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Indiana Jones e l’ultima crociata

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Una fedora,una frusta ed un revolver.
Ma, soprattutto, un’aria scanzonata e al tempo stesso da impunito.
Questo è Indiana Jones o, meglio, Henry Jones Junior, come specificherà suo padre, il Professor Henry Jones
che, in questa terza parte delle avventure del professore e archeologo Indiana Jones, ci rivelerà che Indiana era il nome del cane di Henry Junior.

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Steven Spielberg torna, quindi, ad occuparsi delle avventure di Indiana nel 1989, esattamente cinque anni dopo Indiana Jones e il tempio maledetto
e otto dopo il travolgente successo di I predatori dell’arca perduta.
Indiana Jones e l’ultima crociata converge sullo schermo una coppia di re Mida del cinema, composta dallo stesso Spielberg e da
George Lucas, produttore celebrato (nonché proficuo) della saga di Guerre stellari, Brivido caldo e di molti altri film.

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Un connubio che funziona grazie anche al carisma,al magnetismo, di Harrison Ford il quale, questa volta,dopo il ritrovamento dell’Arca dell’Alleanza e delle pietre magiche, deve mettersi sulle tracce del Santo Graal, la coppa nella quale Giuseppe d’Arimatea raccolse il sangue di Gesù morente.
La novità è rappresentata dalla presenza di Henry Jones, professore e storico, chiaramente mentore ed ispiratore del figlio.
La scelta di Spielberg-Lucas di far interpretare a Sean Connery la parte del professore si rivela vincente; il volto di Connery,quasi sempre solcato
da un sorriso a metà strada tra l’ironico e il sarcastico permette di creare un’alchimia unica tra i due protagonisti.
Sia Ford che Connery evitano di pestarsi i piedi o di rubarsi la scena;quando i due sono insieme il divertimento è assicurato: come nella splendida
sequenza dell’aereo abbattuto da uno stormo di gabbiani, opera del professor Jones che con un ombrello si sbarazza di un mortale nemico.

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Come in I predatori dell’Arca perduta Indiana Jones si ritrova a fare i conti con i nazisti; questa volta arriverà addirittura a incontrare Hitler in persona in una sequenza memorabile e ben congegnata che vede il Fuhrer autografare il diario di Indiana.
Ma andiamo con ordine.
Il giovane Indiana Jones, agli inizi del secolo scorso, è riuscito a sottrarre la croce di Coronado ai banditi che l’avevano rubata.
Nonostante una fuga piena di peripezie, appena giunto a casa deve riconsegnarla nelle mani dello sceriffo,senza ricevere alcun aiuto da suo padre,
troppo indaffarato nei suoi studi per ascoltare il figlio.La croce però finisce nuovamente nelle mani dei banditi,essendo lo sceriffo in combutta con loro.
Ritroviamo Indiana Jones 25 anni dopo a bordo di una nave,ancora alla ricerca della Croce,che finalmente torna nelle sue mani.

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Tornato a casa,Jones mostra la favolosa Croce di Coronado all’amico Marcus Brody;ma una telefonata giunta da Walter Donovan,un miliardario con il pallino dell’archeologia lo trascina in una nuova avventura.
L’uomo infatti è sulle tracce del Santo Graal,ed è in contatto con il Professor Henry Jones,che lavora alle ricerche e che è improvvisamente e misteriosamente scomparso.
Da quel momento Indiana dovrà attraversare mezzo mondo per ritrovare suo padre,decifrando contemporaneamente il libro di appunti del Professor Jones, con le preziose annotazioni dello stesso sul Graal.
Da Venezia a Berlino,fra continui colpi di scena e avventure mozzafiato,Jones figlio e padre,finalmente ricongiunti,arriveranno fino all’antichissima
Petra,dove la caccia si concluderà… .
Indiana Jones e l’ultima crociata è un adventure movie davvero emozionante e ricco di colpi di scena,nel puro stile delle avventure dell’archeologo con la frusta; effetti speciali,un cast di attori molto bravi,ritmo e avventura allo stato puro sono le caratteristiche peculiari del film,che non ha nulla da invidiare  al capostipite della tetralogia,I predatori dell’arca perduta.

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127 minuti di divertimento in cui la noia è bandita.
Bravissimi,nemmeno a dirlo,Harrison Ford e Sean Connery.
Da segnalare la buona interpretazione di River Phoenix che interpreta Indiana Jones da ragazzo e l’ormai familiare figura del placido e sornione
Denholm Elliott nei panni del Professor Marcus Brody.
Ottima anche Alison Doody nelle vesti della Dottoressa Elsa Schneider,la fanatica nazista che tradirà Indiana Jones.
Bella come al solito la marcetta di John Williams,tema sonoro di un film che si vede e rivede,instancabilmente, a tutte le età.

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Indiana Jones e l’ultima crociata

Un film di Steven Spielberg. Con Harrison Ford, Sean Connery, Denholm Elliott, Alison Doody, Michael Byrne, John Rhys-Davies,Julian Glover, River Phoenix, Kevork Malikyan, Robert Eddison, Richard Young, Alexei Sayle, Alex Hyde-White, Paul Maxwell, Isla Blair,Vernon Dobtcheff Titolo originale Indiana Jones and the Last Crusade. Avventura, durata 127 min. – USA 1989.

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Harrison Ford: Indiana Jones
Sean Connery: Prof. Henry Jones
Alison Doody: Dott.ssa Elsa Schneider
Julian Glover: Walter Donovan
John Rhys-Davies: Sallah
Denholm Elliott: Prof. Marcus Brody
Michael Byrne: Col. Vogel
Kevork Malikyan: Kazim
River Phoenix: Indiana Jones da ragazzo
Robert Eddison: Cavaliere del Graal
Richard Young: Garth (Fedora)
Paul Maxwell: Panama
J.J. Hardy: Herman
Bradley Gregg: Roscoe
Marc Miles: Lo Sceriffo
Alexei Sayle: Sultano
Luke Hanson: Ufficiale SS al castello
Julie Eccles: Irene

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Michele Gammino: Indiana Jones
Pino Locchi: Prof. Henry Jones
Isabella Pasanisi: Dott.ssa Elsa Schneider
Cesare Barbetti: Walter Donovan
Renato Mori: Sallah
Sergio Tedesco: Prof. Marcus Brody
Francesco Vairano: Col. Vogel
Nino Prester: Kazim
Fabio Boccanera: Indiana Jones da ragazzo
Giorgio Piazza: Cavaliere del Graal
Marco Mete: Garth (Fedora)
Sandro Sardone: Panama
Marco Guadagno: Herman
Vittorio Stagni: Roscoe
Manlio De Angelis: Lo Sceriffo
Franco Chillemi: Sultano
Max Turilli: Ufficiale SS al castello
Cristina Boraschi: Irene

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Regia Steven Spielberg
Soggetto George Lucas e Menno Meyjes
Sceneggiatura Jeffrey Boam
Produttore Robert Watts
Produttore esecutivo George Lucas e Frank Marshall
Fotografia Douglas Slocombe
Montaggio Michael Kahn e George Lucas (non accreditato)
Musiche John Williams
Scenografia Elliot Scott

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“L’archeologia si dedica alla ricerca dei fatti. Non della verità. Se vi interessa la verità, l’aula di filosofia del professor Tyre è in fondo al corridoio.”

