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Boccaccio

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Beffe e storie tratte liberamente dal Decameron di Giovanni Boccaccio.
Buffalmacco e Bruno degli Olivieri, due giovani fiorentini scaltri,ordiscono una beffa nei confronti dell’ingenuo Calandrino, allo scopo di estorcergli del denaro;gli vendono una pietra che, a loro dire, ha il potere miracoloso di renderlo invisibile.
Alla bella Monna Lisa fra Ignazio fa credere di essere l’incarnazione in vesti umane del beato Marcuccio;in questo modo potrà godersene le gioie,mentre è intento in un convegno carnale con la donna, Buffalmacco spia i due e quando fra Ignazio ha finito il suo piacevole compito, approfitta anch’esso delle grazie della giovane sposa, mentre Calandrino, credendo di essere invisibile fa lo stesso ma verrà bastonato dal marito della donna.
Altre beffe sono in arrivo per i cittadini, come quella in cui Buffalmacco riesce finalmente a sedurre Fiammetta,la donna della quale si è invaghito; scoperto dopo aver consumato un rapporto con la donna,il giovane viene costretto da Pietro da Vinciolo,marito della donna, a dividere il talamo coniugale,la dove a Buffalmacco verrà riservata una brutta sorpresa.

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Enrico Montesano e Silvia Koscina

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Bernard Blier e Maria Baxa

A Firenze arriva la peste e i due amici Buffalmacco e Bruno degli Olivieri fuggono dalla città incontrando per strada la Principessa di Chivignì e la sua serva;incontrano anche Lambertuccio da Cecina un capitano di ventura sfuggito dalla città dopo aver tentato di sedurre la bella Ambrogia ed essere stato costretto a sposare la racchia figlia del marito della donna.
Lambertuccio è in compagnia di un uomo, al quale un appestato toglie involontariamente il mantello;in realtà sotto le spoglie del compagno di Lambertuccio c’è la bellissima Belcolore, completamente nuda.Ed è con lei che il capitano di ventura va via.
Antesignano di tutti i decamerotici, Boccaccio, diretto nel 1972 da Bruno Corbucci che scrive anche la sceneggiatura del film con Mario Amendola, si distingue completamente dalla massa quasi informe dei film del genere decamerotico sia per l’eleganza con cui vengono curate le varie componenti del film, ovvero scenografie, costumi e fotografia sia per i dialoghi, meno volgari degli epigoni e sopratutto per la mancanza delle solite scosciate che furono il marchio di fabbrica del florido filone.

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Antonia Santilli

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Pia Giancaro

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Paola Tedesco e Pippo Franco

Le novelle tratte dal Decameron sono raccontate visivamente da Corbucci con brio ed eleganza; si ride finalmente senza la solita grana grossa e senza battute triviali, si assiste alle performance di un gruppo nutrito di attori e di splendide protagoniste che non ebbe in seguito rivali.
Enrico Montesano e Pippo Franco interpretano Buffalmacco e Bruno, i due protagonisti principali attorno ai quali si muovono tutti gli altri, ovvero Fra Ignazio, interpretato da Lino Banfi, Alighiero Noschese che è Lambertuccio da Cecina (Banfi e Noschese, con Montesano saranno protagonisti anche del simpaticissimo Il prode Anselmo),Mario Carotenuto che è il giudice Nicola, il grande Bernard Blier che interpreta il dottor Mazzeo fino ad Andrea Fabbricatore, campione del Rischiatutto televisivo a cui va il ruolo dell’ingenuo Calandrino.
Di primissimo ordine anche il parterre femminile, che include attrici bellissime e di sicuro valore recitativo come Sylvia Koscina (Fiammetta),Isabella Biagini che è Ambruogia, e ancora Maria Baxa,Pia Giancaro,Helene Chanel, Antonia Santilli,Paola tedesco,Pascal Petit.
Un cast prestigioso quindi per un film a tratti molto divertente, una delle cose migliori di quell’anno, eppure penalizzato in seguito dalla mancanza di una distribuzione su supporti digitali.

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Infatti il film è rimasto per 40 anni praticamente invisibile, fino all’anno scorso momento in cui è stata realizzata un’edizione digitale del film.
Tuttavia la pellicola non è di facile reperibilità.
Se qualcuno vuole visionarla può scaricare il seguente link: http://wipfiles.net/628rm3dr1bjj.html che contiene una splendida versione del film, ricordando ovviamente che i file sono protetti da diritto d’autore e che devonoe ssere cancellati dopo 48 ore.
Tornando al film, siamo di fronte ad una commedia simpatica e gradevole, che merita sicuramente una visione.

Boccaccio

Un film di Bruno Corbucci. Con Enrico Montesano, Lino Banfi, Sylva Koscina, Alighiero Noschese, Pippo Franco, Andrea Fabbricatore, Guido Celano, Bernard Blier, Franca Dominici, Rosita Pisano, Mario Carotenuto, Andrea Aureli, Giacomo Furia, Mimmo Poli, Nello Pazzafini, Ignazio Leone, Toni Ucci, Isabella Biagini, Hélène Chanel, Gastone Pescucci, Sandro Dori, Pascale Petit, Luca Sportelli, Maria Baxa,Raymond Bussières Commedia, durata 92′ min. – Italia 1972.

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Boccaccio locandina protagonisti

Alighiero Noschese: Lambertuccio da Cecina
Enrico Montesano: Buffalmacco
Pippo Franco: Bruno degli Olivieri
Sylva Koscina: Fiammetta
Isabella Biagini: Ambruogia
Raymond Bussières: Cagastraccio
Mario Carotenuto: Giudice Nicola
Bernard Blier: dottor Mazzeo
Pia Giancaro: Monna Lisa
Paola Tedesco : Lidia
Lino Banfi: Padre Ignazio
Andrea Fabbricatore: Calandrino
Pascale Petit: Giletta
Rosita Pisano: Mannocchia, serva di Mazzeo
Sandro Dori: Nicostrato
Maria Baxa: Tebalda
Toni Ucci: Pietro da Vinciolo
Franca Dominici: Perdicca
Luisa Dominici: Belcolore
Guido Celano: messer Anselmo
Andrea Aureli: Maso
Hélène Chanel: Perincipessa di Civignì
Ignazio Leone: il Bargello
Antonia Santilli: donna nella tinozza
Nello Pazzafini: Marito della donna nella tinozza
Gastone Pescucci: Giovanni Cioppolo
Mimmo Poli: Spettatore grasso
Luca Sportelli: Loderinghi
Antonella Santi: donna piccione

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Regia Bruno Corbucci
Soggetto Mario Amendola
Bruno Corbucci
Sceneggiatura Mario Amendola
Bruno Corbucci
Produttore Dino De Laurentiis
Distribuzione (Italia) Columbia

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Boccaccio locandina recensioni

L’opinione del Morandini
6 sketch cavati dal Decamerone che hanno per protagonisti Buffalmacco (E. Montesano) e Bruno degli Olivieri (P. Franco), burlatori di Calandrino (A. Fabbricatore) e di altri gonzi. Nel filone dei “decameronidi” uno dei meno trucidi.

L’opinione di Undjing dal sito http://www.davinotti.com
Assieme a Fiorina la vacca uno dei migliori esemplari del filone decamerotico, coniato dal successo pasoliniano (Il Decameron). La valida regia di Corbucci, esperto di commedia all’italiana, è sorretta pienamente dal buon cast, che contempla un convincente (e simpatico) Montesano nel ruolo di Buffalmacco. A margine si fanno notare anche Pippo Franco, Noschese, Lino Banfi ed il celebre vincitore nel Rischiatutto (d’epoca): Andrea Fabbricatore, nei panni di Calandrino, ch’è poi il “legame” di continuità delle varie storie sparpagliate con azzeccato senso del ritmo e dell’ironia. Significativo.

L’opinione di Rfe dal sito http://www.davinotti.com
Uno dei decamerotici migliori, meno rozzi e meno volgari. Un gruppo d’attori mai più visto in un boccaccesco: Pippo Franco, Enrico Montesano, Alighiero Noschese o Lino Banfi sono ben affiatati e divertono. Degne di attenzione soprattutto le belle attrici coinvolte (per fortuna Corbucci si rifiuta intelligentemente di accodarsi al criterio anti-estetico seguito da Pasolini nella Trilogia della vita): Koscina, Biagini, Petit. C’è anche Pia Giancaro, prima di diventare Principessa Ruspoli.

L’opinione di Ronax dal sito http://www.davinotti.com
Decamerotico di classe, girato con buon mestiere da Corbucci che aveva a disposizione mezzi (i soldi di De Laurentiis) nettamente superiori alla media. Partito quasi come un musical, procede con ritmo indiavolato e una notevole cura dal punto di vista scenografico. Montesano fa la parte del leone, ben coaudiuvato da Pippo Franco e da altri valorosi caratteristi, mentre Noschese, insuperabile come imitatore, si conferma un attore piuttosto opaco. Superbo il ricco comparto femminile, cioè la sostanziale ragion d’essere di un film come questo.

L’opinione di motorship dal sito http://www.davinotti.com
Bel decamerotico per nulla volgare e con nudi non esagerati. Inoltre è un film molto divertente, spassoso e diretto davvero molto bene da Corbucci. Incredibile il cast, sia quello femminile (Koscina, Biagini, Petit) che quello maschile, con la coppia Montesano-Noschese (con il primo che domina praticamente la scena) in testa, anche se Pippo Franco e Lino Banfi non sono da meno. Esilarante il finale e simpatiche le canzoncine a mo’ di musical. Da vedere.

