I grandi flop del cinema americano (seconda parte)

Come abbiamo visto nella prima parte di questo articolo dedicato ai fallimenti di film prodotti dall’industria hollywoodiana, a cadere sotto i colpi impietosi del box office sono speso film partiti con grandi ambizioni, con grossi budget e con cast a volte stellari.
Progetti ambiziosi che nelle intenzioni avrebbero dovuto incontrare il favore del pubblico.
Ma alle volte ciò non accade, per colpa di una serie spesso imprevedibile di fattori concomitanti:sceneggiature poco affascinanti, cast male affiatati, bizze delle star ecc.
Speed Racer film dei fratelli Wachowski del 2008, è stato uno dei progetti più ambiziosi di Hollywood; la storia del diciottenne amante delle corse automobilistiche che dopo varie peripezie scopre che il suo adorato fratello non è morto durante una corsa e che ha corso proprio in sua memoria si rivela una palude in cui finiscono 106 milioni di dollari, persi a fronte di un investimento di 200 milioni e con ricavi di poco superiori ai 94 milioni.
Nonostante il cast presenti attori del calibro di Cristina Ricci, Susan Sarandon,Matthew Fox e Emile Hirsch, la pellicola viene sbeffeggiata dalla critica, ottenendo solo un Razzie award laddove si era partiti con ben altre ambizioni.
Speed racer, dei fratelli Wachowski, un fallimento da 106 milioni di dollari
Stealth arma suprema, 93 milioni di perdite sul budget iniziale
La produzione prevedeva introiti superiori ai 300 milioni e la delusione fu cocente, tanto che il produttore Silver, che aveva sotto contratto per altri due film i Wachowki preferì prudentemente annullare il contratto, onde risparmiarsi altri eventuali naufragi.
Clamoroso il fiasco del film a sfondo fantascientifico Stealth arma suprema, basato sulla storia di un avveniristico aereo dotato di intelligenza artificiale che alla fine si ribella all’uomo; a fronte di un investimento iniziale di 170 milioni il film portò a casa 77 milioni, perdendo cioè la metà del capitale investito.
Il film fu un autentico fiasco anche in Italia, con incassi di poco superiori ai 300.000 euro.
Final fantasy, ambizioso film in computer grafica ispirato al popolare video gioco, partì con giuste ambizioni e difatti almeno a livello di critica fu un successo, grazie alle potenti immagini generate dai migliori computer del 2001, anno in cui venne prodotto.
Ma impietosamente e in modo anche abbastanza inaspettato, il pubblico non gradì: all’investimento iniziale di 167 milioni di collari fecero seguito incassi per 85 milioni, con una perdita secca del 50% del capitale.
Final fantasy, film tratto dall’omonimo videogioco, 80 milioni di perdite
Blitz nell’oceano, un fallimento colossale
Andando a ritroso nel tempo, va segnalato il clamoroso flop di un altro film tratto,come il citato Sahara, da un romanzo di Clive Cussler, uno scrittore che ha venduto decine di milioni di copie dei suoi romanzi con protagonista l’affascinante Dirk Pitt.
Si tratta di Blitz nell’oceano, storia avventurosa del tentativo di recupero del Titanic con tanto di trama spionistica e ambientazione di piena guerra fredda.
L’insuccesso fu totale, perchè il pubblico lo snobbò e la critica lo fece a pezzi; costato 40 milioni (cifra molto elevata, 35 anni addietro),il film incassò solo 7 milioni, rivelandosi un fiasco commerciale da spavento, qualcosa come 100 milioni di euro di oggi.
Costruire a tavolino un film che funzioni poi al box office è operazione molto complicata; i gusti del pubblico sono mutevoli e spesso non basta un buon regista, una buona storia e un buon cast ad assicurare il successo di una pellicola.
Ne sanno qualcosa alla Universal pictures e sopratutto ora lo sa anche Wych Kaosayananda, che nel 2002 diresse un buon thriller/fantasy scritturando Antonio Banderas e Lucy Liu per Ballistic, investendo nell’operazione circa 90 milioni e trovandosi alla fine solo 20 milioni di incasso.
Lucy Liu e Antonio Banderas in Ballistic, bello e sfortunato
The fan-il mito, grosse perdite per il blockbuster Robert De Niro e per il regista Scott
Un flop da 70 milioni, quindi, assolutamente ingiustificato alla luce della buona qualità della pellicola.
Anche il compianto Tony Scott ha conosciuto la sua Waterloo al botteghino quando nel 1996 diresse The fan-il mito utilizzando nel cast Robert De Niro, Wesley Snipes, e Benicio Del Toro.Il film, basato sul mondo del baseball e seguendo l’ossessione del protagonista per questo sport fallì miseramente al responso del box office, incassando solo 18 milioni di dollari a fronte di un investimento di quasi 55.
Un altro buon film, ottimamente interpretato da Sean Penn prese una batosta memorabile al botteghino: si tratta di Tutti gli uomini del re (All the King’s Men) un film del 2006 diretto da Steven Zaillian, tratto dall’omonimo romanzo di Robert Penn Warren.La storia del piazzista che tenta la scalata alla carica di governatore e che perde per strada tutti i suoi buoni propositi è ben costruita e sopratutto ottimamente recitata ma iene massacrata al box office.
55 milioni investiti e solo 9,5 milioni realizzati: il film diventa uno dei fiaschi della stagione e uno dei più pesanti del decennio.
Tutti gli uomini del re, un fallimento da 45 milioni di dollari
Identico fallimento per Le regole del gioco, 47 milioni di dollari di perdite
Dello stesso budget iniziale godeva Le regole del gioco (Lucky You) film del 2007 diretto da Curtis Hanson, con un ottimo cast costituito da Drew Barrymore,Robert Duvall,Debra Messin: e Robert Downey Jr. storia poco avvincente di un padre che ha insegnato al figlio il gioco del poker,figlio che svilupperà un rancore ossessivo verso l’uomo ma che vedrà il tradizionale happy end trionfare.
Pesantissimo il responso finale, impietoso:i 55 milioni di investimento si tramutano in soli 8 milioni con in pratica lo stesso risultato del citato Tutti gli uomini del re.
Chiamarsi Tim Robbins e mettersi dietro la macchina da presa, ottenere nomination e applausi dalla critica non significa vendere più biglietti al cinema: Il prezzo della libertà (Cradle Will Rock) film del 1999 diretto dall’attore e regista Tim Robbins perde il 92% di quanto investito, una percentuale pesantissima frutto di un investimento iniziale di 36 milioni che portano a casa meno di 3 milioni, assicurando al povero Robbins solo un posto tra i registi con il più alto indice di perdite rispetto al capitale investito.
Il prezzo della libertà, di Tim Robbins
Liz Taylor in Il giardino della libertà,solo un milione di incassi
La cosa era capitata nel lontano 1977 ad una leggenda di Hollywood, George Cukor: il suo Il giardino della felicità,tratto da L’uccellino azzurro di Maurice Maeterlinck, storia surreale e fantastica di due fratellini nonostante la presenza di tre leggende come Liz Taylor, Ava Gardner e Jane Fonda perde il 93% di quanto investito, 12 milioni con meno di un milione di incasso, una frana colossale da circa 45 milioni rivalutati e che è diventata una leggenda nera ad Hollywood.
Stessa storia,altro grande.
Lawrence Kasdan gira, nel 1994, Wyatt Earp, un western biografico sulla vita del leggendario sceriffo del West;il budget è rilevante circa 64 milioni di dollari e il regista punta tutto su Kevin Costner, uno che ai flop sopratutto come regista è ormai abbonato (si vedano ad esempio le sciagure delle sue due mega produzioni, Waterworld e L’uomo del giorno dopo).
Wyatt Earp, ancora un flop per Kevin Costner, questa volta come attore protagonista
Ridley Scott dirige 1492: la conquista del paradiso, un grosso flop al botteghino
Il film ottiene, alla sua uscita, buone critiche ma fu un disastro al box office.
Costner si beccò anche un Razzie award come peggior attore e il film alla fine raccolse la miseria di 25 milioni, che significarono una perdita del 60% del capitale.
Anche Ridley Scott, regista che di solito non sbaglia un colpo ha avuto il suo personale Vietnam.
1492 – La conquista del paradiso (1492: Conquest of Paradise) , il suo film del 1992 che doveva celebrare il cinquecentesimo anniversario della scoperta dell’America, partito con un budget di 47 milioni, nonostante la presenza di Gérard Depardieu,Angela Molina, Sigourney Wheaver e Fernando Rey, nonostante la superba colonna sonora di Vangelis franò al box office per motivi peraltro poco comprensibili, vista la splendida fotografia del film, le sue location selvagge e la buona tenuta del film stesso.
Un flop per il botteghino, ma non per la critica: Fino alla fine del mondo, di Wim Wenders
Dominion: Prequel to the Exorcist di Paul Schrader, 250.000 dollari di incasso
Alla fine della programmazione cinematografica si contarono tra gli incassi solamente 11 milioni di dollari, con una perdita secca di 36 milioni pari al 77% del capitale.
Ci sono poi da segnalare alcuni disastri epocali, film cioè ce non hanno permesso ai produttori di recuperare praticamente nulla rispetto ai soldi investiti.
E’ il caso di Fino alla fine del mondo (Bis ans Ende der Welt in tedesco e Until the end of the world in inglese) film del 1991 di Wim Wenders che peraltro è una delle sue opere più apprezzate dai critici. La storia fantascientifica che parla di un’umanità a rischio di apocalisse portò al cinema pochissima gente; alla fine l’incasso globale della pellicola fu di 700.000 dollari, un’inezia rispetto ai 23 milioni investiti e con una perdita globale quindi di circa il 97% del capitale.
The Worst Movie Ever! il film che ha visto un solo spettatore!
Melanie Griffith in Una estranea fra noi
Leonard salverà il mondo, considerato il peggio film/commedia degli ultimi 25 anni
Peggio ancora è capitato a Dominion: Prequel to the Exorcist di Paul Schrader, film del 2005 che ebbe vita tormentata;il regista venne sostituito e il film ultimato da Renny Harlin per essere distribuito con il titolo L’esorcista – La genesi.
Il budget del film era di 30 milioni ma alla fine incassò 250.000 dollari.Un fallimento assoluto, totale, pari al 99% dell’investito.
E adesso faccio un breve excursus per parlare di The Worst Movie Ever! che suona tradotto come Il peggior film di sempre.Già dal titolo si può intuire come Glenn Berggoetz, factotum del film ovvero produttore e regista immaginasse lo scarso credito che il film avrebbe avuto presso il pubblico.
Certo non immaginava che il giorno della sua uscita in un cinema di Los Angeles ci sarebbe stato un solo spettatore a vederlo, per un incasso di 11 dollari a fronte però di soli 1000 dollari investiti.
Ha dichiarato Glenn Berggoetz:
“”Ho pensato che avrei potuto promuovere il film come avevo fatto con il mio film precedente, che ha ricevuto una versione teatrale … fare un po ‘di social networking tramite e-mail e Facebook, e contattare persone, media locali fare interviste di pianificazione e recensioni. Sono stato impegnato tutto il giorno Lunedi scorso 15 ero in giro, così il Martedì 16 ho iniziato contattando media nella zona di Los Angeles inviando e-mail e messaggi. La settimana passava … ho notato due cose, due brutti segnali : tutti i miei contatti a Los Angeles erano o occupati per il fine settimana o fuori città (io vivo a Denver, ma un certo numero di miei membri del cast precedenti vivono nell’area di Los Angeles ).Bene, non una delle tante persone che conosco a Los Angeles si sono interessate di me. Ho cominciato a preoccuparmi. ”
Il film è ovviamente al momento il film meno visto e di conseguenza meno redditizio di sempre…
Ritornando ai flop dei maestri, va citato il film Una estranea fra noi (A Stranger Among Us) del 1992 diretto dal maestro Sidney Lumet; il dramma poliziesco interpretato dalla signora Banderas, Melanie Griffith, incassa 12 milioni su 33 di budget, o anche l’altro personale flop di Tony Scott,Domino, film del 2005 diretto da con Keira Knightley e Mickey Rourke che narra la storia Domino Harvey, figlia di una modella e di un attore che sceglie nientemeno che la carriera di bounty killer.Il film con budget iniziale di 50 milioni incassa meno della metà.
In ultimo va necessariamente citato il meritatissimo flop in cui incorse Leonard salverà il mondo (Leonard Part 6) film del 1987 diretto da Paul Weiland e interpretato da Bill Cosby. Il film su 24 milioni di finanziamenti incassò solo 4 milioni e si beccò tre Razzie award oltre ad essere nominato come peggior film degli ultimi 25 anni.