“Colui che beve l’acqua che io gli darò, dice il Signore, avrà dentro di sé una sorgente inesauribile dalla quale sgorgherà la vita eterna. Lasciate che mi conducano alla tua montagna sacra nel luogo dove dimori, attraverso il deserto e oltre la montagna, nella gola della luna crescente, al Tempio dove la coppa che contiene il sangue di Gesù Cristo risiede per sempre”.

“Mi ero sbagliato a giudicarti, Walter. Sapevo che avresti venduto anche tua madre per un’anfora etrusca, ma non sapevo che avresti venduto il tuo paese e la tua anima alla feccia del genere umano.”

“Marcus? Vuoi scherzare? Lo conosci Marcus! Una volta si è perso addirittura nel suo museo!”

“Per colui che è malvagio, la coppa della vita non è che fonte di eterna dannazione. “

“Ma il Graal non dovrà mai oltrepassare il grande sigillo… Codesto il limite, e il prezzo, dell’immortalità.”

“Sallah: Scusate ma cos’è questo “Junior” con cui vi chiamate?
Henry Jones: È il suo nome! Henry Jones “Junior”!
Indiana Jones: Io sono Indiana!
Henry Jones: Si chiamava il tuo cane “Indiana”…
Sallah: Un cane? Tu porti il nome di un cane?
Indiana Jones: Ho un sacco di bellissimi ricordi di quel cane!”

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L’opinione di Kondor 17 dal sito http://www.mymovies.it

Ho rivisto ieri sera per l’ennesima volta questo grande film di Spielberg e ogni volta mi diverto di più.
La presenza di Sean Connery, in un personaggio indimenticabile, conferisce al film e a Indy quel tocco di humour e di storia familiare che ai precedenti mancava. Indiana diventa umano, figlio, non solo il solitario blade runner o cacciatore instancabile di tombe e reperti. E questo conferisce alla storia quell’empatia che agli altri forse mancava.
Lo script è praticamente perfetto, come la musica, il ritmo e il montaggio. Se Spielberg è considerato uno dei migliori registi di sempre è anche grazie ad uno staff ai massimi livelli. Inutile indicare le scene da hall of fame, sono veramente troppe. Quella dell’incontro con Hitler, l’inseguimento in moto, il bigliettaio in mongolfiera…
Un film fantastico che non mi stanco mai di guardare

Opinioni tratte dal sito http://www.davinotti.com

Cotola

Terzo capitolo della serie dedicata al famoso archeologo, è inferiore al primo ma sicuramente meglio del secondo. Divertente, gustoso e gradevole è perfetto per intrattenersi nonostante spesso la logica e la “storia” se ne vadano completamente a spasso e ci siano anche alcune esagerazioni atte a rendere il film più spettacolare. La presenza di Connery è un valore aggiunto che non sempre è facile trovare in film del genere.

Tarabas

Indiana Jones ancora una volta contro i nazisti, alla ricerca di suo padre, scomparso da anni mentre cercava nientemeno che il Santo Graal. Terzo e, per me, migliore capitolo della saga, che sfrutta appieno il ritrovato appeal delle storie sul Graal e sui Templari, pieno di trovate spettacolari e con un’aggiunta strepitosa, Sean Connery, che porta la sua classe e ironia nel mezzo dell’atmosfera da superblockbuster che ovviamente domina. Divertenti le spiegazioni di alcune delle “manie” di Indy, spiegate dal papà.

Caesars

Dopo la flessione del secondo episodio, Spielberg gira un capitolo della saga di Indiana Jones che sicuramente può competere con I predatori dell’arca perduta in quanto spettacolo e divertimento. Merito dell’impresa va dato sicuramente all’idea di affiancare al protagonista l’ottimo Sean Connery nella parte del padre. I duetti comici tra i due sono la cosa migliore del film, che comunque vanta un buon ritmo che non annoia mai. Pellicole di questo tipo ogni tanto ci vogliono.

Ciavazzaro

Forse il miglior capitolo della saga, anche per la presenza di Sean Connery nel ruolo del padre dell’archeologo. L’azione è ben curata e i duetti tra i due protagonisti sono molto godibili. Ci sono pure i nazisti! Diverte. Sarebbe stata una bella conclusione, per la serie.

Herrkinski

Pur non raggiungendo i risultati eccellenti dei primi due episodi, questo terzo capitolo si attesta comunque su livelli più che buoni, grazie soprattutto alla presenza vincente del simpatico Sean Connery e alle scene d’azione, sempre spettacolari ed affascinanti (da antologia tutta la parte finale). Notevoli gli effetti e convincente tutto il cast; un po’ raffazzonata la sceneggiatura, ma il film scorre comunque bene e presenta tutti gli elementi migliori della saga, con sprazzi d’umorismo gradevoli e mai esagerati. Nel genere, è sempre al top.

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Il Santo Graal

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Il taccuino del professor Jones

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Il balzo della fede

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La mappa

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Petra

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La lastra tombale

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La croce di Coronado

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Il revolver di Indiana Jones

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ottobre 6, 2016 Posted by | Avventura | , , | Lascia un commento

I predatori dell’arca perduta

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Il professor Jones è sulle tracce di un amuleto d’oro custodito in una caverna nella impenetrabile giungla del Perù; riuscito ad identificare il luogo dove è nascosto, Indiana (questo il nome del Professore) Jones, dopo aver superato trappole mortali si vede soffiare il prezioso reperto dal professor Belloq, che riesce a sottrarglielo grazie all’aiuto di una tribù locale. Jones riesce per miracolo a sfuggire ai letali indios e rientra al Marshall College di New Britain (Connecticut), dove riprende l’insegnamento.

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Un giorno arrivano, nel College, due agenti della sicurezza, che rivelano al professor Jones che i nazisti (siamo nel 1936) sono ormai vicinissimi al recupero dell’Arca dell’Alleanza, uno dei manufatti più ricercati al mondo, il poto nel quale vennero conservati i frammenti delle tavole della legge, i dieci comandamenti, scritti dal dito di Dio e affidati a  Mosè. L’unico tassello mancante ai nazisti è l’amuleto di Ra, custodito dall’amico di Indiana Jones Abner Ravenwood, che risulta disperso tra le montagne del Nepal.

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L’oggetto, un disco forato, permetterebbe di individuare, una volta posizionato su un bastone cerimoniale, l’esatta ubicazione dell’Arca, custodita nella sala delle anime della perduta città di Tanis, in Egitto.
Giunto in Nepal, Jones incotra Marion, figlia di Abner Ravenwood, sua ex fidanzata, poco propensa a cedergli il medaglione; ma l’arrivo dei nazisti fa precipitare la situazione e i due fuggono portandosi dietro il prezioso reperto. L’azione si sposta quindi in Egitto, dove Jones scopre che Belloq, al soldo dei nazisti, è riuscito ad individuare Tanis, anche se non conosce l’esatta posizione del pozzo delle anime.

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Dopo una serie incredibile di colpi di scena, Jones trova l’Arca, che però viene requisita dai nazisti, e traportata in un’isola dove Belloq, con un complesso cerimoniale, provvederà ad aprirla. Avventurosamente, Indiana Jones arriva anche lui sull’isola, ma viene fatto prigioniero con Marion, legato con la donna ad un palo e costretto ad assistere al trionfo del suo rivale. Che però si rivela una trappola mortale: all’interno dell’Arca c’è solo polvere, e sopratutto c’è una forza soprannaturale, che si sprigiona e distrugge Belloq e i suoi soldati. Jones e Marion così ritornano a Washington, dove consegnano l’Arca nelle mani dell’Intelligence, che nega loro però il diritto di esaminarla: il prezioso reperto finirà in un enorme deposito.