L’opinione di tomasmilia dal sito http://www.davinotti.com
Uno dei più fortunati epigoni del Decameron pasoliniano. Grande cast (forse il più ricco per un decamerotico, più comico che erotico) sebbene la trama consista in una decina di novelle (dis) unite tra loro. Pippo Franco e Montesano (istrionico, si esalta tra balli, canti e “parlate”, il gagà) si muovono come Encolpio e Ascilto nel Satyricon petroniano con lo spirito boccaccesco. Sono loro che danno avvio agli scherzi a danno del povero Calandrino (il campione di Rischiatutto, Fabbricatore). Divertenti gli stornelli.

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dicembre 11, 2013 Posted by | Commedia | , , , , , , , , | Lascia un commento

I picari

I picari locandina

Su una galera che naviga per rotte sconosciute facciamo conoscenza con due personaggi pittoreschi: Lazzarillo de Tormes e Guzman de Alfarache.I due, legati allo stesso remo, si raccontano le vicissitudini che li hanno portati a condividere lo stesso destino. Lazzarillo de Tormes, nato in una famiglia numerosa e poverissima, con una madre costretta a prostituirsi per procacciare cibo ai numerosi figli, è stato ceduto dalla famiglia ad un mendicante cieco e furbissimo.L’uomo ha insegnato a Lazarillo tutti i trucchi per sopravvivere di espedienti e carità, ma alla fine viene beffato dal giovane aiutante, stanco delle sue angherie e della sua avarizia. Guzman de Alfarache non ha conosciuto la miseria, perchè suo padre era un artigiano di valore, un orologiaio molto apprezzato ma con un vizio, quello del gioco.

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Giancarlo Giannini è Guzman

Esperto giocatore di dadi, l’uomo viene sorpreso a barare e finisce così impiccato.Accolto in una famiglia nobile come “coadiuvante pedagogico”, Guzman scopre a sue spese di essere caduto dalla padella nella brace.Il suo compito infatti consiste nel subire le punizioni in loco del rampollo ignorante e maleducato della nobile famiglia.Stanco dei soprusi, Guzman scappa; così ritroviamo i due avventurieri legati al remo della galera, che li sta trasportando verso un oscuro destino.

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Claudio Bisio, il capo degli ammutinati

Ma il caso vuole che l’equipaggio dei galeotti di bordo decida di ammutinarsi e cosi dopo rocamboleschi colpi di scena Lazarillo e Guzman vengono scaraventati fuori dalla nave e approdano miracolosamente su una spiaggia.Dopo un’altra avventura, in cui riescono con l’inganno a farsi liberare da un fabbro dalle catene che li imprigionavano, i due avventurieri inseguiti dalle locali guardie finiscono per dividere le proprie strade.Cosi Guzman va a servizio di un nobile ridotto in miseria, che verrà incarcerato per debiti mentre Lazarillo più fortunato diventa un attore, lavoro grazie al quale può permettersi di girare con un ricco abito utilizzato per le scene.I due amici si reincontrano e grazie all’abito di Lazarillo truffano un gioielliere e con i proventi della truffa acquistano una prostituta con l’intenzione di cederla di volta in volta in cambio di denaro.

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Giuliana De Sio è Rosario

Ma Rosario, la prostituta, si concede solo a chi le garba così alla fine diventa motivo di discussione tra i due amici con conseguente lite finale e nuova separazione dei loro destini.Che però sono fatalmente destinati a incrociarsi: Lazarillo diventa assistente del boia e un giorno si trova davanti l’amico Guzman condannato a morte per omicidio.Con un ennesimo colpo di teatro, Lazarillo riesce a far liberare Guzman, facendo impiccare in vece sua un povero ladro, mentre allo stesso Guzman Lazarillo taglia la mano, pena riservata ai ladri.Nel finale, troviamo ancora una volta i due amici impegnati nel furto di latte da un pastore che pascolava il suo gregge di pecore.

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A distanza di 21 anni dal capolavoro L’armata Brancaleone, Mario Monicelli riprende l’atmosfera del film medioevale trasportandolo in un’ambientazione spagnoleggiante di ispirazione picaresca, prendendo spunto dal romanzo di autore ignoto Lazarillo De Tormes, ambientato nel 1500. Questa volta i protagonisti non sono gli straccioni dal linguaggio ameno che attraversano un’Italia ignorante e popolata da gente superstiziosa, bensi due avventurieri che si imbarcano in imprese grottesche, quasi tutte condannate a fallire miseramente.I due protagonisti, Lazarillo e Guzman, hanno appreso dalla strada l’arte di arrangiarsi e tentano di mettere a frutto quanto imparato, sempre però con alterne fortune.

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Bernard Blier è il ruffiano

Non sono affatto due anime candide, come per esempio era il Brancaleone da Norcia protagonista dell’Armata Brancaleone, quanto piuttosto due simpatici gaglioffi che la vita ha costretto ad un’esistenza da vagabondi.Se per Lazarillo la scuola del vecchio mendicante ha avuto una funzione preminente facendolo diventare furbo e scaltro, per Guzman la morte ingloriosa del padre ha funzionato solo come detonatore di un’improvvisa libertà che il giovane non ha saputo ne potuto sfruttare, finendo per incontrare Lazarillo al remo di una galera che li conduce verso una sorte ignota.

I due compagni finiscono così per attraversare in lungo e in largo la Spagna, sempre inseguiti o dalle guardie o perseguitati da un destino infausto. E si imbattono nel corso della loro vita, in personaggi altrettanto “sfiagti”, come il Marchese Felipe de Aragona incontrato da Guzman che per poter mettere sotto i denti qualcosa è costretto a fare due volte la comunione o come il mendicante cieco che diventa la guida cattiva e cinica di Lazarillo. La galleria dei personaggi incontrati dal duo è ampia e variegata e passa dal precettore che picchia Guzman in loco del pargolo nobile ciuco e maleducato fino al gioielliere che i due truffano prima di venire truffati a loro volta da un vecchio ruffiano che rifila loro la bella Rosario, prostituta che va solo con chi piace a lei.

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Vittorio Gassman è il Marchese Felipe de Aragona

L’allestimento artistico del film, ovvero il cast che lavora in questa pellicola è di assoluto prim’ordine; si va da Nino Manfredi, cieco e truccato quasi come nel film di Scola Brutti sporchi e cattivi che da vita ad un personaggio a tratti ributtante, ovvero il mendicante spilorcio e cattivo che però funziona da guida verso la vita dura del picaro per il giovane Lazarillo, passando per Vittorio Gasmann sobrio e dolente nei panni del nobile Felipe de Aragona, che alle guardie incaricate di arrestarlo presenta i suoi averi, una brocca, una ciotola e un pitale.Naturalmente poi ci sono i due veri protagonisti: Enrico Montesano nel ruolo di Lazarillo e Giancarlo Giannini in quello di Guzman.

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A sinistra Enrico Montesano, Lazarillo

Entrambi lavorano bene mostrando un affiatamento che nell’economia del film si rivelerà prezioso; nessuno dei due tenta di prevalere sull’altro e lo spettacolo è assicurato. Merito anche del resto del cast, nel quale troviamo attori del calibro di Paolo Hendel, il precettore leggermente sadico del nobile rampollo e Claudio Bisio, il capo degli ammutinati della galera, il grande Bernard Blier nel ruolo del magnaccia e Giuliana De Sio in quella della prostituta Rosario, che mostra abbondantemente le sue grazie il che è davvero un bel vedere. C’è spazio anche per Vittorio Caprioli nel ruolo del bandito Mozzafiato e per Enzo Robutti in quello del comandante della galera che subirà l’ammutinamento.Segnalazione per la particina di Sabrina Ferilli che interpreta la figlia del magnaccia che vende Rosario. Se I Picari non è un capolavoro lo si deve solo ad una certa discontinuità del film, che manca di omogeinità e che sembra più affidato a degli sketch improvvisati dal duo Montesano- Giannini che ad un percorso più organico della pellicola.

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Nino Manfredi, il mendicante cieco

Tuttavia il maestro Monicelli sorprende ancora con un opera affascinante e divertente in maniera misurata, alla luce sopratutto del mezzo fiasco di critica e di pubblico rimediato con Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno (1984) che farà da preludio a quel gioiello che è Speriamo che sia femmina (1986), che sarà il lavoro precedente a questo film.Monicelli è un maestro, un grande regista, capace di amalgamare alla perfezione i cast pur in presenza di soggetti difficili come il romanzo Lazarillo De Tormes, dal quale il regista si discosta parecchio. Il romanzo infatti, narrato in prima persona dal protagonista, racconta la vita errabonda del giovane Lazzarillo nella Spagna di Carlo V prima di accasarsi felicemente con la serva di un vinaio, che dividerà con il vinaio stesso. Monicelli introduce quindi il personaggio di Guzman, che appare leggermente meno furbo e cinico di quello di Lazarillo, forse perchè di estrazione piccolo borghese la dove l’amico viene dal proletariato più povero e indigente.Questo contrasto lo si avverte nel film, e nel finale sarà proprio Guzman a pagare il prezzo più alto, sfuggendo all’impiccagione ma non al taglio della mano, operato dallo scaltro Lazarillo che però così gli salverà la vita.In definitiva, un buon film che mostra come il cinema italiano degli anni ottanta vivesse purtroppo solo delle performance dei grandi registi come Monicelli, probabilmente il più grande interprete della cinematografia italiana.

