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I picari

I picari locandina

Su una galera che naviga per rotte sconosciute facciamo conoscenza con due personaggi pittoreschi: Lazzarillo de Tormes e Guzman de Alfarache.I due, legati allo stesso remo, si raccontano le vicissitudini che li hanno portati a condividere lo stesso destino. Lazzarillo de Tormes, nato in una famiglia numerosa e poverissima, con una madre costretta a prostituirsi per procacciare cibo ai numerosi figli, è stato ceduto dalla famiglia ad un mendicante cieco e furbissimo.L’uomo ha insegnato a Lazarillo tutti i trucchi per sopravvivere di espedienti e carità, ma alla fine viene beffato dal giovane aiutante, stanco delle sue angherie e della sua avarizia. Guzman de Alfarache non ha conosciuto la miseria, perchè suo padre era un artigiano di valore, un orologiaio molto apprezzato ma con un vizio, quello del gioco.

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Giancarlo Giannini è Guzman

Esperto giocatore di dadi, l’uomo viene sorpreso a barare e finisce così impiccato.Accolto in una famiglia nobile come “coadiuvante pedagogico”, Guzman scopre a sue spese di essere caduto dalla padella nella brace.Il suo compito infatti consiste nel subire le punizioni in loco del rampollo ignorante e maleducato della nobile famiglia.Stanco dei soprusi, Guzman scappa; così ritroviamo i due avventurieri legati al remo della galera, che li sta trasportando verso un oscuro destino.

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Claudio Bisio, il capo degli ammutinati

Ma il caso vuole che l’equipaggio dei galeotti di bordo decida di ammutinarsi e cosi dopo rocamboleschi colpi di scena Lazarillo e Guzman vengono scaraventati fuori dalla nave e approdano miracolosamente su una spiaggia.Dopo un’altra avventura, in cui riescono con l’inganno a farsi liberare da un fabbro dalle catene che li imprigionavano, i due avventurieri inseguiti dalle locali guardie finiscono per dividere le proprie strade.Cosi Guzman va a servizio di un nobile ridotto in miseria, che verrà incarcerato per debiti mentre Lazarillo più fortunato diventa un attore, lavoro grazie al quale può permettersi di girare con un ricco abito utilizzato per le scene.I due amici si reincontrano e grazie all’abito di Lazarillo truffano un gioielliere e con i proventi della truffa acquistano una prostituta con l’intenzione di cederla di volta in volta in cambio di denaro.

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Giuliana De Sio è Rosario

Ma Rosario, la prostituta, si concede solo a chi le garba così alla fine diventa motivo di discussione tra i due amici con conseguente lite finale e nuova separazione dei loro destini.Che però sono fatalmente destinati a incrociarsi: Lazarillo diventa assistente del boia e un giorno si trova davanti l’amico Guzman condannato a morte per omicidio.Con un ennesimo colpo di teatro, Lazarillo riesce a far liberare Guzman, facendo impiccare in vece sua un povero ladro, mentre allo stesso Guzman Lazarillo taglia la mano, pena riservata ai ladri.Nel finale, troviamo ancora una volta i due amici impegnati nel furto di latte da un pastore che pascolava il suo gregge di pecore.

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A distanza di 21 anni dal capolavoro L’armata Brancaleone, Mario Monicelli riprende l’atmosfera del film medioevale trasportandolo in un’ambientazione spagnoleggiante di ispirazione picaresca, prendendo spunto dal romanzo di autore ignoto Lazarillo De Tormes, ambientato nel 1500. Questa volta i protagonisti non sono gli straccioni dal linguaggio ameno che attraversano un’Italia ignorante e popolata da gente superstiziosa, bensi due avventurieri che si imbarcano in imprese grottesche, quasi tutte condannate a fallire miseramente.I due protagonisti, Lazarillo e Guzman, hanno appreso dalla strada l’arte di arrangiarsi e tentano di mettere a frutto quanto imparato, sempre però con alterne fortune.

