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Morte a Venezia

Gustav von Aschenbach,cinquantenne compositore di successo,sceglie Venezia per riposare e riprendersi da problemi cardiaci che ne stanno minando la salute.
E’ il 1911,Gustav arriva nella città lagunare con un battello in una brumosa e fredda giornata;è diretto al Lido,al lussuoso Hotel des Bains.
Una volta arrivato,Gustav ha un nuovo attacco di cuore.
Si ristabilisce e partecipa nella hall dell’albergo ad un concerto di musica classica,dove rimane folgorato dalla presenza di un adolescente efebico e bellissimo,Tadso,figlio di una famiglia polacca in vacanza.
Ben presto la morbida e al tempo stesso conturbante bellezza del giovane si trasforma in una autentica ossessione per il maturo compositore;prende a seguirlo, a studiarne il comportamento,le amicizie.


Se da un lato Gustav è attratto irresistibilmente dal giovane,dall’altro è intimamente allontanato dallo stesso da un complesso di sentimenti contrastanti.
Prova anche per lo stesso una forte attrazione sessuale e alla fine,nel tentativo di apparire più giovane,nell’illusione di recuperare la propria giovinezza Gustav si tinge i capelli ed arriva anche a truccarsi.
E’ solo un tentativo patetico;l’uomo non riesce a comunicare con il giovane.Una mattina,in spiaggia,segue con lo sguardo Tadso mentre si immerge nell’acqua;è il suo ultimo sguardo alla vita,pochi istanti dopo si accascia
sulla sedia a sdraio.La morte lo coglie con la tintura dei capelli che cola lentamente sul volto.
Con Morte a Venezia Luchino Visconti scrive la seconda parte della sua trilogia tedesca che comprende anche La caduta degli dei (1969) e Ludwig (1972).
E’ l’opera più malinconica del grandissimo regista lombardo,che riporta sullo schermo il racconto lungo omonimo (o se vogliamo un romanzo breve) dello scrittore tedesco Thomas Mann.
Visconti amava molto le opere di Mann,avrebbe voluto portare sullo schermo un’altra opera dello stesso,La montagna incantata.
Ma subito dopo Ludwig,Gruppo di famiglia in un interno e L’innocente,quando avrebbe finalmente potuto dedicarsi alla riduzione cinematografica di La montagna incantata morì per una trombosi a 70 anni.


In Morte a Venezia Visconti di discosta molto dall’originale di Mann;un’operazione che alcuni critici contesteranno,dimenticando che una trasposizione cinematografica deve essere una personale elaborazione,non una pedissequa trasposizione.Che senso ha riportare sullo schermo un’opera se non ha nulla di chi l’ha rielaborata?
Visconti accentua la componente sessuale già latente nel romanzo,la sublima e la trasforma in un’angoscia esistenziale del protagonista,che vede nel giovane e bellissimo Tadso una raffigurazione quasi ellenistica della bellezza,una sublimazione della bellezza e della perfezione opposta a quello che è evidente in lui stesso,la decadenza fisica,la malattia,la vecchiaia.
In questo il maestro lombardo mostra ancora una volta un tocco di altissima classe,riuscendo a trasferire sullo schermo il tormento di un uomo che assiste al trionfo della giovinezza sulla vecchiaia,della salute e della bellezza sul disfacimento fisico.
Il grottesco tentativo di “ringiovanimento” di Gustav testimonia proprio questo,l’incapacità di ricreare fisicamente quello che è ormai perso.
E Gustav muore in una Venezia dall’aria rarefatta,in una spiaggia che sembra deserta,occupata da Tadso che si allontana nell’acqua avvolto da un sole tiepido mentre lui,lentamente,scivola verso l’oblio,con quella ancor più grottesca tintura che gli bagna il viso,
il dissolvimento dell’artificio con cui aveva voluto fermare l’avanzare dell’età.
Un film dolentemente lirico,malinconico,triste.


La Venezia decadente,con il lusso del grand hotel opposto al colera che serpeggia in città,con la sua bellezza che però sembra appannata,quasi sfiorita immersa com’è in una luce crepuscolare testimonia quasi l’assoluta comunione tra il compositore sfiorito,sfibrato dalla lunga ricerca della bellezza dell’arte nelle sue forme più rappresentative e la bellezza del giovane Tadso,folgorante,una sfida eterna alla vita.
Forse Gustav è attratto da tutto ciò che Tadso incarna:la sua bellezza,la sua gioventù sono il suo rimpianto per quello che non ha più;ma è anche il rimpianto più terreno,più autenticamente carnale.
Non puoi avere ciò che non puoi possedere concretamente.
Così Gustav finirà per struggersi sino a quel dito puntato verso l’orizzonte di Tadso;un’orizzonte che per il giovane è ancora tutto da scoprire…
Visconti usa poche parole;il linguaggio è quasi tutto affidato alle immagini.
Dalla lunga sequenza iniziale a quella struggente che chiude il film,è tutto un ripetersi di immagini simili a centinaia di quadri esposti uno dietro l’altro.