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Indiana Jones e i predatori dell’arca perduta (titolo definitivo dato dal regista al film) è più che un film, il manifesto programmatico del film d’avventura: azione, ritmo incalzante, suspence, colpi di scena a raffica, cambio veloce di inquadrature, effetti speciali. Il tutto condito dal perfetto phisique du role di Harrison Ford, assolutamente straordinario nelle vesti del professore/archeologo/avventuriero

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Un film molto bello, che lascia con il fiato sospeso per i continui capovolgimenti a cui si assiste: e come già detto una parte importante l’ha avuta Ford, che per fortuna di Spielberg, il regista, e di george Lucas, il re Mida produttore del film, ebbe la parte dopo che Tom Sellek fu costretto a rinunciarvi.

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Una fortuna davvero, perchè non oso pensare a come il morbido e inespressivo Sellek avrebbe reso l’ironia, la simpatia, di Indiana Jones, personaggio che non basa la sua forza su una sola dote specifica, ma sulla summa derivata dalla sua abilità, dalla sua cultura e perchè no, su quell’aria un tantino da faccia di bronzo che lo contradistingue.
Spielberg, reduce dal trionfo di Incontri ravvicinati del 3° tipo e dal tonfo clamoroso di 1941 allarme ad Hollywood dirige, nel 1981, il film che rappresenta per lui il ritorno non solo al tanto amato film d’avventure, ma anche una patente di ritrovata credibilità, che gli permetterà di metter mano a progetti ambiziosi, come Et e sopratutto Il colore viola.

Grazie ad una sapiente scelta delle location, al ritmo serrato, al cast perfetto, Spielberg ottiene un risultato finale probabilmente al di sopra delle più rosse speranze della produzione, che vide centuplicati i risultati economici investiti: nella sola stagione 1981 il film incassò oltre 220 milioni di dollari,e a tutt’oggi è uno dei film più redditizi di tutti i tempi.

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Indiana Jones, i predatori dell’arca perduta, un film di Steven Spielberg. Con Harrison Ford, Karen Allen, John Rhys-Davies, Alfred Molina, Paul Freeman. Ronald Lacey, Denholm Elliott, Wolf Kahler
Titolo originale Raiders of the Lost Ark. Avventura, durata 115 min. – USA 1981.

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Harrison Ford: Indiana Jones
Karen Allen: Marion Ravenwood
Paul Freeman: Rene Belloq
Ronald Lacey: Toht
John Rhys-Davies: Sallah
Denholm Elliott: Dott. Marcus Brody
Alfred Molina: Satipo
Wolf Kahler: Col. Dietrich
Don Fellows: Col. Musgrove
William Hootkins: Magg. Eaton
Fred Sorenson: Jock
Sonny Caldinez: Mean Mongolian
Tutte Lemkow: Imam
Souad Messaoudi: Fayah
George Harris: Katanga

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Michele Gammino: Indiana Jones
Paila Pavese: Marion Ravenwood
Sandro Iovino: Rene Belloq
Sergio Fiorentini: Toht
Renato Mori: Sallah
Sergio Rossi: Dott. Marcus Brody
Mauro Gravina: Satipo
Gianfranco Bellini: Col. Musgrove
Gianni Marzocchi: Magg. Eaton

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Regia:     Steven Spielberg
Soggetto:     George Lucas e Philip Kaufman
Sceneggiatura:     Lawrence Kasdan
Produttore:     Frank Marshall
Produttore esecutivo:     George Lucas e Howard Kazanjian
Fotografia:     Douglas Slocombe
Montaggio:     Michael Kahn e George Lucas (non accreditato)
Effetti speciali:     Industrial Light & Magic
Musiche:     John Williams
Scenografia:     Norman Reynolds

novembre 9, 2009 Posted by | Avventura | , , | 2 commenti

L’impero colpisce ancora (Star wars episodio V)

Sono passati due anni da quando l’alleanza ribelle, capitanata dalla principessa Leila e da Luke Skywalker, a cui ha aderito Han Solo, il comandante del Millennium Falcon, ha distrutto la superfortezza imperiale della Morte nera. La reazione delle truppe imperiali ha costretto i tre paladini della rivolta su Hoth, un pianeta coperto da ghiacci, dove l’Alleanza ribelle ha stabilito la sua base principale.Lord Fener decide di usare dei cacciatori di taglie per cercare di catturare i ribelli; i cacciatori di taglie, fra i quali Jaba De Hutt, si mettono in moto, ansiosi di assicurarsi la ricca taglia promessa dal capo delle forze imperiali.

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Sul pianeta Hoth le truppe ribelli si credono relativamente al sicuro, ma i droidi di Fener riescono ad individuare i ribelli che, assaliti da forze nettamente superiori, sono costrette ad arretrare e ad abbandonare il pianeta. Nella fuga, gli amici sono costretti a separarsi; mentre Han Solo e il fido Chewbecca salgono sul Millennium Falcon con la principessa Leila e il droide protocollare C3 PO, Luke Skywalker, con il suo fido C1P8 si dirige verso il pianeta Dagobah, seguendo le indicazioni di Oby Wan,

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che appare in forma di spirito/forza al giovane Luke. Qui Luke conosce il maestro Yoda, vecchio compagno d’armi di Obi Wan, che, pur a malincuore, decide di istruire il giovane Skywalker per farlo diventare un vero cavaliere, sfruttando così le innegabili doti che il ragazzo ha solo latenti in se. Leila e Ian, dopo essere sfuggiti miracolosamente ad un mostro spaziale, approdano sul pianeta minerario Città delle nuvole, al cui comando c’è un amico di vecchia conoscenza di Ian, Lando Calrissian.Ma la salvezza è solo ipotetica: Lando Calrissian consegna i due a Lord Feder, che tortura Ian per sapere dove si è rifugiato il grosso della flotta ribelle.

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Non ottenendo risultati, Feder congela Ian in un blocco di grafite, in modo da sperimentare un sistema di traporto sicuro da utilizzare nel momento della cattura di Luke Skywalker, destinato ad essere portato alla corte dell’Imperatore Darth Sidious. Luke che si sta addestrando, sente la minaccia mortale che incombe sui suoi due amici, e nonostante l’opposizione di Yoda, che sa che Luke non è ancora pronto nella sua preparazione, parte per la Città delle nuvole.Qui dopo un duello all’ultimo sangue con feder, apprende una incredibile verità: Feder è Anakin Skywalker,suo padre, passato agli ordini dell’Imperatore essendosi convertito al lato oscuro della forza. Nel frattempo Lando Calrissian libera Leila e il droide, oltre a Chewbecca, e assieme a loro, salva Luke da una morte atroce; il giovane perde un braccio durante il combattimento con suo padre, e a bordo dell’astronave dei ribelli, viene curato e gli viene impiantato un braccio bio meccanico.

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George Lucas riprende il racconto interrotto nel 1977 con Guerre stellari e gira l’episodio V, intitolandolo L’impero colpisce ancora, con un budget di 20 milioni di dollari, forte dello strepitoso successo ottenuto dal primo episodio della saga ( in realtà l’episodio IV), che nel frattempo era diventato il film con i più alti incassi di tutti itempi.Affida la regia aIrvin Kershner, mentre il cast resta invariato, con l’unica eccezione del personaggio di Obi Wan, scomparso nell’episodio personaggio, e con l’introduzione di due figure che ritroveremo nel capitolo conclusivo, Il ritorno dello Jedy; sono il maestro Yoda e il cacciatore di taglie Jaba De Hutt.

