Peccati in famiglia
Il ricco e gaudente ingegner Carlo, in compagnia di sua moglie Piera e di sua figlia Francesca decide di prendersi un periodo di ferie, stressato dall’impegno di dover gestire le sue fabbriche e torna così nella sua residenza estiva nel piacentino.Ad attenderlo c’è una sorpresa: c’è una cuoca, una giovane vedova di nome Doris che ha sostituito la vecchia balia di Carlo.
A qualche giorno dall’inizio delle vacanze, ecco che arriva a casa di Carlo il giovane Milo, figlio di suo fratello, morto senza un centesimo.
Il giovane è uno studente all’apparenza timido, ma in realtà e’ mosso da un’ambizione senza limiti e da un arrivismo altrettanto forte.
Simonetta Stefanelli e Renzo Montagnani
Mentre Carlo inizia un’opera di seduzione serrata nei confronti di Doris, Milo tesse una trama sottile che si dimostrerà vincente.
Dapprima seduce la bella Francesca, che per lui abbandona la relazione torbida con Fedora, poi passa a sedurre anche Doris, nel segreto intento di poter meglio controllare lo zio.
L’unico ostacolo alle ambizioni del giovane è rappresentato dalla furba Piera, che ha intuito qualcosa e che ora vorrebbe mandarlo via.
Ma Milo seduce anche lei e da quel momento è padrone del campo.
Michele Placido e Simonetta Stefanelli
Con l’aiuto di Doris che sottopone Carlo ad un tour de force erotico, Milo procura allo zio un infarto e da quel momento si assicura definitivamente sia le grazie del gineceo famigliare sia il controllo dell’azienda del defunto Carlo.
Peccati in famiglia, diretto da Bruno Gaburro nel 1975 è una delle tradizionali commedie sexy degli anni settanta, poco attente ad una sceneggiatura accettabile e intente invece a mostrare le attrici di turno in abiti succinti.
Cosa che accade immancabilmente anche in questa commedia, che non si eleva come qualità dalla maggioranza dei film del filone, nonostante la presenza nel cast di alcuni validi attori.
Jenny Tamburi
Gaburro, regista di B movie (sue saranno le regie degli erotici Malombra,Maladonna e Penombra) non tenta nemmeno di dare qualsiasi giustificazione sociologica o di indagine al suo film, puntando tutto decisamente su una storia pruriginosa quanto basta per tener desta l’attenzione dello spettatore.
Vien fuori così un film totalmente piatto, a mala pena retto dalla verve del solito Renzo Montagnani, un professionista esemplare in qualsiasi situazione.
La storia è vista e rivista per cui nessun elemento di novità; questa volta però il furbetto di turno riesce a diventare il padrone e una volta tanto il film finisce in maniera anticonvenzionale.
Juliette Mayniel
Per quanto riguarda il cast, davvero sprecato, discrete le tre maggiori protagoniste, ovvero le sensuali Simonetta Stefanelli e Jenny Tamburi oltre che la solita sicurezza rappresentata da Juliette Mayniel mentre appena appena sufficiente un Michele Placido in evidente imbarazzo nei panni del seduttore bello e dannato.
Questo film non è facilmente rintracciabile, quelle che circolano sono generalmente copie ricavate o da vecchie VHS oppure registrate qualche anno addietro dai rari passaggi televisivi.
Peccati in famiglia
Un film di Bruno Gaburro. Con Michele Placido, Simonetta Stefanelli, Renzo Montagnani, Jenny Tamburi, Dino Curcio, Corrado Olmi, Gastone Pescucci, Juliette Mayniel, Lorenzo Piani, Rosita Torosh, Edy Williams Commedia, durata 97′ min. – Italia 1975.
Michele Placido: Milo
Simonetta Stefanelli: Doris
Jenny Tamburi: Francesca
Juliette Mayniel: Piera – moglie di Carlo
Gastone Pescucci: Armando – il dottore
Laura De Marchi: Vincenza – moglie di Armando
Corrado Olmi: don Erminio
Edy Williams: Zaira
Renzo Montagnani: Carlo
Rossella Pescatore: Fedora – figlia di Armando
Dino Curcio: Nando – amministratore della terra
Regia Bruno Gaburro
Soggetto Bruno Gaburro
Sceneggiatura Lianella Carell, Carlo Romano
Produttore Edmondo Amati
Casa di produzione Flaminia Produzioni Cinematografiche
Fotografia Joe D’Amato
Montaggio Vincenzo Tomassi
Musiche Guido De Angelis, Maurizio De Angelis
Scenografia Ennio Michettoni
Costumi Antonio Randaccio
Il sorriso della iena
Lui, lei, l’altra; lui è Marco, cacciatore di dote sposato con la barbosissima Dorothy. L’altra è l’amante di Marco, la bellissima Gianna.
Il triangolo si interrompe il giorno in cui Gianna uccide Dorothy; ad ereditare il patrimonio della vittima dovrebbe essere la figlia di primo letto di quest’ultima, Nancy, che però non ha ancora 21 anni.
Così il neo vedovo Marco decide di prendersi una lunga vacanza con Gianna, andando a vivere in una splendida villa su un lago di proprietà della defunta Dorothy.
Le foto scattate da Gianna
La seduttrice tende la rete
Ma a rompere le uova nel paniere dei due amanti ecco arrivare Nancy, la bella erede.
La ragazza porta lo scompiglio nella coppia, tanto che Gianna cerca inutilmente di convincere l’amante a liberarsi di lei; Marco subisce il fascino sottilmente erotico e proibito della figliastra, ma anche Gianna alla fine resta colpita da lei.
Così si ricostruisce un impossibile triangolo, in cui Nancy sembra a suo agio in maniera sospetta; la ragazza subdolamente avverte Gianna che Magda, la cameriera di Dorothy ha una lettera in cui Marco è indicato come autore dell’omicidio di Dorothy.
Silvano Tranquilli
Jenny Tamburi
Rosalba Neri
A questo punto gli eventi precipitano; succube di Gianna, Marco si libera di Magda, ma rischia contemporaneamente di essere eliminato dall’amante.
Nancy si rivela per quello che è: un’astuta ricattatrice che ha preso il posto di Nancy, sobillata e istruita dal suo fidanzato.
