L’iguana dalla lingua di fuoco
Dublino,Irlanda.
Alcuni omicidi senza movente e dalle modalità particolarmente feroci sconvolgo la città.
L’ispettore Lawrence ha una pista,che però si interrompe davanti all’infrangibilità del vincolo diplomatico;i suoi sospetti pertanto non hanno maniera di poter essere verificati.
Decide quindi di avvalersi della collaborazione dell’ispettore Norton,un bravo funzionario allontanato dal servizio per aver avuto la mano pesante con un pregiudicato.
Norton segue a modo suo le indagini;stretta una relazione con la bella Helen Sobieskj,figliastra dell’ambasciatore,
lo spregiudicato ispettore può finalmente mettere il naso da vicino nella vita dei principali personaggi che popolano l’ambasciata.
Mentre il misterioso killer continua a mietere vittima,l’ispettore ha finalmente un colpo di fortuna e …
Titolo con tutti e due gli occhi puntati sull’argentiano L’uccello dalle piume di cristallo,L’iguana dalla lingua di fuoco è un film
diretto nel 1972 da Riccardo Freda,il primo del decennio settanta che segue La salamandra del deserto uscito nel 1970 ma diretto nel 1969.
Firmato come Willy Pareto,è un thriller in cui la buona fattura e la padronanza del mezzo tecnico non bastano al regista nato ad Alessandria d’Egitto
per far dimenticare un prodotto confuso e molto pasticciato.
L’espediente sfruttatissimo del killer in guanti neri e cappellaccio non riesce in alcun modo a coinvlgere lo spettatore,spiazzato
da una trama molto ondivaga e priva di riferimenti,tanto che alla fine l’identità del misterioso killer lascia sgomento lo spettatore stesso,
che è stato disorientato per tutto il film dalle mezze ammissioni di colpevolezza dei vari protagonisti.
A questo va aggiunto l’espediente narrativo di scoordinare le varie sequenze,cosa che aggiunge confusione ad una trama già di per se poco affascinante;Freda non aveva un buon carattere, dopo la stroncatura da parte della critica tributata verso questo film si scagliò contro quanti lo criticavano,dimenticando che anche il pubblico era rimasto parecchio deluso da un film fondamentalmente piatto e poco interessante,nonostante qualche scena ben diretta, i discreti effetti splatter e un cast volenteroso,che in qualche modo dà dignità ad un film di scarso interesse.
La carriera cinematografica di Freda,tra alti e bassi,procede velocemente verso la fine;a L’iguana dalla lingua di fuoco seguiranno l’ambiguo ma fascinoso Estratto dagli archivi segreti della polizia di una capitale europea (che firmerà Hampton),l’invisibile Superhuman e si concluderà con l’inguardabile Murder obsession-Follia omicida.
Questa sua prova va quindi catalogata come un inciampo di percorso.
In quanto alle note positive del film,ben poche va segnalato come dicevo il cast,che include un ottimo ma un tantino spaesato Pistilli,la sempre elegante e raffinata Valentina Cortese, una bella e sensuale Dagmar Lassander e per quel poco che resta in scena,la sempre brava Dominique Boschero.
Adeguate le musiche di Stelvio Cipriani.
Il film è presente su You tube in una versione più che sufficiente,all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=RbzyzoqCzEM
L’Iguana dalla lingua di fuoco
Un film di Riccardo Freda. Con Luigi Pistilli, Dagmar Lassander, Anton Diffring, Valentina Cortese, Dominique Boschero Giallo, durata 90 min. – Italia 1971
Luigi Pistilli: detective John Norton
Dagmar Lassander: Helen Sobiesky
Anton Diffring: ambasciatore Sobiesky
Arthur O’Sullivan: ispettore Lawrence
Werner Pochath: Marc Sobiesky
Dominique Boschero: amante dell’ambasciatore
Renato Romano: Mandel
Sergio Doria: Walter
Valentina Cortese: signora Sobiesky
Regia Riccardo Freda
Soggetto Richard Mann (romanzo “A Room Without Door”)
Sceneggiatura Sandro Continenza, Riccardo Freda
Casa di produzione Les Films Corona, Oceania Produzioni Internazionali Cinematografiche, Terra-Filmkunst
Fotografia Silvano Ippoliti
Montaggio Riccardo Freda (con il nome Willy Pareto)
Musiche Stelvio Cipriani
Scenografia Giuseppe Chevalier
Costumi Nadia Vitali
Trucco Lamberto Marini
Contronatura (1969)
Sei persone, in viaggio su un auto, sono in viaggio per raggiungere Brighton, località nella quale Sir Archibald Barrett deve recarsi per consegnare ad un giudice dei documenti che lo renderanno proprietario del patrimonio di suo cugino, Richard Wright, che l’uomo dovrebbe ereditare rendendo ancor più cospicuo il suo notevole patrimonio.