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Se è vero che L’impero colpisce ancora alla fine è solo un episodio di transito verso il gran finale, c’è da dire che la storia affascina quanto il celebrato Guerre stellari; la trama si arricchisce di colpi di scena, come la rivelazione del vero ruolo di Fener, sopratutto assistiamo ad un vero trionfo tecnologico grazie all’apporto massiccio dei computer, con i quali vengono create le maestose scene di battaglie, gli inseguimenti nello spazio e tutto il resto.Nonostante queste premesse, L’impero colpisce ancora non ottenne, nell’immediato, lo straordinario successo dell’episodio precedente, tuttavia arrivò a superare il mezzo miliardo di dollari di incasso, permettendo a Lucas un’indipendenza economica da far invidia e la possibilità di preparare con tranquillità l’episodio finale della saga, che uscirà 4 anni dopo, prima della gran decisione di riprendere il tutto negli anni 2000, con i successivi ultimi tre episodi, che in realtà sono i primi tre.

Il cast mostra un’armonia invidiabile, i personaggi sono accattivanti, la storia tiene; è un’opera di fantasy, è vero, ma girata con perizia estrema.

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Il pubblico ritrova i suoi beniamini, la principessa Leila Organa, interpretata da Carrie Fisher, Han Solo da Harrison Ford e Luke Skywalker da Mark Hamill; ne segue le avventure fino al termine, e resta con il fiato sospeso in attesa di sapere cosa succederà a Han Solo ibernato, alla principessa Leila in fuga e a Luke avviato a diventare un cavaliere Jedy.
Il tutto giungerà alla sua epica conclusione nel 1983, con il capitolo conclusivo, Il ritorno dello Jedy, dove tutto troverà una spiegazione.
Accolto in maniera trionfale dal pubblico, L’impero colpisce ancora venne ovviamente stroncato dai critici, sempre poco propensi a dare patenti di credibilità ai film dal successo planetario; un atteggiamento miope, ovviamente, tenendo conto che lo stesso trattamento è stato riservato a film come Casablanca, Via col vento, solo per citarne due, che ancora oggi esaltano  milioni di nuovi spettatori, nonostante siano passati oltre sessant’anni dalla loro uscita.

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Il cinema è anche questo, per fortuna: il pubblico, sovrano, attribuisce il successo o l’insuccesso di una pellicola, la destina all’immortalità o all’oblio: accade così che pellicole di autori coreani, russi o giapponesi per il pubblico siano meno che spazzatura mentre per i critici opere d’arte immortali e viceversa.
Fascino del grande schermo, of course.
Tornando a L’impero colpisce ancora, l’unica sua debolezza è l’essere un episodio interlocutorio, quindi senza una conclusione; chi non aveva visto l’episodio precedente, restò spiazzato dai riferimenti a personaggi e avvenimenti a cui non poteva far capo.
Tuttavia, come già detto, il film ebbe uno straordinario successo, rinfocolando l’attenzione verso una saga che va vista nella sua interezza, senza pregiudizi intellettualoidi, ovvero solo come un’opera di fantasy, per divertirsi e passare due ore di svago. Il cinema è anche questo, e la saga di Star Wars ci riesce alla perfezione, assolvendo il suo compito naturale.

L’impero colpisce ancora, un film di Irvin Kershner. Con Harrison Ford, Carrie Fisher, Billy Dee Williams, Mark Hamill, Frank Oz,Alec Guinness, Julian Glover, Clive Revill, Bruce Boa, Anthony Daniels, Kenny Baker, Kenneth Colley, Jeremy Bulloch, Mark Jones, Peter Mayhew, Michael Culver, John Ratzenberger, Norman Chancer, Richard Oldfield, Burnell Tucker, John Morton, Jack Purvis, Christopher Malcolm, Milton Johns, Ray Hassett, Des Webb, Michael Sheard, John Dicks, Oliver Maguire, Robin Scobby, Dennis Lawson, Ian Liston, Jack McKenzie, Jerry Marte, Norwich Duff, Brigitte Kahn
Titolo originale The Empire Strikes Back. Fantastico, durata 124 min. – USA 1980.

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Mark Hamill: Luke Skywalker
Harrison Ford: Ian Solo
Carrie Fisher: Principessa Leila Organa
Billy Dee Williams: Lando Calrissian
Alec Guinness: Obi-Wan Kenobi
Anthony Daniels: D-3BO
Kenny Baker: C1-P8
Peter Mayhew: Chewbecca
David Prowse: Dart Fener
Jeremy Bulloch: Boba Fett
John Morton: Dak

Claudio Capone: Luke Skywalker
Stefano Satta Flores: Ian Solo
Ottavia Piccolo: Principessa Leila Organa
Dario Penne: Lando Calrissian
Corrado Gaipa: Obi-Wan Kenobi
Rodolfo Traversa: D-3BO
Massimo Foschi: Dart Fener
Silvio Spaccesi: Yoda
Sergio Di Giulio: Dak

Regia:     Irvin Kershner
Soggetto:     George Lucas
Sceneggiatura:     George Lucas, Leigh Brackett, Lawrence Kasdan
Produttore:     Gary Kurtz,
Produttore esecutivo:     George Lucas
Casa di produzione:     Lucasfilm
Distribuzione (Italia):     20th Century Fox
Fotografia:     Peter Suschitzky
Montaggio:     George Lucas (non accreditato), Paul Hirsch,
T.M. Christopher (Edizione Speciale)
Effetti speciali:     Industrial Light & Magic
Musiche:     John Williams
Scenografia:     Norman Reynolds


Un giorno ti sbaglierai anche tu e spero solo di essere lì. (Leila Organa)
Volevi esserci mentre commettevo uno sbaglio? Be’, forse ci siamo, tesoro.
(Ian Solo)
Ti piaccio perché sono una canaglia: non ci sono canaglie nella tua vita. (Ian Solo)
Non incolparmi, non ti ho chiesto di accendere il riscaldamento. Ho solo detto che nella stanza della principessa si congelava.
Signorino Luke, che piacere vederla di nuovo perfettamente funzionante!
(D3-BO)
Questo qui per lungo tempo ho osservato. Durante tutta la sua vita lui guardato lontano, al futuro, all’orizzonte; mai la sua mente su dove lui era, su cosa faceva. Avventura. Puah! Emozioni. Puah! Un Jedi queste cose non ambisce. Tu sei avventato! (Yoda)
Grande guerriero? Guerra non fa nessuno grande. (Yoda)
Ah, padre… potente Jedi era lui! [Parlando di Anakin]
(Yoda)
La forza è con te, giovane Skywalker, ma tu non sei ancora un Jedi! (Dart Fener)
Il tuo destino è con me, Skywalker.
(Dart Fener)
Tu puoi sconfiggere l’imperatore, lui l’ha previsto! (Dart Fener)
Lei mi ha deluso per l’ultima volta, ammiraglio. (Dart Fener)
Unisciti a me e insieme potremo governare la galassia come padre e figlio. (Dart Fener)

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novembre 2, 2009 Posted by | Fantascienza | , , , | Lascia un commento

Apocalypse now

A 4 anni dalla fine della guerra nel Vietnam,Coppola gira il film più crudele,duro e affascinante sulla tragedia che vide 50.000 soldati Usa e un numero imprecisato di vietnamiti perire in una guerra che non fece onore a nessuno.
Un film che ebbe anche un percorso travagliato.
Girato nelle Filippine,ebbe ritardi paurosi per una malattia che colpì Sheen,oltre a tifoni e uragani che rallentarono le riprese,e per buon conto lo sforamento del budget (40 milioni di dollari).

