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Un attimo di vita (La sensualità è un attimo di vita)

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Difficile da catalogare, difficile da comprendere:La sensualità è un attimo di vita, o anche semplicemente Un attimo di vita di Dante Marraccini assomiglia molto più ad una piece da teatro d’avanguardia che ad un film.
Colpa ( o merito) della mancanza assoluta di una trama, di dialoghi spesso astrusi o al limite del comprensibile e sopratutto oscuri e eccessivamente verbosi.
Un film che è una stranezza completa, fatto di sequenze spesso caotiche e senza logica apparente, eppure con un certo fascino visivo legato proprio al caleidoscopio di immagini che sembrano un non sense, affiancate l’una all’altra e cariche di simbolismi difficilissimi da afferrare.
Per certi versi, Un attimo di vita assomiglia ad alcuni film avanguardistici di fine anni sessanta, quelli in cui si sperimentava liberamente, senza farsi intrappolare da copioni o sceneggiature, girati con due soldi e lasciati spesso volutamente privi di trama, quasi a voler sottolineare, nel loro caos, l’identica situazione della vita sociale, il fervore a anche la confusione di un momento storico dinamico e irripetibile, un coacervo di aspirazioni e lotte che saranno l’impronta lasciata dalla vita e dalla cultura di quegli anni straordinari.

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Parlavo di un certo fascino delle immagini, che si lega volutamente agli scenari che il regista utilizza e dei dialoghi spesso incomprensibili anche perchè slegati dalla logica visiva delle immagini che scorrono sullo schermo e che iniziano da subito a calare lo spettatore in una realtà estraneata sin dalle prime sequenze.
Un uomo e una donna corrono nudi sulla spiaggia e si accorgono che in lontananza qualcuno si è avvicinato alla loro jeep; lo raggiungono e lo sconosciuto, senza motivo apparente, colpisce la donna e getta tutto il contenuto della jeep sulla sabbia.
In precedenza la macchina da presa ha indugiato sul volto del giovane nudo e della ragazza stesa accanto a lui, fra piccoli cumuli di rifiuti e copertoni lasciati in bella mostra sulla spiaggia.
Che sia casuale o no, la scena rimanda allo sfacelo della società dei consumi, ma potrebbe trattarsi solo di pura combinazione:fatto sta che il film, da questo momento in poi perde anche la linearità e il dinamismo coordinato per diventare un happening di situazioni assolutamente incomprensibili anche nella loro logica di base.
“E quello da dove salta fuori?”
“Non lo conosco, ma sarà una nostra impressione”
” Forse è un residuato della contestazione”
“Sarà come dici tu,per me è uno che ci vuole fregare”

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Queste poche battute sono già paradigmatiche di quello che accadrà successivamente;i due giovani si avvicinano allo sconosciuto che colpisce la ragazza al volto e dice “Guardatemi bene voi, due: io sono uno che prende quanto trova e ciò che gli serve“, mentre la donna, completamente nuda lo guarda con il volto serio e gli risponde ” Nessuno ti impedisce di inventare, fa parte del gioco,ma non sperare di condizionarci, sei troppo emotivo per reggere un confronto
Il giovane prende le chiavi dell’auto e le consegna allo sconosciuto, che di rimando dice in modo sibillino:”Mi dai le chiavi, dai le chiavi ad uno che non ha il tempo di ascoltare la morale degli altri” e poco dopo “Io sono la vita
Queste frasi sconnesse, senza apparente logicità temporale saranno d’ora in poi la costante del film, unite a immagini che apparentemente mal si conciliano vista la confusione e lo scoordinamento che le legano le une alle altre.
Così vedremo lo sconosciuto accompagnare i due giovani in un villaggio, dove ci sono altri giovani silenziosi vestiti di bianco:l’uomo incontra nuovamente la ragazza della spiaggia che gli dice “Ti avevo sconsigliato di venire, qui non c’è spazio per gli altri, noi siamo diversi e tu appartieni alla normalità
Le scene si susseguono l’una dietro l’altra, mostrandoci i giovani alle prese con un gruppo di persone adulte (i loro genitori) e la loro fuga da essi, lo svaligiamento di una boutique con conseguente sottrazione di capi di vestiario che i giovani indosseranno la sera con un rito collettivo sulla spiaggia e via dicendo.

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Poichè non c’è una trama, ed apparentemente nemmeno una logica, tutto sembra assolutamente preda del caso e volutamente provocatorio;la fuga dei giovani dagli adulti può simboleggiare l’incapacità storica di dialogo tra le generazioni o anche il rifiuto da parte dei giovani stessi di adeguarsi al conformismo dei genitori o tutte e due le cose al tempo stesso.
Fatto sta che il simbolismo diventa via via sempre più ermetico e lo sforzo dello spettatore per seguire una parvenza di logicità in quello che vede è degno di Tantalo.
Dalla sequenza all’interno di una specie di locale notturno al viaggio in un peschereccio fino all’attacco allo sconosciuto con mazze da baseball, tutto assume i contorni indistinti del simbolismo più esasperato, con rari dialoghi che diventano ancora più ermetici.
Il finale del film, che si veste inaspettatamente di color giallo lascia ancor più attoniti, perchè chiude una storia inespressa in modo assolutamente imprevedibile.
Spiazzante.
E’ il termine che più si avvicina nell’intento di provare a dare una definizione di questo film, che sembra più una slide in movimento di immagini simili a quadri astratti che a qualcosa di coerente.
Ancor più difficile è l’interpretazione di quello che è il “messaggio” del film, la sua tematica di fondo e in ultimi termini la sua logica.

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Se fate un giro in rete, alla ricerca di recensioni del film, non ne troverete una sola che accenni in qualche modo ad un sunto lineare del film, proprio per l’impossibilità di riassumere il tutto in poche righe che abbiano il sapore della logica.
Così Un attimo di vita diventa un’esperienza visiva e uditiva di indubbio fascino ma che necessita anche di molta pazienza, così come suggerito da un utente del Davinotti, Fauno, che dice testualmente: “Il miracolo del regista sta nella realizzazione di un film pieno di simbolismi e di concetti astratti impersonato da attori reali più che mai e non con l’uso del solito staticismo ascetico o delle lunghe inquadrature, ma con un dinamismo quasi da film d’avventura. Si vede che è degli anni ’70. La prima volta è molto meglio fissare e interpretare le immagini e i dettagli, senza cadere nel tranello di scervellarsi subito sui dialoghi volutamente arzigogolati e che saranno invece ben afferrati a una visione successiva. Uno dei tre film della mia vita!”
Senza voler sposare la frase finale del commento, suggerisco la visione di questo film ad un pubblico davvero paziente.

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Per quanto riguarda il cast,degne di nota le interpretazioni di Gabriele Tinti, forse una delle più intense e difficili dell’attore nella sua carriera,qui nei panni dello sconosciuto, di Gianni Dei, della bellissima e arcigna (in questo film) Margaret Lee e di due brave e affascinanti attrici come Orchidea De Santis (che interpreta una madre!) e di Rita Calderoni.Il film ebbe noie con la censura e venne bloccato prima di essere finalmente dissequestrato (leggere a tal proposito l’articolo di un giornale dell’epoca nella sezione foto)
Il film di Marraccini è praticamente irreperibile, anche se è possibile procurarsi una versione perfetta ridotta dal Dvd del film;seguendo questo link http://wipfiles.net/53r8s6wam8vd.html è possibile accedere alla versione stessa.
Il problema è che si può scaricare solo con un account premium, ovviamente a pagamento.
Sul mulo è presente la stessa versione, ma al momento disponibile per meno del 60%, per cui occorre attendere i tempi tecnici di caricamento dello stesso.

