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Il boia di Venezia

Venezia,fine del 1500
Sandrigo, figlio del Doge Bembo, è innamoratissimo e promesso sposo della bella Leonora Danin.
Ma il loro amore è contrastato dall’ Inquisitore Rodrigo Zeno,che trama per separare i due; per farlo trova un alleato in Guarnieri, pirata e
nemico dichiarato del Doge Bembo.
La congiura messa in atto da Zeno riesce e Sandrigo viene incarcerato,proprio mentre suo padre giace gravemente ammalato ed è quindi nell’incapacità di poterlo aiutare.


Chiuso nelle famigerate carceri dei piombi ,in attesa di una decisione definitiva del consiglio dei dieci della Serenissima, Sandrigo non può fare altro
che sperare in un aiuto provvidenziale dei suoi amici, mentre Leonora, pur di non cedere alle voglie malsane di Zeno si rifugia in un convento.
Il quale Zeno briga anche per sostituire il legittimo Doge; Sandrigo è condannato a morte e il suo boia è Guarnieri, che si scopre essere il vero padre di Sandrigo.
Riuscirà il giovane a scampare all’ascia del boia? Suo padre farà prevalere l’affetto paterno?
Il boia di Venezia è un cappa e spada del 1963,diretto da Luigi Capuano,specialista in B movie e in Peplum e comunque in tutti i generi avventurosi; sarà lui a girare nello stesso anno Il leone di San Marco,in pratica un clone del Boia di Venezia con cambio solo del cast attoriale; fra le sue 40 produzioni,la maggior parte delle quali concentrate tra il 1950 e la fine dei sessanta vanno citati  film come La vendetta di Ursus, Sandokan alla riscossa e I misteri della giungla nera,

tutti film realizzati in un periodo in cui era di moda il cinema avventuroso,fatto di prodotti a basso costo spesso
girati in serie sfruttando gli stessi set. Capuano, dignitoso artigiano, utilizza in Il boia di Venezia gli stilemi dell’amore e del tradimento con colpi di scena e finale nel più tradizionale degli happy end, girando quasi un feuilleton in una location che però risalta in tutta la sua bellezza. Fa un certo effetto vedere Piazza San Marco e il Palazzo Dogale privo del classico affollamento di turisti; a ben vedere l’utilizzo di un colore quasi abbagliante,i bei costumi e la sontuosa location fanno perdonare anche una recitazione non certo memorabile. Legnoso e inespressivo Lex Barker (Sandrigo), discreta la bella Alessandra Panaro (Leonora) mentre decisamente meglio è il cattivo della storia ,Guy Madison (L’inquisitore Zeno).
Film datatissimo,oggi difficilmente digeribile è presente in rete su You tube ma solo in una bellissima riduzione in lingua tedesca all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=xzU3jKOn7MI

Il boia di Venezia

Un film di Luigi Capuano. Con Guy Madison, Alessandra Panaro, Lex Barker, Mario Petri, Giulio Marchetti, Alberto Farnese Avventura, durata 89 min. – Italia 1963.

Lex Barker: Sandrigo Bambo
Guy Madison: Rodrigo Zeno
Alessandra Panaro: Leonora Manin
Mario Petri: boia Guarneri
Alberto Farnese: Michele Arcà
Giulio Marchetti: Bartolo
Theodor Chaliapin: doge Giovanni Bembo
Franco Fantasia: Pietro
Raf Baldassarre: messer Grimani
Mirella Roxy: Smeralda
Gianni Barta: messer Leonardo

Regia Luigi Capuano
Soggetto Ottavio Poggi
Sceneggiatura Arpad De Riso e Luigi Capuano
Produttore Ottavio Poggi
Produttore esecutivo Nino Battiferri
Casa di produzione Liber Film
Fotografia Alvaro Mancori
Montaggio Antonietta Zita
Musiche Carlo Rustichelli
Scenografia Giancarlo Bartolini Salimbeni
Costumi Giancarlo Bartolini Salimbeni
Trucco Eligio Trani

novembre 18, 2019 Posted by | Avventura | , , , | Lascia un commento

Il ponte dei sospiri

Venezia,prima metà del 1500
Alla guida del consiglio dei Dogi della Serenissima c’è il Doge Candiano,che ha in mente un ambizioso programma di riforme.
Ma parte del consiglio,capeggiato da Altieri e sobillato dal subdolo cardinale Bembo,complotta per deporre il legittimo Doge.
Usando l’arma del ricatto verso la cortigiana Imperia, Altieri e Bembo ordiscono una trappola uccidendo il marito della donna, Davila e incolpando
il figlio del Doge, Rolando,di aver perpetrato l’assassinio con la falsa accusa di essere l’amante della stessa. Il quale Rolando in realtà è innamorato di Leonora Dandolo e che ha già in passato respinto le avance di Imperia, innamorata di lui.


Inutilmente il Doge tenta di salvare suo figlio; accusato di aver tramato per instaurare una dittatura nella Serenissima, Candiano e suo figlio Rolando vengono imprigionati nei piombi. Sul ponte dei Sospiri il Doge viene accecato mentre Rolando finisce nella malsane prigioni veneziane.
Qui,dopo molto tempo,grazie all’aiuto del gigantesco Scalabrino,Rolando evade e da quel momento,dopo una serie di avventure,riscatta il suo nome.
Happy end finale.
Il Ponte dei Sospiri esce nel 1964,nel momento di massimo fulgore del cinema cappa e spada; il film,diretto da Carlo Campogalliani con la collaborazione di Piero Pierotti è una riduzione onesta del feuilleton di Michel Zevaco dall’omonimo titolo.
Con Dumas,la Baronessa Orczy,la Invernizio e altri lo scrittore corso faceva parte di quella categoria di scrittori dediti ad un genere estremamente popolare tra il pubblico,il romanzo d’appendice a metà strada tra lo storico e il fantastico,infarcito di colpi di scena,duelli e vendette con regolare finale rosa.
Il film è un prodotto godibile negli angusti limiti di film senza eccessive pretese,buoni per un pubblico che altro non chiedeva che di svagarsi senza alcun impegno.


Cosa che Camogalliani (classe 1885) fa con mano artigianale onesta,giungendo alla sua ultima regia dopo una onesta carriera iniziata nel lontano 1916 quando il cinema era rigorosamente in bianco e nero e ovviamente muto.
Di lui si ricordano principalmente opere come Il terrore dei barbari, Maciste nella valle dei Re, Rosmunda e Alboino, Ursus; un cinema popolare al quale si rivolge senza alcuna ambizione se non quella dello svago.
Il cast del film include due beniamini del pubblico come Brett Halsey (Rolando Candiano) e Gianna Maria Canale (Imperia) mentre il ruolo di Eleonora è interpretato da Vira Silenti; rispetto al romanzo Campogalliani sceglie una riduzione che pur mantenendo l’ossatura dello stesso
ha un occhio speciale rivolto ai duelli,agli intrighi e alla location,una Venezia splendida e patinata,vista nella sua parte storica più importante,il Palazzo Dogale e il Ponte dei Sospiri.


Un prodotto decente,figlio in tutto e per tutto dell’epoca in cui venne girato.
Per chi volesse vederlo consiglio l’ottima versione su You tube all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=U65eY7X5RCM&t=1731s

Il ponte dei Sospiri
Un film di Carlo Campogalliani. Con Gianna Maria Canale, Brett Halsey, Vira Silenti, Burt Nelson, Jean Murat, José Nieto, Andrea Bosic, Paolo Gozlino, Conrado San Martín, Bruno Scipioni, Perla Cristal Avventura, durata 127 min. – Italia 1964.

Brett Halsey: Rolando Candiano
Gianna Maria Canale: Imperia
Burt Nelson: Scalabrino
Vira Silenti: Leonora Dandolo
Conrado San Martin: il capitano Altieri
Lilli Darelli: Bianca
José Nieto: Antonio Dandolo
Paolo Gozlino: il capitano Lorenzi
José Marco Davó: Cardinale Bembo
Andrea Bosic: Davila
Jean Murat: il doge Candiano
Perla Cristal: Juana
Nino Persello: Sandrigo

Regia Carlo Campogalliani, Piero Pierotti
Soggetto dal romanzo omonimo di Michel Zevaco
Sceneggiatura Oreste Biancoli, Duccio Tessari, Carlo Campogalliani, Piero Pierotti, Oreste Biancoli
Produttore Ermanno Donati, Luigi Carpentieri
Casa di produzione Panda Societa per L’Industria Cinematografica, Estela Films,
Distribuzione in italiano Indipendenti regionali
Fotografia Rafael Pacheco, Luciano Trasatti
Montaggio Ornella Micheli
Musiche Angelo Francesco Lavagnino
Scenografia Aurelio Crugnola
Costumi Enrico Loquenzi
Trucco Maurizio Giustini

Il libro di Zevaco

agosto 9, 2019 Posted by | Avventura | , , , | Lascia un commento

Angelica e il Gran Sultano

Angelica e il Gran Sultano è il quinto e conclusivo atto delle avventure di Angelica di Sancé de Monteloup, Contessa di Peyrac e Marchesa del Plessis-Bellière conosciuta semplicemente come Angelica,l’eroina creata dalla penna dei coniugi Anne e Serge Golon e portata sugli schermi da Bernard Borderie che nei quattro episodi precedenti, Angelica (1964),La meravigliosa Angelica (1965),Angelica alla corte de re (1966) e L’indomabile Angelica (1967) ha raccontato le vicende della nobildonna andata sposa contro voglia a Joffrey de Peyrac,che dapprima disprezza e che in seguito finirà per amare,attraverso una serie di traversie che la porteranno,nell’ultimo capitolo della serie,questo Angelica e il Gran Sultano
a ricongiungersi con l’amato e con i suoi figli.
Una pellicola che mostra come la saga dell’eroina francese fosse ormai logora,in un episodio non sgradevole ma sicuramente poco affascinante,appesantito da una storia poco credibile come del resto anche la nutrita serie dei romanzi del duo Golon (tredici libri) aveva evidenziato.
Michele Mercier è sempre bella e affascinante,Robert Hossein sempre bravo;ma la magia dei primi due capitoli della saga è ormai svanita,travolta da un brodo troppo lungo,con una storia che già al terzo capitolo avrebbe dovuto avere la sua degna conclusione.


Avevamo lasciato Angelica catturata nuovamente dai pirati nell’ultimo episodio della saga,L’indomabile Angelica. Jeoffrey de Peyrac,divenuto il temibile pirata Il Rescator,l’aveva avuta inconsapevolmente tra le mani, ma ora d’Escrainville,marchese/pirata l’ha presa con se con l’intenzione di venderla come schiava al re del Marocco.
Nell’harem del sultano la Marchesa degli angeli trova un insospettabile alleato in Osman Ferradji,braccio destro del sultano stesso;sarà grazie a lui che Angelica uscirà viva dalla terribile esperienza prima di una serie di  peripezie che la porteranno,finalmente,a ricongiungersi con suo marito.
La oggi novantaseienne Anne Golon, pseudonimo di Simone Changeux e il suo defunto marito (1972) Serge Golon, pseudonimo di Vsevolod Sergeïvich Goloubinoff diedero alle stampe,negli anni cinquanta,una serie di tredici romanzi costruiti attorno alla figura della giovane Angelica di Sancé de Monteloup sfruttando in larga parte le fortune dei romanzi di cappa e spada di Dumas padre,dei quali riprendono l’ambientazione dei tempi
storici di Luigi XIV e della sua corte,con l’identica descrizione dell’ambiente intrigante in cui si muoveva il re Sole.