L’interprete principale del film,Dirk Bogarde,trasmette l’immagine della sofferenza interiore dapprima,di quella anche fisica poi.
Il suo volto appare quasi smarrito,preda di un coacervo di sentimenti che il suo volte trasmette splendidamente.
Sotto la direzione di Visconti l’attore londinese fornisce una delle prove più convincenti della sua lunga carriera.
Da segnalare anche il giovane Björn Johan Andrésen (16 anni durante le riprese del film) che lo storico cinematografico Lawrence J. Quirk definì “degno di essere preso in alcune immagini dalla pellicola e appeso nelle sale del Louvre o del Vaticano
L’attore svedese non ebbe praticamente più visibilità dopo questo film,in pratica si può definire una creatura di Visconti nata e finita con lui.
Bene la Mangano,in un piccolo ruolo c’è Carole Andrè,grandissimo Romolo Valli nel ruolo del servile direttore dell’albergo.
Stupenda la colonna sonora,nella quale spicca il IV movimento della Quinta Sinfonia oltre a Per Elisa di Beethoven e La vedova allegra di Franz Lehár.Chi è alla ricerca del film può guardarlo in una bella versione HD in streaming all’indirizzo http://altadefinizione.bid/morte-a-venezia-1971/

Morte a Venezia

Un film di Luchino Visconti. Con Dirk Bogarde, Romolo Valli, Mark Burns, Nora Ricci, Marisa Berenson, Björn Andersen, Carole André, Silvana Mangano, Leslie French, Franco Fabrizi, Marco Tulli, Antonio Appicella, Sergio Garfagnoli,
Ciro Cristofoletti, Luigi Battaglia, Masha Predit, Eva Axen, Marcello Bonini Olas, Bruno Boschetti, Nicoletta Elmi, Mirella Pamphili, Dominique Darel Drammatico, durata 120 min. – Italia 1971

Dirk Bogarde: Gustav von Aschenbach
Romolo Valli: direttore dell’albergo
Mark Burns: Alfred
Nora Ricci: governante
Marisa Berenson: signora von Aschenbach
Carole André: Esmeralda
Björn Andrésen: Tadzio
Silvana Mangano: madre di Tadzio
Leslie French: agente di viaggi
Franco Fabrizi: barbiere
Antonio Apicella: il girovago
Sergio Garfagnoli: Jaschu, giovane polacco
Ciro Cristofoletti: ragazzo dell’hotel
Luigi Battaglia: Scapegrace

Regia Luchino Visconti
Soggetto Thomas Mann
Sceneggiatura Nicola Badalucco e Luchino Visconti
Produttore Luchino Visconti
Produttore esecutivo Mario Gallo
Casa di produzione Warner Bros.
Fotografia Pasquale De Santis
Montaggio Ruggero Mastroianni
Musiche Gustav Mahler, Franz Lehár, Modest Mussorgsky e Ludwig van Beethoven
Scenografia Ferdinando Scarfiotti
Costumi Piero Tosi
Trucco Maria Teresa Corridoni, Gilda De Guilmi, Mario Di Salvio, Mauro Gavazzi, Goffredo Rocchetti e Luciano Vito

Incipit romanzo

Gustav Aschenbach o von Aschenbach, come ufficialmente suonava il suo nome dal giorno del suo cinquantesimo compleanno, in un giorno di primavera dell’anno 19.., quello che per mesi e mesi aveva mostrato al nostro continente una faccia tanto minacciosa,
aveva intrapreso, da solo, una lunga passeggiata partendo da casa sua nella Prinzregenterstrasse di Monaco.
Sovreccitato dal lungo, difficile ed insidioso lavoro del mattino, che lo aveva costretto a procedere con la massima concentrazione, attenzione, prudenza e rigore della volontà, lo scrittore non era riuscito a contenere, nemmeno dopo il pranzo, l’impulso produttivo che gli urgeva dentro, quel motus animi continuus che,
secondo Cicerone, è l’essenza della stessa retorica, né aveva potuto trovare nel sonnellino, che, a compensazione dell’esaurirsi sempre più rapido delle sue forze, gli era ormai così necessario, una volta nell’arco della giornata.

“Io mi ricordo che c’era una clessidra come questa in casa di mio padre… La sabbia scorre attraverso un forellino così sottile che all’inizio sembra che il livello della parte superiore non debba cambiare mai.
Cominciamo ad accorgerci che la sabbia scorre via solo verso la fine. Ma prima di allora ci vuole tanto… che non vale la pena di pensarci. Poi all’ultimo momento, quando non c’è più tempo, ci si accorge che è troppo tardi…
ci si accorge che è troppo tardi per pensarci…”

“Hai raggiunto il perfetto equilibrio. L’uomo e l’artista sono ormai una cosa sola: hanno toccato il fondo insieme.”

“Il genio è un dono di Dio. No, anzi… è una punizione di Dio. È un divampare peccaminoso e morboso di doti naturali.”

“Tu non hai mai posseduto la castità. La castità è un dono della purezza, non il penoso risultato della vecchiaia, e tu sei vecchio, Gustav.
E non c’è al mondo impurità così impura come la vecchiaia.”