Il colore della notte, 21 milioni di perdite
Falso tracciato, flop da 24 milioni di dollari
Il remake di Psycho, un flop da 23 milioni di dollari
Trespass del 2011, 27 milioni di perdite
L’invidia del mio migliore amico, un flop da 25 milioni
Domino
The warrior way, oltre 30 milioni di perdite
Un pesantissimo flop, quello di Land of the lost: 70 milioni di dollari di perdite
Lucky numbers
Cavalcando con il diavolo
L’ottimo Strange days, un imprevedibile flop
Un flop annunciato: Eliminate Smoochy
Un pesante fallimento: Il monaco, 40 milioni di perdite
Supergirl
Alexander, di Oliver Stone: 202 milioni di investimenti e 166 di incassi
Little Nicky, un diavolo a Manhattan
I grandi flop del cinema americano (parte prima)
Qualche tempo fa ho parlato di una serie di film che si sono rivelati, al botteghino, un fallimento più o meno grave.
In questo articolo: https://filmscoop.wordpress.com/2008/09/05/quando-il-cinema-fa-flop/ abbiamo visto alcune super produzioni hollywoodiane partire ambiziosamente in fase di creazione e arrivare poi sugli schermi tra il totale disinteresse del pubblico.
Come già detto nell’articolo segnalato, alle volte alcuni di questi film non erano affatto brutti, ma avevano caratteristiche tali da non affascinare il grande pubblico; trame troppo complesse o troppo banali, sceneggiature poco affascinanti ecc.
Sono centinaia le produzioni che nell’impietoso raffronto costo/benefici all’atto praticato si sono rivelate degli autentici bagni di sangue.
Una di queste produzioni, ambiziosa sia come costi, sia come cast e scenari è Corsari (Cutthroat Island) film americano del 1995 diretto dal finlandese Renny Harlin, caratterizzato da scenografie sfarzose e una colonna sonora opera nientemeno che della prestigiosa London Symphony Orchestra.
Due foto di Geena Davis protagonista del disastroso Corsari
Il film, interpretato da ottimi attori come Geena Davis,Matthew Modine e Frank Langella è un tentativo di riportare in auge le avventure marinare dei pirati e dei corsari, attraverso la storia di Morgan Adamsuna donna pirata, figlia del pirata Black Henry che vuol impadronirsi di un tesoro e vendicare la propria famiglia.
Il film,costato 115 milioni di dollari (quasi vent’anni fa,una cifra da rivalutare per l’inflazione almeno del 25%) incassò al botteghino un’autentica miseria, poco più di 18 milioni di dollari, divenendo di fatto uno degli investimenti peggiori della storia del cinema.
Il film sostanzialmente non era nemmeno brutto, ma ebbe una lavorazione travagliata e un management assolutamente imbarazzante,con spese folli e una gestione del capitale finanziato dalla Carolco Pictures stravagante a tal punto che vennero acquistati,solo per accontentare il regista e il cast, tir di merendine e succhi di frutta.A ciò va aggiunto il continuo rimandarsi dell’ultimazione del film, che in pratica portò come conseguenza al fallimento della citata Carolco Pictures.
Will Smith in Pluto Nash, fiasco da 103 milioni di dollari in perdite
Omar Sharif e Antonio Banderas nel bello e sfortunato Il 13° guerriero
Identica sorte è toccata ad una mega produzione ambiziosa, Alamo-gli ultimi eroi, film rievocativo del celebre assedio portato dall’esercito messicano al comando del dittatore Sant’Anna verso la cittadina texana di Alamo, difesa da un pugno di eroi tra i quali il celebre David Crockett, che vi perse la vita.
Costato oltre 145 milioni di dollari, il film si rivelò un fiasco terribile al box office, incassando la miseria di circa 26 milioni di dollari, con una perdita secca di 120 milioni;il futuro blockbuster Ron Howard rifiutò, per sua fortuna di dirigere il film che di fatto è da considerare uno tra i primi cinque disastri economici del cinema americano.
A passare dalle forche caudine dei disastri non ci sono solo film a medio budget, ma anche grosse produzioni con capitali di partenza altissimi. Film spesso potenzialmente remunerativi, rivelatisi poi autentici flop nonostante le premesse di partenza fossero ottimistiche.
E’ il caso di Sahara, un film del 2005 diretto da Breck Eisner e interpretato da due star del calibro di Matthew McConaughey e Penélope Cruz, tratto dal romanzo omonimo di Clive Cussler con protagonista il celebre direttore della NUMA Dirk Pitt, affiancato dall’inseparabile Al Gordino.
Il film, costato qualcosa come 245 milioni di dollari, incassò tutto sommato bene, circa 120 milioni ma le altissime spese di partenza ne decretarono il fallimento commerciale, con una ingente perdita rispetto al budget iniziale di circa il 50% e tutto ciò nonostante il film fosse il più visto del week end di uscita.
Due fotogrammi tratti da Supernova
Jade, diretto dal grande Friedkin, partito con le migliori intenzioni, con un ottimo cast e una buona sceneggiatura si rivelò un autentico insuccesso perchè a fronte dell’investimento di 50 milioni riuscì a mala pena a portare a casa 10 milioni mentre La vendetta di Carter (Get Carter) film del 2000, diretto da Stephen Kay ed interpretato da Sylvester Stallone perse 44 milioni al box office, fruttando alla fine solo 2 Razzie award e le risate dei critici.Costò caro anche a Brian de Palma il tentativo di cambiare genere registico: il suo Il falò delle vanità (The Bonfire of Vanities) del 1990 ad onta del cast di tutto rispetto che includeva Tom Hanks,Bruce Willis,Melanie Griffith,Kim Cattrall,F. Murray Abraham e Morgan Freeman, stroncato dalla critica rimediò appena 15 milioni sui 47 investiti, assorbiti in gran parte dai cachet dei protagonisti.
Clamoroso il fiasco del fantascientifico/comico Pluto Nash, diretto da Ron Underwood e interpretato da un attore che fino a quel momento non aveva mai sbagliato un colpo, Eddie Murphy;la storia ambientata sulla luna, che vede il protagonista Pluto Nash non voler cedere il suo locale al tradizionale gangster che lo vuole a tutti i costi venne snobbato dal pubblico.
Il film, costato ben 120 milioni incassò una cifra ridicola, poco più di 7 milioni, con una perdita secca di quasi il 95% dell’importo finanziato, diventando uno dei fiaschi più colossali della storia del cinema.
Pianeta rosso, flop da 66 milioni di dollari
Il secondo flop consecutivo di Kostner, L’uomo del giorno dopo
Due immagini dal pessimo remake Lolita, con Dominique Swain
La surrealità di Murphy non bastò ad attirare pubblico e alla fine ci si aggiunse anche la critica, definendola senza mezze misure una porcata.Il film finì in lizza per i temibili Razzie award con ben 6 nomination, anche se alla fine non ne vinse nessuno nell’anno in cui a “trionfare” fu la riedizione di Travolti da un insolito destino questa volta intitolato semplicemente Travolti dal destino e interpretato dal nostro Giannini,nl ruolo che fu del padre e da Madonna.
A proposito della rockstar americana, un flop è stato il film girato accanto a Sean Penn nel 1986, Shangai surprise diretto da Jim Goddard; a fronte di un budget di 15 milioni (cifra di tutto rispetto negli anni ottanta) incassò all’incirca 2 milioni e costò al film ben 7 nomination ai famigerati Razzie e a Madonna stessa il premio come peggior attrice.
Disastro completo per il film d’animazione Milo su Marte prodotto dalla Walt Disney Pictures nel 2011, uno dei pochissimi fiaschi della casa statunitense che a fronte di un budget di 175 milioni ha portato a casa incassi per miseri 39 milioni.
Identica sorte per l’ambizioso e tutto sommato più che discreto Il tredicesimo guerriero (The 13th Warrior) film del 1999 diretto da John McTiernan, tratto dal romanzo Mangiatori di morte di Michael Crichton che a sua volta si ispirava al leggendario Beowulf.
Tre immagini della splendida Sharon Stone, interprete del disastroso nonchè bruttissimo Basic Instinct 2
La storia del cortigiano Ahmed (Antonio Banderas) e delle sue avventure non andò poi malissimo al botteghino, incassando circa 62 milioni; ma il film era costato alla casa di produzione diretta proprio dallo scrittore Crichton una cifra enorme, circa 160 milioni con perdite finali di oltre il 60% della cifra investita.
Del colossale flop di I cancelli del cielo, splendida e potente rievocazione della frontiera americana ho già parlato nell’articolo precedente;un flop terribile che si tradusse nel fallimento della celebre United Artist.
Di parziale fallimento si può parlare anche nel caso di Lanterna verde, film del 2011 diretto da Martin Campbell tratto dai fumetti della DC Comics; in questo caso si partiva da un budget stratosferico, 325 milioni; a fronte di un impegno così rilevante il film non andò poi tanto male ai botteghini, incassando circa 220 milioni, cifra veramente alta.
Ma dal raffronto tra costi e ricavi si vede benissimo come la perdita secca di 105 milioni sia davvero importante, anche se nell’ordine del 30%.
Brutto e deludente: Conan the barbarian 45 milioni di perdite
Un costosissimo flop da 120 milioni di dollari:Alamo-gli ultimi eroi
Sono proprio le produzioni fantascientifiche o del genere fantasy ad aver il maggior numero di rappresentanti in questa poco onorevole classifica: prodotti come Battaglia per la terra,L’uomo del giorno dopo,Pianeta rosso o Supernova lo testimoniano abbondantemente.
Battaglia per la Terra (Battlefield Earth) film di fantascienza del 2000 diretto da Roger Christian, troppo liberamente tratto dall’omonimo romanzo di L. Ron Hubbard del 1982 è una delle cose peggiori che abbia visto e meritatamente, a fronte di un investimento di 103 milioni, ne incassò poco più di 29 milioni; pesanti responsabilità vanno attribuite a John Travolta (interprete principale) e al suo cast che imposero ridicole modifiche al copione stravolgendo del tutto la storia di Hubbard provocando la ironica reazione di J.D. Shapiro, sceneggiatore del film che dopo la raffica di recensioni sbertuccianti disse testualmente “Spero di riuscire a imbottigliare questa cosa e utilizzarla come anticoncezionale…”
Madonna in Shangai surprise
Un costosissimo flop dei giorni nostri: Lanterna verde
Il film naufragò nelle sale e la critica lo distrusse; a testimonianza imperitura di tal destino restano i 10 Razzie award racimolati dal film (Razzie Awards al peggior film
Razzie Awards al peggior attore protagonista, John Travolta, al peggior attore non protagonista, Barry Pepper, al peggior attore non protagonista, Forest Whitaker , alla peggior attrice non protagonista, Kelly Preston
al peggior regista, Roger Christian, alla peggior sceneggiatura di Corey Mandell e J.D. Shapiro, basata sul romanzo di L. Ron Hubbard alla peggior coppia, John Travolta e cast generale, al peggior film drammatico dei nostri primi 25 anni e al peggior film del decennio.
Una raffica di spernacchiamenti assolutamente unici.
Un altro film di fantascienza finito male ai botteghini, abbastanza ingiustamente è Supernova, diretto nel 2000 dal bravo Walter Hill;la storia della Nightingale 229 e del suo equipaggio che si ritroverà a vivere una claustrofobica avventura non riscosse il gradimento del pubblico e il film, costato circa 90 milioni alla fine rese una cifra ridicola, poco più di 14 milioni con una perdita secca dell’83% del capitale investito.
Analoga sorte è toccata a Pianeta rosso (Red Planet) , film di fantascienza sempre del 2000 diretto da Antony Hoffman, ambientato su Marte ed interpretato da Val Kilmer e Carrie-Anne Moss; a fronte di 100 milioni di investimento il film incassò poco più di 34 milioni.
Uno dei film più brutti e contemporaneamente più antieconomici della storia: Battaglia per la terra
Bello e sfortunato: Jade di Friedkin
I sequel generalmente hanno un’accoglienza tiepida da parte del pubblico, fatti salvi alcuni prodotti che lasciano aperte le sceneggiature originali a sviluppi futuri legati a finali aperti o a storie con protagonisti alla Indiana Jones, solo per citare un personaggio, o a cicli organici come le saghe di Guerre stellari, personaggi idolatrati dal pubblico di tutto il mondo come Harry Potter o saghe per adolescenti come la recente Twilight.
Questi sequel, dicevo, spesso si rivelano un fallimento.
E’ il caso di Basic instinct 2 ,film del 2006 diretto da Michael Caton-Jones che riprende il conturbante personaggio di Catherine Tramell lanciato da Verhoeven con il fortunato Basic instinct del 1992.
La sexy e affascinante Sharon Stone è ancora una garanzia, ma il film è debole e decisamente brutto, ragion per cui a fronte di un budget iniziale di 70 milioni alla fine il film, nonostante un battage pubblicitario enorme, riuscì a mala pena ad incassare la metà rivelandosi un autentico fallimento.
Identica sorte capita spesso ai remake, ovvero quei film che riprendono vecchi successi ammodernandone la trama e tilizzando cast rinnovati; un espediente dagli esiti spesso disastrosi come nel caso di Lolita, film diretto da Adrian Lyne nel 1997, remake dell’omonimo film del 1962 di Stanley Kubrick.
A fronte di un cospicuo investimenti di circa 60 milioni di dollari il film naufragò al botteghino rastrellando la miseria di poco più di un milione, rivelandosi quindi un disastro epocale;nonostante un buon cast, la colonna sonora di Morricone e le discrete accoglienze della critica, Lolita, candidato anche a 4 premi Oscar il film non incontrò in alcun modo il favore del pubblico.
Idem dicasi di Conan the Barbarian, film del 2011 diretto da Marcus Nispel che riprende sostanzialmente l’omonimo film diretto da John Milius.nel 1982; stroncato dalla critica e poco seguito dal pubblico, che pure nel primo week end di programmazione aveva fatto la fila per vederlo, il film dicevo su un budget di 90 milioni riuscì a mala pena a recuperare poco più della metà della somma investita, per colpa di una trama risibile e dello scarso valore del prodotto stesso.
Le avventure di Stanley, uno dei film meno visti della storia:poco più di 1000 spettatori
Chiudo questa prima parte dedicata ai flop più costosi della storia del cinema recente citando la devastante (economicamente) disavventura capitata ad un film, quella di Le avventure di Stanley, film d’animazione statunitense del 1994 diretto da Don Bluth e Gary Goldman.Costato all’incirca 24 milioni il flm incassò 72 mila dollari, divenendo il film con il più basso indice di redditività della storia, qualcosa come il 97% di perdita in relazione alla somma investita. Sono davvero pochissime le persone che hanno visto questo film in sala,poco più di un migliaio.
Milo su Marte, oltre 130 milioni di dollari persi
La vendetta di Carter
Il falò delle vanità,il flop di Carpenter
Un grande film, penalizzato ai botteghini: Cotton club
Lena Olin nello sfortunato Havana
La casa degli spiriti, un imprevedibile flop ai botteghini
La leggenda di Bigger Vance
Un flop mega milionario: Le avventure del barone di Munchausen
Il remake di Rollerball, grande fiasco ai botteghini
Speed racer, un clamoroso flop
L’amour violè
E’ una vita tranquilla, quella di Nicole Seret.
Ha un lavoro che ama, un fidanzato premuroso, una famiglia, degli amici.
Una vita fatta di piccole cose, una esistenza mescolata a quella di tantissime altre persone in un paese della Francia.
Tutto però cambia, drammaticamente, una sera che Nicole rientra a casa dal lavoro sul suo inseparabile motorino; viene affiancata da un furgone con a bordo quattro balordi, che la seguono e la affiancano, costringendola quindi a fermarsi.
Le intenzioni dei quattro sono evidenti,da subito.
Difatti Nicole viene stuprata brutalmente dal branco e lasciata come una povera cosa, ferita nel corpo e sopratutto umiliata moralmente.
Ci vuole tempo per guarire e Nicole, poco alla volta, si ristabilisce almeno fisicamente.
Ma la terribile, devastante esperienza le ha condizionato ormai la vita e il ricordo di quella sera non la abbandona mai.