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I picari, un film di Mario Monicelli. Con Giancarlo Giannini, Enrico Montesano, Giuliana De Sio, Vittorio Gassman, Nino Manfredi, Bernard Blier, Paolo Hendel, Cristina Marsillach, Sabrina Knaflitz, Maria Luisa Armenteros Gonzales, Maria Casanova, Juan Carlos Naya, Claudio Bisio, Sabrina Ferilli, Blanca Marsillach, Vittorio Caprioli, German Cobos, Sal Borgese, Aldo Sambrell, Enzo Robutti, Jesus Guzman, Donatella Ceccarello. Commedia,  durata 128 min. – Italia 1987.

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Giancarlo Giannini: Guzman de Alfarache

Enrico Montesano: Lazarillo de Tormes

Vittorio Gassman: Marchese Felipe de Aragona

Nino Manfredi: il mendicante cieco

Giuliana De Sio: la prostituta Rosario

Bernard Blier: il magnaccia

Paolo Hendel: il precettore

Vittorio Caprioli: Mozzafiato

Enzo Robutti: Capitano della nave

Blanca Marsillach: Ponzia

Maria Casanova: Donna incinta

Juan Carlos Naya: Venditore di ceramiche

Claudio Bisio: il capo dei rematori ammutinati

Salvatore Borghese: il nostromo

Sabrina Ferilli: giovane prostituta figlia del protettore

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Regia     Mario Monicelli

Soggetto     Leo Benvenuti, Piero De Bernardi, Suso Cecchi d’Amico, Mario Monicelli, dal romanzo spagnolo Lazarillo de Tormes (1554)

Sceneggiatura     Leo Benvenuti, Piero De Bernardi, Suso Cecchi d’Amico, Mario Monicelli

Produttore     Giovanni Di Clemente

Casa di produzione     Clemi Cinematografica, Producciones Cinematograficas Dia

Distribuzione (Italia)     Warner Bros. Italia

Fotografia     Tonino Nardi

Montaggio     Ruggiero Mastroianni

Musiche     Lucio Dalla e Mauro Malavasi

Scenografia     Enrico Fiorentini

Costumi     Lina Nervi Taviani

Trucco     Manuel Martín, Mario Scutti

Le recensioni appartengono al sito http://www.davinotti.com

TUTTI I DIRITTI RISERVATI

Film apprezzabile per l’ottima (e verosimile) resa ambientale, scenografica e di costume dell’italia picaresca del ‘500, affidata alla maestria e al grande mestiere di Mario Monicelli in una delle sue ultime grandi produzioni cinematografiche. Il film è meno valido sul versante della sceneggiatura fatta più di spezzoni e singoli episodi e poco organica, difetto tuttavia che si tende a dimenticare a causa delle performances molto buone di gran parte del cast.

Due picari vagano per la Spagna combinandone di tutti i colori. A vent’anni da Brancaleone, Monicelli torna a filmare un’epoca storica reinventata, con immutato gusto della rivisitazione e spirito guittesco. Qui però l’invenzione non va oltre la serie di sketch comici e le storielle da commedia all’italiana trasferita in costume. Insomma, operazione non riuscita in un film troppo lungo e senza nerbo, che ha l’unico pregio di scorci visivi del tardo 500 spagnolo. Il resto è buon mestiere senza anima.

Con tutti questi attori, guidati da un valido regista, ci si poteva aspettare di più. Il film non è male, ma non tutto funziona (la parte con la De Sio, per quanto generosamente svestita, è un po’ troppo tirata); e nonostante l’indiscussa bravura di Giannini e Montesano, la pellicola finisce per trascinarsi un po’, anche se ha i suoi buoni momenti (il mendicante Manfredi, la fregatura dei cannoli e il pappone a gestione familiare). Sicuramente vedibile, ma poteva essere meglio.

Forse l’ultimo grande film di un grande regista. Ottima prova di Montesano e Giannini, ma sarebbe da citare tutto il cast… Monicelli riesce a dare l’idea di un intero periodo, tra miseria, fame e guerra, non dimenticandosi però di far ridere con zampate di quelle che si ricordano. Infatti la difficile miscela tra le parti “serie” e quelle più prettamente da commedia all’italiana è molto ben riuscita. Sicuramente un film da vedere.

Ma Lazzarillo de Lormes non era spagnolo? E allora perché si senton diversi mortacci? Una coppia di attori in buona vena, ma il film è di quelli della senilità di vari autori; cioè, si sente odore di set e si vede che le comparse son comparse. Riciclata la gag delle paste de Il mattatore (qui son cannoli). La De Sio sfodera un derrière da urlo, ma dura poco. Un film stanco, riscattato da qualche guizzo simpatico.

La confezione è notevole con i costumi, le scenografie e l’ambientazione curatissimi. Quando apriamo il pacchetto però ci accorgiamo che dentro non c’è molto oltre alle disavventure seriali dei due protagonisti che, peraltro, tra loro si sposano abbastanza bene. I flashback iniziali servono solo a proporci un Manfredi cieco mendicante e l’Hendel precettore manesco e a conti fatti di tutto il film quello che resta di più è la comparsata di Gassman nobile decaduto. Tanto fumo ma poco arrosto…

L’ottima ricostruzione storico-scenografica ed una trama divertente e non banale fanno di questo film uno degli ultimi grandi film di Monicelli. Buona parte del merito va sicuramente allo splendido cast che, oltre alla coppia di protagonisti, trova nella comparsata di Gassmann uno dei suoi momenti più felici.

Buon film di Mario Monicelli. Ciò in cui rende di più è nella perfetta ricostruzione di costumi, luoghi e atmosfere del 500; per quanto riguarda la sceneggiatura, ci sono alti e bassi, c’è poco d’autore e molto da commedia italiana (specie nelle scene con la prostituta); tra i furtarelli e qualche buona gag i ritmi sono sostenuti e nel complesso si lascia seguire fino alla fine per la bravura dell’ampio e vasto cast (Montesano e Giannini sono splendidi, ma al pari è anche Gassman).

Il film è ottimo per alcuni spunti, ma sopratutto per un cast veramente all’ altezza; la mano di Monicelli è sicura, vigorosa ed esperta, la trama ammiccante ma sincera, senza sbavature. Gassman è ben trattenuto, Giannini giusto, la De Sio splendida prostituta.

giugno 30, 2011 Posted by | Commedia | , , , , , , , , | 4 commenti

Camera d’albergo

Camera d'albergo locandina

Emma Crocetti è la figlia di un proprietario d’hotel; è un’appassionata di cinema e si diletta di regia con i suoi due amici Guido e Tonino. Desiderosi di sfondare nel mondo della regia, il terzetto costituisce la cooperativa “La svolta” e decidono di girare un reality ante litteram piazzando una telecamera all’interno delle stanze dell’albergo. Messo assieme del materiale amatoriale con l’uso di mezzi di fortuna, i tre presentano parte del loro prodotto ad un regista ormai in disarmo, il commendator Achille Mengaroni che possiede anche una casa di produzione, la Ursus.

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Enrico Montesano

Quello che i tre non sanno è che l’uomo è pieno di debiti ed inseguito dai suoi creditori; Mengaroni dopo aver visionato il materiale fiuta tuttavia il colpo e suggerisce ai tre di ampliare i filmati in loro possesso aggiungendo delle altre scene e contemporaneamente di strappare agli ignari protagonisti il consenso all’utilizzo delle immagini. Nasce così un autentico reality nel reality, con protagonisti Fausto e Flaminia. Il primo è un netturbino, mentre la donna lavora in una scuola guida.

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Monica Vitti

Alla ricerca di una sistemazione Flaminia decide di sposare il proprietario della scuola, il corpulento e manesco Cesare De Blasi. Così loro malgrado Fausto e Flaminia sono costretti a frequentarsi e ben presto la passione tra di loro rinasce. La morale che se ne ricava è che nella vita prima o poi l’amore e i veri sentimenti trionfano. Diretto da Mario Monicelli nel 1981 Camera d’albergo è un prodotto incolore e insapore.

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Vittorio Gassman

La scarsa vena di Monicelli (anche i grandi alle volte fanno errori) la si nota in tutto il film, nella mollezza di un soggetto francamente abbastanza banale (anche se sceneggiato da Age e Scarpelli e dallo stesso Monicelli) e sopratutto nella piatta recitazione di tre grandi protagonisti del cinema italiano, Vittorio Gassman, Enrico Montesano e Monica Vitti. I tre personaggi a loro affidati, rispettivamente il regista squattrinato Achille, il netturbino dai buoni sentimenti Fausto e la scontenta Flaminia sembrano tagliati con l’accetta e sono anche mal caratterizzati, segno dell’abulica volontà dei tre attori alle prese con un film in cui probabilmente non credevano.

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Monica Vitti, Flaminia

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Enrico Montesano, Fausto

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Il soggetto debole, le lunghe sequenze girate in albergo, le banali storie riprese dai tre improvvisati registi fanno il resto; banalissima la sequenza delle svedesine nude che alla fine scoprono la telecamera nascosta e anche tutte le altre storielle appiccicate senza molta credibilità al film che si snoda noiosamente fino ad un finale che è quanto di più banale uno si possa aspettare.

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Un vero peccato, perchè Monicelli ci aveva abituato ad uno standard di ben altro livello. Quello che colpisce maggiormente è la conduzione scialba di un film che già nelle premesse appare scontato, vista l’interazione tra la storia dei due ex amanti che riscoprono se stessi e le storielle molto prevedibili che i tre registi girano all’insaputa dei protagonisti. Così la moglie vergine e i vari personaggi ripresi in stile Grande fratello, mentre fanno abluzioni o canticchiano opere liriche, mentre espletano le loro necessità fisiologiche oppure attentano alle virtù delle cameriere appaiono molto sgradevoli e assolutamente prive di fascino. Le gag o le battute francamente sono davvero discutibili; un esempio è il dialogo tra Flaminia e Cesare:” Sai, per un momento ho pensato che tu mi avessi sposato per il mio nome…” “Perchè?” “Perchè mi chiamo Flaminia, come l’autovettura” Con questo genere di battute ovviamente non si va lontano, nemmeno con le gag delle botte da orbi e con le trite altre che scorrono sullo schermo.