Intrighi di corte,vendette e invidie,avventure a tutto spiano fanno da sfondo alle vicende di Angelica,che verranno riportate sullo schermo in una versione ovviamente condensata che riprende in gran parte lo spirito dei romanzi.
Che ebbero molta fortuna tra il pubblico,anche se va detto che non sono ovviamente paragonabili agli indimenticabili personaggi del grande Dumas,che dava alle stampe i suoi romanzi allungandoli in maniera abnorme per incassare le ricche royalties che derivavano dalle sue pubblicazioni.
Angelica e il Gran Sultano chiude quindi definitivamente il ciclo originale interpretato da Michele Mercier,assolutamente splendida in un ruolo che però,per lei,fu probabilmente più una gabbia che un trampolino di lancio.
Il film ha ritmo,una bella ambientazione esotica e quindi,limitatamente al suo genere creato ad hoc come svago,funziona senza problemi.
Riproposti praticamente ogni anno sugli schermi televisivi,i film della bella e avventurosa Angelica hanno sempre avuto largo seguito tra gli spettatori,tanto che si sono tentati due remake,che però non hanno incontrato
il favore del pubblico,indissolubilmente legato alla serie originale.

Angelica e il Gran Sultano

Un film di Bernard Borderie. Con Ettore Manni, Robert Hossein, Michèlle Mercier, Arturo Dominici,
Jean-Claude Pascal Titolo originale Angélique et le sultan. Avventura,Ratings: Kids+13, durata 99 min. – Francia 1967

 

Michèle Mercier: Angelica /Angélique de Peyrac
Robert Hossein: Jeoffrey de Peyrac
Aly Ben Ayed: sultano
Jean-Claude Pascal: Osman Ferradji
Jacques Santi: Vateville
Helmuth Schneider: Colin Paturel
Roger Pigaut: Il marchese d’Escrainville
Ettore Manni: Jason
Erno Crisa: l’ambasciatore
Bruno Dietrich: Corlano
Pasquale Martino: Savary
Renato De Carmine: Jason
Henri Cogan: Bolbec
Samia Sali: ragazza nell’harem
Gaby Messe: schiava della nave
Manja Golec: la prigioniera
Arturo Dominici: Mezza Morte

Doppiatori

Gabriella Genta: Angelica
Emilio Cigoli: Jeoffrey
Luciano Melani: sultano
Walter Maestosi: Osman
Germano Longo: Marchese
Virginio Gazzolo: Jason
Sergio Di Stefano: Corlano
Roberto Villa: ambasciatore
Giancarlo Maestri: Patorel

Regia Bernard Borderie
Soggetto Anne Golon & Serge Golon
Sceneggiatura Bernard Borderie, Francis Cosne, Pascal Jardin, Louis Agotay
Fotografia Henri Persin
Montaggio Christian Gaudin
Musiche Michel Magne

 

agosto 1, 2017 Posted by | Avventura | , , | Lascia un commento

Indiana Jones e l’ultima crociata

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Una fedora,una frusta ed un revolver.
Ma, soprattutto, un’aria scanzonata e al tempo stesso da impunito.
Questo è Indiana Jones o, meglio, Henry Jones Junior, come specificherà suo padre, il Professor Henry Jones
che, in questa terza parte delle avventure del professore e archeologo Indiana Jones, ci rivelerà che Indiana era il nome del cane di Henry Junior.

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Steven Spielberg torna, quindi, ad occuparsi delle avventure di Indiana nel 1989, esattamente cinque anni dopo Indiana Jones e il tempio maledetto
e otto dopo il travolgente successo di I predatori dell’arca perduta.
Indiana Jones e l’ultima crociata converge sullo schermo una coppia di re Mida del cinema, composta dallo stesso Spielberg e da
George Lucas, produttore celebrato (nonché proficuo) della saga di Guerre stellari, Brivido caldo e di molti altri film.

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Un connubio che funziona grazie anche al carisma,al magnetismo, di Harrison Ford il quale, questa volta,dopo il ritrovamento dell’Arca dell’Alleanza e delle pietre magiche, deve mettersi sulle tracce del Santo Graal, la coppa nella quale Giuseppe d’Arimatea raccolse il sangue di Gesù morente.
La novità è rappresentata dalla presenza di Henry Jones, professore e storico, chiaramente mentore ed ispiratore del figlio.
La scelta di Spielberg-Lucas di far interpretare a Sean Connery la parte del professore si rivela vincente; il volto di Connery,quasi sempre solcato
da un sorriso a metà strada tra l’ironico e il sarcastico permette di creare un’alchimia unica tra i due protagonisti.
Sia Ford che Connery evitano di pestarsi i piedi o di rubarsi la scena;quando i due sono insieme il divertimento è assicurato: come nella splendida
sequenza dell’aereo abbattuto da uno stormo di gabbiani, opera del professor Jones che con un ombrello si sbarazza di un mortale nemico.

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Come in I predatori dell’Arca perduta Indiana Jones si ritrova a fare i conti con i nazisti; questa volta arriverà addirittura a incontrare Hitler in persona in una sequenza memorabile e ben congegnata che vede il Fuhrer autografare il diario di Indiana.
Ma andiamo con ordine.
Il giovane Indiana Jones, agli inizi del secolo scorso, è riuscito a sottrarre la croce di Coronado ai banditi che l’avevano rubata.
Nonostante una fuga piena di peripezie, appena giunto a casa deve riconsegnarla nelle mani dello sceriffo,senza ricevere alcun aiuto da suo padre,
troppo indaffarato nei suoi studi per ascoltare il figlio.La croce però finisce nuovamente nelle mani dei banditi,essendo lo sceriffo in combutta con loro.
Ritroviamo Indiana Jones 25 anni dopo a bordo di una nave,ancora alla ricerca della Croce,che finalmente torna nelle sue mani.

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Tornato a casa,Jones mostra la favolosa Croce di Coronado all’amico Marcus Brody;ma una telefonata giunta da Walter Donovan,un miliardario con il pallino dell’archeologia lo trascina in una nuova avventura.
L’uomo infatti è sulle tracce del Santo Graal,ed è in contatto con il Professor Henry Jones,che lavora alle ricerche e che è improvvisamente e misteriosamente scomparso.
Da quel momento Indiana dovrà attraversare mezzo mondo per ritrovare suo padre,decifrando contemporaneamente il libro di appunti del Professor Jones, con le preziose annotazioni dello stesso sul Graal.
Da Venezia a Berlino,fra continui colpi di scena e avventure mozzafiato,Jones figlio e padre,finalmente ricongiunti,arriveranno fino all’antichissima
Petra,dove la caccia si concluderà… .
Indiana Jones e l’ultima crociata è un adventure movie davvero emozionante e ricco di colpi di scena,nel puro stile delle avventure dell’archeologo con la frusta; effetti speciali,un cast di attori molto bravi,ritmo e avventura allo stato puro sono le caratteristiche peculiari del film,che non ha nulla da invidiare  al capostipite della tetralogia,I predatori dell’arca perduta.

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127 minuti di divertimento in cui la noia è bandita.
Bravissimi,nemmeno a dirlo,Harrison Ford e Sean Connery.
Da segnalare la buona interpretazione di River Phoenix che interpreta Indiana Jones da ragazzo e l’ormai familiare figura del placido e sornione
Denholm Elliott nei panni del Professor Marcus Brody.
Ottima anche Alison Doody nelle vesti della Dottoressa Elsa Schneider,la fanatica nazista che tradirà Indiana Jones.
Bella come al solito la marcetta di John Williams,tema sonoro di un film che si vede e rivede,instancabilmente, a tutte le età.

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Indiana Jones e l’ultima crociata

Un film di Steven Spielberg. Con Harrison Ford, Sean Connery, Denholm Elliott, Alison Doody, Michael Byrne, John Rhys-Davies,Julian Glover, River Phoenix, Kevork Malikyan, Robert Eddison, Richard Young, Alexei Sayle, Alex Hyde-White, Paul Maxwell, Isla Blair,Vernon Dobtcheff Titolo originale Indiana Jones and the Last Crusade. Avventura, durata 127 min. – USA 1989.

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Harrison Ford: Indiana Jones
Sean Connery: Prof. Henry Jones
Alison Doody: Dott.ssa Elsa Schneider
Julian Glover: Walter Donovan
John Rhys-Davies: Sallah
Denholm Elliott: Prof. Marcus Brody
Michael Byrne: Col. Vogel
Kevork Malikyan: Kazim
River Phoenix: Indiana Jones da ragazzo
Robert Eddison: Cavaliere del Graal
Richard Young: Garth (Fedora)
Paul Maxwell: Panama
J.J. Hardy: Herman
Bradley Gregg: Roscoe
Marc Miles: Lo Sceriffo
Alexei Sayle: Sultano
Luke Hanson: Ufficiale SS al castello
Julie Eccles: Irene

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Michele Gammino: Indiana Jones
Pino Locchi: Prof. Henry Jones
Isabella Pasanisi: Dott.ssa Elsa Schneider
Cesare Barbetti: Walter Donovan
Renato Mori: Sallah
Sergio Tedesco: Prof. Marcus Brody
Francesco Vairano: Col. Vogel
Nino Prester: Kazim
Fabio Boccanera: Indiana Jones da ragazzo
Giorgio Piazza: Cavaliere del Graal
Marco Mete: Garth (Fedora)
Sandro Sardone: Panama
Marco Guadagno: Herman
Vittorio Stagni: Roscoe
Manlio De Angelis: Lo Sceriffo
Franco Chillemi: Sultano
Max Turilli: Ufficiale SS al castello
Cristina Boraschi: Irene

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Regia Steven Spielberg
Soggetto George Lucas e Menno Meyjes
Sceneggiatura Jeffrey Boam
Produttore Robert Watts
Produttore esecutivo George Lucas e Frank Marshall
Fotografia Douglas Slocombe
Montaggio Michael Kahn e George Lucas (non accreditato)
Musiche John Williams
Scenografia Elliot Scott

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“L’archeologia si dedica alla ricerca dei fatti. Non della verità. Se vi interessa la verità, l’aula di filosofia del professor Tyre è in fondo al corridoio.”

“Colui che beve l’acqua che io gli darò, dice il Signore, avrà dentro di sé una sorgente inesauribile dalla quale sgorgherà la vita eterna. Lasciate che mi conducano alla tua montagna sacra nel luogo dove dimori, attraverso il deserto e oltre la montagna, nella gola della luna crescente, al Tempio dove la coppa che contiene il sangue di Gesù Cristo risiede per sempre”.

“Mi ero sbagliato a giudicarti, Walter. Sapevo che avresti venduto anche tua madre per un’anfora etrusca, ma non sapevo che avresti venduto il tuo paese e la tua anima alla feccia del genere umano.”

“Marcus? Vuoi scherzare? Lo conosci Marcus! Una volta si è perso addirittura nel suo museo!”

“Per colui che è malvagio, la coppa della vita non è che fonte di eterna dannazione. “

“Ma il Graal non dovrà mai oltrepassare il grande sigillo… Codesto il limite, e il prezzo, dell’immortalità.”

“Sallah: Scusate ma cos’è questo “Junior” con cui vi chiamate?
Henry Jones: È il suo nome! Henry Jones “Junior”!
Indiana Jones: Io sono Indiana!
Henry Jones: Si chiamava il tuo cane “Indiana”…
Sallah: Un cane? Tu porti il nome di un cane?
Indiana Jones: Ho un sacco di bellissimi ricordi di quel cane!”

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L’opinione di Kondor 17 dal sito http://www.mymovies.it

Ho rivisto ieri sera per l’ennesima volta questo grande film di Spielberg e ogni volta mi diverto di più.
La presenza di Sean Connery, in un personaggio indimenticabile, conferisce al film e a Indy quel tocco di humour e di storia familiare che ai precedenti mancava. Indiana diventa umano, figlio, non solo il solitario blade runner o cacciatore instancabile di tombe e reperti. E questo conferisce alla storia quell’empatia che agli altri forse mancava.
Lo script è praticamente perfetto, come la musica, il ritmo e il montaggio. Se Spielberg è considerato uno dei migliori registi di sempre è anche grazie ad uno staff ai massimi livelli. Inutile indicare le scene da hall of fame, sono veramente troppe. Quella dell’incontro con Hitler, l’inseguimento in moto, il bigliettaio in mongolfiera…
Un film fantastico che non mi stanco mai di guardare

Opinioni tratte dal sito http://www.davinotti.com

Cotola

Terzo capitolo della serie dedicata al famoso archeologo, è inferiore al primo ma sicuramente meglio del secondo. Divertente, gustoso e gradevole è perfetto per intrattenersi nonostante spesso la logica e la “storia” se ne vadano completamente a spasso e ci siano anche alcune esagerazioni atte a rendere il film più spettacolare. La presenza di Connery è un valore aggiunto che non sempre è facile trovare in film del genere.

