Mazzabubù… Quante corna stanno quaggiù?
Allo stadio un uomo inveisce contro l’arbitro dandogli del cornuto;al suo fianco un uomo vestito di nero,che scopriremo essere una specie di presentatore di una serie di sketch che trattano il tema dell’adulterio,qui frettolosamente chiamato con il gergo popolare corna.gli chiede se la donna accanto a lui sia sua moglie,facendogli notare che lo sta tradendo sotto i suoi occhi.
“Che ci devo fare?Se la lascio a casa me li porta nel letto...” è la risposta dell’uomo.
Cambio di scena.
“Chi voleva ammazzare quello li?“chiede il presentatore.
-“A mojie.E chi sennò?Ha saputo de esser cornuto,ja menato e mo finisce pure a bottega (in carcere ndr.)“-
A rispondere è”Gigetto”,un passante che si diverte all’idea che il suo conoscente abbia pestato la moglie fedifraga.
In realtà il cornuto è lui…
Partono così una serie di scenette più o meno divertenti basate sul tradimento presunto,vero o inesistente.
Il primo episodio rilevante come lunghezza vede protagonisti Ciccio e Franco,due amici con un matrimonio in crisi ma fermi oppositori della legge sul divorzio;li vediamo partecipare ad un convegno (poco frequentato) sul tema della fedeltà coniugale,durante il quale Ciccio sogna donne nude che corrono in un bosco e Franco esporre un cartello “e le catene migliori le trovate da Ciccio e Franco-Tazze,lavandini e bidet”
Ai due viene proposto,per salvare il matrimonio,lo scambio delle coppie.
Ma le due mogli non si dimostreranno affatto comprensive e i due finiranno sui giornali additati al ludibrio pubblico come “Due turpi individui”
Corna,corna,corna.
Il tema è sempre lo stesso,anche nello sketch successivo,nel quale un uomo di una certa età scopre la moglie a letto con un altro;è un suo caro amico e amaramente gli fa notare che si fidava di lui e che lo trattava come un fratello.Indifferenti,i due amanti continuano nella loro opera e al marito cornuto non resta altro da fare che osservare in silenzio la scena.
Un critico d’arte (Luciano Salce) nello studio di un pittore si ostina a vedere la bellissima moglie ritratta in una tela del pittore stesso;nonostante quest’ultimo insista nel dire che la donna non ha posato per lui,il critico obbliga dapprima la moglie a spogliarsi e infine la spinge tra le braccia dell’incredulo pittore.
Breve lo sketch successivo,nel quale un uomo (Pippo Franco),nell’igloo di una esquimese,viene sedotto a viva forza da una bella moglie esquimese;al rientro il marito della donna litiga con la stessa perchè a suo modo di vedere non ha saputo intrattenere sessualmente l’ospite.
Incursioni nella storia antica;Minosse scopre l’infedeltà di sua moglie non appena nasce il Minotauro,chiaro segno dei costumi leggeri della stessa,i soldati del re Menelao,convinti che le mogli in loro assenza ne approfittino per tradirli rifiutano di partire per la guerra con Troia mentre un crociato affida ad un amico la chiave della cintura di castità della moglie;appena partito viene raggiunto dall’amico che lo informa di aver sbagliato chiave.
Questi più altri tre brevi sketch costituiscono l’ossatura di Mazzabubu quante corna stanno quaggiù,antenato dei film ad episodi che a partire dalla metà degli anni settanta avranno alterne fortune nelle sale cinematografiche.
A dirigerlo è Mariano Laurenti,pioniere della commedia sexy che negli anni successivi girerà commedie dai titoli divenuti famosi come Quel gran pezzo dell’Ubalda tutta nuda e tutta calda o La bella Antonia, prima monica e poi dimonia,L’insegnante va in collegio e La liceale nella classe dei ripetenti.
Qualche buona intuizione,poca volgarità,qualche fugace nudità delle belle attrici protagoniste del film e uno stuolo di attori davvero notevole per una pellicola gradevole che gioca con l’eterno tabù italico dell’infedeltà coniugale.Situazioni surreali e boccacesche si susseguono con ritmo discreto;il divertimento forse non è sempre garantito ma quanto meno siamo lontani dalle becere risate che negli anni successivi circonderanno il tema delle corna,uno di quelli più sfruttati nelle commedie sexy.
Carlo Giufrè e l’inossidabile duo Franchi-Ingrassia,Maurizio Arena e Luciano Salce,Pippo Franco e Lino Banfi,Renzo Montagnani e Giancarlo Giannini sono alcuni dei grandi nomi utilizzati nel film assieme alle bellissime Sylvia Koscina,Nadia Cassini (insolitamente con il sedere coperto),Maria Pia Conte,Rosemarie Dexter con cameo di Silvana Pampanini.
Un cast di grande spessore impegnato in una commedia senza grosse pretese,che ironizza sulla paura delle corna e sui costumi sessuali degli italiani.
Non c’è ovviamente alcuna intenzione di scavare e analizzare l’argomento,ma di coglierne solo l’aspetto grottesco,utilizzando il tema in chiave ironica e dissacratrice.
Il risultato è un film innocuo,che ha qualche felice momento ma che vivacchia fino al termine fidando più sulla bravura del cast che sui contenuti.
Tra gli episodi,poco incisivo quello con Franchi e Ingrassia (abbastanza inutile la presenza della Cannuli,nota presentatrice televisiva dell’epoca),mentre divertente quello con Salce.
Film pesantemente datato,ebbe tuttavia buoni risultati al box office.
Il film è disponibile all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=P9HGeD8QmpI in una discreta qualità digitale.
Mazzabubù… Quante corna stanno quaggiù?
Un film di Mariano Laurenti. Con Isabella Biagini, Mariolina Cannuli, Nadia Cassini, Carlo Giuffrè, Silvana Pampanini, Oreste Lionello, Enzo Turco, Michele Malaspina, Alfredo Rizzo, Riccardo Garrone, Ettore Manni, Giancarlo Giannini, Paolo Villaggio, Franco Giacobini, Daniele Vargas, Umberto D’Orsi, Luciano Salce, Lino Banfi, Sylva Koscina, Fausto Tozzi, Claudie Lange, Franco Franchi, Ciccio Ingrassia, Renzo Montagnani, Pippo Franco, Maurizio Bonuglia, Gianna Serra, Guido Mannari, Sergio Leonardi, Rosemarie Dexter, Ugo Adinolfi Commedia, durata 91 min. – Italia 1971
Nadia Cassini: La moglie del tifoso
Carlo Giuffrè: Il presentatore
Guido Mannari: Il baciatore allo stadio
Sylva Koscina: La moglie del presentatore
Maurizio Arena: Maurizio
Franco Franchi: Franco Bello
Ciccio Ingrassia: Ciccio Merendino
Isabella Biagini: La moglie di Franco
Mariolina Cannuli: La moglie di Ciccio
Alfredo Rizzo: Il politico antidivorzista
Enrico Marciani: Ildirettore dell’hotel
Enzo Turco: L’amico di Gennarino
Luciano Salce: Il critico d’arte
Marilù Branco: Carla, moglie del critico d’arte
Lars Bloch: Il pittore
Claudie Lange: La moglie del commendator Bordiga
Umberto D’Orsi: Il commendator Bordiga
Pippo Franco: L’ospite eschimese
Gianna Serra: La moglie eschimese
Fausto Tozzi: Il marito eschimese
Riccardo Garrone: Agilulfo
Rosita Toros: La moglie di Agilulfo
Franco Giacobini: Boemondo
Ugo Adinolfi: Ugo
Lino Banfi: Il pizzicagnolo
Renzo Montagnani: Bepi, il contadino
Ettore Manni: Il medico fecondatore
Maria Pia Conte: La moglie del pizzicagnolo
Sergio Leonardi: Il venditore di enciclopedie
Giancarlo Giannini: Lucio
Rosemarie Dexter: Emma, moglie di Lucio
Silvana Pampanini: La “marchettara”
Maurizio Bonuglia: L’albergatore consolatore di Emma
Regia Mariano Laurenti
Soggetto Sandro Continenza
Sceneggiatura Sandro Continenza e Amedeo Sollazzo
Produttore Gino Mordini per Claudi Cinematografica
Distribuzione (Italia) Euro International Film
Fotografia Tino Santoni
Montaggio Giuliano Attenni
Musiche Roberto Pregadio
Scenografia Antonio Visone
Opinioni tratte dal sito http://www.davinotti.com
B. Legnani
Mostra gli anni. Franco e Ciccio al loro peggio, certo non aiutati dalla Biagini e dalla Cannuli. Le cose migliori: una Koscina fantastica, Giuffrè composto, una Pampanini che fa la mignotta
con un’eleganza che le giovani del cast se la sognano, e tre grandi: Riccardo Garrone (sua moglie è la Torosh, splendida c.s.c.), Luciano Salce e Umberto d’Orsi. Nadia Cassini, forse per l’unica volta, non mostra il popò.
Ultima cosa: Sessomatto di Risi ha preso almeno un paio di idee dal film di Laurenti…
Undying 2
Sorta di proto-esemplare della commedia sexy all’italiana, che esploderà verso la metà degli anni ’70, siglata però da un nome che sarebbe diventato garanzia del genere: Mariano Laurenti.
Pur essendo poco incisivo per via di nudità appena esposte (siamo nel 1971) e per una comicità a volte blanda, rappresenta a suo modo un “unicum” per via di un cast di certo interesse
(e fors’anche preveggente: c’è pure Banfi) e per il motivo musicale (composto da Pregadio, quello della Corrida) che dà l’avvio alla serie di semplici, ma divertenti, episodi.
Il Gobbo
Collezione di sketch sul tema dell’adulterio, esile filo conduttore per un risultato diseguale. Fiato corto per lo più, ma ci sono gli acuti: in primis il grandioso Salce critico d’arte concettoso e vaniloquente,
poi Montagnani e D’Orsi alle prese con la fecondazione artificiale. Incomprensibile il doppiaggio di Tozzi nel più brutto degli episodi, con imitazione di Amedeo Nazzari. Da segnalare la canzoncina di Pregadio.
Homesick
Lo schema sarà adottato da innumerevoli commedie sexy degli anni a venire, ma le storielle su corna e cornuti qui presentate hanno la consistenza di barzellette da osteria, in taluni casi
(l’ospite esquimese, il guerriero crociato) assimilabili al decamerotico. Nella passerella dell’affollatissimo cast lasciano il segno il compìto presentatore Giuffrè, il critico d’arte Salce e il villico Montagnani
– gli unici a strappare qualche sorriso -, la marchettara Pampanini e l’appetitosa sposina Dexter.
Ciavazzaro
Non proprio indimenticabile pellicola, con perlomeno un cast interessante. Molto bravo Giuffrè nel ruolo del professore con la Koscina moglie che si rivelerà infedele (quasi una punizione divina: chi di corna ferisce…),
abbastanza scontato quello con Franchi e Ingrassia, bravissima la Pampanini. Gli episodi brevi invece sono molto scialbi (tra i protagonisti anche Pippo Franco). Nota d’onore per la c.s.c. Rosita Torosh.
Lovejoy
Mediocre progenitore della commedia sexy all’italiana, allora vietato ai minori. Rivisto oggi è decisamente superato. Composto da episodi (tutti peraltro dimenticabili) e diretto svogliatamente da un Laurenti che ha dato e
darà il meglio di sè in altre occasioni. Grande spreco di attori. Da Franchi e Ingrassia, chiaramente a disagio nei rispettivi personaggi, a Giuffrè, Salce e gli immancabili Montagnani, D’Orsi e Banfi. In definitiva, si può evitare tranquillamente.
