Baciamo le mani
Stefano Ferrante,figlio del capo clan mafioso Don Angelino Ferrante,viene ucciso di sera in una campagna.
A organizzare l’agguato è Gaspare Ardizzone,boss emergente.
Spietato,cinico e senza scrupoli Gaspare ha assassinato personalmente Stefano per la sua opposizione a cedergli un suolo sul quale il boss
aveva delle mire.
Sapendo di non poter competere con il sanguinario Gaspare,Don Angelino si rivolge a Santino Billeci,capoclan americano rispettato e temuto,
sperando di poter in qualche modo contrastare lo strapotere di Ardizzone.
Ma il boss fa uccidere Billeci e da quel momento praticamente più nessuno osa opporsi al suo clan.
Nel frattempo Mariuccia,la giovane vedova di Stefano,allaccia una pericolosa relazione con Masino,figlio del braccio destro di Don Angelino;la donna resta incinta e a quel punto il loro destino è segnato.Poichè Mariuccia ha venduto il terreno oggetto della disputa e ha violato il codice della mafia osando avere una relazione con Masino,viene affogata in una vasca da bagno e lo stesso Masino costretto al suicidio.
La guerra tra i clan diventa sempre più spietata:sarà Luca,il cugino di Stefano a vendicare la morte del giovane uccidendo Ardizzone ma…
Baciamo le mani è l’opera prima e unica di Vittorio Schiraldi,giornalista,scrittore e sceneggiatore che riduce per il grande schermo il suo romanzo omonimo,curandone anche la sceneggiatura.
Mossa vincente,perchè chi meglio dello scrittore può trasportare sullo schermo la sua creatura?
E Schiraldi lo fa in maniera egregia,usando un linguaggio e immagini davvero forti,tanto che all’epoca dell’uscita del film,nel 1973,furono in molti a puntare il dito sull’eccessiva violenza contenuta nella pellicola.
Cosa che,pochi anni dopo,verrà purtroppo confermata dai fatti reali,che mostrarono come il film in realtà avesse solo avvicinato il problema.
Che era molto più terribile e complicato di quanto ipotizzato fino ad allora.
Con un linguaggio duro,con una storia complessa vista la ricchezza di personaggi ma con le idee chiare e sopratutto con buona tecnica Schiraldi disegna una storia in cui,alla fine,non ci saranno vincenti,ma solo tanti cadaveri.
E anche in questo il regista bergamasco mostra di essere un anticipatore della realtà storica.
Ancora una volta sorprende il fatto che un regista dalle indubbie qualità come Schiraldi non abbia poi avuto più possibilità di dirigere altre pellicole;si dedicherà,infatti,a scrivere sceneggiature cinematografiche alcune delle quali di buon livello,come Il gatto dagli occhi di giada e Sono stato un agente C.I.A
Probabilmente la scelta di dirigere un film fu una decisione presa solo per sperimentare nuovi mezzi di espressione;Schiraldi infatti continuò,dopo il suo fortunato esordio a scrivere romanzi di lusinghiero successo come Sii bella, sii triste,La mafia dagli occhi blu ecc.
Pellicola riuscita,quindi,grazie alla mano forse un tantino rozza ma sicuramente efficace del regista,a cui di deve ascrivere anche l’intuizione di aver assemblato un cast pieno di caratteristi di lusso oltre ad un bravissimo Arthur Kennedy,a un diabolico John Saxon e una splendida Agostina Belli.
Comprimari che si chiamano Corrado Gaipa,Daniele Vargas,Pino Colizzi.
Ancora un buon film che vi consiglio caldamente,teso,essenziale.
