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La badessa di Castro

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Elena dei Signori di Campireali ama segretamente Giulio Branciforti, ma la loro relazione è ostacolata dalla madre di lei; poichè siamo nel XVI secolo, alla ragazza non è dato scegliere o disporre della propria vita, così viene destinata alla vita conventuale.
Presi i voti,Elena diventa un’autentica arpia, utilizzando tutti i mezzi a sua disposizione per esercitare un’autorità che deriva principalmente dalla frustrazione e dal rimpianto per la vita secolare.In particolare è ambiguo il suo rapporto con il Vescovo Francesco Cittadini, che non disprezza nonostante l’alta carica la bellezza femminile.
Tra i due inizia così una relazione peccaminosa, che culmina in congressi carnali, che hanno come conseguenza espiazioni mortificanti della donna, che per purificarsi si espone a durissime punizioni corporali.

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L’ascesa a Badessa di Elena non è però senza conseguenze;Suor Margherita Altieri gelosa di Elena inizia a spiarla sperando di coglierla in fallo e scopre così la relazione.
Nel frattempo Elena da ospitalità ad un prete ed una monaca che hanno ceduto ai sensi, nonostante questi siano inseguiti dagli uomini del Vescovo.
I due in seguito, scoperti dalle milizie del prelato, scelgono la morte piuttosto che finire nelle mani del Vescovo stesso.
Suor Margherita Altieri si rivolge alle autorità ecclesiali che mandano in convento rappresentanti dell’Inquisizione, che naturalmente con metodi brutali cerca di strappare confessioni alle consorelle con la tortura per poter appurare di quali appoggi abbiano goduto i due fuggitivi.

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La relazione peccaminosa tra il Vescovo e la Badessa rischia quindi di avere conseguenze funeste, anche perchè Elena è incinta;nonostante l’intervento della madre di Elena, che per evitare scandali chiama nientemeno che l’ex amato Giulio Branciforti, la Badessa decide di uscire dalla drammatica situazione nel modo più tragico.
Dopo aver partorito il figlio, Elena si assicura che quest’ultimo sia in salvo e decide il suicidio, anche per non coinvolgere il vescovo davanti all’inquisizione.
La badessa di Castro è un nunsploitation uscito nelle sale nel 1974 e diretto in maniera abbastanza anonima e piatta da Armando Crispino subito dopo L’etrusco uccide ancora e prima di quel gioiello che è Macchie solari.
Molto a disagio con una storia conventuale abbastanza scontata e infarcita di un anticlericalismo grossolano e degno di miglior causa, il film che si ispira abbastanza liberamente all’omonimo romanzo di Stendhal sconta la mancanza di ritrmo che il regista, molto più a suo agio con gli horror non riesce ad imprimere alla pellicola.

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La parte erotica del film,che dovrebbe in qualche modo sottolineare l’illeicita’ delle varie relazioni dei protagonisti, ovvero quella tra Elena e il vescovo e quella tra i due religiosi rimane abbastanza nell’ombra e va detto per fortuna, visto che il genere nunsploitation ebbe particolarmente fortuna proprio con gli aspetti più piccanti della sessualità repressa dalle e nelle mura dei conventi.
Questo serve a dare un tono più dignitoso alla pellicola, che quindi non punta esplicitamente sul sesso come argomento principale, ma ugualmente alla fine il risultato è poco più che mediocre.Difficile dire perchè, ma il film sembra immerso in un’atmosfera poco morbosa, dove per morbosa si intende una connotazione relativa al proibito, ovvero i sentimenti che possono nutrire coloro che hanno dedicato la loro vita alla fede in contrapposizione con l’irrefrenabilità della natura umana, della quale la sessualità è componente fondamentale e insopprimibile.
Crispino non imprime nerbo e vitalità alla pellicola che comunque resta opera tutto sommato dignitosa.