L’Hotel Des Bains,Venezia

Un fotogramma tratto dal film…

E il Picnic di Vettriano…

ottobre 17, 2017 Posted by | Drammatico | , , , , , , | 3 commenti

Barry Lyndon

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Barry Lyndon esce nel 1975, quattro anni dopo Arancia meccanica e sette dopo 2001 Odissea nello spazio; Stanley Kubrick, regista del film ha 45 anni ed è ormai diventato una leggenda del cinema, uno dei registi più ammirati e osannati del cinema.
Parlando ancora di date, sono passati 22 anni dall’esordio (folgorante) fatto con Paura e desiderio del 1953: Kubrick ha alle spalle pochi film, in realtà.
Non è mai stato un regista prolifico, perchè i suoi progetti nascono sempre da storie e sceneggiature curate in maniera maniacale,così come i suoi film ed è proprio con Barry Lyndon che la sua ossessione per i dettagli raggiungerà il culmine, con un film che alla sua uscita spiazzerà pubblico e critica sia per il soggetto sia per la realizzazione cinematografica.

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In Barry Lyndon apparentemente non sembra esserci spazio per il Kubrick raggelante di Stranamore, quello violentemente antimilitarista di Orizzonti di gloria, quello quasi mistico e metafisico di 2001 Odissea nello spazio o per quello cinico e impietosamente visionario e anticipatore del mondo violento del futuro (il nostro presente) di Arancia meccanica: c’è un Kubrick diverso, c’è spazio per il regista esteta dal tocco raffinato e inimitabile eppure al tempo stesso c’è spazio per l’uomo cinico e rassegnato all’ineluttabilità del destino umano, che si concretizza nel personaggio di Barry Lyndon, un uomo che tenta di sfuggire al suo destino emergendo in una società classista e rinchiusa dietro le mura della differenza sociale per poi realizzare i suoi sogni e ritrovarsi, impietosamente, al punto di partenza.

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Ancora una volta Kubrick sceglie un soggetto letterario come base di partenza per un suo film come era già accaduto con Rapina a mano armata del 1956 tratto dal romanzo omonimo di Lionel White, con Orizzonti di gloria (1957), dal romanzo omonimo di Humphrey Cobb,con Spartacus (1960), tratto dal omonimo romanzo di Howard Fast, poi con Lolita (1962) ancora una volta dall’omonimo romanzo di Vladimir Vladimirovič Nabokov, con Il dottor Stranamore – Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba (1964) tratto dal romanzo Red alert di Peter George, con 2001 Odissea nello spazio dal romanzo omonimo di Arthur Clarke e con Arancia meccanica (1971) dal romanzo omonimo di Anthony Burges.
Un rapporto, quello tra Kubrick e la letteratura, assolutamente simbiotico e che proseguirà anche nei film successivi del regista.
In Barry Lyndon il regista cerca di mantenersi quanto più fedele allo spirito del libro, senza aggiungervi elementi di novità tali da stravolgerne l’intreccio narrativo,anzi.

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Per cercare di rendere la storia quanto più verosimile e naturale Kubrick sceglie di adottare una nuova tecnica di riprese utilizzando per esempio delle luci non artificiali, inserendo nelle riprese l’utilizzo di lampade ad olio e di candele, in modo da rendere quanto più realistica possibile la storia che in realtà è ambientata nel settecento.
Alla fine il risultato è quello di aver creato un gigantesco affresco in movimento, un quadro quasi dalle sfumature tipiche del realismo, morbido e vellutato nell’immagine e nelle scenografie, un’espressione in definitiva reale e somigliante all’epoca che intende raffigurare, quasi si assistesse ad un documentario moderno sull’Irlanda del tempo narrato.
Centottantaquattro minuti.
Tanto dura l’affresco di Kubrick che per tutta la durata del film utilizza le tecniche più innovative per le fonti luminose dalle lenti più particolari e speciali che vanno dal grandangolo agli zoom più spinti, i costumi più ricercati e le tradizionali inquadrature tipiche del regista studiate nei minimi dettagli per trasmettere il senso di immediatezza dell’opera, un essere presenti ad un fatto del passato quasi ci si fosse immersi all’interno, in piena simbiosi con i protagonisti del racconto.

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Sono minuti di grande cinema e di grande pittura: può sembrare un azzardo, il paragone, ma in realtà è difficile scindere l’opera in movimento, lo scorrere della pellicola dalla straordinaria resa visiva di infiniti fotogrammi che assomigliano a quadri di Turner, di Constable o altri valenti pittori che esplorarono a loro modo la splendida naturalezza degli scenari naturali inglesi, irlandesi e scozzesi.
La trama in breve:
Redmond Barry è un giovane irlandese, di bell’aspetto ma di scarse consistenze economiche.
E’ da sempre innamorato di sua cugina Nora e il giorno che scopre che un capitano dell’esercito ha chiesto la bella giovane in moglie lo sfida a duello.
Credendo di aver ucciso l’uomo, Barry decide di fuggire verso Dublino, ma il destino vuole che venga derubato dei suoi pochi averi motivo per il quale sceglie di arruolarsi nell’esercito inglese che combatte contro i francesi.
Qui affronta alcune avventure, come la morte di un capitano con il quale aveva stretto amicizia e ben presto, stufo della brutalità della guerra stessa sceglie di disertare ma finisce per arruolarsi nell’esercito prussiano.

