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Maggio 14, 2014 Pubblicato da: | Photogallery | | Lascia un commento

Svezia inferno e paradiso

Svezia inferno e paradiso locandina 2

Il mito della Svezia, della sua libertà di costumi, il mito del sesso libero e delle donne disponibili, dei paradisi artificiali e della libertà assoluta inserita in una società permissiva e al tempo stesso espressione di un culto, quello della libertà individuale, cullato da società meno evolute di quella svedese.
Una società perfetta, almeno all’apparenza.
Ma cosa si nasconde dietro questo mito, dietro l’efficienza scandinava, dietro quello che sembra essere il sogno di ognuno di noi, la libertà di poter vivere la propria vita e la propria sessualità liberamente, senza i potenti condizionamenti della morale comune?
Se lo chiede Luigi Scattini nel 1968, con Svezia inferno e paradiso, documentario girato proprio nel paese scandinavo,nel quale affronta diverse tematiche che vanno dalla citata sessualità e quindi dai rapporti omosessuali maschili e femminili all’educazione sessuale dei giovani, dalla contraccezione all’aborto, dalla vita sessuale della coppia fino ai porno film non dimenticando però le droghe, l’alcolismo e non ultimo il preoccupante tema dell’elevato numero di suicidi in quello che era considerato, con molta esagerazione, il paradiso sulla terra.

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Scattini obiettivamente indaga a 360°, evidenziando principalmente le potenti contraddizioni esistenti all’interno del sistema più libero del mondo, portando ad esempio si la libertà, ma anche le grosse problematiche legate proprio a quello che sembra essere un eccesso di libertà stesso.
e lo fa in modo talmente convincente che, come raccontò lui stesso “il film fu accolto molto male in Svezia quando uscì. Gli svedesi ne fecero addirittura un caso diplomatico, con proteste ufficiali e minacce che mi impedirono di tornare in Svezia per parecchi anni. Il film fu trasmesso dalla televisione svedese la notte di Natale, grazie alla complicità di alcuni giornalisti che cercavano lo scandalo a tutti i costi.
La pellicola non sarebbe mai dovuta uscire in Svezia. Fu grazie a questa promessa che molti dei protagonisti e diretti interessati accettarono di essere ripresi liberamente. Questi giornalisti trovarono una copia del film in versione inglese presso l’Ambasciata svedese in Francia e la mandarono in onda.”
Anche una società permissiva come quella svedese ha dei tabù, quindi, e la raffigurazione che Scattini ne da dall’esterno non viene apprezzata dagli svedesi stessi.

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Svezia inferno e paradiso 4
Il quadro che Scattini dipinge, fatto di immagini oggettivamente forti per l’epoca in cui venne girato il film/documentario, mostra l’altra faccia della società scandinava, fatta di una libertà di costumi esasperata in senso opposto alle fortissime restrizioni, per fare un esempio a portata di mano, di quella italiana.
Due facce della stessa medaglia in fortissima contrapposizione:libertà (in tutti i sensi) per gli svedesi, condizionamenti a tutti i livelli per la società italiana.
Ovviamente la parte predominante del documentario, che può definirsi a tutto tondo un “mondo movie” la fa il sesso; la dove nel nostro paese la sessualità è vista ancora come qualcosa di peccaminoso, da vivere rigorosamente nel privato con tutti i condizionamenti morali derivanti dall’influenza della chiesa e della morale cattolica, viene illustrata in maniera didascalica l’estrema libertà di costumi della società svedese, la tolleranza verso quello che per il nostro paese erano autentici tabù come il sesso fra adolescenti o l’omosessualità maschile e femminile.
Scattini documenta il tutto con rigore, evitando di compiacere nei limiti del possibile la parte voyeuristica dello spettatore, cercando principalmente di mostrare la realtà svedese attraverso interviste, frammenti visivi ecc. che illustrino in qualche modo lo schema di comportamento degli svedesi.

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Ci riesce talmente bene che il film otterrà un successo rilevante ai botteghini, permettendo al regista, che qui e al suo sesto lungometraggio, di vivere in qualche modo di rendita in attesa di poter mettere in pratica i suoi progetti futuri.
Come ricorda il compianto regista,” Svezia, Inferno e Paradiso in Italia fu vietato ai minori di 18 anni perché conteneva scene “violente” e di “sesso esplicito” che oggi farebbero sorridere anche i bambini. Vedi alcune sequenze quali quelle sulla droga, il club delle donne “particolari”, lo stupro, il rifugio atomico e la violenza dei Ragare… Non dimentichiamoci che l’Italia in quegli anni era ancora molto bigotta e bacchettona.”
In effetti nel film non c’è nulla di scandalizzante usando però un metro di valutazione del tutto moderno.
All’epoca invece un ritratto così naturale della Svezia, le immagini che Scattini usa a corredo diventano un vero fenomeno di costume, tanto che ci fu, come ricorda il regista ” un vero boom per le agenzie di viaggi e per i voli aerei in direzione Stoccolma.”
Curiosa la parte che riguarda il commento sonoro del film, creato dal maestro Piero Umiliani; il tema man-ha man-ha ebbe un lusinghiero successo in tutto il mondo, tanto da essere ripreso dai celebri Muppets.
Ecco un ricordo di Scattini: “Ultimate le riprese del film e rientrato dalla Svezia, chiamai subito il mio amico e grande maestro Piero Umiliani, che ha scritto quasi tutte le musiche dei miei film, e lo portai in sala montaggio per mostragli le prime scene . Dopo pochi giorni, Piero tornò con una musica che secondo lui era perfetta per accompagnare la scena delle giovani ragazze svedesi che dopo aver fatto una sauna (bastu) a circa 80 gradi, uscivano vestite soltanto del loro sudore per rotolarsi sulla neve. Quella musica era Man-ha Man-ha e subito ho capito che non solo il film sarebbe stato un grande successo ma anche quel brano musicale avrebbe avuto un successo strepitoso e internazionale. E infatti ancora oggi, a distanza di quarant’anni esatti, viene eseguita e suonata in tutto il mondo.”