I due hanno le prove degli omicidi perpetrati da Marco e Gianna e riescono a portar via loro con il ricatto una grossa somma di denaro.
Ma la giustizia è dietro l’angolo; all’uscita dalla villa di Marco, la finta Nancy e il fidanzato, che viaggiano su una moto con sidecar, si scontrano con un auto rimanendo entrambi uccisi sul colpo.
Il registratore a nastro sul quale i due complici avevano inciso le voci degli amanti e la loro confessione si mette in funzione proprio mentre….
Il sorriso della iena è uno dei tantissimi thriller degli inizi del decennio settanta; è datato 1972, quindi è uno dei primi a sfruttare il grande successo di L’uccello dalle piume di cristallo, come del resto indicato dal titolo stesso.
Diretto da Silvio Amadio, è un prodotto nemmeno mal congegnato, ma troppo statico e giocato tutto sul rapporto morboso che si sviluppa tra Marco, Gianna e la finta Nancy.
Estenunanti sono i dialoghi tra i tre, con la ninfetta Nancy occupata a tessere la sua tela attorno ai due deboli amanti, che uno dopo l’altro finiranno per cedere alle grazie e alla freschezza della ragazza.
Altrettanto lunghe sono le scene in cui Gianna riprende con la macchina fotografica Nancy, che occupano una parte considerevole di film; scene che mostrano la bella e sfortunata Jenny Tamburi in frequenti sequenze di nudo.
La seduzione è completa
Jenny Tamburi
Abbottonatissima invece l’altra protagonista, la sfinge italiana Rosalba Neri, insolitamente monocorde e svogliata nella recitazione. L’ultimo lato del triangolo è costituito da Silvano Tranquilli, attore sobrio ed elegante che fa il suo con la consueta professionalità.
Ma è il film nel suo complesso a non convincere e una volta tanto la colpa non è della sceneggiatura, che tutto sommato è equilibrata e interessante..
Sono troppe le pause, troppi i dialoghi e per lunghe parti del film si assiste ad un gioco di seduzione da parte di Nancy dall’esito ampiamente scontato. Forse meno scontato è il finale alla delitto e castigo, ma a quel punto le cose contano davvero poco.
Non è un film palloso, intendiamoci, di thriller malfatti ne abbiamo visti a bizzeffe nel decennio d’oro del cinema italiano.
Ma è anche vero che le pause, gli sguardi, le foto non possono da soli tenere in piedi la barracca.
I ricattatori
Per i curiosi che non abbiano visto questo film, anticipo subito che è operazione praticamente impossibile quella di trovare una copia decente della pellicola. Il film non è mai stato editato in digitale (almeno non che io sappia) e le uniche versioni esistenti risalgono a vecchi riversaggi da VHS che lasciano il tempo che trovano. Per cui se decidete di vederlo dovrete sudare le proverbiali sette camicie e non è detto che ne valga la pena.
Il sorriso della jena
Un film di Silvio Amadio. Con Jenny Tamburi,Silvano Tranquilli, Rosalba Neri, Hiram Keller, Dana Ghia, Fabio Garriba Giallo, durata 94 min. – Italia 1972.
(titolo internazionale Smile before death)
Amanti ormai in disaccordo
L’arrivo della vera Nancy
Morte di una ricattatrice
L’incidente mortale
Jenny Tamburi ..Nancy Thompson (come Luciana Della Robbia)
Silvano Tranquilli … Marco
Rosalba Neri … Gianna
Dana Ghia … Magda
Zora Gheorgieva … Dorothy Emerson
Luigi Antonio Guerra … Domestico
Regia: Silvio Amadio
Sceneggiatura: Silvio Amadio,Francesco Villa
Musiche: Roberto Pregadio
Fotografia: Silvano Ippoliti
Montaggio: Francesco Bertuccioli
Filmscoop è su Facebook: richiedetemi l’amicizia.
Il profilo è il seguente:
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Jenny Tamburi
Un altro triste destino, quello di Jenny Tamburi, comune a diverse attrici che conobbero una certa fama nel decennio settanta, nel pieno boom della commedia sexy all’italiana.
Quello di morire nel fiore degli anni, come Marisa Mell, Tina Aumont, Eva Czemerys… tutte attrici di buona caratura, accumunate da una sorte avversa.
Lei, Luciana Tamburini, era nata a Roma il 27 novembre 1952 e aveva esordito con il botto a soli diciasette anni nel 1969 nel film Splendori e miserie di Madame Royale, diretto da Vittorio Caprioli al fianco del grande Ugo Tognazzi, dopo essere stata notata nel celebre Piper, locale nel quale mosse i suoi primi passi come ” Piperina”
La parte di Mimmina, furba ragazzina adottata dal ballerino gay Alessio la vide protagonista di una ottima performance; Jenny aveva un viso da ragazzina acqua e sapone e un talento naturale per la recitazione.
Una giovane e bellissima Jenny Tamburi all’esordio in Splendori e miserie di Madame Royale
Nel 1971, complice il gran successo riscosso dai decamerotici, il regista Vittorio De Sisti la volle nel cast di Fiorina la vacca, forse uno dei prodotti del genere meglio riusciti, girato attorno alle disavventure di una vacca contesa da molta gente. Nel film Jenny aveva una piccola parte sul finale del film, quello di Zanetta, che finirà per comporre un curioso menage a quattro con due uomini e una contadina.
Nel cast figuravano anche una giovanissima Ornella Muti e altre bellezze del calibro di Janet Agren, Eva Aulin, Angela Covello e Graziella Galvani, destinate per la maggior parte a brevi carriere.
Lei riesce nonostante tutto a mettersi in mostra.
Morbosità
Nel film La seduzione, di Fernando Di Leo
Non ha particolari complessi, infatti accetta di girare una breve sequenza di nudo.
L’anno successivo, il 1972, il regista Silvio Amadio la chiama per il film Il sorriso della jena nel quale interpreta Nancy, la figliastra di una ricca ereditiera che ha sposato in seconde nozze l’uomo che è responsabile poi della sua morte. Il ruolo di lolita, seducente e maliziosa, calza a pennello per Jenny o meglio, per Luciana della Robbia che è poi il nome d’arte con cui ha scelto di recitare.