E torna, implacabile, quando un giorno Nicole si ritrova faccia a faccia con il suo principale violentatore, l’uomo che l’ha stuprata brutalmente per primo:è un meccanico di nome Berthot, sposato e padre di due figli, un teppista dalla vita comune e proprio per questo ancor più ributtante.
Nicole decide che quell’uomo e i suoi complici vadano puniti, non solo per ciò che ha subito lei, ma anche per evitare che possano riprendere impunemente la loro attività squallida e criminale.
Consigliata da Catherine, una sua amica, Nicole lo denuncia.
E’ un atto coraggioso, ma carico di problematiche legate alla concezione arcaica del sesso, del ruolo della donna e perchè no, dello stupro stesso nella piccola comunità in cui Nicole vive.
Contro di lei, apertamente, si schiera sua madre, che non vuole pubblicità negativa sulla sua famiglia e sopratutto l’amato Jacques, il fidanzato, che vorrebbe evitare pubblicità sul fatto temendo l’impatto negativo dello stupro su se stesso.

Ha paura di apparire un cornuto, detto brutalmente.
La sua è una concezione della donna legata agli stereotipi arcaici che regolano la vita della comunità;la donna è palesemente in un ruolo subalterno, deve essere madre e sposa.
Poco conta che lo stupro abbia messo in ginocchio l’animo di quella donna che evidentemente non ama abbastanza da seguire in una crociata contro l’omertà che sembra calare sul drammatico stupro.
Così Nicole si ritrova a combattere una battaglia che sembra persa in partenza, sopratutto quando, dopo la denuncia i famigliari degli stupratori tentano in tutti i modi di persuaderla a ritirare la denuncia, usando mezzi meschini come il denaro in cambio del silenzio o usando l’arma sottile e vigliacca della compassione e della pietà.
Non vogliono turbare gli equilibri delle proprie famiglie, le persone coinvolte nel fatto, genitori e mogli che siano.
Ma Nicole prosegue la sua battaglia, in suo nome ma anche in nome delle vittime della violenza sessuale.
La sua battaglia contro i pregiudizi, contro la falsa morale va avanti e si concluderà con un processo verso i violentatori…

Non c’è compiacimento verso l’effettistica o lo scandalismo fine a se stesso, in L’amour violè, di Yannick Bellon, c’è solo la drammatica e desolante rappresentazione di un atto di violenza, lo stupro, esecrabile e potenzialmente devastante per le sue vittime.
Siamo nel 1978, nel film, anno in cui fu girato ma potremmo essere a stamattina. O purtroppo anche a domani.
Se alcune cose sono cambiate e lo stupro oggi è perseguito con ben altra severità e sopratutto non ha più lo stesso diffuso sistema omertoso ad avvolgerlo occorre dar atto a mutate sensibilità verso il tema.
Non si è certo debellato il fenomeno, ma quanto meno oggi una donna può ragionevolmente pensare di essere maggiormente tutelata dalle leggi.
Tornando alla pellicola, Bellon racconta con piglio asciutto e senza compiacimenti eccessivi, senza morbosità inutili il dramma di Nicole, una ragazza qualsiasi immersa in un’atmosfera paesana qualsiasi.
E’ la Francia, siamo nei dintorni di Grenoble ma potremmo essere nelle campagne italiane, in quelle inglesi o quelle tedesche.

La sequenza dello stupro è di forte impatto:girata in notturna, al buio,quasi a voler sottolineare il buio della ragione che avvolge le menti dei sequestratori, L’amour violè racconta il calvario di una donna che da quel momento in poi, da quello stupro selvaggio e animalesco, cercherà di allontanare da se i fantasmi della spaventosa tragedia subita.
Inutilmente, perchè la mente la riporterà sempre a quei momenti.
Si guarisce nel fisico, e Nicole guarisce: ma probabilmente non si guarisce mai nell’animo.
Yannick Bellon dirige con grande equilibrio un film che pone al centro della storia la triste vicenda di Nicole, senza però andare troppo in la con la commiserazione così come riesce ad evitare la trappola del sensazionalismo o semplicemente quella della sovra esposizione della storia di Nicole.
La vicenda è raccontata con sobrietà e si avvale della intensa interpretazione di Nathalie Nell, l’attrice parigina che all’epoca delle riprese aveva alle spalle qualche buona interpretazione in film come La meravigliosa amante di Adolphe, L’amore di Nathalie e sopratutto Morire d’amore di André Cayatte.
Nel cast c’è anche un giovanissimo Daniel Auteuil.
Un film bello e a tratti crudele, una drammatica raffigurazione di una tematica sempre attuale, oggi come nel 1978.
Il film è di difficilissima reperibilità mentre c’ è una discreta riduzione in divx su You tube, ma in lingua francese http://www.youtube.com/watch?v=PnIABNEkw5E
L’Amour violé
Un film di Yannick Bellon. Con Pierre Arditi, Nathalie Nell, Alain Fourès, Michéle Simonnet, Daniel Auteuil Drammatico, durata 113′ min. – Francia 1977
Nathalie Nell … Nicole
Alain Fourès … Jacques
Michèle Simonnet … Catherine
Pierre Arditi … Julien
Daniel Auteuil … Daniel
Bernard Granger … Patrick
Alain Marcel … Jean-Louis
Gilles Tamiz … René
Tatiana Moukhine … La madre di Nicole
Lucienne Hamon … Il giudice
Guylène Péan … L’avvocato
Marianne Epin … La donna di Patrick
François Lalande … Un ammalato
Marco Perrin … Il padre di Jean-Louis
Andrée Damant … La madre di Jean-Louis
Regia:Yannick Bellon
Soggetto:Yannick Bellon
Sceneggiatura:Yannick Bellon
Montaggio:Jeannine See
Fotografia:Georges Barsky
Musiche:Abraham Sedefian
Produzione:EQUINOXE DRAGON MK2
Distribuzione:CIDIF CAD (1979)
L’opinione del Morandini
Una sera, nei dintorni di Grenoble, Nicole è aggredita e violentata da quattro giovanotti di buona famiglia. Con l’aiuto di un’amica passa dalla vergogna e dall’illusoria speranza dell’oblio alla denuncia degli stupratori. 4° film della bretone Y. Bellon, su un tema già affrontato con La femme de Jean, che allarga il discorso alla violenza di una società, fondata su valori maschilisti. Film didattico dove la finezza dell’analisi psicologica e una puntigliosa chiarezza informativa prevalgono sulla pedanteria della tesi. Ammirevole la sequenza dello stupro, senza perifrasi pietose, ma anche senza compiacimenti morbosi.
L’opinione di Lucius dal sito http://www.davinotti.com
Crudo e violento nella prima fase, a tal punto da chiedersene il senso (non si rappresenta una violenza con la violenza), diventa riflessivo con il prosieguo della visione tra mille analisi e considerazioni. Femminista, metodico con una protagonista che non riesce mai a guarire fino in fondo (e questo è plausibile), quindi realistico, ma estremizzato anche nei dialoghi. Un film di denuncia per un amore violato, per una vita che non sarà mai più la stessa. Impegnato anche civilmente e in grado di scuotere dentro. Niente sarà più come prima?
L’opinione di Lucky78 dal sito http://www.davinotti.com
Film drammatico, interamente incentrato sulla riflessione di una donna violentata che tra mille difficoltà trova il coraggio di denunciare i suoi aggressori. Realistico e delicato, a tratti anche poetico, riesce invece ad essere incredibilmente cruento nella scena dello stupro, girata in modo talmente veritiero da destare notevole impressione. Molto brava ed affascinante l’attrice protagonista, Nathalie Nell, che riesce a dare al suo personaggio dei toni mai eccessivi ma al tempo stesso drammatici.