Rambo90
Tipica commediaccia scollacciata anni ’70, composta da episodi messi insieme dal motivo comune delle corna. L’episodio migliore è quello con Franco e Ciccio, un po’ stupido ma ravvivato dalla bravura della coppia; seguono Giannini che parla un insolito dialetto bolognese
e un Montagnani in gran forma ma penalizzato dalla storia. Per il resto sono tutti mini sketch con vari assi della comicità, stupido ma godibile.
Stefania
Il cornuto inconsapevole, il cornuto contento, il cornuto per scelta, il cornuto per vocazione, il cornuto per destino genetico, persino il cornuto per errore…informatico: nessuna tipologia sfugge all’impeto classificatorio di Giuffrè,
nostro Virgilio in questo girone non proprio infernale, anzi spesso paradisiaco, di consorti adultere. L’umorismo non è mai sottile, talvolta è barzellettiero, ma dimostra una certa arguzia, soprattutto nel mettere alla berlina certe “pose” fintamente disinibite del maschio italiota. Elementare ma esemplare.
Panza
Ibrido malriuscito della futura (siamo nel 1971) commedia erotica all’italiana: in cabina di regia troviamo infatti Mariano Laurenti. Partecipano (quasi come star del film) Franchi e Ingrassia come protagonisti di una datatissimo episodio sullo “scambio” delle mogli (*).
C’è anche Salce nei panni di un critico che verra tradito in modo veramente surreale (*!). Insieme a questi troviamo episodi brevi che ben poco dicono (*). Bella la sigla. Media: *
Dio li fa e poi li accoppia
Don Celeste è un brav’uomo, dalla moralità specchiata che fa il parroco in un paesino situato da qualche parte nell’Italia centrale.
Si occupa con diligenza della sua parrocchia e dei suoi fedeli, fra i quali spicca la figura caciarona ma romantica di Dario Ricciotti,un commerciante gay che sogna di poter sposare il suo partner e che assilla Don Celeste con le sue richieste.
Il prete sembra non aver alcun problema;si occupa di musica,la sua passione e svolge il suo magisterio con umanità;ma il giorno di Carnevale qualcosa cambia definitivamente la sua vita.
Mentre è in bicicletta per stradine di campagna,il parroco viene circondato da quattro ragazze in bicicletta e violentato da una di esse.
Turbato più che sconvolto dall’accaduto,Don Celeste inizia a cercare la sua violentatrice e alla fine la rintraccia;è Paola Di Pietro,una bella ragazza del paese.
La ragazza non nega l’accaduto ma rivela a Don Celeste una verità sconvolgente;è incinta del parroco ma non intende proseguire la gravidanza.
La decisione di Paola mette in crisi Don Celeste,che deve fare i conti con la sua coscienza e con la sua fede;deciso ad impedire ad ogni costo un traumatico aborto,il parroco decide di denunciare per stupro la ragazza.
La notizia suscita sconcerto fra i parrocchiani e reazioni contrastanti tra i tutori della legge e i superiori del parroco.
Agli sghignazzi delle forze dell’ordine si sovrappongono le legittime preoccupazioni dei superiori ecclesiastici;l’impossibilità di concedere la dispensa matrimoniale a Don Celeste,disposto a portare all’altare Paola,crea un problema irresolubile alle alte sfere vaticane.
La soluzione dell’intricato caso avverrà quasi casualmente;Paola si innamorerà di un bravo giovane e Don Celeste potrà tenere il bambino allevandolo ed educandolo secondo i suoi principi.
Gradevole e garbata commedia all’italiana,ormai defunta da tempo, Dio li fa e poi li accoppia è un film diretto nel 1982 da Steno,in una delle sue ultime regie cinematografiche.
I temi dell’aborto e del celibato dei preti sono affrontati dal regista romano con il con il consueto garbo ed ironia;la pellicola scorre tranquillamente grazie anche alla simpatia dei due principali protagonisti,in primis Johnny Dorelli,qui in una delle sue classiche apparizioni in cui la simpatia e il magnetismo umoristico del cantante attore vengono esaltate dal ruolo principale affidatogli,poi il bravo e versatile Lino Banfi, straripante nel ruolo del gay follemente innamorato del suo compagno che vorrebbe sposare in barba alle leggi della chiesa e dello stato.
Due personaggi, quelli di Don Celeste e di Dario molto ben delineati nonostante la leggerezza degli stessi.
Inevitabilmente i contorni delle loro figure finiscono per sfumare, vista la leggerezza con cui vengono descritti ma in realtà il film non intende approfondire più di tanto le tematiche abbozzate, non rientrando nel disegno di Steno un approfondimento sia del celibato dei preti sia dell’aborto.
Il film quindi si mantiene correttamente sui binari del politicamente corretto,badando più alla scorrevolezza dello stesso che a temi che francamente sarebbe stato impossibile affrontare nell’ambito di una commedia leggera.
Steno,al secolo Stefano Vanzina, nel corso della carriera girerà circa 80 film e stenderà più di 130 sceneggiature; questo è il quint’ultimo lungometraggio e con lui collabora Bernardino Zapponi per una sceneggiatura lineare e ben equilibrata.
Nel film compare anche,nel ruolo di Paola, la bella Marina Suma,che l’anno successivo otterrà un grande successo personale con Sapore di mare,con la regia del figlio di Steno, Carlo Vanzina.
Per quanto bella la Suma appare un po impacciata;un anno dopo il folgorante esordio con Le occasioni di Rosa di Piscitelli, Marina mostra di avere doti ma di essere ancora acerba.
Tuttavia, nell’ambito di questo film appaiono un po ingenerose le critiche mosse all’attrice napoletane da molti citici.
In fondo parliamo di una commedia leggera,dove non era richiesta un’interpretazione da Oscar.
In definitiva un film gradevole, divertente in maniera soft ma che non annoia.
Dio li fa e poi li accoppia
Un film di Steno. Con Johnny Dorelli, Lino Banfi, Marina Suma, Venantino Venantini, Adriana Giuffré,Giuliana Calandra, Enzo Rinaldi, Franco Caracciolo Commedia, durata 100 min. – Italia 1982
Johnny Dorelli: Don Celeste Restani
Lino Banfi: Dario Ricciotti
Marina Suma: Paola Di Pietro
Venantino Venantini: Occhipinti, il proprietario della discoteca
Giuliana Calandra: Clara, la perpetua
Graziella Polesinanti: l’avvocato di Paola
Max Turilli: Anselmo Marcucci, il testimone
Stefano Altieri: il giudice del processo
Loris Zanchi: il Vescovo
Annabella Schiavone: una pettegola del paese
Renzo Rinaldi: il pubblico ministero
Franco Bracardi: il sindaco di Brisignano
Enio Drovandi: il carabiniere alla macchina da scrivere
Guerrino Crivello: l’assessore comunale di Brisignano
Franco Caracciolo: uno dei due gay olandesi
Geoffrey Copleston: il sindaco di Kellemborg
Adriana Giuffrè: una donna del paese
Dino Cassio: il vigile Urbano
Mimmo Poli: il tassista di Roma
Valentino Simeoni: un uomo in Chiesa
Carlo Demi: il cancelliere al processo
Regia Steno
Soggetto Bernardino Zapponi
Sceneggiatura Enrico Vanzina
Bernardino Zapponi
Produttore Pio Angeletti
Adriano De Micheli
Casa di produzione International Dean Film S.r.l.
Distribuzione (Italia) Medusa Film
Panarecord
Fotografia Sandro D’Eva
Montaggio Raimondo Crociani
Effetti speciali Studio Sound Coop
Musiche Gianni Ferrio
Tema musicale Dio c’è
Scenografia Giuseppe Mangano
Costumi Silvio Laurenzi
Trucco Giulio Mastrantonio
Opinioni tratte dal sito http://www.davinotti.com
Homesick
Steno dirige con perizia, non c’è che dire, ma il copione di suo figlio Enrico e di Bernardino Zapponi, pur toccando un tema di cui oggi molto si discute (le adozioni gay), fa acqua ovunque: la storia è insulsa e facilona, e con quella “Dio c’è” declamata sui titoli di coda tocca davvero il fondo del patetico. Pur diligente e misurato nella parte, Dorelli non è molto credibile come prete serio, mentre Banfi riesce sempre a travolgere con la sua carica irrefrenabile di comicità anche quando circoscritta nel macchiettismo. Tremenda la Suma.
Markus
L’idea in sè non è male, ma gli interpreti principali (particolarmente istrionici) portano avanti un loro discorso senza quasi mai incontrarsi. La comicità è limitata a qualche battuta di Lino Banfi e al sarcasmo del confidenziale Johnny Dorelli, ma tutto appare francamente buttato lì: è evidente che fu un prodotto commerciale senza il desiderio di approfondimento. Pruriginosa (almeno per me) la presenza dell’allora giovane e seducente Marina Suma, qui munita di mascherina da diavolessa. Valse il prezzo del biglietto!
Fabbiu
Commedia italiana, impegnata (con i suoi soliti mezzi) ad approfondire diversi temi, in cui Dorelli (nei panni del prete) se la cava piuttosto bene (riesce a convincere abbastanza) e il merito maggiore va in assoluto a Lino Banfi che, se forse stereotipizza troppo la figura dell’omosessuale, per lo meno riesce a risollevarla con l’umorismo nei momenti in cui le riflessioni tendono al patetico. Steno riesce bene a raccontare la storia in modo rilassante e poco macchinoso, sebbene l’ultima porzione di film giri un po’ a vuoto. Odiose la Suma e la canzone a tema.
Giuan
Commedia di Steno che per qualche criptico motivo cinematografico ho sempre scambiato per un film di Festa Campanile. Sviste registiche a parte, si tratta di uno di quei film che motivi affettivi ci fan amare ben al di là dei suoi specifici meriti. La fascinazione (personale s’intende) nasce presumo dal carisma pretesco e agée di Dorelli, unito ad un Lino capace di costruire un personaggio da una macchietta e alla Marina che ai tempi tutti ci concupiva. Stefano dirige un copione di Enrico e Zapponi, di cui era effettivamente difficile trovar il registro.
Opinioni tratte dal sito http://www.filmscoop.it
Woodman
Squisita e sorprendente commediola nostrana, decisamente sopra la media del periodo.
Con una regia tiepidina del pur bravo Steno, la storia si snoda acquistando sempre più interesse. Esempio di commedia dalle ambizioni sociologiche ancora seguito (nel bene e soprattutto nel male), specie nel disegno parossistico e colorato dei personaggi di fianco e nella tendenza a prendersi poco sul serio.
Qui le frecciatine volano più in alto del solito, c’è una certa cura descrittiva, le gag sono genuinamente divertenti.
Audace, aguzza, leggera.
La carta vincente e il prezzo del biglietto lo vale peró l’irrefrenabile, strepitoso Banfi, che ruba la scena a chiunque.
Da recuperare.
Kimmy
Commedia che, quotando il morandini(purtroppo), sarebbe potuta essere più grande. Temi importanti trattati con leggerezza eccessiva. Omofobia, Ipocrisia, Vandalismo, Rapporti proibiti… In salsa di commedia all’italiana, con guizzo di denuncia mai troppo evidenziata, sempre una riga più sotto.. Banfi eccezionale, vale il prezzo del biglietto. Era ancora Steno, comunque, uno imponente, uno intelligente, uno che sapeva il fatto suo, fatto di un’altra pasta.. e si vedeva.
Pak 7
Buona commedia di inizi anni 80 che sa leggermente distinguersi dal trend del periodo con una storia quantomeno originale. Banfi si ” stacca” dal filone trash e si diletta in altri ambiti, entrando sicuramente nel suo miglior periodo produttivo.
