La casa sulla collina di paglia
Lo scrittore Paul Martin in cerca di ispirazione per scrivere il suo secondo romanzo si rifugia in una villetta di campagna.
Il giovane è reduce dal grande successo del romanzo d’esordio,che Paul ha dedicato all’amico Simon morto suicida;per aiutarlo nella stesura del romanzo il suo editore gli invia una giovane e attraente stenografa,Linda.
La donna nasconde un segreto: è la vedova di Simon, che in realtà era il vero scrittore del romanzo che ha dato popolarità a Paul.
Inizia così un morboso e perverso gioco da parte della donna, che intende vendicarsi dello scrittore; per far ciò non esita a usare le armi della seduzione, arrivando a spiare anche Paul mentre si intrattiene con la fidanzata Susanne.
Il piano di Linda è semplice;eliminare chiunque ostacoli la sua vendetta e così la ragazza uccide senza rimorsi Susanne, non prima di averla sedotta.
Anche lei però dovrà guardarsi prima da un tentativo di stupro da parte di alcuni cacciatori e infine proprio da Paul nel drammatico duello finale…
La casa sulla collina di paglia (House on strow hill) esce nelle sale nel 1975 con un ottimo riscontro in termini di pubblico; il film è un sexploitation caratterizzato da un’atmosfera malsana e morbosa le cui scene principali non mancano di affascinare quel pubblico che va alla ricerca di emozioni visive forti.
In effetti il film ha delle sequenze abbastanza forti, anche se rigorosamente nei limiti del “lecito”, ovvero senza scivolare nell’hard o nello slasher più crudo.
Il regista James Kenelm Clarke, al suo terzo lavoro cinematografico,non va tanto per il sottile costruendo un film sicuramente molto ruvido visivamente ma con qualche pregio.
E’ abbastanza evidente la fretta che caratterizza la lavorazione del film, visibile in diversi passaggi dello stesso, film che però ha una struttura abbastanza solida dal punto di vista narrativo.
La storia non è certo nuova;siamo di fronte a una specie di rape e revenge al contrario, in cui la vittima diventa protagonista di una vendetta per interposta persona:Linda decide di perseguire l’uomo che ha causato il suicidio del marito vendicandosi crudelmente ( e crudamente) senza curarsi troppo del fatto che due sue vittime in effetti siano completamente innocenti, come per esempio Susanne, la fidanzata di Paul.
La sua è una vendetta cieca, esasperata anche dallo stupro che la ragazza subisce nei campi e che probabilmente manda definitivamente in tilt il suo già precario stato mentale.
Difatti il suo personaggio appare da subito dissociato mentalmente; ha un atteggiamento sprezzante nei confronti dello scrittore salvo poi spiarlo nei momenti di intimità con Suzanne per poi praticare un insoddisfacente e frustrante autoerotismo che il regista con furbizia e mestiere non manca di sottolineare ampiamente.
sarà proprio uno di questi momenti di piaceri solitari a causare lo stupro di cui sarà vittima la donna.
L’elemento sesso è assolutamente preponderante nel film, unito alla cieca violenza di cui sono preda i personaggi della storia.
Che sono tutti negativi, dal primo all’ultimo.
E’ negativo il personaggio di Paul, un uomo che non esita a impossessarsi del romanzo del suo migliore amico pur di diventare famoso, così come è negativo il personaggio di Linda, ossessionata dalla vendetta a tutti i costi tanto da sacrificare in nome di essa anche la vita della sua occasionale amante Susanne.
Lo è Susanne, sfuggente e perversa così come lo sono i violentatori di Linda.
Un microcosmo quindi amorale e perverso, popolato da uomini amorali che vivono in una atmosfera malata.
La violenza è l’altro elemento determinante del film, che esploderà nel brutale finale.
La casa sulla collina di paglia non può certo essere definito un grande film, sopratutto per la mancata caratterizzazione dei personaggi in modo psicologico; le varie gesta dei protagonisti appaiono determinate solo dai peggiori impulsi e mancano di razionalità.
Tuttavia il film ha un suo fascino perverso e un’atmosfera decisamente inquietante, grazie anche alla sua location claustrofobica;peccato per i tagli subiti dalla pellicola stessa che hanno impedito, almeno finora di apprezzare alcuni dettagli probabilmente determinanti nell’economia della pellicola.