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Il voyeurismo reality raramente ha avuto tocchi di finezza, proprio per le sue caratteristiche specifiche, ovvero lo scavare nell’intimo delle persone alle prese con le piccolezze della vita quotidiana. Con queste premesse, senza una trama convincente e con attori assolutamente fuori parte o svogliati era inevitabile il fallimento del progetto. Monicelli non mostra mai, in nessun momento,il suo leggendario talento e il suo spirito corrosivo anche se va detto molti spettatori del film, all’epoca, lo assolsero quasi con formula piena. Ma un periodo di crisi è assolutamente comprensibile; non dimentichiamo che l’anno precedente il grande regista toscano aveva avuto un’altra battuta d’arresto con Temporale Rosy,con protagonisti Faith Minton e Depardieu impegnati in una storia d’amore ambientata nel mondo del catch, mal riuscita e bizzarra.

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Per fortuna Monicelli ci regalerà nel 1982 Il Marchese del Grillo che rimane una delle sue perle più preziose. In definitiva Camera d’albergo non vale una visione, anche se ovviamente resta una spalla sopra tutte le boiate che vennero prodotte purtroppo a partire dal 1979 in poi.

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Camera d’albergo,un film di Mario Monicelli. Con Enrico Montesano, Monica Vitti, Vittorio Gassman, Gianni Agus, Fiammetta Baralla,Franco Ferrini, Nando Paone, Tommaso Bianco, Roger Pierre, Luciano Bonanni, Ida Di Benedetto, Néstor Garay, Beatrice Bruno, Daniele Formica Commedia, durata 99 min. – Italia 1981

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Vittorio Gassman: Achille Mengaroni    

Monica Vitti: Flaminia    

Enrico Montesano: Fausto Talponi    

Roger Pierre: Cesare De Blasi    

Béatrice Bruno: Emma    

Ida Di Benedetto: Moglie vergine    

Néstor Garay: Cesare Di Blasi    

Gianni Agus: Se stesso    

Franco Ferrini: Gianni    

Daniele Formica: Aldo    

Jacques Ciron: Vittorio    

Nando Paone: Guido Bollati    

Paul Muller: Hans    

Isa Danieli: Maria    

Fiammetta Baralla: Tassista   

Tommaso Bianco: Sergio

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Regia     Mario Monicelli

Soggetto     Agenore Incrocci, Mario Monicelli, Furio Scarpelli

Sceneggiatura     Agenore Incrocci, Mario Monicelli, Furio Scarpelli

Produttore     Luigi De Laurentiis, Aurelio De Laurentiis

Distribuzione (Italia)     Filmauro

Fotografia     Tonino Delli Colli

Montaggio     Ruggiero Mastroianni

Musiche     Detto Mariano

aprile 21, 2011 Posted by | Commedia | , , | Lascia un commento

Nerone

Nerone locandina

L’imperatore Nerone è odiato da tutti: dai cristiani che lo accusano di aver fatto bruciare Roma e di aver addossato loro la colpa, dalla madre Agrippina perchè ha nominato senatore un suo avversario politico e dalla moglie Poppea perchè non le affida la parte di Elena di Toria in una rappresentazione teatrale scritta dallo stesso imperatore.
Così, grazie ad una congiura orchestrata da alcuni senatori e con la complicità dell’infido Tigellino, capo dei pretoriani dello stesso imperatore, Agrippina riesce a far rinchiudere in un manicomio Nerone, che ne viene liberato solo grazie all’amico Petronio e con l’aiuto di una bella cristiana convertitati al paganesimo, Nenè.
Così, il tentativo di mettere sul trono il generale Galba, affetto da fastidiosi problemi fisici come le emorroidi fallisce e Nerone riesce a tornare sul trono, non prima di essersi spacciato per Gesù davanti ad un Pietro molto più vicino ad un allocco che alla figura carismatica del capo della cristianità.
Diretto da Castellacci e Pingitore, alla loro seconda e ultima prova di regia in coppia dopo il discreto successo di Romolo e Remo storia di due figli di una lupa, Nerone è una parodia in stile burlesque o anche in puro stile avanspettacolo, realizzato nel 1977 con l’ausilio di un cast di assoluto livello ma con un risultato finale appena sufficiente.
Se l’idea di base, il cast e la formula della storia riadattata con enormi asincronismi temporali può sembrare azzeccata, il film che pure parte con qualche felice battuta e qualche gag che smuovono il sorriso ben presto si spegne in una lunga sequela di banalità, a cui invano i due registi tentano di porre rimedio affidando ai vari attori canzoncine e battute lampo che però risultano piatte e poco divertenti.
Colpa di una sceneggiatura da avanspettacolo, quindi inadatta ai tempi cinematografici, colpa anche di troppe banalità nelle battute, alcune delle quali appaiono grossolane e sconce.

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 Pippo Franco e Bombolo

E colpa anche di una certa blasfemia che serpeggia nel film, che appare davvero gratuita e poco divertente, tra l’altro.
Il film parte con una sequenza in cui Nerone, interpretato da un romanaccio doc come Pippo Franco scambia due battute con Atte: ” A Nerò, che vuoi la lira?” ” Beh, mejo de gnente” e prosegue sulla stessa falsariga, con scambi di battute surreali, come quella con Bombolo :”certo che l’alloro è una grande invenzione” “specie co’ i fegatelli”
Il livello del film è questo, tuttavia non mancano sprazzi di comicità e di divertimento.

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Paola Borboni

Tra una battuta e una canzoncina, spesso in rima, il film prosegue con vivacità, alternando momenti felici (il bagno di Poppea, la sequenza al manicomio) a momenti di stanca.
Tuttavia, alla fine, non si resta completamente delusi.
Merito sopratutto di un cast che raccoglie attori molto bravi, quelli che con un brutto termine erano definiti “caratteristi”e merito anche delle due bellezze protagoniste del film, la ex soubrette Paola Tedesco che interpreta la cristiana convertita Nenè e Maria Grazia Buccella, deliziosamente svampita nel ruolo dell’imperatrice Poppea.

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Enrico Montesano

Nel film compaiono anche un bravo Enrico Montesano nel ruolo di Petronio Arbitro, con tanto di erre moscia e vestito ovviamente di tutto punto e con un anacronistico cappello, Oreste Lionello nel ruolo di un Seneca filosofo futurista dai dialoghi quasi demenziali, che parla una stranissima lingua un pò burina, un pò romana e tanto british de noantri.

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Due fotogrammi con Paola Tedesco

Troviamo ancora la stella del cinema muto Paola Borboni, che interpreta Agrippina, madre di Nerone e ispiratrice della congiura che porterà l’imperatore stesso in manicomio e che si segnala per un’audace scena a seno nudo, mostrato alla bella età di 77 anni; c’è l’immancabile Gianfranco D’Angelo nel ruolo di Tigellino, stravagante e anche lui caratterizzato da una stoltezza quasi commovente.

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“Non sono più cristiana, sono diventata pagana: ecco la prova”

C’è spazio per Paolo Stoppa, un San Pietro rivoluzionario, quasi comunista e anarcoide che alla fine verrà beffato da Nerone, c’è Aldo Fabrizi nel suo penultimo film, che interpreta il generale Galba affetto da problemi fisici fastidiosissimi come le emorroidi, c’è Marina Marfoglia nel ruolo di Atte (storicamente amante di Nerone).
Ancora, completano il cast in ruoli minori Bombolo (Roscio), aiutante squinternato di Nerone, Massimo Dapporto in una particina e infine la futura soubrette Carmen Russo in una breve sequenza in cui mostra il suo celebre seno.
Un film assolutamente scacciapensieri, probabilmente non riuscito ma in grado di strappare qualche momento di ilarità.

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Paolo Stoppa

Nerone, un film di Castellacci e Pingitore, con Pippo Franco, Maria Grazia Buccella, Paola Tedesco, Oreste Lionello, Enrico Montesano, Paola Borboni, Gianfranco D’Angelo, Paolo Stoppa, Bombolo, Carmen Russo, Marina Marfoglia, Laura Troschel, Aldo Fabrizi Italia 1977, commedia

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Gianfranco D’Angelo

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Maria Grazia Buccella

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Bombolo, Pippo Franco e Carmen Russo

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Paola Tedesco

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A destra, Aldo Fabrizi

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Nerone 14

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Pippo Franco: Nerone
Maria Grazia Buccella: Poppea
Paola Tedesco: Licia
Oreste Lionello: Seneca
Enrico Montesano: Petronio Arbitro
Paola Borboni: Agrippina
Gianfranco D’Angelo: Tigellino
Paolo Stoppa: San Pietro
Aldo Fabrizi: Generale Galba
Bombolo: Roscio
Piero Santi: Vinicio
Gio Staiano: Sporo
Marina Marfoglia: Atte
Laura Troschel: Locusta
Massimo Dapporto: Cristiano liberato
Attilio Dottesio: Centurione
Giancarlo Magalli: Presidente del senato
Valentino Simeoni
Bruno Vilar: Centurione

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Regia     Castellacci e Pingitore
Soggetto     Castellacci e Pingitore
Sceneggiatura     Castellacci e Pingitore
Produttore     Mario Cecchi Gori
Casa di produzione     Capital Film
Distribuzione (Italia)     Gold
Fotografia     Sergio Martinelli
Montaggio     Alberto Gallitti
Musiche     Flavio Bocci
Scenografia     Enrico Rufini e Maurizio Tognalini
Costumi     Enrico Rufini e Maurizio Tognalini

marzo 28, 2011 Posted by | Commedia | , , , , , , , , , , , , , | Lascia un commento

Il paramedico

Il paramedico locandina

Mario Miglio è un infermiere dalla vita tranquilla; sposato alla splendida Nina, ha un solo handicap, rappresentato dalla teledipendenza della moglie, che passa ore intere davanti alla tv; gli unici rapporti tempestosi che ha sono quelli con il custode dello stabile in cui abita, un maniaco delle pulizie, con il quale, alla fine, litigherà di brutto.
La vita di Mario cambia irreparabilmente per colpa di una bella Fiat Argenta, vinta casualmente.

