La signora ha dormito nuda con il suo assassino
Roy Schroder è un quarantenne dipendente in tutto dalla ricca moglie Elisabeth;la donna,conscia del suo
potere su di lui,lo tiranneggia a tal punto che Roy medita,con l’aiuto dell’amante Jane,di sbarazzarsi dell’ingombrante consorte e convolare a nuova vita con Jane.
Pe poter attuare il loro piano ed ereditare le sostanze di Elisabeth però i due devono compiere un delitto perfetto facendo passare la morte della donna per un suicidio.
Tutto viene preparato con meticolosità ma al momento dimettere in pratica il diabolico piano ecco il colpo di scena: due balordi rapinano Elisabeth,la colpiscono con violenza e subito dopo ne portano via il corpo.
Sgomenti,i due amanti si rendono conto che la mancanza del corpo può diventare un boomerang, generando sospetti negli inquirenti.
Roy tuttavia è convinto che la moglie sia ormai morta,così decide di mettere in opera il piano che aveva elaborato all’insaputa di Jane;uccide così l’amante per non dividere la cospicua eredità di Elisabeth.
Ma la moglie non è affatto morta;a conoscenza del piano diabolico dei due amanti,Elisabet aveva preparato delle contromosse
Davanti all’esterrefatto Roy,Elisabeth lo ricatta dicendogli che da quel momento in poi l’uomo si trasformerà nel più perfetto dei mariti,pena la denuncia del suo piano omicida.
Per Roy l’incubo continua…
La signora ha dormito nuda con il suo assassino è un thriller teutonico diretto dal regista berlinese Wolfgang Becker nel 1970,
completamente sconosciuto in Italia,autore in carriera di una cinquantina di opere,molte delle quali girate dopo questo film
per la tv tedesca.
Un thriller tradizionale,con colpi di scena e dal finale in stile delitto e castigo.
La novità questa volta è nella vendetta della moglie tradita,che decide di ono denunciare il marito fedifrago ma di legarlo a
se a doppio filo,costringendolo ad una vita coniugale peggiore della galera a cui sarebbe stato destinato l’uomo.
A leggere la trama sembrerebbe un film avvincente e ricco di colpi di scena;purtroppo non è così e la sceneggiatura
mostra ben presto limiti e incongruità,con l’aggravante dell’andamento narcolettico della pellicola,diretta con poco nerbo e molta approssimazione da Becker. A ciò va aggiunta anche la palese incapacità degli attori,un cast di carneadi in cui l’unica presenza professionale è costituita
dall’attrice francese Veronique Vendell,che in Italia aveva conosciuto una certa notorietà con Vedo nudo,Per grazia ricevuta e Il commissario Pepe.
Ich schlafe mit meinem Mörder,titolo originale del film in realtà,tradotto,significa “Ho dormito con il mio assassino“;
la distribuzione italiana,come si usava spesso all’epoca dell’uscita del film aggiunse un ammiccante “nuda”,che doveva richiamare
in sala qualche spettatore in più.
Non andò così e il film non solo non ebbe successo,ma finì per essere consegnato all’oblio.
Ancora oggi risulta tra i più difficili da reperire.
Anonima la regia,la sceneggiatura e la fotografia.
Un film senza nessuna attrattiva particolare
La signora ha dormito nuda con il suo assassino
Un film di Wolfgang Becker. Con Peter Capell, Véronique Vendell, Harald Leipnitz Titolo originale Ich schlafe mit meinem Mörder.
Giallo, durata 93 min. – Germania 1971.
Harald Leipnitz … Joy
Ruth-Maria Kubitschek … Elisabeth
Véronique Vendell Jane
Friedrich Joloff… Inspettore
Peter Capell … Vanetti
Wolf Harnisch … Burckhardt
Regia: Wolfgang Becker
Sceneggiatura: Willibald Eser, Werner P. Zibaso
Produzione: Wolf C. Hartwig,Ludwig Spitaler
Musiche: Martin Böttcher
Montaggio: Jan Catell
Per grazia ricevuta
Per grazia ricevuta è il secondo film diretto da Nino Manfredi,che nel corso della sua carriera cinematografica di regista girò 3 film, L’amore difficile, episodio L’avventura di un soldato ne1962,Per grazia ricevuta nel 1971 e infine il poco compreso ma affascinante Nudo di donna nel 1981.Un film bello e denso di significati,probabilmente autobiografico (anche se Manfredi non ha mai confermato la cosa) che sbancò i botteghini, divenendo nella stagione 1971 il film più visto in Italia davanti a kolossal americani come Piccolo grande uomo,Borsalino e Soldato blu e sopratutto davanti a film di enorme successo girati in Italia come Lo chiamavano Trinità e Anonimo veneziano.