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Un attimo di vita
Un film di Dante Maraccini. Con Gabriele Tinti, Margaret Lee, Gianni Dei, Rita Calderoni,Orchidea De Santis Titolo originale La sensualità è un attimo di vita. Drammatico, durata 90 min. – Italia 1976

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La sensualità è un attimo di vita banner protagonisti

Margaret Lee: la ragazza
Gabriele Tinti:lo sconosciuto
Gianni Dei.il ragazzo
Rita Calderoni: una ragazza
Orchidea De Santis:una madre

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Regia Dante Marraccini
Sceneggiatura Dante Marraccini
Fotografia Aldo Greci
Montaggio Dante Maraccini

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L’opinione di Davide Pulici dal sito http://www.nocturno.it

Comincia con Gianni Dei e Margaret Lee, nudi come vermi, su una spiaggia, che incontrano Gabriele Tinti. Chi siano esattamente gli uni e l’altro è difficile capirlo, prima che dirlo. Tinti dovrebbe simboleggiare l’uomo comune, della strada, mentre gli altri due appartengono a una comunità di giovani – vestiti di bianco, in un villaggio anch’esso tutto bianco (Sperlonga); ma poi si vestiranno di nero – che sembrano vivere in una dimensione puramente mentale, fuori dal tempo e dallo spazio comuni: forse un esilio scelto, forse una condanna imposta dalla società. I ragazzi (tra i quali ci sono pure Rita Calderoni e la c.s.c. Ada Pometti) guidano poi l’ospite attraverso una sorta di viaggio iniziatico, declamando strani filosofemi e sperimentando situazioni altamente non-sense. Con finale tragico. Qui sì che si ha davvero l’impressione di aggirarsi in un milieu polselliano. Tra l’altro, anche se Marraccini non ricorda il particolare, uno dei personaggi si chiama proprio Polselli: è una sorta di faccendiere, che incontriamo nel contesto di un campo di finocchi (nel senso di gay), ingaggiato dai genitori di Margaret Lee per riportargli la figlia. Questi ultimi sono borghesi benpensanti, che in privato coltivano il piacere delle ammucchiate e vivono in una casa senza pareti, in mezzo a un prato: la madre è Orchidea De Sanctis! E non è che una delle innumerevoli stranezze che popolano una pellicola indefinibile e inclassificabile, figurativamente non malvagia ma dove l’erotismo, che potrebbe giustificare l’operazione, è minimo – il perché della “sensualità” aggiunta al titolo suonerebbe dunque incoerente, se non fosse che in una scena Marraccini sostiene di avere avuto noie con la censura perché, abbracciando un’attrice, un personaggio le insinuava un dito nel sedere. Il regista, che è un formidabile narratore di se medesimo, racconta che il critico Guglielmo Biraghi, da lui interrogato dopo la visione del film, sostenne sic et simpliciter di non averci capito nulla. Mentre una semplice commessa, fuori dal cinema, ebbe a dire che per lei il messaggio era invece chiarissimo.

L’opinione di renato dal sito http://www.davinotti.com

Si parte subito bene, con 5′ di dialoghi incomprensibili ed i mega-capezzoli della bella Margaret Lee. Poi si comincia a capire qualcosa, solo ogni tanto, ma il film resta bizzarro e direi anche forzato; comunque non direi che sia noioso, come invece temevo all’inizio. Purtroppo però la Lee non si spoglia più fino alla fine, a differenza della Calderoni che ci regala una specie di crisi isterica in barca con tentativo di suicidio annesso. Una stramberia che si può vedere, insomma.

L’opinione di iochisono dal sito http://www.davinotti.com

Una sorta di “teatro d’avanguardia” filmato, di cui resta oscura la trama. Inizia oltre qualunque confine del cult: Gianni Dei e Margaret Lee corrono nudi come vermi sulla spiaggia (lui col pistolino ballonzolante). Poi arriva Tinti con una Jeep. Dialoghi polselliani. Poi i due vengono inglobati in una specie di compagnia teatrale errante, corrono, si spogliano e si rivestono, fanno cose strane, viaggiano per terra e per mare. Mah! Da notare la presenza di Rita Calderoni e di un personaggio chiamato “Polselli”. Ma ce l’avranno avuto un copione?

L’opinione di deepred89 dal sito http://www.davinotti.com

Completamente insensato, quasi senza trama (solo un vago intreccio giallo alla fine) e ovviamente senza la minima logica, composto quasi interamente da un insieme di scenette allegoriche (si punta in maniera fin troppo evidente sul colore degli abiti) tra l’erotico e il grottesco. Bellissimo vedere come tutti (e ripeto, tutti!) i dialoghi del film, dal primo all’ultimo, non dicano altro che assurdità. Cast curiosamente ricco, ma con una sceneggiatura del genere serve a poco e orecchiabile colonna sonora. Per amanti del trash e del bizzarro.

L’opinione di Ronax dal sito http://www.davinotti.com

Oscurissima stramberia tardosessantottesca che mischia ambizioni surrealiste alla Cavallone e dialoghi farneticanti alla Polselli conditi con qualche svolazzamento fellineggiante. Girato con mezzi di fortuna, privo di trama e di logica, è un susseguirsi di quadretti da teatro dell’assurdo intercalati da qualche modesto intermezzo erotico. All’inizio incuriosisce, ma doppiata la metà comincia ad annoiare. Intervistato da Nocturno, Marraccini lo considera poco meno di un capolavoro e si atteggia a genio incompreso. Ai posteri l’ardua sentenza.

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aprile 6, 2014 Posted by | Drammatico | , , , , , | Lascia un commento

Il trionfo della casta Susanna

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Un gruppo di teatranti è in viaggio verso Parigi, dove intende tenere una rappresentazione.
La tarda ora consiglia al gruppo il pernottamento presso il castello di Adrian d’Ambras; qua però arrivano i soldati inviati da Napoleone per arrestare lo stesso d’Ambras.
Un malaugurato equivoco fa si però che ad essere portato via non sia D’Ambras ma l’attore principale del gruppo, Ferdinand,legato alla bellissima prima attrice Susanna.
Un altro equivoco fa si che il gruppo di attori decida di portare con se, verso Parigi, un bambino trovato nel castello a cui viene posto il nome di Adamo; tutti ignorano che il bimbo è il figlio di D’Ambras e così si incamminano verso la capitale, con lo scopo di intercedere presso l’imperatore e ottenere la liberazione dello sfortunato Ferdinand.
Arrivati a corte Susanna e gli attori si ritrovano coinvolti in una serie di intrighi tessuti ai danni dell’imperatore; Napoleone infatti vorrebbe prendere in moglie Maria Luisa, figlia dell’imperatore d’Austria il quale però non intende concedere la mano di sua figlia ad un uomo che crede incapace di procreare.

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A questo punto interviene Susanna, che riesce a spacciare il piccolo Adamo come figlio di Napoleone,creando di fatto ostacoli all’ambasciatore russo, che non vuole le nozze e allo stesso tempo alla sorella di napoleone, la bellissima Paolina.
Dopo alterne vicende, Susanna potrà ricongiungersi con l’amato Ferdinand e…
Il trionfo della casta Susanna è il terzo ed ultimo episodio della fortunata serie ambientata nel periodo napoleonico costruita dal regista Franz Antel (che si firma François Legrand), serie costituita dai due episodi precedenti, I dolci vizi… della casta Susanna (1967, Susanne, die Wirtin von der Lahn nell’edizione originale) e Susanna… ed i suoi dolci vizi alla corte del re (1968,Frau Wirtin hat auch einen Grafen).
Antel, ispirandosi almeno come ambientazione alla storica serie di Angelica, gira nel 1969 un film in costume in bilico tra gli intenti comici e le situazioni surreali, creando di fatto un prodotto dalla sceneggiatura molto confusa e con spiccata tendenza al grottesco.

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Il prodotto finale, al netto delle ambizioni di partenza, è poco più che mediocre; la comicità ha delle regole ben precise e non basta creare situazioni paradossali in una serie di gag mal assortite per assicurare il divertimento dello spettatore
Un film che ha dalla sua però un cast di eccellente livello, che quantomeno tiene a galla il film grazie alla simpatia dello stesso; basti pensare alla simpatia del nostro Lando Buzzanca, nella parte dell’ambasciatore Conte Lombardini, un po tonto e un po malizioso, o alla presenza nel gineceo femminile di prammatica in questo genere di film delle splendide Margaret Lee e Edwige Fenech, oltre alla storia presenza della Susanna della serie, la bella attrice ungherese Teri Tordai, specializzata in ruoli di supporto e che ancora oggi, a distanza di cinquant’anni dall’esordio sul set continua a lavorare in ambito cinematografico.
Di contorno la presenza di Rosemarie Lidt mentre nel cast maschile vanno segnalati Claudio Brook (D’Ambras), Karl Michael Vogler (Il principe Borghese) e Heinrich Schweiger (Napoleone Bonaparte)
Un film che non risulta particolarmente affascinante sopratutto per il caotico muoversi della storia, per gli improbabili colpi di scena e per la caratterizzazione, tutta volta al grotesco, dei personaggi utilizzati per dipanare una storia che alla fine lascia lo spettatore abbastanza deluso.
Antel prova a mettere un pizzico di sale mostrando senza veli (ma molto pudicamente) la bellissima Fenech e Margaret Lee, che è sempre uno splendido vedere;ma la presenza della censura dell’epoca e la necessità di fare un film possibilmente non volgare o a sfondo erotico consigliarono Antel dall’esagerare con la componente erotica.
Così, quasi a voler ossequiare il titolo che parla della casta Susanna, si vede la Fenech nuda ma non troppo e la Lee di sbircio; di erotismo ovviamente zero e sicuramente è una fortuna, vista la qualità tendente al basso del film.
Che è ancor oggi quasi introvabile nella versione italiana, nonostante la digitalizzazione del film stesso sia avvenuta da tempo.