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Questa seconda esperienza lo porta a farsi onore sul campo di battaglia e il ministro prussiano lo incarica di seguire e spiare uno straniero, un uomo che vive facendo il gambler professionista e che è sospettato di nascondere segretamente la sua vera identità di spia.
Barry, affascinato dall’uomo, finisce per diventarne amico e per seguirlo in giro per l’Europa frequentando la buona società.
In questo mondo esclusivo conosce la bellissima Lady Lyndon, moglie di un aristocratico avanti negli anni e cagionevole di salute.
Alla morte di quest’ultimo Barry corteggia la donna, che ha un figlio e alla fine la sposa; dall’unione nasce Bryan Patrick Lyndon ma Barry ha problemi con il primo figlio della moglie, Bullington, che lo disprezza considerandolo un avventuriero.
Con il passare del tempo Barry scoprirà che l’amore verso sua moglie si è esaurito mentre nel frattempo i contrasti con il figliastro si acuiscono.
Un grave accadimento sconvolgerà la vita di Barry e di sua moglie e ….
La trama del film è complessa ma lineare nel suo svolgimento; Kubrick segue le vicende di Barry, mostrandoci la sua ascesa e infine la sua caduta in un mondo che lo rifugge, a partire dal figliastro che tenterà inutilmente di amare e che invece lo tratterà come uno spregevole arrivista,seguendo la storia d’amore con Lady Lyndon, destinata ad esaurirsi e infine l’amara conclusione della vicenda che esplicita in fondo il teorema di Kubrick sull’ineluttabilità delle cose umane.
Il tutto sottolineato da una musica avvolgente, che ancora una volta è di stampo puramente classico.
Kubrick infatti sceglie, come nei suoi due precedenti lavori ossia 2001 Odissea nello spazio e Arancia meccanica, un tema portante preso direttamente dalla tradizione classica.

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Se in 2001 odissea nello spazio a scandire la meraviglia del viaggio verso il mistero cosmico dell’esistenza c’era stata la stupenda musica di Richard Strauss “Così parlò Zarathustra” accompagnata da “Sul bel Danubio blu” o dai brani di György Liget e di Aram Kachaturian,in Arancia meccanica la colonna sonora aveva contemplato Rossini e il suo Gugliemo Tell oltre alla Gazza ladra e Beethoven con il suo secondo movimento oltre all’Inno alla gioia e alla composizione originale di Wendy Carlos (all’epoca ancora Walter).
Con Barry Lyndon Kubrick passa a Haendel e Bach;del primo utilizza la Sarabanda dalla Suite num. 4 in re minore HWV 437,oi la scelta cade anche su Schubert e su Paisiello, del quale utilizza la cavatina del Barbiere di Siviglia.

Come protagonista principale del film, Kubrick sceglie di affidarsi a Ryan O’Neal per il ruolo di Barry Lyndon; l’attore di Los Angeles era reduce dal grande successo di Paper Moon mentre la parte femminile viene affidata alla splendida modella (allora trentenne) Marisa Berenson che aveva partecipato a due grandi successi negli anni precedenti, Morte a Venezia e Cabaret.
La scelta di Kubrick è fortunata perchè di due attori restituiscono due personaggi perfettamente in simbiosi con il film: sobrio ed elegante O’Neal, intensa e bellissima la Berenson.
Come dicevo all’inizio, il film di Kubrick venne accolto in modo difforme dal pubblico e dalla critica.
L’inaspettata scelta da parte del regista di abbandonare almeno all’apparenza i temi cari della violenza, del sesso,della politica lasciò spaesati sopratutto i critici che almeno inizialmente non considerarono il film come un capolavoro.
Fu in seguito che in molti dovettero ricredersi di fronte alla stupefacente abilità di Kubrick di regalare emozioni grazie al  grandioso quadro d’assieme formato dalle innumerevoli inquadrature studiate una per una e alle avvolgenti atmosfere del film.

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Che finirà per ispirare altre opere importanti con riferimenti al mondo messo in scena da Kubrick a partire da quel I duellanti che sarà l’opera prima folgorante di Ridley Scott.
Barry Lyndon ottenne 6 candidature agli Oscar, ma ancora una volta a Kubrick sfuggì quella per il miglior film e per la miglior regia.
Il film ne vinse quattro di Oscar; quello meritatissimo per la Migliore fotografia a John Alcott,quello per la Migliore scenografia a Ken Adam, Roy Walker e Vernon Dixon, per i Migliori costumi a Ulla-Britt Soderlund e Milena Canonero e infine per la Miglior colonna sonora a Leonard Rosenman.
Purtroppo per Kubrick, Barry Lyndon si trovò di fronte, nella serata degli Academy awards quel Qualcuno volò sul nido del cuculo di Milos Forman che era un capolavoro di eguale portata e così al regista non rimase altro da fare che rimandare l’appuntamento con la statuetta all’uscita del suo capolavoro successivo Shining.
Sappiamo come andò a finire, nel senso che Kubrick non vide mai riconosciuto il suo talento con il massimo riconoscimento hollywoodiano; un dettaglio trascurabile alla luce della quantità di capolavori che riuscì a creare nel corso della sua carriera.
Barry Lyndon è un film di facile reperibilità;tuttavia consiglio a coloro che non l’abbiano visto di procurarsi la versione Blue ray dello stesso per apprezzare fino in fondo le maestose scenografie, la fotografia e tutti i dettagli di questo capolavoro della storia del cinema.