Una prova da regista autorevole e di prim’ordine, che dimostra come Manfredi fosse a suo agio dietro la macchina da presa,molto più dei suoi colleghi “moschettieri” Sordi e Tognazzi,che tentarono anch’essi la via della regia,con esiti decisamente inferiori come qualità.E’ un Manfredi ispirato e a tratti lirico quello che propone questo film tutto incentrato sulla religiosità,in un periodo storico in cui l’influenza della chiesa sulla società era fortissimo e condizionante;la cosa più importante è l’equilibrio che l’attore ciociaro riesce a mantenere nel percorso del film, evitando l’anticlericalismo di facciata e sopratutto evitando di cadere nella polemica sterile e fine a se stessa.
La storia di Benedetto Parisi anzi diventa un’iperbole sui danni che una educazione religiosa troppo soffocante e punitiva possono avere sull’individuo,arrivando alla fine a condizionarne pesantemente la vita e cambiandone in modo determinante il percorso della stessa.Con la collaborazione di Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi, Luigi Magni con il quale Nino Manfredi girerà altri tre film a soggetto legato alla religiosità (memorabile In nome del Papa Re),Manfredi da corpo ad un soggetto elaborato eppure schematicamente semplice.L’idea di fondo è mostrare nella sua interezza,senza però prendere una posizione aperta,quello che un’educazione religiosa troppo opprimente e punitrice può combinare sia nella psiche di un individuo sia nel suo percorso di vita. A ben vedere Benedetto,il protagonista del film,è un’immagine riflessa dello stesso Manfredi,che da piccolo ebbe la tubercolosi e che guarì in modo sorprendente,lasciando nello stesso Manfredi il dubbio che lo accompagnerà tutta la vita su un effettivo miracolo intervenuto nella sua guarigione.
Un uomo è ricoverato in condizioni disperate in un piccolo ospedale di provincia. Ha tentato di uccidersi e un chirurgo accorre affannosamente per operarlo. In sala d’attesa,in preda a opposti stati d’animo c’è la sua compagna Giovanna,incinta e comprensibilmente tesa e la mamma di quest’ultima,che poco cristianamente vorrebbe che l’uomo morisse in modo da dare la figlia in sposa ad un avvocato.
Un salto indietro nel racconto,Benedetto è un orfano allevato dalla zia, in attesa di ricevere la prima comunione. E’ un ragazzo spigliato,come i suoi coetanei,che però vive una condizione particolare, ospite di sua zia che vorrebbe liberarsene e che gli condiziona pesantemente la vita con la sua religiosità confusa e contraddittoria.Un giorno il ragazzo,nascosto in un armadio, assiste ad un convegno amoroso della zia,che,scoperta,spaccia l’amante per Sant’Eusebio.
Dopo aver visto sua zia farsi il bagno nuda ed essere scoperto dalla stessa,Benedetto,preso dai sensi di colpa rifiuta di confessarsi e il giorno dopo, durante la prima comunione, il ragazzo fugge dalla chiesa e nel farlo precipita da una rupe.Si salva miracolosamente e da quel momento la sua vita è segnata.Portato in processione dalla folla festante, Benedetto viene affidato dalla scaltra zia che non desidera altro che di liberarsi di lui a dei francescani,dai quali Benedetto viene preso in custodia ed educato.