La pellicola è presente su You tube in buona qualità all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=Q1MUF41ZafA
Baciamo le mani
Un film di Vittorio Schiraldi. Con Paolo Turco, Daniele Vargas, John Saxon, Corrado Gaipa,Agostina Belli, Arthur Kennedy, Pino Colizzi, Giuseppe Addobbati, Tino Bianchi, Spiros Focas, Anna Orso, Massimo Sarchielli, Giorgio Dolfin, Marino Masé, Jane Avril Drammatico, durata 110 min. – Italia 1973
Arthur Kennedy: Don Angelino Ferrante
Agostina Belli: Mariuccia
John Saxon: Gaspare Ardizzone
Spiros Focás: Luca Ferrante
Joshua Sinclair: Stefano Ferrante
Paolo Turco: Massimo Ferrante
Pino Colizzi: Masino D’Amico
Giuseppe Addobbati: Nicola D’Amico
Marino Masé: Luciano Ferrante
Corrado Gaipa: Don Emilio Grisanti
Daniele Vargas: Don Santino Villeci
Regia Vittorio Schiraldi
Soggetto Vittorio Schiraldi
Sceneggiatura Vittorio Schiraldi
Casa di produzione Aquila Cinematografica
Fotografia Marcello Gatti
Montaggio Franco Fraticelli
Musiche Enrico Simonetti
Scenografia Enrico Sabbatini
Costumi Enrico Sabbatini
“Li piccioli fottono le donne ed il popolo ignorante: da sempre si copre l’immobilità assoluta a vantaggio esclusivo di “pochi” con sole belle e fatue parole con “politichese” gira il cetriolo e… “gira..gira lu’ citrulo pegghi’ n’culo all’ortolano””
I vizi morbosi di una governante
Ileana, figlia del conte De Chablais ritorna a casa con un gruppo eterogeneo di amici, per lo più hippy e contestatori.
Nel castello, ad attenderla, ci sono il padre, ormai ridotto a vivere su una sedia a rotelle e con gravi problemi di comunicazione e il fratello, un giovane con grossi problemi mentali dedito al suo hobby preferito, la tassidermia.
Chiudono il gruppo degli abitanti del castello la governante, il medico di famiglia e un domestico.
Il ritorno di Ileana e la presenza del gruppo di giovani scatena però una serie di terribili omicidi: i ragazzi uccisi mostrano tutti lo stesso modus operandi, cioè l’omicidio brutale e l’estirpazione degli occhi.
Ovviamente il maggior sospettato diviene il minorato fratello di Ileana per via del suo strano e macabro hobby, ma la realtà è un’altra…
Nonostante il titolo sembri indicare un film sexy ai confini con i film a luce rossa che nell’anno 1977, quello d’uscita di I vizi morbosi di una governante iniziavano ad invadere le sale, questo film dicevo di sexy ha ben poco se non nulla.
Siamo di fronte ad un thriller horror di scarsa fattura diretto da Filippo Walter Ratti, regista romano (oggi quasi centenario) alla sua ultima opera dietro la macchina da presa che in precedenza aveva diretto altre opere minori come La notte dei dannati ed Erika.
Più che di un brutto film si può parlare principalmente di un film di rara sciatteria, in cui ad una sceneggiatura approssimativa che in pratica svela il nome del colpevole già dal titolo si aggiunge una recitazione del cast francamente disarmante nella sua pochezza, che vedrà l’enigma risolto dal solito acuto ispettore.
Se il regista ha nelle intenzioni di creare nello spettatore un’atmosfera claustrofobica legata all’attesa del successivo omicidio che si esplica attraverso il rituale dell’espianto degli occhi, ben presto riesce a scontentare lo spettatore stesso con una regia molto approssimativa e priva di idee.
Il blando erotismo mostrato qua e là, quasi a giustificare il titolo molto furbo e ammiccante, è davvero di bassa lega e di certo non è aiutato da attrici su uno standard recitativo molto basso, troppo basso.
Annie Carol Edel ( che qualcuno ricorderà in Calore in provincia e in Blu Jeans), che interpreta la governante Berta, è anche l’unica a mostrare qualche numero, mentre assolutamente deprimente è Isabelle Marchall, attrice specializzata in ruoli sexy che interpreta la contessina De Chablais.