Qui, in veste omosessuale, è assolutamente delizioso. Buona la prova della Suma, mentre Dorelli in qualsiasi film mi sembra avere sempre quella faccia un pò così..
Il trafficone
Per poter mantenere la sua famiglia,Vincenzo Lo Russo è costretto ad improvvisare lavori ingegnosi;Angelina,la moglie e i suoi tre figli lo attendono a casa e Vincenzo raccatta denaro abbordando i passeggeri delle auto che si fermano ai semafori proponendo loro l’acquisto di capi d’abbigliamento.
Un giorno casualmente abborda una affascinante donna con la quale ha una fugace relazione; la donna ha in realtà attirato a casa Vincenzo per compiacere il marito guardone e al termine del rapporto regala a Vincenzo stesso un libro sulla sessualità e sui rapporti di coppia.
Dopo averlo letto l’uomo prende una decisione: si improvviserà medico e aprirà uno studio nel quale cercherà di curare i problemi sessuali delle coppie, che a quanto pare sono molto più diffusi di quanto sembri.
Tina Aumont e Carlo Giuffrè
Rita Calderoni
Cosi con l’aiuto di Gennaro, un suo amico,Vincenzo avvia lo studio che ben presto ottiene uno straordinario successo.
Spesso infatti le coppie che si rivolgono a lui trovano nell’uomo la soluzione ai loro problemi, in particolare le partner femminili che vengono “guarite” dai loro problemi dall’infaticabile Vincenzo.
Ma il super lavoro alla fine sfianca il pur valoroso Vincenzo che nel frattempo ha cambiato il suo cognome in D’Angelo; la prima ad accorgersi dei problemi è la moglie Angelina, trascurata nel talamo nuziale dal marito.
Così, convinta da un amico a rivolgersi all’ormai famoso dottor D’Angelo, Angelina scopre il nuovo lavoro del marito.
Ad un primo attacco d’ira segue una riflessione sul cambiamento che l’attività di Vincenzo ha portato all’economia domestica; così Angelina alla fine convince suo marito ad allargare la società, diventando anch’essa una sessuologa…
Il trafficone è una commedia sexy del 1974,diretta da Bruno Corbucci, non priva di un suo rozzo ma efficace umorismo; l’idea di fondo della sceneggiatura presta infatti il fianco allo sviluppo di una storia sicuramente esile ma ben diretta dal regista romano,uno dei più fecondi sceneggiatori del cinema italiano e regista di una cinquantina di film che spaziano dal western alla commedia.
Adriana Asti
Irina Maaleva
Dopo aver cavalcato in maniera semi seria il filone decamerotico con film come Boccaccio e Il prode Anselmo e il suo scudiero, Corbucci passa alla commedia sexy reclutando per il cast il simpatico e sicuramente affidabile Carlo Giuffrè e affiancandogli nomi di un certo livello del cinema italiano come Lino Banfi e Enzo Cannavale con l’aggiunta di ottime e belle attrici come Tina Aumont, Marilu Tolo e Rita Calderoni, una volta tanto slegata dal suo mentore Polselli.
Per completare, Corbucci affida parti di contorno ad altri nomi importanti del cinema leggero come Gianni Agus,Vincenzo Crocitti e Adriana Asti, rendendo così quanto meno affidabile la parte recitativa.
Marilu Tolo
Anche se nello stretto ambito del cinema di genere Il trafficone risulta alla fine un prodotto ben confezionato,gradevole e quasi esente dalle triviliatà gratuite delle commedie sexy, con scene di sesso e nudo assolutamente castigate e dirette più che altro come degli sketch satirici.
Alla fine vien fuori una commedia che si gusta con piacere,grazie sia alla professionalità del cast sia ad alcune scenette ben costruite (quella iniziale con protagonista la Aumont,quella finale con la Tolo e il siparietto costruito dalla coppia Banfi-Maleeva).
Un’ora e mezza di cinema distensivo ed allegro, senza alcuna pretesa.
Il film è disponibile in una versione più che accettabile su You tube all’indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=CWPPDxCsHV4
Vi ricordo che se usate Chrome è disponibile un’estensione che permette la visione del film off line; il software 4K video downloader permette altresi lo stesso lavoro.
Il trafficone
Un film di Bruno Corbucci. Con Marilù Tolo, Tina Aumont, Carlo Giuffrè, Gianni Agus, Adriana Asti, Enzo Cannavale, Lino Banfi, Elio Zamuto, Rita Calderoni, Irina Maleeva, Massimo Dapporto Commedia, durata 91 min. – Italia 1974.
Carlo Giuffré: Vincenzo LoRusso / dottor Gaetano D’Angelo
Enzo Cannavale: Gennaro, amico di Vincenzo
Rita Calderoni: Angela, moglie di Vincenzo
Lino Banfi: ragionier Luigi Scardocchio
Irina Maleeva: Silvana, moglie di Scardocchio
Elio Zamuto: Barone Vito Macaluso
Marilù Tolo: Rosalia, moglie del barone Macaluso
Tina Aumont: Laura Vitali
Adriana Asti: Virginia, moglie del pretore Filiberto Vettiglia
Gianni Agus: onorevole Rivolta
Renzo Marignano: Conte Everardo
Liuba Subcova: moglie del conte
Regia Bruno Corbucci
Soggetto Bruno Corbucci, Mario Amendola
Sceneggiatura Bruno Corbucci, Mario Amendola
Produttore Galliano Juso
Casa di produzione Cinemaster
Fotografia Guglielmo Mancori
Montaggio Daniele Alabiso
Musiche Ubaldo Continiello
L’opinione di Homesick dal sito http://www.davinotti.com
Il catalogo di inibizioni e bizzarrie sessuali nella vita di coppia si presenta in una veste solare e giocosa e oppone ai possibili rischi di caduta nel cattivo gusto la solida barriera di Giuffrè, che mantiene contegno e professionalità in tutti i pezzi proposti: alcuni sono più riusciti (le esilaranti fregole di Banfi e la cura dell’ipodotato Crocitti), altri meno, perché flosci (Agus e il transgender) o inutilmente reiterati (gli agguati della Asti). Valida spalla Cannavale; bollente la Tolo. Per la colonna sonora Continiello utilizza “Il ballo del qua qua”.
L’opinione di Motorship dal sito http://www.davinotti.com
Una curiosa commedia con protagonista assoluto il grandissimo Carlo Giuffrè nei panni del falso medico che usa la sua farlocca professione per soldi e per concedersi qualche bella occasione in quanto a donne. Giuffrè è esplosivo, divertente e non volgare, confrmando le sue doti di attore e di comico. Ottimi comprimari Enzo Cannavale, sempre all’altezza nei panni del suo sgangherato assistente, le bellissime Marilù Tolo, Tina Amount e Rita Calderoni, un giovane Lino Banfi già divertentissimo. Noioso l’episodio con Agus.
L’opinione di sasso 67 dal sito http://www.filmtv.it
Commedia abborracciata di tematica sessuale (Giuffrè, magliaro napoletano a Roma, si improvvisa sessuologo e fa i soldi), che prende a pretesto il nuovo mestiere del protagonista per avere maggior agio di creare situazioni al confine tra comicità ed erotismo. Con scarsi risultati, va detto, sull’uno e sull’altro versante. Cannavale strappa qualche risataccia, ma l’insieme è quasi deprimente, anche perché si notano errori di montaggio francamente imbarazzanti: per esempio, un attimo prima che il medico riceva i giovani sposini Vincenzo Crocitti e Pamela Villoresi, l’infermiera ha fatto alzare, nella sala d’attesa, una coppia che non somiglia nemmeno lontanamente (i due, per di più, sono vestiti in maniera completamente diversa) a quella che troviamo nello studio del “dottore”.
Tour de force di Carlo Giuffrè che, soldi a parte, avrebbe potuto dedicarsi ad altre attività umanamente più gratificanti.
Seguite il link aggiornamenti per vedere le gallerie ricaricate!
Boccaccio
Beffe e storie tratte liberamente dal Decameron di Giovanni Boccaccio.
Buffalmacco e Bruno degli Olivieri, due giovani fiorentini scaltri,ordiscono una beffa nei confronti dell’ingenuo Calandrino, allo scopo di estorcergli del denaro;gli vendono una pietra che, a loro dire, ha il potere miracoloso di renderlo invisibile.
Alla bella Monna Lisa fra Ignazio fa credere di essere l’incarnazione in vesti umane del beato Marcuccio;in questo modo potrà godersene le gioie,mentre è intento in un convegno carnale con la donna, Buffalmacco spia i due e quando fra Ignazio ha finito il suo piacevole compito, approfitta anch’esso delle grazie della giovane sposa, mentre Calandrino, credendo di essere invisibile fa lo stesso ma verrà bastonato dal marito della donna.
Altre beffe sono in arrivo per i cittadini, come quella in cui Buffalmacco riesce finalmente a sedurre Fiammetta,la donna della quale si è invaghito; scoperto dopo aver consumato un rapporto con la donna,il giovane viene costretto da Pietro da Vinciolo,marito della donna, a dividere il talamo coniugale,la dove a Buffalmacco verrà riservata una brutta sorpresa.
Enrico Montesano e Silvia Koscina
Bernard Blier e Maria Baxa
A Firenze arriva la peste e i due amici Buffalmacco e Bruno degli Olivieri fuggono dalla città incontrando per strada la Principessa di Chivignì e la sua serva;incontrano anche Lambertuccio da Cecina un capitano di ventura sfuggito dalla città dopo aver tentato di sedurre la bella Ambrogia ed essere stato costretto a sposare la racchia figlia del marito della donna.
Lambertuccio è in compagnia di un uomo, al quale un appestato toglie involontariamente il mantello;in realtà sotto le spoglie del compagno di Lambertuccio c’è la bellissima Belcolore, completamente nuda.Ed è con lei che il capitano di ventura va via.
Antesignano di tutti i decamerotici, Boccaccio, diretto nel 1972 da Bruno Corbucci che scrive anche la sceneggiatura del film con Mario Amendola, si distingue completamente dalla massa quasi informe dei film del genere decamerotico sia per l’eleganza con cui vengono curate le varie componenti del film, ovvero scenografie, costumi e fotografia sia per i dialoghi, meno volgari degli epigoni e sopratutto per la mancanza delle solite scosciate che furono il marchio di fabbrica del florido filone.
Antonia Santilli
Pia Giancaro
Paola Tedesco e Pippo Franco
Le novelle tratte dal Decameron sono raccontate visivamente da Corbucci con brio ed eleganza; si ride finalmente senza la solita grana grossa e senza battute triviali, si assiste alle performance di un gruppo nutrito di attori e di splendide protagoniste che non ebbe in seguito rivali.
Enrico Montesano e Pippo Franco interpretano Buffalmacco e Bruno, i due protagonisti principali attorno ai quali si muovono tutti gli altri, ovvero Fra Ignazio, interpretato da Lino Banfi, Alighiero Noschese che è Lambertuccio da Cecina (Banfi e Noschese, con Montesano saranno protagonisti anche del simpaticissimo Il prode Anselmo),Mario Carotenuto che è il giudice Nicola, il grande Bernard Blier che interpreta il dottor Mazzeo fino ad Andrea Fabbricatore, campione del Rischiatutto televisivo a cui va il ruolo dell’ingenuo Calandrino.
Di primissimo ordine anche il parterre femminile, che include attrici bellissime e di sicuro valore recitativo come Sylvia Koscina (Fiammetta),Isabella Biagini che è Ambruogia, e ancora Maria Baxa,Pia Giancaro,Helene Chanel, Antonia Santilli,Paola tedesco,Pascal Petit.