Diventa il beniamino dei fraticelli, da questi trattato con simpatia e affetto,sopratutto dal priore,che capisce come Benedetto non sia pronto alla vita religiosa.Sarà l’incontro con una maestrina,alla quale succhia dalla caviglia il veleno di una vipera, a scatenare nel giovane i primi irresistibili impulsi sessuali.Si allontana dal convento, dietro l’affettuoso consiglio del priore e da quel momento diventa un venditore ambulante di biancheria intima.Adesso è libero e potrebbe sperimentare le prime esperienze sessuali, ma ancora una volta i condizionamenti religiosi lo frenano,impedendogli così di vivere la sua naturale sessualità.Sarà l’incontro con un farmacista ateo e libertino a liberare Benedetto dal suo passato e dai suoi scrupoli;infatti il giovane si innamorerà della figlia del farmacista stesso,Giovanna,con la quale vivrà il primo rapporto d’amore.Ma i condizionamenti continueranno a farsi sentire subdolamente e….
Con senso della misura,usando una garbata ironia che mai supera la soglia della presa in giro benevola, Manfredi affronta lo spinoso argomento della religiosità senza mostrare di propendere per nessuna tesi. I miracoli del film,così come il finale aperto sono lasciati all’interpretazione dello spettatore, che può scegliere da che parte schierarsi.Ovviamente il grande attore ciociaro in qualche punto fa affiorare il suo garbato sarcasmo; il Benedetto che canta a squarciagola “Me pizzica me mozzicà” all’interno del convento non è propriamente politicamente corretto così come qua e la indizi sul suo modo di pensare e di vivere la religiosità fanno capolino (le scene con Benedetto piccolo che spia la zia,il presunto Sant’Eusebio ecc) ma restano garbatamente sullo sfondo.
E’ un Manfredi molto lontano dallo spirito popolare e popolano che ne avevano decretato il successo fino ad allora;l’attore un po’ caciarone e di stile romanesco lascia spazio ad un attore che mostra di avere il talento drammatico e “serio” nelle sue corde,come del resto dimostrerà nella sua lunghissima e felice stagione attoriale,con prove maiuscole come quelle fornite in In nome del Papa Re,Pane e cioccolata,Brutti sporchi e cattivi,film che esalteranno il suo talento spontaneo,la sua capacità di passare indifferentemente dai ruoli di attore comico a quello drammatico,dalle prove teatrali a quelle del musical (Rugantino) passando per la canzone popolare nel modo più autentico, come la sua personalissima interpretazione del grande successo di Petrolini Tanto pè cantà.
Un vero peccato che Manfredi in seguito abbia girato come regista il solo notevole Nudo di donna;il suo talento come regista era naturale,mostrava una predisposizione innata alla macchina da presa,ai tempi e ai ritmi del film,una capacità assolutamente straordinaria del dono della sintesi.
E’ la Ciociaria la protagonista secondaria del film;terra generosa,ubertosa e ricca di colore;Manfredi,ciociaro doc,inserisce Fontana Liri e le cascate di monte Gelato a Mazzano Romano tra i suggestivi luoghi nei quali gira il film;bella la fotografia e sopratutto ben assortito il cast nel quale figurano la bella e fresca Delia Boccardo (Giovanna) e Mariangela Melato,la maestrina che provocherà i primi turbamenti,Lionel Stander, ovvero Oreste il farmacista,che tanta importanza avrà per l’evolversi del personaggio benedetto e Mario Scaccia,il priore affettuosamente legato al giovane che capirà come la sua fede sia affatto ferma,portandolo fuori dagli angusti confini del convento.Bravi anche Paola Borbone e Tano Cimarosa,Veronique Vendell e Fiammetta Baralla,comprimari tutti ben oltre la soglia della sufficienza.Davvero un film di ottima fattura,nel quale superstizione ed elementi folkloristici della religione ben si sposano con la religiosità più intima,quella più autenticamente spirituale alla quale tutti aspirano alla ricerca di risposte spesso disattese proprio dalla natura stessa della religione,di fatto qualcosa di assolutamente intangibile e strettamente personale.