Nell’auto, con Archibald, viaggiano il contabile dell’uomo,Ben Taylor in compagnia della moglie Vivian oltre al fattore Alfred che è a sua volta accompagnato dall’amante,Margareth e l’autista dell’auto.
Un violento temporale imperversa sul tratto che il gruppo sta percorrendo con la conseguenza di far impantanare l’auto nel fango.
Mentre infuria la tempesta d’acqua,Alfred scorge alla luce dei lampi uno chalet.
All’interno dello stesso ci sono due persone, Uriah e sua madre Herta, che al momento dell’arrivo del gruppo sono vicino al camino immerso nella penombra.
Uriah mostra di conoscere Archibald, definito dallo stesso “l’uomo più ricco della contea“;nel frattempo l’anziana Hertha è immersa in uno stato di trance, causata secondo il racconto di Uriah da un’interruzione della catena di una seduta spiritica alla quale la donna partecipava.
Nel frattempo il gruppo si riduce a sette persone; l’autista infatti decide di sfidare il temporale per andare a cercare un auto per allontanarsi da quel posto tetro in cui sembra accadere qualcosa di strano.
Hertha infatti esce dal suo stato catatonico per pronunciare il nome del defunto Richard Wright, l’uomo che ha lasciato ad Archibald i suoi beni.
Uriah riesce a convincere il gruppo a formare una catena in modo da permettere a sua madre di uscire definitivamente dallo stato in cui si trova e lo snob Archibald, con una risata, accetta.
Ma la seduta spiritica si rivelerà una trappola mortale, per il gruppo.
Hertha, poco alla volta, rivela durante la trance l’oscuro passato di ciascuno dei componenti del gruppo;quello di Alfred che, scoperto in un momento di intimità con la sua amante Margareth provocò la morte della legittima moglie,quello di Vivian, che si era infatuata della bella moglie del defunto Richard Wright, quello di Archibald che per denaro aveva avvelenato Wright lasciando credere a Ben Taylor di esserne il responsabile e infine il passato di quest’ultimo, che si lasciò incolpare della cosa per nascondere l’oscura colpa di Vivian.
Da quel momento tra i cinque inizia una specie di resa dei conti che….
E’ decisamente un bel film Contronatura, diretto a Antonio Margheriti nel 1969 sotto lo pseudonimo di Antony Dawson; un gotico con tracce horror e circondato da un’aura di sovrannaturale che verrà più chiaramente spiegata nell’illuminante e tragico finale.Un film ispirato liberamente al racconto di Dino Buzzati Eppure bussano alla porta, pubblicato nella raccolta La boutique del mistero.
Un film tutto d’atmosfera, nel quale grazie ad un sapiente uso del flashback si conoscono tutti i particolari delle vite private dei cinque ospiti dello chalet, che apprenderemo essere uno dei luoghi nelle disponibilità del neo erede sir Archibald che lo ha ereditato da Richard Wright.
Proprio attraverso l’uso del flashback impariamo a conoscere il passato segreto e tragico dei protagonisti, attraverso continui andirivieni tra il presente lugubre e angosciante, testimoniato anche dal furibondo temporale che imperversa nella zona e dalla profonda immersione nella penombra della scena principale, che vede i sette personaggi muoversi nell’angusta stanza dello chalet, nel quale troneggia il tavolo al quale sono seduti Sir Archibald e Ben.
L’implacabile voce di Hertha fa da trait d’union fra passato e presente, ricordando ai presenti le nefandezze commesse.
La macchina da presa di Margheriti si muove così con lentezza sui volti dei protagonisti, mentre rivedono nella mente un passato terribile fatto di delitti di ogni genere, indugiando anche su una scena avulsa da quella principale, ovvero l’improvvisa passione che agita Vivian verso Margareth, che culminerà in una scena saffica alla quale Margareth resisterà dopo un iniziale abbandono.
Attraverso l’implacabile voce di Hertha, vediamo quindi le gesta terribili di cui si sono resi responsabili i protagonisti, con la relazione proibita tra Alfred e Margareth, l’infatuazione innaturale di Vivian per la bella moglie di Richard ecc.
Il film si muove così mostrando la corruzione morale dei protagonisti, nessuno dei quali è immune da peccati tremendi.
E alla fine, quasi in un giudizio apocalittico, vedremo gli squallidi protagonisti della storia o meglio, delle storie ricavare il giusto castigo.
Gran merito della riuscita del film va ascritto alle ottime prove del cast che Margheriti sceglie per il film; pur non essendo composto da attori di primo piano, il cast stesso fa cose egregie diretto benissimo da Margheriti.