Un cast prestigioso quindi per un film a tratti molto divertente, una delle cose migliori di quell’anno, eppure penalizzato in seguito dalla mancanza di una distribuzione su supporti digitali.
Infatti il film è rimasto per 40 anni praticamente invisibile, fino all’anno scorso momento in cui è stata realizzata un’edizione digitale del film.
Tuttavia la pellicola non è di facile reperibilità.
Se qualcuno vuole visionarla può scaricare il seguente link: http://wipfiles.net/628rm3dr1bjj.html che contiene una splendida versione del film, ricordando ovviamente che i file sono protetti da diritto d’autore e che devonoe ssere cancellati dopo 48 ore.
Tornando al film, siamo di fronte ad una commedia simpatica e gradevole, che merita sicuramente una visione.
Boccaccio
Un film di Bruno Corbucci. Con Enrico Montesano, Lino Banfi, Sylva Koscina, Alighiero Noschese, Pippo Franco, Andrea Fabbricatore, Guido Celano, Bernard Blier, Franca Dominici, Rosita Pisano, Mario Carotenuto, Andrea Aureli, Giacomo Furia, Mimmo Poli, Nello Pazzafini, Ignazio Leone, Toni Ucci, Isabella Biagini, Hélène Chanel, Gastone Pescucci, Sandro Dori, Pascale Petit, Luca Sportelli, Maria Baxa,Raymond Bussières Commedia, durata 92′ min. – Italia 1972.
Alighiero Noschese: Lambertuccio da Cecina
Enrico Montesano: Buffalmacco
Pippo Franco: Bruno degli Olivieri
Sylva Koscina: Fiammetta
Isabella Biagini: Ambruogia
Raymond Bussières: Cagastraccio
Mario Carotenuto: Giudice Nicola
Bernard Blier: dottor Mazzeo
Pia Giancaro: Monna Lisa
Paola Tedesco : Lidia
Lino Banfi: Padre Ignazio
Andrea Fabbricatore: Calandrino
Pascale Petit: Giletta
Rosita Pisano: Mannocchia, serva di Mazzeo
Sandro Dori: Nicostrato
Maria Baxa: Tebalda
Toni Ucci: Pietro da Vinciolo
Franca Dominici: Perdicca
Luisa Dominici: Belcolore
Guido Celano: messer Anselmo
Andrea Aureli: Maso
Hélène Chanel: Perincipessa di Civignì
Ignazio Leone: il Bargello
Antonia Santilli: donna nella tinozza
Nello Pazzafini: Marito della donna nella tinozza
Gastone Pescucci: Giovanni Cioppolo
Mimmo Poli: Spettatore grasso
Luca Sportelli: Loderinghi
Antonella Santi: donna piccione
Regia Bruno Corbucci
Soggetto Mario Amendola
Bruno Corbucci
Sceneggiatura Mario Amendola
Bruno Corbucci
Produttore Dino De Laurentiis
Distribuzione (Italia) Columbia
L’opinione del Morandini
6 sketch cavati dal Decamerone che hanno per protagonisti Buffalmacco (E. Montesano) e Bruno degli Olivieri (P. Franco), burlatori di Calandrino (A. Fabbricatore) e di altri gonzi. Nel filone dei “decameronidi” uno dei meno trucidi.
L’opinione di Undjing dal sito http://www.davinotti.com
Assieme a Fiorina la vacca uno dei migliori esemplari del filone decamerotico, coniato dal successo pasoliniano (Il Decameron). La valida regia di Corbucci, esperto di commedia all’italiana, è sorretta pienamente dal buon cast, che contempla un convincente (e simpatico) Montesano nel ruolo di Buffalmacco. A margine si fanno notare anche Pippo Franco, Noschese, Lino Banfi ed il celebre vincitore nel Rischiatutto (d’epoca): Andrea Fabbricatore, nei panni di Calandrino, ch’è poi il “legame” di continuità delle varie storie sparpagliate con azzeccato senso del ritmo e dell’ironia. Significativo.
L’opinione di Rfe dal sito http://www.davinotti.com
Uno dei decamerotici migliori, meno rozzi e meno volgari. Un gruppo d’attori mai più visto in un boccaccesco: Pippo Franco, Enrico Montesano, Alighiero Noschese o Lino Banfi sono ben affiatati e divertono. Degne di attenzione soprattutto le belle attrici coinvolte (per fortuna Corbucci si rifiuta intelligentemente di accodarsi al criterio anti-estetico seguito da Pasolini nella Trilogia della vita): Koscina, Biagini, Petit. C’è anche Pia Giancaro, prima di diventare Principessa Ruspoli.
L’opinione di Ronax dal sito http://www.davinotti.com
Decamerotico di classe, girato con buon mestiere da Corbucci che aveva a disposizione mezzi (i soldi di De Laurentiis) nettamente superiori alla media. Partito quasi come un musical, procede con ritmo indiavolato e una notevole cura dal punto di vista scenografico. Montesano fa la parte del leone, ben coaudiuvato da Pippo Franco e da altri valorosi caratteristi, mentre Noschese, insuperabile come imitatore, si conferma un attore piuttosto opaco. Superbo il ricco comparto femminile, cioè la sostanziale ragion d’essere di un film come questo.
L’opinione di motorship dal sito http://www.davinotti.com
Bel decamerotico per nulla volgare e con nudi non esagerati. Inoltre è un film molto divertente, spassoso e diretto davvero molto bene da Corbucci. Incredibile il cast, sia quello femminile (Koscina, Biagini, Petit) che quello maschile, con la coppia Montesano-Noschese (con il primo che domina praticamente la scena) in testa, anche se Pippo Franco e Lino Banfi non sono da meno. Esilarante il finale e simpatiche le canzoncine a mo’ di musical. Da vedere.
L’opinione di tomasmilia dal sito http://www.davinotti.com
Uno dei più fortunati epigoni del Decameron pasoliniano. Grande cast (forse il più ricco per un decamerotico, più comico che erotico) sebbene la trama consista in una decina di novelle (dis) unite tra loro. Pippo Franco e Montesano (istrionico, si esalta tra balli, canti e “parlate”, il gagà) si muovono come Encolpio e Ascilto nel Satyricon petroniano con lo spirito boccaccesco. Sono loro che danno avvio agli scherzi a danno del povero Calandrino (il campione di Rischiatutto, Fabbricatore). Divertenti gli stornelli.
Vi ricordo di votare per il sondaggio sulle novità da introdurre nel sito!
Filmscoop è su Facebook:per richiedere l’amicizia:
La liceale seduce i professori
Il Prof. Pasquale La Recchiuta è preside di un liceo nella cittadina di Trani.
Vive con suo nipote Arturo, ha una relazione con la bella Fedora e ha la passione per gli strumenti musicali.
A casa sua arriva all’improvviso la nipote Angela, spedita lontano da casa per permetterle di studiare con più profitto.
Ma nella classe del liceo dove la ragazza finisce non tira aria adatta agli studiosi; i ragazzi della classe passano il loro tempo organizzando scherzi e facendo di tutto per non studiare.
Angela si adegua al clima, e individuato nel professore di storia l’unica arma per evitare i fastidiosi studi, riesce a sedurlo; nel finale i ragazzi della classe affronteranno gli esami di maturità con esiti catastrofici e la stessa Angela non sfuggirebbe all’identica sorte se …
Lino Banfi e Donatella Damiani
La liceale seduce i professori è l’ennesimo capitolo che il regista Mariano Laurenti dedica al sotto filone studentesco, appartenente al filone della commedia sexy e segue altre opere di identica ispirazione, come Classe mista (1975),La compagna di banco (1977),L’insegnante va in collegio (1978) e La liceale nella classe dei ripetenti (1978), tutti film di discreto successo al botteghino e caratterizzati da una trama esilissima e giocati sull’esposizione di scherzi da caserma, linguaggio scurrile e qualche nudità della protagonista di turno sparsa qua e là.
Anche questo film non sfugge quindi ai paletti fissati per costruire film di facile presa, prodotti a basso costo e destinati ad un pubblico eterogeneo alla ricerca di qualche risata facile in un clima di totale disimpegno mentale.
Laurenti gira il film nella cittadina pugliese di Trani e questo è un merito;una location di sicuro fascino che ha il pregio di mostrare le bellezze artistiche di una località all’epoca poco conosciuta ma ricchissima di storia e di bellezze architettoniche.
I meriti si fermano qua, perchè il film è un prodotto mediocre, in cui si ride poco e quel poco è suscitato più che altro dalle performance del solito Lino Banfi, autentico mattatore del film coadiuvato da un cast di caratteristi ormai collaudato.
Si va dalla bella Gloria Guida, ancora una volta nei panni di una liceale con poca voglia di studiare attratta più che altro dal fascino maschile ad Alvaro Vitali,per l’ennesima volta bidello con il pallino della musica.
Le altre due protagoniste femminili sono la procace Donatella Damiani e Lorraine De Selle; poichè a loro non è richiesta alcuna dote di recitazione, assolvono il loro compito con sufficienza, dovendosi limitare a poche scene in cui mostrano con generosità epidermide,seni e glutei.
Siamo nel 1979, in piena crisi cinematografica e le produzioni ormai risentono della mancanza di idee e sopratutto della mancanza di soldi; anche questo prodotto è ruvido e grossolano, privo di una trama che vada oltre gli stereotipi del genere e sopratutto fine a se stesso.
Ninetto Davoli, Lino Banfi e Gloria Guida
Eppure Laurenti continuerà a girare imperterrito film macchiettistici, insistendo su un genere (la commedia sexy) ormai agonizzante e privo di validità artistiche.
Ne sono la prova i successivi prodotti,L’infermiera nella corsia dei militari (1979),La ripetente fa l’occhietto al preside (1980),La settimana bianca (1980),La settimana al mare (1980),L’onorevole con l’amante sotto il letto (1981) in cui le trame sembrano malinconicamente ricalcate in copia carbone.
Questo film è passato diverse volte in Tv per cui è facile trovare delle copie ben digitalizzate; esiste anche in formato dvd ed è facilmente reperibile in rete.
La liceale seduce i professori
Un film di Mariano Laurenti. Con Gloria Guida, Lino Banfi, Ninetto Davoli, Fabrizio Moroni, Alvaro Vitali, Carletto Sposito, Dario Silvagni, Donatella Damiani Erotico, durata 102′ min. – Italia 1979.
Lino Banfi: Prof. Pasquale La Recchiuta
Gloria Guida: Angela, nipote di Pasquale
Alvaro Vitali: Salvatore
Donatella Damiani: Irma, compagna di banco di Angela
Ninetto Davoli: Arturo
Fabrizio Moroni: Prof. Carlo Casalotti
Carletto Sposito: Prof. Caccioppo sordo
Lorraine De Selle: Fedora
Jimmy il Fenomeno: Postino/Suonatore Banda
Fernando Paone (Nando Paone):
Paola Pieracci: Proprietaria di casa
Germana Dominici: Professoressa
Gianluca Manunza: Figlio professoressa
Ermelinda De Felice: Baby sitter del figlio prof.ssa
Regia Mariano Laurenti
Soggetto Mariano Laurenti, Francesco Milizia
Sceneggiatura Mariano Laurenti, Francesco Milizia
Casa di produzione Dania
Fotografia Federico Zanni
Montaggio Alberto Moriani
Musiche Gianni Ferrio
Scenografia Elio Micheli
Cornetti alla crema
Domenico Petruzzelli è un sarto particolare; crea infatti abiti talari e la sua clientela è fatta ovviamente da prelati anche di alta gerarchia.
La vita familiare del sarto è però piatta in maniera desolante; l’uomo infatti ha una moglie pedante e fanatica di telenovelas e un figlio ingordo e tonto.