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Bernard Blier è il ruffiano

Non sono affatto due anime candide, come per esempio era il Brancaleone da Norcia protagonista dell’Armata Brancaleone, quanto piuttosto due simpatici gaglioffi che la vita ha costretto ad un’esistenza da vagabondi.Se per Lazarillo la scuola del vecchio mendicante ha avuto una funzione preminente facendolo diventare furbo e scaltro, per Guzman la morte ingloriosa del padre ha funzionato solo come detonatore di un’improvvisa libertà che il giovane non ha saputo ne potuto sfruttare, finendo per incontrare Lazarillo al remo di una galera che li conduce verso una sorte ignota.

I due compagni finiscono così per attraversare in lungo e in largo la Spagna, sempre inseguiti o dalle guardie o perseguitati da un destino infausto. E si imbattono nel corso della loro vita, in personaggi altrettanto “sfiagti”, come il Marchese Felipe de Aragona incontrato da Guzman che per poter mettere sotto i denti qualcosa è costretto a fare due volte la comunione o come il mendicante cieco che diventa la guida cattiva e cinica di Lazarillo. La galleria dei personaggi incontrati dal duo è ampia e variegata e passa dal precettore che picchia Guzman in loco del pargolo nobile ciuco e maleducato fino al gioielliere che i due truffano prima di venire truffati a loro volta da un vecchio ruffiano che rifila loro la bella Rosario, prostituta che va solo con chi piace a lei.

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Vittorio Gassman è il Marchese Felipe de Aragona

L’allestimento artistico del film, ovvero il cast che lavora in questa pellicola è di assoluto prim’ordine; si va da Nino Manfredi, cieco e truccato quasi come nel film di Scola Brutti sporchi e cattivi che da vita ad un personaggio a tratti ributtante, ovvero il mendicante spilorcio e cattivo che però funziona da guida verso la vita dura del picaro per il giovane Lazarillo, passando per Vittorio Gasmann sobrio e dolente nei panni del nobile Felipe de Aragona, che alle guardie incaricate di arrestarlo presenta i suoi averi, una brocca, una ciotola e un pitale.Naturalmente poi ci sono i due veri protagonisti: Enrico Montesano nel ruolo di Lazarillo e Giancarlo Giannini in quello di Guzman.

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A sinistra Enrico Montesano, Lazarillo

Entrambi lavorano bene mostrando un affiatamento che nell’economia del film si rivelerà prezioso; nessuno dei due tenta di prevalere sull’altro e lo spettacolo è assicurato. Merito anche del resto del cast, nel quale troviamo attori del calibro di Paolo Hendel, il precettore leggermente sadico del nobile rampollo e Claudio Bisio, il capo degli ammutinati della galera, il grande Bernard Blier nel ruolo del magnaccia e Giuliana De Sio in quella della prostituta Rosario, che mostra abbondantemente le sue grazie il che è davvero un bel vedere. C’è spazio anche per Vittorio Caprioli nel ruolo del bandito Mozzafiato e per Enzo Robutti in quello del comandante della galera che subirà l’ammutinamento.Segnalazione per la particina di Sabrina Ferilli che interpreta la figlia del magnaccia che vende Rosario. Se I Picari non è un capolavoro lo si deve solo ad una certa discontinuità del film, che manca di omogeinità e che sembra più affidato a degli sketch improvvisati dal duo Montesano- Giannini che ad un percorso più organico della pellicola.