Bene quindi Giuliano Raffaelli che interpreta il velenoso (in tutti i sensi) Sir Archiblad, cosi come ottimi sono Luciano Pigozzi nel ruolo del diabolico Uriah e Claudio Camaso in quello di Alfred.
Ottimo anche il cast femminile, composto da tre brave attrici come Marianne Koch (Vivian), Dominique Boschero ( Margareth) e Helga Anders, che interpreta la fintamente angelica Elizabeth; chiude il gruppo l’impenetrabile ed enigmatica Marianne Leibl nel ruolo di Hertha.
Davvero ottima la fotografia di Riccardo Pallottini mentre a Margheriti, che cura contemporaneamente soggetto, sceneggiatura e regia va riconosciuto il merito di aver creato un’opera di vera suspence senza utilizzare effetti speciali o splatter.
Contronatura è un film che è possibile vedere su You tube all’indirizzo http://youtu.be/kwkS3yttEhs in una versione di discreto livello; un’opera che consiglio vivamente di non perdere.
Contronatura (Unnaturals), un film di Antonio Margheriti (Anthony Dawson), con Joachim Fuchsberger,Marianne Koch,Dominique Boschero,Helga Anders,Luciano Pigozzi Gotico/Thriller, Italia 1969 Titolo originale Schreie in der Nacht
Joachim Fuchsberger : Ben Taylor
Marianne Koch : Vivian Taylor
Helga Anders : Elizabeth
Claudio Camaso : Alfred
Luciano Pigozzi : Uriat
Dominique Boschero : Margareth
Giuliano Raffaelli : Sig. Barret
Marianne Leibl : Sig.ra Uriat
Regia Antonio Margheriti
Soggetto Antonio Margheriti
Sceneggiatura Antonio Margheriti
Produttore Franco Ciferri, Artur Brauner
Fotografia Riccardo Pallottini
Montaggio Otello Colangeli
Effetti speciali Antonio Margheriti
Musiche Carlo Savina
Scenografia Fabrizio Frisardi
L’opinione dell’utente Cotola, dal sito http://www.davinotti.com:
Splendido gotico italiano, intriso di mistero ed in cui lo spettatore è catapultato sin dai primi minuti in un luogo dalle atmosfere tese e putrescenti, rimanendone invischiato e non riuscendone ad uscirne se non alla fine. Tecnicamente molto valido, può contare su una buona sceneggiatura e su un ottimo ritmo. Poi c’è quella scena…chissà che il buon Kubrick non ne abbia tenuto conto. Quando si dice un gran film di genere.
L’opinione dell’utente Ciavazzaro dal sito http://www.davinotti.com:
Il miglior horror di Antonio Margheriti per uno dei migliori gotici italiani, tutto basato sul tema della vendetta e della giustizia “soprannaturale”. Si respira un’aria davvero inquietante, grazie all’ambiente in cui si svolgono le vicende (l’isolato villino) e le straordinarie musiche di Carlo Savina, che verranno usate successivamente in numerosi altri film. Nota d’onore anche per il cast (su cui spiccano la bellissima Dominique e Luciano Pigozzi). Notevole il finale.
L’opinione dell’utente wega dal sito http://www.filmscoop.it:
Se per una buona parte “Contronatura” sembra essere una noiosa storia di fantasmi di genere, rivela l’ eccellente lavoro di Margheriti nel secondo tempo. Al di là dell’ ottima ricostruzione storica il film è costruito con un sapiente uso del flashback e del montaggio parallelo, col quale la medium ci porta ogni volta nella dimensione parallela di un passato corrotto o criminoso dei protagonisti della vicenda. Mescolando abilmente giallo, erotismo e horror, e abbondonandone qualsiasi approccio gore, la tematica principale è il passato che riemerge per inghiottire il presente, che si esemplifica anche a livello figurativo nel splendido e notevole finale.
L’opinione del sito http://www.exxagon.it
Ritenuto da alcuni il miglior film di Margheriti, Contronatura è una ghost story di gusto gotico insolito, senza segrete né ragnatele ma di notevole atmosfera. Se la prima parte del film può risultare un po’ lenta questo limite vien meno con l’inizio dei flashback che rivelano i torbidi retroscena delle vite dei protagonisti. Margheriti evita l’effetto truculento per concentrarsi sulla costruzione dei personaggi e sulla vita di questi che con le loro bassezze e le loro vite equivoche sono assolutamente in linea con i temi dello spaghetti thriller in voga negli anni ’60. Diverse le scene erotiche a tono lesbo che però viste con occhio moderno non esaltano più di tanto. Curata invece la realizzazione tecnica, soprattutto la fotografia di Riccardo Pallottini. L’intrigo che lega i personaggi ha toni prosaici ma il film termina in una dimensione metafisica niente male e non del tutto prevedibile. Abbastanza solide le interpretazioni.