Ha solo vent’anni, ma ha talento, è bella, fisicamente è ben fatta e nell’ambiente cinematografico si è fatta degli amici.
Eppure, in un periodo di pieno boom per l’industria cinematografica italiana, Jenny non lavora tantissimo.
Tant’è vero che il film successivo lo interpreta nel 1973, sotto la regia di Rino De Silvestro.
Jenny nell’introvabile Il sorriso della jena
Si tratta del film Diario segreto di un carcere femminile, uno dei pochi WIP (women in prison, donne in prigione) che meriti di essere citato.
Due sequenze tratte da Morte sospetta di una minorenne; qui la Tamburi è con Claudio Cassinelli
Il suo è un ruolo drammatico, quello della giovane Daniela Vinci, che nasconde un segreto riguardante un grosso carico di eroina e che verrà avvicinata in carcere dalla figlia dell’uomo accusato ingiustamente di aver fatto sparire il carico di droga.
E’ un ruolo scabroso, che interpreta benissimo e con mestiere.
Ed è proprio il 1973 l’anno della svolta per la sua carriera, che avviene grazie alla scittura per il film La seduzione (vedi recensione nel blog), diretto dal grande Fernando Di Leo.
Ancora una volta interpreta il ruolo di una ragazzina, agevolata in questo da quel suo volto così pulito eppure capace anche di malizia.
Il ruolo è quello di Graziella, figlia di Caterina, una vedova che reincontra il vecchio fidanzato e che riallaccia con quest’ultimo rapporti amorosi.
Accanto a Janet Agren in Fiorina la vacca
Sarà proprio Graziella a sedurre l’uomo e a spartirlo con la madre, prima della tragedia finale.
Sono tre i film che Jenny Tamburi interpreta nel 1974; il primo, La prova d’amore di Tiziano Longo è un dramma mal riuscito che ha come protagonista un’altra giovane bellezza, Ely Galleani mentre il secondo è Morbosità di Luigi Russo, torbido dramma in cui ancora una volta interpreta una collegiale, Anna, sfruttata dalla sorella maggiore per motivi abietti.
L’ultimo film del 1974 è Le scomunicate di San Valentino di Sergio Grieco, film del filone conventuale con velleità storiche, a dire il vero ben riposte (vedi recensione nel blog).
La parte di Lucita è di quelle da protagonista; lei è una bella ragazza innamorata però del giovane sbagliato, osteggiato dalla sua famiglia e di conseguenza esiliata in un convento, dove verrà torturata e angariata dalla crudelle badessa.
Sembrerebbe che la carriera della bella attrice sia paragonabile ad un treno in corsa.
In realtà, nonostante la bravura, Jenny resta confinata nello stretto ambito della commedia o comunque dei film di genere.
Con Corrado Pani in Dove volano i corvi d’argento
E’ bella, è capace, ma non le affidano i ruoli nei film di primo piano.
Nel 1975 infatti gira ben quattro film, il primo dei quali è Peccato senza malizia di Theo Campanelli, nel quale è Stefania una giovane orfana che viene presa in cura dallo zio dal quale subirà violenza.
Si tratta di un film a smaccato sfondo erotico, nel quale davvero l’unica cosa di interessante è la sua parte.
Il secondo film della quadrilogia del 1975 è Peccati in famiglia, commediola sexy per la regia di Bruno Gaburro caratterizzata da un buon cast (Montagnani, i coniugi Placido-Stefanelli,Juliette Mayniel, Ely Williams) ma da una sceneggiatura approssimativa. Il terzo è Morte sospetta di una minorenne di Sergio Martino, ed in questo caso siamo davanti davvero ad un bel thriller all’italiana.
Una rarissima immagine tratta da Senza rete: Jenny è con Mia Martini e Alberto Lupo
Jenny interpreta Gloria, amica di una ragazza uccisa per motivi abietti e che finirà a sua volta uccisa da una bomba che la farà saltare in aria su una Vespa.
L’ultimo film dell’anno è Frankenstein all’italiana di Armando Crispino, film comico snobbato dagli spettatori ad onta del buon cast reclutato, che includeva Ninetto Davoli, Aldo Maccione, Gianrico Tedeschi e la bellissima Lorenza Guerrieri.
Più volte ho accennato alla svolta epocale che iniziò subito dopo la prima metà degli anni settanta e che rivoluzionò in manierà irreversibile il cinema, determinandone gli sviluppi futuri, per cui non ci tornerò su.
L’attrice con Enrico Montesano nel pessimo Melodrammore
Fatto sta che in Italia iniziò il lento declino degli spettatori paganti e un inesorabile trasferimento degli stessi davanti agli schermi televisivi.
Infatti proprio il 1976 è l’ultimo anno in cui Jenny lavora a pieno regime; ha solo 24 anni, ma ovviamente è su un percorso di maturazione principalmente fisico che la sta trasformando da eterna adolescente a donna.
Ovviamente appare più matura, quell’aria maliziosa e infantile che era stata la sua caratteristica va lentamente modificandosi.
Diario segreto di un carcere femminile
Il primo film del 1976 è Giovannino, di Paolo Nuzzi, nel quale recita la parte di Marcella.
E’ un film ambientato in Sicilia con una storia che ricalca quella di Paolo il caldo; il film nonostante il buon cast che vede protagonisti bravi attrici del calibro di Tina Aumont, Carole Andrè e Giuliana Calandra, oltre a due giovani promesse, una cinematografica ovvero Christian De Sica e l’altra ben più poledrica come Miguel Bosè, finisce praticamente inosservato.
Le scomunicate di San Valentino
Segue così il discreto e sottovalutato Donna…cosa si fa per te, diretto da Giuliano Biagetti in cui è Sole ovvero una prostituta così chiamata perchè esercita la sua professione sull’autostrada.
Il film, in bilico tra commedia tout court e commedia sexy nonostante sia di buon livello non riesce ad imporsi.
Alfonso Brescia chiama Jenny per il suo Sangue di sbirro, poliziottesco una volta tanto ambientato in America; la sua parte è quella di Susan, amica del cuore del protagonista (George Eastman), che riuscirà a sfuggire ad una serie di attentati prima dell’inconsueto finale.