Per quanto riguarda il cast, va segnalata la buona performance dell’enigmatico Udo Krier, uno dei volti che più si prestavano nel descrivere personaggi inquietanti, che assolve alla perfezione al suo compito.
Splendida Linda Hayden, che qualcuno ricorderà quindicenne e all’esordio, nel bel film la pelle giovane e nel successivo La pelle di Satana così come brava è Fiona Richmond che lavorerà ancora con Clarke nel successivo Hardcore del 1977.
Distribuito anche con i titoli di Exposè e Trauma, La casa sulla collina di paglia è purtroppo un film quasi invisibile in rete; tuttavia, vista la recente uscita della sua versione digitale, è probabile che a breve risulti disponibile o in streaming o su You tube.
La casa sulla collina di paglia
Un film di James Kenelm Clarke. Con Linda Hayden, Udo Kier, Fiona Richmond Titolo originale The House on Straw Hill. Drammatico, durata 80 min. – USA 1976.
Udo Kier … Paul Martin
Linda Hayden … Linda
Fiona Richmond … Suzanne
Patsy Smart … Mrs. Aston
Karl Howman … Un violentatore
Vic Armstrong … Un violentatore
Regia: James Kenelm Clarke
Sceneggiatura:James Kenelm Clarke
Produzione:Brian Smedley-Aston e Paul Raymond
Musiche: Steve Gray
Fotografia:Dennis C. Lewiston
Montaggio:Jim Connock
L’opinione di Ciavazzaro dal sito http://www.davinotti.com
Buon thriller. Il cast è ottimo: l’ispirato Kier, la bravissima Linda Hayden (il punto forte del film) e la seducente Richmond. Non mancano scene di sangue; il regista riesce a creare una buona tensione e a dare un senso di claustrofobia in molte sequenze, nella piccola casa. Anche il colpo di scena finale, che forse poteva essere evitato, alla fin fine funziona. Da vedere!
L’opinione di Herrkinski dal sito http://www.davinotti.com
Questo thriller inglese si è ritagliato una certa fama “cult” principalmente a causa dell’inclusione nella famigerata lista dei “video nasties”; tuttavia i motivi sono anche da ricercarsi in una trama abbastanza originale e nel clima di morbosità che permea la pellicola. Oltre a scene di sesso abbastanza audaci per l’epoca, il film si segnala per uno stupro alquanto esplicito e per esplosioni di violenza improvvise e brutali. Grande Kier (come sempre) e brava la Hayden; buone alcune intuizioni registiche. Peccato per l’inizio un po’ lento.
L’opinione di John Trent dal sito http://www.davinotti.com
Notevole thriller anglosassone con venature horror. Udo Kier è uno scrittore dal passato oscuro tormentato da incubi e visioni orrende, la Richmond è la sua disinibita amante e la Hayden è una ambigua dattilografa con tendenze lesbiche. Il triangolo potrebbe essere perfetto ma qualcuno comincia a usare il coltello… Alcune scene sono davvero molto spinte (lo stupro agreste, gli amplessi tra Kier e una Richmond che non si risparmia) e per questo è stato pluricensurato. Un po’ irrisolto ma affascinante.
L’opinione del sito http://www.filmhorror.com
(…) Non siamo di fronte a un film dalla storia avvincente, perché se guardiamo alla sceneggiatura e soprattutto al finale (che definire bruttarello sarebbe probabilmente un eufemismo) c’è da rimanere delusi, ma non è questa la chiave di lettura: LA CASA SULLA COLLINA DI PAGLIA ricorda i fumettoni porno sadici di una volta, dove le tavole pepate e al sangue solleticavano la fantasia di chi leggeva, senza troppe pretese di verosimiglianza. Non è importante cosa lo spettatore vede nell’epilogo, ma il modo in cui ci arriva: la violenza e il sesso (etero e lesbo) sono gli ingredienti principali di una vicenda in cui i personaggi sono volutamente squallidi e dove a creare una situazione ostile ci pensano tensione e nervosismo.