Tarabas

Indiana Jones ancora una volta contro i nazisti, alla ricerca di suo padre, scomparso da anni mentre cercava nientemeno che il Santo Graal. Terzo e, per me, migliore capitolo della saga, che sfrutta appieno il ritrovato appeal delle storie sul Graal e sui Templari, pieno di trovate spettacolari e con un’aggiunta strepitosa, Sean Connery, che porta la sua classe e ironia nel mezzo dell’atmosfera da superblockbuster che ovviamente domina. Divertenti le spiegazioni di alcune delle “manie” di Indy, spiegate dal papà.

Caesars

Dopo la flessione del secondo episodio, Spielberg gira un capitolo della saga di Indiana Jones che sicuramente può competere con I predatori dell’arca perduta in quanto spettacolo e divertimento. Merito dell’impresa va dato sicuramente all’idea di affiancare al protagonista l’ottimo Sean Connery nella parte del padre. I duetti comici tra i due sono la cosa migliore del film, che comunque vanta un buon ritmo che non annoia mai. Pellicole di questo tipo ogni tanto ci vogliono.

Ciavazzaro

Forse il miglior capitolo della saga, anche per la presenza di Sean Connery nel ruolo del padre dell’archeologo. L’azione è ben curata e i duetti tra i due protagonisti sono molto godibili. Ci sono pure i nazisti! Diverte. Sarebbe stata una bella conclusione, per la serie.

Herrkinski

Pur non raggiungendo i risultati eccellenti dei primi due episodi, questo terzo capitolo si attesta comunque su livelli più che buoni, grazie soprattutto alla presenza vincente del simpatico Sean Connery e alle scene d’azione, sempre spettacolari ed affascinanti (da antologia tutta la parte finale). Notevoli gli effetti e convincente tutto il cast; un po’ raffazzonata la sceneggiatura, ma il film scorre comunque bene e presenta tutti gli elementi migliori della saga, con sprazzi d’umorismo gradevoli e mai esagerati. Nel genere, è sempre al top.

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Il Santo Graal

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Il taccuino del professor Jones

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Il balzo della fede

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La mappa

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Petra

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La lastra tombale

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La croce di Coronado

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Il revolver di Indiana Jones

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ottobre 6, 2016 Posted by | Avventura | , , | Lascia un commento

Jurassic Park

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Uomini e dinosauri,un connubio impossibile.
70 milioni di anni fa l’estinzione di massa del Cretaceo spazzò via dalla terra più del 75% delle creature viventi della terra,fra le quali i grandi
dinosauri terrestri,gli ittiosauri acquatici,i pliosauri e la quasi totalità dei rettili marini,fatta eccezione per i coccodrilli e le tartarughe.
Che sia stato un impatto con un meteorite o un’eruzione vulcanica a provocare l’estinzione non è argomento pertinente per questa recensione;
conta invece l’espediente cinematografico usato in questo film,assolutamente geniale,per far vivere nella stessa epoca uomini e dinosauri,divisi da oltre 73 milioni di anni di vissuto sul pianeta,a tutto favore dei dinosauri che dominarono per decine di milioni di anni la terra.
Fino a Jurassic Park si immaginavano isole sperdute in cui i dinosauri vivevano in piccolissimi branchi protetti da condizioni particolari offerte dalla natura,come La terra dimenticata dal tempo (The Land That Time Forgot) del 1975 diretto dal regista Kevin Connor, tratto dal romanzo omonimo del 1918 di Edgar Rice Burroughs.
Si usavano tutti gli espedienti possibili per una coesistenza assolutamente impossibile storicamente e biologicamente.
Ci ha pensato Michael Chrichton nel 1990 a creare le condizioni per una fantasiosa ma possibile in un futuro prossimo convivenza tra le due specie con il suo fortunato romanzo Jurassic Park;così esordisce nel suo romanzo,con un incipit affascinante:
“Negli ultimi decenni del ventesimo secolo si è verificata una febbre dell’oro scientifica di proporzioni inaudite: la furibonda e avventata corsa alla commercializzazione dell’ingegneria genetica. Questa impresa è stata portata avanti con tanta celerità, con un così scarno contributo di spiegazioni obiettive da precludere una piena comprensione della sua portata e delle sue implicazioni.
La biotecnologia promette di essere la più grande rivoluzione nella storia dell’uomo. Entro la fine di questo decennio avrà di gran lunga sorpassato l’energia nucleare e i computer per quanto riguarda l’impatto sulla nostra vita quotidiana.
Per citare le parole di un commentatore: «La biotecnologia trasformerà tutti gli aspetti della vita umana: l’assistenza medica, l’alimentazione, la salute, il modo di divertirsi, i nostri stessi corpi. Niente sarà più lo stesso.
La biotecnologia cambierà letteralmente il volto del pianeta».

Jurassic Park 4

Jurassic Park 5

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La genesi del libro è alquanto singolare;Steven Spielberg,che avrebbe poi diretto il film acquistò dall’autore i diritti del libro ancor prima che uscisse nelle librerie di tutto il mondo,prima quindi del successo planetario dello stesso e del film,che si sarebbe rivelato uno dei film di maggior incasso della storia del cinema.
Lo stesso Spielberg reduce da due insuccessi abbastanza rilevanti come Always-Per sempre del 1990 e Hook – Capitan Uncino del 1991 decise di rivolgersi a David Koepp,sceneggiatore e regista hollywoodiano (sue le sceneggiature di La morte ti fa bella e Carlito’s way prima di Jurassic Park) per strutturare una storia che bucasse lo schermo e sbancasse i botteghini.
Sempre Spielberg decise una mossa azzardata che poi si sarebbe rivelata assolutamente vincente,scegliendo di utilizzare in maniera massiccia
la computer grafica, un po’ come aveva fatto la Disney con il capostipite dei film in computer grafica come Tron,uscito nel 1982.
A distanza di 11 anni proprio la computer grafica aveva fatto passi da gigante e Spielberg rivolgendosi alla Industrial Light & Magic scelse di creare un prodotto in cui i grandi sauri apparissero quanto più di reale fosse possibile.
Il risultato fu assolutamente unico nel suo realismo,tanto da funzionare come modello per molte altre produzioni successive.
Un successo che spinse Steven Spielberg a girare nel 1997 un sequel ancora tratto da un romanzo di Chrichton,Il mondo perduto – Jurassic Park (The Lost World: Jurassic Park); ci saranno ancora due film sequel dei primi due,
Jurassic Park III di Joe Johnston (2001) e Jurassic World (2015) diretto da Colin Trevorrow,che a sorpresa si è piazzato al terzo posto tra i maggiori incassi della storia del cinema con 1,6 miliardi di dollari di incasso in tutto il mondo.
Ma a parte la computer grafica,la storia piena di fascino,qual’è il motivo dello straordinario successo di Jurassic Park?
Sicuramente la presenza dei dinosauri,animali che da sempre affascinano il mondo dei più piccoli.
Chrichton dice nel libro:“I bambini amavano i dinosauri perché queste gigantesche creature impersonavano la forza incontrollabile
e sempre incombente dell’autorità. Erano un simbolo dei genitori. Affascinanti e incontrollabili, proprio come i genitori.
E i bambini li amavano, proprio come amavano i genitori.

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Chi di noi,da bambino,non ha sognato o giocato con i grandi sauri,che la mia generazione vedeva disegnati nei cartoni e oggi vengono proposti in 3D?
Un mondo affascinante anche perchè perduto per sempre.
Che resta nell’immaginario di tutti grazie anche alle continue scoperte di fossili,alle splendide ricostruzioni dei musei di storia naturale e sopratutto
grazie ad una mole sempre maggiore di documentari ricostruiti in grafica con tecnologie sempre più perfezionate,che ricreano visivamente
l’habitat naturale dei grandi dinosauri.
Spielberg gioca su questo,sul fascino indiscusso dei dinosauri e sopratutto montando una storia affascinante anche se con alcune inesattezze e con una lunghezza del film davvero inusuale.
Ma alla fine il prodotto che vien fuori è di indiscusso fascino.

Isla Nublar 120 miglia al largo della Costa Rica.
Un operaio è misteriosamente ucciso da un animale feroce;l’isola è di proprietà della In.Gen,una società che conduce misteriosi esperimenti scientifici.
A capo della In.Gen c’è il ricchissimo John Hammond, che grazie alle più avanzate tecniche di clonazione è riuscito a riportare in vita i grandi dinosauri.
I quali ora sono nell’isola di Isla Nubar,protetti da imponenti misure di sicurezza.
Il paleontologo Alan Grant e la paleobotanica Ellie Sattler vengono invitati da Hammond nell’isola,con lo scopo di recensire positivamente l’operazione,creata a scopo commerciale.L’intento di Hammond è infatti quello di fare un gigantesco parco a tema e l’imprimatur dei due scienziati è fondamentale per dare una patina di rispettabilità all’operazione stessa e sopratutto per rassicurare i finanziatori.
Grant e la Sattler assistono stupefatti ad una scena che sembra trasportarli di milioni di anni indietro nel tempo:dinosauri e stegosauri passeggiano
e si godono l’aria di Isla Nubar.
Ma non ci sono soltanto i placidi dinosauri tra le creature clonate dal dottor Henry Wu;i temibili predatori T.Rex,i Velociraptors hanno ripreso vita
e sarà proprio un T.Rex a dare il via ad una serie di avvenimenti che porteranno il gruppo formato dai due scienziati,dai due nipotini di Hammond che
si sono aggregati a loro e il dottor Malcom,esperto matematico in teoria del caos a vivere un’avventura fatta di continui colpi di scena.
Ho limitato al massimo il racconto della trama per lasciare spazio all’immaginazione di coloro che non hanno visto questo classico dell’avventura,
un film godibile dall’inizio alla fine.
Le incongruenze non inficiano assolutamente il racconto,grazie ad una regia che privilegia sempre e in ogni caso sia l’azione sia la tensione.
Che corre per tutto il film,tra l’alternarsi di scene di grande bellezza,come quella che vede i protagonisti che si sono rifugiati su un albero
ascoltare il canto dei dinosauri o la caccia dei velociraptor al gruppo dei fuggitivi.
Nel film di Spielberg funziona tutto,come un ingranaggio oliato alla perfezione.

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Sicuramente ben amalgamato il cast con un ottimo Sam Neill nel ruolo del professor Grant,assolutamente credibile come scienziato passando per
Laura Dern,la botanica e paleontologa Ellie Sattler,espressiva e in forma, a Jeff Goldblum che è Malcom,il matematico ironico e sacrcastico che per primo intuisce la minaccia della clonazione e della selezione genetica delle uova fecondate tutte femmina;sua la battuta “Dio crea i dinosauri. Dio distrugge i dinosauri. Dio crea l’uomo. L’uomo distrugge Dio. L’uomo crea i dinosauri.I dinosauri mangiano l’uomo. La donna eredita la terra.”
Nella parte di Hammond,pacioso e serafico miliardario che sottovaluta il rischio potenziale di portare tra gli uomini una razza di animali che
con esso non ha mai convissuto c’è Sir Richard Samuel Attenborough,grande regista e attore britannico già direttore di film come Gandhi e A chorus line.
Il suo volto simpatico contrasta con quello del bravissimo e viscido (nel film) Wayne Knight,che interpreta Dennis Nedry l’informatico che vende
alla BioSyn gli embrioni di 15 specie,finendo però per non incassare il prezzo del suo tradimento.
Bene tutto il resto del cast,nel quale spicca Samuel L. Jackson nel ruolo di Ray Arnold,capo dei tecnici informatici.
Menzione d’onore ovviamente per gli effetti speciali e quindi a Dennis Muren, Stan Winston, Phil Tippett e Michael Lantieri e alle belle musiche di
John Williams.
Un film ormai diventato un classico,che non può mancare nella videoteca di un appassionato di cinema.