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Rimasto per lunghissimo tempo nell’ombra, il film è stato ridigitalizzato qualche anno fa: purtroppo ancora oggi la versione italiana è di difficile reperimento.
E’ presente sui p2p una versione purtroppo mutila, mentre la versione integrale, con commento in lingua inglese, è disponibile all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=ajl_BzbzRWM

Svezia inferno e paradiso
di Luigi Scattini.Documentario Italia 1968

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Regia: Luigi Scattini
Soggetto: Luigi Scattini
Narrazione italiana: Enrico Maria Salerno
Narrazione inglese:Edmund Purdom
Narrazione francese: Jean Topart
Fotografia: Claudio Racca
Musiche Originali: Piero Umiliani
Produzione : Piero e Mario Bregni
Narrazione (ITA): Enrico Maria Salerno
Narrazione (ENG): Edmund Purdom
Narrazione (FRA): Jean Topart
Fotografia: Claudio Racca
Musiche Originali: Piero Umiliani
Prodotto da: Piero e Mario Bregni

Svezia inferno e paradiso banner recensioni

L’opinione di Undjing dal sito http://www.davinotti.com

Tentativo di de-mitizzare una società che si è -soprattutto in Italia- ritenuta più evoluta ed emancipata di molte altre. Se l’aspetto erotico (trattando di svedesi era inevitabile) prevale sulla narrazione di questo coraggioso (per gli anni) falso documentario, Scattini non glìssa su questioni più audaci ed interessanti (l’aborto, l’emancipazione femminile, la pornografia) da noi, all’epoca, veri tabù. Oltre all’indovinata idea di utilizzare la splendida voce di Salerno a fare da commento, va segnalata la bella musica di Umiliani e la potenza “suggestiva” d’un titolo antitético…

L’opinione di Il gobbo dal sito http://www.davinotti.com

Stra-stra culto! Mentre il grande Enrico Maria Salerno legge con compunzione testi di allucinante moralismo, scorrono immagini a profusione di polpose svedesotte disinibite, delle quali si raccontano i costumi sessuali e la (presunta) alienazione; e quando si passa al tema droga&alcool… Da vedere per crederci. Ma il film è ricordato soprattutto per la colonna sonora di Piero Umiliani, un brano della quale (Mah nà mah nà) è entrato nella storia grazie ai Muppets!

L’opinione di Homesick dal sito http://www.davinotti.com

Nei mondo-movies ciò che è reale e oggettivo si confonde spesso con ciò che non lo è affatto, essendo viziato da luoghi comuni, pregiudizi moralistici e sensazionalismo. Nell’incertezza, dunque, mentre scorrono le immagini di una Svezia tutta nudi, sesso libero in ogni dove, contraddizioni e paradossi (tipo il ladro di auto che viene difeso dalla polizia e il legittimo proprietario finisce in galera), meglio non porsi troppe domande e godersi invece la policroma colonna sonora di Umiliani e il commento divertito e sarcastico di Salerno. Dal libro inchiesta di Enrico Altavilla.

L’opinione di Fauno dal sito http://www.davinotti.com

Tabù, ipocrisia e bigottismo nostrani sono deleteri per l’amore, che è la cosa più ambita da chiunque viva, ma neppure la conoscenza dettagliata di tutti i particolari del medesimo in un’età che dovrebbe essere ancora spensierata può giovare a farne gustare fino in fondo la parte migliore e a sentirsi in tal modo felici… l’equilibrio dov’e? A parte quello, il film è bellissimo, perché mette in risalto tante contraddizioni di una delle società più libere ed evolute si scala mondiale. Fantastica la colonna sonora del grande Umiliani.

L’opinione di libertàdiparola dal sito http://www.filmtv.it

Stavolta il celebre documentarista torinese (scomparso poco tempo fa) punta l’occhio della sua camera nella Svezia della fine degli anni ’60 mostrando (tra le altre cose): una simulazione di stupro, l’intervista a fratello e sorella amanti, una sauna che continua sulla neve, l’uso della droga tra i giovani, i sexy-shops, il cadavere di una suicida, gli asili ad ore per venire incontro alle lavoratrici a turno, le leggi sull’aborto, sul divorzio, etc…Insomma il Bene e il Male…l’Inferno e il Paradiso…Molte delle cose che in Svezia all’epoca erano prassi in Italia arriveranno qualche anno dopo. Meno sensazionalista di quello che il trailer americano voleva far passare per spingere un pubblico morboso in sala è un prodotto onesto e serio che (ri)visto oggi può sembrare curioso e allo stesso tempo storicamente documentato.

L’opinione del sito unitalianoinsvezia.com

(…) Fatto sta che Scattini si deve essere divertito con gran gusto ad inventarsi situazioni talmente assurde dal far scompisciare dal ridere: lo sapete che le ragazze svedesi fanno tutte le sauna assieme e poi vanno a correre nude sulla neve? Che se provi a fermare un malvivente che ti sta rubando la macchina sarai arrestato, mentre lui potrà proseguire indisturbato nella sua opera? Che le ragazze non possono girare in periferia perchè saranno inevitabilmente stuprate da gang di biker? Lo sapete che l’arcipelago di Stoccolma offre una vista paradisiaca di ninfette che prendono sempre e rigorosamente il sole come mamma le ha fatte (strano che abbiano il segno del costume addosso!)? Che le vigilesse sono delle stronze insensibili che ti fanno la multa anche se sgarri di un minuto al parchimetro, e poi vanno a posare nude negli studi pornografici? Che le donne svedesi sono in realtà sempre depresse anche quando pensano di essere felici? Che i giovani abbandonano le famiglie e lasciano i genitori a morire da soli in un “cimitero degli elefanti”?(…)