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La trama è molto semplice:un ufficiale dell’esercito Usa deve trovare e uccidere il colonnello Kurtz (un luciferino e possente Marlon Brando),il quale,rifiutandosi di obbedire agli ordini,simile a un Dio crudele e sanguinario, combatte una sua guerra efferata e spietata,uccidendo buoni e cattivi,ammesso che si possa fare una distinzione di questo genere.
Duro atto di accusa sulla guerra in generale,sulla sua follia e sulla sua crudeltà,il film si snoda in tre ore di appassionante denuncia e folgoranti scene da antologia del cinema.Memorabile Hopper,nel bombardamento di un villaggio,fatto sulle note della cavalcata delle valchirie (adoro l’odore del napalm,dice il colonnello,mentre ghignando massacra la popolazione del villaggio).

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Film sulla psiche umana,anche. Tratto da Cuore di tenebra di Conrad,è un indagine sulla follia che può colpire gli uomini messi a contatto con l’orrore quotidiano della violenza.Kurz diventa un’emblema e metafora sulla capacità della violenza di estrarre e adattare l’animo umano al potere e alla sua devastante capacità di creare il superuomo senza morale.
Un film di denuncia,colpito in patria da ostracismo totale,ma diventato in seguito un cult e,forse,il miglior film di denuncia sulla guerra di tutti i tempi.
Da segnalare la matrice Kubrickiana del film,nel suo aspetto di introspezione sulla follia del potere che colpisce i vertici dell’esercito:in alcuni punti si riconoscono l’influenza di Orizzonti di gloria,la sua allucinata violenza,l’ottusità dei generali,per i quali il soldato è solo carne da macello.
In ultimo segnalo la favolosa The end dei Doors,che contribuisce a rendere ancora più spettrale l’atmosfera del film.

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Di seguito l’intervento del mio amico WebMichi sul forum iod.forumfree.net:

Come spesso succede ad opere di questo livello, è naturale che il ricordo vada istintivamente ad alcuni “colpi” geniali, ma non altrettanto facilmente va all’essenza della rappresentazione.
In parole povere, Apocalypse Now non è secondo me un film sulla guerra del Vietnam (Oliver Stone ha fatto film molto più circostanziati all’argomento), che credo sia semplicemente il riferimento storico familiare a Coppola, né è soltanto un film contro la guerra, pur raggiungendo in questo caso risultati come pochissimi altri film hanno fatto (appunto “Orizzonti di Gloria” e “Full Metal Jacket”, o, in tempi più recenti, il bellissimo “La Sottile Linea rossa”): se la finzione fosse stata applicata all’Invasione Persiana della Grecia, alla Guerra dei Cent’Anni o alla spedizione di Cortez il Conquistatore, non sarebbe cambiato molto.

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In realtà penso che tutto il film trovi il suo risultato più importante proprio nella descrizione simbolica e reale della deriva totale della psiche applicata alla realtà degenerata della guerra, che la determina ma che essa stessa contribuisce a sviluppare.
E penso anche, pur se questo è di un pessimismo terribile, che la Guerra assuma il ruolo di rilevatore chimico delle peggiori tendenze primitive del comportamento e della relazione tra individui.
All’epoca, dopo un paio di visioni del film, la discussione con gli amici si sviluppò su di un tema preciso: per me, infatti, la chiave di volta del film era ed è nel viaggio della pilotina verso il villaggio di Kurz, perchè questo rappresenta materialmente il viaggio a ritroso dalla ragione verso la follia, dalla contemporaneità verso la notte dei tempi, e i pensieri di Willard ne sono la conferma più evidente.

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Il Vietnam centra poco o nulla: fateci caso, non vedi mai un vietcong in faccia, e la battaglia intorno al ponte ti dice chiaramente che non è importante neppure chi sia il nemico, che vale neppiù e nemmeno te stesso. Quando poi avviene l’uccisione di uno dei marines con il giavellotto, arma primitiva che la spunta sulla tecnologia bellica dell’imbarcazione e degli stessi uomini e sul tempo in cui questi agiscono, il quadro atemporale e amorale della follia ( o della nostra natura) è completo

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Apocalypse now, un film di Francis Ford Coppola. Con Robert Duvall, Dennis Hopper, Martin Sheen, Marlon Brando, Frederic Forrest, Harrison Ford, Larry Fishburne, Scott Glenn, Albert Hall, Francis Ford Coppola, Vittorio Storaro, Dean Tavoularis, Mark Coppola, Sam Bottoms, Bo Byers, Larry Carney, Colleeen Camp, Linda Carpenter, James Keane, Damien Leake, Tom Mason, Ron McQueen, Herb Rice, Jerry Ross, Kerry Rossall, G.D. Spradlin, William Uptone, Dick White, Cyntia Wood, Jerry Ziesmer. Genere Guerra, colore 150 minuti. – Produzione USA 1979

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Martin Sheen: Cap. Benjamin L. Willard/Narratore
Marlon Brando: Col. Walter E. Kurtz
Robert Duvall: Ten. Col. William “Bill” Kilgore
Frederic Forrest: Jay “Chef” Hicks
Albert Hall: George Phillips
Dennis Hopper: il fotoreporter
Francis Ford Coppola: regista televisivo
Vittorio Storaro: operatore TV
Dean Tavoularis: fonico TV
Mark Coppola: annunciatore
Sam Bottoms: Lance B. Johnson
Bo Byers: serg. MP
Larry Carney: serg. MP
G.D. Spradlin: generale Corman
Chynthia Wood: Playmate dell’anno
Colleen Camp: Playmate “Miss Maggio”
Linda Carpenter: Playmate “Miss Agosto”
Laurence Fishburne: Clean
Scott Glenn: Cap. Richard M. Colby
Harrison Ford: Colonnello Lucas
Christian Marquand: Hubert De Marais

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Regia Francis Ford Coppola
Soggetto Joseph Conrad (romanzo)
Sceneggiatura Francis Ford Coppola, Michael Herr, John Milius
Fotografia Vittorio Storaro
Montaggio Lisa Fruchtman, Gerald B. Greenberg, Richard Marks, Walter Murch
Musiche Carmine Coppola, Francis Ford Coppola, Mickey Hart, The Doors
Scenografia Dean Tavoularis, Angelo P. Graham, George Nelson
Costumi Charles E. James

Pino Colizzi: Cap. Benjamin L. Willard/Narratore
Sergio Fantoni: Col. Walter E. Kurtz
Gianni Marzocchi: Ten. Col. William “Bill” Kilgore
Michele Gammino: George Phillips
Manlio De Angelis: Col. Lucas
Sandro Acerbo: Clean
Romano Ghini: Jay “Chef” Hicks
Loris Loddi: Lance Johnson
Renato Izzo: Il fotoreporter (Dennis Hopper)
Sergio Fiorentini: generale Corman
Paolo Poiret: soldato d’inizio film
Piero Tiberi: soldato con mitragliatrice
Vittorio Stagni: bigliettaio

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“A condurre la guerra era un gruppo di clown con quattro stelle che avrebbero finito per dar via tutto il circo.”