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Jurassic Park

Un film di Steven Spielberg. Con Sam Neill, Jeff Goldblum, Laura Dern, Richard Attenborough, Joseph Mazzello, Bob Peck, Samuel L. Jackson, Martin Ferrero, B.D. Wong, Ariana Richards, Wayne Knight, Gerald R. Molen, Miguel Sandoval, Cameron Thor, Christopher John Fields, Whitby Hertford, Dean Cundey, Jophery C. Brown, Tom Mishler, Greg Burson, Adrian Escober Fantastico,durata 127 min. – USA 1993. – Universal Pictures

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Jurassic Park banner personaggi

Sam Neill: Alan Grant
Laura Dern: Ellie Sattler
Jeff Goldblum: Ian Malcolm
Richard Attenborough: John Hammond
Bob Peck: Robert Muldoon
Samuel L. Jackson: Ray Arnold
Ariana Richards: Alexis Murphy
Joseph Mazzello: Timothy Murphy
Wayne Knight: Dennis Nedry
Martin Ferrero: Donald Gennaro
BD Wong: Henry Wu
Cameron Thor: Lewis Dodgson
Gerald R. Molen: Gerry Harding
Miguel Sandoval: Juanito Rostagno
Dean Cundey: Tecnico

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Stefano De Sando: Alan Grant
Isabella Pasanisi: Ellie Sattler
Roberto Chevalier: Ian Malcolm
Cesare Barbetti: John Hammond
Michele Gammino: Robert Muldoon
Claudio Fattoretto: Ray Arnold
Valeria De Flaviis: Alexis Murphy
George Castiglia: Timothy Murphy
Vittorio Stagni: Dennis Nedry
Marco Mete: Donald Gennaro
Loris Loddi: Henry Wu
Simone Mori: Lewis Dodgson
Eugenio Marinelli: Juanito Rostagno
Dario Penne: Mr. DNA

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Regia Steven Spielberg
Soggetto dal romanzo di Michael Crichton
Sceneggiatura Michael Crichton, David Koepp
Produttore Gerald R. Molen, Kathleen Kennedy
Produttore esecutivo Lata Ryan, Colin Wilson
Distribuzione (Italia) Universal Pictures
Fotografia Dean Cundey
Effetti speciali Dennis Muren, Stan Winston, Phil Tippett, Michael Lantieri
Musiche John Williams
Scenografia Rick Carter
Trucco Paul Mejias

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“-Grant: Signor Hammond! Dopo attenta considerazione ho deciso… di non avallare il suo parco!
-Hammond: Anche io!”

“Quanto mi secca avere sempre ragione”

“I dinosauri forse hanno più tratti in comune con gli uccelli attuali di quanto non ne abbiano con i rettili. Guardate l’osso pubico,
rivolto all’indietro come negli uccelli. Guardate le vertebre: piene di sacche d’aria e di cavità esattamente come negli uccelli,
ed il suo nome “Raptor” significa uccello rapace.”

“Ci dovrete far l’abitudine al professor Malcolm, soffre di un deplorevole eccesso di personalità! (John Hammond)”

“È… È un dinosauro! (Alan Grant)”

“L’hai fatto, brutto figlio di puttana. (Ian Malcolm)”

“Ci facciamo una fortuna con questo posto. (Donald Gennaro)”

“Professor Grant, mia cara professoressa Sattler, benvenuti… Al Jurassic Park! (John Hammond)”

“Guarda, si muovono in branchi… Si muovono in branchi. (Alan Grant)”

“Qui non si bada a spese. (John Hammond)”

“Ma chi ci tengono lì dentro, King Kong? (Ian Malcolm)”

“La mancanza di umiltà di fronte alla natura che si dimostra qui… Mi sconvolge. Lei non vede il pericolo che è insito in quello che fa?
La potenza genetica è la forza più dirompente che esista e lei se ne serve come un… Un bambino che gioca con la pistola del padre. (Ian Malcolm)”

“Questa sì che è una bella montagna di merda! (Ian Malcolm)”

“Il Tirannosauro il cibo non l’accetta. Lui vuole cacciare. Non si può sopprimere un istinto vecchio di 65 milioni di anni. (Alan Grant)”

“Mi ricordi di ringraziare John per il bellissimo week-end! (Ian Malcolm)”

“Quando la devi fare, la devi fare. (Ian Malcolm)”

“Dio ci scampi! Siamo nelle mani degli ingegneri… (Ian Malcolm)”

“Io non biasimo la gente per i suoi sbagli ma pretendo che ne paghi lo scotto. (John Hammond)”

“Le nostre vite sono nelle tue mani e ora scopriamo che hai le dita di burro! (John Hammond)”

“Se la caveranno tutti… Chi meglio di un esperto di dinosauri può tirar fuori i bambini dal Jurassic Park? (John Hammond)”

Jurassic Park banner i dinosauri

Apatosaurus
Cearadactylus
Dilophosaurus
Euoplocephalus
Hadrosaurus
Hypsilophodon
Maiasaura
Meganeura
Microceratops
Othnielia
Procompsognathus
Styracosaurus
Stegosaurus
Triceratops
Tyrannosaurus
Velociraptor

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Jurassic Park Parasaurolophus

Il Parasaurophus

Jurassic Park Stegosaurus

Lo Stegosaurus

Jurassic Park Triceratops

Il Triceratops

Jurassic Park Tyrannosaurus rex

Il Tyrannosaurus Rex

Jurassic Park Velociraptor

Il Velociraptor

Jurassic Park Dilophosaurus

Il Dilophosaurus

Jurassic Park Brachiosaurus

Il Brachiosaurus

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“Il pianeta è. sopravvissuto a tutto, nel corso del tempo. Sopravvivrà certamente anche a noi.”

“Tutti i più grandi cambiamenti sono come la morte: non puoi vedere l’altro lato finché non sei là.”

“Nella società dell’informazione, nessuno pensa. ”

“La linearità è un modo artificiale di vedere il mondo. La vita vera non è una serie di eventi legati
tra di loro che si verificano uno dopo l’altro come perline di una collana.”

“Il pianeta non è in pericolo. Noi siamo in pericolo. Non abbiamo il potere di distruggere il pianeta:
o di salvarlo. Ma abbiamo il potere di salvare noi stessi.”

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Recensione di Irene Bignardi di La Repubblica

Allora, la scienza può o non può riportare in vita i dinosauri? Per ora no. Nonostante quello che sostiene il geniale Michael Crichton nel suo libro Jurassic Park. Nonostante quello che racconta Steven Spielberg
nel film da sessanta milioni di dollari che ne ha tratto e la cui prima ha prodotto code da ingorgo stradale attorno ai duemila-cinquecento cinema americani in cui è stato presentato. Nonostante il tempismo della
notizia apparsa due giorni prima dell’uscita del film in prima pagina sul “New York Times”, secondo cui sarebbe stato rinvenuto il Dna di un curculionide dell’epoca dei dinosauri, insomma, la materia prima con cui
si potrebbe mettere in moto il fantascientifico esperimento di ridare vita al passato. Per ora non c’è nulla da temere: neppure il più pazzo degli scienziati ci riuscirebbe.
A ridare vita a un mondo perduto ci sono riusciti in ,in compenso degli altri scienziati, i geni della Light & Magic, che, utilizzando tutte le risorse della “computer graphic“, hanno costruito gli stupefacenti dinosauri del film
e dire dinosauri è peccare di genericità. Ci sono i T-Rex come confidenzialmente viene chiamato il più grande e terribile di tutti, il tyrannosaurus rex, protagonista delle scene più terrificanti, quelle che hanno suggerito ai censori
americani di proibire il film ai minori di tredici anni. Ci sono i disneyani brachiosauri dal lungo collo, che hanno la grande qualità di essere vegetariani e di avere il cervello e l’aggressività di una mucca. C’è il delicato triceratops,
che è grosso come due elefanti ma è cagionevole di salute e, nel film, fa cacche gigantesche. Ci sono i gallimimus che corrono e saltellano nei prati, belli come i bisonti di Balla coi lupi. Ci sono i feroci velociraptor,
che corrono e saltano come uccellacci – a cui assomigliano moltissimo – ma che hanno l’intelligenza degli scimpanzè, tanto che sono capaci di aprire le porte e, da bravi carnivori, non mollano facilmente la preda…
Il libro, come il film, si basa su una premessa scientifica remotamente plausibile (e che, a sentire Spielberg, sarà sicuramente praticabile tra una quarantina d’anni). Che il sangue succhiato ai dinosauri dalle zanzare
del Giurassico e del Cretaceo, incapsulato con le zanzare medesime nelle colate di ambra, possa essere estratto, e che, donando questo Dna “liofilizzato”, si possa ricostruire l’intero essere vivente.
La premessa, spiegano gli scienziati, è errata: basti dire che nei globuli rossi non c’è Dna. Poco importa. Anche perché qualcosa di vero c’è. E sulle premesse scientifiche di Jurassjc Park “Newsweek” ebbe modo di costruire un dettagliato
servizio dedicato a questa teoria stimolando, al contempo, curiosità e paura per gli effetti imprevedibili dell’ingegneria genetica, senza contare la mania clonatoria che da qualche anno ha preso gli Stati Uniti: una mania culminata
nell’annuncio fatto da due ricercatori, Raul Cano e George Poinar, che hanno comunicato di aver donato il Dna di un’ape vecchia quaranta milioni di anni ritrovata intrappolata nell’ambra, e nella comunicazione resa dagli scienziati dell’American Museum of Natural History,
che hanno invece donato una termite di soli venticinque milioni di anni. E fortuna che gli scienziati che hanno trovato il Dna di un mammut siberiano non si sono fatti venire l’idea di fare altrettanto…
Come il terrore dell’elettricità ai tempi in cui Mary Shelley scrisse il suo Frankenstein, quello dell’atomica ai tempi di Godzilla, quello della scoperta dello spazio ai tempi di2001, è la paura dei possibili sviluppi incontrollati della scienza, e in questo caso della bioingegneria,
l’idea alla base del mito terrificante di Jurassic Park. Ma – e qui si viene ai “ma” – mentre il libro di Crichton sottolinea con estrema chiarezza il ruolo che, a questo proposito, hanno l’avidità e la presunzione umana, come se l’eterno bambino Spielberg si fosse lasciato affascinare
dai suoi giocattoli, buoni e cattivi, più che dall’apologo sulle deviazioni dell’arroganza prometeica e sulla fame di denaro che una scienza deviata incoraggia, Jurassic Park – il film – si limita a essere un percorso mozzafiato in un luna park delle meraviglie e degli orrori in cui i
personaggi non hanno molte sfumature e la “morale” – obbligatoria in ogni fiaba, rosa o nera – si perde nel flusso di adrenalina.
Il Cattivo – il miliardario Hammond, interpretato un po’ caricaturalmente da Richard Attenborough, che ha inventato e creato in un’isola del Pacifico la sua Disneyland dei dinosauri – è l’ennesimo eccentrico “mad doctor” e non il magnate incosciente che pensa solo al denaro.
E le colpe del disastro che colpisce il Jurassic Park, anziché all’imprudenza, all’approssimazione dovuta all’avidità, alla luciferina presunzione di poter controllare la vita sostituendosi alle leggi di natura, sono da attribuire solo a un ripugnante ciccione che, più avido di tutti,
per avidità combina un grande pasticcio elettronico che porta il parco alla rovina. E dire che Shakespeare, nel Giulio Cesare, invitava a diffidare dei magri…
Come in ogni fiaba che si rispetti, ci sono gli innocenti in pericolo – i nipotini di Hammond, invitati dal nonno a visitare Jurassic Park prima dell’inaugurazione ufficiale -, due deliziosi e vispi bambini che si spaventano un po’ troppo poco di quel che gli capita e le cui nozioni
elettroniche salveranno alla fine, se non il parco, almeno la pelle del clan familiare. Sam Neill è il paleontologo bambinofobo che finirà per essere sedotto dalla freschezza e dall’intelligenza delle due creature. Laura Dern è la sua scialba fidanzata, esperta di paleobotanica
(e desiderosa di maternità). E Jeff Goldblum è il matematico teorico del caos che filosofeggia spiritosamente per tutto il film, cercando di riportare ogni tanto il discorso sui massimi sistemi della reaità della scienza, come suggerisce la foto di Oppenheimer che pende nella sala dei computer.
Ma non c’è, Jurassic Park, la paura allo stato puro di Lo squalo, la poesia di Incontri ravvicinati, l’incanto magico di un personaggio come E.T. La protagonista è la meraviglia della realizzazione e della performance dei dinosauri grandi e piccoli, innocui e crudeli, vegetariani e carnivori –
e tutti femmine (niente di misogino, scoprirete perché): come osserva David Ansen nella sua recensione, “chi ha detto che il cinema di questi tempi non offre grandi parti femminili?”.
Da Irene Bignardi, Il declino dell’impero americano, Feltrinelli, Milano, 1996