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Barry Lyndon

Un film di Stanley Kubrick. Con Ryan O’Neal, Marisa Berenson, Patrick Magee, Hardy Krüger, Steven Berkoff,Gay Hamilton, Marie Kean, Diana Körner, Pat Roach, Murray Melvin, Frank Middlemass, André Morell, Arthur O’Sullivan, Godfrey Quigley, Leonard Rossiter, Philip Stone, Michael Hordern Drammatico, durata 184 min. – Gran Bretagna 1975

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Ryan O’Neal: Redmond Barry Lyndon
Marisa Berenson: Lady Lyndon
Patrick Magee: Chevalier de Balibari
Hardy Krüger: capitano Potzdorf
Steven Berkoff: Lord Ludd
Gay Hamilton: Nora Brady
Marie Kean: madre di Barry
Diana Körner: Lischen
Murray Melvin: reverendo Samuel Runt
Frank Middlemass: sir Charles Reginald Lyndon
André Morell: Lord Gustavos Adolphus Wendover
Arthur O’Sullivan: capitano Feeny
Godfrey Quigley: capitano Grogan
Leonard Rossiter: capitano John Quin
Philip Stone: Graham
Leon Vitali: Lord Bullington
Billy Boyle: Seamus Feeny
Geoffrey Chater: dottor Broughton
David Morley: Bryan Patrick Lyndon
Roger Booth: re Giorgio III
Pat Roach: Toole

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Giancarlo Giannini: Redmond Barry Lyndon
Melina Martello: Lady Lyndon
Alberto Lionello: Chevalier di Balibari
Renato Cortesi: Lord Ludd, Mick, il principe di Tubingen, John Fakenhan
Alida Cappellini: Nora Brady
Gianna Piaz: madre di Barry
Oreste Lionello: reverendo Samuel Runt
Gianni Bonagura: Charles Lyndon, Graham
Mario Feliciani: Lord Wendover
Corrado Gaipa: Capitano Grogan
Mario Maranzana: capitano John Quin
Rodolfo Traversa: Lord Bullingdon
Carlo Baccarini: dottor Broughton
Luciano Melani: Re Giorgio III
Vittorio Di Prima: Toole
Romolo Valli: narratore
Marcello Tusco: venditore di tessuti
Roberto Bertea: padre di Nora, un ministro di polizia
Marco Guadagno: Lord Bullington da giovane
Vittorio Congia: recluta
Giampiero Albertini: padrino di Barry al duello
Massimo Foschi: Ulik, Re Giorgio III
Pietro Biondi: Frederick
Silvio Spaccesi: capitano Feeney

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Regia Stanley Kubrick
Soggetto William Makepeace Thackeray (romanzo)
Sceneggiatura Stanley Kubrick
Produttore Stanley Kubrick
Produttore esecutivo Jan Harlan, Bernard Williams
Casa di produzione Hawk Films Ltd., Peregrine, Warner Bros.
Distribuzione (Italia) Warner Bros. Italia
Fotografia John Alcott
Montaggio Tony Lawson
Musiche Leonard Rosenman
Tema musicale Sarabande Main Title (National Philharmonic Orchestra)
Scenografia Ken Adam
Costumi Milena Canonero
Trucco Alan Boyle

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Barry Lindon banner citazioni

-Barry era una di quelle persone abbastanza furbe da impadronirsi di una fortuna ma incapaci di conservarla. Infatti, le qualità e le energie che portano un uomo a conquistare una fortuna sono spesso le stesse che lo portano poi a perderla.(Voce narrante)
-Ho tolto il nastro che avevo intorno al collo, e l’ho nascosto sulla mia persona. Se lo trovi, puoi tenerlo. Ti permetto di cercarlo dovunque tu voglia: sarò molto delusa di te se non lo troverai. (Nora Brady)
-I gentiluomini possono parlare dell’era della cavalleria. Ma pensate ai contadini, ai ladri di bestiame, ai furfanti che essi comandavano… È con questi strumenti che i grandi guerrieri e i re hanno fatto il loro feroce lavoro nel mondo. (Barry Lyndon)
-Buonasera, signor Barry, ve la siete fatta la mia signora?”Mi scusi, ma non capisco.”Suvvia, signore, preferisco di gran lunga aver fama di cornuto che di imbecille!- (Sir Charles Reginald Lyndon e Barry Lyndon
-Una donna che ha un debole per le uniformi deve essere preparata a cambiare amante molto alla svelta o la sua sarà una vita molto triste.(voce narrante)
-Furono chiamati i dottori. Ma cosa può fare un dottore contro lo spietato e invincibile nemico. Tutti coloro che lo visitarono dovettero constatare che le condizioni del ragazzo erano disperate. Rimase ancora con i suoi genitori per due giorni e fu ben triste conforto il sapere che non soffriva.- (Voce narrante)
-“Non sono pentito! E non chiedo affatto scusa! E inoltre piuttosto che Dublino vado all’ inferno…”(Barry Lyndon)