Il film ha avuto nel corso degli anni numerosi passaggi televisivi;è disponibile su You tube all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=DBjm4n_iR_g in una versione purtroppo non ben visibile. In streaming (versione decisamente migliore) è disponibile all’indirizzo http://www.nowvideo.li/video/27426b066492b
Per grazia ricevuta
Un film di Nino Manfredi. Con Nino Manfredi, Mario Scaccia, Lionel Stander, Mariangela Melato, Paola Borboni, Delia Boccardo, Véronique Vendell, Gianni Rizzo, Fausto Tozzi, Fiammetta Baralla, Enzo Cannavale, Tano Cimarosa, Gastone Pescucci, Ugo Adinolfi, Antonella Patti Commedia, durata 122 min. – Italia 1971
Nino Manfredi: Benedetto Parisi
Lionel Stander: Oreste Micheli
Delia Boccardo: Giovanna Visciani
Paola Borboni: Immacolata
Mario Scaccia: il priore
Fausto Tozzi: il professore
Mariangela Melato: la maestrina
Tano Cimarosa: zi’ Checco
Gastone Pescucci: l’avvocato
Alfredo Bianchini: il cappellano della clinica
Enrico Concutelli: un frate del convento
Paolo Armeni: Benedetto da bambino
Véronique Vendell: la ragazza “chiacchierata”
Gianni Rizzo: il prete del paese dove Benedetto vende la biancheria
Pino Patti: Don Quirino
Rosita Torosh: la giovane maestra della colonia
Antonella Patti: la zia di Benedetto
Enzo Cannavale: il paziente “sano” della clinica
Fiammetta Baralla: la suora della clinica
Luigi Uzzo: un infermiere della clinica
Mister O.K.: Fra Gesuino
Corrado Gaipa: Oreste Micheli
Laura Carli: Immacolata
Giorgio Piazza: il priore
Sergio Rossi: il professore
Emanuela Rossi: Benedetto da bambino
Nella Gambini: bambino amico di Benedetto
Pino Caruso: zì Checco
Mirella Pace: la zia di Benedetto/la ragazza “chiacchierata”
Mario Bardella: il prete del paese dove Benedetto vende la biancheria
Max Turilli: Don Quirino
Angiola Baggi: la giovane maestra della colonia
Isa Bellini: la suora della clinica
Enzo Liberti: un frate
Regia Nino Manfredi
Soggetto Nino Manfredi
Sceneggiatura Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi, Luigi Magni, Nino Manfredi
Produttore Angelo Rizzoli jr.
Fotografia Armando Nannuzzi
Montaggio Alberto Gallitti
Musiche Guido De Angelis
Scenografia Giorgio Giovannini
Costumi Danilo Donati
Trucco Giancarlo De Leonardis
L’Abbazia benedettina di San Cassiano
L’acquedotto di Nepi
Speco di san Francesco,Sant’ Urbano di Narni
Cascate di Monte Gelato e Mezzano Romano
Interno della chiesa di San Fortunato di Todi
Piazza Vittorio Emanuele a Todi in una vecchia foto
Piazza Vittorio Emanuele a Todi oggi
Villa Volpi a Sabaudia
“Nun te preoccupà, tanto non è morto, all’ultimo momento ha deciso di annà all’artro mondo!”
La vita, invece di viverla io me la dormo.
L’opinione di Jonas dal sito http://www.filmtv.it
Storia in tre tempi: un’infanzia da scavezzacollo sotto la fida protezione di sant’Eusebio; una giovinezza passata in convento ad aspettare un segno divino per nascondere la paura di affrontare la vita; la scoperta del mondo, il discepolato sotto un vecchio mangiapreti, l’amore con la soave Delia Boccardo. Il tutto viene rievocato in flashback, dopo un ricovero in ospedale per tentato suicidio. Il primo film diretto da un’icona nazional popolare come Nino Manfredi (se si eccettua un episodio di L’amore difficile) è un gesto di sorprendente coraggio, qualcosa di veramente raro nell’Italia democristiana. Ma sarebbe riduttivo considerarlo solo un pamphlet anticlericale, nonostante gli obiettivi polemici siano ben individuati (l’educazione sessuofoba, il miracolismo, l’esaltazione pseudoreligiosa, l’ipocrisia dei baciapile): è soprattutto la vicenda di un uomo pieno di dubbi e in cerca di risposte, prima respinto dagli esponenti della Chiesa (“Dio è pace, serenità, non è tormento”) e poi deluso dall’incoerenza di quello che si era scelto come maestro di vita (“non è morto, all’ultimo momento ha preferito andare all’altro mondo anche lui”). A ben vedere è un film che esplora le tracce quasi impercettibili, a volte paradossali, della presenza di Dio (cominciando dal nome del protagonista, Benedetto, e finendo con l’ultima battuta, “è stato proprio un miracolo”). Un film di fede, nonostante tutto: forse l’opera più bergmaniana che il cinema italiano abbia mai prodotto.