Recensione parziale di Lietta Tornabuoni di L Stampa

Era ora. Finalmente, dopo tante parole e tanta virulenza pubblicitaria, gli spettatori possono vedere e giudicare: divertente ma non strepitoso, è nei cinema italiani Jurassic Park che, costato 100 miliardi e 750 milioni di lire, negli Stati Uniti ha già incassato quasi 500 miliardi.
Protagonisti, si sa, i dinosauri . Nella storia li resuscita John Hammond, un ricco americano vecchio e tondo che nel libro di Michael Crichton (editore Garzanti) è un affarista volpino irresponsabile e cinico pronto a trasformare la ricerca genetica in profitto capitalistico,
mentre nel film che Steven Spielberg ha tratto dal bel romanzo è un utopista megalomane interpretato da Richard Attenborough come un nonno bonario, stordito. […]

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Recensioni tratte dal sito http://www.davinotti.com

G.Godardi

Uno Spielberg in vacanza (in realtà con la testa era già a Schindler’s List) che si dimentica di revisionare la sceneggiatura e ci offre un film sì spettacolare ma talmente pieno di buchi narrattivi da sembrare quasi tronco.
Ma tanto si sa che la visione del suddetto è dovuta più agli effetti speciali che alla firma registica. Un lungo luna park visivo che piacerà di sicuro a bambini e ragazzi. Buono il cast. Resta comunque la sensazione di una
bella occasione sprecata (alcune scene sono davvero ottime). Andrà meglio col sequel.
Gugly

L’evoluzione dell’intreccio fino ad un certo punto rispetta il romanzo originale (molto diverso nella conclusione), poi vira piegandosi alle leggi di mercato (il romanzo è più complesso è serio). Citazione per Goldblum nei panni
dello scienziato che non prende nulla sul serio. Tutto il resto è un piacevole spettacolo per adulti e bambini, con uno spruzzo di horror per solleticare i palati.
Magnetti

Location fantastica (Hawaii) e, soprattutto, dinosauri riprodotti in modo straordinario. Ai tempi, quando uscì, alla visione del primo dinosauro si rimaneva a bocca aperta. Bella anche la trovata del DNA dei dinosauri contenuti
nelle zanzare ritrovate all’interno dell’ambra fossile. Il film regge bene tutta la durata con finale aperto per gli immancabili sequel. Il T-rex è spaventoso e il suo verso è la registrazione del rumore che un simulatore della NASA fa quando è in movimento.
Stubby

Purtroppo il tempo è crudele, e ciò che all’epoca era qualcosa di straordinario, rivisto oggi rientra tranquillamente nella norma. Jurassic Park è un film avvincente, con buoni interpreti e un regista che è un vero pioniere del cinema fantastico e fantascientifico.
I dinosauri e su tutti il T-Rex sono splendidamente animati e, all’epoca della sua uscita, facevano veramente rimanere a bocca aperta. Rivisto oggi perde quasi tutto il suo fascino (soprattutto in tv). Comunque un capostipite.
Redeyes

Non si può non riconoscere il titolo di capolavoro a Jurassic Park. È una di quelle pellicole che riviste anche a distanza di anni non delude, anzi. Gli effetti speciali la fanno da padrona, ma non si lascia assolutamente da parte la trama che appare tutt’altro che stiracchiata.
Certo la lunghezza in certi momenti non aiuta, ma è difficile trovare momenti morti. Buono il cast nella sua interezza, anche in virtù del non ricorso ad attrici od attori bellissimi. Spielberg regala l’ennesimo capolavoro.

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novembre 11, 2015 Posted by | Avventura | , , , , , | 2 commenti

La Regina dei Vikinghi

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Nella remota Britannia,punto più avanzato dell’impero romano, terra di confine ostile e selvaggia è morto il vecchio re saggio e amato dal popolo.Sul trono sale sua figlia Salina,che come il padre ha un’indole pacifica e vorrebbe far coesistere pacificamente i conquistatori romani e il suo popolo.
A comandare le legioni romane è Giustiniano, del quale Salina ben presto si innamora,ricambiata.
La cosa,naturalmente, non è ben vista ne dai fieri druidi,abitanti della regione ne dagli invasori romani.
A soffiare sul fuoco c’è anche Ottavio,luogotenente di Giustiniano,del quale Salina teme l’avidità di potere e l’evidente odio e disprezzo per la cultura nativa.
Così, quando Giustiniano è costretto ad assumere il comando di legioni romane in un’altra legione, il conflitto fra le truppe di occupazione e la gente del posto esplode, causando una ribellione dagli esiti drammatici…

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La regina dei vichinghi (The viking queen) è una produzione Hammer del periodo d’oro e si inserisce tardivamente nell’ormai logoro filone peplum che tanto spazio aveva avuto nella cinematografia italiana sopratutto verso il finire degli anni 50 e che conobbe il suo massimo fulgore fino alla metà degli anni sessanta.
Da notare immediatamente la stranezza del titolo che evoca le figure storiche dei vichinghi, popolo nordico dei quali non vi è traccia nel film;siamo nella Britannia, terra abitata da druidi e da britanni, che con gli scandinavi hanno ben poco a che vedere.
L’unico punto di contatto potrebbe essere il riferimento storico ai vichinghi come figure legate al saccheggio, ma anche in questo caso non si capisce bene il riferimento del titolo.

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Apparentemente però la figura di salina potrebbe essere legata a quella storica della regina Budicca, sovrana degli Iceni (una tribu che viveva nella zona orientale dell’Inghilterra) e che capeggiò la rivoltà più violenta contro le truppe d’occupazione romane.
Sconfitta nella battaglia di Watling street la regina Buticca si avvelenò per non cadere nelle mani dei romani, cosa che accade anche nel film; è quindi questo l’unico riferimento storico del film che per il resto può essere considerato come un incidente di percorso della Hammer, solitamente molto attenta alle ricostruzioni di ambienti e paesaggi.
La stessa regina Buticca, che i romani vedevano come “« una donna molto alta e dall’aspetto terrificante. Aveva gli occhi feroci e la voce aspra. Le chiome fulve le ricadevano in gran massa sui fianchi. Quanto all’abbigliamento, indossava invariabilmente una collana d’oro e una tunica variopinta. Il tutto era ricoperto da uno spesso mantello fermato da una spilla. Mentre parlava, teneva stretta una lancia che contribuiva a suscitare terrore in chiunque la guardasse. »” è raffigurata in modo molto differente nel film e interpretata in modo maldestro dall’attrice finlandese Carita,autentica meteora del cinema alla sua seconda e ultima apparizione sul grande schermo.

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A parte la dubbia collocazione storica, il film ha come suo unico punto di forza la brutalità delle scene, vera eccezione nella sterminata produzione peplum.
Il resto del film è un coacervo di situazioni standard del genere peplum;battaglie, inseguimenti, pubbliche fustigazioni, amori e il tradizionale pizzico di erotismo blando,blandissimo (siamo nel 1967) tipico delle produzioni Hammer.
A dirigere il film troviamo Don Chaffey, già autore dei più che discreti Gli argonauti,Un milione di anni fa e autore in seguito, nel 1971 di La lotta del sesso 6 milioni di anni fa
Il regista britannico,che in seguito si specializzerà in prodotti televisivi, segue la sceneggiatura del racconto di John Temple-Smith accentuando la carica di violenza e sorvolando sulla realtà storica delle cose.
Poco male perchè a questo genere di film non era certo richiesta l’aderenza storica,quanto una regia dinamica e la scorrevolezza della trama.
Da questo punto di vista le cose funzionano anche ma i dolori cominciano nell’analisi dell’espressività dei personaggi.
La recitazione è davvero ai minimi termini e sorprende principalmente per l’attenzione che la Hammer metteva nella scelta degli attori.

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Sia Carita (la regina Selina),sia Don Murray che interpreta Giustiniano sono quasi imbarazzanti e vanificano in qualche modo quel poco di buono che il regista riesce ad orchestrare.
Sempre a proposito dell’inaffidabilità storica e quindi della credibilità del racconto vanno segnalati i costumi assolutamente inadegati,con i popolani celti costretti a vagare seminudi nel clima umido e freddo della Britannia e le scene di guerra che sembrano prese di petto dalla Norma di Bellini che però è ambientata in Francia.
Prodotto quindi di evasione e nient’altro a fronte di un progetto di partenza ben più ambizioso;il budget del film ,quasi mezzo milione di sterline non venne recuperato al box office e in seguito di questo film si persero le tracce.

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La regina dei vichinghi

Un film di Don Chaffey. Con Carita,Andrew Keir, Donald Houston, Don Murray, Adrienne Corri Titolo originale The Viking Queen. Avventura, durata 91 min. – Gran Bretagna 1967

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Don Murray … Giustiniano
Carita … Salina
Donald Houston … Maelgan
Andrew Keir … Ottavio
Adrienne Corri … Beatrice
Niall MacGinnis … Tiberio
Wilfrid Lawson … Re Priam
Nicola Pagett … Talia
Percy Herbert … Catus
Patrick Troughton … Tristram
Sean Caffrey Sean … Fergus
Denis Shaw … Osiris
Philip O’Flynn … Mercante
Brendan Matthews … Nigel

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Regia Don Chaffey
Sceneggiatura Clarke Reynolds (dal soggetto di John Temple-Smith)
Musica Gary Hughes
Fotografia Stephen Dade
Montaggio Peter Boita
Produzione Hammer

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L’opinione del sito http://www.cinekolossal.com

Alla morte de re di Britannia, Alina (Salina) sale al trono e s’innamora del romano Valerio (Giustiniano), conquistatore dei territori del nord. Da questa unione Melgan (Maelgan), il gran sacerdote, per paura di perdere il proprio potere, scatena una guerra tra le parti. Alina sconfitta, si suicida.
Rustico melodramma storico-avventuroso-in costume, di produzione inglese e d’inclinazione sadica, che tenta, attraverso un soggetto bislacco, di invertire i termini della storia a favore dei britanni. Un sudiciume assoluto, zeppo di amorazzi pecorecci, battaglie nei boschi, inseguimenti a cavallo e pubbliche punizioni corporali, durissime e compiaciute. Attori in vacanza e regia inesistente. Nella versione italiana, storpiati alla grande i nomi dei protagonisti.