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I miei avi e la mia famiglia. Subisco l’influenza dell’amore.
Dai tempi di Adamo, in questo mondo, non è stato commesso un danno senza che alla mia origine non ci fosse una donna. Sin dalle origini della nostra famiglia (in tempi che dovevano essere molto vicini a quelli di Adamo, tanto nobili, antichi, illustri sono i Barry, come ognuno sa), le donne hanno avuto una parte estremamente importante nei destini della stirpe. Penso che non ci sia persona in Europa che non abbia sentito parlare dei Barryogue, del regno di Irlanda: un più famoso nome si potrà trovare in Gwillim o D’Hozier; e, sebbene da uomo di mondo io abbia imparato a disprezzare con tutta l’anima le rivendicazioni di molti pretendenti ad un casato illustre, che non hanno genealogia più antica del servo che mi lucida le scarpe, e sebbene derida sprezzantemente le vanterie di molti miei compatrioti che si vorrebbero tutti discendenti dai re d’Irlanda, e che parlano di un loro fondo a stento sufficiente a nutrire un maiale, come se si trattasse di un principato, tuttavia l’amore della verità mi impone di affermare che la mia famiglia era la più nobile dell’isola, e, forse, di tutto il mondo; e che i suoi possedimenti, ora insignificanti, perduti in seguito alla guerra, al tradimento, all’andar degli anni, alla stravaganza dei miei maggiori, alla nostra fedeltà all’antica fede degli avi e al sovrano, erano anticamente di vastità inimmaginabile, e comprendevano molte contee, in un tempo in cui l’Irlanda era molto più ricca di ora.

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L’opinione di Adriano De Carlo dal sito http://www.mymovies.it

Barry è un giovane di bell’aspetto ma dalle origini modeste. Rifiutato dalla donna che ama, intraprende la carriera militare dopo un duello con l’avversario in amore. Stanco della vita militare, con un espediente entra nell’esercito prussiano, divenendo il beniamino del capitano Potzdorf. Ma anche questa volta la fortuna gli volta le spalle e, costretto a fuggire, diventa il compare di un raffinato avventuriero. Con la spada e la pistola si fa largo nella bella società. Ormai è un uomo appagato. Gli manca solo il blasone. Sposando la contessa di Lyndon e assumendone il cognome colma la lacuna. Ma sarà un matrimonio infelice. Il figlio della contessa, nato da un altro matrimonio, lo odia e per molti anni progetterà una vendetta, che si compirà quando affronterà il patrigno in duello. Barry Lyndon perderà una gamba e i suoi averi. Un malinconico esilio segna il suo definitivo destino. Tratto dal noto romanzo settecentesco di William Makepeace Thackeray, Barry Lyndon si può definire un film anomalo nella produzione del grande Stanley Kubrik. Film di difficile collocazione e che ha spaventato la critica al suo apparire a causa della mancanza di una chiave di lettura che conducesse alle origini del progetto. Il misterioso Kubrik non ha mai chiarito le sue intenzioni. Ma ciò non impedisce di giudicare il film una splendida anomalia. Usando una tecnica d’illuminazione naturalistica, tutta a base di candele, che il grande direttore della fotografia John Alcott realizza genialmente, il film è immerso in una atmosfera che restituisce il clima del tempo. Kubrik si è avvalso di lenti speciali, fornite dalla Carl Zeiss e adattate da Ed Di Giulio. Un film freddo e crudele. Ironico e mastodontico. Solenne e malinconico. La bella voce narrante di Romolo Valli accompagna il racconto con tono suadente e beffardo. Altro contributo memorabile al film sono le musiche assemblate da Leonard Rosenmann. Fra tutte spicca il trio per piano in mi bemolle di Schubert. Gli interpreti sono usati da Kubrik come pedine di un’invisibile scacchiera, che egli percorre seguendo un imperscrutabile disegno metafisico. Le leggi cosmiche e l’ineluttabilità del destino avvicinano Barry Lyndon a2001, Odissea nello spazio. L’astronauta affronta i misteri del cosmo e ne è vittima, così come Lyndon entra in un mondo che non gli appartiene, subendone la consueta glacialità. Il film ha ricevuto quattro Oscar: per i costumi, la fotografia, la scenografia e la musica.

L’opinione di TheWarOfEcho dal sito http://www.filmtv.it

Trasposizione del romanzo di Thackeray, il film racconta la parabola di Redmond Barry che, da un piccolo villaggio, diventerà un nobiluomo e successivamente dovrà scontare le conseguenze delle sue malefatte. Kubrick gira forse la sua opera visivamente più imponente in cui spiccano ovviamente le maestose scenografie, che (sia quelle interne che quelle esterne) sono ispirate a quadri esistenti e che il regista riprende con campi molto lunghi perché ce ne faccia ammirare la magnificenza, e le luci utilizzate, che vengono soltanto da candele e fonti naturali. Definito uno dei film meno “impegnati” nel sociale, possiede in realtà spunti riflessivi sull’arrivismo umano e sulle follie che possono essere realizzate quando si ottiene il potere. Quattro meritatissimi premi Oscar per quello che può essere considerato il miglior film in costume della storia del cinema.