Chi l’ha vista morire
Una bambina, Nicole, viene uccisa in Svizzera; non assistiamo, materialmente all’omicidio, ma vediamo la sua baby sitter andare alla sua ricerca. La scena cambia e ci troviamo a Venezia; la protagonista questa volta è Roberta, figlia di uno scultore Franco Serpieri e di Elizabeth, che vive in Olanda, lontana dal marito dal quale si è un pò distaccata, tant’è vero che vediamo l’uomo avere un’avventura galante con un’altra donna. Un giorno, mentre la bambina sta giocando con i suoi amici, sparisce misteriosamente, cercata inutilmente dal padre. Verrà ripescata nel Canal Grande il giorno dopo, con il volto riverso nell’acqua.
Ai funerali della piccola Roberta arriva anche Elizabeth, che cerca di riprendere, in qualche modo, il dialogo interrotto con Franco. Il quale, disperato, decide di svolgere indagini per conto suo. Indagando anche sulla morte di una bambina figlia di un artigiano del vetro, Franco scopre che quest’ultimo è stato aiutato da un filantropo, l’avvocato Bonaiuti.
Il dolore di Elizabeth, la splendida Anita Strindberg
A poco alla volta Franco si rende conto che un misterioso legame unisce Bonaiuti, Ginevra, una bellissima donna che sembra il trait d’union con l’avvocato, il mercante Serafian, un losco antiquario che è in società con Ginevra. Sarà quest’ultima a dare la svolta alle indagini, morendo in un cinema, uccisa dal misterioso assassino delle bambine, che uccide successivamente anche l’avvocato Bonaiuti. Scampato alla morte, grazie al figlio di Ginevra, Franco arriverà all’agghiacciante verità, dopo che anche Elizabeth ha corso il rischio di essere uccisa.
Girato in una Venezia crepuscolare, immersa nell’atmosfera tipica autunnale della città lagunare, Chi l’ha vista morire sembra un tributo a A Venezia, un dicembre rosso schocking, di Roeg, anche se le analogie tra i due film si fermano solo alla location e all’atmosfera. Il film in effetti è un robusto thriller, teso, aiutato da una colonna sonora ossessiva, e si avvale di un cast ad alto livello, nel quale figurano Anita Strindberg nel ruolo di Elizabeth, il debole George Lazenby, forse sottotono nel ruolo drammatico di Franco, un Adolfo Celi sibillino e bravissimo in quello dell’antiquario Serafian e la splendida attrice di origini italiane Dominique Boschero, nel ruolo di Ginevra.
Chiude il cast un giovane Alessandro Haber, che ha un ruolo chiave nel film,quello di padre James. Un film senza sbavature, diretto nel 1972 dal bravissimo Aldo Lado, maestro nel creare atmosfere d’attesa, giocate sulla recitazione e su dialoghi scarni ed essenziali. Ancora una volta segnalo l’assoluta mancanza di buona fede del Morandini, che bolla il film come scadente: la trama riportata dal critico che scrive per l’editore è sbagliata e lacunosa.
Viene da chiedersi cosa facesse la sera che proiettavano il film. In ultimo segnalo la presenza di una minidiva, quella Nicoletta Elmi che girerà diversi buoni thriller all’italiana, e che è bravissima nell’interpretare il ruolo di Roberta.
Chi l’ha vista morire, un film di Aldo Lado. Con Adolfo Celi, George Lazenby, Anita Strindberg, José Quaglio, Dominique Boschero.Alessandro Haber, Peter Chatel, Piero Vida, Vittorio Fanfoni, Rosemarie Lindt, Nicoletta Elmi
Giallo, durata 90 min. – Italia 1972
George Lazenby: Franco Serpieri
Anita Strindberg: Elizabeth Serpieri
Adolfo Celi: Serafian
Dominique Boschero: Ginevra Storelli
Peter Chatel: Filippo Venier
Piero Vida: giornalista
José Quaglio: avvocato Nicola Bonaiuti
Alessandro Haber: padre James
Nicoletta Elmi: Roberta Serpieri
Rosemarie Lindt: Gabriella
Giovanni Forti Rosselli: Francesco Storelli, figlio di Ginevra
Sandro Grinfa: commissario De Donato
Regia Aldo Lado
Sceneggiatura Francesco Barilli, Massimo D’Avak, Aldo Lado, Ruediger von Spiess
Produttore Enzo Doria
Casa di produzione Dieter Geissler Filmproduktion, Doria G. Film, Roas Produzioni
Fotografia Franco Di Giacomo
Montaggio Angelo Curi
Musiche Ennio Morricone
Scenografia Gisella Longo, Alessandro Parenzo
Trucco Franco Schioppa