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Ragion per cui è praticamente inutile cercare in rete una versione del film stesso.
Nota finale che riguarda l’enorme battage pubblicitario del film, che però non si tradusse in maggiori introiti al botteghino, ragion per cui questo fu l’ultimo film della serie.Nel 1970 Antel girò Le piacevoli notti di Justine, utilizzando ancora una volta l’attrice Terry (Teri) Torday in un ruolo che ricordava quello ricoperto nella triade dedicata alla casta Susanna e dandole come compagno un personaggio che guarda caso si chiamava, ancora una volta, Ferdinand.

Il trionfo della casta Susanna
Un film di François Legrand (Franz Antel). Con Margaret Lee, Lando Buzzanca, Edwige Fenech, Terry Torday, Rosemarie Lindt Titolo originale Frau Wirtin hat auch eine Nichte. Commedia, durata 90′ min. – Germania 1969.

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Terry Torday: Susanne Delberg
Claudio Brock: Barone Ambras
Margaret Lee: Paolina Bonaparte Borghese
Karl Michael Vogler: Principe Borghese
Harald Leipnitz: Ferdinando
Jacques Herlin: Ambasciatore Dulaikeff
Heinrich Schwriger: Napoleone Bonaparte
Lando Buzzanca: Conte Lombardini
Edwige Fenech: Rosalie

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Regia Franz Antel
Soggetto Kurt Nachmann
Sceneggiatura Vittoria Vigorelli, Kurt Nachmann
Casa di produzione Aico
Distribuzione (Italia) Delta
Fotografia Hanns Matula
Montaggio Luciano Anconetani
Musiche Gianni Ferrio

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L’opinione del Morandini
Giovane attrice armeggia in tutti i modi per liberare Ferdinando, condannato da Napoleone. Commedia austriaca in tono farsesco su una vicenda napoleonica un po’ assurda e intricata. F. Legrand è lo pseudonimo con cui l’austriaco Franz Antel firmò 5 dei suoi film. 3 episodio della serie iniziata con Dolci vizi… della casta Susanna (1967) e proseguita con Susanna e i suoi dolci vizi alla corte del re (1968).

L’opinione di B.Legnani dal sito http://www.davinotti.it
Non è malvagio. Complessa vicenda comico-diplomatica, con un gruppo di attori che finisce col gabbare sistematicamente l’ambasciatore dello Zar di Russia. Buzzanca è perfetto nella sua parte di conte italiano un po’ tonto, che va (per l’onore della famiglia) a fare la ambascerie più pericolose, come andare a dire a Napoleone che si dubita della sua virilità…

L’opinione di Undjing dal sito http://www.davinotti.it
Terzo capitolo dedicato alla Susanna del titolo, che segue, in ordine: I Dolci vizi… della Casta Susanna (1967) e Susanna… ed i suoi Dolci Vizi alla Corte del Re (1968). È ancora l’austriaco Franz Antel a firmare una regia piatta e confusa, frutto di una coproduzione internazionale tra Germania, Italia, Austria ed Ungheria. Il cast è pressoché immutato ed il reparto italiano è garantito dalla presenza di Lando Buzzanca e dalle curiose musiche di Gianni Ferrio. Da vedere, anche se parco per contenuti (comici o erotici che siano).

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Il dvd del film è disponibile su Amazon.
Le caratteristiche tecniche del prodotto sono:
Dettagli prodotto

Formato: Import
Audio: Tedesco (Stereo)
Lingua: Tedesco
Regione: Tutte le regioni
Formato immagine: 1.33:1
Studio: MCP Sound & Media AG
Durata: 90 minuti

gennaio 12, 2014 Posted by | Avventura | , , , , , | Lascia un commento

A doppia faccia

A doppia faccia locandina 2

In un incidente d’auto, evidentemente doloso,muore la ricca Helen.
La polizia indaga e punta il dito sul marito della defunta,John Alexander, che in qualità di unico erede è chiaramente il maggior sospettato.
Mentre qualcuno costruisce prove false, John crede di riconoscere la defunta moglie in un’attrice che ha girato un film pornografico…
Plot scarno ed essenziale questo, per non rivelare in anticipo la trama di un film, A doppia faccia, che richiede una visione attenta per essere gustato appieno; un film però, lo dico subito, pieno di difetti e di pause, tributario in maniera fin troppo evidente del celebre La donna che visse due volte di Alfred Hitchcock.
Diretto da Riccardo Freda, che nell’occasione utilizza il suo abituale pseudonimo di Robert Hampton, A doppia faccia è tratto dal romanzo The face in the night di Edgar Wallace, uno degli scrittori di gialli più saccheggiati della storia del cinema.

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In questa occasione Freda fa scrivere il soggetto a Lucio Fulci, che nello stesso anno presenterà la sua variazione sul tema della moglie morta-forse viva, quel Una sull’altra che alla resa dei conti si rivelerà essere ben al di sopra dell’opera di Freda.
Il film non è da gettare, in quanto la mano del regista di Alessandria d’Egitto c’è e si vede, ma è anche inficiato dal basso budget utilizzato per girare la pellicola, cosa che si traduce in un paio di sequenze davvero dilettantesche, come la ricostruzione dell’attentato nel quale muore Helen (con modellini di auto utilizzati in modo da gridar vendetta) e nella scena dell’incidente ferroviario nella quale è evidentissimo l’uso di trenini di una nota e rinomata marca.

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Reduce dallo spaghetti western La morte non conta i dollari del 1967, Freda si cimenta con il giallo per il suo ultimo film del decennio sessanta.
Su un plot non particolarmente indovinato, a tratti farraginoso e comunque già visto altre volte, Freda costruisce un film a corrente alternata, in cui eccellenti sequenze come quella in cui John Alexander vaga per i bar di una Londra fumosa e compassata cercando di recuperare la sua mente sconvolta dalla visione del film in cui ha creduto di aver rivisto la moglie, si susseguono sequenze davvero improponibili come quelle citate in cui la mancanza di mezzi non è accompagnata da una mano felice.
Forse la cosa migliore del film è davvero il cast, nel quale figurano l’onnipresente Klaus Kinskj, presenza abituale del nostri cinema, Margaret Lee, la bella Christiane Kruger e Annabella Incontrera; Kinskj è John Alexander, il personaggio principale del film, l’uomo sospettato di aver ucciso la moglie per biechi motivi economici e che alla fine si scoprirà essere vittima di una congiura ben architettata, è attore di razza, a dispetto della sua cattiva fama sui set.
Kinskj era uno degli attori che i registi meno amavano, perchè aveva un carattere ombroso e bizzoso e contemporaneamente era uno dei partner più detestato dai rimanenti attori delle varie produzioni.

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L’attore di origine polacca in soli 5 anni, nel periodo tra il 1965 e il 1969 girò 30 film, diventando quindi una star dei b movie, prima di passare a opere di ben altro livello negli anni successivi; sui vari set si comportava da prima donna, creando spesso problemi nelle lavorazioni delle pellicole.
L’impianto generale del film è abbastanza debole, per cui Freda, già alle prese con un budget risicatissimo è costretto a barcamenarsi alla men peggio, inserendo nel film elementi pruriginosi che costeranno al regista stesso qualche problema con la censura.
Tuttavia la grande esperienza del regista riesce in qualche modo a tenere a galla un film che girato da altri si sarebbe risolto in un fallimento senza appelli; grazie alla professionalità del cast, alla buona fotografia, alla celebre canzone di Nora Orlandi che è il tema conduttore del film (non dirmi una bugia, non voglio creder più, il gioco è ormai finito, lo vedi hai vinto tu/esco dalla tua vita, così come vuoi tu, finita è la partita, non giocherò mai più/dimmi la veritàà, ormai non m’ami più, lo dicon gli occhi tuoi, lo devi dire tu…) la pellicola, pur tra intoppi di vario genere riesce a mantenere un livello decoroso.