 

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Il cast è eterogeneo e vede la presenza nel ruolo di Elena della splendida e giovane barbara Bouchet, che naturalmente si spoglia ma con meno ostentazione del solito, seguita da Evelyn Stewart che interpreta la rivale Suor Margherita, di Pier Paolo Capponi nei panni del Vescovo Francesco Cittadini e infine di una giovanissima e acerba Mara Venier, oltre alla cantante Luciana Turina, prestata al cinema e che ebbe proprio sul grande schermo le soddisfazioni migliori arrivando ad interpretare, anche se in ruoli di contorno ben 35 film.
L’opera di Crispino è assolutamente introvabile in rete, anche se è stata recentemente riproposta in tv.
L’unica fonte è disponibile a questo indirizzo, http://wipfiles.net/cxx85zw0rf1l.html, in italiano sottotitolato ma in una versione davvero inguardabile dal punto di vista della qualità.
La badessa di Castro
Un film di Armando Crispino. Con Pier Paolo Capponi, Mara Venier, Evelyn Stewart, Barbara Bouchet, Antonio Cantafora, Luciana Turina, Jole Fierro, Ciro Ippolito, Stefano Oppedisano, Marcello Tusco, Giancarlo Maestri, Patrizia Valturri, Serena Spaziani Drammatico, durata 100′ min. – Italia 1974

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La badessa di Castro banner protagonisti

Barbara Bouchet: Elena, badessa di Castro
Pier Paolo Capponi: Vescovo Francesco Cittadini
Evelyn Stewart: sour Margherita
Antonio Cantafora: Giulio
Mara Venier: amante di Giovanni
Luciana Turina: suor Rufina
Ciro Ippolito: Cesare
Stefano Oppedisano: Giovanni
Serena Spaziani: suor Agata
Jole Fierro: madre di Elena
Giancarlo Maestri: Ugone
Marcello Tusco: Saverio
Franca Lumachi: suor Liberata
Giuseppe Pertile: il cardinal Farnese
Patrizia Valturri: Mariuccia
Attilio Dottesio: medico
Goffredo Unger: capitano Zanesi

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Regia Armando Crispino
Sceneggiatura Lucio Battistrada & Armando Crispino
Fotografia Gábor Pogány
Montaggio Carlo Reali
Musiche Carlo Savina

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L’opinione di Undjing dal sito http://www.davinotti.com

Sorta di sexy-conventuale ante-litteram del cinema italiano, ispirato però da un testo pregevole e diretto con cognizione di causa e perspicacia intellettuale da Armando Crispino. La Bouchet (nei panni di monaca per imposizione) ben si destreggia nel registro drammatico che prevale – in maniera determinante – sul taglio “erotico”, presente solo implicitamente e mai esposto senza pertinenza di trama. Tra i caratteristi si segnalano la sempre bella Evelyn Stewart, un’insolita Mara Venier (ai tempi tentò la via del cinema) ed il convincente Pier Paolo Capponi. Musiche del grande Carlo Savina.

L’opinione di Homesick

Libero adattamento del romanzo di Stendhal focalizzato sulla sua seconda parte – l’amore proibito tra la badessa e il vescovo – ne tralascia le notazioni socio-storiche e ne estrinseca invece gli accenni erotici, riducendosi in tal modo ad una sorta di feuilleton claustrale (e anticlericale) con qualche aggancio all’ubertoso filone dei tonaca-movies. Convincente la prova drammatica complessiva, dai comprimari Bouchet e Capponi ai supporti di figure emblematiche come la gelosa Stewart, la timorata Valturri, la spaurita Venier.

L’opinione di caesars dal sito http://www.davinotti.com

Un tonaca-movie, genere di gran moda negli Anni Settanta. Niente di memorabile, escludendo le grazie di Barbara Bouchet che ci vengono mostrate abbondantemente, in quanto la storia procede in modo un po’ noioso e con sviluppi narrativi poco motivati. Gli interpreti svolgono discretamente il loro lavoro, ma il film stenta assai a coinvolgere lo spettatore. Peccato, perché Crispino, in altri ambiti, ci aveva regalato prodotti assai più validi.

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marzo 1, 2014 Posted by | Drammatico | , , , , | 3 commenti

I ragazzi del massacro

I ragazzi del massacro locandina 2

In una scuola milanese, durante il corso serale, un gruppo di giovani stupra e uccide la bella insegnante del corso.
Le indagini sono condotte dal commissario Duca Lamberti, che ha la certezza che il delitto è avvenuto in seno al branco; la causa scatenante la furia omicida è da ricercarsi in una bevanda drogata che ha eccitato i ragazzi fino a trasformarli in belve sanguinarie.
Ma non è stato comunque un delitto di gruppo, bensi ascrivibile ad una mano sola.
Lamberti usa il pugno di ferro per cercare la verità:così dall’interno del branco iniziano a circolare le voci sul presunto colpevole, un ragazzo che in realtà è impotente.
Duca Lamberti non va per il sottile, e per questo è malvisto dai superiori.