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Eva nera
Due storie parallele.
Sono quella di Judas Carmichael e quella di Eva; sono altresì padre figlia, ma ignorano l’esistenza l’uno dell’altra.
Lui, Judas, è un ricchissimo commerciante di diamanti di Hong Kong, che vive solo da anni, da quando cioè la sua affascinante moglie asiatica lo ha abbandonato dopo averlo reso padre di una bambina.
Eva è appunto la figlia di Judas, che ignora l’esistenza del padre.
E’ una stupenda ragazza che vive facendo la ballerina, portando in scena un inseparabile serpente che è parte integrante dello spettacolo.
Judas decide di rintracciare sua figlia e spedisce suo fratello Jules sulle tracce della ragazza;Jules rintraccia Eva e la riporta da suo padre, senza però dire alla ragazza la realtà delle cose.
Così Eva viene ospitata da Judas, ignorando che l’uomo che la ricopre di magnifici regali e che la fa vivere nel lusso è suo padre.

Eva è una donna sessualmente disponibile, abituata anche ad avventure saffiche; la ragazza allaccia amicizie particolari con due donne,Kandy e con la dottoressa Jerry.
Le due ambigue relazioni suscitano però un forte sentimento di gelosia in Judas, che decide di far uccidere da Jules le due donne.
Cosa che Jules fa, utilizzando per gli omici i mortali serpenti che Judas alleva in casa.
Eva non ci mette molto a capire cosa realmente è successo e decide di vendicarsi; attirato Jules su un’isoletta lo uccide con l’aiuto di due nativi, inserendogli nel retto un serpente.
Poi torna a casa, sapendo adesso che Judas è suo padre…

Discreto soft core esotico, questo Eva nera diretto da Aristide Massaccesi con il tradizionale pseudonimo di Joe D’Amato.
Ancora una volta il regista romano sceglie come sua musa la stupenda Laura Gemser, che per una volta si trova ad interpretare un personaggio in linea con le sue origini; la Eva del film, infatti, è figlia di un europeo e di un’asiatica.
L’attrice indonesiana gira quindi il terzo film del 1976, dopo Emanuelle nera: Orient reportage e prima di Voto di castità con Massaccesi, cosa che si ripeterà in futuro molte altre volte, dando il via ad una collaborazione artistica fra i due molto proficua.
Il film presenta la solita, accurata regia di Massaccesi anche se la trama barcolla a tratti;colpa principalmente delle bizze fatte da Jack Palance, che volle ad ogni costo interpretare il ruolo di Judas Carmichael, che in origine era stato scritto e pensato per Gabriele Tinti.

Alla fine Massaccesi cedette e riscrisse la sceneggiatura, che risente appunto di questa nuova disposizione di ruoli.
Un film che comunque è di pregevole fattura,quanto meno nella parte fotografica e delle location, con il solito marchio di garanzia rappresentato da Laura Gemser; l’attrice indonesiana, come sempre bellissima e disinibita, se la cava egregiamente in un ruolo decisamente osè, malizioso. Memorabili le sequenze con il serpente…
Bene anche Jack Palance e Gabriele Tinti.
Per quanto riguarda la reperibilità, al momento non posso indicare link in italiano mentre è estremamente improbabile un passaggio del film su qualche rete tv.
Eva nera
Un film di Joe D’Amato. Con Gabriele Tinti, Jack Palance, Laura Gemser, Guido Mariotti,Ziggy Zanger, Michele Strarck Erotico, durata 84′ min. – Italia 1976
Laura Gemser: Eva
Jack Palance: Judas Carmichael
Gabriele Tinti: Jules Carmihael
Michele Starck: Jerry
Ely Galleani: Candie
Regia Joe D’Amato
Soggetto Joe D’Amato
Sceneggiatura Joe D’Amato
Produttore Alexander Hacohen
Casa di produzione Matra Cinematografica, Andromeda Films, Othello Film
Fotografia Joe D’Amato
Montaggio Bruno Mattei
Musiche Piero Umiliani
Scenografia Franco Gaudenzi
L’opinione di baskettaro dal sito http://www.filmscoop.it
Appena sufficiente film diretto da D’Amato ed interpretato dalla Gemser.
Dal punto di vista della trama l’ho trovato meglio rispetto ad altre pellicole del regista.
Molto permissivo dal punto di vista delle nudità, che come in ogni “Massaccesata”che si rispetti è un elemento abbondantemente presente.
L’opinione di will kane dal sito http://www.filmtv.it
Di serpente si vive,si seduce,ci si nutre e si schiatta in questo simil-thriller dell’infaticabile Joe D’Amato:l’ammaliante Laura Gemser è ,ovviamente al centro della vicenda,ma non ci si aspetti un adattamento in chiave pruriginosa della Genesi(va beh che con questi ci si immergeva nel torbido,ma non esageriamo,via!),piuttosto viene messa in risalto l’importanza degli ofidi(sì,quelli verdi o marroni che strisciano,stritolano o mordono)all’interno di una trama che vorrebbe anche rivelarsi con i colpi di scena che,puntualmente,vengono disattesi dalla loro prevedibilità.Un bel pò di nudi femminili,anche se curiosamente le sequenze più spinte vengono lasciate fuori scena,un racconto che va avanti esclusivamente facendo leva sulle aspettative dello spettatore sul quando la splendida Laura si sfilerà le vesti,e un interrogativo che effettivamente non si dilegua:va bene che ha fatto di tutto,ma come faceva un attore come Jack Palance a trovarsi a proprio agio in un film così inutile?
L’opinione di mm40 dal sito http://www.filmtv.it
Il trio formato da Laura Gemser-Jack Palance-Gabriele Tinti rappresenta il punto di forza di questo squinternato filmetto erotico scritto e diretto da un Joe D’amato (che cura come al solito anche la fotografia) a un passo dall’ingresso nel mondo della pornografia. Qui le scene sexy non si contano, ma non vanno d’altronde neppure oltre ai consueti standard di decenza; la Gemser era appena salita alla notorietà mondiale come protagonista della serie di Emanuelle e questo spiega il motivo per cui Eva nera viene distribuito negli Usa come Emanuelle goes japanese. Che può essere un brutto titolo, ma pure quello originale italiano non scherza. L’elemento esotico dell’ambientazione (Hong Kong) è rafforzato dalla presenza dei serpenti; eppure lo stile della regia è tanto insulso, l’erotismo sempre contenuto e la narrazione procede in maniera così singhiozzante che Eva nera difficilmente potrebbe essere visto con interesse sia da un amante del trash/cinema di serie Z che da un pubblico dagli intenti dichiaratamente onanisti. L’unica vera sorpresa positiva è costituita dalla colonna sonora, davvero bella, firmata dal grande Piero Umiliani
L’opinione di Undjing dal sito http://www.davinotti.com
Insolito erotico massaccesiano che tradisce le buone premesse di partenza, avanzate da un cast che vanta, tra i nomi, quello del celebre Jack Palance. Gli elementi “esotici” ci sono tutti, ma il risultato finale è offuscato da contenuti malsani (il drammatico e sconsolante finale) e da eccentricità poco erotiche (il rapporto tra Eva-Gemser ed i serpenti). Co-produce Franco Gaudenzi, mentre all’editing troviamo Bruno Mattei. Da segnalare, inoltre, le notevoli musiche del bravo Piero Umiliani. Una visione la merita…
L’opinione di Herrkinski dal sito http://www.davinotti.com
Questo softcore di D’Amato cerca di proporre una versione “alternativa” del personaggio di Emanuelle della Gemser, che in realtà a conti fatti si differenzia di non molto dal prototipo; la storia, tutto sommato interessante sulla carta, alla resa dei conti non regge e viene sviluppata senza brio, con molti tempi morti e un ritmo alquanto blando. Le scene erotiche sono moderate e non offrono guizzi di alcun genere; Palance e Tinti fan quel che possono ma non bastano a tenere in piedi il film. In definitiva un’occasione mancata; per completisti.
Il trionfo della casta Susanna
Un gruppo di teatranti è in viaggio verso Parigi, dove intende tenere una rappresentazione.
La tarda ora consiglia al gruppo il pernottamento presso il castello di Adrian d’Ambras; qua però arrivano i soldati inviati da Napoleone per arrestare lo stesso d’Ambras.
Un malaugurato equivoco fa si però che ad essere portato via non sia D’Ambras ma l’attore principale del gruppo, Ferdinand,legato alla bellissima prima attrice Susanna.
Un altro equivoco fa si che il gruppo di attori decida di portare con se, verso Parigi, un bambino trovato nel castello a cui viene posto il nome di Adamo; tutti ignorano che il bimbo è il figlio di D’Ambras e così si incamminano verso la capitale, con lo scopo di intercedere presso l’imperatore e ottenere la liberazione dello sfortunato Ferdinand.
Arrivati a corte Susanna e gli attori si ritrovano coinvolti in una serie di intrighi tessuti ai danni dell’imperatore; Napoleone infatti vorrebbe prendere in moglie Maria Luisa, figlia dell’imperatore d’Austria il quale però non intende concedere la mano di sua figlia ad un uomo che crede incapace di procreare.

A questo punto interviene Susanna, che riesce a spacciare il piccolo Adamo come figlio di Napoleone,creando di fatto ostacoli all’ambasciatore russo, che non vuole le nozze e allo stesso tempo alla sorella di napoleone, la bellissima Paolina.
Dopo alterne vicende, Susanna potrà ricongiungersi con l’amato Ferdinand e…
Il trionfo della casta Susanna è il terzo ed ultimo episodio della fortunata serie ambientata nel periodo napoleonico costruita dal regista Franz Antel (che si firma François Legrand), serie costituita dai due episodi precedenti, I dolci vizi… della casta Susanna (1967, Susanne, die Wirtin von der Lahn nell’edizione originale) e Susanna… ed i suoi dolci vizi alla corte del re (1968,Frau Wirtin hat auch einen Grafen).
Antel, ispirandosi almeno come ambientazione alla storica serie di Angelica, gira nel 1969 un film in costume in bilico tra gli intenti comici e le situazioni surreali, creando di fatto un prodotto dalla sceneggiatura molto confusa e con spiccata tendenza al grottesco.

Il prodotto finale, al netto delle ambizioni di partenza, è poco più che mediocre; la comicità ha delle regole ben precise e non basta creare situazioni paradossali in una serie di gag mal assortite per assicurare il divertimento dello spettatore
Un film che ha dalla sua però un cast di eccellente livello, che quantomeno tiene a galla il film grazie alla simpatia dello stesso; basti pensare alla simpatia del nostro Lando Buzzanca, nella parte dell’ambasciatore Conte Lombardini, un po tonto e un po malizioso, o alla presenza nel gineceo femminile di prammatica in questo genere di film delle splendide Margaret Lee e Edwige Fenech, oltre alla storia presenza della Susanna della serie, la bella attrice ungherese Teri Tordai, specializzata in ruoli di supporto e che ancora oggi, a distanza di cinquant’anni dall’esordio sul set continua a lavorare in ambito cinematografico.
Di contorno la presenza di Rosemarie Lidt mentre nel cast maschile vanno segnalati Claudio Brook (D’Ambras), Karl Michael Vogler (Il principe Borghese) e Heinrich Schweiger (Napoleone Bonaparte)
Un film che non risulta particolarmente affascinante sopratutto per il caotico muoversi della storia, per gli improbabili colpi di scena e per la caratterizzazione, tutta volta al grotesco, dei personaggi utilizzati per dipanare una storia che alla fine lascia lo spettatore abbastanza deluso.
Antel prova a mettere un pizzico di sale mostrando senza veli (ma molto pudicamente) la bellissima Fenech e Margaret Lee, che è sempre uno splendido vedere;ma la presenza della censura dell’epoca e la necessità di fare un film possibilmente non volgare o a sfondo erotico consigliarono Antel dall’esagerare con la componente erotica.
Così, quasi a voler ossequiare il titolo che parla della casta Susanna, si vede la Fenech nuda ma non troppo e la Lee di sbircio; di erotismo ovviamente zero e sicuramente è una fortuna, vista la qualità tendente al basso del film.
Che è ancor oggi quasi introvabile nella versione italiana, nonostante la digitalizzazione del film stesso sia avvenuta da tempo.