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A meritare la piena sufficienza è l’ambientazione londinese, sicuramente elegante nella sua psichedelia raccolta con intelligenza da Freda in una serie di sequenze che restano la cosa migliore del film.
A doppia faccia è un film che in tv è apparso molto di rado mentre è facilmente reperibile in rete in un’ottima qualità digitale; è presente anche su You tube in versione digitale con sottotitoli in francese.

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A doppia faccia
A doppia faccia
Un film di Riccardo Freda (Robert Hampton). Con Klaus Kinski, Annabella Incontrera, Franz Kruger,Margaret Lee, Gastone Pescucci, Barbara Nelli, Ignazio Dolce,Sidney Chaplin, Giallo, durata 84 min. – Italia 1969.

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Klaus Kinski: John Alexander
Christiane Krüger: Christine
Margaret Lee: Helen Alexander
Sydney Chaplin: Mr. Brown
Annabella Incontrera: Liz
Günther Stoll: Ispettore Steevens
Luciano Spadoni: Ispettore Gordon
Barbara Nelli: Alice

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Regia Riccardo Freda
Soggetto Lucio Fulci, Romano Migliorini, Gianbattista Mussetto (dal romanzo The Face in the Night di Edgar Wallace)
Sceneggiatura Riccardo Freda, Paul Hengge
Fotografia Gábor Pogány
Montaggio Anna Amedei, Jutta Hering
Musiche Nora Orlandi

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Maggio 7, 2013 Posted by | Thriller | , , , , | Lascia un commento

Margaret Lee

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La generazione degli over 50 ricorda tra le altre cose un epoca in cui la Tv italiana era in bianco e nero e trasmetteva su un solo canale.
Era l’epoca delle serate davanti alla tv, dei sabato sera in attesa del varietà che accompagnava immancabilmente gli italiani e che portava in casa canzoni, balletti e sketch destinati ad essere ricordati per lungo tempo.
Nel 1966 arriva in Tv un varietà condotto da Johnny Dorelli,Johnny sera; accanto a lui compare un co-conduttrice bellissima e affascinante.
Si tratta di Margaret Gwendolyn Box, conosciuta come Margaret Lee.
E’ inglese, è nata a Wolverhampton il 4 agosto 1943 e parla un italiano perfetto, reso irresistibile da una pronuncia morbida e affascinante.
La Lee era già conosciuta al grande pubblico, essendo già comparsa in decine di produzioni cinematografiche.
Aveva esordito nel 1961, a 18 anni nel film di Amendola Totò di notte n. 1, al fianco di Totò e Macario; da quel momento la bionda attrice inglese aveva lavorato in molte produzioni cinematografiche, costituite principalmente da b movie dei generi più svariati.

Margaret Lee-The numbers game

The numbers game

Margaret Lee-Sesso e volentieri

Sesso e volentieri

A scorrere l’elenco si incontrano titoli peplum come Maciste contro i mostri (1962) e Sansone contro i pirati (1963) oltre ad una partecipazione molto piccola nel Cleopatra(1963) di Mankievitz accanto alla Taylor e a Burton, a film a basso costo come I tre nemici (1962), La ballata dei mariti (1963),Vino whisky e acqua salata (1963).
Per Margaret sarà importantissimo l’incontro cinematografico con i due beniamini del pubblico cinematografico degli anni 60, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia.
Sarà accanto a loro che la sua naturale simpatia (unita alla grande bellezza) risalterà ancor più donandole fama e popolarità; accanto al duo Margaret interpreta una serie di film: il primo è di Simonelli, Due samurai per cento geishe (1962),seguono poi Vino whisky e acqua salata (1963) di Amendola,

Margaret Lee-Questo pazzo pazzo mondo della canzone

Questo pazzo,pazzo mondo della canzone

Gli imbroglioni di Lucio Fulci, Due mattacchioni al Moulin Rouge (1964) diretto da Carlo Infascelli, I maniaci (1964) sempre diretto da Fulci, I marziani hanno 12 mani (1964) di Castellano e Moccia, Un mostro e mezzo (1964) di Steno, I due pericoli pubblici (1964) sempre per la regia di Fulci, Io uccido, tu uccidi (1965) di Puccini, I due sergenti del generale Custer (1965) di Simonelli, Franco, Ciccio e le vedove allegre (1968)di Girolami.
Quando Margaret arriva in tv, ha alle spalle ben 35 film interpretati in soli 4 anni; una mole impressionante di film girati, come racconterà lei, principalmente per soldi:
I soldi mi fanno molto comodo. Se mi offrono una parte a una buona cifra, non vedo perché dovrei rifiutare. Sono un’attrice. Il mio mestiere è quello di fare film finché me li offrono, finché la gente mi vuole. Quindi accetto ciò che mi propongono. Certo, ho interpretato molti, tanti brutti film: ma sono serviti a portarmi dove mi trovo adesso, sono serviti a darmi la sicurezza economica.”

Margaret Lee-La sensualità è un attimo di vita

La sensualità è un attimo di vita

Ha solo 24 anni, nel 1967, ma è una donna con i piedi ben piantati per terra: è bella ed affascinante e in tv conquista immediatamente tutti.
Subito dopo il citato Johnny sera interpreta il ruolo di Baby Eva in Arrriva Dorellik (1967) di Steno; il film è una versione farsesca del Diabolik dei fumetti.
La storia del criminale che incombe sulla Costa Azzurra con la sua orrida risata è un successo e la popolarità di Margaret sale ancora.
Nel 1968 è ancora al fianco di Dorelli in Galà per Johnny Dorelli e l’anno successivo nello storico La domenica è un’altra cosa (1969–1970) che per due anni terrà compagnia agli italiani il sabato sera.
Lei sarà la soubrette della trasmissione alternandosi alle colleghe Carmen Villani, Gloria Paul mentre la trasmissione vedeva un cast di grande livello nel quale comparivano Raffaele Pisu, Ric e Gian, Antonella Steni, Elio Pandolfi, Lara Saint Paul.

Margaret Lee-La bestia uccide a sangue freddo

La bestia uccide a sangue freddo

Margaret Lee-La tigre profumata alla dinamite

La tigre profumata alla dinamite

Lavora a ciclo continuo, senza soste.
Come dirà in un’intervista:

Diciamo che sono molto ambiziosa. Sì, non c’è niente di male ad ammetterlo, secondo me non si tratta di un difetto, ma di una giusta carica che deve esistere in ciascuno di noi. Altrimenti a che cosa serve lavorare, se non si ha una prospettiva di avanzamento, di miglioramento?
Come del resto ammesso da lei stessa, molti dei film che interpreta sono davvero film poco interessanti; tuttavia non mancano film di pregio recitati sotto la direzione di grandi registi o accanto a grandissimi dello schermo. E’ il caso di Il più grande colpo del secolo (1967) che Margaret gira accanto al grande Gabin, oppure Casanova 70 del grande Monicelli, nel quale Margaret è accanto a Marcello Mastroianni,Virna Lisi,Michèle Mercier,Marisa Mell,Enrico Maria Salerno e il regista Marco Ferreri oppure di Banditi a Milano di Lizzani, accanto a Volontè.

Margaret Lee-Instant success

Donne sopra,femmine sotto (The rogue)

Forse è proprio sul finire degli anni 60 e gli inizi degli anni settanta che la Lee interpreta i film migliori, anche se nella sua filmografia mancherà il film fiore all’occhiello, quello per cui sei ricordata per sempre.
Come ammetterà lei stessa, “Ho detto prima che tanti non me li ricordo neppure. Sono settanta, ottanta… o forse addirittura cento. I più cari, comunque, per me sono Il più grande colpo del secolo, nel quale recitavo con Jean Gabin; Banditi a Milano, di Lizzani; Questa volta parliamo di uomini con Nino Manfredi; I bastardi di Tessari e Il dio chiamato Dorian con Helmut Berger, che abbiamo girato a Londra. Poi ci sono gli ultimi, quelli che ho più vividi in mente: ma presto mi sa che li dimenticherò quasi tutti ”
Un’ammissione importante.
L’attrice lavora tantissimo ma a tutto scapito della qualità.

Margaret Lee-Siamo tutti pomicioni

Siamo tutti pomicioni

Sul finire degli anni sessanta cambia anche la sua immagine cinematografica; la ragazza solare e simpatica si trasforma anche in una vamp e mostra il suo splendido corpo in alcuni film.
E’ il caso del nudo scabroso in La bestia uccide a sangue freddo di Fernando Di Leo, in cui interpreta il ruolo di Cheryl Hume,un thriller di discreto livello in cui divide la scena con un’altra bellissima dello schermo, Rosalba Neri.Le due attrici dividono anche due celebri sequenze di nudo in cui i loro corpi conturbanti appaiono in tutto il loro splendore.