“Lo senti ? Lo senti l’odore ? ”
” Cosa ?”
“Napalm figliuolo, non c’e’ nient’ altro al mondo che odori cosi’, mi piace l’ odore del napalm di mattina, una volta una collina la bombardammo per 12 ore e finita l’ azione andai li’ sopra , non ci trovammo piu’ nessuno, neanche un lurido cadavere di viet, ma quell’ odore, si sentiva quell’ odore di benzina, tutta la collina, odorava di …… di vittoria”

“Sai perché non ci si bagna due volte nello stesso fiume?”
“Perché il fiume scorre sempre.”

” Io volevo una missione, e per scontare i miei peccati, me ne assegnarono una.”

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Maggio 7, 2008 Posted by | Capolavori | , , , , , , | 5 commenti

Blade runner

Io ho visto cose che voi umani non potreste immaginarvi: navi stellari in fiamme al largo dei bastioni di Orione… E ho visto i raggi B balenare nel buio presso le porte di Tannhauser… E tutti quei momenti andranno persi nel tempo come… lacrime nella pioggia. È tempo di morire.

“In una Los Angeles dallo scenario apocalittico, soffocata dall’inquinamento atmosferico che ha come conseguenza una continua pioggia battente, prendono corpo i personaggi del film-culto di Ridley Scott. Protagonista assoluto Rick Deckard (Harrison Ford), “ex poliziotto, ex cacciatore di taglie, ex killer”, come recita la voce fuori campo imposta dalla produzione nella versione ufficiale e poi tolta, lasciando maggior spazio all’immaginazione dello spettatore.

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Deckard viene incaricato di eliminare un manipolo di replicanti, organismi complessi e perfezionati rispetto agli esseri umani, cui sono superiori in forza, agilità e intelligenza. Questi androidi, fabbricati dalla Tyrell Corporation per servire gli umani in vari settori, poi ridotti alla stregua di schiavi nelle “Colonie Extramondo”, sorta di luoghi di evasione per privilegiati, nel corso del tempo sviluppano sensazioni emotive proprie, si “umanizzano” al punto che l’inquietante Mr. Tyrell decide di attivare nel loro organismo un dispositivo limitante: gli androidi potranno così vivere solo quattro brevissimi ma intensi anni “durante i quali accumulare esperienze che per noi umani sono scontate”.

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I replicanti, capeggiati da Roy Batty (un Rutger Hauer in stato di grazia), stanchi e amareggiati dalla loro condizione, decidono di ribellarsi per tornare sulla terra e tentare di convincere Mr. Tyrell a modificare la loro struttura genetica per consentire loro di vivere più a lungo e più umanamente. Deckard viene convocato a forza dal suo ex capo in seguito all’uccisione di un dipendente durante un test psicologico per androidi, che aveva smascherato uno dei ribelli.

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Rick Deckard deve in gergo “ritirare” tali replicanti, divenuti socialmente pericolosi. Ad aiutarlo nell’impresa ad alto rischio subentra Rachel (Sean Young), che il Dr. Tyrell definisce “un esperimento” perché parte integrante di una nuova speciale generazione di androidi, creata per durare nel tempo.Nel corso della narrazione emerge il profilo psicologico dei replicanti ed è sempre più evidente che la loro rivolta nasce da una profonda disperazione, da una tensione vitale insoddisfatta e da un enorme bisogno di creare legami tra loro, di avere un passato, di collezionare ricordi che giustifichino la loro esistenza.

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In fondo, la loro condizione non è poi tanto lontana da quella degli esseri umani, che si pongono le stesse domande, vivono le stesse angosce e non sanno quanto tempo e quali emozioni la vita riservi loro. I replicanti si sentono impotenti di fronte ad una scienza che li ha creati al solo scopo di sfruttarli e infine distruggerli.

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Per placare la sua sete di risposte e salvare la sua vita e quella dei suoi compagni, Roy deve assolutamente incontrare il Dr. Tyrell e sperare che l’ingegnere possa finalmente dargli le risposte che cerca. Per questo Roy costringe J.F. Sebastian, progettista genetico della Tyrell Corporation affetto da una grave malattia che lo costringe a un invecchiamento precoce, a fare da mediatore affinché l’Ing. Tyrell lo riceva. Mitico il discorso di Tyrell, indifferente alla disperazione del “figliol prodigo” che lo implora di dargli “più vita”: in una complessa spiegazione scientifica delude le aspettative di Roy, decretando l’impossibilità di modificare la struttura genetica dei replicanti senza dar luogo a mutazioni che ne causerebbero la morte istantanea.

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“Tu hai vissuto intensamente e lo sai bene Roy, la candela che arde da due parti brucia in metà tempo! Godi più che puoi!” La frase finale dell’arringa del Dr. Tyrell scatena la ribellione di Roy, che, in preda a una furia incontrollata, prima acceca il suo creatore e poi uccide J.F.

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Parallelamente s’intreccia la storia d’amore tra Rick e Rachel, sottolineata dalla stupenda colonna sonora di Vangelis che conferisce ulteriore spessore e fascino al film. Attraverso un frammento artificiale di pelle di serpente trovato a casa di uno dei replicanti, Rick scova Zora in veste di spogliarellista presso un locale di dubbia reputazione, rischia di morire soffocato dalla sua incredibile forza ma poi ha il sopravvento, braccandola lungo le strade buie e affollate di Los Angeles in un inseguimento da antologia, che culmina nella mortale caduta di Zora infrangendo alcune vetrine di un negozio. Per vendicare l’amante, Leon, il braccio destro di Roy, aggredisce Rick alle spalle, mentre Rachel, riapparsa dopo una disperata fuga nella consapevolezza di essere pure lei una replicante, spara infine a Leon e salva la vita a Rick.

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Lo scontro/incontro finale tra Roy e Rick, inevitabile dopo il “ritiro” dell’amante di Roy, la bellissima ed inquietante Priss (Daryl Hannah), è anch’esso intramontabile: schiacciato dalla potenza fisica del suo avversario, che lo tiene in scacco nonostante stia per morire, Rick viene infine salvato dal replicante stesso mentre sta per precipitare da uno dei giganteschi palazzi della città (che rimandano in qualche maniera all’ideologia dell’architettura gotica, la cui imponenza era progettata per schiacciare l’uomo e farlo sentire piccolo e insignificante di fronte a Dio: uno dei segnali del pessimismo che serpeggia nell’atmosfera del film).Mirabile la scena in cui Roy solleva “il piccolo uomo” e lo getta sul tetto del palazzo. Poi si lascia cadere a terra sfinito e spiega il motivo del suo gesto: “Io ne ho viste di cose, che voi umani non potreste immaginarvi […] E tutto questo andrà perduto nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di morire…” Rick lo guarda, estasiato e incredulo e comprende finalmente la condizione del suo avversario, il quale alla fine, sull’odio e sul rancore, fa prevalere l’amore per la vita. Per Rick è una grande lezione di umanità.

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Io non so perché mi salvò la vita, forse in quegli ultimi momenti amava la vita più di quanto l’avesse mai amata… Non solo la sua vita: la vita di chiunque, la mia vita. Tutto ciò che volevano erano le risposte che noi tutti vogliamo: da dove vengo? Dove vado? Quanto mi resta ancora? Non ho potuto far altro che restare lì e guardarlo morire.” dice Rick, nel finale del film.