Nel cast figura Corrado Gaipa, l’unico vero professionista del cast assieme alla bella Patrizia Gori, ma i due finiscono sacrificati in ruoli defilati mentre il film scorre in maniera monocorde verso un finale senza sorprese ed anche parecchio arruffato.
Insomma un titolo confuso insieme a quelli di buona parte della produzione della seconda metà degli anni settanta, periodo in cui il cinema italiano iniziò a scendere precipitosamente una china salita con tanta fatica ed entusiasmo negli anni precedenti.
L’idea di fondere il thriller, il giallo, l’erotico in salsa gotica era ormai un’espediente che aveva fatto il suo tempo: Ratti non solo non aggiunge nulla a quanto prodotto fino a quel momento, ma riesce se vogliamo a ridicolizzare questi generi con un film da dimenticare.
Null’altro da segnalare se non una versione digitalizzata per gli amanti del genere.
I vizi morbosi di una governante
Un film di Peter Rush. Con Annie Carol Edel,Corrado Gaipa, Isabelle Marchall,Claudio Peticchio, Ambrogio Molteni, Gaetano Russo, Patrizia Gori .Horror, durata 95 min. – Italia 1977
Corrado Gaipa: L’ispettore
Isabelle Marchall: Ileana De Chablais
Annie Carol Edel: Berta
Gaetano Russo: Bobby Jelson
Giuseppe Colombo: Frank Hoffman
Adler Gray: Gretel Schanz
Patrizia Gori: Elsa Leiter
Regia Filippo Walter Ratti
Sceneggiatura Ambrogio Molteni
Casa di produzione Gi.Ba.Si. Cinematografica
Fotografia Gino Santini
Montaggio Sergio Muzzi
Musiche Piero Piccioni
Scenografia Gino Tonni
La polizia chiede aiuto
Una telefonata anonima avverte la polizia della presenza del cadavere di una ragazza in un appartamento.
L’ispettore Valentini, giunto sul posto trova il corpo di una ragazzina di 15 anni nudo e appeso ad una trave con una corda al collo.
Si tratta di Silvia Polvesi, apparentemente suicida, in realtà uccisa abilmente in maniera tale da simulare una morte autoindotta.
Il macabro rinvenimento del corpo
Delle indagini è incaricato l’ispettore Silvestri, affiancato dal procuratore distrettuale Vittoria Stori: i due ben presto scoprono che dietro la morte della ragazza si nasconde un turpe giro di prostituzione minorile al quale non è estranea nemmeno la figlia di Valentini.
In mezzo a mille difficoltà la coppia da la caccia al misterioso assassino che intanto semina la morte accanto a se: Silvestri e la Stori dopo varie vicissitudini ricostruiranno il puzzle identificando sia gli intoccabili clienti delle ragazzine, sia fermando il misterioso killer.
Diretto da Massimo Dallamano nel 1974, La polizia chiede aiuto ad onta del titolo fuorviante che sembra echeggiare e rimandare ad un poliziottesco è in realtà un robusto thriller contaminato da elementi polizieschi e con qualche velleità di denuncia sociale.
Un film molto ben congegnato e ottimamente recitato, per altro, con qualche ingenuità ma che si rivela strutturato e diretto con mano sicura dal regista milanese prematuramente scomparso nel 19756 a 59 anni, autore di una dozzina di film di buon livello fra i quali spicca Cosa avete fatto a Solange? dell’anno precedente e che in qualche modo fa da base a questo lavoro, visto che parla comunque di ragazzine e di loschi giri attorno a loro.
Dallamano era un buon professionista, attento ai ritmi e alla sceneggiatura cosa che si nota dal primo momento nel film, che scorre con ritmo verso un finale un tantino frettoloso ma coerente con la narrazione.