Margaret Lee-Sansone contro i pirati

Sansone contro i pirati

Recitare nuda non la imbarazza più di tanto, ha un corpo magnifico e lo sa.Eppoi il cinema sta cambiando…
Le prime volte è stato duro. Vede, non tanto per le migliaia e migliaia di persone che vedranno il film, quanto per la gente che ci sta intorno sul set. Ti devi mettere nuda in mezzo ai tecnici, agli operatori, tutta gente che intanto si industria a sistemare la scena e ti guarda con ironica sufficienza mentre tu sei lì, nuda, che aspetti. Però, con la abitudine si acquista anche la naturalezza. Insomma, ti fai l’abito mentale ed elimini il problema. Io credo di essere diventata ormai assolutamente spontanea sullo schermo, sia quando mi spoglio che quando giro vestita“, racconta non senza un pizzico di malizia.
Tra i film da segnalare di questo periodo ci sono A doppia faccia (1969) di Riccardo Freda, un thriller discontinuo in cui lavora accanto a Klaus Kinski, Paroxismus (Venus in furs) conosciuto anche come Può una morta rivivere per amore? (1969) di Jesus Franco, un thriller giallo in cui è accanto a due bellezze come Maria Rohm e Barbara McNair,nel quale appare nuda di schiena.
Uno dei suoi film più famosi è Il trionfo della casta Susanna (1969),arrivato da noi nel 1970, nel quale interpreta maliziosamente Paolina Bonaparte;in questo film è accanto alla splendida Edwige Fenech e rivaleggia in bellezza con l’attrice di Bona.
Un altro film di buon livello è quello di Liverani Sai cosa faceva Stalin alle donne?,girato accanto a Helmut Berger e Silvia Monti,così come un altro buon film è Il dio chiamato Dorian,ancora accanto a Berger per la regia di Massimo Dallamano.

Margaret Lee-Questi fantasmi

Questi fantasmi

La bella attrice inglese rallenta notevolmente la sua attività, diventando più selettiva e meno frenetica nel lavoro.
Gira The rogue, uscito in Italia con il titolo di Donne sopra, femmine sotto per la regia del duo Boro Draskovic, Gregory Simpson, una produzione internazionale nel quale ha un ruolo molto scabroso.
Subito dopo aver girato Le belve per la regia di Grimaldi si dedica alla produzione, ma resterà un caso isolato.
Ho fondato La Roberto Film, dal nome di mio figlio. L’ho fondata insieme a Gino Malerba, il mio ex marito, con il quale sono rimasta in buoni rapporti, visto che è ancora il mio agente. Abbiamo prodotto anche un film, Appuntamento col disonore, del quale sono protagonista. Ma non posso dire di cercare un avvenire da industriale del cinema… è stato un esperimento, un tentativo per investire dei capitali.”

Margaret Lee-Paroxismus

Può una morta rivivere per amore?

Margaret Lee-Os 117

Niente rose per OSS 117

Abbandona il cinema per un pò, anche se non completamente e va in Inghilterra per lavorare in tv.
Nel 1974 torna sugli schermi girando il thriller Gli assassini sono nostri ospiti; ha 31 anni ed è nel pieno della maturità artistica.
Eppure, come accaduto a tantissime altre attrici, inizia un lento ma progressivo abbandono dello schermo.
Nel 1975 gira l’anonimo Scusi eminenza posso sposarmi? e l’enigmatico La sensualità è un attimo di vita (Un attimo di vita) di Dante Marraccini; è un film difficilissimo e verboso, nel quale la Lee compare nuda per l’ultima volta nella sua carriera.
Dopo una lunghissima pausa, torna sullo schermo con Sesso e volentieri di Dino Risi, nel 1982, nel quale ritrova l’antico amico Johnny Dorelli.
Nel 1983 troviamo il suo penultimo lavoro,Stangata napoletana diretto dall’attore Vittorio Caprioli e nel 1985 eccola alla sua ultima apparizione, il film per la Tv diretto da Nocita Giorno dopo giorno.

Margaret Lee-Letti sbagliati

Letti sbagliati

E’ l’ultimo atto di una carriera cinematografica senz’altro lusinghiera e redditizia, nella quale è mancato l’acuto ma che le ha dato ricchezza e fama.
Dal giorno del suo ritiro dal set, di Margaret Lee non si è avuta più alcuna notizia; oggi sembra viva in California, lontana però dalle luci della ribalta.
Di lei c’è un’unica foto recente, che l’attrice ha inviato ad un suo ammiratore; il resoconto dell’avventurosa ricerca di Margaret Lee è disponibile a questo indirizzo http://sermonsrefuter.blogspot.it/2012/07/margaret-lee_04.html.

Dalla foto la Lee appare ancora come una donna affascinante, con quell’antico sorriso che fece innamorare il pubblico italiano e milioni di fans nel mondo.

Margaret Lee foto oggi

L’ultima foto pubblica di Margaret Lee

 

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Margaret Lee-Un mostro e mezzo

Un mostro e mezzo

Margaret Lee-TV Margaretlik

Margaret nella parodia televisiva Margaretlik

Margaret Lee-Racconti a due piazze

Racconti a due piazze

Margaret Lee-maciste contro i mostri

Maciste contro i mostri

Margaret Lee-Le belve

Le belve

Margaret Lee-La vedovella

La vedovella

Margaret Lee-Il più grande colpo del secolo

Il più grande colpo del secolo

Margaret Lee-Il lungo coltello di Londra

Il lungo coltello di Londra

Margaret Lee-Il ladro della Gioconda

Il ladro della Gioconda

Margaret Lee-Il dio chiamato Dorian

Il dio chiamato Dorian

Margaret Lee-I quattro tassisti

I quattro tassisti

Margaret Lee-I marziani hanno 12 mani

I marziani hanno 12 mani

Margaret Lee-I due nemici pubblici

I due nemici pubblici

Margaret Lee-I cinque draghi d'oro

I cinque draghi d’oro

Margaret Lee-Hollenjagd

Hollenjagd

Margaret Lee-Franco Ciccio e le vedove allegre

Franco, Ciccio e le vedove allegre

Margaret Lee-Due mattacchioni al Moulin Rouge

Due mattacchioni al Moulin Rouge

Margaret Lee-Colpo Maestro al Servizio di Sua Maestà Britannica

Colpo maestro al servizio di sua maestà britannica

Margaret Lee-Circus of fear

Circus of fear

Margaret Lee-Cinque per l'inferno

Cinque per l’inverno

Margaret Lee-Casanova 70

Casanova 70

Margaret Lee-Venus in furs

Paroxismus

Margaret Lee

Il trono di fuoco

Margaret Lee- I due sergenti del generale Custer

I due sergenti del generale Custer

Margaret Lee-A candidate for a killing

Candidato per un assassinio

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A doppia faccia

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Agente 077 dall’oriente con furore

Margaret Lee-Arriva Dorellik

Arrriva Dorellik

Margaret Lee-Arriva la bomba

Arriva la bomba

Margaret Lee-Banditi a Milano

Banditi a Milano

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Margaret Lee Sai cosa faceva Stalin alle donne