Nel film Donna cosa si fa per te
Subito dopo, arriva la chiamata per il thriller a sfondo erotico La moglie di mio padre, nel quale però ha una piccola parte anche se interpretata con professionalità.
Inaspettatamente, la carriera di Jenny Tamburi entra in una fase declinante.
Difficile capire perchè, anche se al solito uno dei motivi è essenzialmente la crisi del cinema stesso.
Le scritture si diradano e infatti nel 1977 arrivano solo due chiamate, anche se per due buoni film: si tratta del fulciano Sette note in nero e di Dove volano i corvi d’argento.
Non sono due parti ampie, ma al solito la Tamburi è impeccabile.Tuttavia scopre la tv, o meglio, la tv scopre lei: memorabile la sua partecipazione a Senza rete, accanto ad Alberto Lupo e a Lino Banfi
Nel 1978 è sul set dell’inguardabile Melodrammore, diretto da Maurizio Costanzo che per fortuna dopo quell’esperienza disastrosa scelse di dedicarsi ad altro.
Il film, un fumettone scombinato caratterizzato solo dalla presenza del grande Amedeo Nazzari e da quelle inconsuete dei cantanti Nilla Pizzi e Claudio Villa, è un clamoroso fiasco e Jenny, imprigionata nel ruolo della povera Priscilla ragazzotta a cui viene preferita la prorompente (in senso fisico) Fran Fullenwider dal protagonista del film, finisce per essere più una zavorra che un biglietto di presentazione.
Stessa sorte capita a Liquirizia, film di Samperi che diverrà paradossalmente un cult solo anni dopo.
Nel frattempo Jenny è corsa ai ripari; la Tv offre molto più del cinema ed è in vertiginosa ascesa anche come offerta.
Lei lavora in due produzioni di discreto successo, Scuola serale per aspiranti italiani di Enzo Trapani, con Foa e la Mazzamauro oltre a Maurizio Micheli e Orazio Orlando e sopratutto nella famosa versione televisiva del musical Aggiungi un posto a tavola, di Gino Landi accanto a Dorelli e alla coppia Valori-Panelli.
E’ un gran successo e lei capisce che il suo futuro è quello, lavorare in sit com o in sceneggiati televisivi.
Nel 1980 tuttavia il cinema la chiama in due produzioni dalle alterne fortune: la prima è II tango della gelosia, debolissima storiella di Steno imbastita attorno ai tre personaggi principali, ovvero Jenny (Nunzia), Monica Vitti e l’emergente Abatantuono.
L’altra è Bello di mamma di Rino De Silvestro, curiosa commedia nellla quale l’erotomane di turno (Leroy) deve dimostrare di essere maschio gagliardo e ci riuscirà solo con la propria psicanalista.
Lei interpreta Maddalena Trinacria, una giovane vedova che vuole a tutti i costi che il suo pargoletto sia erede delle fortune di famiglia.
Il film ancora una volta non è un gran che e non riscuote molto successo, mentre paradossalmente ben più rilevante sarà il successo sia personale che di cassetta nel film Pierino la peste alla riscossa, triste epilogo della stagione della commedia sexy.
Film baciato da un incredibile successo di pubblico, assolutamente ingiustificato per la dozzinalità della pellicola.
La parabola discendente, almeno a livello cinematografico di Jenny si conclude con due film che inaspettatamente riscuotono un discreto successo, ma solo a livello economico.
Si tratta del film Lo studente, girato accanto a Nino D’Angelo per la regia di Ninì Grassia, film del filone adolescenziale/ napoletano e di Voglia di guardare di Joe D’Amato, triste epilogo di una buona carriera in cui Jenny è costretta a lavorare in un film soft core decisamente modesto e sciatto, in una parte molto scabrosa.
Peccato senza malizia
Ma ormai la bella attrice, che non dimentichiamolo ha solo 34 anni, ha scelto il suo futuro.
E’ la tv, visto che il cinema ormai è davvero in coma profondo.
Ma una tv in cui la sua esperienza di attrice si trasforma in trampolino di lancio per quella che sarà l’attività primaria che da quel momento in poi svolgerà,ovvero l’agente di spettacolo con ruolo di casting delle più importanti produzioni televisive a livello di sit com.
Lavora ancora solo per la tv, per Professione vacanze, una delle sit com più viste del decennio 80 e in Tutti in palestra, nel quale a 35 anni si mostra nuda, splendidamente e per l’ultima volta.
Infatti non lavorerà più come attrice, dedicandosi anima e corpo alla nuova professione, che le darà grandi soddisfazioni.
Da ricordare l’avvio di una delle serie più fortunate e longeve della Tv, come Incantesimo, oppure l’avvio di una fortunata scuola di recitazione, che prenderà il suo nome dopo la sua scomparsa e inaugurata nel 2001 proprio dalla Tamburi.
Jenny nel bellissimo film di Fulci Sette note in nero
Il casting, il lavoro di colei che deve provare nuovi talenti o scritturarne alcuni per le varie produzioni si rivela la cosa che ama di più, così abbandona le idee di fare teatro (il grande rimpianto della sua vita) e sopratutto senza alcun rimpianto il cinema, che la delude profondamente.
La sua vita scorre tranquilla , fra lavoro e vita privata che difende gelosamente fino a fine 2005, quando scopre purtroppo di essere ammalata di una grave forma tumorale.
E’ una battaglia che non vincerà e che la porterà via prematuramente il 1 marzo 2006, quando non ha ancora compiuto 54 anni.
Ai suoi funerali, nella chiesa degli artisti a Roma, parteciperà la gente che amava di più i suoi amici con cui condivideva il tempo libero.
Un’attrice brava, bella, simpatica.
L’ultima apparizione cinematografica nello scadente Voglia di guardare
L’ultima apparizione, nella sit- com Tutti in palestra
Che forse non ha espresso tutto il suo potenziale ma che ad un certo punto della sua carriera ha saputo e voluto cambiare, trasformando la sua vita e gratificandosi con un lavoro che le piaceva e amava.