Fermo immagine che rivela il trucco dell’impiccagione di Silvia
Fa specie quindi leggere critiche come questa che riporto, presa dal sito più frequentato di cinema e purtroppo riportata da altri siti in fase di commento del film stesso: “Indagando sull’impiccagione di una ragazzina, la polizia arriva a una organizzazione di giovanissime squillo con molti clienti d’alto rango. Gli italiani non brillano nel poliziesco, ma è grave, come in questo caso, quando per parlare di violenza si fa violenza, per criticare gli orrori si mostrano orrori senza il filtro di un linguaggio, di uno stile, dunque di un’etica.”
Il che mostra miopia assoluta e sopratutto mancanza di buona fede.
Nel film di orrori non ce ne sono se non la descrizione ( a distanza) della visita di una delle protagoniste nell’obitorio per il riconoscimento del cadavere di un detective privato.
La stessa scena iniziale dell’impiccagione della ragazzina è uno dei nei del film; in un fotogramma che allego alla recensione è possibile vedere l’ingenuità del fotografo che riprende l’immagine del volto mostrando chiaramente che si tratta di una bambola scenica.
Questo tipo di recensioni, tratte da un commentario critico famoso e vendutissimo mostra come la disinformazione dilaghi quando si parla del cosidetto cinema minore.
Fellini o Antonioni sono il cinema (secondo i soloni), gli altri se devono essere menzionati è meglio stroncarli.
Un atteggiamento spocchioso che nel caso di questo film non ha alcuna giustificazione.
I tanto adorati registi coreani, cinesi o degli improbabili paesi dell’est possono solo prendere esempio da registi come Dallamano, capaci di creare suspence con la sapienza di chi il cinema lo fa per lo spettatore e non per il solone cinematografico affetto da intellettualismo fanatico e un tantinello idiota.
Detto questo, torniamo alla pellicola e ai suoi protagonisti, per citare il buon Cassinelli nel ruolo di Silvestri, la bella e afafscinante Ralli rigorosa nel ruolo della procuratrice Stori, l’ottimo Adorf questa volta un tantino sacrificato nel ruolo di Valentini e il duo Marina Berti-Claudio Gora in ruoli secondari.
Un film vitale e interessante, che si segue con piacere senza rivoltarsi lo stomaco con immagini slasher.
In ultimo, segnalo la preziosa fotografia di Delli Colli e la bella soundtrack di Stelvio Cipriani.
La polizia chiede aiuto,un film di Massimo Dallamano. Con Claudio Cassinelli, Giovanna Ralli, Attilio Dottesio, Farley Granger Mario Adorf, Franco Fabrizi, Marina Berti, Corrado Gaipa, Micaela Pignatelli, Steffen Zacharias, Lorenzo Piani, Paolo Turco, Giancarlo Badessi, Ferdinando Murolo, Roberta Paladini, Salvatore Puntillo
Poliziesco, durata 90 min. – Italia 1974
Giovanna Ralli: sostituto procuratore della Repubblica Vittoria Stori
Claudio Cassinelli: commissario Silvestri
Mario Adorf: Ispettore Valentini
Corrado Gaipa: procuratore della Repubblica
Paolo Turco: Marcello Tosti
Micaela Pignatelli: Rosa
Farley Granger: Polvesi
Franco Fabrizi: Bruno Paglia
Marina Berti: sig.ra Polvesi
Sherry Buchanan :Silvia Polvesi
Roberta Paladini :Patrizia Valentini
Renata Moar : Laura
Clara Zovianoff :Talenti
Regia Massimo Dallamano
Soggetto Ettore Sanzò
Sceneggiatura Ettore Sanzò, Massimo Dallamano
Casa di produzione Primex Italiana
Distribuzione (Italia) PAC
Fotografia Franco Delli Colli
Montaggio Antonio Siciliano
Musiche Stelvio Cipriani
Bresciano e lolitesco. A metà fra poliziottesco e argentiano, è un ibrido interessante, che ha snodi assai casuali e qualche umorismo involontario (l’assassino che gira per la clinica con l’ascia in bella vista!). C’è qualche morbosità verbale gratuita, compiaciuta, fastidiosa. Inferiore a Solange. Regìa sicura, Ralli gran donna, Cassinelli un po’ caricato, Adorf corretto. Grande, come sempre, Franco Fabrizi. La Paladini (figlia di Adorf) è la figlia del Paladini che conduceva il telegiornale.