Due fotogrammi da Sai cosa faceva Stalin alle donne

Margaret Lee La vera storia di Frank Mannata

La vera storia di Frank Mannata

Margaret Lee La vedovella

La vedovella

Margaret Lee Il trionfo della casta Susanna

Il trionfo della casta Susanna

Margaret Lee Horror,l'assassino ha le ore contate

L’assassino ha le ore contate

Margaret Lee Gli imbroglioni

Gli imbroglioni

Margaret Lee Gli assassini sono nostri ospiti

Gli assassini sono nostri ospiti

Margaret Lee Banditi a Milano

Banditi a Milano

Margaret Lee Se tutte le donne del mondo

Se tutte le donne del mondo

Margaret Lee Dick Smart 2007

Dick Smart 2007

Margaret Lee Djurado

Djurado

Margaret Lee I maniaci

I maniaci

Margaret Lee Il nostro uomo a Marrakesc

Il nostro uomo a Marrakesch

Margaret Lee Io uccido tu uccidi

Io uccido tu uccidi

Margaret Lee New York chiama superdrago

New York chiama Superdrago

Margaret Lee Questa Volta Parliamo di Uomini

Questa volta parliamo di uomini

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Tre notti violente

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I bastardi

Margaret Lee-Banner filmografia

1985 Giorno dopo giorno (TV serie)
1983 Stangata napoletana
1982 Sesso e volentieri
1975 La sensualità è un attimo di vita
1975 Scusi eminenza… posso sposarmi?
1974 Gli assassini sono nostri ospiti
1972 Gli invincibili (TV serie)
1972 The Numbers Game
1971 La bestia uccide a sangue freddo
1971 Le belve
1971 Donne sopra, femmine sotto
1970 Appuntamento col disonore
1970 Il dio chiamato Dorian
1970 Colpo rovente
1970 Il trono di fuoco
1969 Candidato per un assassinio
1969 La vera storia di Frank Mannata
1969 Sai cosa faceva Stalin alle donne?
1969 Può una morta rivivere per amore?
1969 A doppia faccia
1969 Il trionfo della casta Susanna
1969 5 per l’inferno
1968 I bastardi
1968 Niente rose per OSS 117
1968 Horror: l’assassino ha le ore contate
1968 Franco, Ciccio e le vedove allegre
1968 Banditi a Milano
1968 Il cenerentolo (TV movie)
1967 Questi fantasmi
1967 Arrriva Dorellik
1967 I 5 draghi d’oro
1967 Il più grande colpo del secolo
1967 Da Berlino l’apocalisse
1967 Dick Smart 2007
1967 Colpo maestro al servizio di Sua Maestà britannica
1966 Se tutte le donne del mondo
1966 Djurado
1966 Tre notti violente
1966 Spie contro il mondo
1966 Il ladro della Gioconda
1966 Il nostro uomo a Marrakesh
1966 Il lungo coltello di Londra
1966 New York chiama Superdrago
1965 La tigre profumata alla dinamite
1965 Il morbidone
1965 Agente 077 dall’oriente con furore
1965 I due sergenti del generale Custer
1965 Racconti a due piazze
1965 Casanova ’70
1965 Letti sbagliati
1965 Io uccido, tu uccidi
1965 Questa volta parliamo di uomini
1965 Questo pazzo, pazzo mondo della canzone
1965 Lo scippo
1965 La ragazzola
1964 I due pericoli pubblici
1964 In ginocchio da te
1964 Un mostro e mezzo
1964 I marziani hanno 12 mani
1964 Via Veneto
1964 Adolescenti al sole
1964 I maniaci
1964 La vedovella
1964 Due mattacchioni al Moulin Rouge
1963 I quattro tassisti
1963 Gli imbroglioni
1963 Sansone contro i pirati
1963 Cleopatra
1963 Avventura al motel
1963 Siamo tutti pomicioni
1963 Vino whisky e acqua salata
1963 La ballata dei mariti
1962 Due samurai per cento geishe
1962 I tre nemici
1962 Maciste contro i mostri
1962 Totò di notte n. 1

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gennaio 26, 2013 Posted by | Biografie | | 9 commenti

Il dio chiamato Dorian

Il dio chiamato Dorian locandina

Due mani tremanti, sporche di sangue sotto un rubinetto che porta via in lunghi rivoli il segno di quello che resta di un omicidio.
Non sappiamo di chi sono, perchè pochi istanti dopo siamo proiettati nella swinging London che ci appare in tutta la sua decadente bellezza nel periodo a cavallo fra il finire degli anni sessanta e l’inizio degli anni settanta.
Troviamo Dorian Gray, un giovane bellissimo, in uno dei tanti night che popolavano la vita notturna della capitale londinese e di la lo seguiamo mentre osserva stupito lo splendido ritratto che il suo amico pittore Basil gli ha fatto a sua insaputa. Nella casa di Basil, in cui c’è anche il gallerista Henry Wotton, Dorian sembra quasi ipnotizzato dal dipinto; una volta in suo possesso, gli si rivolge quasi fosse una cosa viva, chiedendogli se fosse possibile mantenere sul suo corpo quella selvaggia bellezza.

Il dio chiamato Dorian 1
Marie Liljedahl è Sybil Vane

Esaudito da qualcosa di misterioso, ritroviamo Dorian, bellezza sfolgorante, approfittare delle sue doti fisiche per circuire dapprima la giovane Sybyl, che si ucciderà per lui e poi, in una lunghissima e allucinata caduta verso l’abiezione più estrema lo vediamo corrompere donne mature, giovani e infine avere rapporti anche con il maturo Henry Wotton.
Ma questa discesa senza freni nell’abisso della lussuria e dell’amoralità non resterà senza conseguenze.
Un giorno infatti Dorian scopre con orrore che il dipinto invecchia a vista d’occhio mostrando su quello che era il suo bellissimo volto ritratto, i segni delle turpitudini commesse.
Dopo aver litigato con Basil, che ritiene in qualche modo responsabile della cosa, Dorian lo uccide.
E’ l’atto finale, perchè il volto del ritratto diventa mostruoso.
Dorian, impugnato un coltello, si uccide davanti al ritratto che improvvisamente torna a mostrare le fattezze originali mentre il corpo di Dorian subisce un’orrenda metamorfosi.
Il dio chiamato Dorian, per la regia di Massimo Dallamano esce nel 1970 e subisce la sorte del precedente Le malizie di Venere ovvero pesanti censure e tagli, nonostante  il regista faccia l’impossibile per rendere poco visibili le situazioni erotiche in cui il suo Dorian Gray viene a trovarsi.
Un’atmosfera ben diversa da quella in cui era immerso il romanzo Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde, che uscì in una Londra profondamente diversa nel 1890, in piena epoca vittoriana e con lo scrittore costretto ad affrontare un processo per omosessualità che lo devastò.

Il dio chiamato Dorian 2
L’inizio della relazione con Sybil

Dallamano tenta un’operazione ardita se non impossibile; ridurre un romanzo basato sulla sottile esaltazione dell’estetismo wildiano, una corrente in forte ascesa nell’epoca vittoriana, una celebrazione della bellezza e della giovinezza opposta al rigore puritano e bacchettone della stessa atmosfera vittoriana in un film che coniughi la necessità di mostare azione con la lentezza dei dialoghi dello scrittore, impegnato in un’opera di difficile equilibrismo.
Il film si discosta ovviamente dal romanzo, prima di tutto perchè ambientato in epoca contemporanea poi per la scelta specifica di Dallamano di privilegiare la parte erotico/dissoluta del protagonista.

Il dio chiamato Dorian 3
Margaret Lee è Gwendolyn

Il Dorian di Wilde all’inizio del romanzo è giovane ed innocente, mentre quello di Dallamano lo vediamo subito impegnato a seguire lo spettacolo osè di un travestito in un locale notturno.
Entrambi però cambiano il loro modo di essere subito dopo l’arcana trasformazione che avviene nel loro fisico: sono giovani e belli probabilmente per tutto il corso della loro vita, mentre ad invecchiare è il ritratto bellissimo creato da Basil.
Il Dorian di Dallamano però si immerge voluttuosamente in una spirale di depravazione: lo vediamo circuire e sedurre la bella Sybil che morirà per lui, lo seguiamo mentre allaccia una relazione torbida e sensuale con la splendida Gwendolyn che ha la sua stessa morale elastica, fino alle fugaci relazioni per volgar denaro intrecciate con la matura signora Ruxton o con la signora Clouston.Il film si immerge volutamente in un’atmosfera malata, alla deriva tra personaggi moralmente discutibili e socialmente elevati, quasi esistesse una correlazione precisa tra le due cose.

Che è poi l’humus nel quale sguazza il romanzo di Wilde, ma le similitudini terminano quà.
Dallamano è molto formale, si barcamena tra un erotismo di facciata e una blandissima fustigazione alla società corrotta nella quale naviga il suo Dorian; che ci appare bellissimo e dannato, sempre con lo splendido corpo ostentato e ripreso da ogni angolazione.

Il dio chiamato Dorian 4
Beryl Cunningham è la fotografa Adrienne

La fotografia accuratissima da al film un’aura particolare, quasi estraneando il film stesso dall’epoca storica in cui è girato, ma è solo un dettaglio perchè nonostante questo, nonostante la presenza del bello e dannato Helmut Berger, nonostante il cast faccia il suo lavoro con scrupolo non ci si allontana più di tanto da un bel esercizio di stile.
Colpa di una trama conosciuta a memoria, con la sola variante minima del finale, colpa anche di una pigra indolenza della pellicola che scorre senza grandi guizzi verso il fatidico The end.
Però va detto che il film in fondo è gradevole e si lascia guardare con piacere.