Nella versione voluta dal regista manca il finale consolatorio ed ecologico imposto dalla produzione, in cui Rick e Rachel fuggono a bordo di una navicella verso luoghi incontaminati (lo stesso paesaggio dal respiro montano che fa da sfondo all’Overlook Hotel in “Shining” di Kubrick). È una scena liberatoria, ma altrettanto poetica e struggente è la visione dell’unicorno avuto in sogno da Deckard, l’anelito a una purezza ormai perduta (l’unica sequenza aggiunta dal regista).

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Blade runner, Un film di Ridley Scott. Con Harrison Ford, Rutger Hauer, Sean Young, Edward James Olmos, M. Emmet Walsh, Daryl Hannah, William Sanderson, Brion James, Joe Turkel, Joanna Cassidy, James Hong, Morgan Paull, Kevin Thompson, John Edward Allen, HyPyke Fantascienza,, durata 117 min. – USA 1982.

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Harrison Ford: Rick Deckard
Rutger Hauer: Roy Batty
Sean Young: Rachael
Daryl Hannah: Pris
Brion James: Leon
Joanna Cassidy: Zhora
Edward James Olmos: Gaff
M. Emmet Walsch: Capitano Bryant
Joe Turkel: Eldon Tyrell
William Sanderson: J.F. Sebastian
Morgan Paull: Holden
James Hong: Hannibal Chew

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Regia Ridley Scott
Soggetto Philip K. Dick
Sceneggiatura Hampton Fancher, David Webb Peoples
Produttore Michael Deeley
Casa di produzione The Ladd Company, Sir Run Run Shaw, Tandem Productions
Distribuzione (Italia) Warner Bros.
Fotografia Jordan Cronenweth
Montaggio Terry Rawlings, Marsha Nakashima
Effetti speciali Douglas Trumbull
Musiche Vangelis
Scenografia Jordan Cronenweth

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Michele Gammino: Rick Deckard
Sandro Iovino: Roy Batty
Emanuela Rossi: Rachael
Micaela Esdra: Pris
Sergio Fiorentini: Leon
Maria Pia Di Meo: Zhora
Piero Tiberi: Gaff
Renato Mori: cap. Harry Bryant
Gianni Marzocchi: dott. Eldon Tyrell
Massimo Giuliani: J.F. Sebastian
Paolo Poiret: Holden
Vittorio Stagni: Hannibal Chew
Luciano De Ambrosis: Taffey Lewis
Mario Milita: Abdul Ben Hassan

Blade runner banner citazioni

Io penso, Sebastian, quindi sono.”

Noi siamo stupidi, e quindi moriremo.”

Una candela che arde col doppio dello splendore brucia in metà tempo.

Bella esperienza vivere nel terrore, vero? È così che si sente uno schiavo!

Peccato però che lei non vivrà! Sempre che questo sia vivere…

Ho visto cose ….. (english)

« I’ve seen things you people wouldn’t believe. Attack ships on fire off the shoulder of Orion. I watched c-beams glitter in the dark near the Tannhauser Gate. All those… moments will be lost… in time, like tears… in rain. Time to die. »

Blade runner banner riconoscimenti
1982 – British Academy Film Awards
Migliore fotografia a Jordan Cronenweth
Migliori costumi a Charles Knode e Michael Kaplan
Migliore scenografia a Lawrence G. Paull
Nomination Miglior trucco a Marvin G. Westmore
Nomination Miglior montaggio a Terry Rawlings
Nomination Miglior sonoro a Peter Pennell, Bud Alper, Graham V. Hartstone e Gerry Humphreys
Nomination Migliore colonna sonora a Vangelis
Nomination Migliori effetti speciali a Douglas Trumbull, Richard Yuricich e David Dryer
1982 – Saturn Award
Nomination Miglior film di fantascienza
Nomination Migliore regia a Ridley Scott
Nomination Miglior attore non protagonista a Rutger Hauer
Nomination Migliori effetti speciali a Douglas Trumbull e Richard Yuricich
1982 – Los Angeles Film Critics Association Awards
Migliore fotografia a Jordan Cronenweth
1982 – Premio Hugo
Migliore rappresentazione drammatica
1983 – London Critics Circle Film Awards
Special Achievement Award a Lawrence G. Paull, Douglas Trumbull e Syd Mead
1983 – Premio Oscar
Nomination Migliore scenografia a Lawrence G. Paull, David L. Snyder e Linda DeScenna
Nomination Migliori effetti speciali a Douglas Trumbull, Richard Yuricich e David Dryer
1983 – Premio Golden Globe
Nomination Miglior colonna sonora a Vangelis
Blade runner banner recensioni
L’opinione del sito http://www.mymovies.com
In una Los Angeles piovosa e sovrappopolata, il poliziotto Deckard (Harrison Ford), dell’unità Blade Runner, viene richiamato in servizio. La sua specialità è l’eliminazione di esemplari insubordinati di “replicanti”, androidi destinati al lavoro nelle colonie spaziali. Quattro di loro, Roy Batty, Leon, Zora e Pris, hanno raggiunto la Terra per tentare di infiltrarsi nelle industrie che li fabbricano. I replicanti sono identici agli esseri umani, tranne che per la durata limitata della loro esistenza e per l’apparente incapacità di provare sentimenti. Proprio sulla registrazione delle reazioni emotive si basa il test Voigt – Kampff, con cui Deckard indentifica in Rachel (Sean Young), collaboratrice dell’industriale, una replicante sperimentale, inconsapevole della propria vera natura. Deckard si pone sulle tracce di replicanti da “ritirare”, eliminando per prima la spogliarellista Zora (Joanna Cassidy). È però Rachel a salvarlo da Leon, mentre Pres (Daryl Hannah) si installa a casa di un ricercatore per convincerlo a portare lei e Batty (Rutger Hauer) dall’industriale. L’incontro non ha esito felice: i due replicanti apprendono che non c’è modo di prolungare la loro esistenza. Deckard li raggiunge nel loro nascondiglio e, “ritirata” Pris, affronta Batty in un duello spietato. Salvato in extremis dal suo stesso avversario un attimo prima che questi muoia, Deckard recupera Rachel e fugge con lei lontano dalla città. Abile fusione di poliziesco e fantascienza, Blade Runner vive un rapporto di simbiosi con Il cacciatore di androidi, romanzo di Philip K. Dick da cui è tratto. Anche se il film risulta più coerente ed equilibrato, alcuni riferimenti sono apprezzabili solo leggendo il libro: i dettagli del test o la descrizione di un mondo in cui le riproduzioni artificiali degli animali, quasi estinti, diventano status symbol. Tuttavia il film descrive perfettamente una società multietnica e tratteggia perfettamente i diversi personaggi, tutti pervasi dall’amarezza tipica dell’opera di Dick: dallo scienziato colpito da invecchiamento precoce che vive in una casa piena di giocattoli, ai replicanti afflitti da angosce esistenziali, dalla fragile e sensuale Rachel alle prese con la propria identità sconosciuta al detective anni Quaranta trasferito nel futuro. Altrettanto efficaci sono gli effetti speciali di Douglas Trumbull e la colonna sonora di Vangelis. Blade Runner divenne rapidamente un cult-movie, cosa che anni dopo permise a Ridley Scott di distribuirne la versione “originale” ( Blade Runner: the Director’s Cut). Meno ottimistica nel finale dell’edizione nota al pubblico, essa è priva della narrazione fuori campo del protagonista e della ripresa aerea conclusiva, aggiunta per volontà del produttore, utilizzando ritagli della sequenza iniziale di Shining.
L’opinione di Joker1926 dal sito http://www.filmscoop.it
“Blade runner” ,in sublimi linee metaforiche, è quel gol che giunge in una partita tesissima e scatena l’estasi di uno stadio sigillando, ora e per sempre, quel risultato, indice di vittoria.
Rimane cosi quindi, “Blade runner”, negli albi cinematografici, un eterno dipinto di significato, visivo e vitale; nessuno sembra muover critiche, attaccare il film di Scott diventa un’impresa titanica.Nelle sale nel 1982 il prodotto americano diete immediatamente nell’occhio per via di una confezione di effetti speciali ,che in quella determinata fattispecie temporale, di inizio anni ottanta, era più che un lusso; ma non solo.
“Blade runner” incuriosisce grazie a svariati punti “cardini”, fra questi sicuramente le ambientazioni e le atmosfere.
Fa effetto, invece, (de)notare una fotografia grezza ed oscura, vari (presunti) critici affermano che è propria questa ultima a far la differenza, ovviamente in positivo.
Ai nostri occhi, insomma, la confezione che accerchia la fotografia di Scott non è nemmeno sufficiente. L’impressione è che la regia, donando un alone tremendamente dark al film, si scorda di proporre una fotografia più luminosa, ne consegue un sovrapposizione di colori pesanti che spossano mortalmente la visione di “Blade runner”.
Gli attori, più che superfluo ricordarli tutti, sono in ruoli difficilmente giudicabili, perché, detta tutta, “Blade runner” è un film da prender con le molle, costantemente. E’ certamente un film di fantascienza, ma allo stesso tempo, vuole spingere più in là la propria anima, i risultati? Non sempre soddisfacenti.
Quello di Scott è un Cult Movie dotato, o meglio orfano, di un ritmo alto, nasce un’ondata di pesantezza, i personaggi e le situazioni sembrano, quanto mai, convergere su linee epidermiche, freddezza totale.
Freddezza comunque idealizzata da Scott proprio per denunciare, diciamo così, questa fantomatica società del 2000; si toccano diverse argomentazioni, alcune di stampo filosofico, altre simboliche e religiose.
Filosofia che traspare nell’apparato psicologico umano attorniato da un bagaglio di megalomania, nei contesti la linea concettuale milita anche nei pensieri di controllo e di immortalità. Immortalità intesa come potenza e controllo raffigurato, simbolicamente, dagli occhi.
Simboli (l’unicorno) e altri messaggi, pure religiosi, sono messi nel film proprio per render l’idea di “vita” e morte, quanto mai vicine e imprevedibili.
“Blade runner” ha un menù colmo di significati, tutti abbastanza capibili; nei film di fantascienza le allusioni e le critiche alla società appaiono, quasi sempre, collimare nelle stesse cose. Praticamente sempre presente quel contrasto fra uomo e robot, chiamateli come volete, la partita a scacchi nel film potrebbe fungere da simbolo.
Scott ha avuto sicuramente le idee chiare, “Blade runner” alle volte convince per il contenuto, alle volte per le singolari atmosfere, altre delude per via della narrazione un po’ “piatta”, altre viene meno in campo di regia, alcuni passaggi appaiono frettolosi e grossolani.
Comunque il recensore non può non consigliare di vedere un film padre ispiratore di altri film nati in decenni successivi. Quanto a Scott, raggiungerà l’apice con un altro film…
L’opinione di Godardi dal sito http://www.davinotti.com
Uno dei capisaldi mondiali nella nuova fantascienza (di allora), un riuscitissimo connubio tra sci-fi e noir: è la classica storia dell’investigatore privato o bounty killer con una missione da compiere, solo che qui la compie nel futuro. Calato in una sfarzosa scenografia postmoderna è un’autentica gioia per gli occhi e per le orecchie (forse le musiche di Vangelis appaiono un po’ datate oggi). Nonostante il suo enorme successo non è un film facile, chi si aspetta un action movie veloce rimarrà deluso. Consacrazione per Ford e rivelazione per Hauer.