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La regina dei Vichinghi locandina 1

novembre 2, 2014 Posted by | Avventura | , , | 2 commenti

Il trionfo della casta Susanna

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Un gruppo di teatranti è in viaggio verso Parigi, dove intende tenere una rappresentazione.
La tarda ora consiglia al gruppo il pernottamento presso il castello di Adrian d’Ambras; qua però arrivano i soldati inviati da Napoleone per arrestare lo stesso d’Ambras.
Un malaugurato equivoco fa si però che ad essere portato via non sia D’Ambras ma l’attore principale del gruppo, Ferdinand,legato alla bellissima prima attrice Susanna.
Un altro equivoco fa si che il gruppo di attori decida di portare con se, verso Parigi, un bambino trovato nel castello a cui viene posto il nome di Adamo; tutti ignorano che il bimbo è il figlio di D’Ambras e così si incamminano verso la capitale, con lo scopo di intercedere presso l’imperatore e ottenere la liberazione dello sfortunato Ferdinand.
Arrivati a corte Susanna e gli attori si ritrovano coinvolti in una serie di intrighi tessuti ai danni dell’imperatore; Napoleone infatti vorrebbe prendere in moglie Maria Luisa, figlia dell’imperatore d’Austria il quale però non intende concedere la mano di sua figlia ad un uomo che crede incapace di procreare.

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A questo punto interviene Susanna, che riesce a spacciare il piccolo Adamo come figlio di Napoleone,creando di fatto ostacoli all’ambasciatore russo, che non vuole le nozze e allo stesso tempo alla sorella di napoleone, la bellissima Paolina.
Dopo alterne vicende, Susanna potrà ricongiungersi con l’amato Ferdinand e…
Il trionfo della casta Susanna è il terzo ed ultimo episodio della fortunata serie ambientata nel periodo napoleonico costruita dal regista Franz Antel (che si firma François Legrand), serie costituita dai due episodi precedenti, I dolci vizi… della casta Susanna (1967, Susanne, die Wirtin von der Lahn nell’edizione originale) e Susanna… ed i suoi dolci vizi alla corte del re (1968,Frau Wirtin hat auch einen Grafen).
Antel, ispirandosi almeno come ambientazione alla storica serie di Angelica, gira nel 1969 un film in costume in bilico tra gli intenti comici e le situazioni surreali, creando di fatto un prodotto dalla sceneggiatura molto confusa e con spiccata tendenza al grottesco.

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Il prodotto finale, al netto delle ambizioni di partenza, è poco più che mediocre; la comicità ha delle regole ben precise e non basta creare situazioni paradossali in una serie di gag mal assortite per assicurare il divertimento dello spettatore
Un film che ha dalla sua però un cast di eccellente livello, che quantomeno tiene a galla il film grazie alla simpatia dello stesso; basti pensare alla simpatia del nostro Lando Buzzanca, nella parte dell’ambasciatore Conte Lombardini, un po tonto e un po malizioso, o alla presenza nel gineceo femminile di prammatica in questo genere di film delle splendide Margaret Lee e Edwige Fenech, oltre alla storia presenza della Susanna della serie, la bella attrice ungherese Teri Tordai, specializzata in ruoli di supporto e che ancora oggi, a distanza di cinquant’anni dall’esordio sul set continua a lavorare in ambito cinematografico.
Di contorno la presenza di Rosemarie Lidt mentre nel cast maschile vanno segnalati Claudio Brook (D’Ambras), Karl Michael Vogler (Il principe Borghese) e Heinrich Schweiger (Napoleone Bonaparte)
Un film che non risulta particolarmente affascinante sopratutto per il caotico muoversi della storia, per gli improbabili colpi di scena e per la caratterizzazione, tutta volta al grotesco, dei personaggi utilizzati per dipanare una storia che alla fine lascia lo spettatore abbastanza deluso.
Antel prova a mettere un pizzico di sale mostrando senza veli (ma molto pudicamente) la bellissima Fenech e Margaret Lee, che è sempre uno splendido vedere;ma la presenza della censura dell’epoca e la necessità di fare un film possibilmente non volgare o a sfondo erotico consigliarono Antel dall’esagerare con la componente erotica.
Così, quasi a voler ossequiare il titolo che parla della casta Susanna, si vede la Fenech nuda ma non troppo e la Lee di sbircio; di erotismo ovviamente zero e sicuramente è una fortuna, vista la qualità tendente al basso del film.
Che è ancor oggi quasi introvabile nella versione italiana, nonostante la digitalizzazione del film stesso sia avvenuta da tempo.

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Ragion per cui è praticamente inutile cercare in rete una versione del film stesso.
Nota finale che riguarda l’enorme battage pubblicitario del film, che però non si tradusse in maggiori introiti al botteghino, ragion per cui questo fu l’ultimo film della serie.Nel 1970 Antel girò Le piacevoli notti di Justine, utilizzando ancora una volta l’attrice Terry (Teri) Torday in un ruolo che ricordava quello ricoperto nella triade dedicata alla casta Susanna e dandole come compagno un personaggio che guarda caso si chiamava, ancora una volta, Ferdinand.

Il trionfo della casta Susanna
Un film di François Legrand (Franz Antel). Con Margaret Lee, Lando Buzzanca, Edwige Fenech, Terry Torday, Rosemarie Lindt Titolo originale Frau Wirtin hat auch eine Nichte. Commedia, durata 90′ min. – Germania 1969.

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Terry Torday: Susanne Delberg
Claudio Brock: Barone Ambras
Margaret Lee: Paolina Bonaparte Borghese
Karl Michael Vogler: Principe Borghese
Harald Leipnitz: Ferdinando
Jacques Herlin: Ambasciatore Dulaikeff
Heinrich Schwriger: Napoleone Bonaparte
Lando Buzzanca: Conte Lombardini
Edwige Fenech: Rosalie

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Regia Franz Antel
Soggetto Kurt Nachmann
Sceneggiatura Vittoria Vigorelli, Kurt Nachmann
Casa di produzione Aico
Distribuzione (Italia) Delta
Fotografia Hanns Matula
Montaggio Luciano Anconetani
Musiche Gianni Ferrio

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L’opinione del Morandini
Giovane attrice armeggia in tutti i modi per liberare Ferdinando, condannato da Napoleone. Commedia austriaca in tono farsesco su una vicenda napoleonica un po’ assurda e intricata. F. Legrand è lo pseudonimo con cui l’austriaco Franz Antel firmò 5 dei suoi film. 3 episodio della serie iniziata con Dolci vizi… della casta Susanna (1967) e proseguita con Susanna e i suoi dolci vizi alla corte del re (1968).

L’opinione di B.Legnani dal sito http://www.davinotti.it
Non è malvagio. Complessa vicenda comico-diplomatica, con un gruppo di attori che finisce col gabbare sistematicamente l’ambasciatore dello Zar di Russia. Buzzanca è perfetto nella sua parte di conte italiano un po’ tonto, che va (per l’onore della famiglia) a fare la ambascerie più pericolose, come andare a dire a Napoleone che si dubita della sua virilità…

L’opinione di Undjing dal sito http://www.davinotti.it
Terzo capitolo dedicato alla Susanna del titolo, che segue, in ordine: I Dolci vizi… della Casta Susanna (1967) e Susanna… ed i suoi Dolci Vizi alla Corte del Re (1968). È ancora l’austriaco Franz Antel a firmare una regia piatta e confusa, frutto di una coproduzione internazionale tra Germania, Italia, Austria ed Ungheria. Il cast è pressoché immutato ed il reparto italiano è garantito dalla presenza di Lando Buzzanca e dalle curiose musiche di Gianni Ferrio. Da vedere, anche se parco per contenuti (comici o erotici che siano).

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Il dvd del film è disponibile su Amazon.
Le caratteristiche tecniche del prodotto sono:
Dettagli prodotto

Formato: Import
Audio: Tedesco (Stereo)
Lingua: Tedesco
Regione: Tutte le regioni
Formato immagine: 1.33:1
Studio: MCP Sound & Media AG
Durata: 90 minuti

gennaio 12, 2014 Posted by | Avventura | , , , , , | Lascia un commento

Lucrezia Borgia l’amante del diavolo

Le notti peccaminose di Lucrezia Borgia locandina 8

La figura storica di Lucrezia Borgia è una delle più controverse e al tempo stesso denigrate della storia.
Figlia naturale di Papa Alessandro VI Borgia e di Vannozza Cattanei,Lucrezia è stata dipinta dai biografi dell’epoca come una donna dissoluta,dedita ai piaceri più sfrenati e legata a suo padre e a suo fratello Cesare,il Valentino,da legami incestuosi.
In realtà Lucrezia fu probabilmente più vittima dei giochi politici del padre e in sub ordine del fratello che donna capace di decidere la propria vita;le stesse fonti malevole riportano la diceria, totalmente inventata,di una Lucrezia avvelenatrice e lussuriosa; lo dimostra la condotta di moglie esemplare e madre affettuosa che Lucrezia tenne quando diventò la consorte di Alfonso d’Este duca di Ferrara.La bellissima Lucrezia morì di setticemia seguita all’ultimo parto quando aveva 39 anni;era al nono parto e l’ultimo le risulterà fatale.Alla sua morte tutto il ducato la pianse, perchè la donna descritta come amorale e viziosa era stata in realtà una moglie fedele e una madre esemplare,nonostante i gravi lutti che la perseguitarono, con la scomparsa di ben quattro dei figli avuti dal duca tutti morti in tenera età.
Una figura,la sua, che risentì delle maldicenze dei cronisti, tutti in qualche modo colpiti dal papa Alessandro VI, figura questa sicuramente dai lati molto più bui, uomo dedito ai piaceri della carne e della gola, anche se fu comunque un buon amministratore a livello politico.
Nel 1968 Osvaldo Civirani, regista e sceneggiatore con alle spalle qualche western e un paio di peplum stende la sceneggiatura di Lucrezia Borgia l’amante del diavolo, con la collaborazione di Jofré Durel e Wilhelm Sorger e ne cava fuori un film in costume che racconta, in maniera approssimativa e sopratutto abbastanza infedele dal punto di vista storico, la vita di Lucrezia Borgia.

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A rivestire i panni della futura duchessa d’Este chiama Olga Olga Schoberová, una bellissima attrice dell’allora Cecoslovacchia che aveva alle spalle una quindicina di pellicole di basso valore, nessuna delle quali meritevoli di un cenno biografico.
Olinka Berova,nome d’arte che la biondissima attrice sceglierà da questo momento in poi è sicuramente bellissima;ha un fisico mozzafiato e una cascata di capelli biondi ed è stata lanciata come l’erede naturale di Brigitte Bardot e di Ursula Andress.
Ma se la bellezza c’è e il fisico anche, la Berova non è certo un’attrice di spessore.
Il dover recitare in pellicole spesso a basso costo, con sceneggiature approssimative e in produzioni senza grossi nomi di richiamo la penalizzeranno non poco; questo film non aumenterà certo il suo prestigio,trattandosi a tutti gli effetti di un b movie in piena regola.

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La storia narrà delle vicende di Fabrizio Aldovrandi,un giovane sopravvissuto allo sterminio della propria famiglia organizzato da Alessandro VI e portato a termine dal Valentino, Cesare Borgia, che ancora una volta appare in un film come l’anima nera e braccio armato del papa.
Fabrizio, ferito,si rifugia in un convento dove conosce Lucrezia;la ragazza è stata confinata li per volere di suo padre e di suo fratello, sia per la sua condotta scandalosa sia perchè destinata a diventare sposa di qualche nobile influente nello scacchiere politico.
Tra i due, che dovrebbero in realtà essere nemici giurati, visto l’eccidio che ha sterminato la famiglia Aldovrandi,scoppia l’amore.
Ma tra i due si erge minacciosa la figura del Valentino…
Caratterizzato da un ritmo sonnacchioso, da una sceneggiatura improbabile e da un pizzico (davvero pizzico) di erotismo soft, Lucrezia Borgia l’amante del diavolo è un prodotto per certi versi assimilabile al filone dei film di cappa e spada, ribattezzati ingloriosamente “chiappa e spada”.
In questo il film tradisce clamorosamente le aspettative; non c’è il ritmo necessario e le scene di erotismo sono ridotte al lumicino;il che non è certo un male, alla luce di quello che si vedrà sugli schermi negli anni successivi.
Apprezzabili invece i costumi, le scenografie e la luminosità della fotografia.