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Una delle tante amanti di Dorian

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Ore d’amore con Sybil

Il regista milanese cambia il dettaglio finale della morte di Dorian, trasformandola da un evento sovrannaturale ad un suicidio indotto dalla visione, attraverso il quadro, delle scelleratezze commesse che compaiono in un veloce flash back nei momenti finali, ricordando a Dorian l’omicidio di Basil, la morte di Sybil ecc.
Scrive Wilde nel suo romanzo:
“Si guardò intorno e vide il coltello che aveva ucciso Basil Hallward. Era stato ripulito più volte, finché non c’era rimasta la più piccola macchia; era lucido e brillava. Come aveva ucciso il pittore, così avrebbe ucciso l’opera del pittore e tutto quello che essa significava. Avrebbe ucciso il passato; morto questo, sarebbe stato libero. Avrebbe ucciso quella mostruosa vita dell’anima e senza le orrende ammonizioni di questa sarebbe stato in pace. Afferrò l’arma e colpì il ritratto.

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Helmut Berger interpreta Dorian Gray; il giovane assiste stupefatto al capolavoro dell’amico Basil…

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Basil mostra il ritratto all’amico Dorian

Si sentì un grido e un fracasso: un grido così orribilmente straziante che i servi spaventati si svegliarono e uscirono dalle loro camere. Due signori che passavano di sotto sulla piazza si fermarono a guardare la grande casa, poi ripresero il cammino finché incontrarono un agente e lo portarono indietro. L’agente suonò più volte il campanello ma nessuno rispose. La casa era tutta al buio, eccetto una luce a una finestra dell’ultimo piano.Dopo un po’ si allontanò, fermandosi in un portico vicino a sorvegliare la casa.
– Di chi è questa casa? – chiese il più anziano dei due signori.
– Del signor Dorian Gray – rispose la guardia.
Si guardarono l’un l’altro con un sorrisetto e si allontanarono.
Uno dei due era lo zio di Sir Henry Ashton.
Dentro, nel quartiere della servitù, i domestici mezzo vestiti si parlavano tra di loro bisbigliando; la vecchia signora Leaf piangeva e si torceva le mani; Francis era pallido come un morto.
Dopo un quarto d’ora circa, prese con sé il cocchiere e uno dei lacchè e salì le scale. Bussarono, ma nessuno rispondeva; gridarono, ma tutto taceva. Finalmente, dopo un vano tentativo di forzare la porta, salirono sul tetto e si calarono sul balcone. Le finestre cedettero con facilità; i serramenti erano vecchi.
Entrando, trovarono, appeso al muro, uno splendido ritratto del loro padrone, come lo avevano visto l’ultima volta, mirabile di gioventù e di bellezza eccezionali. Steso sul pavimento c’era il cadavere di un uomo in abito da sera, con un coltello nel cuore.
Aveva il viso avvizzito, rugoso, repellente. Solo dopo aver esaminato gli anelli poterono identificarlo.”
Massimo Dallamano tronca il suo film proprio sul volto ormai mostruoso di Dorian mentre il ritratto ritorna alla bellezza originaria; il film è finito, in fondo non è stato tempo speso male.

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L’arcana metamorfosi del ritratto è completa

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L’orrenda metamorfosi di Dorian Gray

Il Dio chiamato Dorian
Un film di Massimo Dallamano. Con Margaret Lee, Herbert Lom, Helmut Berger, Beryl Cunningham,Eleonora Rossi Drago, Isa Miranda, Renzo Marignano, Stefano Oppedisano, Richard Todd, Renato Romano, Maria Rohm
Drammatico, durata 104 min. – Italia 1970.

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Il dio chiamato Dorian banner personaggi

Helmut Berger     …     Dorian Gray
Richard Todd         …     Basil Hallward
Herbert Lom          …     Henry Wotton
Marie Liljedahl         …     Sybil Vane
Margaret Lee         …     Gwendolyn
Maria Rohm          …     Alice Campbell
Beryl Cunningham     …     Adrienne
Isa Miranda         …     La signora Ruxton
Eleonora Rossi Drago         …La signora     Clouston
Renato Romano         …     Alan
Stewart Black          …     James Vane
Francesco Tensi          … Il signor Clouston

Il dio chiamato Dorian banner cast

Regia: Massimo Dallamano
Sceneggiatura: Marcello Coscia, Massimo Dallamano,Günter Ebert
Produzione: Samuel Z. Arkoff,     Harry Alan Towers
Musiche: Carlos Pes, Peppino De Luca
Editing: Leo Jahn,Nicholas Wentworth

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Il flano del film

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Helmut Berger e Marie Liljedhal in una foto pubblicitaria

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Il dio chiamato Dorian locandina 1

Il dio chiamato Dorian locandina 2

agosto 28, 2011 Posted by | Drammatico | , , , , , , | Lascia un commento

Le belve

Le belve locandina

Le belve banner

Le belve è un film strutturato in 8 episodi, che ricorda il celebre I mostri diretto da Dino Risi nel 1963.
-Primo episodio, Il salvatore
Mentre sta passando per una stradina, un cronista tv si imbatte in un tentativo di suicidio di un uomo, che minaccia di lanciarsi nel vuoto da un cornicione.
Dopo essere salito nell’appartamento dell’aspirante suicida, il cronista riesce a speculare sul fatto rinviando il più possibile l’attimo del gesto fatale non per aiutare il disgraziato, ma per biechi motivi di audience.

Le belve 1
Françoise Prévost   è Clara Borsetti

Le belve 2Helga Linè, la moglie del fachiro e Lando Buzzanca

La voce del sangue
Borsetti,un imprenditore cerca in tutti i modi di ottenere un appalto, promettendo al committente di ricompensarlo facendogli godere ancora una volta delle grazie della moglie Clara. Ma Borsetti ha fatto male i conti, perchè l’uomo che deve dargli l’appalto è stanco di incontrare sempre Clara. Così i due coniugi arrivano a far prostituire la figlia.
Il fachiro
Un fachiro italianissimo si esibisce in spettacoli al limite dell’umano; è costretto a ciò per mantenere la sterminata famiglia della moglie, che beve e mangia alle sue spalle; pur di ottenere visibilità durante i suoi spettacoli, il povero fachiro si spinge sempre più in la…….

Le belve 3
Maria Baxa, una moglie perfetta?

Una bella famiglia
Una bella famiglia, una bella casa. Lui sembra un marito gentile e premuroso che accompagna la moglie al lavoro; ma ben presto vediamo di che lavoro si tratta.
Infatti l’uomo fa scendere la moglie dall’auto, le accende una sigaretta, mentre lei si avvia verso un lampione con minigonna e tacchi a spillo.

Le belve 4
Margaret Lee è Judy

Il caso Apposito
La miglior difesa è l’attacco; è il motto di un manager, che quando vede avvicinarsi il rischio che un’ispezione metta a nudo le sue magagne, non esita a ricattare tutti, usando anche la corruzione.
L’ultimo degli ispettori finirà addirittura suicida
Il cincillà
Con un espediente, il rampollo di un industriale che alleva polli, grazie alla complicità di una donna che presenta come la sua fidanzata, riesce a estorcere una grossa somma di denaro al padre.
Il chirurgo
Vendetta di un chirurgo che aveva subito un’ispezione nel suo ospedale.

Le belve 5

Le belve 15
Femi Benussi  è Concetta Sparapaoli

Processo a porte chiuse
Babbaluni, un contadino zotico e ignorante, è accusato da tre belle sorelle di aver abusato di loro mettendole incinta.
Attraverso un’abile strategia difensiva, l’uomo riesce a capovolgere le accuse, finendo per diventare la vittima delle tre donne e ottenendo la loro condanna.
Protagonista assoluto degli otto episodi è Lando Buzzanca, che passa agevolmente dai panni del reporter privo di scrupoli a quelli del contadino scarpe grosse e cervello fino, passando per altri sei personaggi caratterizzati dall’assenza totale di scrupoli.
Le belve, girato nel 1971 dal regista Giovanni Grimaldi, sfruttando una sceneggiatura di Bruno Corbucci alla quale collabora lo stesso regista, è una copia poco più che sfuocata del ben più corrosivo iI mostri, citato all’inizio.
A parte l’episodio iniziale, quello del cronista avvoltoio e quello finale, il più lungo che riesce a strappare qualche sorriso, il film resta abbastanza anonimo nello svolgimento, a causa della scarsa incisività degli episodi.

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Annabella Incontrera è Carmela Sparapaoli

Nuoce al film stesso, paradossalmente, proprio la presenza di Buzzanca, che pure è bravo, ma che non riesce a staccarsi dall’effetto macchietta che è cucito su di lui come una seconda pelle.
L’episodio assolutamente trascurabile è quello dedicato alla famiglia modello, svolto in maniera frettolosa e che avrebbe potuto avere ben altro svolgimento.