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Rossano Brazzi e Daniela Poggi

L’auto, l’ammiraglia della Fiat anni 80, viene rubata, e da quel momento per Mario iniziano una serie interminabile di peripezie, che lo porteranno ad essere arrestato, perchè l’auto servirà ad alcuni terroristi.
Ma……….

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Enrico Montesano

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Il paramedico, film del 1982 diretto da Sergio Nasca, è una commedia cucita addosso ad Enrico Montesano, che nei primi anni ottanta godeva di grande popolarità.Il comico romano, con la sua mimica, la sua buffa maniera di parlare, il suo romanesco autentico, bucava lo schermo, tanto che il regista decise di affidargli la parte dell’infermiere furbo, ma sfigato, che vinta una bella auto si da alla pazza gioia non sapendo che di li a poco sarebbero cominciati i suoi guai.
Una commedia però abbastanza singolare, che dopo una buona metà del suo percorso sembra diventare qualcosa d’altro, finendo però per restare un’incompiuta.

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Edwige Fenech

Il personaggio di Mario però non va oltre i confini della macchietta, tant’è vero che Montesano, di solito straripante, in questo film appare impacciato e spaesato.
Accanto al comico romano si muove Edwige Fenech, in una delle sue ultime apparizioni cinematografiche; la bella attrice difatti avrebbe concluso la sua carriera sei anni dopo, con all’attivo solo altre due apparizioni dopo quella nel film di Nasca.

Il paramedico 2

Altro elemento femminile della storia è la splendida Daniela Poggi, quasi sempre senza veli, che sfoggia un fisico da paura; il resto del film vive sulla mimica facciale di Enzo Robutti, che interpreta il Commissario di Polizia, di Rossano Brazzi, nei panni di Augusto Pinna faccendiere legato all’eversione, di Enzo Cannavale, lo sfigatissimo Avvocato Generoso Gallina, che si vanta di non aver mai fatto liberare un suo cliente.

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Una commedia di basso profilo, quindi, in cui le battute sono legate solo alla verve di Montesano, che appare spento, come già detto, legato sopratutto all’utilizzo del dialetto romanesco, con contorno di Li mortacci…”e altre frasi tipiche del repertorio popolare romano.
Il paramedico, un film di Sergio Nasca, Con Enrico Montesano, Edwige Fenech, Leo Gullotta, Rossano Brazzi, Enzo Liberti, Enzo Cannavale, Ugo Fangareggi, Enzo Robutti, Franco Diogene, Clarita Gatto, Daniela Poggi, Marco Messeri
Commedia, durata 105 min. – Italia 1982.

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Enzo Robutti: Commissario di Polizia
Barbara Herrera: L’ipocondriaca
Daniela Poggi: Vittoria
Enrico Montesano: Mario Miglio
Marco Messeri: Spartaco
Leo Gullotta: Sostituto Procuratore
Edwige Fenech: Nina Miglio
Mauro Di Francesco:
Enzo Cannavale: Avvocato Generoso Gallina
Rossano Brazzi: Augusto Pinna
Pietro Zardini: Guardiano del garage

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Regia     Sergio Nasca
Soggetto     Sergio Nasca, Enrico Montesano
Sceneggiatura     Sergio Nasca, Enrico Montesano, Laura Toscano, Franco Marotta, Gianfranco Manfredi
Produttore     Fulvio Lucisano
Casa di produzione     Italian International Film
Distribuzione (Italia)     Medusa
Fotografia     Giuseppe Aquari
Montaggio     Enzo Siciliano
Musiche     Armando Trovajoli


“Stranissima pellicola d’impianto comico, ma che vira, nel secondo tempo, verso atmosfere cupe e seriose: le implicazioni dei media sulla circolazione di “false notizie”, la P2 – chiamata nel film B2 – e alcune connessioni tra magistratura (un bravo Leo Gullotta) e potere politico. Ottimo il cast, che brilla (nella compagine femminile) per la bellezza (e bravura) di una sublime Daniela Poggi. Enzo Robutti è un nevrotico commissario (e ricorda quello di Zucchero, miele e peperoncino). Montesano a tratti è retorico, ma convincente.

Classico “Montesano-movie” di onesta fattura, uscito nel suo miglior periodo artistico. Il film di Nasca ha la virtù di aver sfruttato l’allora attuale argomento della “loggia P2” per imbastire una sorta di commedia brillante che, nel secondo tempo, strizza l’occhio allo “spy movie all’amatriciana”. La prima parte risulta decisamente riuscita e brillante, la seconda invece ha dei cali piuttosto evidenti. Sponsor, nel film, l’allora novità in casa Fiat: l’ammiraglia “Argenta”.

Ambiziosa commedia che vorrebbe farsi indignata ma nun gne affà. Questo principalmente per la scelta sbagliata del protagonista, che pure nei momenti drammatici continua a fare il comico. Con un attore come Manfredi o Dorelli sarebbe stato un piccolo gioiellino. Del resto nemmeno Nasca pare credere troppo all’operazione, probabilmente interessato alla parte invettiva, imbastisce una mezza truffa inducendo il pubblico a credere di trovarsi davanti a un film comico. Tuttavia la confezione è molto buona. Curioso. L’abito non fa il monaco. L’automobile sì.

Un Montesano in grande spolvero in un one-man-show che non può che piacere ai fan dell’attore romano. La storia, improbabile, scorre via liscia senza punti morti, anche perché Montesano non smette un attimo di snocciolare battute su battute: alcune meno felici di altre, certo, ma tale è la quantità che nell’insieme non ci si fa caso. Il cast di contorno è di ottimo livello, con Cannavale in una parte piccola ma molto divertente, una Poggi mozzafiato ed il solito Robutti ai limiti dell’isteria.

Leggere il cast dei film di quel periodo era una botta di vita: Montesano, Fenech, Robutti, Cannavale, Gullotta, Poggi, Di Francesco, Messeri, Brazzi, Monni e Fangareggi. Potrei anche chiudere qui il mio commento, visto che la grandezza del nostro cinema stava proprio nella formazione che veniva messa in campo in ogni pellicola. Naturalmente Montesano è “leader maximo” e gli altri stanno dietro.

Straordinaria prova di Montesano… Il film è pienamente anni ’80: per il genere di automobili che girano, l’arredamente delle case e tanti altri particolari (come il boom delle televisioni private e i loro assurdi programmi). Geniale l’assurda concatenazione di fatalità che porta all’arresto del Nostro… e poi quando decide di “vuotare il sacco” (si fa per dire, visto che in realtà si inventa tutto) gli vengono promessi regali, auto di lusso, ecc… Un film attuale, veramente attuale…”

luglio 29, 2010 Posted by | Commedia | , , , | Lascia un commento

40 gradi all’ombra del lenzuolo

40 gradi all'ombra del lenzuolo locandina

Film a episodi diretto da Sergio Martino nel 1976, si compone di 5 storie sul costume degli italiani;
-il primo episodio, I soldi in banca, con protagonisti Barbara Bouchet ed Enrico Montesano, racconta la storia di un furbissimo giovane Salvatore, incaricato di contrabbandare i soldi del suo datore di lavoro in Svizzera.
L’uomo, agganciata la bellissima moglie del suo capo, la convince ad accettare 20 milioni per un rapporto sessuale. Dopo tre rapporti, il giovane consegna i soldi alla donna e al rientro del suo capo, lo avvisa di aver consegnato i soldi contrabbandati alla moglie, che è costretta a tacere per non rivelare l’astuto e boccaccesco stratagemma usato da Salvatore

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Barbara Bouchet e Enrico Montesano, episodio I soldi in banca

– il secondo episodio , La cavallona, con protagonista Edwige Fenech, che nel film si chiama Emilia Chiapponi (con riferimento ben specifico alle doti posteriori della Fenech), recita accanto ad un irriconoscibile Thomas Milian, narra la vicenda di una splendida donna che tra tanti corteggiatori finisce per scegliere un timidissimo e racchio ammiratore telefonico e il solito cretino del paese, questa volta in senso lato, ovvero la persona più stupida in assoluto del paese.

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Dayle Haddon

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Edwige Fenech

– il terzo episodio, La guardia del corpo, con protagonista Dayle Haddon accanto a Marty Feldman, racconta le comiche vicende di Alex, chiamato a fare la guardia del corpo di Marina, la bella figlia di un riccastro.
L’uomo prende alla lettera l’incarico, finendo per seguire la ragazza in ogni suo movimento, incluso il bagno e il letto. La ragazza, all’inizio infastidita, rimarrà però conquistata dalla goffaggine e dalla simpatia di Alex, finendo anche per liberarsi da un amante poco affidabile.