Ma anche a Domenico capita quello che a prima vista sembra un colpo di fortuna.
Conosce infatti una splendida donna, Marianna, che ha ambizioni liriche e che da subito mostra molta simpatia per lui.
Quello che Domenico non sa è che la donna ha un fidanzato robusto e manesco, così quando invita la ragazza a casa sua, cerca di sfruttare l’amicizia che ha con Gabriele che è l’inquilino del piano di sopra.
Gabriele è un vero e proprio playboy e dopo diversi dinieghi, accetta di cedere il proprio appartamento a Domenico, che ha raccontato diverse frottole a Marianna.
Il sarto infatti si è presentato come uno scapolo e ha dato le generalità dell’amico.
Per una serie di sfortunate combinazioni, al povero Domenico il tentativo di “consumare” una notte d’amore con Marianna andrà in fumo, mentre invece il vulcanico Gabriele provvederà a consolare l’apatica moglie del sarto.
Accade infatti che un pezzo grosso del Vaticano arrivi nel posto sbagliato nel momento sbagliato, sorprendendo Domenico con Marianna, che a sua volta scopre così che il sarto gli ha mentito sulla sua identità. E per finire, il povero Domenico sarà malmenato di brutto dall’irascibile Ulrico fidanzato di Marianna,scoprirà di esser stato fatto becco da Gabriele e così nelle ultime scene lo troveremo malinconicamente seduto su una sedia a rotelle, spinto dalla moglie traditrice, dall’ex amico e da suo figlio….
Cornetti alla crema è un film dell’ultima fase della commedia sexy, ma sorprendentemente è una delle meglio riuscite e in qualche modo divertente.
Merito di Sergio Martino, che evita la palude delle gag scollacciate puntando più che altro sulle disavventure del povero Domenico, interpretato as usual da Lino Banfi, autentico protagonista della stagione delle commedie sexy. Accanto a Banfi, Martino mette una splendida e solare Edwige Fenech ormai presenza storica della commedia sexy.
Il duo, perfettamente affiatato, si muove con disinvoltura attraverso una serie di gag che possiamo definire divertenti, anche perchè per una volta manca la consueta e triste presenza di funzioni corporali rumorose o di oscenità di ogni genere pronunciate a sproposito.
Martino utilizza quindi la sua musa, la Fenech, conoscendola perfettamente e sapendo cosa chiederle e come farla muovere.
Non a caso il regista romano aveva diretto l’attrice di Bona in diversi film come i thriller Lo strano vizio della signora Wardh (1971),Tutti i colori del buio (1972),Il tuo vizio è una stanza chiusa e solo io ne ho la chiave (1972) e le commedie Giovannona Coscialunga disonorata con onore (1973),40 gradi all’ombra del lenzuolo (1976),Sabato, domenica e venerdì, episodio “Sabato” (1979),Zucchero, miele e peperoncino (1980) e infine in quel gioiellino che è Spaghetti a mezzanotte (1981)
Grazie anche alla presenza di due ottimi attori come Milena Vukotic che interpreta la stravagante moglie di Domenico, Elena e a quella di Gianni Cavina che riveste i panni di Gabriele ovvero l’amico infido di Domenico, Martino riesce a non deludere lo spettatore e a regalare qualche sorriso, cosa che negli anni 80 (almeno a livello cinematografico) rimarrà una pia illusione, un autentico paradosso alla luce di quelli che saranno almeno economicamente gli anni delle cicale e dell’edonismo reganiano,gli anni della grande illusione della ricchezza a portata di tutti.
Un film che vive di situazioni viste molte volte, eppure interpretate con garbo e ironia; le varie scene in cui il manesco Ulrico malmena Domenico sono davvero esilaranti così come lo sketch migliore resta quello in cui avviene l’incontro tra l’Eminenza accompagnato da un pretino e lo sventurato Domenico che nasconde in casa di Gabriele l’avvenente Marianna.
Da segnalare nel film il cameo della bravissima Marisa Merlini, l’odiosa suocera di Domenico e quello della bella Michela Miti nel ruolo di una squillo rimorchiata da Gabriele.
Gianni Cavina e Milena Vukotic
Un film che si può vedere nell’ottica di passare un’ora e mezza spensierata e perchè no, lasciandosi andare a qualche risata di gusto.
Cornetti alla crema,un film di Sergio Martino. Con Gianni Cavina, Lino Banfi, Edwige Fenech, Marisa Merlini,Milena Vukotic, Armando Brancia, Mariangela D’Abbraccio, Michela Miti, Luigi Leoni
Commedia, durata 109 min. – Italia 1981.
Lino Banfi: Domenico Petruzzelli
Edwige Fenech: Marianna
Gianni Cavina: Gabriele Arcangeli
Marisa Merlini: madre di Marianna
Milena Vukotic: Elena
Armando Brancia: Eminenza
Maurizio Tocchi: Ulrico
Filippo Evangelisti: Aristide
Luigi Leoni: Don Giacinto
Salvatore Jacono: Il portiere del palazzo
Michela Miti: Una squillo
Regia Sergio Martino
Soggetto Romolo Guerrieri, Franco Verucci
Sceneggiatura Romolo Guerrieri, Sergio Martino,Franco Verucci
Fotografia Giancarlo Ferrando
Montaggio Eugenio Alabiso
Musiche Mariano Detto
Le recensioni qui sotto appartengono al sito http://www.davinotti.com
TUTTI I DIRITTI RISERVATI
Per gli amanti della comicità divertente anche se talora sgangherata di Lino Banfi un vero e proprio cult. Diretta da Sergio Martino, Cornetti alla crema è una pellicola decisamente imperfetta (soffre ad esempio di un eccesso di volgarità) ma altrettanto indubbiamente spassosa. Le situazini comiche sono ben congegnate e non manca qualche sapido riferimento ad una morale bigotta di certi ambienti. Molto bravo Gianni Cavina.
Domenico Petruzzelli (Banfi) è titolare della ditta che compone abiti “talari”; in quanto tale la sua immagine è consacrata (anche se, scopriremo, con atteggiamenti bigotti) alle “nobili” personalità che ne frequentano la casa. Martino gira un film decisamente spassoso, che affonda spesso lo sguardo (oltreché sulle morbidi forme della compiaciuta Edwige Fenech) su alcuni atteggiamenti sociali, spesso ipocriti e dissimulatori. Grande l’apporto di Gianni Cavina, qui interprete di indole (quasi) spontanea. Il titolo allusivo è più che pertinente.
Il carosello di adulteri, scambio di appartamenti e relativi qui pro quo potrebbe essere ormai arrugginito e cigolante, ma la presenza di uno scatenatissimo Banfi la fa girare a gran velocità – salvo qualche rallentamento nella parte centrale – su una sceneggiatura che trasforma le possibili volgarità in gag originali e spesso esilaranti. Il comico pugliese forma qui un inedito e vincente trio con una Fenech svampita e autoironica (doppiata in veneto) e un Cavina versione tombeur de femmes.
Vetta banfiana assoluta. Uno dei suoi migliori film, dove tutto funziona alla perfezione… dallo “scambio” con un ottimo Cavina alla Fenech (che è anche molto divertente, ma solo grazie al doppiaggio). Bisogna rendere merito a Sergio Martino per questo film, davvero riuscito grazie ad una regìa di livello. Impossibile negare che il sarto di abiti talari Domenico Petruzzelli sia diventato col passare degli anni una specie di icona per moltissimi ammiratori del comico pugliese, ed io non faccio eccezione.
Una delle migliori commedie con Banfi, poco erotica ma decisamente divertente. La trama è semplice ma scorre bene, il cast è ottimo (e funziona anche Cavina come spalla) e le gag funzionano quasi tutte. Notevole anche la colonna sonora di Detto Mariano. Nel suo genere uno dei film migliori.
Pochade banfiana di gran livello. L’insolita accoppiata Banfi-Cavina funziona meravigliosamente, tanto da chiedersi come mai non si sia più ripetuta, ma tant’è. La Fenech è sempre una gioia per gli occhi e qua si mostra nella sua semi nudità di tanto in tanto. Ruoli minori (ma fondamentali) per la brava Vukotich (nella parte della moglie di Banfi) e il figlio “bamba” di Banfi (qui interpretato da uno sconosciuto Filippo Evangelisti) che ormai è storia del cinema. Ottima la OST a cura di Detto Mariano.
Non ai livelli del grandioso Spaghetti A Mezzanotte (sempre diretto dal bravo Martino), ma comunque notevole. Banfi in palla completa fa sempre ridere, spalleggiato dal bravo Cavina in un ruolo tutto sommato insolito, che ricorda vagamente l’umorismo “alla bolognese” del collega Andrea Roncato. C’è pure la Vukotic, in una parte non dissimile dalla signora Pina di fantozziana memoria; indimenticabile anche il figlio scemo Aristide. Le gag vanno a segno quasi sempre, in una girandola di equivoci esilarante. E la Fenech doppiata in veneto è cult!
L’affiatata coppia Edwige Fenech/Lino Banfi, nel 1981, interpretò questa simpatica commedia. Divertente, “banfiano vecchia maniera” e molto anni ’80, il film, incentrato su di un sarto di abiti clericali sposato con Milena Vukotic (la seconda signora Pina dei Fantozzi) ma infatuato della bella cantante lirica Edwige Fenech, è, negli anni, diventata cult. Personalmente la trovo una commedia deliziosa, anche se Gianni Cavina, usato spesso da Pupi Avati, in commedie così risulta un po’ sprecato.
Discreta commediola dal ritmo leggermente ondivago ma impreziosita da un buon cast. Banfi è sempre in palla, la Fenech bellissima come sempre e Cavina è un’ottima spalla. Da non trascurare poi l’apporto dato dalla brava Vukotic e dalla veterana Merlini. Bel ritmo.
Poca originalità. Come tanti altri film del filone affronta le solite corna e le solite amanti. A Domenico gliene capitano di tutti i colori, proprio come a Savino in Spaghetti a mezzanotte (stessa regia). Banfi è mostruosamente comico, fa strage di umorismo grottesco. Nonostante tutto il film ha le sue particolarità (come il tema del bigottismo, anche se resta molto sullo sfondo) e ha una vivace struttura di gag e situazioni non stop. In più oltre a varie trovate veramente comiche, ci sono molte cose divertenti: Aristide il figlio scemo, Ulderico (Mazinga)
Un altro dei must della commedia rètro, qui con Banfi mattatore e Cavina “castigatore”. Le grazie della natìa di Bona (nomen omen) vengono offerte poco e ci si accontenta delle sue lunghe gambe e dei suoi piedi, che il povero pugliese anela senza mai carpire. Il plot è un classico con marito fedifrago in fieri e amico disponibile a “dare una mano”. Si ridacchia, ci si diverte e la prossima volta che verrà trasmesso si sa già che lo si rivedrà…
Commedia degli equivoci, “albergo del libero scambio” trasferito in contesto condominiale. In spazi e tempi ristretti, Lino Banfi, improbabile e perciò irresistibile Casanova, deve destreggiarsi tra moglie, amante, amico compiacente, figlio scemo, portinaio impiccione e in più con l’urgente consegna di un abito talare ad un importante ecclesiastico. Si ride, di fronte a questi “numeri” da giocoliere e non ci sono tempi morti. Che si vuole di più da una commedia anni ’80 di Sergio Martino?
Un Banfi scatenato, al culmine della sua bravura da avanspettacolo e delle sue divertenti gag corporali e linguistico-pugliesi. Da solo regge il film e strappa un discreto numero di risate, di grana molto grossa ma ruspanti e spontanee. Il resto, dalla regia alla confezione generale, ai caratteristi di contorno (comunque valenti), lascia a desiderare. Stupenda la Fenech all’epoca.