Un’attrice che oggi vive un vero culto personale nella memoria di quanti l’hanno seguita con affetto attraverso i film che ha interpretato, che la rimpiangono con sincero affetto
L’epilogo della carriera di Jenny Tamburi: Pierino la peste alla riscossa…
… e il film di Grassia Lo studente
Splendori e miserie di Madame Royale (1970), di Vittorio Caprioli
Fiorina la vacca (1971), di Vittorio De Sisti
Il sorriso della iena (1972), di Silvio Amadio
Diario segreto di un carcere femminile (1973), di Rino Di Silvestro
La seduzione (1973), di Fernando Di Leo
La prova d’amore (1974), di Tiziano Longo
Morbosità (1974), di Luigi Russo
Le scomunicate di San Valentino (1974), di Sergio Grieco
Peccato senza mailzia (1975), di Theo Campanelli
Peccati in famiglia (1975), di Bruno Gaburro
Morte sospetta di una minorenne (1975), di Sergio Martino
Frankenstein all’italiana (1975), di Armando Crispino
Giovannino (1976), di Paolo Nuzzi
Donna… cosa si fa per te (1976), di Giuliano Biagetti
Sangue di sbirro (1976), di Alfonso Brescia
La moglie di mio padre (1976), di Andrea Bianchi
Dove volano i corvi d’argento (1977), di Piero Livi
Melodrammore (1978), di Maurizio Costanzo
Sette note in nero (1977), di Lucio Fulci
Liquirizia (1979), di Salvatore Samperi
Il tango della gelosia (1980), di Steno
Bello di mamma (1980), di Rino Di Silvestro
Pierino la Peste alla riscossa (1982), di Umberto Lenzi
Lo studente (1983), di Nini Grassia
Voglia di guardare (1986), di Joe D’Amato
La paga del sabato 1975
Camilla 1976
Scuola serale per aspiranti italiani 1977
Aggiungi un posto a tavola 1978
All’ombra della grande quercia 1984
Professione vacanze 1986
Tutti in palestra 1987
La paga del sabato 1975
Aggiungi un posto a tavola 1978
In Senza rete,tra Claudio Baglioni e Alberto Lupo
Diario segreto di un carcere femminile
Daniela Vinci, la donna di Tonino, un trafficante di droga, è arrestata e condotta in un carcere femminile: nell’auto sulla quale viaggiava sono stati trovati 20 kg di bicarbonato in luogo dei venti chili di eroina che doveva trasportare. In carcere la ragazza viene avvicinata da Lilly, che si spaccia per un’assistente sociale, detenuta per aver preso a sberle due agenti. In realtà la donna è figlia di Carmelo Musumeci, un grosso trafficante di droga, accusato proprio di aver fatto sparire i venti chili di eroina sostituendoli con il bicarbonato. l’uomo viene catturato da una banda rivale, e nel tentativo di fuggire,m uore precipitando da un’impalcatura.
La figlia, all’oscuro di tutto, vive con Daniela la dura realtà del carcere, fatta di umiliazioni e di vicinanza con donne incarcerate per vari reati: c’è Mammasantissima, lesbica e trafficona, che gestisce tutti i movimenti di merce all’interno del carcere, c’è Maria Goretti, una fervente religiosa che ha ucciso il suo violentatore, una piromane, una donna che nella vita civile faceva l’usuraia, una ninfomane e via dicendo.
Un campionario di società trasferito all’interno di un carcere in cui le condizioni di vita sono molto dure. La povera Daniela, assolutamente all’oscuro dei traffici del suo uomo, viene perseguitata dalle sorveglianti e brutalmente pestata da altre detenute, chiaramente istruite dall’esterno, fino ad essere avvelenata, dopo aver involontariamente fornito a Lilly la giusta traccia. Lilly,
Le detenute sotto la doccia
che è in carcere sotto copertura, rivela al commissario incaricato delle indagini ciò che ha scoperto, e con lui, dopo essere stata scarcerata, si dirige verso il luogo dove la droga è realmente nascosta. Ma dall’interno del carcere arrivano le contromosse: Daniela muore in seguito all’avvelenamento, e il direttore del carcere, complice della banda rivale di Musumeci, manda una squadra di killer incontro al commissario e Lilly, che moriranno precipitando con l’auto dentro un burrone a strapiombo sul mare.
Diario segreto di un carcere femminile, film del 1973, diretto da Rino De Silvestro, è un woman in prison abbastanza anomalo; in primis perchè ha una trama nemmeno tanto mal orchestrata, poi per l’assenza delle solite scene saffiche qui veramente limitate al massimo, nonostante la presenza di un cast femminile in cui le bellezze non mancano di certo, a cominciare da Jenny Tamburi, la sfortunata Daniela, proseguendo poi con Anita Strindberg, che interpreta Lilly, con Eva Czemerys che interpreta Mammasantissima, Valeria Fabrizi, nel ruolo della ninfomane, Olga Bisera in quello della sorvegliante,
Gabriella Giorgelli in quello dell’usuraia e infine Bedy Moratti in quello della piromane. L’unico ruolo maschile di rilievo lo interpreta Massimo Serato, il direttore del carcere collso con i mafiosi. Un film che spazia in qualche modo oltre i rigidi confini che diverranno l’ambito del genere donne in prigione, rivelandosi alla fine abbastanza gradevole, con una trama credibile e buone interpretazioni, oltre al belvedere offerto dai corpi delle attrici impegnate nelle immancabili docce. Tutto molto castigato per altro, senza le solite morbosità tipiche di tanti altri epigoni del genere.