Quello che si dice un buon film, che attraversa vari generi (poliziesco, giallo e thriller) e che ripropone un soggetto -lo sfruttamento della prostituzione minorile- strettamente collegato al regista (Cosa Avete fatto a Solange?). Il killer incaricato di uccidere ha influenzato, per via del look (agisce con casco da motociclista) anche Nude per l’Assassino (1975), mentre l’ottima colonna sonora, realizzata dal bravo Stelvio Cipriani, è ripescata dal precedente La Polizia sta a Guardare (1973). Prodotto da Paolo Infascelli.
Buono (ma non direi ottimo, preferisco Solange) questo thriller di Dallamano, che ibrida felicemente poliziesco e giallo, con decisa prevalenza del secondo, orchestrando con la consueta perizia una sceneggiatura non ineccepibile ma di efficace coralità, e regalando alcune sequenze notevoli. Fabrizi come sempre eccellente in uno dei suoi ineluttabili ruoli di viscido. Da vedere sicuramente: si piazza a pieno titolo nella prestigiosa zona fra i tre e i quattro pallini.
La descrizione iniziale di Adorf alla Ralli (il sostituto procuratore) nello studio fa già capire che non verrà risparmiato nulla allo spettatore; e così è. Film crudo, spietato, senza speranza. Nessun cedimento, ritmo costante. Non si perde mai interesse. Segnalo un bel puzzle umano, il motociclista con casco e ascia in ospedale, un’amputazione, il commissario in ambulanza, i nastri…. Un po’ troppo manichino l’impiccata. Brava e convincente Giovanna Ralli, ma anche Cassinelli (il nervoso commissario Silvestri). Grande cinema.
Interessante film che mescola abilmente due generi (il thriller ed il poliziesco) che hanno poco da spartire. Merito della bella regia di Dallamano, che riesce a dar vita a splendide scene di tensione, oltre che a inseguimenti ottimamente girati. Peccato però che la sceneggiatura non sia all’altezza della situazione (propinando allo spettatore situazioni assolutamente inverosimili), oltre ad avere qualche caduta di gusto, consistente soprattutto in alcuni eccessi verbali. Indimenticabile lo score di Cipriani.
Niente male. La regia di Dallamano è sicura (anche se ha fatto di meglio), bravi Giovanna Ralli (da citare la scena nel garage), Adorf e Fabrizi. Vi sono anche insistiti particolari sanguinolenti (la mano mozzata, le pugnalate) funzionali e non esagerati. Spiegazione finale sufficientemente convincente. Non uno dei migliori del genere, ma merita un buon punteggio (***) per la professionalità.
Grande cinema di genere. Ritmo elevatissimo e una sceneggiatura morbosa e violenta che non risparmia nessun colpo basso. Ottima come sempre la regia di Dallamano, molto sopra la media anche la fotografia, davvero trascinanti le musiche di Cipriani. Grande il cast, con un perfetto trio di attori (Claudio Cassinelli, Mario Adorf, Giovanna Ralli). Un po’ sbrigativo il finale, ma è difetto su cui si può sorvolare. Spettacolare il look dell’assassino. Il tipo di film di cui si sente la mancanza.
Dallamano si conferma regista solido e immune da farseschi colpi di testa. Con questo notevole film riesce a spaziare tra generi diversi con bravura, aggiungendo venature horror e un che di morboso senza strafare. Complessivamente discreti gli attori e memorabili i motivi musicali di Stelvio Cipriani (altro esperto del mestiere) che si fondono ad arte con le immagini come, ad esempio, nelle magistrali sequenze finali del motociclista nella piazzetta.