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Maggio 11, 2014 Pubblicato da: | Documentario | | Lascia un commento

Maria Schneider

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Maria Schneider-A foto

Una carriera cinematografica ma sopratutto una vita possono essere condizionate da una breve sequenza di una pellicola?
Nella stragrande maggioranza dei casi,no.
Ma per Maria Schneider, interprete di Ultimo tango a Parigi, appena vent’anni quando il film venne girato ed assolutamente inconsapevole sia del rumore che avrebbe provocato la sequenza sia della svolta che avrebbe dato alla sua carriera professionale,iniziata nel 1969 quando aveva 17 anni.
La famigerata scena del burro, della sodomia a cui viene costretta dal suo amante creerà attorno all’attrice un alone, un’aura di attrice perversa e maledetta che avrebbe condizionato pesantemente le sue scelte cinematografiche future, oltre ad avere sulla sua vita privata un impatto difficilmente quantificabile.
Nata nel 1952 a Parigi, nella stessa città nella quale si sarebbe spenta appena 59 anni dopo per un male incurabile, Maria Schneider era figlia dell’attore Daniel Gélin e di Marie-Christine Schneider; Gelin non l’avrebbe mai riconosciuta e solo durante l’adolescenza Maria avrebbe saputo la verità, portando per il resto della vita il cognome di sua madre. Non va d’accordo con sua madre, litiga spesso con lei; vorrebbe studiare ma non può.

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Maria Schneider in Ultimo tango a Parigi

Poichè ha un discreto talento per le illustrazioni, scappa via di casa e si mantiene vendendo le sue realizzazioni nei ristoranti, che le usano per i menu e fa la modella per marche di jeans.
Dopo qualche anno di lavoro sui palcoscenici di alcuni teatri, lavoro intrapreso in tenera età, Maria esordisce nel 1969 nel film di Terence Young L’albero di natale; è molto giovane, la sua è poco più di una comparsata e l’attrice finisce per non trovare posto nemmeno tra i crediti.Tuttavia è bella, ha un fascino particolare e sopratutto è davvero dotata; la sua aria malinconica, quello sguardo triste ma al tempo stesso ostinato, volitivo, non possono non far breccia ed ecco che nel 1970, subito dopo un’altra particina in Les femmes di Jean Aurel (ancora una volta non accreditata) la Schneider ha la prima grande occasione della vita.

Maria Schneider-Professione reporter

Professione reporter

Roger Kahane la chiama sul set di Madly, Il piacere dell’uomo, nel quale ha una parte di meno di trenta secondi; ma sono secondi importanti perchè la sua particolare bellezza non può non colpire.
Per tre anni la Schneider lavora in produzioni di un certo rilievo:è nel cast di Week-end proibito di una famiglia quasi perbene (Les jambes en l’air), regia di Jean Dewever, in quello di La tardona (La vieille fille), regia di Jaen-Pierre Blanc (1972) accanto ad Annie Girardot e in Un corpo da possedere (Hellé), regia di Roger Vadim (1972) film nel quale per la prima volta appare nuda, anche se per brevi sequenze.
Dopo aver girato What a Flash!, regia di Jean-Michel Barjol (1972) ecco la grande occasione: Bernardo Bertolucci la vuole come protagonista in Ultimo tango a Parigi.Inutile ricordare le vicissitudini del film, unico caso in Italia di film condannato al rogo e miracolosamente sopravvissuto grazie alle copie della cineteca di stato.Il clamore della pellicola, la torbida scena della sodomia e il clamore suscitato dalla pellicola sono una cassa di risonanza mondiale, ma Maria esce sconvolta dall’esperienza.

Maria Schneider-Violanta

Violanta

Maria Schneider-Baby sitter

Baby sitter un maledetto pasticcio

Da una sua intervista:
Quando ho letto il copione di Ultimo tango a Parigi,non trovato nulla che mi preoccupasse . Avevo 20 anni e non volevo essere una star , tanto meno un attrice scandalosa – . Volevo semplicemente far parte del mondo del cinema . Più tardi , ho capito che sarei stata completamente manipolata da Bertolucci e Brando .” L’attrice non immagina nemmeno quello che accadrà sul set; racconta ancora in un’altra intervista che Bertolucci,il regista e Marlon Brando, il suo partner nel film la tennero all’oscuro dei loro piani, per provocare durante le riprese della sequenza una reazione naturale della Schneider.Che, sconvolta, pianse con lacrime vere, che come dirà in seguito l’attrice, erano lacrime di umiliazione.
“La scena del burro? E’ stata un’idea di Marlon Brando. E Bertolucci mi disse che cosa dovevo fare solo poco prima di girarla. Mi hanno ingannato”.
“Mi hanno quasi violentata.Quella scena non era prevista nella sceneggiatura. Io mi sono rifiutata, mi sono arrabbiata. Ma poi non ho potuto dire di no. Avrei dovuto chiamare il mio agente o il mio avvocato perché non si può obbligare un attore a fare qualcosa che non è nella sceneggiatura. Ma all’epoca ero troppo giovane, spiega, non lo sapevo. Così fui costretta a sottopormi a quella che ritengo essere stata una vera violenza. Le lacrime che si vedono nel film sono vere. Sono lacrime di umiliazione.Non ho ancora perdonato Bertolucci per il modo in cui mi ha trattata e anche quando l’ho incontrato a Tokyo 17 anni fa l’ho ignorato. Lo ricordo ancora bene sul set. Era grasso, sudato e ci ha manipolati, sia Marlon che me. Alcune mattine sul set era molto gentile e salutava, altri giorni non diceva niente, solo per vedere le nostre reazioni. Io ero troppo giovane e ingenua. E sfruttata. Per il film mi diedero solo 5 mila dollari”.