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Anche perchè lui decide di cercare le vere motivazioni della morte della giovane insegnante al di fuori della cerchia dei ragazzi, aiutato in questo dalla bella assistente sociale Livia Ussaro.
Mentre ormai Duca Lamberti sembra sulla strada giusta per risolvere il caso, il giovane impotente si uccide: a questo punto l’ultimo tentativo che il commissario può fare è quello di trovare tra i giovani uno che possa essere in qualche modo riabilitato e che sia disposto a collaborare.
Sarà in questo modo che Lamberti arriverà alla soluzione del caso…
Tratto dal romanzo omonimo di Giorgio Scerbanenco, I ragazzi del massacro è opera di Fernando Di Leo,che dirige il primo dei suoi film noir, inaugurando la straordinaria collaborazione con lo scrittore di origine ucraina che porterà al capolavoro di Di Leo Milano calibro 9.

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Lo scrittore ucraino, vero specialista in noir d’atmosfera presterà in seguito la sua penna ad altri film del cinema di genere, come Il caso ‘Venere privata’ (1970) di Yves Boisset e La morte risale a ieri sera (tratto dal romanzo I milanesi ammazzano al sabato) diretto da Duccio Tessari dove ritroviamo Duca Lamberti già presente in Il caso Venere privata.
Di Leo riduce per lo schermo il romanzo di Scerbanenco mantenendo intata solo la struttura del racconto e portando avanti quella che sarà la linea guida della celebre trilogia del milieu; la Milano del regista pugliese appare già nella sua versione cupa e moralmente decadente, violenta e inafferrabile nella sua struttura criminale che agisce sotto la facciata di rispettabilità e operosità della capitale economica d’Italia.
Fernando Di Leo è al bivio della sua carriera; alle spalle ha il successo di Brucia ragazzo brucia e quello meno evidente di Amarsi male; il suo cinema è sicuramente avveniristico, è un regista che non ha alcuna paura di rappresentare visivamente la violenza in una forma nuova, diretta.

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Ed è quello che fa con questo film, nel quale vediamo in azione un Duca Lamberti decisamente diverso da quello che verrà ripreso da Boisset o da Tessari.
E’ un uomo dai modi spicci, a tratti brutale.
Un uomo che crede nella giustizia ma che sa anche che per andare in guerra bisogna usare il cannone e non certo un mazzo di rose.
Ecco perchè usa metodi anticonvenzionali e brutali, metodi che lo rendono inviso ai suoi superiori.
Poichè però giunge sistematicamente ai risultati, Lamberti è tollerato anche se non incoraggiato.
Non è nato poliziotto, Lamberti, ma questo non l sappiamo dal film, bensi dai romanzi di Scerbanenco; è figlio di un poliziotto, è un ex medico che ha scontato tre anni di galera per aver somministrato un’iniezione letale ad un’anziana paziente. E’ diventato poliziotto dopo aver risolto brillantemente alcuni casi a lui sottoposti da un amico del padre.
Lamberti si muove quindi un una metropoli ormai lontana dal boom economico; nella scuola dove avviene l’omicidio non ci sono i ragazzi “normali”, quelli che in qualche modo sono figli del boom economico e si sono integrati nella realtà del lavoro e nella realtà sociale di Milano.

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Ci sono invece i ragazzi che dal boom non hanno ricavato nulla, se non abitazioni ai limiti del decoro e che vanno a scuola mentre gli altri, dopo una giornata di lavoro o di studio vanno a divertirsi.
Sono la parte nascosta di Milano, quella che la città ignora e che nasconde alla vista di chi guarda alla città stessa come ad un modello esemplare di efficienza e integrazione.
Questo è un territorio inesplorato dalla persona qualunque ed è in questo ambito che il disilluso commissario si muove, usando i suoi metodi la dove non possono funzionarne altri.
Di Leo mostra la sua capacità di analisi e di descrizione di un fenomeno poco conosciuto come il background che sta dietro la facciata rispettabile della città e che diverrà poi il suo punto di forza con la celebrata trilogia del milieu, composta da tre opere distinte ma in qualche modo unite fra loro come Milano calibro 9, La mala ordina e Il boss.