L’opinione del sito http://www.cinefilos.it

(…) Al di là dei meriti tecnici, Barry Lyndon è un film che propone varie tematiche, alcune anche molto attuali. Quella di Redmond è una storia asimmetrica racchiusa in una lunga parabola che gli farà conoscere grandi fortune in mezzo ad un inizio ed una fine tragica. L’arrivismo sociale del protagonista e dell’anziana madre sono debolezze comuni e molto diffuse anche nella società moderna; nel film l’inesorabile quanto rapida scalata sociale del giovane ed innocente ragazzo di campagna cammina a braccetto con il suo imbruttimento morale, con la sua degenerazione spirituale. Kubrick rimase convinto sempre della scelta di O’Neal nel ruolo del protagonista certo delle sue qualità, poco espresse nei suoi film precedenti (Love Story per citarne uno); noi troviamo l’interpretazione di Ryan alquanto piatta e monocorde, non particolarmente espressiva. Nonostante questo e nonostante i suoi difetti e le sue mancanze, lo spettatore, in genere, si affeziona al personaggio di Redmond forse perchè lo trova tanto umano, sia nel bene che nel male. Barry Lyndon, film che non trovò un immediato riscontro di critica e pubblico, è un film non facile, un film da osservare oltre che guardare ed ascoltare, ammirare prima che interpretare, e forse solo dopo essere entrati nel mondo tanto perfettamente ricreato dal maestro, si potrà instaurare quel rapporto di intimità con i personaggi che vi farà apprezzare il tutto nella sua magnifica completezza.(…)
Opinioni tratte dal sito http://www.davinotti.com

Daniela

Capolavoro di inarrivabile bellezza formale, opera d’arte in movimento in cui Kubrick riesce a comporre alla perfezione ogni elemento – fotografia (sublimi le riprese al lume di candela), musica d’epoca, costumi, scene. Funzionale la recitazione raggelata degli attori, figure di un tempo lontano: “I protagonisti di questa vicenda vissero le loro storie sotto il regno di re Giorgio III; buoni o cattivi, di bell’aspetto o no, ricchi o poveri, ora sono tutti uguali”. Uno dei film che amo di più, piacere che si rinnova ad ogni visione: stupendo.

Caesars

Un altro grandissimo film di Kubrick, che omaggia questa volta il genere storico. A rendere eccezionale questa pellicola concorre una fotografia a dir poco stupenda (ogni singolo fotogramma pare un quadro) di John Alcott, ma i meriti non si fermano certo lì: la ricostruzione storica di Kubrick è perfetta e la sua cura per ogni più piccolo particolare si fa apprezzare. Il film è lungo e con un ritmo decisamente lento, e per questi motivi può non essere apprezzato da tutti. Bellissimo.

Cotola

Capolavoro assoluto “in costume” di Stanley Kubrick che dirige una delle sue pellicole più belle. Attraverso la storia del protagonista, il regista affronta i soliti temi del suo cinema e lo fa con grande maestria e con tecnica sopraffina. Tutto è perfetto, compresa una confezione a dir poco scintillante. Semplicemente prodigiosa e stupefacente la fotografia per la quale sono stati creati appositi obiettivi. Meravigliosa anche la fusione tra immagini e musica, che è del tutto riuscita. Gioia per occhi e orecchie, da vedere e rivedere.

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Documento inestimabile, è una visione profonda e realistica del Secolo dei Lumi secondo le intenzioni evidenti del regista. A tratti quindi risulta amorale, prolisso, sfarzoso ma anche commovente, geniale, penetrante. Per tutti valgano i commenti entusiastici di Federico Zeri, che arrivò ad asserire che nessuno prima di Kubrick avesse così grandemente compreso l’arte di Gainsborough e come le scelte musicali siano assolutamente ineccepibili. Unico e, per molti versi, irripetibile.

B.Legnani

Formidabile pellicola di Kubrick, che prende il romanzo di Thackeray, vi impianta modifiche comunque armoniose e sforna un’opera indimenticabile, della quale è impossibile scrivere qualcosa di non già detto. Diciamo allora che è stata eccezionale, come sovente accaduto con Kubrick, la scelta delle musiche, al punto che l’esecuzione filmica della “Sarabanda” di Händel viene oggi ritenuta quella “autentica” e che il suo utilizzo nelle cerimonie funerarie ha avuto, dall’uscita del film fino ad oggi, un’incredibile diffusione. Capolavoro.