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Nino Manfredi, il mendicante cieco

Tuttavia il maestro Monicelli sorprende ancora con un opera affascinante e divertente in maniera misurata, alla luce sopratutto del mezzo fiasco di critica e di pubblico rimediato con Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno (1984) che farà da preludio a quel gioiello che è Speriamo che sia femmina (1986), che sarà il lavoro precedente a questo film.Monicelli è un maestro, un grande regista, capace di amalgamare alla perfezione i cast pur in presenza di soggetti difficili come il romanzo Lazarillo De Tormes, dal quale il regista si discosta parecchio. Il romanzo infatti, narrato in prima persona dal protagonista, racconta la vita errabonda del giovane Lazzarillo nella Spagna di Carlo V prima di accasarsi felicemente con la serva di un vinaio, che dividerà con il vinaio stesso. Monicelli introduce quindi il personaggio di Guzman, che appare leggermente meno furbo e cinico di quello di Lazarillo, forse perchè di estrazione piccolo borghese la dove l’amico viene dal proletariato più povero e indigente.Questo contrasto lo si avverte nel film, e nel finale sarà proprio Guzman a pagare il prezzo più alto, sfuggendo all’impiccagione ma non al taglio della mano, operato dallo scaltro Lazarillo che però così gli salverà la vita.In definitiva, un buon film che mostra come il cinema italiano degli anni ottanta vivesse purtroppo solo delle performance dei grandi registi come Monicelli, probabilmente il più grande interprete della cinematografia italiana.

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I picari, un film di Mario Monicelli. Con Giancarlo Giannini, Enrico Montesano, Giuliana De Sio, Vittorio Gassman, Nino Manfredi, Bernard Blier, Paolo Hendel, Cristina Marsillach, Sabrina Knaflitz, Maria Luisa Armenteros Gonzales, Maria Casanova, Juan Carlos Naya, Claudio Bisio, Sabrina Ferilli, Blanca Marsillach, Vittorio Caprioli, German Cobos, Sal Borgese, Aldo Sambrell, Enzo Robutti, Jesus Guzman, Donatella Ceccarello. Commedia,  durata 128 min. – Italia 1987.

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I picari banner personaggi

Giancarlo Giannini: Guzman de Alfarache

Enrico Montesano: Lazarillo de Tormes

Vittorio Gassman: Marchese Felipe de Aragona

Nino Manfredi: il mendicante cieco

Giuliana De Sio: la prostituta Rosario

Bernard Blier: il magnaccia

Paolo Hendel: il precettore

Vittorio Caprioli: Mozzafiato

Enzo Robutti: Capitano della nave

Blanca Marsillach: Ponzia

Maria Casanova: Donna incinta

Juan Carlos Naya: Venditore di ceramiche

Claudio Bisio: il capo dei rematori ammutinati

Salvatore Borghese: il nostromo

Sabrina Ferilli: giovane prostituta figlia del protettore

I picari banner cast

Regia     Mario Monicelli

Soggetto     Leo Benvenuti, Piero De Bernardi, Suso Cecchi d’Amico, Mario Monicelli, dal romanzo spagnolo Lazarillo de Tormes (1554)

Sceneggiatura     Leo Benvenuti, Piero De Bernardi, Suso Cecchi d’Amico, Mario Monicelli

Produttore     Giovanni Di Clemente

Casa di produzione     Clemi Cinematografica, Producciones Cinematograficas Dia

Distribuzione (Italia)     Warner Bros. Italia

Fotografia     Tonino Nardi

Montaggio     Ruggiero Mastroianni

Musiche     Lucio Dalla e Mauro Malavasi

Scenografia     Enrico Fiorentini

Costumi     Lina Nervi Taviani

Trucco     Manuel Martín, Mario Scutti

Le recensioni appartengono al sito http://www.davinotti.com

TUTTI I DIRITTI RISERVATI

Film apprezzabile per l’ottima (e verosimile) resa ambientale, scenografica e di costume dell’italia picaresca del ‘500, affidata alla maestria e al grande mestiere di Mario Monicelli in una delle sue ultime grandi produzioni cinematografiche. Il film è meno valido sul versante della sceneggiatura fatta più di spezzoni e singoli episodi e poco organica, difetto tuttavia che si tende a dimenticare a causa delle performances molto buone di gran parte del cast.