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Due fotogrammi con Edwige Fenech, episodio La cavallona

– il quarto episodio,  L’attimo fuggente, vede protagonisti due coniugi alle prese con goffi tentativi di mantenere vivo un rapporto di coppia ormai affievolitosi con il tempo; gli interpreti principali sono Giovanna Ralli (Esmeralda) e Alberto Lionello (Filippo).
– l’ultimo episodio, Un posto tranquillo, racconta le peripezie di Adriano, che incontra in maniera del tutto casuale una ragazza, Marcella, mentre questa sta per suicidarsi lanciandosi dal balcone.
La donna, scoraggiata dal fatto di non aver mai trovato l’uomo ideale, si innamora, ricambiata di Adriana. Ma i due non hanno fatto i conti con le furibonda gelosia del cane di lei. I due protagonisti dell’episodio sono Aldo Maccione e Sidne Rome.

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Giovanna Ralli

Cinque episodi di discreto livello, con punte di maggior divertimento per quello che vede protagonisti la Bouchet e Montesano; simpatico anche l’episodio con protagonisti Maccione, la Rome e il cane molto simile ad un Otello a quattro zampe.
Sui generis l’episodio con la coppia Milian- Fenech, mentre decisamente sotto tono quello con la coppia Ralli-Lionello.

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Sydne Rome

Martino non punta l’acceleratore sul sesso, anzi; le scene sexy sono davvero limitatissime e peraltro molto caste: qualche seno, un nudo posteriore della Haddon e poco altro.
Non di certo una commedia memorabile, ma nemmeno da gettar via.

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40 gradi all’ombra del lenzuolo, un film di Sergio Martino. Con Enrico Montesano, Barbara Bouchet, Edwige Fenech, Tomas Milian, Aldo Maccione, Marty Feldman, Alberto Lionello, Dayle Haddon, Fiammetta Baralla, Enzo Rinaldi, Mimmo Crao
Commedia, durata 105 min. – Italia 1976.

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Barbara Bouchet La signora (episodio “I soldi in banca”)
Enrico Montesano Salvatore(episodio “I soldi in banca”)
Fiammetta Baralla La donna della stanza da bagno (episodio “I soldi in banca”)
Franco Diogene …     Ignazio, il capo di Salvatore (episodio “I soldi in banca”)
Edwige Fenech …     Emilia Chiapponi (episodio “La cavallona”)
Tomas Milian …     Cavaliere Marelli (episodio “La cavallona”)
Christian Aligny    … Dracula (episodio “La cavallona”)
Salvatore Baccaro
Cliente del bar (episodio “La cavallona”)
Dayle Haddon …     Marina (episodio “La guardia del corpo”)
Marty Feldman …     Alex, il Bodyguard  (episodio “La guardia del corpo”)
Mimmo Craig …     François (episodio “La guardia del corpo”)
Alberto Lionello …     Filippo (episodio “L’attimo fuggente”)
Giovanna Ralli …     Esmeralda (episodio “L’attimo fuggente”)
Aldo Maccione …     Adriano Serpetti (episodio “Un posto tranquillo”)
Sydne Rome …     Marcella Fosne (episodio “Un posto tranquillo”)

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Regia Sergio Martino
Soggetto Tonino Guerra, Giorgio Salvioni
Sceneggiatura Sergio Martino, Tonino Guerra, Giorgio Salvioni
Casa di produzione Medusa
Distribuzione (Italia) Medusa
Fotografia Giancarlo Ferrando
Montaggio Eugenio Alabiso
Musiche Maurizio De Angelis, Guido De Angelis

40 gradi all'ombra del lenzuolo foto 1

40 gradi all'ombra del lenzuolo foto 2

febbraio 14, 2010 Posted by | Commedia | , , , , , , , | 3 commenti

Il prode Anselmo e il suo scudiero

Il prode Anselmo e il suo scudiero locandina

Anselmo di Montebello, definito prode per arcani motivi, disputa una singolar tenzone con il cavaliere teutonico Ottone; grazie ad un volgare trucco, messo in scena da suo zio il Vescovo, batte il povero tedesco e si prepara a viaggiare in direzione di Roma, dove è incaricato di portare la mano sinistra del santo Mancinello.

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Alighiero Noschese è il prode Anselmo

Al termine della missione, potrà quindi partire come crociato per la Terrasanta e impalmare la bellissima Leonzia, nipote del vescovo e sua promessa sposa. Ma Ottone capisce l’inganno in cui è caduto e vuole vendicarsi di Anselmo. Il prode in realtà altro non è che uno sbruffone bigotto, si traveste da contadino e accompagnato dallo zio e dalla bella Leonzia, entrambi travestiti da contadini, fuggono verso Roma.

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Marie Sophie è Leonzia

Si rifugiano, per la notte, presso Gianpuccio Senzaterra, un villico furbissimo quanto squattrinato; qui il giovane seduce la bella Leonzia, ma deve fare i conti con il furibondo Ottone. Con una beffa, lo rende cieco da un occhio, scappa con Anselmo che deve dividersi dalla sua promessa sposa e da suo zio.

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Enrico Montesano è Gianpuccio Senzaterra

Inizia cosi una caccia assolutamente irresistibile condotta da Ottone con i due occasionali compagni di viaggio a fare da lepre. Durante la fuga, Anselmo e il suo scudiero si imbattono in Frà Prosdocimo Zatterin da’ San Donà di Piave, un religioso dedito ad uno strano mestiere, quello del castratore, che ha già sperimentato sul suo compagno di viaggio. Dopo una notte passata in un cimitero, in cui i due compagni si imbattono in uno strano tipo di fantasma, una donna che fa becco il marito facendogli credere di essere sonnambula, i due compagni di avventura si rifugiano in una locanda, sempre inseguiti dal furibondo tedesco.

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Renzo Montagnani

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Lino Banfi e Erminio Macario

Qui i due conoscono Laura e Fiammetta, le due splendide locandiere, che si fanno sedurre senza molte resistenze. Nella locanda alloggia anche fra Prosdocimo e sempre nella locanda arriva il vendicativo Ottone; i due compagni riescono a sfuggire, ma Gianpuccio perde sventuratamente la reliquia. Imbattutisi per l’ennesima volta in Ottone, che ha ucciso per rabbia tutti i suoi compagni d’arme, privano lo sventurato tedesco della mano destra, involontariamente; la mano dovrà sostituire la reliquia finita in fondo al fiume. Anselmo e Gianpuccio arrivano così a Roma, con la falsa reliquia; ma nella fretta di sostituirla,

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Femi Benussi

Gianpuccio ha tagliato allo sfortunato tedesco la mano sbagliata.Scoperto l’inganno, Anselmo viene condannato ad essere castrato dall’ineffabile Frà Prosdocimo Zatterin; riesce a sottrarsi con l’inganno al suo destino, convincendo Gianpuccio con le lusinghe a prendere il suo posto. Conosciuto il suo vero destino , quello che lo attende a Roma, Gianpuccio, incarcerato, riesce a convincere con un trucco a far prendere il suo posto al solito sfortunato Ottone, che oltre all’occhio e alla mano destra, perderà anche la virilità.

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Maria Baxa e Femi Benussi

Gianpuccio, fingendosi eunuco, raggiunge il prode Anselmo al suo villaggio, e lo convince ad entrare come servitore e paggio al servizio della bella Leonzia. Spassosa commedia degli equivoci, diretta con ritmo da Bruno Corbucci, Il prode Anselmo e il suo scudiero è una commedia farsesca che ricalca, naturalmente con meno originalità, lo storico Brancaleone di Comencini; la dove il maestro aveva puntato tutto sul linguaggio, sull’espressione e sulla comicità involontaria delle cialtronesche gesta di Brancaleone da Norcia,

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Corbucci sostituisce l’irresistibile idioma  di Brancaleone con un linguaggio forse troppo triviale, ma ugualmente spassoso. Il film ha ritmo, in alcune parti è assolutamente irresistibile, anche se Noschese non è Gassman, e in Il prode Anselmo predomina, la scurrilità e il doppio senso, elargito con abbondanza. Girato come se fosse un decamerotico, quindi con la consueta aggiunta di mariti cornuti e di beffe varie, tuttavia questo film si distacca nettamente dalla produzione del genere per la sua carica umoristica molto forte. Noschese e Montesano sono assolutamente irresistibili, e disegnano ottimamente i personaggi del pavido Anselmo e del bifolco dal cervello fino, Gianpuccio.

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Il cast è completato dall’ineffabile Erminio Macario, con il suo sorriso ironico e la sua carica magnetica nei panni di Frà Prosdocimo Zatterin, da Mrio carotenuto, autentica istituzione di film a ispirazione decamerotico-medioevale, e dalla presenza di alcune bellezze, come Maria Baxa, Femi Benussi, Tamara Baroni e Marie Sophie. Una lode a parte per il solito grande Renzo Montagnani, che da vita allo spassoso personaggio di Ottone, lo sventurato cavaliere teutonico vittima dei due compagni di avventura, Anselmo e Gianpuccio e per Lino Banfi, irresistibile nei panni del compagno di viaggio di Fra Prosdocimo, da lui reso eunuco. Un film da riscoprire, allegro divertente e senza pretese.