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Sarabanda dalla Suite n. 4 in re minore, HWV 437 (Georg Friedrich Händel) (versione per i titoli di testa) National Philharmonic Orchestra
Women of Ireland (Seán Ó Riada) The Chieftains
Piper’s Maggot Jig (Paddy Moloney e Sean Potts) The Chieftains
The Sea-Maiden (Paddy Moloney e Sean Potts) The Chieftains
Tin Whistles (Seán Ó Riada) Paddy Moloney And Sean Potts
British Grenadiers (tradizionale) Fifes And Drums
Hohenfriedberger March (Federico II di Prussia)
Lilliburlero (tradizionale) Fifes And Drums
Women Of Ireland (Seán Ó Riada) Derek Bell
Marcia da Idomeneo, re di Creta, opera, KV 366 (Wolfgang Amadeus Mozart)
Sarabanda dalla Suite n. 4 in re minore, HWV 437 (Georg Friedrich Händel) (versione per il duello) National Philharmonic Orchestra
Lilliburlero (tradizionale) arrangiata e diretta da Leslie Pearson
Danza tedesca n. 1 in do maggiore (Franz Schubert) National Philharmonic Orchestra
Sarabanda dalla Suite n. 4 in re minore, HWV 437 (Georg Friedrich Händel) (versione per il duello) National Philharmonic Orchestra
Cavatina dal Barbiere di Siviglia (Giovanni Paisiello) National Philharmonic Orchestra
Terzo movimento dal Concerto in mi minore (trascrizione della Sonata per violoncello RV 40) (Antonio Vivaldi) Pierre Fournier, Festival Strings Lucerne diretti da Rudolf Baumgartner
Concerto in do minore per due clavicembali, BWV 1060 (Johann Sebastian Bach) Karl Richter, Hedwig Bilgram, Münchener Bach-Orchester
Andante con moto dal Trio in mi bemolle maggiore n. 2 op. 100, D 929 (Franz Schubert) Ralph Holmes, Moray Welsh, Anthony Goldstone
Sarabanda Suite n. 4 in re minore, HWV 437 (Georg Friedrich Händel) (versione per i titoli di coda) National Philharmonic Orchestra

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gennaio 4, 2015 Posted by | Capolavori | , , | 2 commenti

Casanova e Co.

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Inseguito dalle autorità veneziane, Giacomo Casanova si nasconde dove può; casualmente si imbatte in Giacomino, in tutto e per tutto identico a lui.

Giacomino è un piccolo truffatore, che vive di espedienti, Casanova, che ha dei piccoli problemi di natura sessuale, decide di assoldare Giacomino per rinverdire la sua fama; nel frattempo in città arriva un califfo arabo, con tanto di harem e di moglie naturalmente bellissima. Ed è quest’ultima a insistere per passare una notte d’amore con il leggendario amante. Nel frattempo Giacomino si da un bel daffare con donne sposate, servette e nobildonne, saltando da un letto all’altro. Non sfugge al fascino erotico del neo seduttore nemmeno la moglie del prefetto, incaricato di arrestarlo, ne la Contessa Trivulzi, donna all’apparenza virtuosa e timida.

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Tentativo mal riuscito di coniugare umorismo, cast e una vena nemmeno tanto leggera di erotismo, Casanova e Co, diretto dalla coppia Franz Artel e Francois Legrand si segnala solo per il cast stellare, in cui compaiono un inedito Tony Curtis, Marisa Berenson, Marisa Mell,Britt Ekland, Andrea Ferreol, Sylva Koscina, Umberto Orsini, oltre che per i costumi davvero magnifici e per la solita, suggestiva cornice veneziana.

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A parte la scena dello strip poker ( in realtà il gioco è un altro), in cui alla fine tutte le dame restano nude, ed è un gran bel vedere, il film risente degli impacci di Curtis, molto a disagio tra tante nudità, e di una trama degna di un b-movies italiano degli anni settanta, i famigerati decamerotici, che avevano il pregio di costare sicuramente meno e di essere meno sfarzosi.

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La produzione non economizzò su nulla, chiamando a comporre la colonna sonora Riz Ortolani; ma nonostante il cast, le musiche,le scenografie, il film, uscito nel 1977, fu un fiasco clamoroso.

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Un film di François Legrand. Con Tony Curtis, Hugh Griffith, Sylva Koscina, Britt Ekland.Marisa Mell, Marisa Berenson, Marisa Mantovani, Umberto Raho, Umberto Orsini, Jacques Herlin, Victor Spinetti, Carla Romanelli, Werner Pochat, Katia Christine, Mauro Vestri, Jenny Arasse, Gérard Jugnot, Olivia Pascal

Commedia, durata 88 min. – Austria, Italia, Francia, Germania 1979.

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Casanova e co banner personaggi

Tony Curtis … Giacomo Casanova
Marisa Berenson …La moglie del Califfo
Marisa Mell … La Duchessa di Cornaro
Jean Lefebvre …Il sergente
Andréa Ferréol …La signora Baker
Sylva Koscina …La moglie del prefetto
Victor Spinetti …Il prefetto
Umberto Orsini … Il Conte Tiretta
Jenny Arasse … Cecilia
Jacques Herlin … Senatore Dell’Acqua
Jeannie Bell … Fatme
Lillian Müller … Beata
Olivia Pascal … Angela
Hugh Griffith … Il Califfo
Britt Ekland … Contessa Trivulzi

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Regia: Franz Antel
Sceneggiatura:Tom Priman, Joshua Sinclair
Produzione: Franz Antel ,Carl Szokoll
Musica: Riz Ortolani
Fotografia:Hanns Matula
Montaggio:Michel Lewin

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febbraio 20, 2009 Posted by | Erotico | , , , , , | 2 commenti