Due picari vagano per la Spagna combinandone di tutti i colori. A vent’anni da Brancaleone, Monicelli torna a filmare un’epoca storica reinventata, con immutato gusto della rivisitazione e spirito guittesco. Qui però l’invenzione non va oltre la serie di sketch comici e le storielle da commedia all’italiana trasferita in costume. Insomma, operazione non riuscita in un film troppo lungo e senza nerbo, che ha l’unico pregio di scorci visivi del tardo 500 spagnolo. Il resto è buon mestiere senza anima.

Con tutti questi attori, guidati da un valido regista, ci si poteva aspettare di più. Il film non è male, ma non tutto funziona (la parte con la De Sio, per quanto generosamente svestita, è un po’ troppo tirata); e nonostante l’indiscussa bravura di Giannini e Montesano, la pellicola finisce per trascinarsi un po’, anche se ha i suoi buoni momenti (il mendicante Manfredi, la fregatura dei cannoli e il pappone a gestione familiare). Sicuramente vedibile, ma poteva essere meglio.

Forse l’ultimo grande film di un grande regista. Ottima prova di Montesano e Giannini, ma sarebbe da citare tutto il cast… Monicelli riesce a dare l’idea di un intero periodo, tra miseria, fame e guerra, non dimenticandosi però di far ridere con zampate di quelle che si ricordano. Infatti la difficile miscela tra le parti “serie” e quelle più prettamente da commedia all’italiana è molto ben riuscita. Sicuramente un film da vedere.

Ma Lazzarillo de Lormes non era spagnolo? E allora perché si senton diversi mortacci? Una coppia di attori in buona vena, ma il film è di quelli della senilità di vari autori; cioè, si sente odore di set e si vede che le comparse son comparse. Riciclata la gag delle paste de Il mattatore (qui son cannoli). La De Sio sfodera un derrière da urlo, ma dura poco. Un film stanco, riscattato da qualche guizzo simpatico.

La confezione è notevole con i costumi, le scenografie e l’ambientazione curatissimi. Quando apriamo il pacchetto però ci accorgiamo che dentro non c’è molto oltre alle disavventure seriali dei due protagonisti che, peraltro, tra loro si sposano abbastanza bene. I flashback iniziali servono solo a proporci un Manfredi cieco mendicante e l’Hendel precettore manesco e a conti fatti di tutto il film quello che resta di più è la comparsata di Gassman nobile decaduto. Tanto fumo ma poco arrosto…

L’ottima ricostruzione storico-scenografica ed una trama divertente e non banale fanno di questo film uno degli ultimi grandi film di Monicelli. Buona parte del merito va sicuramente allo splendido cast che, oltre alla coppia di protagonisti, trova nella comparsata di Gassmann uno dei suoi momenti più felici.

Buon film di Mario Monicelli. Ciò in cui rende di più è nella perfetta ricostruzione di costumi, luoghi e atmosfere del 500; per quanto riguarda la sceneggiatura, ci sono alti e bassi, c’è poco d’autore e molto da commedia italiana (specie nelle scene con la prostituta); tra i furtarelli e qualche buona gag i ritmi sono sostenuti e nel complesso si lascia seguire fino alla fine per la bravura dell’ampio e vasto cast (Montesano e Giannini sono splendidi, ma al pari è anche Gassman).

Il film è ottimo per alcuni spunti, ma sopratutto per un cast veramente all’ altezza; la mano di Monicelli è sicura, vigorosa ed esperta, la trama ammiccante ma sincera, senza sbavature. Gassman è ben trattenuto, Giannini giusto, la De Sio splendida prostituta.

giugno 30, 2011 Posted by | Commedia | , , , , , , , , | 4 commenti

San Pasquale Baylonne, protettore delle donne

San Pasquale Baylonne  locandina

Nell’immaginario paesino di Busolone è in corso una processione, alla quale partecipa gran parte del paese, per invocare San Pasquale Baylonne. Tra i fedeli ci sono Bastiana, una bella donna sposata ad un uomo molto più anziano di lei che invoca il santo per favorire la virilità del marito, c’è Menica che chiede il ritorno del marito dalla Germania, c’è un’indemoniata che cerca di guarire immergendosi nel fiume locale in una nassa per pesci.
Il tutto è opera di Giuseppe Cicerchia detto il Femminaro, un sedicente mago che opera in paese con l’aiuto di un giovane muto.
In realtà Giuseppe è solo un piccolo truffatore, che si è installato in paese sfruttando la dabbenaggine e la credulità dei locali, suscitando contemporaneamente le ire di Don Gervasio, il parroco del piccolo paese, che lo vede come il fumo negli occhi.

