia sexy come Alvaro Vitali, Aldo Maccione, Gianfranco D’Angelo ed Enzo Cannavale che fanno il loro dovere con professionalità.
Il ritmo nella pellicola c’è e c’è anche qualche gag gustosa come l’agguato teso dalla moglie di Ramon (un simpaticissimo George Hilton, effeminato e chic) mentre Marcella e Ramon sono appartati in una strada di campagna nel taxi della ragazza.
I limiti sono ovviamente i soliti del genere, ovvero una sceneggiatura ridotta all’osso per una commedia destinata a strappare solo qualche sorriso e null’altro.
Ma come evidenziato più volte, la commedia sexy in realtà non si proponeva alcun risultato ambizioso e nello stretto ambito delle commedie di genere Taxi girl non sfigura.
Michele Massimo Tarantini del resto è stato regista molto prolifico nel genere della commedia sexy: suoi sono film come La dottoressa ci sta col colonnello, L’insegnante al mare con tutta la classe, La moglie in bianco… L’amante al pepe,La dottoressa preferisce i marinai, ovvero alcune tra le commedie sexy più fortunata degli anni settanta.
La Fenech è nel momento di massimo splendore fisico e la cosa non può non balzare agli occhi nelle scene di nudo (molto castigate) che compongono una delle strutture portanti del film. L’attrice nata a Bona era, all’epoca del film, sulle soglie dei 30 anni ed era ormai diventata un punto fermo di questo genere di pellicole.
In Taxi girl troviamo anche altri caratteristi utilizzati spessissimo nelle commedie di genere come il valido Michele Gammino e Rossana Di Lorenzo che da vita ad un personaggio rozzo (ma efficacissimo), quello della moglie ricca di Ramon, costretto dalla consorte a dover chinare sempre il capo in cambio di una vita da saprofita.
Un film tutto sommato gradevole, senza picchi e senza grosse lacune, un prodotto medio della commedia sexy.
Taxi Girl,un film di Michele Massimo Tarantini. Con George Hilton, Enzo Cannavale, Edwige Fenech, Aldo Maccione, Adriana Facchetti,Enzo Liberti, Gastone Pescucci, Giacomo Rizzo, Gianfranco D’Angelo, Alvaro Vitali, Franco Diogene, Michele Gammino
Commedia, durata 100 min. – Italia 1977
Edwige Fenech … Marcella
Aldo Maccione … Il gangster Adone Adonis
Michele Gammino … Walter
Alvaro Vitali …. Alvaro
George Hilton …. Ramon
Rossana Di Lorenzo … Ornella , moglie di Ramon
Enzo Cannavale … il Commissario Angelini
Franco Diogene … Lo sceicco Abdul Lala
Regia Michele Massimo Tarantini
Soggetto Francesco Milizia, Luciano Martino
Sceneggiatura Michele Massimo Tarantini, Francesco Milizia
Casa di produzione Dania
Distribuzione (Italia) Titanus – Creazioni Home Video
Fotografia Giancarlo Ferrando
Montaggio Raimondo Crociani
Musiche I Pulsar Music Ltd.