L’opinione di Mansueto dal sito http://www.mymovies.it
Chi dell’ “auto-morte” se ne intendeva, qualche tempo fa ci testimoniò che “Il suicida è come un carcerato che, nel cortile della prigione, vede una forca, pensa erroneamente che sia destinata a lui, evade nottetempo dalla sua cella, scende giù e s’impicca da sé”.Un lontano 1971, quando crebbi, un tal Benedetto di Castro de’ Volsci ci raccontò in 122 minuti la magnificazione “dell’intera storia umana”. Quell”elogia attraverò come un qualunque raggio cosmico ogni cellula del corpo di chi ne fu attratto; la riempì senza saperlo di luce e di spazio; di coscienza e di emozioni; di contenuto e contenente. Quel racconto fu la glorificazione sintetica di ogni dottrina; teologica e filosofica; psicologica e sociologica; medica ed estetica; commerciale e culturale. Tutto in un istante.Sincretismo gnoseologico. Come dire. Irenismo ed ecumenismo di ogni dottrina:quando la sensibilità umana (terza riga del libro del mondo) diventa poesia armonizzante di ogni distinzione e di ogni diversità della conoscenza!Qui c’è tutto. L’uomo e la donna. Il Tanathos e l’Eros. La colpa, la paura, il dubbio, la leggerezza più svanita, l’elegia del “chi sono”.Alle volte gli uomini compiono miracoli senza saperlo. Alle volte nessuno sa di quelli.Eppure questo superbo capolavoro della filmografia italiana (che pecca solo di vizi tecnici) diventa un mastodontico modello di studio per chi insegna, consolazione umana per chi soffe, costruzione critica per chi giuggioneggia, dissenso al senso per chi non crede.L’avventura umana sta tutta là. In un convento “totale” della Ciociaria. Nell’ambulante ardimentoso di lingerie. Nell’alieno e diafano amore verso Delia. Nella bestemmia redenta di una canaglia di farmacista. Nella fantasia dell’ingenuità più lieve. Nel matrimonio celebrato di un senza no. In una caduta e in un tuffo. In un’apetta col vecchietto. In un bicchiere fresco… ma d’acqua calda!Se volete chiedere a qualcuno chi mai voi siate, domandatevelo imberbi a voi stessi.Inoculatevi rilassati questo film.E se non v’è risposta….Beh; allora finalmente avrete capito tutto!Ma non ditelo a nessuno…”
L’opinione di Thegaunt dal sito http://www.filmscoop.it
Bello questo film con e di Nino Manfredi che affronta in maniera tuttaltro che banale i tanti lacci che non permettono di vivere a pieno la propria esistenza. La pellicola di Manfredi non vuole essere un’invettiva anticlericale, ma una riflessione sul vivere male la religione, in cui fede e superstizione hanno confini talmente sottili da confondersi e costellata fin dall’infanzia da una marcata repressione sessuale. L’ottimo film di Manfredi non solo è dotato di una sceneggiatura di qualità, ma offre una buona caratterizzazione dei personaggi, soprattutto nel bigottismo della Borboni e nella vitalità di Stander.
Nino Manfredi
Delia Boccardo
Mariangela Melato
Mario Scaccia
Flano del film
La colonna sonora,la celebre Me pizzica…me mozzica
Vedo nudo
Nel 1969 Dino Risi girò Vedo Nudo, film strutturato in sette episodi, che vanno dal grottesco al comico, sfruttando il gran momento di Nino Manfredi, attore versatile e molto amato dalle platee. Affiancò al comico ciociaro una bellezza algida e particolare, quella di Sylva Koscina, e puntò tutto sul titolo, ammiccante, e su alcune scene furtive di nudo, per veicolare la sua personale visione della società, popolata di mostri, alle prese con le pruderie del sesso, mescolando il tutto con il sarcasmo e l’ironia tipica della sua regia.