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Certo, da sole queste componenti non bastano a nobilitare la pellicola, tuttavia il film stesso non va liquidato e gettato nella spazzatura.
Merito anche sia della Berova di Gianni Garko e di Lou Castel, che offrono professionalità al ruolo interpretato.
Il film è assolutamente introvabile in rete, tuttavia è da poco tempo disponibile in versione dvd.

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Lucrezia Borgia l’amante del diavolo
Un film di Osvaldo Civirani, con Olinka Berova,Lou Castel,Gianni Garko,Dada Gallotti,Franco Ressel .Storico, Italia 1968

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Olinka Berova … Lucrezia Borgia
Lou Castel … Cesare Borgia
Gianni Garko … Fabrizio Aldobrandi
Nina Sandt … Contessa Giulia Farnese
Giancarlo Del Duca … Giovanni Borgia
Dada Gallotti … Bianca
Franco Ressel … Ambasciatore d’Aragona
Giovanni Ivan Scratuglia … Soldato di Fabrizio
Leon Askin … Alessandro VI
Corrado Monteforte … Gasparri
Ernesto Colli … Valletto ambasciatore
Fedele Gentile … Cardinale

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 Regia: Osvaldo Civirani
Sceneggiatura:Osvaldo Civirani,Jofré Durel e Wilhelm Sorger
Produzione:Osvaldo Civirani,Jofré Durel
Musiche:Coriolano Gori
Montaggio:Nella Nannuzzi
Fotografia:Osvaldo Civirani

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Lucrezia Borgia è una figura perseguitata dal proprio mito.
Il mito di una donna bellissima,ma anche amorale,priva di scrupoli,incestuosa e libertina,e,come se non bastasse,avvelenatrice.
Di tutti gli aggettivi sopra esposti l’unico probabilmente rispondente al vero è bellissima.
Perché le cronache del rinascimento la descrivono come una donna molto sensuale,affascinante e dalla grazia innata.
Il resto nasce da leggende spesso prive di fondamento,nate sulla scia della sua appartenenza alla famiglia Borgia.
Lucrezia nasce nel 1480,a Subiaco.
E’ figlia di Rodrigo Borgia,il futuro Alessandro VI e della dama Vannozza Cattanei,che darà a Rodrigo altri tre figli,Giovanni,Goffredo e Cesare,il duca Valentino.
Quello in cui vive,fin da piccola,è un ambiente saturo di immoralità,di beghe politiche e di intrighi.
E lei,che è una donna tipica del rinascimento,assoggettata al potere maschile e in particolare del padre-padrone,vive la sua vita in supina obbedienza alla ragione di stato,quella che Alessandro VI,suo padre,le impone ogni volta che la sua vita arriverà a quello che crede un punto fermo.
Ha solo 13 anni quando viene promessa sposa a Giovanni Sforza,nobile milanese della potente famiglia;Alessandro VI ha bisogno di alleati,e gli Sforza sono una famiglia potente e rispettata.
Dopo poco tempo,le necessità politiche della famiglia cambiarono,e Alessandro VI posò gli occhi su un nuovo partito che avrebbe portato nuove alleanze politiche.
Ma la presenza di Giovanni impediva di coronare i piani dei Borgia,così il papa escogitò un sistema sbrigativo per liberarsi dello Sforza:accusò il povero giovane di non aver adempito al dovere coniugale,e dichiarò nullo il matrimonio.
Pressato anche dalla sua famiglia,Giovanni Sforza accettò l’ingrato ruolo di marito impotente,consolandosi con la ricca dotte di Lucrezia,che gli restò come risarcimento.
Nel frattempo il potere dei Borgia si estendeva,grazie alla politica sicuramente discutibile,ma altrettanto efficace di Alessandro,ben coadiuvato dal figlio Cesare,uomo privo di scrupoli e fedele esecutore degli ordini paterni.
L’odio verso i Borgia montava,trasformandosi anche in maldicenza,che non risparmiava alcun componente della famiglia.
Giovanni era dipinto come un uomo dedito solo a vizi e dolce vita,Goffredo come una nullità;Cesare era temuto e rispettato nello stesso modo in cui era odiato.
Il disprezzo si concentrava naturalmente su Alessandro VI,di cui si conosceva la scandalosa relazione con Giulia Farnese,giovane rampolla della nobiltà romana,e naturalmente su Lucrezia.
Di lei si arrivò a dire,senza probabilmente alcun fondamento,che intrattenesse rapporti incestuosi con suo padre e con Cesare;che possedeva un anello nel quale c’era un potente veleno con il quale uccideva i suoi amanti;che partecipasse a sabba infernali nelle stanze del papa.
Maldicenze,dicerie.
L’odio per i Borgia era fortissimo e fu alimentato soprattutto dagli scritti di Burcardo,biografo ufficiale dei Borgia,che di sicuro inventò di sana pianta alcune storie.
Torniamo a Lucrezia,che,nella pausa dell’annullamento del suo matrimonio,stringe una relazione con il messo di papa Alessandro,Perotto,dal quale avrà un figlio,partorito in gran segreto prima delle seconde nozze con il diciottenne Alfonso d’Aragona,duca di Risceglie.
Il povero Perotto verrà ucciso dallo stesso Cesare,cosa che sconvolgerà Lucrezia.
L’incontro con Alfonso fu determinante per Lucrezia;era un bel giovane,lei era affascinante,e i due si innamorarono.
Dall’unione nacque un figlio,che venne chiamato,in onore del papa,Rodrigo.
Ma le mutevoli condizioni della politica portarono ben presto Alessandro VI a considerare,il matrimonio di Lucrezia,come un peso.
Fu così che ne decise l’eliminazione.
Ma Alfonso,avvertito da Lucrezia,scappa.
Tornerà solo con un salvacondotto papale e con l’assicurazione che non gli sarebbe successo niente.
Un inganno fatale.
Una sera Alfonso viene aggredito da misteriosi pellegrini e ferito gravemente.
Riuscirà a ristabilirsi,ma verrà strangolato nel suo letto dall’anima dannata di Cesare,il sicario Michelotto.
Per Lucrezia è un colpo terribile;per la prima volta si era veramente innamorata,e pensava di aver trovato la felicità lontano dall’atmosfera corrotta di Roma,lontana dalle mire del padre e del fratello.
Decide di ritirarsi in un convento e ci rimane per un po’.
Ancora una volta la ragione di stato ebbe la meglio,e Lucrezia venne richiamata a Roma,promessa sposa di Alfonso d’Este duca di Ferrara.
Un altro matrimonio politico,temuto soprattutto dal duca,sia per la temibile fama che precedeva Lucrezia,sia per la fine burrascosa dei suoi precedenti matrimoni.
Lucrezia arriva a Ferrara,dove ben presto diventa la duchessa di tutti.E’ bella,è intelligente,è amata.
Protegge artisti e poeti,e la sua corte è tra le più raffinate d’Europa;il suo salotto è frequentato dall’Ariosto,dal Bembo.
Una vita finalmente felice,da sposa e madre esemplare;darà ben sei figli al suo duca,quattro dei quali,però,moriranno in tenera età.
Nel frattempo,però la stella dei Borgia si oscura;Giovanni è morto in un misterioso agguato,nel quale probabilmente non è estraneo Cesare.
A Roma,durante un banchetto,Alessandro VI si sente male;dopo ore di atroce agonia,il papa muore.
Anche se,nello stesso banchetto,ci sono altre persone che si sentono male,Alessandro è l’unico a morire;l’intossicazione da cibi guasti sembra aver colpito mortalmente solo lui.
Ecco la descrizione dell’effetto che fece la morte di Alessandro VI,descritta vividamente dal Guicciardini:
Concorse al corpo morto d’Alessandro in San Piero con incredibile allegrezza tutta Roma, non potendo saziarsi gli occhi d’alcuno di vedere spento un serpente che con la sua immoderata ambizione e pestifera perfidia, e con tutti gli esempli di orribile crudeltà di mostruosa libidine e di inaudita avarizia, vendendo senza distinzione le cose sacre e le profane, aveva attossicato tutto il mondo; e nondimeno era stato esaltato, con rarissima e quasi perpetua prosperità, dalla prima gioventú insino all’ultimo dí della vita sua, desiderando sempre cose grandissime e ottenendo piú di quello desiderava.”
La morte di Alessandro sarà seguita da quella del Valentino,ucciso in un agguato in Francia,nel 1507.
Otto anni dopo toccherà a lei,la duchessa di Ferrara,morire in giovane età.
Lucrezia ha 39 anni,e ha otto parti alle spalle;il nono le sarà fatale,perché morirà di setticemia subito dopo.
Anche la piccola nata non vivrà a lungo.
Con Lucrezia si eclissa,in pratica,la meteora dei Borgia.
Una famiglia che ebbe sicuramente un’influenza nefasta in un periodo storico di per se molto movimentato;ma la demonizzazione della loro storia non è giustificata dalla effettiva portata degli eventi che contribuirono a modificare.
Soprattutto la figura di Lucrezia ha avuto,nel corso degli ultimi anni,una rivalutazione in senso positivo:lungi dall’essere la figura quasi demoniaca dipinta dai contemporanei,si è trasformata in una donna vittima di oscure trame di potere,prigioniera di un ruolo mai scelto,ma subito,per quella tacita accettazione di un destino a cui nessuna donna poteva ribellarsi.
Nobile o popolana,la donna era schiava del proprio destino e Lucrezia non faceva eccezione.
Una figura diventata,nel tempo,l’emblema dell’emancipazione.

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novembre 17, 2013 Posted by | Avventura | , | Lascia un commento

Gungala la vergine della giungla

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Un grosso diamante rubato ad una tribù, un avventuriero senza scrupoli, due cercatori d’uranio e una misteriosa ragazza che gira seminuda per la giungla e che porta appeso al collo il misterioso diamante.
Sono questi gli ingredienti di Gungala la vergine della giungla, un film diretto da Romano Ferrara sotto lo pseudonimo di Mike Williams nel 1968 e che appartiene al filone delle jungle girl, le eroine che imitano il Tarzan di Edgar Rice Burroughs.
Un filone che include le varie Tarzana,Sheena ecc.,personaggi che ebbero vita effimera e fama poco più che modesta in film generalmente dal basso costo, come questo Gungala che ebbe il merito di essere il primo a presentare una variante in gonnella del celebre Tarzan.

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Un discorso che non vale per il campo dei fumetti, dove viceversa le eroine della giungla (le jungle girls) ebbero un posto al sole grazie a numerose pubblicazioni che vedevano protagoniste affascinanti ragazze che vivevano nella giungla come il loro eponimo Tarzan in mezzo a mille pericoli, una specie di femministe emancipate discinte pronte a combattere con orde di selvaggi o ad affrontare a mani nude belve e animali della giungla stessa.
Eroine che avevano il nome di Leopard girl, Robin Crusoe o Jane,Liane e Pantera bionda,Zegra e Vooda, belle ed affascinanti nei loro costumi (ridottissimi) ricavati da pelle di fiere, in genere tigri o leopardi.
E la Gungala di Ferrara non fa eccezione a questo look, indossa un ridottissimo due pezzi e si muove come Tarzan agilmente nella giungla correndo di liana in liana, oppure nascondendosi dietro i cespugli per sfuggire al bieco Woolf, l’avventuriero che in compagnia del padre di Gungala ha sottratto il diamante alla tribu dei Bosok, prima di perire in un incidente aereo.