Un applauso a Udo Kier, piuttosto convincente nella parte dello scrittore un po’ sciroccato, alla “polposa” Fiona Richmond e alla perversa Linda Hayden; LA CASA SULLA COLLINA DI PAGLIA è ben lontano dall’essere un capolavoro, ma una visione se la merita tutta. Dategli un’occhiata, ma fate attenzione alle varie versioni che girano.
L’opinione di ezio dal sito http://www.filmtv.it
Uno scrittore assume una dattilografa per concludere il suo nuovo libro e sara’ solo sangue e morte con sorpresa finale niente male,il tutto condito con numerose scene erotiche,compresa una di genere lesbo,ma il tutto rigorosamente soft.Per cultori…non e’ male.
L’opinione del sito http://www.horrormovie.it
(…) A parte il fascino puramente 70’s dell’opera, “La casa della collina di paglia”, se epurato da singoli e rari momenti ben costruiti, è in generale un prodotto piuttosto mediocre che presenta una storia molto esile completamente costruita sulla rivelazione finale. La sceneggiatura appare in più punti improbabile, a cominciare dall’incredibile deus ex machina nel finale che dona all’epilogo un tocco quasi ridicolo, oltre che estremamente diluita in situazioni inutili all’economia La casa sulla collina di paglianarrativa (vedi la citata scena dello stupro). Il ritmo, poi, è lento e se non fosse per i picchi erotici inseriti di frequente, si potrebbe tranquillamente parlare di film noioso.
L’unico merito davvero rilevante è la buona costruzione dei due personaggi principali, supportata dalla convincete interpretazione dei due attori, Udo Kier e Linda Hayden. Kier impersona uno scrittore inetto, infido, dalle abitudini maniacali che sfociano quasi nel patologico (indossa guanti di lattice quando fa l’amore), un ideale precursore del Jack Torrance di Nicholson; la Hyden invece è una ragazza attraente che alterna momenti di estrema pudicizia e timidezza ad altri in cui appare quasi una ninfomane, un comportamento schizofrenico che funge da sentore per la sua reale personalità dedita ad un intento di folle e alo stesso tempo lucida vendetta.
“La casa sulla collina di paglia” è un film che va visto solo per completezza riguardo al filone dedicato al sesso e alla violenza tipico degli anni ’70, una pellicola per soli appassionati, per gli altri si può tranquillamente soprassedere.
La tortura delle vergini
Più horror che gotico, questo Mark of the devil (Marchio del diavolo), tradotto malamente e furbescamente in La tortura delle vergini, film uscito nelle sale italiane nel 1970, ma in realtà girato dal regista Michael Armstrong nel 1969.
Film che ebbe i consueti problemi con la censura a causa di qualche blanda scena di sesso (più che altro nudità) e che quindi passò sotto le forbici della censura risultandone al solito mutilato.
Armstrong, qui alla sua penultima fatica come regista (il regista di Bolton era più conosciuto come sceneggiatore) imbastisce una storia truculenta mescolando con indubbia abilità caccia alle streghe e torture, un binomio quasi sempre a buon fine al botteghino per la misura di sesso e violenza che sistematicamente attraeva lo spettatore facendolo spesso sorvolare sulla effettiva qualità del film stesso.
Nel caso di La tortura delle vergini siamo di fronte ad un prodotto tutto sommato dignitoso, con un plot già visto ma con qualche elemento di novità e una buona ambientazione sia come location che come scenografia.
La trama:
-in un villaggio inglese imperversa il giudice Albatro, difensore della moralità e accanito persecutore di presunte streghe.
L’uomo in realtà è un deviato perverso, che sfoga i suoi istinti più brutali in nome della religione e di Dio; ad aiutarlo c’è il cancelliere Albino, un altro pervertito che non ha nulla da invidiare, in materia di crudeltà al suo padrone.
Nel villaggio però arriva il duca di Cumberland, mandato dalla corte per controllare le voci su presunti eccessi di zelo di Albatro.Ad accompagnarlo c’è il giovane Conte Christian von Meruh, che ben presto è costretto ad assistere alla brutalità del duca.
Cumberland aumentà se possibile il terrore sulla popolazione, imprigionando molte donne sotto l’accusa di essere streghe.
Ben presto però la contemporanea presenza di due aguzzini affetti da smisurata brama di potere si trasforma in una lotta intestina tra il giudice Albatro e il Duca Cumberland.