Diario segreto di un carcere femminile, un film di Rino De Silvestro, con Anita Strindberg, Bedy Moratti, Carlo Gentili, Cristina Gajoni, Elisa Mainardi, Eva Czemerys, Franco Fantasia, Gabriella Giorgelli, Jane Avril, Jenny Tamburi, Massimo Serato, Olga Bisera, Roger Browne, Rosita Torosh, Umberto Raiho, Valeria Fabrizi,Drammatico 92 minuti, Italia 1974
Anita Strindberg -Hilda
Eva Czemerys – Mammasantissima
Jenny Tamburi – Daniela Vinci
Cristina Gaioni – La prigioniera religiosa
Bedy Moratti – La prigioniera piromane
Umberto Raho – Avvocato di Daniela
Massimo Serato – Direttore
Elisa Mainardi – Prigioniera
Franco Fantasia- Capo ispettore
Olga Bisera – Gerda, il capo dei secondini
Valeria Fabrizi – Prigioniera napoletana
Paola Senatore – Musumeci
Roger Browne – Ispettore Weil
Rosita Torosh – Una prigioniera
Regia: Rino Di Silvestro
Prodotto da Giuliano Anellucci , Terry Levene
Musiche: Franco Bixio
Editing: Angelo Curi
Le recensioni qui sotto appartengono al sito http://www.davinotti.com
TUTTI I DIRITTI RISERVATI
Ragazza si lascia internare in un carcere alla ricerca di prove che possano scagionare il padre dall’accusa (pilotata) che lo addita quale narcotrafficante; vivrà, da coàtta, esperienze inimmaginabili, condivise suo malgrado assieme alle altre compagne: punizioni corporali, rapporti saffici e umilianti perquisizioni “intime”. In realtà il complotto è guidato dal direttore del carcere. Apripista italiano del famigerato -non meno dell’Eros-Svastika, genere affrontato in seguito dal regista- W.I.P., il film affronta in maniera determinata e con un valido cast il tema della violenza al femminile.
Una strada al maschile (il regolamento di conti tra criminali, le indagini della polizia) e una al femminile (le detenute), dapprima parallele, si avvicinano progressivamente fino a ricongiungersi. Naturale che ’attenzione sia tutta per la variegata (nonché denudata) manovalanza muliebre: la vittima Tamburi, l’infiltrata Strindberg, la mafiosa Czemerys e la sua gelosa amichetta Senatore, la pia Gajoni, la piromane Moratti, le ruspanti Giorgelli e Mongardini, la guardiana Bisera, la ninfomane Fabrizi.
Un film né carne né pesce, a metà tra il poliziesco di maniera e un wip piuttosto blando. Un carico di droga scompare e il boss tampina chi è rimasto in libertà e chi è finita in galera (la compagna del corriere). La trama poliziesca è diluita e scontata, il carcerario finisce a tarallucci e vino. Tra le detenute segnalo la Bedy Moratti ascetica piromane, la Giorgelli bolognese caciarona e soprattutto Olga Bisera la gelida capo-guardie che interpreterà nel 1977 un James Bond (tra l’altro è l’unica a non “svelarsi”..).
Uno dei pochi “Donne In Prigione” che si possa guardare. Scene erotiche al minimo, attrici diciamo “serie” e un poco di trama (che nei film di questo tipo di solito latita); divertentissime le lotte innescate dalla detenuta burina. C’è anche un po’ di “poliziesco-mafia”… Guardabile.
Titolo completamente fuori luogo… Se solo azzardassimo un rapporto con Prigione di donne, questo film perderebbe 20 a 1. Banale la storia parallela della mafia, ridicolmente allo sbando infiltrazioni e complicità. C’è da dire che noi cinefili possiam dilettarci a vedere le nostre beniamine fare a botte, solo che le due protagoniste Strindberg e Tamburi son pessime, la Czemerys è già meglio, mentre al top sono la Moratti e soprattutto Valeria Fabrizi, in una rarissima interpretazione cinematografica. Va anche bene il finale.
Le scomunicate di San Valentino
Due innamorati, Lucita De Fuentes e Esteban Albornoz vorrebbero convolare a nozze, ma l’antica rivalità che divide da generazioni le due famiglie li separa. Denucniato all’inquisizione come assassino, Esteban viene inseguito e quasi catturato da alcuni soldati. Ferito, trova rifugio in un convento, quello di San Valentino, lo stesso nel quale è stata rinchiusa la sventurata Lucita.
Il convento è retto da una badessa molto più simile ad un demonio che ad una santa donna; Encarnation, infatti, regge con pugno di ferro il convento stesso, applicando con crudeltà metodi disumani di correzione. Aiutato dal fedele custode del monastero, Joaquin, che lo nasconde all’interno della sua abitazione, Esteban riesce a vedere la sua amata. Ma non ha fatto i conti con la diabolica Encarnation, che scopre la presenza dell’uomo nel convento.
Appresa la loro storia d’amore, la badessa, che si è invaghita del giovane, uccide una consorella e accusa Lucita del delitto. Portata davanti all’inquitore De Mendoza, la ragazza viene sottoposta a tortura, ma nonostante venga appesa per i polsi e martoriata, non confessa un delitto che non ha commesso, e viene quindi condannata ad essere bruciata sul rogo a Siviglia.
Nel frattempo Esteban si fa sedurre da Encarnation, con il chiaro scopo di scoprire il vero colpevole dell’omicidio; è il fedele Joaquin a svelare il mistero al giovane, pagando però con la vita la sua devozione. Esteban, messosi d’accordo temporaneamente con il padre di Lcita, e dimenticati i rancori, penetra nel convento per liberare la ragazza. Non ci riesce, ma il gioco diEncarnation viene scoperto: la donna, con la collaborazione di alcune suore, ha fatto uccidere diversi amanti, i cui corpi vengono recuperati dai soldati assieme al corpo dello sfortunato Joaquin.
Francoise Prevost, la Badessa
De Mendoza, inflessibile, condanna tutte le occupanti del monastero ad essere murate vive, con l’intenzione di coprire lo scandalo. Ma Esteban minacciando un inquistore scopre che anche Lucita è all’interno del monastero, e che la notizia della sua morte è falsa.
Aiutato dagli uomini di De Fuentes, penetra nel monastero e libera Lucita, mentre Encarnation, consapevole comunque della sua fine, decide di uccidersi con il pugnale che aveva usato in passato contro le sue vittime. L’inviato personale del papa, l’inquisitore generale di Spagna, rimette tutto in ordine: solo alcune monache verranno sottposte a giudizio e rimuove De Mendoza dal suo incarico. Esteban e Lucita possono così intraprendere la loro nuova vita.
Sorprendentemente per un film appartenente al genere conventuale, ci troviamo davanti ad un discreto prodotto, una volta tanto supportato da una buona trama e sopratutto poco incline alle solite perversioni sessuali mostrate a tuto spiano. La storia c’è, si sviluppa abbastanza armonicamente e si lascia seguire, grazie anche all’abile regia di Sergio Grieco, che diresse questo film nel 1973. Buono il cast, nel quale spiccano un ottimo Corrado Gaipa nel ruolo del fanatico De Mendoza, una discreta Francoise Prevost in quello della badessa e della giovanissima Jenny Tamburi, a suo agio nel recitare la parte di Lucita.