One man show del Banfi dell’epoca d’oro, sulle cui spalle poggiano tutte le situazioni comiche. La spalla Cavina fa quel che può, ma con evidenti limiti (comici), la Fenech fa la Fenech e la Vukotic mette in mostra il tuo talento (e qualcosa d’altro). Ma il canovaccio è poca cosa e purtroppo si fa sentire, lasciando addosso una sensazione di mancato appagamento sotto tutti i punti di vista (risate ma anche il versante erotico soft).
Film del periodo d’oro della comicità di Banfi con il Lino Nazionale sarto ecclesiastico per ciò divertentissimo. La Fenech doppiata con simpatica parlata veneta molto provocante anche lei più o meno all’apice. Divertentissima la scena di lui che finisce sotto al letto. Nel cast la fantozziana moglie Milena Vukotic.
Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio
Commedia all’italiana del 1983 diretta da Sergio Martino e strutturata in due episodi.
Il primo, Il pelo della disgrazia, narra le vicissitudini di Altomare Secca (Lino Banfi) che ha problemi di vario ordine, sia sul lavoro dove ha come collaboratrice una ragazza svampita, sia a casa con una moglie che vive in pratica incollata alla tv divorando quantità industriali di telenovelas e con una figlia fidanzata ad un giovane a metà strada tra il punk e il lavativo.
Le cose per Altomare sembrano andare malissimo, ma subiscono un’ulteriore accelerazione verso il peggio quando viene a stabilirsi nell’appartamento di fronte al suo Corinto Marchialla, un distinto signore sulla sessantina con una moglie splendida, Ludovica.
Lino Banfi con Dagmar Lassander…
Il superstizioso Altomare, a cui capitano ormai disavventure come al biblico Giobbe, attribuisce le disgrazie al nuovo venuto; sarà un mago a predire all’uomo la fine dei suoi guai se riuscirà ad estirpare al malefico vicino un pelo che l’uomo ha sul petto.
Da quel momento iniziano una serie di divertenti vicissitudini per Altomare, che è anche oggetto di attenzioni dalla splendida Ludovica: l’uomo rinunecrà ad un appunamento galante pur di poter togliere il pelo famoso dal petto di Corinto.
Ci riuscirà alla fine, rasando completamente il petto dello sfortunato Corinto che non è affatto la causa delle disgrazie di Altomare.
Infatti, come scoprirà con costernazione, la responsabile di tutto è la domestica di casa Secca, una praticante ridi voodoo…
Paola Borboni
Il secondo episodio, Il mago, vede protagonista uno scalcinato maghetto di periferia, Gaspare Canestrari, che per sopravvivere mette in scena spettacoli indecorosi.
L’uomo è talmente mal ridotto da dover accettare ospitalità dalla sua fidanzata e da suo cognato, ma le cose per lui cambiano un giorno mentre sta passando sotto il balcone della Marchesa De Querceto.
Anna Kanakis e Johnny Dorelli
La donna, molto anziana, attratta dalla sua voce lo fa entrare nella sua stanza da letto, dove fa bere a Gaspare una pozione che a suo dire lo trasformerà in un mago potentissimo in cambio di un semplice gelato al pistacchio.
Lo scettico Gaspare ben presto deve ricredersi, perchè si trasforma in un autentico mago capace di vari prodigi.
Il sortilegio tuttavia svanirà per incanto alla morte della Marchesa; preso dalla sua fama e dal successo Gaspare ha dimenticato di comprare il famoso gelato e i suoi poteri svaniscono nel momento peggiore, durante una diretta tv nella quale si appresta a sfidare il mago Silvan…
Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio è una commedia di sufficiente livello, con due episodi però molto diseguali come ritmo e divertimento. Se il primo, Il pelo della disgrazia vede protagonista un irresistibile Lino Banfi, autentico alfiere di un certo tipo di comicità in bilico tra una dose tollerabile di volgarità e una maschera espressiva di consumata abilità, il secondo vede protagonista un Johnny Dorelli poco ispirato e molto a disagio con una storia peraltro confezionata in fretta e furia.
Milena Vukotic
Nel primo episodio sono esilaranti le varie vicissitudini del povero Altomare, che sembra calamitare attorno a se tutte le negatività possibili e immaginabili; come non restare attoniti per esempio di fronte alle mancate avventure con due donne del calibro di Janet Agren e Dagmar Lassander? Oppure come restare indifferenti di fronte alla reazione di Corinto-Mario Scaccia che si risveglia con il torace completamente rasato da Altomare, alla ricerca del pelo maledetto?
A ciò si aggiunga anche la presenza di ottimi comprimari come le citate Lassander e Agren, oltre alla sempre bravissima Milena Vukotic e a quella della simpatica salentina Gegia.
Menzione d’onore per Mario Scaccia, grandissimo attore di teatro che si diverte un mondo nel ruolo del luciferino Corinto, in realtà assolutamente innocente dall’accusa di essere un menagramo.
L’episodio con protagonista Dorelli ha qualche momento ilare, per merito della grande Paola Borboni che bestemmia come un carrettiere e che caratterizza da par suo il personaggio della Marchesa.
Bello anche lo schetch con protagonista una giovane Anna Kanakis nei panni di una donna che quando bacia o ha rapporti sessuali emana fortissime scariche elettriche.
Film da serata di svago che può valere una visione.
Occhio malocchio prezzemolo e finocchio, un film di Sergio Martino. Con Janet Agren, Johnny Dorelli, Lino Banfi ,Milena Vukotic, Dagmar Lassander,Anna Kanakis, Renzo Montagnani, Paola Borboni,Mario Scaccia Adriana Russo.Commedia, durata 119 min. – Italia
Episodio 1, Il pelo della disgrazia
Lino Banfi: Altomare Secca
Milena Vukotic: Giovanna Secca
Janet Agren: Helen
Gegia: Mariella Secca
Elisa Kadigia Bove: Jenny, la governante
Dagmar Lassander: Ludovica Marchialla
Mario Scaccia: Corinto Marchialla
Luigi Costa Uzzo: Il Commissario
Bruno Rosa: Bruno. il commesso
Franco Javarone: il Re dell’Occulto
Andrea Azzarito: Carluccio
Jessica Leri: Commessa negozio
Dino Cassio: Ispettore torinese
Episodio 2, Il mago
Johnny Dorelli: Il Mago Gaspar
Paola Borboni: Marchesa De Querceto
Mario Brega: Alberigo
Franco Solfiti: Presentatore gara dei maghi
Ugo Bologna: Commendatore Raggiotti
Nicoletta Pietrasanti: Aiutante mago
Renzo Montagnani: Cavaliere Aldovrandi
Roberto Della Casa: un cliente del Mago
Silvan: sé stesso
Adriana Russo: la moglie di Gaspar
Anna Kanakis: una cliente del Mago
Calogero Caruana: Provocatore del Mago
Luigi Leoni:Artemio
Regia Sergio Martino
Soggetto Franco Bucceri, Romolo Guerrini, Roberto Leoni, Franco Verrucci
Sceneggiatura Mario Amendola, Franco Bucceri, Bruno Corbucci, Romolo Guerrini, Roberto Leoni, Sergio Martino, Franco Verrucci
Fotografia Giancarlo Ferrando
Montaggio Eugenio Alabiso
Musiche Guido De Angelis, Maurizio De Angelis
Vieni avanti cretino
Per una volta posso tralasciare la consueta introduzione con la trama del film, perchè Vieni avanti cretino, film del 1982 diretto da Luciano Salce è costruito con criteri tipici dell’avanspettacolo, ovvero con una sequenza di sketch slegati fra loro, uniti da un’esilissima trama.
Che vede protagonista Pasquale Baudaffi, appena uscito di galera, che viene aiutato da suo cugino Gaetano a reinserirsi nella società; l’uomo cerca di trovargli un lavoro, e Pasquale da quel momento vivrà una esilarante odissea fatta di equivoci e malintesi attraverso situazioni grottesche e paradossali.
La gag ambientata nel garage, protagonista Michela Miti
Pasquale infatti dapprima finirà in uno studio dentistico (è appena uscito di galera e sente impellente il bisogno di una donna) scambiandolo per un bordello, poi davanti ad una inflessibile esaminatrice che lo boccerà all’esame da guardacaccia, poi come improbabile garagista al quale vengono sottratte tutte le auto da custodire, per finire poi come cameriere e apprendista “custode” e controllore di quadri elettrici.
Il film è costruito e cucito addosso a Lino Banfi, qui alle prese con un ruolo da assoluto protagonista per una volta tanto privo di copione e lasciato libero di caratterizzare il personaggio (in realtà quasi inesistente) di Pasquale, autentica macchietta e caricatura del passaguai ad oltranza.
Nella foto, a destra, Moana Pozzi
Tutto quindi si snoda attraverso scenette tipiche dell’avanspettacolo, con equivoci e battute qualche volta volgarotte o con situazioni ai limiti dell’assurdo come la deliziosa sequenza (patrimonio proprio dell’avanspettacolo) che si svolge all’interno dello studio dentistico.
Il comico colloquio per diventare guardacaccia
Il surreale dialogo tra Pasquale e un cliente dello studio, un ingegnere capitato lì per estrarre un dente si svolge in un clima esilarante, aiutato anche dalla mimica di Gigi Reder che proprio con Salce trovò la sua affermazione grazie al ruolo del ragionier Filini in Fantozzi.
Gustoso anche lo sketch in cui Pasquale viene letteralmente preso a ceffoni da Don Peppino, un sacerdote in trasferta con i suoi parrocchiani che lo riconosce come suo concittadino, così come gradevole è la gag nel garage, protagonista una splendida Michela Miti che vorrebbe concedersi a Pasquale ma viene fermata dai suoi gelosissimi fratelli.
Lo sketch dell’equivoco Studio dentistico- casa d’appuntamento (a destra Ramona Dell’Abate)
Luciano Salce, che veniva da due anni di fermo dopo l’incerto Rag. Arturo De Fanti, bancario precario (1980), protagonista un Paolo Villaggio spaesato, riprende dopo 12 anni il discorso interrotto con Basta guardarla, splendido affresco sul mondo dell’avanspettacolo intriso di ironia ma anche di malinconia, usando questa volta l’arma della comicità per omaggiare un mondo ormai completamente lasciato ai margini dello spettacolo stesso.
Lo fa però usando ritmo e puntando sopratutto su un Lino Banfi che si era fatto le ossa negli anni settanta attraverso la commedia sexy, anche se con risultati discontinui.
I due cugini Pasquale e Gaetano, interpretati da Lino Banfi e Franco Bracardi
Paradossalmente però è proprio grazie a questo film (che viene dopo l’ottimo Fracchia la belva umana) che Banfi mostra appieno tutto il suo talento; finiti i fasti della commedia sexy, l’attore pugliese può finalmente dedicarsi a ruoli comici di ben altro spessore di quelli interpretati fino ad allora.
Così Banfi è libero di imperversare nel film con la sua carica di simpatia che diventa sempre più forte con lo scorrere del film: che sia il cameriere costretto a portare una marea di caffè ad una cliente o che sia il sostituto del tenore costretto a improvvisare un recital in dialetto pugliese, Banfi fa il suo caratterizzando un personaggio tra i migliori della sua lunghissima carriera.
Il sosia di Benigni e Adriana Russo
Aiutato anche dall’inappuntabile presenza di numerosi caratteristi all’altezza del loro compito come Franco Bracardi (il cugino Gaetano, protagonista del formidabile sketch del ristorante),del citato Reder e della Miti oltre che da piccole partecipazioni di Ramona Dell’Abate, Moana Pozzi, Adriana Russo.