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Il prode Anselmo e il suo scudiero, di Sergio Corbucci, con Lino Banfi, Tamara Baroni, María Baxa, Femi Benussi, Mario Carotenuto, Sandro Dori, Erminio Macario, Renzo Montagnani, Enrico Montesano, Rosalba Neri, Alighiero Noschese, Marie Sophie

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Il prode Anselmo 1

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Lino Banfi Il compagno di viaggio di Fra Prosdocimo
María Baxa Fiammetta
Femi Benussi Laura
Mario Carotenuto Il Vescovo zio di Leonzia
Sandro Dori
Erminio Macario Frà Prosdocimo Zatterin da’ San Donà di Piave
Renzo Montagnani Ottone
Enrico Montesano Gianpuccio Senzaterra
Alighiero Noschese Prode Anselmo di Montebello
Mimmo Poli Oste
Marie Sophie Leonzia
Tamara Baroni Fantasma
Ignazio Leone Un Vescovo (non accreditato)
Marcello Martana    Marcozzo il becchino (non accreditato)
Franca Sciutto    (non accreditato)

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Regia Bruno Corbucci
Soggetto Castellano e Pipolo
Sceneggiatura Mario Amendola
Bruno Corbucci
Castellano e Pipolo
Giuseppe Moccia
Scenografia Guido Josia

settembre 30, 2009 Posted by | Commedia, Erotico | , , , , , , , , , , , | 2 commenti

Amore vuol dir gelosia

Amore vuol dir gelosia locandina

Essere circondati da donne può voler dire anche sentirsi imprigionato senza via d’uscita, soffocato dalle personalità, dai caratteri, dalle meschinerie e dalle ossessioni delle stesse: è quanto accade al dottor Gian Galeazzo Silvani Abruzzo, un dentista che vive nella amena isola di Procida, nel golfo di Napoli. L’universo femminile che soffoca Galeazzo è composto da una moglie assolutamente beghina e dalle vedute ristrette, cattolica osservante e praticante, la farmacista Licia, da una madre ( che si rivelerà, però, un’ancora di salvezza), dalla nonna, da due figlie e da una cameriera.

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Amore vuol dir gelosia 1

Una vita tutto sommato senza picchi, in cui tutto è scandito da quell’universo al femminile, che cambia irrimediabilmente il giorno in cui galeazzo, armato di binocolo, sorprende una sua vicina in abiti succinti. La donna, Corinna, una splendida ex reginetta di bellezza, si offre involontariamente nuda al suo sguardo; da quel momento Galeazzo no vivrà che per il desiderio di farla sua.

Amore vuol dir gelosia 2

Corinna, che è sposata ad un vigile urbano donnaiolo, che però non risparmia le sue attenzioni focose alla giovane e bellissima moglie, alla fine cede alle attenzioni del vicino., sopratutto dopo aver scoperto le infedeltà del marito, che si divide anche con una focosa macellaia.Tra i due però l’adulterio non si consuma per una serie di imprevisti; Licia apprende della relazione, e tenta il suicidio.

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Amore vuol dir gelosia 4

Dopo una serie di risse furibonde tra le due rivali, e dopo che Licia ha scoperto in se una sessualità repressa, che esplode nel paradosso di un eccesso di libertinaggio, i due amanti platonici consumeranno finalmente il loro adulterio grazie anche alla nonna di Galeazzo, che in punto di morte inviterà il nipote a dedicarsi a qualcosa di più costruttivo del rapporto con la famiglia, peraltro molto ipocrita, e grazie anche all’aiuto della madre, che collaborerà attivamente con il figlio, aiutandolo a consumare l’adulterio, culminato nella scena in cui Galeazzo e Corinna, in riva al mare,  a due passi da un gruppo di suore che fanno il bagno vestite, si vedrà aiutato a nascondersi da un provvidenziale telo alzato dalla madre, al riparo del quale i due potranno finalmente gustare il frutto proibito.

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Amore vuol dir gelosia 6

Commedia gradevole, questa Amore vuol dir gelosia, pellicola diretta da Mauro Severino nel 1975, che si discosta dalle solite commedie sexy per la bonaria presa in giro nei riguardi della morale bigotta tipica dei paesi del sud Italia, per la descrizione, anche se superficiale, dell’universo ristretto in cui si trova a muoversi il povero Galeazzo, interpretato molto bene dal solito Montesano.

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Ben assortito il cast, che annovera una sempre affascinante Barbara Bouchet nel ruolo di Corinna, una satanica Mlena Vukotic, moglie repressa dapprima, libertina successivamente e Gino Santercole, il vigile urbano donnaiolo, focoso, manesco marito della bella Corinna. Un film che non pretende nulla, e che alla fine risulta gradevole proprio per questa sua spontanea semplicità

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Amore vuol dir gelosia,un film di Mauro Severino. Con Enrico Montesano, Milena Vukotic, Barbara Bouchet, Gino Santercole, Pino Ferrara, Anita Farra, Eleonora Morana, Giancarlo BadessiCommedia, durata 95 min. – Italia 1975.

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Enrico Montesano: Gian Galeazzo
Barbara Bouchet: Corinna Borotto
Gino Santercole: Amos Borotto, marito di Corinna
Milena Vukotic: Licia
Carmen Martínez Sierra: Donna Carmela, suocera di Gian Galeazzo
Pino Ferrara: capitano Bazzoni
Anita Farra: madre di Gian Galeazzo
Ada Tauler: Amalia, la macellaia
Giancarlo Badessi: Don Gino
Roberta Palombi: figlioletta di Gian Galeazzo
Stefania Pigiani: altra figlioletta di Gian Galeazzo
Eleonora Morana: pettegola confidente di Don Gino

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Regia Mauro Severino
Soggetto Mauro Severino
Sceneggiatura José Gutiérrez Maesso, Mauro Severino
Produttore Manolo Bolognini, Luigi Borghese
Casa di produzione Aetas Produzioni Cinematografiche (Roma), Tecisa Television y Cine (Madrid)
Fotografia Giuseppe Pinori
Montaggio Gian Maria Masseri
Musiche Adolfo Waitzman
Scenografia Gastone Carsetti
Costumi Luca Sabatelli

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L’opinione di Lina dal sito http://www.filmtv.it

Tipica commedia sexy all’italiana che alterna risate (poche) con siparietti erotici di effetto melenso. La trama è stiracchiata e banale, non noiosa, ma esile, ripetitiva e pure paradossale per certi versi. Peccato che Montesano si sia prestato a partecipare a questa mezza pagliacciata, che tentando la strada della satira sui tradimenti e sulle crisi di coppia, non centra il bersaglio e neanche ci si avvicina.

L’opinione di Undjing dal sito http://www.davinotti.com

Prima del pessimo Tutti possono arricchire tranne i poveri, Mauro Severino dirige una pellicola realizzata in co-produzione con la Spagna, nella quale l’odontotecnico Giangaleazzo (Montesano), succube di una moglie (meridionale) frigida e tirchia, di una suocera invadente e due figlie, perde la testa per la disponibile e piacente Corinna (Barbara Bouchet), moglie di un grezzo e geloso vigile settentrionale. Comicità di grana grossa, con bersaglio sulla mentalità “religioso-bigotta”, tipica di certa cultura meridionale. Comunque vedibile e divertente.

L’opinione del sito http://www.cinetecadicano.blogspot.it

Mauro Severino costruisce una storia divertente rispettando tutte le convenzioni narrative della commedia sexy, tra voyeurismo, specchi che riflettono nudi femminili, serrature dalle quali spiare, bagni saponosi e amplessi comico – erotici. Non mancano una morale anti censura, il rifiuto del perbenismo di facciata di un’Italia bacchettona e una critica serrata alla grettezza piccolo – borghese. La provincia curiosa, i vizi privati e le pubbliche virtù, le persone che non si fanno i fatti loro, i tradimenti sulla bocca di tutti, le voci maligne del popolo, sono altri elementi interessanti. Bravi gli attori. Montesano è il mattatore con un personaggio tipico da Charlot frustrato, basato su una comicità slapstick, a metà strada tra le comiche del muto e il cartone animato, mentre la Vukotic è una buona moglie repressa doppiata in napoletano (non sappiamo da chi, inoltre è insolito che un’attrice del suo valore venga doppiata) e la Bouchet (doppiata da Vittoria Febbi) una sensuale vicina che parla in milanese.

luglio 31, 2009 Posted by | Senza Categoria | , , , | Lascia un commento

Spogliamoci così senza pudor

Spogliamoci cosi senza pudore locandina

Film a episodi diretto da Sergio Martino, su un soggetto di Raimondo Vianello e Sergio Continenza, anno 1976.

Primo episodio, Il detective: un uomo dubita della fedeltà della coniuge e così decide di assoldare un detective per pedinarla e scoprire le prove di un suo adulterio. Ma il detective, senza scrupoli, pur di raggranellare denaro, fabbrica delle prove false. Il cliente, tutt’altro che sciocco, scoprirà l’inganno, perchè il filmato compromettente girato dal detective lo vedrà protagonista con la moglie durante un loro rapporto coniugale;  l’uomo si vendicherà seducendo la moglie del detective

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Maria Baxa e Aldo Maccione

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Maria Baxa

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Barbara Bouchet

Secondo episodio, La squadra di calcio: un ex calciatore squalificato a vita per motivi truffaldini, viene chiamato da un suo amico, allenatore di una squadra femminile, a far parte del gruppo, ovviamente travestito da donna. Ne succederanno di tutti i colori, con il calciatore che vedrà scoperto l’nganno durante una partita nella quale segna dei goal, prima di essere colpito l basso ventre da una pallonata. L’arbitro e le altre ragazze scopriranno l’inganno.

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Enrico Montesano sotto la doccia nell’episodio La partita di calcio

Terzo episodio, L’armadio di Troia : Un produttore di film hard sogna un incontro ravvicinato con un’attricetta di un suo film. Non riuscirà nell’impresa per colpa di un ladruncolo che oltre che svaligiargli la casa,lo farà litigare con la moglie e gli soffierà l’attricetta.

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Nadia Cassini

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Alberto Lionello

Quarto episodio, La visita: un uomo e una donna, regolarmente sposati con altre persone, cercano disperatamente di poter consumare l’adulterio, ma un’improvvisa morte li pone di fronte ad una scelta:copulare sul letto del morto, quando il cadavere verrà rimosso.