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Ira von Fürstenberg  è Filomena Sparapaoli

Il cast è di quelli da ricordare, con la presenza contemporanea di Tino Carraro e di Claudio Gora, e delle bellissime Femi Benussi, Helga Linè, Ira Furstemberg, Annabella Incontrera, Maria Baxa, Francoise Prevost,Magali Noel ,Margaret Lee, oltre alla solita grande Paola Borboni.
Ma il resto rimane abbastanza soporifero, e se il tentativo era quello di strappare qualche sorriso amaro o qualche sorriso divertito, tutto annaspa nella banalità e nella mediocrità, lasciando alla fine una vera sensazione di vuoto.

Le belve, un film di Giovanni Grimaldi, con Lando Buzzanca,  Tino Carraro, Claudio Gora, Femi Benussi, Helga Linè, Ira Furstemberg, Margaret Lee, Annabella Incontrera, Maria Baxa, Francoise Prevost, Paola Borboni.Magali Noel, Commedia Italia 1971

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Le belve banner protagonisti

Lando Buzzanca     …     Il Salvatore / Morsetti / Il fachiro / Il marito /ecc.
Ira von Fürstenberg    …     Filomena Sparapaoli ( “Processo a porte chiuse”)
Femi Benussi    …     Concetta Sparapaoli ( “Processo a porte chiuse”)
Paola Borboni    …     Madre del fachiro ( “Il fachiro”)
Magali Noël    …     Lisa ( “Il cincillà”)
Margaret Lee    …     Judy ( “Il cincillà”)
María Baxa    …     La moglie ( “Una bella famiglia”)
Françoise Prévost    …     Clara Borsetti ( “La voce del sangue”)
Tino Carraro    …     L’imprenditore ( “La voce del sangue”)
Claudio Gora    …     Giulio Bianchi ( “Il caso Apposito”)
Annabella Incontrera    …     Carmela Sparapaoli ( “Processo a porte chiuse”)
Mario Maranzana    …     Avv. Maranzana ( “Processo a porte chiuse”)
Helga Liné    …     Moglie del  fachiro ( “Il fachiro”)
Philippe Hersent    …     Placido ( “Il cincillà)
Nino Terzo    …     Orazio ( “Il salvatore”)
Empedocle Buzzanca     …     Cav. Apposito ( “Il caso Apposito”)
Vittorio Fanfoni    …     Assistent del fachiro ( “Il fachiro”)
Renato Malavasi    …     Prete ( “Il salvatore”)
Carla Mancini    …     ‘Picculina’ Sparapaoli
Giovanni Nuvoletti    … Il giudice ( “Processo a porte chiuse”)
Franco Ressel    …     Attorney ( “Processo a porte chiuse”)
Alfredo Rizzo    …     Dott. Apposito ( “Il caso Apposito”)

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Regia Giovanni Grimaldi
Soggetto Giovanni Grimaldi, Bruno Corbucci
Sceneggiatura Giovanni Grimaldi, Bruno Corbucci
Produttore Lello Luzi
Casa di produzione Medusa film
Fotografia Gastone Di Giovanni
Montaggio Daniele Alabiso
Musiche Nino Fidenco
Scenografia Aldo Marini
Costumi Giulia Mafai
Trucco Giulio Natalucci

giugno 19, 2010 Posted by | Commedia | , , , , , , , , , , , | 2 commenti

La bestia uccide a sangue freddo

Fernando Di Leo si cimenta nell’horror/thriller con questo La bestia uccide a sangue freddo; il risultato finale, aldilà di alcune geniali trovate a livello visivo, è un pasticciato film in cui si mescolano efferati delitti, un pò di sangue e di macabri omicidi, e poco più.
La storia prende corpo con il litigio tra due coniugi, Hans e sua moglie Ruth, in seguito al quale l’uomo decide di far ricoverare la donna nell’istituto psichiatrico del prof.Oesterman. All’interno della clinica si sviluppano i soliti intrecci morbosi, tra una infermiera e la sua paziente di colore, tra un’altra paziente e un giardiniere e una relazione amorosa tra la signora Chaeryl e il medico della clinica, il dottor Clay.

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Klaus Kinski , il Dr. Francis Clay

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Margaret Lee
è Cheryl Hume

L’atmosfera dell’istituto, già di per se avvolta in una cappa insalubre e morbosa, diventa angosciante quando un misterioso assassino incapucciato inizia a mietere vittime tra il personale e le pazienti della struttura.
La prima a subire un attentato è Chaeryl, che però sfugge alla morte; poi, in un crescendo di terrore, vengono uccisi una infermiera, a cui viene mozzata la testa in giardino, la signora Ruth, pugnalata a morte nel suo letto, l’autista della clinica Augusto, l’unico ad aver visto in azione il misterioso killer, e infine Anna

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Rosalba Neri è Anna Palmieri

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(l’insaziabile donna che ha un legame con il giardiniere) e Mara, la bella ragazza di colore che si stava trastullando in un rapporto lesbico con l’infermiera Hilde. Il professor Oesterman e il Dr. Clay dapprima tentano di sbrogliarsela da soli, poi si rivolgono alla polizia; d’accordo con l’ispettore Kore, tendono una trappola con la collaborazione di Chaeryl al misterioso assassino…..

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La bestia uccide a sangue freddo, come già detto, non è un gran film; nonostante l’indubbio mestiere di Di Leo, la sceneggiatura mostra grosse falle. A poco vale il cast messo su dal regista, nel quale spicca un opaco Klaus Kinskj, per una volta in un ruolo non da cattivissimo, la bella Margaret Lee, beniamina del pubblico televisivo italiano nel ruolo di Chaeryl, una affascinante e spogliatissima Rosalba Neri, nel ruolo della ninfomane Anna e Monica Strebel in quello dell’infermiera dalle inclinazioni particolari. I colpi di scena latitano, e ben presto i misteriosi omicidi sembrano essere legati ad un filo conduttore piuttosto esile, ed infatti il finale non smentisce le premesse, con un bagno di sangue assolutamente illogico.

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La versione italiana del film, abbastanza osè per l’epoca in cui venne girato, non include alcune scene molto forti che vennero viceversa aggiunte per il mercato estero: in esse si vedono l’atto di autoerotismo della Neri (forse lei, forse una controfigura, chissà) e lo stesso atto fatto da Monica Strebel, oltre a qualche sforbiciata come quella delle scene del rapporto amoroso tra il giardiniere e la Neri nella serra della clinica.

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In definitiva, un prodotto debole, anche se non inguardabile: la mano di Di Leo salva il tutto da un naufragio annunciato dopo una buona mezzora di film.
Poche scene gore, fa le qual l’omicidio di Mara, avvenuto con l’uso di una balestra che lancia una freccia dal giardino, la decapitazione dell’infermiera e le scene finali, in cui il folle omicida massacra le infermiere con una mazza residuo medioevale, prima di cadere sotto il fuoco dei poliziotti.
Troppo poco per dare una valutazione quantomeno sufficiente ad un prodotto che dovremmo inserire tra i B movie.

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La bestia uccide a sangue freddo ,un film di Fernando Di Leo. Con Klaus Kinski, Margaret Lee, Rosalba Neri, Jane Garret, Gioia Desideri, Fernando Cerulli, John Karlsen, Monica Strebel, Ettore Geri, Carla Mancini
Horror, durata 90 min. – Italia 1971.

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Klaus Kinski     …     Dr. Francis Clay
Margaret Lee    …     Cheryl Hume
Rosalba Neri    …     Anna Palmieri
Jane Garret    …     Mara
John Karlsen    …     Professor Osterman
Gioia Desideri    …     Ruth
John Ely    …     Giardiniere
Fernando Cerulli    …     Augusto, l’autista
Giulio Baraghini    …     Poliziotto
Ettore Geri    …     L’ispettore Kore
Monica Strebel    …     L’infermiera Hilde
Carla Mancini    …     Infermiera
Franco Marletta    …     Infermiere

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Regia:     Fernando Di Leo
Soggetto:     Fernando Di Leo, Nino Latino
Sceneggiatura:     Fernando Di Leo, Nino Latino
Produttore:     Tiziano Longo, Armando Novelli
Fotografia:     Franco Villa
Montaggio:     Amedeo Giomini
Effetti speciali:
Musiche:     Silvano Spadaccino
Scenografia:     Teresa Ferrone, Nicola Tamburo
Costumi:     Marcella Moretti
Trucco:     Antonio Mura

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novembre 13, 2009 Posted by | Thriller | , , , | Lascia un commento