Un film che riesce a divertire, tenendo conto che siamo nei primi anni ottanta, quindi nel pieno della crisi cinematografica che non fu soltanto di incassi, ma anche di idee; qui di idea vincente c’è quella di salce di uscire dallo schema del film basato su una trama per divertire semplicemente con le gag che si usavano negli anni sessanta.
Il finale del film, Lino Banfi è con Luciano Salce che interpreta se stesso
Vieni avanti cretino, un film di Luciano Salce. Con Lino Banfi, Franco Bracardi, Moana Pozzi, Michela Miti, Mimmo Poli,Luciano Salce, Gigi Reder, Dada Gallotti, Ennio Antonelli, Paolo Paoloni, Luciana Turina, Alfonso Tomas, Giuseppe Spezia, Annabella Schiavone, Nello Pazzafini, Roberto Della Casa, Jimmy il Fenomeno, Dino Cassio, Pietro Zardini, Giulio Massimini, Anita Bartolucci, Ramona Dell’Abate, Mireno Scali, Danila Trebbi, Francesca Viscardi, Adriana Russo
Commedia, durata 98 min. – Italia 1982.
Lino Banfi: Pasquale Baudaffi
Michela Miti: Carmela
Franco Bracardi: Gaetano Baudaffi
Anita Bartolucci: Marisa
Ramona Dell’Abate: Assistente dentista
Gigi Reder: Ingegnere
Jimmy il fenomeno: Raffaele
Dino Cassio: Don Peppino, il Prete Pugliese
Moana Pozzi: Accompagnatrice
Nello Pazzafini: Gargiulo
Adriana Russo: Ragazza al bar
Mireno Scali: Ragazzo al bar
Luciano Salce: se stesso
Alfonso Tomas: Dr. Tomas
Roberto Della Casa: Marito geloso
Paolo Paoloni: Direttore
Giulio Massimini: Cardinale
Pietro Zardini: Radames
Annabella Schiavone:esaminatrice
Luciana Turina:padrona del barboncino
Regia Luciano Salce
Soggetto Franco Bucceri, Roberto Leoni, Lino Banfi
Sceneggiatura Franco Bucceri, Roberto Leoni, Lino Banfi
Produttore Giovanni Bertolucci, Aldo U. Passalacqua
Fotografia Erico Menczer
Montaggio Antonio Siciliano
Musiche Fabio Frizzi
Le recensioni qui sotto appartengono al sito http://www.davinotti.com
TUTTI I DIRITTI RISERVATI
Più che un film con trama, tante scenette d’avanspettacolo (quella del dentista è vecchia di decenni) cucite insieme da un’esilissimo intreccio (Banfi che cerca lavoro). Il livello, va da sé, è quanto di più disuguale si possa immaginare. Resta, indelebile, il nostro che entra in azienda scortato dalla Pozzi e dalla Viscardi, le quali lo affidano al più indimenticabile degli Alfredo Thomas visti al cinema, il quale viene premiato dalla nostra soddisfazione. Fosse stato sempre così divertente, il film sarebbe stato un rozzo capolavoro.
Vero e proprio cult movie della commedia italiana di genere, è diretto da un buon regista come Luciano Salce (al quale si devono i primi grandissimi Fantozzi) e rappresenta la consacrazione cinematografica di Lino Banfi. Il comico pugliese è il grande mattatore della pellicola, che non possiede una vera e propria trama (e tantomeno una sceneggiatura), ma è piuttosto la raccolta di una serie di gag spesso irresistibili, raramente più fiacche.
Una comicità ricca di trovate e gag esilaranti, che meglio mettono in rilievo la corposità (e al tempo stesso la parlata) di un Lino Banfi qua al meglio del suo lato “cabarettistico”. Affiancato da nomi di certo interesse (su tutti l’indimenticabile Gigi Reder/Filini), circondato da bambole di una bellezza ammaliante (Michela Miti e Moana Pozzi), diretto da un regista burlone ma intelligente, Banfi propone qua una delle sue migliori performance. Da non dimenticare il nervoso e “sclerato” Alfonso Tomas che offre un contributo non “marginale”.
Uno dei Banfi più divertenti. Quasi senza trama, con una -inutile- cornice metacinematografica che apre e chiude il film, passa da una scenetta alla seguente in un crescendo di risate. Da Filomenha al dottor Tomas, dalla Miti nudissima che fa ingrifare Banfi al Gargiulo di Pazzafini, dall’uranismo alla scena dal dentista con un grande Gigi Reder, le sequenze memorabili sono davvero troppe. Misteriosamente, non è mai uscito in vhs in Italia: per fortuna da qualche anno c’è il dvd Federal Video.
Non una pellicola dalla trama lineare ma un collage di scenette più o meno divertenti che vedono come protagonista assoluto Banfi che tiene in piedi la baracca grazie anche all’aiuto di alcuni bravi comprimari. Non tutto è di primo pelo, non tutto funziona bene ma fa il suo sporco lavoro riuscendo a strappare molte risate allo spettatore.
Uno dei migliori film di Banfi (inferiore solo a Spaghetti a mezzanotte). Una trama esilissima lega insieme una serie di scenette divertentissime, condite con la piacevolissima colonna sonora di Fabio Frizzi. Banfi è scatenato, ma anche gli altri attori, tra cui i simpaticissimi Franco Bracardi e Alfonso Tomas, sono bravissimi. Negli ultimi minuti si ha una leggera caduta di tono, ma il resto del film è eccezionale, anche se con una storia più elaborata poteva diventare un capolavoro.
Mediocre ma divertente a tratti, con tentativi di metalinguaggio abbastanza patetici. Banfi è in forma anche se come sempre limitato ma riesce a far ridere; o meglio fan ridere le situazioni attorno a Banfi, tipo il buon Reder, in una gag vecchissima o l’immortale Thomas coi suoi tic. Lo so è una comicità da deficienti scherzare sui tic, è troppo facile, ma io sto ancora ridendoci sopra dal 1982!! Il sedere della magnifica immortale Moana è in bella evidenza.
Una delle ultime interpretazioni memorabili di Banfi; e che interpretazione! Il comico dà libero sfogo all’improvvisazione, ma anche alla sua esperienza nel mondo del cabaret da cui è partito. Il sagace Salce, reduce dai bellissimi film con Villaggio, trova in Banfi l’interprete perfetto per la sua comicità surreale e dissacrante, inserendo anche qualche scorcio metacinematografico per nulla disprezzabile. Le gag sono eccezionali, da scompisciarsi, grazie anche a spalle di primordine come Reder, Bracardi e Tomas. Divertentissimo!
Lino Banfi superstar in questo gustoso omaggio all’avanspettacolo. E’ sin troppo ovvio che Vieni avanti cretino sta a Banfi come Totò a colori sta a Totò. Nulla più che una raccolta di gustose scenette d’avanspettacolo legate assieme pretestuosamente. Benché sia divertentissimo e faccia sganasciare dalle risate, alla lunga stanca e si fatica ad arrivare a fine visione. Molto meglio se gustato un po’ per volta, scena per scena. Salce confeziona il tutto egregiamente, sfogando anche la sua vena cinefila.
Favoloso! Uno dei più riusciti film comici di Salce con un Lino Banfi in ottima forma, accompagnato da un ottimo Bracardi. Le gag sono una migliore dell’altra (forse quella del dentista è un po’ deboluccia), in particolare la scena con Michela Miti, quella dei caffè al bar (“me chiamo Salvatore Gargiulo… se sbagli la comanda io ti rompo il…”) e soprattutto la scena con Alfonso Tomas.
Siamo, di solito, abituati a vedere Lino Banfi fare parti da “carnefice”, nelle commedie anni ’70/80, ma qui è “vittima” d’esilaranti gag a non finire, che il regista, Luciano Salce, dirige con la sua abituale ironia. E noi si ride, pensando a quell’Italia più semplice dei primi anni ’80, rappresentata in questo film. Oltre all’ottimo Banfi, sono da applausi anche gli altri attori che vi compaiono. La trama non è poi importante, sono le gag che danno un senso alla pellicola. All’epoca, Nonno Libero era molto lontano (per fortuna, direi). Da tre.
Luciano Salce è il primo che vede in Lino Banfi le qualità per il grande salto e gli consegna tra le mani un canovaccio narrativo deboluccio; ma Banfi tira fuori dal cilindro un’interpretazione memorabile, una prova maestosa che lo consacra re indiscusso della “commedia all’italiana” grazie a trovate geniali, improvvisazioni perfette e un ritmo che, seppur con qualche caduta di tono e stile, risulta essere piacevole anche a molti anni di distanza dall’uscita. Indimenticabile la “cancion anglo-iberico-pugliese” Filomeña. Cult assoluto.
Uno dei migliori Banfi in una commedia che, per quanto non abbia spunti né pretese di capolavoro, fa divertire e ridere di gusto. Certo, alcune situazioni sono vecchie come il cucco (Tomas ha fatto una carriera con i suoi tic), ma vederle fa morire. Gli episodi, eccezion fatta per quello con il direttore anti-gay, che non mi impazzire, sono ottimi. Rimane ben impresso quello al bar con il sosia di Benigni e la bella ragazza dagli aulici pensieri… Assolutamente imperdibile.
Discreto, ma non uno dei migliori interpretati da Banfi. Salvo le scene più famose (tipo quella dell’incontro con il prete, quelle con il barista Gargiulo, al dentista, Filomena e l’incontro tra Banfi e un ispirato Thomas), vi è poco altro da segnalare. Più di Banfi meglio i comprimari, tra cui un divertito Reder. Così così la regia di Salce. Comunque, nel genere si è visto di peggio.
I
Il film in cui Lino Banfi dà il meglio di sé e spreme al massimo le sue grandi doti da caratterista. Impossibile non ridere nemmeno dopo averlo visto tantissime volte. La gag che amo di più è quella con Gigi Reder, ma non è da meno quella finale con Alfonso Tomas in un ruolo decisamente celebre. Assolutamente cult la canzone di flamenco pugliese. Carico anche di molte comparse tra cui Adriana Russo e Jimmy il fenomeno. Film obbligatorio per chiunque ami la commedia italiana anni ’70-’80.
Un Banfi memorabile in una pellicola che esalta le sue doti comiche “gestuali”, oltre che quelle canoniche relative all’uso del suo pugliese “storpiante”. Si ride di gusto per tutto l’arco del film ma l’episodio del laboratorio in cui Thomas (il dottor Thomas!!!) assume lo zio Lino per un lavoro “semplice” ha qualcosa di superbo, in un’iperbole di comicità che nulla ha da invidiare ai grandi comici del passato.
Mi ha fatto ridere, ma Banfi mi piace nella commedia sexy, mentre questa è una serie di straviste scenette da avanspettacolo, alle quali l’attore dà smalto, con la sua energia, con la sua mimica, col suo linguaggio (anche corporeo). Riesce a rinfrescare anche la gag – vecchissima – del pranzo in trattoria “inventato”, e rende quasi chapliniano l’episodio della telescrivente. Ma si sente la mancanza di una vera trama, poi credo che Banfi dia il meglio interagendo con belle donne: qui lo fa solo, brevemente e noiosamente, con la Miti. Così così.
In questo film si può apprezzare in tutta la sua verve comica il grandissimo Lino Banfi. La ricerca di un lavoro dopo il carcere porta il nostro amato protagonista a una girandola di situazioni che lo portano a incontrare personaggi bizzarri e strampalati. Ogni mini-scenetta è divertentissima e, tra un equivoco e l’altro, le risate si sprecano.