Ragion per cui è praticamente inutile cercare in rete una versione del film stesso.
Nota finale che riguarda l’enorme battage pubblicitario del film, che però non si tradusse in maggiori introiti al botteghino, ragion per cui questo fu l’ultimo film della serie.Nel 1970 Antel girò Le piacevoli notti di Justine, utilizzando ancora una volta l’attrice Terry (Teri) Torday in un ruolo che ricordava quello ricoperto nella triade dedicata alla casta Susanna e dandole come compagno un personaggio che guarda caso si chiamava, ancora una volta, Ferdinand.
Il trionfo della casta Susanna
Un film di François Legrand (Franz Antel). Con Margaret Lee, Lando Buzzanca, Edwige Fenech, Terry Torday, Rosemarie Lindt Titolo originale Frau Wirtin hat auch eine Nichte. Commedia, durata 90′ min. – Germania 1969.
Terry Torday: Susanne Delberg
Claudio Brock: Barone Ambras
Margaret Lee: Paolina Bonaparte Borghese
Karl Michael Vogler: Principe Borghese
Harald Leipnitz: Ferdinando
Jacques Herlin: Ambasciatore Dulaikeff
Heinrich Schwriger: Napoleone Bonaparte
Lando Buzzanca: Conte Lombardini
Edwige Fenech: Rosalie
Regia Franz Antel
Soggetto Kurt Nachmann
Sceneggiatura Vittoria Vigorelli, Kurt Nachmann
Casa di produzione Aico
Distribuzione (Italia) Delta
Fotografia Hanns Matula
Montaggio Luciano Anconetani
Musiche Gianni Ferrio
L’opinione del Morandini
Giovane attrice armeggia in tutti i modi per liberare Ferdinando, condannato da Napoleone. Commedia austriaca in tono farsesco su una vicenda napoleonica un po’ assurda e intricata. F. Legrand è lo pseudonimo con cui l’austriaco Franz Antel firmò 5 dei suoi film. 3 episodio della serie iniziata con Dolci vizi… della casta Susanna (1967) e proseguita con Susanna e i suoi dolci vizi alla corte del re (1968).
L’opinione di B.Legnani dal sito http://www.davinotti.it
Non è malvagio. Complessa vicenda comico-diplomatica, con un gruppo di attori che finisce col gabbare sistematicamente l’ambasciatore dello Zar di Russia. Buzzanca è perfetto nella sua parte di conte italiano un po’ tonto, che va (per l’onore della famiglia) a fare la ambascerie più pericolose, come andare a dire a Napoleone che si dubita della sua virilità…
L’opinione di Undjing dal sito http://www.davinotti.it
Terzo capitolo dedicato alla Susanna del titolo, che segue, in ordine: I Dolci vizi… della Casta Susanna (1967) e Susanna… ed i suoi Dolci Vizi alla Corte del Re (1968). È ancora l’austriaco Franz Antel a firmare una regia piatta e confusa, frutto di una coproduzione internazionale tra Germania, Italia, Austria ed Ungheria. Il cast è pressoché immutato ed il reparto italiano è garantito dalla presenza di Lando Buzzanca e dalle curiose musiche di Gianni Ferrio. Da vedere, anche se parco per contenuti (comici o erotici che siano).
Il dvd del film è disponibile su Amazon.
Le caratteristiche tecniche del prodotto sono:
Dettagli prodotto
Formato: Import
Audio: Tedesco (Stereo)
Lingua: Tedesco
Regione: Tutte le regioni
Formato immagine: 1.33:1
Studio: MCP Sound & Media AG
Durata: 90 minuti
Il compromesso
E’ un uomo che ha tutto, Eddie Anderson.
Un uomo che è ora su un letto d’ospedale, ferito in maniera gravissima.
Che ora deve fare i conti con l’immobilità forzata e con pensieri che lo riportano a molti anni addietro, quando aveva anche un altro cognome; figlio di un commerciante greco, sembrava destinato a proseguire il lavoro di suo padre, a raccogliere fatalmente l’eredità paterna.
Invece è diventato un ottimo agente pubblicitario, che ha una splendida casa, una bella moglie e anche un’amante.
Ma basta questo a rendere felice un uomo?
In realtà no, e Eddie posto davanti allo specchio del passato, sembra rivisitare una vita che è stata vissuta fino al momento dell’incidente all’insegna del compromesso quotidiano.
Così i pezzi del puzzle della vita di Eddie si incastrano l’uno con l’altro; vediamo la sua storia con Gwen la donna che ha amato e che lo ha lasciato e che gli rimprovera quel passato in cui Eddie non ha avuto ne la voglia ne la capacità di seguire i suoi desideri, accontentandosi di vivere sotto narcosi un’esistenza dorata.

E’ bella e intelligente, Gwen, così come bella e intelligente, oltre che innamoratissima è Florence, sua moglie.
Eddie fino all’incidente si è barcamenato tra l’una e l’altra, tra la freschezza dell’amore con Gwen e l’abitudine della sua vita coniugale con Florence.
Ora però è tempo di scegliere, di cambiare, affrontare la propria vita in modo diverso.
Ma se le intenzioni ci sono, il difficile è affrontare la realtà.
Uscito dall’ospedale, Eddie si licenzia, marcando il primo tentativo di riappropriarsi di una vita che non sente sua; più facile in teoria, quasi impossibile nella pratica, perchè le abitudini, l’educazione e i sentimenti non rispondono a comando.
Così Eddie si ritrova con la moglie Florence che non intende perderlo e che accetta anche la sua relazione con Gwen, di cui Eddie le ha parlato..
Ma l’uomo non vorrebbe più vivere l’esistenza anonima che ha condotto fino ad allora e si ritrova a dover gestire un presente che non può prescindere dal nuovo punto fermo che è rappresentato da Gwen.

La cerca, la trova; e nulla fa la scoperta che Gwen ha avuto un figlio con chi sa chi, che attualmente vive con un uomo che sopporta la vita sregolata della donna solo per amore.
Cosa che vorrebbe fare anche Eddie,ormai deciso a proseguire il cammino sulla strada che ha intrapreso.
Ma come riuscire a liberarsi della ingombrante presenza di suo padre?
Come fare a rinunciare ad una donna come Florence, che rappresenta la stabilità dei sentimenti, della vita coniugale?
Qual’è la strada giusta da seguire, l’irrazionale vita con Gwen o quella tutto sommato quieta che ha vissuto fino ad oggi?
Tratto dal romanzo omonimo di Elia Kazan, assolutamente autobiografico, Il compromesso è un film difficile, complesso e bello, in precario ma fantastico equilibrio fra l’indagine psicologica/psicoanalitica e il dramma, con momenti che virano rapidamente dalla pellicola tout court alla piece teatrale.
Un equilibrio che sembra quasi impossibile da reggere, visti i tempi diversi delle due cose.

Eppure Elia Kazan riesce, in modo quasi miracoloso, a barcamenarsi su una sceneggiatura molto complessa; la storia del manager di mezza età, ormai in profonda crisi esistenziale e in preda ai dilemmi su quello che è stato il suo vivere e sul futuro, funziona perchè la rappresentazione visiva dell’autobiografia della propria vita è sofferta e vera.
Kazan imprime al film una profondità di sentimenti e un tratteggio delicato delle figure che non può non affascinare lo spettatore, che vive in simultanea lo scorrere della vita di Eddie quasi fosse lui stesso il protagonista.
Certo, questo aspetto può essere marginale, non essendo lo spettatore medio una persona in fondo fortunata come Eddie; cosa manca all’uomo di successo, al manager per essere felice?
Ha tutto quello che un uomo può desiderare, casa, moglie ed amante connessa, è un uomo di successo…
Eppure quelli che sono i totem della civiltà moderna non possono guarire a volte i mali dell’animo.
E Eddie non è una persona felice.
Vive un illusione, fino al momento dell’incidente, che scompone in frammenti la sua vita, costringendolo a riconsiderare tutto quello che ha fatto e costruito.
Così lo spettatore è costretto a fare lo stesso, identificandosi non tanto nello status sociale del protagonista quanto osservando la propria vita quotidiana, in continua oscillazione tra quello che vorrebbe e quello che invece è costretto a fare.
Una serie di compromessi.

E il compromesso, il titolo del film esprime sinteticamente la vita di ognuno di noi.
Eddie quindi diventa una figura universalmente riconoscibile, quella di un’umanità dolente costretta ad accettare le cose spesso senza la voglia o maggiormente la possibilità, di dare una sterzata alla propria esistenza.
Il protagonista del film lo fa, ma pagando un duro prezzo.
Il compromesso a quel punto non è soltanto l’accettare il quotidiano, ma accettare anche che gli altri vivano la loro vita e doversi adeguare alle scelte proprio degli altri.
C’è fuga quindi dal compromesso?
No, decisamente.
Il merito di Kazan è quello di aver suggerito, piuttosto che imposta, la soluzione finale dell’enigma.
I compromessi fanno parte integrale della nostra vita, prendere o lasciare.
Se il film, che ha grandi meriti, ha un limite è l’eccessivo spazio dato alla parte sentimentale della questione; tuttavia i sentimenti stessi sono parte integrante e preponderante dell’esistenza e in due ore di rappresentazione drammatica era praticamente impossibile dire altro.
Così Kazan crea un film quasi crepuscolare e poichè è un grande regista sa scegliere gli attori; così scrittura due mostri sacri di Hollywood come Kirk Douglas e Deborah Kerr rispettivamente nei ruoli dei coniugi Eddie e Florence,una giovane talentuosa destinata ad una grande carriera come Faye Dunaway per il ruolo di Gwen e Richard Boone per quello di Sam Arness.

In questo modo il film diventa praticamente perfetto, con recitazioni drammatiche da applausi.
Un film con alcune pecche, ovviamente, ma dal grande fascino, che purtroppo non viene replicato in tv da tempo così come è introvabile in rete in una buona versione.
Il compromesso
Un film di Elia Kazan. Con Deborah Kerr, Faye Dunaway, Kirk Douglas, Hume Cronyn, Richard Boone Titolo originale The Arrangement. Drammatico, durata 127′ min. – USA 1969
Kirk Douglas: Eddie Anderson
Faye Dunaway: Gwen
Deborah Kerr: Florence Anderson
Richard Boone: Sam
Hume Cronyn: Arthur
Michael Higgins: Michael
Carol Eve Rossen: Gloria (accreditata come Carol Rossen)
William Hansen: dottor Weeks
Harold Gould: dottor Leibman
Michael Murphy: padre Draddy
John Randolph Jones: Charles
Anne Hegira: Thomna
Charles Drake: Finnegan
E.J. André: Zio Joe
Philip Bourneuf: giudice Morris
Dianne Hull: Ellen
Ann Doran: infermiera Costello