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La splendida Orchidea De Santis è Bastiana

Giuseppe vivacchia quindi sulle spalle del popolino, ottenendo in cambio di improbabili filtri d’amore, il necessario per vivere e qualche volta anche favori sessuali.
Riesce infatti a sedurre la bella Bastiana convincendola dapprima a spogliarsi e infine a congiungersi con lui per verificare se la donna è davvero sana come dice! e ricambiando poi il favore ottenuto con un intruglio di sua invenzione.

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Gabriella Giorgelli è Menica

Nel piccolo borgo però arriva il Mago di Bagnacavallo, devoto di San Costantino, un altro piccolo truffatore che gira con il suo carro insieme ad una donna corpulenta, Fatima che funge da assistente.
Samuele Calì, il mago, si industria per soffiare a Giuseppe i suoi clienti gonzi, inscenando finte passeggiate sui carboni ardenti, finte auto flagellazioni con un pugnale da teatro ecc.
La lotta tra i due esaspera ancor di più Don Gervasio, che si rivolge inutilmente alle forze dell’ordine.
Riuscirà a vincere la partita in un modo singolare, favorito da un avvenimento che ribalterà la situazione.
Samuele organizza un finto esperimento di levitazione, facendosi calare dal campanile della chiesa, favorito dall’oscurità e da un argano piazzato all’interno di esso dalla sua compagna Fatima.
Ma Giuseppe, salito per scoprire il trucco del rivale, ne causa la morte allorquando appare nella semioscurità a Fatima, che sorpresa lascia la manovella dell’argano.
La morte di Samuele, sfracellatosi al suolo, sembrerebbe lasciare partita vinta a Giuseppe.
Don Gervasio però escogita una trappola; sorprende il mago di ritorno da un convegno amoroso con una bella contadina, e complici un suo cognato attore e la compagnia di attori che lavora con lui, fa credere all’ingenuo mago di essere incappato nientemeno che nel diavolo in persona.

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Lando Buzzanca

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Gianni Cavina

Sconvolto, Giuseppe lascia il paese con il suo fido assistente muto; mentre si allontana su una stradina di montagna, al pulmanino sul quale viaggia si guastano i freni…..
San Pasquale Baylonne, protettore delle donne è un film del 1976, diretto da Luigi Filippo D’Amico, che aveva diretto l’interprete principale del film, Lando Buzzanca, in altre due mediocri pellicole, L’arbitro e Il domestico.
Ma se le precedenti avevano qualche piccolo guizzo che ne permetteva una visione che quanto meno non annoiava, San Pasquale Baylonne non ne ha nemmeno uno. Un battuta per tutte; Nazzareno ” Te devo fa na confessione, io manco a Dio ce credo” Cesira ” Ma che sei, comunista?” Nazzareno ” Manco; sono un libero pensatore
Si tratta in sostanza di una farsaccia in puro stile decamerotico, nella quale il protagonista, un piccolo truffatore di ancor più piccola tacca vivacchia a spese della credulità popolare.

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Non si ride quasi per nulla, e ci si accontenta delle solite beffe di Buzzanca, ormai stanca replica di se stesso, che non brilla limitandosi a replicare all’infinito il suo personaggio ormai caratterizzato dall’erotomania e da un linguaggio dialettale becero e triviale.

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Stella Carnacina, che interpreta la finta indemoniata innamorata di Giuseppe

Nello squallore, nella pochezza generale del film, aggravata da una trama labilissima usata a solo uso e consumo del protagonista, si segnala però il buon cast allestito dal regista.
Compaiono infatti Lionel Stander nei panni di Don Gervasio, ennesima interpretazione di un prelato dell’attore nato nel Bronx, del bravo e mal utilizzato Gianni Cavina (il mago concorrente Samuele) e delle tre bellezze femminili presenti nel film.