Indubbiamente una raccolta delle migliori di tutte le possibilità cabarettistiche, meglio dire “da avanspettacolo”, di un Lino Banfi comunque simpatico anche nelle scenette le più scontate. Dove ho riso veramente è stato durante l’esibizione canora di Filomena; non solo perché Banfi è bravissimo, ma per tutta la preparazione, la scenografia e i personaggi di contorno tutti perfetti che fanno da degna cornice all’esibizione stessa. La sceneggiatura è poco più che dilettantistica, come pure il finale auto-assolutorio.
I
Straripante comicità di Banfi & company, con una grandissima regia di Luciano Salce, un vero maestro della commedia all’italiana. Banfi riesce a far passare battute molto d’avanspettacolo per fresche e garbate barzellette da bar. Il corollario di belle attricette (senza offesa, si capisce) è opera di Salce amante del gentil sesso, e si vede. La storia è fatta di tanti piccoli separietti uniti da un solo e unico comun denominatore, la comicità. Bello e buono, imperdibile!
Senza Parole. Un capolavoro della comicità italiana. Banfi in forma paurosa, divertentissimo, attivissimo e immenso! Episodi e gag uno più divertente dell’altro! Da sottolineare la presenza dei grandi Nello Pazzafini, Dino Cassio, Jimmy il Fenomeno, Alfonso Tomas, Gigi Reder. Un cult da vedere, rivedere e rivedere e ridere fino allo svenimento.
Incredibile capolavoro di comicità, ricco di gag ormai entrate nell’immaginario collettivo: il caffè con utopia, l’equivoco dello studio dentistico ex casa d’appuntamenti, gli schiaffi col prete, l’esame ornitologico, Filomenha, i tic nervosi nell’azienda del Dottor Tomas che non è mai in sede… Un Banfi scatenato e a tutto campo che si concede poche volgarità (si nota che alla regia c’è Salce e non Cicero o Tarantini) e diverte tantissimo. Comparsate per Michela Miti e Ramona Dell’Abate e un piccolo cameo di una giovanissima Moana Pozzi.
Salce raccoglie il meglio di Banfi, quello che trapelava dalle pellicole scollacciate (e non) precedenti e imbastisce una trama per far emergere tutto ciò che fino ad allora non era trapelato, ovvero la comicità convincente di un attore completo e non di un caratterista com’era stato giudicato Banfi fino ad allora. Il risultato è una summa banfiana di sketches, alcuni dei quali (i caffè, l’esame ornitologico, il dentista l’azienda elettronica, gli schiaffi) si sono incollati nella memoria collettiva.
Buon esempio di cinema non certo “alto” ma estremamente efficace. Una delle prove più memorabili di Banfi, vero mattatore del film, il quale è legato insieme da una trama che più semplice non si può. Ma la sapiente mano di Salce sa come valorizzare la comicità debordante dell’attore, inanellando una gag dietro l’altra (quasi tutte entrate nella hall of fame, trash se vogliamo, della commedia nostrana); cosparge il film di qualche dotta citazione cinefila e soprattutto circonda Banfi di gustosissime spalle. Strumento di risata perpetua.
Imposto a ritmo di svariati passaggi televisivi, assorto a livello di cult quando invece non è proprio il miglior film di Banfi. Michela Miti non è certo a livello di Bouchet o Fenech e il suo episodio è proprio banalotto. Altri episodi si basano su doppi sensi e equivoci e comunque Banfi è più imbranato del solito, quasi fantozziano (non a caso la regia è di Salce). Per ridere abbastanza dobbiamo aspettare l’ultima parte… con un grande Alfonso Tomas. Però meglio i film di Cicero, Martino, Laurenti e Tarantini… anche se non si chiamano Salce!
Grande cult con un Banfi al top della forma, aiutato da un ottimo cast, in questo lavoro di Salce (che non si fa mancare la denuncia sociale); rimane memorabile per i suoi sketch con Dino Cassio, Tomas, Bracardi e soprattutto in quello indimenticabile con il grande Gigi Reder! Qui si tocca l’apice della comicità, confezionando gag memorabili piene di equivoci e doppi sensi; è uno di quei pochi film in cui si ride sempre, dall’inizio alla fine, grazie ad un Lino goffo e disgrazieto, che grazie alla sua ingenuità si rende spassosissimo! Mitico!
Avanspettacolo travestito da cinema. Tutte le sequenze sono rielaborazioni di scenette vecchie di decenni, che anche le più scalcinate compagnie hanno messo in scena almeno una volta. Ma qui c’è Banfi, che quel mondo ha vissuto e amato: la sua è una prestazione di cuore e il pubblico lo recepisce. Anche le spalle (Cassio, Tomas, Reder) vengono dal varietà e gli reggono il gioco magnificamente. Salce dirige con passione e gusto, ma il film risulta ripetitivo e alla lunga rischia di annoiare.
Semplicemente MEMORABILE!!! E infatti chi non lo conosce a memoria? Banfi è travolgente e una risata… la strappa a tutti. Si consiglia di rivederlo al calduccio della guardiola del portiere (preferibilmente uranista) sorseggiando un caffè con humour, perché la soddisfazione dello spettatore è il nostro maggior premio…. piripiripiahiahi!!! Ha parleto alendelon!
Stangata in famiglia
Il commendator Piero Brambilla, un funzionario del ministero delle finanze, vive da vedovo in un appartamento condiviso dalle sue due figlie, dal cognato pugliese Nicola e dalla figlia di quest’ultimo Sabina.
Il menage famigliare si rivela troppo esoso per le sue tasche, così quando un suo superiore gli propone di aumentare le entrate Brambilla accetta senza discutere; dovrà occuparsi d’ora in poi di accertamenti finanziari sul tenore di vita di presunte massaggiatrici, di sedicenti estetiste che secondo il ministero delle finanze traggono i loro guadagni in maniera illegale, sottraendo così il loro patrimonio alla giusta tassazione.
Lino Banfi e Piero Mazzarella
Brambilla inizia un tour presso varie professioniste, nel corso del quale si renderà conto del sottobosco che governa il mondo nascosto al pubblico ( e alle finanze) delle sedicenti professioniste.
Molte di loro in fatti praticano massaggi molto particolari, altre ancora si prostituiscono.
Brambilla, che è persona sostanzialmente ingenua ed onesta, racconta i particolari delle sue “indagini” ai famigliari che, allettati dai facili guadagni, decidono di mettere su un fiorente istituto dedicato proprio a massaggi particolari con relative pratiche sessuali.
Nel gruppo ovviamente ci sono tutti i componenti della famiglia, così quando Brambilla si troverà casualmente a indagare proprio sulla neonata azienda Toccasana, scoprirà amaramente che sia le figlie, che la nipote e il cognato traggono illeciti guadagni in maniera illegale.
La scoperta provoca un infarto al buon Brambilla, che appena guarito verrà spedito nella Brianza ad eseguire altri lavori.
Stangata In Famiglia , diretto da Franco Nucci nel 1976, è una commediola della equivoci abbastanza piatta e noiosetta; tutte le gag utilizzate nella commedia sanno di stantio, e la commedia è penalizzata anche dalla scelta del buon Piero Mazzarella,caratterista apprezzato in tanti film della commedia italiana, assolutamente inadatto a ruoli di primo piano.
Femi Benussi
L’ingenuità del commendator Brambilla è così resa in maniera poco credibile da un attore come Mazzarella che ha un volto ormai etichettato come quello del furbetto del cinema e appare quindi assolutamente fuori ruolo in virtù del fatto di non appartenere al gotha degli attori.
Molto meglio sarebbe stato affidare il ruolo del “commenda” a Lino Banfi, che viceversa interpreta Nicola, un meridionale sanguisuga che vive alle spalle del Brambilla ( ancora una volta un clichè stantio, quello del meridionale parassita), apostrofato dal Brambilla con il solito e triste “maledetto di un terun”
Banfi, che nel film si chiama Zagaria (suo vero nome) si sacrifica in un ruolo minore, apportando poco all’economia generale del film, così come del tutto irrilevante la presenza di Femi Benussi, una volta tanto insolitamente vestita nel ruolo di Margherita, (una massaggiatrice) e Marisa Merlini, che a metà anni settanta comparve in numerose pellicole a sfondo semi erotico.
Nel gineceo femminile compaiono anche Patrizia Gori, la bellissima Helene Chanel nel ruolo di una massaggiatrice/prostituta francese e la futura annunciatrice televisiva Gabriella Golia.
Purtroppo il livello delle gag e delle situazioni comiche è a metà strada tra il pecoreccio e la pochade più imbarazzante:si passa dal Brambilla che va a farsi massaggiare per sondare la vera attività di una di queste pseudo professioniste e viene massaggiato da quest’ultima con i seni e che facendo finta di dormire (sic!) assiste ad un congresso carnale della donna alla ragazza di colore che si prostituisce in casa del fidanzato, che lo accusa alla fine di essere razzista solo perchè il Brambilla va via senza consumare.
Ancor più desolante il pistolotto finale del superiore del Brambilla che giustifica la scelta dei famigliari di quest’ultimo con le ristrettezze economiche, come se lavorare onestamente non fosse una valida alternativa al meretricio.
Aldilà di questo il film è davvero bruttino, scontato e per nulla divertente: consegnato all’oblio è stato riesumato in questi ultimi anni grazie alla rivalorizzazione di Lino Banfi.
Stangata in famiglia,un film di Franco Nucci. Con Femi Benussi, Lino Banfi, Isabella Biagini, Piero Mazzarella,Romy Shell, Marisa Merlini, Hélène Chanel, Ida Meda, Chris Avram, Patrizia Gori, Romy Schell
Commedia, durata 93 min. – Italia 1976.
Piero Mazzarella … Piero Brambilla
Femi Benussi … Margherita
Lino Banfi … Nicola Zagaria
Romy Schell … Sabina
Patrizia Gori … Mariuccia
Gabriella Golia … Pina
Hélène Chanel … Prostitua francese
Marisa Merlini … Aida
Chris Avram … Esposito
Regia Franco Nucci
Soggetto Franco Nucci
Sceneggiatura Franco Nucci, Ciro Boglioni
Produttore Rodolfo Putignani
Distribuzione (Italia) Interfilm CAD
Fotografia Enzo Oddone
Montaggio Enzo Monachesi
Musiche Mino Reitano, Franco Reitano
Le recensioni qui sotto appartengono al sito http://www.davinotti.com
TUTTI I DIRITTI RISERVATI
Si guarda perché c’è il grande (e grosso) Mazzarella, che si fa pure piazzare le mani delle massaggiatrici in mezzo alle gambe! Ma la vicenda è ripetitiva, lenta, solo qua e là leggermente rischiarata da trovatine. Paragonate alle altre “massaggiatrici” che recitano, la Benussi e la Merlini paiono la Duse e la Hepburn. Il film colpisce, più che altro, per il doppiaggio incredibilmente asincrono e per l’esposizione da primato della Pejo. Finale parzialmente telefonato, parzialmente no. C’è Gabriella Golia.
Se non fosse per la curiosità generata da un cast in grado di ammaliare (Banfi prima maniera, Gabriella Golia al suo unico film, la Benussi e Patrizia Gori: l’anno prima vittima di Eastman in Emanuelle e Françoise (le Sorelline), dopo la comparsata in Un urlo dalle tenebre), Stangata in famiglia potrebbe essere archiviato tranquillamente tra i titoli meno riusciti della commedia (sexy) italiana: eppure qualche sana risata la strappa grazie alla naturale interpretazione di Piero Mazzarella e di un Banfi “perduto” tra le tante “venditrici d’amore”.
Film appartenente al genere commedia sexy, poco sexy e per niente comico. I bravi Mazzarella e Banfi non bastano a risollevare una commediuccia che fa acqua da tutte le parti. Il cast femminile è mediocre, eccetto la Merlini e la sempre bella Benussi.