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I ragazzi del massacro è un ottimo film, accolto con diffidenza da parte della critica, incapace di vedere oltre la superficie le potenzialità di un regista a suo modo scomodo.
Un di quelli che pesca nel torbido, che mostra una realtà che evidentemente è preferibile ignorare.
Lo fa con un linguaggio scarno ed essenziale, con sangue e violenza stagliate sullo sfondo della nebbia e dell’omertà di un mondo con delle regole ferree e crudeli.
A leggere alcune recensioni (molte delle quali di pochi anni fa) non c’è che da rabbrividire; quella degli anni sessanta è una stagione irripetibile e se non si è capaci di cogliere in film come questi la capacità innovativa di raccontare senza fronzoli anche vicende marginali e squallide come quella mostrata nel film, allora si è di palato troppo aristocratico e ben abituato.
Se si paragona questo film ad opere degli ultimi 25 anni apparse in Italia, ci si rende conto come si vivesse in un’età dell’oro a livello visivo.Anni in cui la fertilità e il genio andavano di pari passo, anni in cui anche con pochi soldi si riusciva a costruire belle e affascinanti opere.

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Tornando alla pellicola, va segnalata la positiva presenza nei panni di Duca Lamberti di Pier Paolo Capponi, attore di ottime qualità che a cavallo tra il 1967 e il 1974 comparve in circa una trentina di produzioni molte delle quali di buon livello per poi passare in pianta stabile a produzioni tv di ottima fama.
L’attore di Subiaco è espressivo e duro al punto giusto, quindi Lamberti è il suo personaggio, costruito con una recitazione asciutta e senza sbavature.
Accanto a lui, defilata, c’è la bellissima Susan Scott che fa il suo con grazia e garbo, mentre il resto del cast è composto da onesti comprimari.
Discrete le musiche di Silvano Spadaccino.
I ragazzi del massacro è un film che passa molto raramente in tv, tuttavia è editato in digitale anche se è di difficilissima reperibilità sul web.

I ragazzi del massacro

Un film di Fernando Di Leo. Con Pier Paolo Capponi, Susan Scott, Marzio Margine, Enzo Liberti, Ettore Geri, Sergio Serafini, Michel Bardinet, Renato Lupi Noir/Thriller, durata 91 min. – Italia 1969.

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Pier Paolo Capponi: commissario Duca Lamberti
Susan Scott: Livia Ussaro
Enzo Liberti: questore Luigi Càrrua
Marzio Margine: Carolino Marassi
Michel Bardinet: Stelvio Sampero
Renato Lupi: Mascaranti
Danika La Loggia: Beatrice Romani
Giuliano Manetti: Fiorello Grassi
Jean Rougeul: Federico Dell’Angeletto

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Regia Fernando Di Leo
Soggetto Giorgio Scerbanenco (romanzo)
Sceneggiatura Fernando Di Leo, Nino Latino, Andrea Maggiore
Produttore Tiziano Longo
Fotografia Franco Villa
Montaggio Amedeo Giomini
Musiche Silvano Spadaccino
Scenografia Franco Bottari

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aprile 10, 2013 Posted by | Drammatico | , , | 2 commenti

Sette orchidee macchiate di rosso

Due delitti misteriosi in apparenza slegati fra di loro; la prima, Ines, è una prostituta siciliana misteriosamente chiamata la toscana. L’altra, Kathy  è una pittrice che vive in una bella casa circondata da gatti. Sembra non esserci un trait d’union, ma l’ispettore Vismara è convinto del contrario. Anche perchè l’assassino ha lasciato una traccia inconfondibile, un misterioso ciondolo a forma di mezzaluna, in argento.

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Gabriella Giorgelli è Ines, la “Toscana”

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Quando poi a rischiare di morire è Giulia, la fresca sposa di uno stilista, Mario, il sospetto diviene certezza. Giulia si salva miracolosamente, e la polizia fa credere che sia invece morta. Mario inizia ad indagare sui misteriosi delitti, e scopre che tutti hanno in comune la frequentazione di un albergo in una località di villeggiatura. Tutto sembra ruotare attorno alla figura di un americano, che Mario riuscirà, dopo lunghe e laboriose indagini, ad identificare in un certo Fred.