Regia Elia Kazan
Soggetto Elia Kazan
Sceneggiatura Elia Kazan
Produttore Elia Kazan
Casa di produzione Athena Productions
Elia Kazan (romanzo “The Arrangement”)
Fotografia Robert Surtees
Montaggio Stefan Arnsten
Musiche David Amram
Scenografia Gene Callahan
Costumi Theadora Van Runkle
L’opinione di Cotola, dal sito http://www.davinotti.com
Diseguale sì, ma sicuramente anche coraggioso ed a tratti davvero bello ed interessante. Conferma che Kazan è un gran regista che cercava strade nuove, lontane dalle mode hollywoodiane e che dirigeva divinamente gli attori, qui tutti di grande bravura, con una Faye Dunaway che sprizza bellezza e sensualità da ogni poro dell’epidermide, pur spogliandosi pochissimo. Particolare e di difficile analisi, tanto da essere il classico film che merita sempre una seconda occasione ed almeno una seconda visione.
L’opinione di saintgifts dal sito http://www.davinotti.com
Quanti uomini ci sono in un uomo? Per la donna è diverso, lei sa chi è e cosa vuole. Di chi è la colpa? Della famiglia, della società, degli istinti difficili da dominare? Che peso ha il denaro nella vita della gente? Il massimo peso. Un uomo si costruisce la sua stessa prigione e non riesce più ad uscirne, se non entrando in un’altra prigione. Un uomo diverso in mezzo a tanta “normalità”, che vuole essere solo se stesso. Diversi registri nello stesso film, cambi di tono, momenti migliori, profondi e altri più scontati. Cast di grande livello.
L’opinione di Zombi dal sito http://www.filmtv.it
un uomo rimette in discussione tutto della propria vita dopo un grave incidente automobilistico. tutto ciò che era prima era solo un subdolo compromesso che aveva fatto con se stesso, nascondendolo a se stesso, fino a portarlo ad odiare l’immagine di sè prima di ritrovarsi in fin di vita all’ospedale. alla soglia filmica dei 45 anni, eddie anderson(kirk) deve fare prepotentemente i conti con le sue origine e la sua giovinezza quando ancora si chiamava evangelon arness ed era figlio di un commerciante di origine greche autoritario, destinato a prendere il posto paterno. prepotentemente perchè tutto ciò che gli accade ancor prima dell’incidente, dopo aver conosciuto la bellissima gwen, lo mette in condizione di assumersene gravosamente le responsabilità. nulla di ciò che ha “conquistato” con lo status di invidiato agente pubblicitario, gli verrà risparmiato da gwen(faye). anzi qualsiasi cosa faccia, ogni passo affrontato verrà usato da colei che rifiuta la banale etichetta di amante, come una freccia che lo martirizza fino a farlo crollare coi nervi. i piedistalli sui quali si è messo, grazie anche alla moglie florence(deborah) che furente e accanitamente gli è stata accanto, si disgregano facendolo rovinare a terra e rotolare metaforicamene prima e materialmente poi negli scantinati della casa natìa, dove il padre-padrone conserva tutto della propria faticosa vita lavorativa. quella che doveva essere una storia di riabilitazione fisica da un brutto incidente, si trasforma invece in una labirintica sessione psicanalitica che coinvolge la moglie e la donna della sua vita. tratto da un romanzo dello stesso regista, quel che emerge è uno straziante quanto severo mea culpa per come si decide di indirizzare la vita. nulla di ciò che eddie ha fatto fino all’incidente soddisfa evangelon e nemmeno un tardivo riscatto con la figura paterna riesce, poichè troppi sono i non detti e i silenzi imposti da una compiacente madre, fino alla fuga da casa per diventare un pezzo grosso. film crepuscolare, scaldato da un’autunnale fotografia e sorretto dalle strepitose interpretazioni degli attori. mi rendo conto di quanto douglas sia stato un bravo attore ogni volta che lo vedo in un film. faye dunaway d’una bellezza più unica che rara è bravissima nel suo ruolo di specchio dell’anima e deborah kerr brilla in un ruolo non del tutto simpatico di compagna d’affari più che di vita. lo sa e dietro quegli occhi sgranati di lady d’altri tempi, sa far brillare mine di calcolata crudeltà.
L’opinione di sasso67 dal sito http://www.filmtv.it
Sofferta riflessione di Elia Kazan, greco di Cesarea in Anatolia, il cui vero nome era Elias Kazanioglou, come è Evangelos il vero nome del protagonista Eddie Anderson. È stato definito l’Otto e mezzo di Kazan, ma qui il tono è funereo e la durata appare eccessiva, riguardo ad un racconto dominato dalle figure ingombranti del padre (Richard Boone) e dell’amante (Faye Dunaway). Il compromesso – lo dice il titolo stesso – scaturisce dall’incapacità di accettare i vincoli familiari, sia consanguinei che giuridici (il padre, la madre e il fratello, ma anche la moglie e la cognata) e dall’impossibilità di ribellarsi ad essi. In questa riflessione di un regista che era comunque rimasto scosso dall’esperienza vissuta durante il maccartismo e che raramente avrebbe ritrovato il piglio deciso degli esordi, il tono è sofferto e vi si scontrano un confuso anticapitalismo, la psicoanalisi, un insopprimibile anelito alla libertà e le prosaiche necessità finanziarie dello stile di vita americano.
L’opinione di Atticus dal sito http://www.filmscoop.it
Ritratto onirico di una crisi esistenziale che assume sempre più le caratteristiche di un violento esaurimento nervoso con implicazioni socio-familiari, diretto da un grande regista che seppe reinventarsi con uno stile estremamente moderno (vedere per credere, da questo punto di vista è davvero un film all’avanguardia) ed interpretato da tre attori eccezionali invischiati in un tour de force masochistico di rara forza drammatica. Kirk Douglas fa rivivere ansie e nevrosi del self made man americano che viene schiacciato dal peso del suo ruolo sociale e spersonalizzato dall’apparenza perbenista dell’epoca. Peccato che la parte centrale si appesantisca in modo eccessivo tra critica dello status symbol, irrigidimento dei sentimenti e crisi dell’istituzione familiare. In ogni caso un film in larghissimo anticipo sui tempi sia per contenuti che per linguaggio cinematografico, poco amato all’epoca e oggi crudelmente dimenticato.
Il libro di Elia Kazan dal quale è tratto il film
Gli Oscar del 1971
La serata che aggiudica gli oscar del 1971, relativa ai film dell’anno precedente, si tiene la sera del 15 aprile 1971 al Dorothy Chandler Pavilion di Los Angeles, tradizionale sede della cerimonia.
L’apertura della serata è affidata a Daniel Taradash, presidente dell’Academy Awards; si tratta della 43a edizione, e i presentatori delle varie categorie sono: Goldie Hawn, Jeanne Moreau, Melvyn Douglas, Ryan O’Neal, Leigh Taylor-Young, George Segal, Jennifer Jones, Lee Grant, Maximilian Schell, Ginger Rogers, Jack Nicholson, Ali McGraw, Robert Evans, Quincy Jones, Sally Kellerman, Jim Brown, Sarah Miles, Angie Dickinson, Burt Bacharach, Joan Blondell, Genevieve Bujold, Paula Prentiss, Richard Benjamin, Walter Matthau, Juliet Prowse, Glen Campbell, Merle Oberon, Gregory Peck, Eva Marie Saint, Steve McQueen, Harry Belafonte, Shirley Jones e John Marley.
Un parterre di tutto rispetto, che introduce le varie categorie in lizza per le prestigiose statuette; il record di nomination spetta a Patton generale d’acciaio, ben 10 e alla fine della cerimonia il film di Franklin J. Schaffner porterà a casa ben 7 statuette.
10 nomination le prende anche Airport, il colossal diretto da George Seaton tratto dal romanzo di Arthur Hailey, primo di una lunga serie di sequel; il film però clamorosamente si aggiudica solo un Oscar, quello andato a Helen Hayes per la Miglior attrice non protagonista.
Altro sconfitto è lo splendido Cinque pezzi facili, di Bob Rafelson, che su 4 nomination resta a secco, così come cocente è la delusione per Mash di Altman, uno dei fenomeni cinematografici del 1970 che vince un solo Oscar su 5 nomination.
Hollywood alla fine premia la forma in luogo della sostanza, preferendo premiare un bio pic celebrativo, anche se oggettivamente ben fatto piuttosto che un film critico come Mash, mascherato da commedia farsesca e che metteva alla berlina l’impegno americano nella guerra di Corea.
Ancor meno coraggio l’Academy award mostra verso i film che revisionano parte della sua storia, come la colonizzazione selvaggia del west a scapito dei nativi spregiativamente chiamati pellerossa.
Film come Soldato blu o Piccolo grande uomo, coraggiosi e revisionisti, sono messi da parte.
Alla fine comunque vengono premiati anche vecchie glorie come Orson Welles e Lillian Gish per la loro onorata carriera cinematografica e Ingmar Bergman con il Premio alla memoria Irving G. Thalberg mentre il Premio umanitario Jean Hersholt viene assegnato a Frank “The voice” Sinatra.
Netta vittoria per Woodstock – Tre giorni di pace, amore e musica (Woodstock), regia di Michael Wadleigh come miglior documentario mentre la miglior canzone è For All We Know con musica di Fred Karlin, testo di Robb Royer e James Griffin tema portante del film Amanti ed altri estranei (Lovers and Other Strangers).
I Beatles con Let It Be trionfano nella sezione Adattamento con canzoni originali,mentre la miglior colonna sonora drammatica è il tema di Love story di Francis Lai.
Per l’Italia è un anno eccezionale: trionfa Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, regia di Elio Petri che la spunta nientemeno su Tristana del grande maestro Bunuel,mentre il Satyricon di Fellini ottiene la nomination ma contro il Patton di Schaffner non ce n’è per nessuno.
Il Dorothy Chandler Pavilion, sede degli Oscar 1971
Curiosità:
–Tora Tora Tora, di Richard Fleischer, coadiuvato dai registi giapponesi Kinji Fukasaku e Toshio Masuda, un altro film a sfondo bellico è candidato a 5 Oscar; a fine serata vincerà l’Oscar per gli effetti speciali
–Love Story di Arthur Hiller è uno dei grandi successi del 1970. Ma su ben 7 candidature (Nomination Miglior film a Howard G. Minsky, Migliore regia a Arthur Hiller, Miglior attore protagonista a Ryan O’Neal, Miglior attrice protagonista a Ali MacGraw,Miglior attore non protagonista a John Marley e Migliore sceneggiatura originale a Erich Segal) il film vincerà solo l’Oscar per la miglior colonna sonora, che del resto avrà un successo planetario e decine di versioni alternative.
–Glenda Jackson, attrice inglese premio Oscar per Donne in amore, bisserà il successo col premio come miglior attrice nel 1974 con Un tocco di classe.
–George C.Scott, Oscar come miglior attore protagonista per Patton non si presentò sul palco per la premiazione, ritenendosi non in competizione con i suoi colleghi.
–Freddie Young vince il suo terzo Oscar per la miglior fotografia con la figlia di Ryan, dopo quelli ottenuti con altri due kolossal,Lawrence d’Arabia e Il dottor Zivago.
Legenda:in neretto i film e i protagonisti vincitori dell’Oscar

Miglior film
Patton, generale d’acciaio (Patton), regia di Franklin J. Schaffner

Airport (Airport), regia di George Seaton

Cinque pezzi facili (Five Easy Pieces), regia di Bob Rafelson

Love Story (Love Story), regia di Arthur Hiller

M*A*S*H (M*A*S*H), regia di Robert Altman
Miglior regia
Franklin J. Schaffner – Patton, generale d’acciaio (Patton)

Arthur Hiller – Love Story (Love Story)

Robert Altman – M*A*S*H (M*A*S*H)

Ken Russell – Donne in amore (Women in love)
Miglior attore protagonista
George C. Scott – Patton, generale d’acciaio

Melvyn Douglas – Anello di sangue (I Never Sang for My Father)

James Earl Jones – Per salire più in basso (The Great White Hope)

Jack Nicholson – Cinque pezzi facili (Five Easy Pieces)

Ryan O’Neal – Love Story (Love Story)
Migliore attrice protagonista
Glenda Jackson – Donne in amore (Women in love)

Jane Alexander – Per salire più in basso (The Great White Hope)

Ali MacGraw – Love Story (Love Story)

Sarah Miles – La figlia di Ryan (Ryan’s Daughter)

Carrie Snodgress – Diario di una casalinga inquieta (Diary of a Mad Housewife)
Miglior attore non protagonista
John Mills – La figlia di Ryan (Ryan’s Daughter)

Richard Castellano – Amanti ed altri estranei (Lovers and Other Strangers)

Chief Dan George – Piccolo Grande Uomo (Little Big Man)

Gene Hackman – Anello di sangue (I Never Sang for My Father)

John Marley – Love Story (Love Story)
Migliore attrice non protagonista
Helen Hayes – Airport (Airport)

Karen Black – Cinque pezzi facili (Five Easy Pieces)

Lee Grant – Il padrone di casa (The Landlord)

Sally Kellerman – M*A*S*H (M*A*S*H)