La resa dei conti avviene ben presto e a soccombere è proprio il perfido Albatro; ad assistere non visto all’omicidio è proprio l’assistente del duca, Christian, che nel frattempo si è anche innamorato di una bella popolana, Vanessa.
Quando la ragazza viene catturata e imprigionata, Christian decide di agire e libera la giovane, che da il via ad una sollevazione popolare contro il perfido Duca.
Christian finisce a sua volta nelle prigioni, dalle quali viene liberato proprio da Vanessa e dai popolani che vorrebbero giustiziare il Duca.
Ma a pagare per tutti sarà proprio Christian: il Duca infatti riesce a fuggire e la gente, inferocita, lincia proprio il giovane assistente sotto lo sguardo impotente di Vanessa.
Una sceneggiatura forse tagliata con l’accetta, con la consueta divisione (netta) fra il potere cattivissimo, rappresentato dal Duca e dal Giudice e in subordine dall’assistente del giudice e i buoni, fra i quali il redento Christian, l’unico a pagare con la vita le malefatte di altri, a lui non imputabili.
Armstrong guarda con occhio particolare alla descrizione delle torture da infliggere alla povere vittime, mostrando da subito di essere interessato principalmente (forse unicamente) all’aspetto da grand guignol della storia, senza minimamente impelagarsi in un discorso storico sulla tristissima stagione della caccia alle streghe.
Lo fa con perizia, per cui da questo punto di vista il film regge; il resto del film va visto proprio in quest’ottica, ovvero quella di un gotico che ha l’unico scopo di pestare l’acceleratore sulle scene di violenza.
Il cast si muove egregiamente; molto bravo il solito Udo Kier mentre il perfido e amorale duca è interpretato da Herbert Lom. A suo agio anche la bella ed espressiva Olivera Katarina, da noi poco conosciuta ma che ha continuato a lavorare nel cinema con buona continuità fino a quattro-cinque anni addietro.
Una curiosità: alle prime proiezioni del film venne consegnato, nelle sale, un sacchetto che avrebbe dovuto contenere il vomito degli spettatori!
La tortura delle vergini non è di facilissima reperibilità in rete; tuttavia è uscito in edizione digitale ed è quindi disponibile in dvd.Rarissimi i suoi passaggi televisivi.
La tortura delle vergini
Un film di Michael Armstrong. Con Herbert Lom, Udo Kier,Olivera Katarina, Herbert Fux, Olivera Vugo Titolo originale Mark of the devil. Horror, durata 90 min. – Germania 1969.
Herbert Lom … Lord Cumberland
Udo Kier … Conte Christian von Meruh
Olivera Katarina … Vanessa Benedikt
Reggie Nalder … Albino
Jeff Wilkens – Il boia
Johannes Buzalski … Avvocato
Michael Maien … Barone Daumer
Gaby Fuchs … Deidre von Bergenstein
Ingeborg Schöner …Moglie del nobile
Adrian Hoven … Il nobile
Günter Clemens … Friedrich
Doris von Danwitz … Elisabeth
Regia: Michael Armstrong
Sceneggiatura:Michael Armstrong, Adrian Hoven
Produzione:Adrian Hoven
Musiche:Michael Holm
Fotografia:Ernst W. Kalinke
Montaggio:Siegrun Jäger
Direzione artistica:Max Mellin
Dracula cerca sangue di vergine…e morì di sete
Il conte Dracula ha un problema molto grosso; nel suo paese le vergini sono ormai qualcosa di introvabile, per cui è ormai allo stremo delle forze, necessitando, per vivere, di doversi alimentare proprio di sangue di fanciulle illibate. Su consiglio del suo domestico, Dracula si mette in viaggio per l’Italia, dove pensano di trovare quello che cercano; nel bel paese, infatti, c’è la chiesa cattolica, con la sua influenza moralizzatrice sui costumi delle giovin donzelle.I due, dopo un lunghissimo viaggio, in cui il conte mostra ormai i segni del decadimento fisico, arrivano in un paese, e alloggiano in una locanda.