Maria Schneider-Una donna come Eva

Con Monique Van de Ven nel bellissimo Una donna come Eva

Questa esperienza segnerà profondamente la vita di Maria.
Il film rappresenta un lancio incredibile, ma anche l’inizio di un personale inferno, nella quale l’attrice scivolerà lentamente.
Da lei ormai il pubblico si aspetta solo un certo tipo di cinema, mentre Maria sa di essere un’attrice vera, dal grande talento drammatico.
Nel 1973, un anno dopo Ultimo tango a Parigi, la Schneider gira Reigen, regia di Otto Schenk (1973) e sopratutto partecipa a due produzioni italiane di grande valore.
La prima, Cari genitori di Enrico Maria Salerno la vede protagonista nei panni di Antonia, una ragazza che si allontana dalla famiglia alla ricerca della sua identità; nel film recita accanto a Florinda Bolkan, dando vita ad un personaggio ricco di sfaccettature.

Maria Schneider-Un corpo da possedere

Un corpo da possedere

La seconda produzione è Professione reporter regia di Michelangelo Antonioni (1975), accanto a Jack Nicholson; sono passati due anni dal film diretto da Salerno, Maria Schneider è una bellissima donna e sopratutto un’attrice di talento. Ma la maledizione di Ultimo tango sembra inseguirla di nascosto.
Lo dimostra nell’anno successivo, quando gira Baby Sitter – Un maledetto pasticcio (La baby sitter), regia di René Clément (1975) un delizioso film accanto a Sydne Rome.
Ma l’anno successivo accade qualcosa che cambierà definitivamente la sua vita.
La Schneider viene scritturata per il film Caligola, diretto da Tinto Brass; è una produzione ambiziosa, ma Maria ignora che il film ha un contenuto fortemente provocatorio e che include scene di sesso non simulato.Per quanto a lei non venga richiesta la partecipazione a queste scene, dopo appena un giorno l’attrice fugge dal set, gridando che non vuole far parte di un film del genere.Ne segue un brutto esaurimento nervoso che la costringe ad una lunga degenza in un ospedale romano.
Le voci sulla sua bisessualità, l’utilizzo di droghe e la fama di attrice erotica le hanno sconvolto la vita e la carriera; la giovane che sognava il cinema e la carriera in modo ben diverso è ormai una donna alla deriva.Ha solo 24 anni ma si è fatta una fama che la condizionerà per sempre.Rifiuta di girare con Bunuel l’ultimo film Quell’oscuro oggetto del desiderio, il testamento spirituale del grande regista spagnolo perchè a suo modo di vedere nel film la figura femminile è ridicolizzata, così Bunuel affiderà la parte riservata alla Schneider all’attrice Angela Molina.

Maria Schneider-Yoroppa tokkyu

Yoroppa Tokkiu

Maria Schneider-Au large de Bad Ragaz

Au large de bad ragaz

Si trasferisce a Los Angeles, ma ci vorranno tre anni prima che ritorni sul set,in Voyage au jardin des morts di Philippe Garrel accanto a Laurent Terzieff per poi girare Violanta, per la regia di Daniel Schmid accanto a Lucia Bosè.Chiude l’anno 1978 il film Io sono mia,di sofia Scandurra accanto a Stefania Sandrelli; il film, fortemente femminista, è nelle sue corde anche perchè c’è una commistione di ruoli fra l’anticonformista attrice e il soggetto del film.
Sarà il 1979 l’anno più importante della carriera di Maria Schneider: gira due film molto belli e importanti come Una donna come Eva di Nouchka van Brakel nel quale ha una relazione proibita con una donna sposata e nel quale interpreta una fotografa hippy libera e anticonformista, una parte che sembra rispecchiare la sua vita reale e La derobade – vita e rabbia di una prostituta parigina di Daniel Duval accanto a Miou Miou un film bellissimo sulla vita di due prostitute parigine.In questa pellicola ha un ruolo subalterno rispetto a Miou Miou ma da vita ad un personaggio umano dallo straordinario spessore.
Sono due film in qualche modo scabrosi, anche se ormai nel cinema lo scandalo ha lasciato finalmente il posto all’analisi del valore della pellicola e la nudità, il sesso non sono più pietre dello scandalo.
Ad ogni buon conto Maria si dedicherà a film rigorosamente selezionati; nei successivi trent’anni girarà una trentina di film, alcune serie televisive come Buio nella valle nel 1984 o Non basta una vita e film come Cercasi Gesù di Comencini accanto a Beppe Grillo.

Maria Schneider-La Derobade

Con Miou Miou nel bellissimo La derobade

L’ultimo suo film sarà Il cliente nel 2008 regia di Josiane Balasko; da quel momento e fino alla sua scomparsa l’attrice rilascerà solo alcune interviste.
In una di queste, con amarezza, ricorda che “Finalmente dopo che ho fatto questo per 30 anni, ho trovato alcuni articoli allegri , e ora la gente mi capisce meglio oggi rispetto al passato . Perché i media hanno lanciato autentiche pietre contro di me . Quando si leggono gli articoli degli anni ’70 ci si rende conto che erano terribili.E ora vedendo il tipo di scelte che ho fatto , mi capiscono . E mi rispettano , forse è l’età , non lo so .”
In una delle sue ultime interviste ricorda il suo rapporto con Brando:” Tra me e lui non c’era attrazione; mi diceva che gli ricordavo sua figlia Cheyenne (morta suicida ndr.).Il giorno del mio ventesimo compleanno mi inondò la roulotte di fiori, firmando il biglietto di accompagnamento con un ammiratore sconosciuto.
Mi dava consigli sul mondo del cinema…E pensare che dovevo fare un film con Alain Delon ma Morris, il mio agente, mi disse “E’ un ruolo di primo piano con Marlon Brando – non si può rifiutare”
Maria Schneider muore il 3 febbraio del 2011 di cancro; fumava moltissimo, fin dalla tenera età; le sue ultime apparizioni pubbliche ci mostrano il volto di una donna scavato dalla malattia ma segnato anche da quel percorso descritto fatto di droga, di esaurimenti nervosi.