Sylva Koscina interpreta se stessa nell”pisodio “La diva“
Il film, diviso in episodi, parte con la bellissima Koscina a interpretare il ruolo di una diva che, preso per strada un ferito, lo accompagna in ospedale, dove tutti la riconoscono, disinteressandosi del povero ferito, con il risultato che lo stesso ci lascerà la pelle.Nel secondo, una contadina si rivolge al giudice per far condannare un suo vicino che ha abusato di una gallina.
Il contadino accusato riesce a dimostrare come la mancanza di alternative lo abbiano costretto al gesto, alimentato dal fatto che la gallina sculettava maliziosamente quando lo vedeva. Il giudice riconoscerà la validità della scusante, condannando il contadino a comprare il pennuto.
Veronique Vendell
Nell’episodio successivo un dipendente postale, segretamente omosessuale, intavola una fitta corrispondenza con un ragioniere di Milano, facendosi credere una donna. Quando l’uomo decide di incontrarlo, lui si finge fratello di Ornella, il suo alter ego femminile. Finirà in maniera ambigua. Il quarto episodio, il più grottesco, vede protagonista un culturista miope, che un giorno, guardando fuori dalla finestra del suo appartamento, vede un corpo nudo in quello che crede l’appartamento di fronte.
Nei due fotogrammi: Daniela Giordano
Si mette gli occhiali per spiare bene, ma alla fine si accorge che quello che sta guardando altro non è che il suo sedere riflesso nello specchio della sua camera. Anche il quinto episodio scivola nel grottesco; una ragazza, sola in casa, apprende dalla radio che un pericoloso serial killer si aggira nella zona.
Quando, il giorno dopo, vede arrivare un uomo con una bottiglia di latte, che assomiglia molto all’identikit del serial killer, decide di concedersi a lui, nella speranza che l’uomo la risparmi, come ha già fatto in un caso. In realtà l’uomo è davvero una persona qualunque, che le ha portato il latte; la ragazza lo scoprirà ascoltando la notizia della cattura del killer alla radio. Nell’episodio numero sei, sicuramente il più debole e meno riuscito, il protagonista è un uomo sposato ad una bella tedesca, che tutte le sere esce di casa misteriosamente.
La moglie sospetta che l’uomo la tradisca, mentre in realtà il marito, raggiunge ogni sera un binario ferroviario, si sdraia dentro di esso e si fa passare il convoglio addosso, eccitandosi solo in questo modo bizzarro. L’ultimo episodio è il più riuscito;un pubblicitario, ossessionato dall’erotismo, finisce per vedere donne nude dappertutto, con conseguenze disastrose per la sua vita; si fa ricoverare in una clinica e all’apparenza, quando ritorna, sembra tutto finito. In realtà, affacciandosi ad una finestra,scopre che ora invece che donne vede uomini nudi.
Vedo nudo,un film di Dino Risi. Con Nino Manfredi, Sylva Koscina, Véronique Vendell, John Karlsen.Umberto D’Orsi, Nerina Montagnani, Daniela Giordano, Bruno Boschetti, Jacques Stany Italia 1969.
Nino Manfredi: Cacopardo / Angelo Perfili / Ercole / il voyeur / operaio dei telefoni / Maurizio / Nanni
Sylva Koscina: se stessa
Enrico Maria Salerno: Carlo Alberto Rinaldo
Nerina Montagnani: contadina
Véronique Vendell: Manuela
Guido Spadea: giudice Di Lorenzo
Daniela Giordano: Luisa
Umberto D’Orsi: Federico
Marcello Prando: Marcello
Luca Sportelli: collega pugliese di Ercole
Lisa Halvorsen: Inge, moglie di Maurizio
John Karlsen: psichiatra
Jacques Stany: infermiere
Jimmy il Fenomeno: paziente nevrotico
Regia Dino Risi
Soggetto Ruggero Maccari, Fabio Carpi, Dino Risi, Bernardino Zapponi
Sceneggiatura Ruggero Maccari, Jaja Fiastri
Produttore Pio Angeletti, Adriano De Micheli
Fotografia Alessandro D’Eva, Erico Menczer
Montaggio Alberto Gallitti
Musiche Armando Trovajoli
Scenografia Luciano Ricceri
Costumi Ezio Altieri