Silvia Dionisio interpreta Rubinia
Il maggiordomo, con discrezione, si informa sulla presenza di famiglie nobili con figlie da accasare, arrivando cosi a conoscere il Marchese De Fiore, un nobile ormai decaduto, che vive in una villa che conserva ancora qualche traccia dell’antico splendore.
Della famiglia fanno parte, oltre al Marchese che si illude ancora di essere un nobile potente e che vive perso nei suoi sogni, la moglie e le quattro figlie dello stesso, ovvero Perla, Saphiria, Rubinia e Esmeralda.
Le quattro ragazze sono molto diverse tra loro: Perla e Saphiria, per esempio, lungi dall’essere un modello di castità, hanno rapporti entrambe con il factotum della villa, il giovane e aitante Mario.
Esmeralda, la più grande, è una zitella ormai appassita mentre Rubinia, la più giovane, è l’unica ad essere davvero illibata.
Dracula, con le lusinghe, riesce ad entrare nelle grazie del Marchese, proponendo il matrimonio con una delle figlie; ma ben presto il conte, che tenta le armi della seduzione verso Perla e Saphiria, si rende conto che le ragazze non sono quello che sembrano.
Così, dopo aver tentato inutilmente di vampirizzare le due sorelle, rivolge i suoi sguardi su Rubinia; ma Mario, che ha capito che il conte è un vampiro, priva la ragazza della verginità e dopo una breve lotta riesce ad uccidere definitivamente il conte Dracula, che morirà assieme a Esmeralda, la quale era l’unica ad essersi veramente innamorata del conte.
Dracula cerca sangue di vergine…e morì di sete, diretto nel 1974 da Paul Morrissey, in collaborazione con Antonio Margheriti è una curiosa contaminazione di generi, visto che spazia dall’ horror al noir con una componente erotica lussuosa e raffinata. Predomina l’aspetto humor ammantato di macabro, con qualche scena splatter davvero ben girata, legata sopratutto alla verve di Udo Klier, così improbabile e stralunato nei panni del re dei vampiri da riuscire credibile.
Morissey mette in mostra la sua sapiente regia, fatta di tocco noir e umorismo americano, che però risulta gradevole sopratutto nelle caratterizzazioni dei personaggi, aiutato in questo dall’ottimo cast utilizzato.
Vittorio De Sica, alla sua ultima apparizione da attore, da un tocco di spessore al personaggio del Marchese spiantato rivestendolo di una dignità che nella realtà il personaggio non ha, visto che accetta di “vendere”
una delle sue figlie ad un illustre sconosciuto.
Brava anche Maxime McKendry, la Marchesa, che si renderà conto della situazione reale troppo tardi, ovvero solo quando Mario, un altrettanto bravissimo Joe D’Alessandro la metterà di fronte all’evidenza; le quattro sorelle sono tutte molto attente alle loro parti e le colorano e arricchiscono grazie alla loro bravura e bellezza.
Così troviamo una convincente Silvia Dionisio, nel ruolo della virginale Rubinia, che accetterà di perdere la sua purezza pur di non farsi vampirizzare dal conte, una brava Stefania Casini, forse la meno irreprensibile delle sorelle,Saphiria, una splendida Dominique darel nel ruolo di Perla e infine Milena Vukotic, sobria ed elegante nel ruolo della sorella che si innamorerà del conte, Esmeralda.
Il film scivola senza grossi problemi verso un finale macabro, ma assolutamente in linea con la trama, con momenti gustosi di humor macabro e qualche nudo molto apprezzato ma in linea con il film, quindi nè morboso nè sguaiato.
Un film divertente al punto giusto, che ebbe un buon riscontro di pubblico; in ultimo segnalo una breve apparizione nel film di Roman Polanski, nei panni di un contadino avventore della taverna dove si ferma il Conte Dracula.
Vittorio De Sica è Il Marchese De Fiore
Dracula cerca sangue di vergine…e morì di sete, un film di Antonio Margheriti, Paul Morrissey. Con Vittorio De Sica, Joe Dallessandro, Udo Kier, Arno Jverging, Milena Vukotic,Silvia Dionisio, Roman Polanski, Stefania Casini, Dominique Darel
Commedia, durata 100 min. – Italia 1974.