Eccellente mix di giallo e poliziesco, con forti tinte drammatiche e una decisa aria di denuncia sociale. Il film, basato su un soggetto e su una sceneggiatura ben studiati, è supportato dalle ottime interpretazioni del cast, su tutti Cassinelli e la Ralli. Non mancano alcune sequenze splatter, la tensione è costante e si respira un’aria cupa e pesante, pregna di una drammaticità livida e senza speranza, specialmente nel finale. Ben coreografate e girate anche le sequenze d’azione. Un gioiellino di Dallamano che va rivalutato assolutamente.
Splendido film che mixa giallo, poliziesco e un tocco di orrore (si vedano i numerosi cadaveri fatti a pezzi). La trama è banale (il solito giro di ragazzine che si prostituiscono per una clientela facoltosa e importante) ma il film non lo è per niente. Attori ottimi, sia i principali Cassinelli, Fabrizi, Gaipa sia i vari caratteristi (vedi il grande Dottesio).
Sicuramente un buon prodotto di genere, realizzato con mestiere e con tanta passione. La pellicola si avvicina più al giallo che al poliziottesco. Se togliamo le scene degli inseguimenti, del secondo non rimane praticamente traccia. Belle prove attoriali, anche se spicca su tutti il grande Mario Adorf, qui dosato nella parte, ma intenso come solo lui sa fare. Alta tensione e ottimi effetti visivi arigianali. Sicuramente da vedere.
Ottimo incrocio di poliziesco e thriller. Il bravo Dallamano resta fedele alla tematica degli abusi e delle violenze sulle giovani donne, ma questa volta il tutto si mescola con una storia poliziesca dalle tinte forti. Tra omicidi-suicidi, insabbiamenti e mezze verità, sprofondiamo in un thriller dall’alto tasso di tensione. Il motociclista killer non ha nulla da invidiare al classico assassino argentiano. Memorabile, fenomeno unico del genere.
L’omicidio di una ragazzina porterà gli investigatori ad indagare, ma solo fino ad un certo punto, nel mondo della prostituzione di giovanissime borghesi, annoiate ed in cerca di ulteriore denaro facile. Gran bel film, che riesce a riprodurre efficacemente vizi e virtù della società italiana degli Anni Settanta, scellerata e corrotta, ma tenuta comunque a galla da un pugno di eroi “equilibrati”. Eccellente colonna sonora del mitico Cipriani e grande regia del povero Dallamano. Attori in gran forma e atmosfera giusta per una bel dopocena!
Più che poliziottesco è un giallo con elementi tipici dei thriller argentiani, dai quali tuttavia è bene mantenere le distanze: la narrazione è un po’ ingenua e semplicistica e la tensione non è mai molto alta. Il film è comunque dotato di un buon ritmo che lo rende piacevole e coinvolgente, grazie anche alla sapiente regia di Dallamano che, tra le altre cose, ci regala delle soggettive decisamente efficaci. Belle le musiche di Stelvio Cipriani.
Le scomunicate di San Valentino
Due innamorati, Lucita De Fuentes e Esteban Albornoz vorrebbero convolare a nozze, ma l’antica rivalità che divide da generazioni le due famiglie li separa. Denucniato all’inquisizione come assassino, Esteban viene inseguito e quasi catturato da alcuni soldati. Ferito, trova rifugio in un convento, quello di San Valentino, lo stesso nel quale è stata rinchiusa la sventurata Lucita.
Il convento è retto da una badessa molto più simile ad un demonio che ad una santa donna; Encarnation, infatti, regge con pugno di ferro il convento stesso, applicando con crudeltà metodi disumani di correzione. Aiutato dal fedele custode del monastero, Joaquin, che lo nasconde all’interno della sua abitazione, Esteban riesce a vedere la sua amata. Ma non ha fatto i conti con la diabolica Encarnation, che scopre la presenza dell’uomo nel convento.