Maria Schneider-Au pays des juliets

Au pays des Juliets

Maria Schneider-Balles perdue

Balles perdue

Una personalità complessa segnata da un episodio, per quanto importante esso sia stato: Maria non ebbe più contatti con Bertolucci al quale rimproverò sempre gli episodi descritti all’inizio, arrivando a descrivere il regista come un mostro e rifiutando, nel corso di una premiazione alla quale parteciparono entrambi di incontrarlo e stringergli la mano.
Un’attrice di qualità, indubbiamente, con un talento che è rimasto largamente inespresso.
Una donna dal temperamento duro e scevro da compromessi, che ha avuto una vita segnata da esperienze dolorose e che ha lasciato purtroppo solo un ricordo legato ad un film storico e ad una sequenza scandalosa che all’epoca venne ingigantita oltre ogni limite, creando attorno a lei una leggenda nera dalla quale non si è separata nemmeno dopo la morte.

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Maria Schneider-Bunker palace hotel

Bunker Palace Hotel

Maria Schneider-Cari genitori

Con Florinda Bolkan in Cari genitori

Maria Schneider-Cercasi Gesù

Cercasi Gesù

Maria Schneider-crime of honour

Crime of honour

Maria Schneider-Ecran de sable

Ecran de sable

Maria Schneider-Haine

Haine

Maria Schneider-Il girotondo dell'amore

Il girotondo dell’amore

Maria Schneider-Io sono mia

Io sono mia

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Jane Eyre

Maria Schneider-La clef

La clef

Maria Schneider-La repentie

La repentie

Maria Schneider-La tardona

La tardona

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La vie d’artiste

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Les acteurs

Maria Schneider-Madly il piacere dell'uomo

Madly il piacere dell’uomo

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Maigret

Maria Schneider-Mama Dracula

Mama Dracula

Maria Schneider-Merry go round

Merry go round

Maria Schneider-Navarro

Navarro (tv)

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Notti selvagge

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Quale amore

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Residence surveillee

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Mira u parizu

Maria Schneider-Something to Believe In

Something to believe

Maria Schneider-The princess and the photographer

The princess and the photographer

Maria Schneider-Tristano e Isotta

Tristano e Isotta

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Week end proibito di una famiglia quasi perbene

Maria Schneider-What a flesh

What a flesh

Maria Schneider Girotondo dell'amore

Girotondo dell’amore

Maria Schneider-Cliente

L’ultimo film interpretato: Cliente

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2008 Il Cliente
2008 A.D. La guerre de l’ombre (TV Mini-Series)
2007 La clef
2007 La vie d’artiste
2006 Quale amore
2006 Perds pas la boule! (Corto)
2004 Au large de Bad Ragaz
2004 Maigret (TV Serie)
2002 La repentie
2000 Actors
1998 Il cuore e la spada (Film TV )
1998 Angelo nero (Film TV )
1998 Something to Believe In
1996 Jane Eyre
1995 Commissario Navarro (TV Serie)
1993 Contrôle d’identité (Film TV )
1992 Notti selvagge
1992 Au pays des Juliets
1991 Schermi di sabbia
1991 La condanna
1989 Bunker Palace Hôtel
1988 Silvia è sola (Film TV )
1988 Non basta una vita (TV Serie)
1987 L’or noir de Lornac (TV Serie)
1987 Résidence surveillée
1985 A Song for Europe (Film TV )
1984 Buio nella valle (TV Mini-Serie)
1984 Yoroppa tokkyu
1983 Balles perdues
1982 Cercasi Gesù
1981 La chanson du mal aimé
1981 Merry-Go-Round
1981 Sezona mira u Parizu
1980 Weiße Reise
1980 Mama Dracula
1980 Haine
1979 La derobade – vita e rabbia di una prostituta parigina
1979 Una donna come Eva
1978 Io sono mia
1978 Violanta
1978 Voyage au jardin des morts
1975 Babysitter – Un maledetto pasticcio
1975 Professione: reporter
1973 Cari genitori
1973 Il girotondo dell’amore
1972 Ultimo tango a Parigi
1972 What a Flash!
1972 Un corpo da possedere
1972 La tardona
1971 Week end proibito di una famiglia quasi per bene
1970 Madly, il piacere dell’uomo
1969 Les femmes (uncredited)
1969 L’albero di Natale (uncredited)

 

Maggio 10, 2014 Pubblicato da: | Biografie | | Lascia un commento

La vallee

La valleè locandina

Tre anni dopo il lusinghiero successo di More, il regista di origini iraniane Barbet Schroeder gira La vallee, cambiando completamente registro al genere di film e passando quindi ad un atipico road movie ma utilizzando ancora la musica dei Pink Floyd a supporto della pellicola. Una presenza discreta, forse troppo quella dei Pink Floyd, che appaiono con la loro musica solo per brevi sequenze e che verrà raccolta, insieme ai frammenti di More nell’album Oscured by clouds
Schroeder, regista anticonformista e sperimentale, sempre alla ricerca di soluzioni visive di profondo impatto, sceglie questa volta di utilizzare una sceneggiatura stringatissima, usandola solo come linea guida di quello che sarà il viaggio di una donna in un territorio vergine, la nuova Guinea, alla ricerca di una valle inesplorata ed abitata da nativi che non hanno mai conosciuto l’uomo bianco.
Su questa struttura semplice, che ricorda un po La montagna incantata o uno dei tanti film d’avventura a sfondo esotico, Schroeder innesta la storia di Viviane, moglie del console in Australia, donna ricca e molto annoiata che per sfuggire alla monotonia della sua vita decide di intraprendere un lavoro particolare, ovvero occuparsi della vendita di oggetti esotici o comunque rari.