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Ferrara racconta quindi in parallelo le ricerche del trio di improvvisati esploratori, ovvero Woolf,l’ingegner Chandler e la sua fidanzata Fleur e dell’invisibile Gungala, che alla fine della storia in seguito alla morte di Woolf per bocca di una pantera sparirà nella giungla, dando modo a Ruggero Deodato di costruire in fretta e furia un sequel che verrà intitolato Gungala la pantera nuda.
Un film che aldilà dell’ambientazione naturalistica affascinante (peraltro parecchio sospetta) e delle grazie della bella Kitty Swann altro non mostra;l’avventura latita alquanto e i rari momenti di interesse sono legati alla presenza della bella Swann (Kirsten Svanholm), che girò una quindicina di film in 7 anni tra il 1965 e il 1972 per poi sparire nel nulla.
In Italia la Swann è ricordata, poco per la verità, per le partecipazioni a Forza ‘G’ e a Tarzan e la pantera nera e il motivo è comprensibile; oltre la bellezza davvero notevole, la Swann non sembra possedere particolari doti recitative.

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Vero è che nel film di Romano resta in scena per poco più di un quarto di pellicola,che spesso indugia in bellissime sequenze a sfondo naturalistico, che però sono sicuramente di repertorio;Romano riesce a mixare il tutto con abilità dando l’illusione del realismo delle scene stesse, abbellite con le presenza di qualche animale esotico, inclusa l’immancabile scimmietta.
Il film ebbe un discreto successo, legato ovviamente alla presenza in abiti ridottissimi della Swann; siamo nel 1967 e ogni centimetro di epidermide rubato alle implacabili forbici dei censori si tramuta in motivo di interesse per il pubblico.

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Visto che Gungala ogni tanto (molto raramente) mostra il seno oppure si fa l’immancabile bagno nuda come un verme in uno specchio d’acqua, ripresa abbastanza da lontano e velocemente sempre per sfuggire all’ira dei censori, ecco che c’è qualche motivo ulteriore di interesse.
Ma la pellicola resta abbastanza noiosa, sopratutto ad una visione odierna.
Gungala la vergine della giungla è di difficile reperibilità, nonostante sia stato trasmesso, in versione purgata, su reti private nel corso degli anni.Vale una visione solo se veramente appassionati del genere.

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Un film di Romano Ferrara. Con Kitty Swan, Linda Veras, Poldo Bendandi, Conrad Loth, Archie Savage,Valentino Macchi, Alfred Thomas Avventura, durata 94 min. – Italia 1968

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Kitty Swan … Gungala
Linda Veras … Fleur
Poldo Bendandi … Wolf
Conrad Loth … Chandler
Archie Savage … Thao
Antonietta Fiorito … Signora Caroli
Valentino Macchi … Missionario

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Regia: Romano Ferrara
Sceneggiatura: Romano Ferrara,L.A. Rotherman
Produzione: Fortunato Misiano
Musiche:Angelo Francesco Lavagnino
Fotografia:Augusto Tiezzi
Montaggio:Jolanda Benvenuti
Production Design :Pier Vittorio Marchi
Costumi:Walter Patriarca

L’opinione dell’utente Disater man tratta da http://www.filmtv.it
Non ho capito perchè viene definito avventuroso-erotico quando di erotismo ce n’è meno di zero, a meno che la versione che passa in TV sia pesantemente tagliata. Per questo non riesco nemmeno a spiegarmi il bollino rosso fisso con tanto di VM14 iniziale quando viene trasmesso di notte da Italia1. A parte ciò devo dire che il film è abbastanza bello, oggi appare veramente molto datato ma è tuttora affascinante e si lascia seguire senza annoiare mai, peccato solo per il finale un po’ affrettato. Fotografia ottima, anche se a quanto ho capito è stato girato tutto in Italia e per nulla in Africa. Linda Veras bellissima, molto più della Swan.

L’opinione dell’utente Legnani tratta da http://www.davinotti.com
Funziona Poldo Bendandi (protagonista! doppiato da Cigoli!) come truce avventuriero, funzionano (per il ’68) le tettine della Swan (che sta in scena forse 15′). Tutto il resto è pazzesco, pertanto adorabile. Di rara spudoratezza l’uso delle immagini africane di repertorio, intervallate con scene girate sulle rive di un lago laziale costiero (Fogliano?), con nessi causa-effetto esilaranti: disponendo di una scena in cui uno stormo si alza di colpo in volo, si fa sparare (senza motivo) un colpo di fucile da un personaggio. I negri dicono “Buana”..

L’opinione dell’utente IlGobbo tratta da http://www.davinotti.com
Per impadronirsi di un diamante un losco cacciatore accetta di scortare una spedizione scientifica nel cuore del Congo… Tarzanico al femminile, con seguito, che vede protagonista la piuttosto nuda Kitty Swan, una sorta di Megan Gale ante litteram di origine olandese, che mostra le sue grazie e grugnisce comandando varie bestie. Non male anche la Veras, il resto è esotismo da fumetti tipo Vittorioso o Audace, di una noia disumana. Ma agli spettatori del tempo dev’essere parso chissà che… Si intravede Bobby Rhodes giovane e capelluto.

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Maggio 12, 2013 Posted by | Avventura | , | 1 commento

Alla 39a eclisse

Alla 39a eclissi  locandina 6

Matthew Corbeck, archeologo egizio e sua moglie Anne sono in Egitto sulle tracce di una regina di nome Kara, completamente dimenticata dalla storia.
Con l’aiuto dell’assistente Jane, Matthew segue le indicazioni riportate su una roccia che indica la posizione della tomba della regina, mentre Anne è costretta a rimanere al campo in quanto è incinta ed è alle ultime settimane.
Mathhew e Jane aprono la tomba,proprio mentre Anne è presa dalle doglie.Tornati al campo, i due portano la donna con urgenza al Cairo perchè sembra preda di un attacco di catatonismo.
Lasciata la moglie in ospedale, l’archeologo torna alla tomba di Kara; nel momento del loro ingresso nella tomba stessa, Anne da alla luce una bimba, che nasce morta.
Ma ecco che nel momento in cui i due archeologi aprono il sarcofago che avviene un evento miracoloso; la bimba prende a respirare.

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Tornato in ospedale Matthew scopre che la moglie non ha preso affatto bene la sua lontananza al momento del parto; l’archeologo tuttavia non da peso alla cosa e torna alla tomba per curare il trasporto degli oggetti contenuti al suo interno. Al museo del Cairo verrà trattato da eroe e gli verrà regalato uno specchio a forma di Ank (la croce egizia), ma quando andrà a trovare la moglie scoprirà che Anne è andata via portandosi dietro la bimba, che ha battezzato Margaret.
Diciotto anni dopo ritroviamo Matthew sposato con Jane; ha divorziato da sua moglie e sta preparando il compleanno di sua figlia, alla quale intende regalare l’Ank ricevuto tanti anni prima.
A guastare il clima rilassato dei preparativi ci pensa Paul Whittier, assistente del professore che gli comunica che al museo del Cairo hanno gravi problemi con la mummia di Kara, che si sta deteriorando in maniera preoccupante.

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Rientrato al Cairo, dopo una furibonda lite con il direttore del museo, che si oppone con tutte le forze al trasporto della mummia a Londra, Matthew assiste alla terribile morte del direttore stesso, investito da un camion; ormai libero di muoversi, Matthew trasporta la mummia a Londra.Qui incontra finalmente sua figlia Margaret alla quale racconta quel poco che conosce della storia di Kara, la sua grande scoperta di tanti anni prima.
Kara era stata sepolta con poche informazioni scritte sulle pareti della tomba; era una regina crudele e dissoluta, che aveva ucciso sua madre, sedotto suo padre e che infine lo aveva ucciso.
Matthew decide di portare Margaret in Egitto per farle visitare la tomba di Kara; da questo momento gli eventi prendono una strada assolutamente imprevista.
Margaret, nella tomba, assume atteggiamenti al limite dell’incestuoso e Mathhew scopre come sua figlia assomigli in maniera impressionante alla defunta regina.

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Casualmente, i due scoprono con l’aiuto di una guida, che pagherà con la vita un busto di Kara recante al collo uno splendido gioiello e i 4 vasi canopi conteneti le viscere, il cuore e il cervello della regina.
I due decidono di non raccontare del ritrovamento e ritornano in Inghilterra.
Qui Margaret mostra segni preoccupanti di cambiamento.
I suoi atteggiamenti incestuosi verso il padfre aumentano, proprio mentre Mathhew scopre che la costellazione di Orione è nella stessa posizione del periodo in cui visse Kara.
Nel frattempo Anne muore, subito dopo una terribile visione.

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Cosa lega Margaret alla dissoluta regina Kara? Era scritto che suo padre le dovesse regalare l’Ank? Cosa sta accadendo?
Alla trentanovesima eclisse è un film scritto da Chris Bryant, Clive Exton e Allan Scott su un soggetto di Bram Stoker, ed è il primo film diretto da Mike Newell, futuro regista di opere come Quattro matrimoni e un funerale,Monna Lisa smile,Donnie Brasco e Harry Potter e il calice di fuoco.
E’ un film di ottima fattura, con una sceneggiatura pregevole e un andamento sicuro; per gli amanti della storia dell’antico Egitto è uno spettacolo per gli occhi, visto che è stato girato proprio nella terra dei faraoni.
Pu non essendo un horror tradizionale, mescola con eleganza e abilità gli elementi tipici dell’horror al fantastico, con risultati finali sicuramente apprezzabili sia nell’economia totale del film sia nelle varie componenti, come la fotografia e le location.

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Un film che si avvale della grande professionalità di Charlton Heston, ancora una volta alle prese con un ruolo a metà strada tra “l’avventuroso” ,lo storico e il fantastico.
Molto brava è anche Stephanie Zimbalist che interpreta Margaret Corbeck, il personaggio più ambiguo della vicenda, la bambina nata morta e poi misteriosamente tornata in vita, colei che sembra reincarnare lo spirito e il corpo della dissoluta regina Kara, della quale è destinata a seguire tragicamente le orme.
Come avrete letto ho volutamente saltato tutta la parte finale del film; anche se dal ritrovamento dei Corbeck dei vasi canopi la storia sembra diventare facilmente prevedibile (e in realtà lo è davvero) vale la pena seguire le vicende dei personaggi senza spoiler del film, che rovinerebbe un finale ben congegnato e poco politicamente corretto.
E’ proprio il finale la parte meglio realizzata del film, con l’incontro finale tra padre e figlia in una Londra in notturno tetra e silenziosa.
Un gradevole film, quindi, nel cui cast spiccano attori di ottima levatura come Susanna York (Jane, la seconda moglie di Mathhew) e Jill Townsend (Anne).
Per quanto riguarda la sua reperibilità, in rete c’è una pregevole riduzione dal digitale mentre su You tube c’è la versione completa in inglese.
Il film non ha avuto passaggi televisivi frequenti per cui occorre armarsi di pazienza se si spera in una sua proiezione domestica.

Alla trentanovesima eclisse
Un film di Mike Newell. Con Susannah York, Charlton Heston, Jill Towsend,Stephanie Zimbalist Titolo originale The Awakening. Horror, durata 102′ min. – Gran Bretagna 1980.

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Alla 39a eclissi banner personaggi

Charlton Heston: Matthew Corbeck
Susannah York: Jane Turner
Jill Townsend: Anne Corbeck
Stephanie Zimbalist: Margaret Corbeck
Patrick Drury: Paul Whittier
Bruce Myers: Khalid
Nadim Sawalha: El Sadek
Ian McDiarmid: Richter
Ahmed Osman: Yussef
Miriam Margolyes: Kadira
Michael Mellinger: Hamid
Leonard Maguire: John Matthews

Alla 39a eclissi banner cast

Regia Mike Newell
Soggetto Bram Stoker
Sceneggiatura Chris Bryant, Clive Exton, Allan Scott
Fotografia Jack Cardiff
Montaggio Terry Rawlings
Musiche Claude Bolling
Scenografia Michael Stringer, Lionel Couch, Salah Marei

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Soundtrack del film

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Il libro di Stoker da cui è tratto il film

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marzo 2, 2013 Posted by | Avventura, Horror | , , , , | Lascia un commento