Franco Ressel è De Fuentes, il padre di Lucita, mentre un più che discreto Paolo Malco è Esteban, anche se tendente ad essere troppo monocorde. Piccola parte anche per Adriana Facchetti, una delle caratteriste più utilizzate nel cinema anni 70. Film senza grosse pretese, ma godibile.
Le scomunicate di San Valentino, un film di Sergio Grieco. Con Françoise Prévost, Franco Ressel, Corrado Gaipa, Paolo Malco,Jenny Tamburi, Adriana Facchetti, Calisto Calisti, Dada Gallotti, Bruna Beani, Aldina Martano Drammatico, durata 91 min. – Italia 1973.
Françoise Prévost … La badessa
Jenny Tamburi … Lucita
Paolo Malco … Esteban
Franco Ressel … Don Alonso
Corrado Gaipa … Padre Onorio
Pier Giovanni Anchisi … Isidro
Aldina Martano … Sorella Rosario
Bruna Beani … Josefa
Regista:Sergio Grieco
Sceneggiatore:Sergio Grieco
Produzione:Gino Mordini
Musiche originali:Coriolano Gori
Fotografia:Emore Galeassi
Montaggio:Mario Gargiulo
Scenografie:Antonio Visone
Direttore di produzione:Massimo Alberini
La moglie di mio padre
Un ricco industriale e vedovo lombardo, Antonio, convola a nozze con una donna parecchio più giovane di lui; l’uomo va in crisi ilgiorno in cui si rende conto di non poter appagare sessualmente la moglie, iniziando così una relazione adulterina, anche se passeggera, con una giovanissima. La situazione si complica notevolmente con l’arrivo di Claudio, figlio dell’industriale, giovane playboy che ben presto scopre di essere attratto, ricambiato, dalla giovane matrigna.
Luigi Pistilli
La donna, Laura, nutre dubbi su se stessa, incolpandosi in qualche modo dei problemi del marito, finendo per ingaggiare una prostituta per prendere lezioni di seduzione. Tutto finisce in tragedia quando la donna, andato via il giovane Claudio, rifiuta di tornare con il marito, preferendo la sua nuova vita indipendente; Antonio non accetta la cosa e l’uccide.
Carroll Baker
Immerso in un’atmosfera opprimente, decadente, La moglie di mio padre è un film con qualche pregio e moltissime pecche; se riesce, in qualche modo, ad essere una visione del disfacimento della famiglia (siamo negli anni settanta, nel 1976 per la precisione), dei suoi valori ormai in crisi, non sfugge alla logica di una sceneggiatura semplicistica e piena di pecche.
A parte il triangolo ormai abusato marito-moglie-figlio, appare evidentissima la distonia tra la storia e le scene di erotismo, nelle quali c’è anche, insolitamente, il bravo Adolfo Celi, che non riesce con il mestiere a coprire l’evidente imbarazzo. Bene invece Carroll Baker, sempre capace di ricoprire il ruolo assegnato con grazia e bravura. Un film in tono minore, nonostante il cast fosse di buon livello; vanno citati anche Cesare Barro, nel ruolo del giovane Claudio, Luigi Pistilli in quello dello psicanalista dell’industriale,
Gabriella Giorgelli
la solita bellissima Femi Benussi nel ruolo di una moglie fin troppo disponibile e quello della giovane e sfortunata Jenny Tamburi in quello di un’amica della Baker. Il film è diretto da Andrea Bianchi, che in passato aveva diretto diligentemente Nude per l’assassino, con taglio molto pesante, forse troppo per una pellicola con molte pretese assolutamente ridimensionabili dopo la sua visione.
Adolfo Celi
La moglie di mio padre, un film di Andrea Bianchi. Con Adolfo Celi, Carroll Baker, Jenny Tamburi, Cesare Barro,Luigi Pistilli, Femi Benussi, Gabriella Giorgelli
Erotico, durata 92 min. – Italia 1976.
Carroll Baker: Laura
Adolfo Celi: Antonio
Cesare Barro: Claudio
Luigi Pistilli: Carlo
Gabriella Giorgelli: Prostituta
Dada Gallotti: amica di Patrizia
Caterina Barbero: Gabriella
Carla Spessato: Magda
Femi Benussi: Patrizia
Jenny Tamburi: Diana
Regia Andrea Bianchi
Soggetto Andrea Bianchi, Massimo Felisatti
Sceneggiatura Andrea Bianchi, Massimo Felisatti
Produttore Enzo Doria
Casa di produzione Capitol International, Koala Cinematografica
Fotografia Franco Delli Colli, Franco Villa
Montaggio Mariano Arditi
Musiche Guido De Angelis, Maurizio De Angelis
Trucco Romana Piolanti
Fiorina la vacca
L’azione si svolge in Veneto,nel 1500,tra contadini,villani mariti cornuti e mogli fedifraghe; la protagonista è Fiorina, una bella vacca bianca pezzata di nero,che finisce in molte mani. In origine Fiorina appartiene a Ruzante,un contadino che non possiede null’altra ricchezza che la vacca; ma un giorno è costretto a venderla, perchè la sua unica possibilità di guadagnare denaro è diventare un mercenario.
La vende a Menego,bifolco senza denaro, che per comprarla usa i soldi di sua moglie; l’uomo,raggirato,perderà ben presto sia la vacca che la moglie. Michelon, l’autore della beffa in combutta con Guglielmina, moglie di Menego, affida Fiorina la vacca a sua moglie.
La donna,incantata da un suonatore ambulante,cede alle lusinghe del sesso e mentre giace soddisfatta nel suo letto,si vede portar via la vacca dall’occasionale amante e dai suoi complici, altri due suonatori ambulanti.
Le peripezie della vacca però non terminano qui; acquistata da Sandron,viene portata in una stalla,dove però viene rubata da tre soldati di ventura che a loro volta la vendono al ricco Beolco. L’uomo ha un’amante, ma si è stancato di essa così incarica un ruffiano di procurargli un’altra amante. E il ruffiano porta da Beolco la moglie di Ruzante,ormai ridotta alla fame.