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Sarà durante la ricerca di un rarissimo uccello tropicale che Viviane incontrerà dei giovani hippy che rincorrono il sogno di trovare una valle mai esplorata dall’uomo, che peraltro non figura su nessuna mappa, essendo coperta perennemente da nubi.
Unitasi al gruppo, Viviane vivrà un’avventura straordinaria, fra paesaggi incontaminati e bellezze naturali da lasciare senza fiato; sarà per lei un’occasione di crescita coronata alla fine dall’incontro con la tribù indigena dei Mapuga e dalla visione della tanto agognata valle.
Storia di un viaggio, storia marginale di una donna e ancor più marginalmente di un gruppo di giovani hippy e principalmente storia di un paradiso selvaggio, quello della Nuova Guinea.
Storia di un fotografo,Néstor Almendros, che cattura l’anima selvaggia e lussureggiante della Nuova Guinea con un’abilità unita ad un romanticismo sorprendenti;magicamente le montagne e le valli, gli alberi e i fiori fino alla tribù Mapuga sembrano acquistare una dimensione fiabesca accompagnate dalla discretissima colonna sonora dei Pink Floyd.

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L’esperienza di vita dell’oziosa e annoiata Viviane diventa un viaggio alla ricerca di una dimensione spirituale che finirà per essere immensamente più appagante della vita precedente, del suo legame con un marito ricco ma perennemente assente, dell’adagio nelle mollezze tipiche della civiltà occidentale.
La donna scoprirà una diversa spiritualità, legata in maniera arcana alla natura, così come fanno i Mapuga, che vivono solo con quello che la natura fornisce loro.
Per Viviane sarà una scoperta in tutti i sensi: ne gioverà anche la sua sessualità.
Fare l’amore tra i giganteschi alberi della foresta vergine, fra lussureggianti piante e in mezzo ad un verde accecante le restituirà anche la pace dei sensi, le restituirà una sessualità completa e appagata.
Quando il gruppo si avvia alla ricerca della valle, sa benissimo che nessuno è mai tornato da quel viaggio:al termine dello stesso si ipotizza che possa esserci un pericolo mortale, ma in realtà il vero pericolo fin irà per essere la ricerca stessa, perchè la diversa dimensione di vita, la spiritualità finalmente appagata trasformeranno il viaggio stesso nell’approdo verso un eden che non si può più abbandonare.
Schroeder dirige quindi un film che viaggia sul doppio binario della ricerca dell’assoluto rappresentato da un ritorno arcaico ad uno stile di vita primordiale e quello della ricerca di se stessi.
Grazie alla citata fotografia di Almendros, alla bravura principalmente dell’attrice francese Bulle Ogier, che diverrà in seguito sua moglie, il regista costruisce un film denso di fascino e mistero che non potrà non lasciare colpito lo spettatore.

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Qualche anno prima Walkabout di Roeg e qualche anno dopo Picnic ad Hanging Rock viaggeranno sullo stesso tema, riproponendo cioè paesaggi selvaggi e natura incontaminata, una ricerca dell’uomo verso la sua essenza più totale, priva degli orpelli della civiltà occidentale.
La vallee non ha mai avuto incredibilmente una versione doppiata in italiano, pur essendo stato riproposto in digitale.Tuttavia le versioni presenti in rete, in lingua inglese, presentano la possibilità dei sotto titoli in italiano e occorre quindi adeguarsi. La versione migliore che ho trovato è in streaming all’indirizzo http://www.nowvideo.at/video/bddaab030bf40 con una discreta qualità digitale e dei sottotitoli non invadenti.Attenzione ai fastidiosissimi pop up, che dovrete chiudere prima di poter finalmente visionare il film. Vi consiglio, nella scelta del sito di streaming, lo share di Nowvideo presente nell’elenco.

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La vallée
Un film di Barbet Schroeder. Con Bulle Ogier, Jean-Pierre Kalfon, Michael Gothard, Jérôme Beauvarlet, Monique Giraudy Drammatico, durata 100′ min

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Bulle Ogier … Viviane
Jérôme Beauvarlet … Yann
Monique Giraudy … Monique
Michael Gothard … Olivier
Jean-Pierre Kalfon … Gaetan
Valérie Lagrange … Hermine

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Regia Barbet Schroeder
Sceneggiatura Barbet Schroeder, Paul Gégauff
Produttore Michel Chanderly, Stéphane Tchagadjieff
Casa di produzione Les Films du Losange, SNC
Distribuzione (Italia) Rarovideo
Fotografia Nestor Almendros

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L’opinione del Morandini dal sito http://www.mymovies.it

Viviane moglie del console di Francia a Melbourne, si unisce a una spedizione che intende scoprire una valle sconosciuta. Attratta dal suo capo, ne diventa l’amante e con lui s’inizia ai riti indigeni, affronta varie peripezie e scala alcune montagne finché, stremati, i due scoprono la valle. In bilico tra finzione e documentario, influenzata dall’ideologia hippy di moda negli anni ’60, questa ricerca di una felicità mitica ha scrittura di taglio contemplativo, ritmo lento, assidua attenzione alla bellezza dei paesaggi. Fotografia (Cinemascope): Nestor Almendros. È uno dei tanti film estremi dell’irregolare Schroeder. Si è spinto sino a 4000 m d’altezza nella Nuova Guinea, fra tribù che non avevano mai visto una donna bianca, con una troupe ridotta al minimo, senza jeep né elicotteri.