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Ursula Andress

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Johnny Dorelli

Nonostante il cast di buon livello, il film non ha ritmo, e gli episodi non si discostano poi molto dal canovaccio della più trita commedia sexy. Forse l’unico episodio davvero divertente è quello che vede protagonista Enrico Montesano, nei panni del calciatore, Divertente la scena nello spogliatoio femminile nel quale il povero Montesano si trova attorniato da splendide ragazze nude, mentre lui è costretto a sudare ( in tutti i sensi) travestito da donna.

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La sequenza con Ria De Simone: un adulterio mai consumato

Da segnalare anche il duo Dorelli-Andress nell’ultimo episodio, con qualche trovata groottesca; discreto Maccione in tandem con Maria Baxa nell’episodio del detective, anche se il livello delle battute, come ” che imbecille, occhio di lince e orecchie di merda” danno un’idea del tono generale. L’episodio dell’armadio è davvero il punto più basso del film , nonostante Lionello e una Cassini quantomeno generosa nel mostrare le sue grazie ( esempio di battute: la madonna! ah no, volevo dire mia moglie“), mentre la parte della moglie del produttore è affidata alla olita bellissima Barbara Bouchet. Tra i co protagonisti troviamo Alvaro Vitali, nell’episodio del detective e Ninetto Davoli in quello dell’armadio, Ria De Simone in quello del detective. Tutto sommato film poco divertente,abbastanza scontato e anche poco scollacciato, secondo i canoni del genere di pellicola in cui rientra questo film.

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Spogliamoci così senza pudor, un film di Sergio Martino. Con Enrico Montesano, Johnny Dorelli, Barbara Bouchet, Ursula Andress, Ninetto Davoli,Alberto Lionello, Maria Baxa, Ria De Simone, Nadia Cassini,Aldo Maccione
Commedia durata 110 min. – Italia 1977.

Enrico Montesano: Dante Zatteroni (La squadra di calcio)
Barbara Bouchet: Violante (L’armadio di Troia)
Alberto Lionello: Giangi Busacca (L’armadio di Troia)
Ninetto Davoli: Pietro (L’armadio di Troia)
Nadia Cassini: Françoise (L’armadio di Troia)
Ursula Andress: Marina (La visita)
Johnny Dorelli: Marco Antonioli (La visita)
Alvaro Vitali: Broccolini (Il detective)
Gianrico Tedeschi: Silvestri (La visita)
Brenda Welch: prostituta (La squadra di calcio)
Roberto Della Casa: dipendente di Busacca (L’armadio di Troia)
Gianfranco Barra: allenatore (La squadra di calcio)
Armando Brancia: Presidente Bernasconi (La squadra di calcio)
Aldo Maccione: l’investigatore privato (Il detective)
Ria De Simone: la “presunta” moglie adultera (Il detective)
Fernando Cerulli: automobilista che soccore Busacca (L’armadio di Troia)
Daniele Vargas: Avvocato Sante Zenaro (La visita)
Marzio Honorato: Enrico (La squadra di calcio)
Angelo Pellegrino: Felice (L’armadio di Troia)
Maria Baxa: Maria (Il detective)
Sophia Lombardo: ragazza sulla barca (La visita)

 

Regia Sergio Martino
Soggetto Raimondo Vianello, Sandro Continenza
Sceneggiatura Raimondo Vianello, Sandro Continenza
Casa di produzione Medusa
Distribuzione (Italia) Medusa
Fotografia Roberto Gerardi, Giancarlo Ferrando
Montaggio Eugenio Alabiso
Musiche Enrico Simonetti

luglio 29, 2009 Posted by | Commedia | , , , , , , , , , , | Lascia un commento

L’Italia s’è rotta

L'Italia s'è rotta locandina

Due siciliani che lavorano a Torino, Peppe e Antonio, decidono di lasciare la città piemontese, subito dopo aver avuto alcune traversie con dei malviventi locali, spacciatori di droga. Durante il viaggio di ritorno verso la Sicilia, imbarcano con loro la giovane Domenica, una prostituta che Antonio è riuscito a liberare dalla schiavitù del suo pappone;

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Dalila Di Lazzaro è Domenica

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Clelio Matania e Teo Teocoli

è l’inizio di un viaggio attraverso un’Italia che sembra un paese del terzo mondo, con le sue contraddizioni e i suoi difetti. I tre, caricati in auto un commendatore e la moglie, non riceveranno in cambio del gesto nulla, cosa che si ripeterà in Toscana, dove daranno una mano ad una nobildonna, rimanendo anche in questo caso a bocca asciutta. Coinvolti in una rapina, riusciranno a mettersi in tasca pochi spiccioli; il loro viaggio, che sembra ormai un’odissea di sfigati, li vede far tappa in Calabria, dove i tre assaporano la bellezza del mare locale, facendo il bagno nudi, come bambini.

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La celebre sequenza del bagno dei tre amici nudi

Vengono denunciati per oltraggio al pudore da un magistrato ipocrita, il quale con una scusa trattiene Domenica; i due amici, ritornati in Sicilia, verranno coinvolti in una storia di droga. Certi di dover fare i conti con la mafia locale, ai due non resta altro da fare che percorrere a ritroso il viaggio, e ritornare a Torino, cosa che faranno dopo aver ripreso con loro Domenica.

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L’Italia s’è rotta è un film girato da Steno nel 1976, in un momento davvero difficile della vita del paese; scioperi, attentati , crisi energetica, inflazione a due cifre. Un’ Italia rotta, come recita il titolo del film, che diventa un vero e proprio Easy rider di casa nostra, un on the road che mette in mostra tutti gli italici problemi. La fine del miraggio del boom, con l’emigrazione dal sud che ha finito per non integrarsi del tutto al nord, simboleggiata dai due giovani alla ricerca delle vere radici. I due amici finiscono per sperimentare le anime di un paese in crisi di identità, fra miseria e miserie personali, meschinità varie e varia umanità.

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Un film profondamente amaro, con un finale che vede Antonio e Peppe tornare sui propri passi, quasi rassegnati ad una vita che non vogliono, ma che rappresenta l’unica possibilità di tirare a campare. Un film che non riesce del tutto, forse perchè troppo ambizioso, in bilico tra una comicità alle volte grottesca, alle volte con note stonate. Non mancano tuttavia momenti di gan cinema: memorabile la corsa dei tre amici sulla spiaggia, nudi e felici come bambini, senza ombra di corruzione o di malizia, interrotta dal solito perbenismo dell’autorità costituita.

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Steno fa morire il magistrato ipocrita durante la visione di Gola profonda, simbolo di una trasgressione ahimè solo visiva in un paese dalla moralità con confini molto incerti, in ilico tra tradizione e futuro. Un film con molti difetti, pronto a puntare il dito sulle anomalie di un paese cresciuto solo a livello economico, e mai diventato davvero nazione, con i difetti tipici dell’italiano: individualismo anarcoide, qualunquismo, disfattismo.

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La denuncia c’è, ma Steno privilegia il lato grottesco, incidendo alla fine solo a metà e lasciando al cinema un’opera incompleta, priva di veri affondo contro il sistema. Tuttavia la pellicola è godibile, anche per la verve degli attori protagonisti, Teo Teocoli, che interpreta Peppe, Mario Scarpetta che interpreta l’amico Antonio, una bellissima e sexy Dalila Di Lazzaro nel ruolo della giovane prostituta Domenica. Spazio ad attori di fama in ruoli minori, come Enrico Montesano che interpreta il rapinatore, Alberto Lionello nel ruolo dello scultore zio di Domenica, la solita grande Valeria Valeri nel ruolo della contessa, Duilio Del Prete, l’ipocrita magistrato.

L’Italia s’è rotta, un film di Steno. Con Clelia Matania, Enrico Montesano, Duilio Del Prete, Dalila Di Lazzaro, Franca Valeri, Alberto Lionello, Mario Carotenuto, Loris Bazzocchi, Carla Calò, Orazio Orlando, Mario Scarpetta, Armando Marra, Marisa Laurito, Teo Teocoli
Commedia, durata 105 min. – Italia 1976.

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Dalila Di Lazzaro: Domenica Chiaregato
Mario Scarpetta: Antonio Mancuso
Teo Teocoli: Peppe Truzzoliti
Enrico Montesano: rapinatore romano
Mario Carotenuto: cavalier Amedeo Zerolli
Alberto Lionello: lo scultore, zio di Domenica
Franca Valeri: contessa Giovanna
Pietro Zardini: negoziante di elettrodomestici
Duilio Del Prete: censore
Orazio Orlando: Oronzo, il maestro
Clelia Matania: madre di Peppe
Carla Calò: madre di Antonio
Loris Bazzocchi: trafficante di droga
Sergio Di Pinto: figlio di Zerolli
Marisa Laurito: Rosalia, sorella di Antonio
Gianni Pallavicino: capomafia
Armando Marra: Scognamiglio
Barbara Herrera: signora Pautasso
Gianni Barabino: vigile urbano genovese

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Regia Steno
Soggetto Giulio Questi, Sergio Donati, Luciano Vincenzoni, Steno
Sceneggiatura Sergio Donati, Luciano Vincenzoni, Steno
Produttore Franco Caramelli, Gianfranco Lastrucci
Casa di produzione Splendid Pictures
Distribuzione (Italia) Gold Film – General Video
Fotografia Aldo Tonti
Montaggio Raimondo Crociani
Musiche Enzo Jannacci
Scenografia Gianni Polidori
Costumi Gianfranco Carretti

luglio 2, 2009 Posted by | Commedia | , , , | Lascia un commento