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Orchidea De Santis (la bella e ingenua Bastiana), Gabriella Giorgelli (Menica) e Stella Carnacina (l’indemoniata) fanno la loro parte con professionalità e regalano le uniche delizie del film; nel film stesso c’è anche una giovanissima Giuliana De Sio, che si produce in un nudo acquatico nella scena in cui lei e il fidanzatino, nipote di Don Gervasio, vengono sorpresi da quest’ultimo mentre si bagnano completamente nudi nel fiume.
Un film decisamente brutto, quindi, uno dei primi a segnare l’involuzione della commedia sexy, ormai sempre più priva di idee e destinata ad avere vita breve.

San Pasquale Baylonne protettore delle donne, un film di Luigi Filippo D”Amico. Con Orchidea De Santis, Stella Carnacina, Memmo Carotenuto, Lionel Stander, Lando Buzzanca, Toni Ucci, Gina Rovere, Nerina Montagnani, Gianni Cavina, Gabriella Giorgelli, Enzo Santaniello, Nino Terzo, Giuliana De Sio, Franco Bracardi
Commedia, durata 100 min. – Italia 1976

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Giuliana De Sio

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San Pasquale Baylonne banner protagonisti

Lando Buzzanca  – Giuseppe Cicerchia il Femminaro
Stella Carnacina – Indemoniata
Orchidea de Santis – Bastiana
Gabriella Giorgelli – Menica
Gina Rovere – Fatima , l’assistente di  Samuele
Francesco De Rosa – Il muto, complice di Giuseppe
Loretta Persichetti – Donata
Guido Cerniglia – Il barbiere gay
Gianni Cavina – Il mago concorrente,Samuele Calì
Lionel Stander – Don Gervasio
Luigi Bonos – Antonio Pocaterra
Nino Terzo – Brigadiere dei carabinieri
Franco Bracardi – Il padre dell’indemoniata
Toni Ucci – Renato il contadino
Nello Pazzafini – Prospero
Giuliana de Sio – Cesira ,la ragazza di Nazzareno
Alina De Simone – Esmeralda Scrocchio
Franca Dominici     – La suora
Nerina Montagnani – Nicolina
Nicola Natalia – Rolando
Enzo Santaniello – Nazzareno , nipote di don Gervasio

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Regia: Luigi Filippo D’Amico
Soggetto: Castellano e Pipolo
Prodotto da: Gianni Hecht Lucari
Musiche: Guido De Angelis, Maurizio De Angelis

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Mediocrissimo film con Buzzanca, che ha tre-quattro guizzetti che, con un po’ di generosità, gli evitano l’obbrobrio della monopalla. Pochissimo funziona in quella che pare una serie di quadri su una Ciociaria dell’Ottocento (Fusolone richiama ovviamente Frosinone), contaminata da elementi contemporanei. Né basta ad alzare il livello una citazione da La strada  di Fellini. Nel finale qualche pesante volgarità e un tocco di blasfemia rendono un po’ surreale l’avvenuta messa in onda su RAIUNO…

Curioso ibrido fra farsa scollacciata e filone ciociaro, da Per grazia ricevuta a Scherzi da prete, il film merita una parziale rivalutazione per la sua incontenibile anarchia stilistica e narrativa, il curioso sapore di stampo etnografico e documentaristico, i bizzarri (e sicuramente non voluti) riferimenti che vanno da Fulci a Rondi, da Jacopetti a Pasolini. Fuori da ogni controllo, Buzzanca e D’Amico fanno del loro meglio (o peggio, s’intende) mentre Gianni Cavina ci regala una splendida performance nei panni del “mago” concorrente.

ottobre 19, 2010 Posted by | Commedia | , , , , , , , , | 9 commenti