L’opinione di Fauno dal sito http://www.davinotti.com

A parte la bellissima fotografia ha ben poco… La colonna sonora è molto limitata e non ha certo l’impatto che ha avuto quella di More, ma quel che è peggio è che il film è povero di contenuti… d’accordo le piume degli uccelli rari e le danze tribali, l’amore libero… ma si affrontano poco e con molta poca tenacia lo spirito, la mentalità hippy, l’emotività per quello che si va a scoprire… sembra una pura e semplice escursione alla Ambrogio Fogar: tutti sono sfiniti, allo stremo e d’improvviso ecco la vallata e la fine del film. Manca la carica!

L’opinione di Kotrab dal sito http://www.filmtv.it

Curioso film figlio del suo tempo e finanche suggestivo: ambientato in Nuova Guinea, una donna è alla ricerca di piume di uccelli esotici, incontra due ragazzi e una ragazza dediti all’amore libero e in cerca di una misteriosa valle da cui nessuno pare essere tornato in quanto sito del Paradiso. Il viaggio però si rivela ambiguo: è veramente un cammino iniziatico, a contatto con la “naturalità” dei popoli indigeni, o solo turismo modaiolo? Il film di Schroeder è discreto, interessante e ben fotografato (vedi l’incipit), ma che a volte si perde in lungaggini poco incisive. Interessante un dialogo in cui si mettono in risalto le possibili contraddizioni del rapporto tra gli occidentali e gli indigeni, in cui si crede di trovare la risposta alla fuga dall’Occidente non vedendo le sottili, nascoste insidie di un modo di vivere lontano dal nostro

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Obscured by Clouds – 03:05 (Waters, Gilmour) – Strumentale.
When You’re In – 02:31 (Waters, Gilmour, Wright, Mason) – Strumentale.
Burning Bridges – 03:30 (Wright, Waters) – Voce di Gilmour e Wright.
The Gold It’s in the… – 03:08 (Gilmour, Waters) – Voce di Gilmour.
Wot’s… Uh the Deal – 05:09 (Gilmour, Waters) – Voce di Gilmour
Mudmen – 04:18 (Wright, Gilmour) – Strumentale.
Childhood’s End – 04:33 (Gilmour) – Voce di Gilmour.
Free Four – 04:16 (Waters) – Voce di Waters.
Stay – 04:07 (Wright, Waters) – Voce di Wright.
Absolutely Curtains – 05:51 (Waters, Gilmour, Wright, Mason) – Strumentale

David Gilmour – chitarra e voce
Roger Waters – basso e voce
Richard Wright – tastiere e voce
Nick Mason – batteria
Musiche Pink Floyd

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Maggio 9, 2014 Pubblicato da: | Drammatico | , | Lascia un commento

Avviso ai naviganti

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Grazie alla collaborazione di alcuni lettori, sono nate alcune novità che sono state introdotte nel sito.Vediamole nel dettaglio:

– E’ stato fatto un restyling di alcuni articoli, molti ne seguiranno; sono state inserite le recensioni provenienti da altri siti, aggiornate le gallerie fotografiche, aggiunte locandine e lobby card;

– Sono state introdotte le Photogallery di alcune attrici attive sopratutto tra il 1960 e 1980 e ovviamente ne seguiranno molte altre;

– A breve verranno introdotte gallery di screen caps di alcuni dei film più importanti recensiti nel sito; queste gallery conterranno foto inedite, foto di scena e brevi sequenze screen shots oltre a gif animate;

– Ove possibile, ho inserito i link per vedere in streaming o per scaricare (secondo le leggi vigenti,quindi per 24 ore dal download) film da You tube o da siti di sharing: tutti i link di sharing sono stati verificati personalmente  e a parte i soliti fastidiosi pop up non contengono virus.E’ tuttavia consigliabile avere attivato un firewall o un anti virus

– Per scaricare i film da Youtube in modo da vederli con tranquillità consiglio l’utilizzo di 4k Video dowloader, semplicissimo da usare che però permette la visione dei film solo con l’apposito lettore integrato nel software.Il software può essere scaricato gratuitamente all’indirizzo http://www.4kdownload.com/it/products/product-videodownloader

– Per motivi legati alla legge sul copyright, non è possibile purtroppo avere lo share diretto di film completi

Buon proseguimento

Filmscoop

Volete essere sempre aggiornati sulle novità del sito?

Filmscoop è su Facebook: richiedetemi l’amicizia.

Il profilo è il seguente:

http://www.facebook.com/filmscoopwordpress.paultemplar

 

Maggio 8, 2014 Pubblicato da: | Senza Categoria | 2 commenti

Una stagione all’inferno

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A sedici anni Arthur Rimbaud è un giovane ribelle, che detesta i lacci della società e delle sue istituzioni, con in testa la famiglia. E’ anche un poeta, Rimbaud, che scrive poesie fuori dai canoni estetici vigenti e subito dopo essersi diplomato con il massimo dei voti, decide di mollare diploma e famiglia, per dedicarsi anima e corpo alla poesia.
Siamo nel pieno dei ferventi rivoluzionari, in Francia; è in pieno fermento l’esperienza della comune e Rimbaud sposa la causa dei comunardi oltre che aderire ad una nuova corrente poetica ed artistica, quella dei simbolisti.
In questo modo conosce un altro poeta, Paul Verlaine, con il quale stringe un’amicizia che sfocia in vero e proprio amore.
Verlaine, sposato, per il giovane Rimbaud lascia la moglie e prende a vagabondare con lui per l’Europa.
Ma le cose fra i due non vanno bene, e dopo che Rimbaud viene ferito da Verlaine, geloso di lui, lascia l’amante deciso a trasferirsi altrove.
In piena crisi poetica, Rimbaud si fa assumere da una compagnia che traffica in Africa con schiavi e armi; il poeta conosce Menelik, il ras etiopica e a lui inizia a fornire armi.