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Marina Malfatti è Kathy

Nel frattempo il misterioso killer ha seguitato la sua missione di morte, uccidendo ad una ad una tutte le donne che erano presenti il 29 settembre del 1969 nell’albergo. Tutto ciò nonostante la polizia abbia ormai identificato le possibili vittime e le abbia sottoposte a stretta vigilanza. Sarà Mario a dipanare l’intricata matassa, rischiando a sua volta la vita e giungendo alla scoperta dell’insospettabile colpevole.

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Thriller di stampo classico, girato da Umberto Lenzi nel 1972, Sette orchidee macchiate di rosso ( sette sono le vittime dell’assassino, le orchidee sono i fiori che lo stesso omicida lascerà sulla tomba del misterioso perno della vicenda, Frank), si distingue per il buon impianto e per la sobrietà della storia, con l’unico omicidio veramente efferato effettuato con un trapano elettrico, concessione allo splatter di un film altrimenti abbastanza avaro di sangue e scene scabrose. Lenzi non è Dario Argento e si vede; la tensione latita alquanto, ma la sceneggiatura regge, e il film scorre via tutto sommato abbastanza bene e senza grosse contraddizioni.

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Rossella Falk è Elena Marchi, la nuova vittima

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Il cast, di primo livello, include Marina Malfatti nel ruolo di Kathy, la belloccia Uschi Glass in quello di Giulia, la grande Rossella Falk  nel ruolo della pazza signora Marchi, di Claudio gora, un ambiguo Raffaele Ferri, di Gabriella Giorgelli, la prima vittima, la prostituta Ines e infine dei due protagonisti maschili, ovvero Antonio Sabato, che è Mario, il vero artefice della scoperta dell’assassino e di Pier Paolo Capponi, un tantino incolore nei panni dell’ispettore Vismara. Spazio a caratteristi di ottima fama come Carla Mancini (la cameriere di Anna Sartori), di Renato Romano (il prete), di Bruno Corrazzari (l’amante di Fred) e infine della bella Marisa Mell, nel doppio ruolo delle gemelle Sartori.

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Marisa Mell, una delle gemelle Sartori

Film di buona fattura, quindi, che ha anche il pregio di essere stato girato nelle località più belle di Roma, da Piazza di Spagna  a Piazza Navona, il tutto sorretto dalla sobria colonna sonora di Stelvio Cipriani. Buon thriller, quindi, dall’esito tutt’altro che scontato, anche se il finale poteva essere un tantino più lungo e meno frettoloso.

 Sette orchidee macchiate di sangue, un film di Umberto Lenzi,Antonio Sabato, Uschi Glas, Pier Paolo Capponi, Marisa Mell, Claudio Gora, Marina Malfatti, 1972. Con Renato Romano, Nello Pazzafini, Linda Sini, Carla Mancini, Franco Fantasia, Bruno Corazzari, Fulvio Mingozzi, Tom Felleghy, Luca Sportelli, Lucretia Love, Enzo Tarascio

Antonio Sabato     …     Mario
Uschi Glas    …     Giulia
Pier Paolo Capponi    L’ispettore Vismara
Rossella Falk    …     Elena Marchi
Marina Malfatti    …     Kathy Adams
Renato Romano    …     The Priest
Claudio Gora    …     Raffaele Ferri
Gabriella Giorgelli    Inez Tamborini
Aldo Barberito    …     Lt. Palumbo
Bruno Corazzari    …     Barrett
Franco Fantasia    …     Lt. Renzi
Petra Schürmann    …     Concetta di Rosa
Linda Sini    …     Juanda
Nello Pazzafini    …     Raoul
Carla Mancini    …     Cameriera di Anna
Enzo Andronico    …     Portiere dell’hotel
Fulvio Mingozzi    …     Agente
Marisa Mell     …     Anna Sartori & Maria Sartori

Regia Umberto Lenzi
Soggetto Umberto Lenzi
Sceneggiatura Umberto Lenzi, Roberto Gianviti
Fotografia Angelo Lotti
Montaggio Eugenio Alabiso
Musiche Riz Ortolani
Costumi Giulia Mafai

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settembre 17, 2009 Posted by | Thriller | , , , , , , , | 1 commento