Appresa la loro storia d’amore, la badessa, che si è invaghita del giovane, uccide una consorella e accusa Lucita del delitto. Portata davanti all’inquitore De Mendoza, la ragazza viene sottoposta a tortura, ma nonostante venga appesa per i polsi e martoriata, non confessa un delitto che non ha commesso, e viene quindi condannata ad essere bruciata sul rogo a Siviglia.
Nel frattempo Esteban si fa sedurre da Encarnation, con il chiaro scopo di scoprire il vero colpevole dell’omicidio; è il fedele Joaquin a svelare il mistero al giovane, pagando però con la vita la sua devozione. Esteban, messosi d’accordo temporaneamente con il padre di Lcita, e dimenticati i rancori, penetra nel convento per liberare la ragazza. Non ci riesce, ma il gioco diEncarnation viene scoperto: la donna, con la collaborazione di alcune suore, ha fatto uccidere diversi amanti, i cui corpi vengono recuperati dai soldati assieme al corpo dello sfortunato Joaquin.
Francoise Prevost, la Badessa
De Mendoza, inflessibile, condanna tutte le occupanti del monastero ad essere murate vive, con l’intenzione di coprire lo scandalo. Ma Esteban minacciando un inquistore scopre che anche Lucita è all’interno del monastero, e che la notizia della sua morte è falsa.
Aiutato dagli uomini di De Fuentes, penetra nel monastero e libera Lucita, mentre Encarnation, consapevole comunque della sua fine, decide di uccidersi con il pugnale che aveva usato in passato contro le sue vittime. L’inviato personale del papa, l’inquisitore generale di Spagna, rimette tutto in ordine: solo alcune monache verranno sottposte a giudizio e rimuove De Mendoza dal suo incarico. Esteban e Lucita possono così intraprendere la loro nuova vita.
Sorprendentemente per un film appartenente al genere conventuale, ci troviamo davanti ad un discreto prodotto, una volta tanto supportato da una buona trama e sopratutto poco incline alle solite perversioni sessuali mostrate a tuto spiano. La storia c’è, si sviluppa abbastanza armonicamente e si lascia seguire, grazie anche all’abile regia di Sergio Grieco, che diresse questo film nel 1973. Buono il cast, nel quale spiccano un ottimo Corrado Gaipa nel ruolo del fanatico De Mendoza, una discreta Francoise Prevost in quello della badessa e della giovanissima Jenny Tamburi, a suo agio nel recitare la parte di Lucita.
Franco Ressel è De Fuentes, il padre di Lucita, mentre un più che discreto Paolo Malco è Esteban, anche se tendente ad essere troppo monocorde. Piccola parte anche per Adriana Facchetti, una delle caratteriste più utilizzate nel cinema anni 70. Film senza grosse pretese, ma godibile.
Le scomunicate di San Valentino, un film di Sergio Grieco. Con Françoise Prévost, Franco Ressel, Corrado Gaipa, Paolo Malco,Jenny Tamburi, Adriana Facchetti, Calisto Calisti, Dada Gallotti, Bruna Beani, Aldina Martano Drammatico, durata 91 min. – Italia 1973.
Françoise Prévost … La badessa
Jenny Tamburi … Lucita
Paolo Malco … Esteban
Franco Ressel … Don Alonso
Corrado Gaipa … Padre Onorio
Pier Giovanni Anchisi … Isidro
Aldina Martano … Sorella Rosario
Bruna Beani … Josefa
Regista:Sergio Grieco
Sceneggiatore:Sergio Grieco
Produzione:Gino Mordini
Musiche originali:Coriolano Gori
Fotografia:Emore Galeassi
Montaggio:Mario Gargiulo
Scenografie:Antonio Visone
Direttore di produzione:Massimo Alberini