Lo splendido commento di Dana

Scritto nel 1968 il romanzo di fantascienza di Philip K. Dick “Do Androids Dream of Electric Sheep?” (“Il cacciatore di androidi”) ha atteso ben 14 anni prima della trasposizione sullo schermo nella versione mozzafiato di Ridley Scott e ha dovuto attendere un decennio prima di essere riconosciuto un capolavoro del cinema di fantascienza.
Al momento del lancio, il film, costato 28 milioni di dollari, è stato mal accolto dalla critica ed è stato un fiasco finanziario; solo dopo il 1992, quando emerse la nuova versione, critica e pubblico hanno pienamente riconosciuto il valore del film.
Interi libri sono stati scritti circa gli avvenimenti sul set, molti dei quali spiacevoli. Harrison Ford, a quanto pare, non andava d’accordo con la star Sean Young, la squadra ha fatto stampare magliette per esprimere l’insoddisfazione per il pesante orario di riprese, e, inoltre, anche Ford e Scott hanno avuto numerosi disaccordi. Brevissimo il commento di Ford dopo la première: “ è stato uno dei film più duri ai quali ha lavorato”.
Ma che film! Giustamente elogiato per la scenografia favolosa, l’immagine di Los Angeles anno 2019, città fredda come le luci neon che la illuminano, offuscata dalle piogge acide, sovraffollata, è stata, nel tempo, imitata da molti, tuttavia è rimasta unica.
Il detective Rick Deckard (Ford) perlustra questa città deprimente in cerca di “replicanti” – androidi ribelli che si nascondono sotto le spoglie di persone – e finisce per innamorarsi di uno (Young).
Abbondante nel uso di simboli, “Blade Runner” ha provocato molte discussioni contraddittorie nel corso del tempo; alcuni dei suoi fans sostengono che il film contiene messaggi religiosi subliminali, ( vedi la scena del replicante Roy Batty (Hauer), il quale si conficca un chiodo nella mano, la figura di Tyrell (Joe Turkel) un Dio-Padre, creatore dei replicanti, che tiene d’occhio la sua prole.

E ‘difficile immaginare questo film diretto da qualcun altro (prima di Scott sono stati consultati Adrian Lyne, Michael Apted e Robert Mulligan, e Martin Scorsese si era dimostrato interessato al romanzo nel 1969). Quanto al protagonista, inizialmente sulla lista c’erano Christopher Walken ed anche Dustin Hoffman.
Fenomenale miscuglio tra film di fantascienza del XXI secolo e noir 1940, la pellicola crea una superba antiutopia, e Ford diventa colui che è stato scelto per “mandare in pensione” gli androidi che arrivano sulla Terra in forma umana per cercare il Creatore perché forse si era deciso di “stare lì solo per dare un tocco di colore sui set di Ridley” (come ha dichiarato ad un giornalista nel 1991), ma il suo stupore si inserisce nella storia.
Una delle ragioni di popolarità di “Blade Runner”: ci sono più versioni del film – l’ultima variante ha aggiunto nuove scene, ha eliminato il passaggio narrativo di Ford ed il finale ottimistico imposto dallo Studio.
Un’altra ragione di popolarità consta nel fatto che in tanti si domandano se Deckard è un androide. Qualunque sia la risposta che uno si vuole dare – Scott ha suggerito, più di una volta, che lo è – “Blade Runner” rimane uno dei film di fantascienza più belli e più imponenti mai realizzato.

Una delle scene più belle:
Deckard: Do you love me?
Rachael: I love you.
Deckard: Do you trust me?
Rachael: I trust you.

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aprile 5, 2008 Posted by | Fantascienza | , , , , , | 8 commenti