Maureen Stapleton – Airport (Airport)
Miglior sceneggiatura originale
Francis Ford Coppola e Edmund H. North – Patton, generale d’acciaio
Bob Rafelson e Adrien Joyce – Cinque pezzi facili (Five Easy Pieces)
Norman Wexler – La guerra del cittadino Joe (Joe)
Erich Segal – Love Story (Love Story)
Eric Rohmer – La mia notte con Maud (Ma nuit chez Maud)
Miglior sceneggiatura non originale
Ring Lardner Jr. – M*A*S*H (M*A*S*H)
George Seaton – Airport (Airport)
Robert Anderson – Anello di sangue (I Never Sang for My Father)
Renee Taylor, Joseph Bologna e David Zelag Goodman – Amanti ed altri estranei (Lovers and Other Strangers)
Larry Kramer – Donne in amore (Women in Love)
Miglior film straniero
Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, regia di Elio Petri (Italia)
Primo amore (Erste Liebe), regia di Maximilian Schell (Svizzera)
Tristana (Tristana), regia di Luis Buñuel (Spagna)
Sciuscià nel Vietnam (Hoa-Binh), regia di Raoul Coutard (Francia)
Pace nei campi (Paix Sur Les Champs), regia di Jacques Boigelot (Belgio)
Miglior fotografia
Freddie Young – La figlia di Ryan (Ryan’s Daughter)
Ernest Laszlo – Airport (Airport)
Fred Koenekamp – Patton, generale d’acciaio (Patton)
Charles F. Wheeler, Osami Furuya, Sinsaku Himeda e Masamichi Satoh – Tora! Tora! Tora! (Tora! Tora! Tora!)
Billy Williams – Donne in amore (Women in Love)
Miglior montaggio
Hugh S. Fowler – Patton, generale d’acciaio (Patton)
Stuart Gilmore – Airport (Airport)
Danford B. Greene – M*A*S*H (M*A*S*H)
James E. Newcom, Pembroke J. Herring e Inoue Chikaya – Tora! Tora! Tora! (Tora! Tora! Tora!)
Thelma Schoonmaker – Woodstock – Tre giorni di pace, amore e musica (Woodstock)
Miglior scenografia
Urie McCleary, Gil Parrondo, Antonio Mateos e Pierre-Louis Thevenet – Patton, generale d’acciaio (Patton)
Alexander Golitzen, E. Preston Ames, Jack D. Moore e Mickey S. Michaels – Airport (Airport)
Tambi Larsen e Darrell Silvera – I cospiratori (The Molly Maguires)
Terry Marsh, Bob Cartwright e Pamela Cornell – La più bella storia di Dickens (Scrooge)
Jack Martin Smith, Yoshiro Muraki, Richard Day, Taizoh Kawashima, Walter M. Scott, Norman Rockett e Carl Biddiscombe – Tora! Tora! Tora!
Migliori costumi
Nino Novarese – Cromwell – Nel suo pugno la forza di un popolo (Cromwell)
Edith Head – Airport (Airport)
Donald Brooks e Jack Bear – Operazione Crepes Suzette (Darling Lili)
Bill Thomas – Il re delle isole (The Hawaiians)
Margaret Furse – La più bella storia di Dickens (Scrooge)
Migliori effetti speciali
A. D. Flowers e L. B. Abbott – Tora! Tora! Tora! (Tora! Tora! Tora!)
Alex Weldon – Patton, generale d’acciaio (Patton)
Migliore colonna sonora
Francis Lai – Love Story (Love Story)
Alfred Newman – Airport (Airport)
Frank Cordell – Cromwell – Nel suo pugno la forza di un popolo (Cromwell)
Jerry Goldsmith – Patton, generale d’acciaio (Patton)
Henry Mancini – I girasoli (I girasoli)
Adattamento con canzoni originali
The Beatles – Let It Be (Let It Be)
Fred Karlin e Tylwyth Kymry – A.A.A. Ragazza affittasi per fare bambino (The Baby Maker)
Rod McKuen, John Scott Trotter, Rod McKuen, Bill Melendez, Al Shean e Vince Guaraldi – Un ragazzo di nome Charlie Brown (A Boy Named Charlie Brown)
Henry Mancini e Johnny Mercer – Operazione Crepes Suzette (Darling Lili)
Leslie Bricusse, Ian Fraser e Herbert W. Spencer – La più bella storia di Dickens (Scrooge)
Miglior canzone
For All We Know, musica di Fred Karlin, testo di Robb Royer e James Griffin – Amanti ed altri estranei (Lovers and Other Strangers)
Pieces of Dreams, musica di Michel Legrand, testo di Alan Bergman e Marilyn Bergman – Noi due (Pieces of Dreams)
Thank You Very Much, musica e testo di Leslie Bricusse – La più bella storia di Dickens (Scrooge)
Till Love Touches Your Life, musica di Riz Ortolani, testo di Arthur Hamilton – La valle dei Comanches (Madron)
Whistling Away the Dark, musica di Henry Mancini, testo di Johnny Mercer – Operazione Crepes Suzette (Darling Lili)
Miglior sonoro
Douglas Williams e Don Bassman – Patton, generale d’acciaio (Patton)
Ronald Pierce e David Moriarty – Airport (Airport)
Gordon K. McCallum e John Bramall – La figlia di Ryan (Ryan’s Daughter)
Murray Spivack e Herman Lewis – Tora! Tora! Tora! (Tora! Tora! Tora!)
Dan Wallin e Larry Johnson – Woodstock – Tre giorni di pace, amore e musica (Woodstock)
Miglior documentario
Woodstock – Tre giorni di pace, amore e musica (Woodstock), regia di Michael Wadleigh
Gli extraterrestri torneranno (Erinnerungen an die Zukunft), regia di Harald Reinl
Jack Johnson (Jack Johnson), regia di Alan Bodian
King – Una testimonianza filmata… Da Montgomery a Memphis (King: A Filmed Record…Montgomery to Memphis), regia di Sidney Lumet e Joseph L. Mankiewicz
Say Goodbye (Say Goodbye), regia di David H. Vowell
Miglior cortometraggio
The Resurrection of Broncho Billy (The Resurrection of Broncho Billy), regia di James R. Rokos
Shut Up…I’m Crying (Shut Up…I’m Crying), regia di Robert Siegler
Sticky My Fingers…Fleet My Feet (Sticky My Fingers…Fleet My Feet), regia di John D. Hancock
Miglior cortometraggio documentario
Interviews with My Lai Veterans (Interviews with My Lai Veterans), regia di Joseph Strick
The Gifts (The Gifts), regia di Robert McBride
A Long Way from Nowhere (A Long Way from Nowhere), regia di Bob Aller
Oisin (Oisin), regia di Patrick Carey
Time Is Running Out (Time Is Running Out), regia di Robert Ménégoz
Miglior cortometraggio d’animazione
Is It Always Right To Be Right? (Is It Always Right To Be Right?), regia di Lee Mishkin
The Further Adventures of Uncle Sam: Part Two (The Further Adventures of Uncle Sam: Part Two), regia di Dale Case e Robert Mitchell
The Shepherd (The Shepherd), regia di Cameron Guess
Premio alla carriera
Lillian Gish
Orson Welles

Glenda Jackson, Oscar come migliore attrice protagonista
John Mills Oscar come miglior attore non protagonista
Gli Oscar per Patton
Lillian Gish, Oscar alla carriera
Karl Malden
Leslie Caron
Edward North produttore di Patton
Goldie Hawn, principale conduttrice della serata
Le locandine dei magnifici cinque