Joe Dallesandro … Mario Balato
Udo Kier … Conte Dracula
Vittorio De Sica … Il Marchese Di Fiore
Maxime McKendry … La Marchesa Di Fiore
Arno Juerging … Anton,il maggiordomo del conte
Milena Vukotic … Esmeralda
Dominique Darel … Saphiria
Stefania Casini … Perla
Silvia Dionisio … Rubinia
Regia Paul Morrissey, in collaborazione con Antonio Margheriti
Soggetto Bram Stoker (romanzo Dracula)
Sceneggiatura Paul Morrissey, Pat Hackett (non accreditato)
Produttore Andy Warhol, Andrew Braunsberg, Jean Yanne
Fotografia Luigi Kuveiller
Montaggio Jed Johnson, Franca Silvi
Effetti speciali Carlo Rambaldi
Musiche Claudio Gizzi
Scenografia Enrico Job
Trucco Mario Di Salvio, Paolo Franceschi
“Dracula, in crisi di astinenza per carenza di sangue in corpi di fanciulle vergini, decide di abbandonare la Transilvania per recarsi in Italia, convinto di trovare (ahilui!) la sostanza necessaria alla sopravvivenza. Ospite del Marchese Di Fiore (Vittorio De Sica) approccia così le sue quattro figlie con la scusa del matrimonio. Molto migliore dell’altro tassello (Il mostro è in tavola…), questo film può contare su un raffinato cast e su una storia ironica (mai comica) diretta con malinconico taglio (grazie al grande Udo Kier). Significativo pure il comunista Dallesandro.”
“Simpatica parodia dell’horror, a cura di uno dei registi di punta della “Wharol’s factory”. Nonostante il ritmo sia piuttosto lento, a tratti il film è quasi irresistibile: non mancano alcune belle trovate che risultano davvero divertenti. Gustose e ben fatte le scene grandguignolesche. Coloratissime le scenografie e la discreta fotografia. Musiche azzeccatissime. Bravo Kier. Un po’ esornativa la presenza, breve, di Vittorio De Sica, qui alle prese con la sua ultima interpretazione.”
“Dracula in Italia a cercar sangue di vergini: seconda incursione camp di Morrissey nell’horror, migliore della prima. La storia più compatta e la miglior padronanza narrativa e tecnica del film sono determinanti (così come il bravo Kier), ma funziona bene anche la complessità di senso del racconto: fa ironicamente capolino infatti un discorso sulla lotta di classe, curiosamente congegnato. E, anche grazie alla struggente musica di Claudio Gizzi, si insinua un sapore romantico e malinconico sulla crescente debilitazione del potente vampiro.”
“Ironico e con un finale inaspettatamente tragico. Un cast da urlo: il bravissimo Udo Kier doppiato da Massimo Turci e un cast femminile impressionante: Casini, Dionisio, Vukotic e la Darel. Divertente il cameo di De Sica (ma ascoltate De Sica doppiarsi nell’edizione americana, c’è da morire dal ridere!!!). Malinconiche e affascinanti le musiche, eccessivi e gustosi gli effettacci nel finale, decadenti le scenografie. Superiore a Frankenstein, a mio avviso.”
“Bizzarro horror Anni Settanta, strettamente legato al precedente (e migliore) Il mostro è in tavola barone Frankenstein (è girato quasi dalla stessa troupe). Rispetto all’altro film c’è meno sangue (qui è concentrato quasi tutto nel finale) e un po’ più di sesso (anche se qui le scene sono un po’ meno spinte). Come nel Mostro è in tavola c’è una buona atmosfera, ma il ritmo è piuttosto lento. Ottimo invece il cast, con uno strordinario Udo Kier e un ottimo Vittorio de Sica alla sua ultima apparizione. Niente male anche le musiche.”
“Divertente parodia dei bisogni fisici del conte Dracula che, oltre ad un cast interessante con le comparsate di Polanski (gustosa) e De Sica (abbastanza inutile), può vantare una regia capace, dialoghi e musiche appropriate. Tra gli attori spicca Udo Kier ottimamente truccato e abile nel rendere i tormenti del protagonista fino alle estreme scene di rigetto: un’interpretazione, non esagero, da premio Oscar. La qualità del film è testimoniata anche dal fatto che sono proprio le scene di sesso le più noiose.”