Ruzante ritorna dalla guerra,stanco,affamato e sfiduciato; va a cercare la moglie, ma scopre che è diventata l’amante, peraltro contenta,di Beolco; allora sfida le guardie di quest’ultimo, ma viene sconfitto,bastonato e umiliato, mentre la moglie lo caccia via.
Commedia pecoreccia con il pregio di muovere qualche risata,e con un cast di ottimi comprimari,oltre che di splendide attrici fra le quali una giovanissima Ornella Muti,Angela Covello,Janet Agren,Eva Aulin,Jenny Tamburi.
Fiorina la vacca,
un film di Vittorio De Sisti. Con Ornella Muti,Janet Agren, Gianni Macchia, Gastone Moschin, Mario Carotenuto, Renzo Montagnani, Piero Vida, Ewa Aulin, Giorgio Dolfin, Graziella Galvani, Sergio Tramonti, Jenny Tamburi, Felice Andreasi, Angela Covello, Salvatore Baccaro. Genere Commedia, colore 103 minuti. – Produzione Italia 1972
Janet Agren: Tazia
Felice Andreasi: Compare Michelon
Eva Aulin: Giacomina
Rodolfo Baldini: amante di Teresa
Mario Carotenuto: padron Beolco
Angela Covello: Fiorina
Attilio Duse: Sandron
Graziella Galvani: Betta
Gianni Macchia: Checco
Renzo Montagnani: Compare Menico
Ornella Muti: Teresa
Jenny Tamburi: Zanetta
Sergio Tramonti: sarto padovano
Piero Vida: Nane il ‘ruffiano’
Gastone Moschin: Ruzante
Luigi Antonio Guerra: Tonino ‘Stropabusi’
Regia Vittorio De Sisti
Soggetto Fabio Pittorru, liberamente tratto dai testi del Ruzante
Sceneggiatura Vittorio De Sisti, Fabio Pittorru
Casa di produzione Juma Film
Fotografia Erico Menczer
Montaggio Gabriella Cristiani
Musiche Ennio Morricone
Scenografia Sergio Canevari
Costumi Sergio Canevari
Sette note in nero
Una donna parcheggia l’auto su uno spiazzo vicino ad una altissima scogliera;si affaccia,guarda il mare e si getta giù,sfracellandosi tra le rocce.
Contemporaneamente una bambina che è a Firenze,in compagnia delle sue amiche di scuola e di una suora,in visita ai giardini di Boboli,assiste impietrita alla scena,come se fosse presente. Virginia ha delle doti paranormali,che si risveglieranno casualmente in età adulta. Divenuta una giovane e affascinante signora,sposa un conte;un giorno si reca in un’antica villa di proprietà dello stesso conte,con l’intenzione di restaurarla;ma durante il viaggio dall’aeroporto,la donna ha una visione incontrollata,nella quale vede frammenti di immagini apparentemente senza senso;un omicidio,una donna murata all’interno proprio della villa,e altre scene senza senso. La donna si accascia al volante,e viene svegliata da un poliziotto.
Ripreso il suo viaggio,giunge nella villa,ma,appena entrata,riconosce immediatamente il luogo della visione,e guidata dal suo sogno premonitore,scava in una parete,dove rinviene lo scheletro di una donna.
Lo scheletro appartiene ad una ragazza,scomparsa misteriosamente anni prima;del delitto viene ovviamente accusato il conte.
Virginia si mette allora alla ricerca della verità,che scoprirà e che sarà una terribile sorpresa.
Lucio Fulci dirige uno dei thriller più interessanti del decennio settanta,badando esclusivamente a girare un film in cui il parapsicologico abbia la meglio sugli effetti speciali o sullo spatter;ne esce un film sapientemente dosato,non urlato,in cui ogni scena sembra sospesa in un limbo. Una trama ben confezionata permette al regista di creare suspence senza dover ricorrere alla macelleria.
Gran bella scenografia,con una fotografia in cui l’effetto flou la fà da padrone,rendendo quasi irreale il contesto del film,che scorre ottimamente scandito da una colonna sonora adeguata.
Bravissima Jennifer O’Neill,bravi anche gli altri attori del film,fra cui si segnala Gianni Garko.
Sette note in nero
Un film di Lucio Fulci. Con Gabriele Ferzetti, Evelyn Stewart, Marc Porel, Jennifer O’Neil, Jenny Tamburi, Ugo D’Alessio,
Gianni Garko, Fabrizio Jovine, Bruno Corazzari, Franco Angrisano, Luigi Diberti, Fausta Avelli, Elizabeth Turner, Jennifer O’Neill,
Vito Passeri, Salvatore Puntillo. Genere Thriller, colore 95 minuti. – Produzione Italia 1977.
Jenny Tamburi è Paola
Jennifer O’Neill: Virginia Ducci
Gianni Garko: Francesco Ducci
Gabriele Ferzetti: Emilio Rospini
Marc Porel: Luca
Evelyn Stewart: Gloria Ducci
Jenny Tamburi: Paola
Fabrizio Jovine: commissario D’Elia
Riccardo Parisio Perrotti: avvocato
Vito Passeri: custode
Loredana Savelli: Giovanna Rospini
Franco Angrisano: primo tassista
Salvatore Puntillo: secondo tassista
Bruno Corazzari: stalliere
Veronica Michelini: signora Casati
Paolo Pacino: tenente
Fausta Avelli: Virginia bambina
Elizabeth Turner: madre di Virginia
Luigi Diberti: giudice
Ugo d’Alessio: custode della pinacoteca
Regia: Lucio Fulci
Soggetto: Lucio Fulci, Roberto Gianviti, Dardano Sacchetti, Vieri Razzini (romanzo “Terapia mortale”)
Sceneggiatura: Lucio Fulci, Roberto Gianviti, Dardano Sacchetti
Produttore: Franco Cuccu, Carlo Cucchi
Casa di produzione: Rizzoli Film, Cinecompany
Fotografia: Sergio Salvati
Montaggio: Ornella Micheli
Musiche: Franco Bixio, Fabio Frizzi, Vince Tempera
Scenografia: Luciano Spadoni
Costumi: Massimo Lentini
Trucco: Maurizio Giustini