Filmscoop è su Facebook:per richiedere l’amicizia:
1975, un anno di cinema

Anno denso di avvenimenti,il 1975. Su tutti, la fine della “sporca guerra“,quella del Vietnam, che ha causato oltre 50.000 morti fra i soldati americani di stanza in Vietnam e un numero imprecisato di morti fra i civili vietnamiti.
E’ anche l’anno in cui un giovane americano fonda un’azienda che avrà un influsso determinante nei decenni successivi: Bill Gates fonda la Microsoft, convinto che “ci sarà nel futuro un computer su ogni scrivania e uno in ogni casa“.
Una visione profetica che è andata anche oltre le aspettative di Gates.
In casa nostra, è l’anno dell’incubo terrorista, con decine e decine di azioni criminali.
In Italia un operaio guadagna all’incirca 150.000 lire,un caffè costa 120 lire,un giornale 150 lire e un litro di benzina 300 lire, mentre l’oro costa all’incirca 5500 lire il grammo.
L’inflazione fa paura perchè sfiora il 20% e il dollaro, la valuta pregiata che ci serve per acquistare petrolio e materie prime oscilla tra le 700 e 800 lire, quotazione raggiunta verso il finire dell’anno.
Il film dell’anno,Qualcuno volò sul nido del cuculo
Il più visto in Italia, Amici miei
Sulla terra la popolazione raggiunge i 4 miliardi di abitanti, cifra destinata a raddoppiarsi quasi nei successivi decenni;scompaiono personaggi che hanno fatto la storia, come il dittatore Francisco Franco,il poeta Pier Paolo Pasolini (tragicamente),scompare Carlo Levi e il miliardario greco Onassis.
8 marzo – Italia: viene approvata la legge 39/75 che abbassa la maggiore età da ventuno a diciotto anni mentre l’undici novembre per la prima volta viene istituito un divieto di fumo negli ambienti pubblici, con la legge n°584/1975:sono due leggi fondamentali per la società italiana e avranno riflesso anche in ambito cinematografico.
Sparisce l’insana abitudine di fumare nei cinema, cosa che aveva tenuto lontano un gran numero di spettatori.
In stretto ambito cinematografico è l’anno di Qualcuno volò sul nido del cuculo, lo straordinario film di Milos Forman interpretato da Jack Nicholson, Louise Fletcher, William Redfield, Will Sampson, Brad Dourif; la storia del pregiudicato che stravolge la vita di un manicomio americano, raccontata con taglio asciutto e drammatico da Forman trionfa nelle sale e si aggiudica un numero impressionante di premi (ovviamente l’anno successivo), come 5 Oscar,6 Golden Globe, 6 Bafta, 2 david di Donatello, 1 Nastro d’argento oltre al New York Film Critics Circle Award, Los Angeles Film Critics Association Award ecc.
Un grande Al Pacino protagonista di Quel pomeriggio di un giorno da cani
Un cult: Profondo rosso di Dario Argento
Un film entrato di diritto nella storia del cinema, così come grandissimo successo riscuote l’italianissimo Amici miei, regia di Mario Monicelli interpretato dagli straordinari Ugo Tognazzi, Philippe Noiret, Gastone Moschin, Duilio Del Prete, Adolfo Celi, Bernard Blier e con ruoli di contorno da Olga Karlatos, Milena Vukotic, Franca Tamantini, Marisa Traversi, Silvia Dionisio.
Amici miei diviene un fenomeno di costume ed è il film più visto dell’anno;grandissimo il successo anche di Profondo rosso, film cult del regista Dario Argento, che crea un thriller praticamente perfetto destinato a fare epoca, suo capolavoro indiscusso e che il regista romano non ha più replicato, ne in termini di qualità ne in termini di perfezione registica.
Altri due film dell’anno sono il claustrofobico Lo squalo di Spielberg, storia incubo ambientata ad Amity, cittadina balneare del New England in cui uno squalo semina il terrore e Barry Lyndon di Stanley Kubrick, altro capolavoro del maestro inglese che racconta con un cinico sorriso sulle labbra le disavventure di un avventuriero che avrà un destino crudele.
Successo planetario per un horror musical diretto da Jim Sharman, The Rocky Horror Picture Show, interpretato tra l’altro dalla bravissima Susan Sarandon mentre in Italia esce postumo Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini, crudele storia rappresentata visivamente con immagini choc del potere che tutto fagocita e tutto distrugge.
L’opera rock Tommy di Ken Russell
Un altro musical, il famosissimo The rocky horror picture show
Un film sequestrato, tagliato, vituperato e condannato come nessuno prima, fatta eccezione per Ultimo tango a Parigi di Bertolucci.
Nelle sale approda un film di Salce che fa epoca e che darà il via ad una serie infinita di sequel, molti dei quali di mediocre se non pessima fattura: è Fantozzi, basato sulle disavventure paradossali di un ragioniere sfigato, che incarna in versione assoluta e volutamente esagerata i difetti dell’italiano medio.
Adriano Celentano presenta Yuppi du, una favola delicata con riferimenti al sociale, un film poco compreso all’epoca ma dal grosso impatto visivo mentre dall’America arriva un capolavoro firmato Sidney Lumet, un amarissimo film a sfondo sociale interpretato da Al Pacino, Quel pomeriggio di un giorno da cani
A Lumet risponde Pollack con lo splendido I tre giorni del Condor, storia a metà strada tra la spy story e il thriller, splendidamente interpretato da Robert Redford, Max von Sydow, Faye Dunaway e Cliff Robertsonè il vero regista occulto della vita politica statunitense.
Salon Kitty di Tinto Brass
Il controverso e sequestratissimo Salò di Pasolini
Rollerball
Azione, ritmo e un messaggio chiarissimo: in America comanda la Cia, che orienta la vita pubblica a piacimento.
Nashville è l’ennesimo capolavoro di Altman, grande successo di pubblico e critica mentre il nostro Antonioni si rivolge ancora a Hollywood per girare Professione reporter,storia originale di un reporter che sceglie di cambiare vita organizzando una finta morte.Protagonisti del film sono Jack Nicholson e Maria Schneider, mentre Dyane Keaton è la principale interprete di Amore e guerra di Woody Allen spassosa incursione nella storia del grande regista americano.
Peter Weir, riprendendo una storia vera, presenta Picnic ad Hanging Rock, suggestiva storia che racconta la sparizione di alcune ragazze nel deserto australiano mentre il francese Truffaut porta sugli schermi una giovanissima Adjani in Adele H una storia d’amore, film romantico d’amore e d’avventura che racconta le vicende della figlia illegittima di Victor Hugo.
Dersu Uzala, il piccolo uomo delle grandi pianure segna il ritorno sullo schermo di Kurosawa, dopo le disavventure di fine anni sessanta culminate nel tentativo di suicidio del 1971 ; la storia dell’uomo della tundra che salva la vita ad un ufficiale e finirà ammazzato da un comune ladro commuove gli spettatori, mentre John Milius chiama Sean Connery e Candice Bergen ad interpretare un kolossal ambientato nel deserto Il vento e il leone.
Il 1975 è anche l’anno dell’opera rock Tommy, diretta da Ken Russell con Ann-Margret, Oliver Reed, Eric Clapton, Roger Daltrey, Tina Turner, Elton John e Jack Nicholson; la storia del campione di flipper sfruttato dai genitori ed assunto al ruolo di star affascina sia il pubblico che la critica mentre martin Scorsese presenta Alice non abita più qui, protagonista una splendida Ellen Burstyn;
Lo splendido Barry Lindon di Stanley Kubrick
Il Fantozzi di Salce
in Italia riscuotono un lusinghiero successo La donna della domenica, di Comencini tratto dall’omonimo racconti di Fruttero e Lucentini, interpretato da un gran cast nel quale spiccano Claudio Gora, Jacqueline Bisset, Jean-Louis Trintignant, Marcello Mastroianni, Aldo Reggiani, Pino Caruso, Gigi Ballista, Tina Lattanzi, Lina Volonghi,storia beffarda e ironica di un omicidio commesso con un’arma insolita, un fallo di pietra. L’anatra all’arancia, commedia agrodolce di Salce protagonisti Monica Vitti, Barbara Bouchet e Ugo Tognazzi.
Ancora, sempre in tema di cinema italiano, vanno segnalati Cadaveri eccellenti, apologia sul potere opera di Francesco Rosi,la commedia erotica Il vizio di famiglia di Laurenti, forse una delle più gradevoli interpretata da tre bellezze come Edwige Fenech, Susan Scott e Edwige Fenech,
Pasqualino Settebellezze di Lina Wertmuller protagonista un grande Giancarlo Giannini.
Dall’America arriva l’ottimo dramma sulla schiavitù Mandingo, opera di Fleischer, così come arriva un film di John Houston , L’uomo che volle farsi re interpretato da Sean Connery, Michael Caine, Christopher Plummer,lo splendido e avveniristico Rollerball di Norman Jewison con un futuro immaginato spietato e governato da un gioco crudele,il rollerball appunto a cui solo un uomo tenterà di porre un freno.
Lucio Fulci presenta I quattro dell’apocalisse, uno dei rari western del periodo interpretato da Fabio Testi, Lynne Frederick e Tomas Milian mentre il francese Bertrand Tavernier porta sugli schermi una vicenda ambientata ai tempi di Luigi XV, anticipatrice della rivoluzione francese, Che la festa cominci.
I tre giorni del Condor
Siamo nel pieno del boom della commedia erotica e non mancano prodotti legati a questo filone, alcuni passabili, altri meno: si comincia con il successo planetario del pessimo Histoire d’O di Just Jaeckin,che lancia una giovanissima attrice destinata ad un lusinghiero successo, Corinne Clery, passando per il nostrano La liceale di tarantini, con Gloria Guida, capostipite del filone sexy studentesco, per il controverso e censuratissimo Salon Kitty di Tinto Brass interpretato tra gli altri da John Steiner, Helmut Berger, Ingrid Thulin, Stefano Satta Flores, Maria Michi, Therese Ann Savoy, Paola Senatore, Tina Aumont, Bekim Fehmiu, Rosemarie Lindt, Gigi Ballista, per L’amica di mia madre pessimo film del pessimo regista Ivaldi, con l’accoppiata di bellezze Bouchet-Villani.
Si continua con Lezioni private, discreto erotico adolescenziale di Vittorio De Sisti con un parterre di attrici protagoniste davvero invidiabile come Carroll Baker, Leonora Fani, Femi Benussi,con L’insegnante, pruriginoso film di Cicero protagonista ancora una splendida Edwige Fenech, che è anche l’assoluta mattatrice del film Grazie nonna, mediocre lavoro di Franco Martinelli che ha tra gli interpreti il terrorista ed ex enfant prodige Giusva Fioravanti,
Conviene far bene l’amore
Di che segno sei
Grazie nonna
l’ancor più mediocre Le dolci zie di Imperoli, storia di un’altra iniziazione con tanto di incesto e interpretato da Marisa Merlini, Femi Benussi, Pascale Petit, Jean-Claude Verné, Mario Maranzana, Patrizia Gori, Orchidea De Santis.
Erotico scadente quello di Pier Giorgio Ferretti, La novizia mentre di ben altro livello e qualità è l’ottimo La bestia di Walerian Borowczick,cosi come scadenti sono La supplente di Leoni, con Carmen Villani, Peccati in famiglia di Gaburro mentre un onesto prodotto è Peccati di gioventù di Silvio Amadio, storia di un amore saffico e annesso ricatto che sfocerà in tragedia, nel cui cast compaiono due splendide attrici di genere come Gloria Guida e Dagmar Lassander.
Sfogliando l’elenco dei film del 1975 si possono citare ancora Conviene far bene l’amore, curioso film di Pasquale Festa Campanile ambientato in un ipotetico futuro nel quale ogni fonte di energia è andata perduta ;grazie ad un’intuizione di uno studioso (Gigi Proietti), che studia il metodo di creare energia tramite i rapporti sessuali, tutto si risolverà per il meglio.Ottimo il cast che include Mario Scaccia, Christian De Sica, Adriana Asti, Mario Pisu, Agostina Belli, Eleonora Giorgi oltre al citato Gigi Proietti,il più che discreto La mazurka del barone della santa e del fico fiorone di Pupi Avati, storia di una visione di una santa che proprio tale non è e che vede nel cast una splendida Delia Boccardo, il solito grande Tognazzi e un inedito Lucio Dalla.
Il vento e il leone
Nel 1975 viene nuovamente distribuito Le malizie di Venere, uscito anni prima e mal distribuito per una serie di problemi;diretto da Dallamano e interpretato da Laura Antonelli.il film riprende un romanzo di Leopold von Sacher-Masoch e racconta la storia di una giovane dissoluta che verrà uccisa dal suo amante.
Anche Per le antiche scale, di Mauro Bolognini, racconta l’inferno dei manicomi, con esiti alterni,mentre Flavio Mogherini con Paolo Barca, maestro elementare, praticamente nudista mette alla berlina la mentalità chiusa del sud riguardo il nudismo e la libertà sessuale.
Film gradevole, caratterizzato dalla presenza nel cast di bravi attori come Janet Agren, Renato Pozzetto, Magali Noël, Miranda Martino, Paola Borboni, Liana Trouché, Valeria Fabrizi oltre a Stefano Satta Flores e Annabella Incontrera.
Molto bello e purtroppo sottovalutato L’ultimo treno della notte, storia all’Arancia meccanica che si svolge su un treno, dove dei teppisti stuprano due ragazze.
Histoire d’O
Andrea Bianchi presenta Nude per l’assassino, discreto thriller all’italiana con Edwige Fenech mentre Stelvio Massi porta sugli schermi Mark il poliziotto, poliziottesco di buona fattura interpretato dal divo dei fotoromanzi Lancio Franco Gasparri;sempre tra i poliziotteschi segnalo Il giustiziere sfida la città di Umberto Lenzi con Femi Benussi, Joseph Cotten, Tomas Milian mentre una citazione (assolutamente in negativo) la merita Piange il telefono di Lucio De Caro, che riprende il grande successo della canzone di Modugno, ormai sul viale del tramonto e nel fa un “lagrima” movie di inguardabile bruttezza.
Frankenheimer propone un sequel,Il braccio violento della legge n. 2 che vorrebbe rinverdire i fasti del precedente film di Friedkin spostando l’azione a Parigi, ma con risultati assolutamente minori rispetto al gran successo di Il braccio violento della legge.
Chiudo citando alla rinfusa alcuni titoli dell’anno, film onesti o quanto meno di egregia fattura come Il cav. Costante Nicosia demoniaco, ovvero: Dracula in Brianza di Lucio Fulci, Calde labbra di Demofilo Fidani,La fabbrica delle mogli di Bryan Forbes e Cagliostro di Pettinari.
I quattro dell’apocalisse
Il vizio di famiglia
La bestia
La donna della domenica
La liceale
La pantera rosa colpisce ancora
L’amica di mia madre
Lo squalo
L’ultimo treno della notte
L’uomo che volle farsi re
Nashville
Pasqualino settebellezze
Picnic ad Hanigng rock
Professione reporter
Miglior film: Il padrino – Parte II (The Godfather: Part II), regia di Francis Ford Coppola
Miglior regia : Francis Ford Coppola – Il padrino – Parte II
Miglior attore protagonista Art Carney – Harry e Tonto
Migliore attrice protagonista:Ellen Burstyn – Alice non abita più qui
Miglior attore non protagonista:Robert De Niro – Il padrino – Parte II
Migliore attrice non protagonista: Ingrid Bergman – Assassinio sull’Orient Express
Miglior film straniero:Amarcord, regia di Federico Fellini (Italia)
Palma d’oro: Cronaca degli anni di brace regia di Mohammed Lakhdar-Hamina (Algeria)
Grand Prix Speciale della Giuria: L’enigma di Kaspar Hauser regia di Werner Herzog (Germania)
Prix d’interprétation féminine: Valerie Perrine – Lenny, regia di Bob Fosse (USA)
Prix d’interprétation masculine: Vittorio Gassman – Profumo di donna, regia di Dino Risi (Italia)
Prix de la mise en scène: Michel Brault – Les ordres (Canada) ex aequo Costa-Gavras – L’affare della Sezione Speciale (Section spéciale) (Francia/Italia/Germania)

Adozione (Örökbefogadás) Márta Mészáros

Migliore film Fatti di gente perbene, regia di Mauro Bolognini e
Gruppo di famiglia in un interno, regia di Luchino Visconti
Miglior regista: Dino Risi – Profumo di donna
Migliore attrice protagonista: Mariangela Melato – La poliziotta
Migliore attore protagonista:Vittorio Gassman – Profumo di donna
Miglior regista straniero:Billy Wilder – Prima pagina
Miglior film straniero:L’inferno di cristallo (The Towering Inferno), regia di Irwin

Filmscoop è su Facebook: richiedetemi l’amicizia.
Il profilo è il seguente:
http://www.facebook.com/filmscoopwordpress.paultemplar


























































































































































































































































































