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Contemporaneamente conosce la bellissima Gennet, una donna abissina che da quel momento in poi non lo abbandonerà più;una ferita alla gamba, che si trasformerà in cancrena lo obbligherà a rientrare a Parigi, che lui ama e detesta al tempo stesso, ma…
Una stagione all’inferno, diretto da Nelo Risi nel 1971 riprende nel titolo il capolavoro del poeta Arthur Rimbaud, del quale il film racconta una biografia molto romanzata e non priva di inesattezze.
Il libro, che in qualche modo segna l’addio definitivo di Rimbaud alla poesia, ritenuta incapace di cambiare il mondo, in realtà non ha nulla a che vedere con il titolo del film, che è puramente indicativo dell’argomento trattato.
Il film infatti racconta l’amicizia e l’amore di Rimbaud per il poeta Paul Verlaine, le loro crisi personali culminate in un rapporto affettivo e amoroso che si sciolse drammaticamente quando Verlaine sparò due colpi di pistola verso Arthur Rimbaud, che rimase ferito leggermente ad un polso.

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Verlaine venne arrestato e nonostante Rimbaud non lo denunciasse, venne comunque condannato a due anni di galera; il film prosegue narrando la vita di Rimbaud in Africa, tra l’Etiopia e l’Abissinia , l’incontro fondamentale con la bella Gennet e infine la malattia che lo porterà alla tomba a soli 37 anni, cinque anni prima dell’amico, mentore e amante Verlaine.
Un film decisamente interessante, pur nei suoi errori e nel freddo formalismo che troppo spesso si affaccia nel film, compensato però da una regia attenta e puntuale, da location assolutamente affascinanti, con le lunghe pianure e le savane africane a farla da padrone.
Risi privilegia il dialogo e la storia drammatica che lega i due grandi poeti maledetti, anche se mette a fuoco principalmente il personaggio di Rimbaud del quale segue le vicende personali.
Spazio anche alla storia d’amore fra il poeta e la nativa Gennet, che amorevolmente assisterà durante tutta la sua permanenza sul continente africano di Rimbaud.
Sicuramente bravi gli attori protagonisti; bravo Terence Stamp nel ruolo tormentato di Arthur Rimbaud, bene anche Jean Claude Brialy nei panni dell’amico Paul Verlaine ma la vera sorpresa è Florinda Bolkan, che si conferma attrice di razza, oltre che splendida creatura nel ruolo di Gennet.Reduce dal grandissimo successo riscosso con Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, regia di Elio Petri (1970) e l’anno precedente con Metti, una sera a cena, regia di Giuseppe Patroni Griffi (1969) l’attrice brasiliana è nel momento magico della sua carriera, che incontrerà un altro grande successo l’anno dopo, con quell’Anonimo veneziano, regia di Enrico Maria salerno che la consacrerà stella di prima grandezza.Molto belle le musiche di Jean Michel Jarre.
Un film sicuramente da rivalutare e che purtroppo per oltre quarant’anni è rimasto completamente nascosto; oggi grazie all’edizione in dvd è possibile finalmente rivederlo.

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Chiunque voglia vederne una copia molto ben ridotta digitalmente deve solo andare ai seguenti link e scaricare le due parti che lo compongono, unendole poi con 7 zip o con Winrar : https://ultramegabit.com/file/details/gp-HIsQ9i8I/Una70stag.part1.rar e https://ultramegabit.com/file/details/5Gkt0ctCMKk/Una70stag.part2.rar

Una stagione all’inferno
Un film di Nelo Risi. Con Pier Paolo Capponi, Florinda Bolkan, Jean-Claude Brialy, Terence Stamp, Nike Arrighi, Attilio Dottesio, Archie Savage, Sergio Serafini, Lorenzo Piani, Vittorio Fanfoni, Bruno Cattaneo, Giuseppe Maffioli, Patrizia Valturri, Gabriella Giacobbe Drammatico, durata 130′ min. – Italia 1971.

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Terence Stamp … Arthur Rimbaud
Jean-Claude Brialy … Paul Verlaine
Florinda Bolkan … Gennet

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Regia Nelo Risi
Soggetto Arthur Rimbaud
Sceneggiatura Giovanna Gagliardo
Fotografia Aldo Scavarda
Montaggio Roberto Perpignani
Musiche Maurice Jarre

L’opinione del Morandini

Vita e morte di Jean-Arthur Rimbaud (1854-1891), leggendario giovane poeta francese, dai suoi rapporti con Paul Verlaine al traffico d’armi nell’Etiopia di Menelik. N. Risi è un regista colto, ma gli manca la stoffa del narratore di razza per fare del poeta Rimbaud un vero personaggio. Ambiziosa, impudica, scombinata biografia in confezione raffinata.

 

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Maggio 7, 2014 Pubblicato da: | Drammatico | , , | Lascia un commento

Classifica al botteghino 1988

1) Chi ha incastrato Roger Rabbit? (Who Framed Roger Rabbit) di Robert Zemeckis

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1 Chi ha incastrato Roger Rabbit foto
con Bob Hoskins, Christopher Lloyd, Joanna Cassidy

2) Rain Man – L’uomo della pioggia (Rain Man) di Barry Levinson

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2 Rain Man - L'uomo della pioggia foto
con Dustin Hoffman, Tom Cruise, Valeria Golino, Jerry Molen

3) Il piccolo diavolo di Roberto Benigni

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3 Il piccolo diavolo foto
con Roberto Benigni, Walter Matthau, Stefania Sandrelli, Nicoletta Braschi, John Lurie

4) Il principe cerca moglie (Coming to America) di John Landis

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con Eddie Murphy, James Earl Jones, Arsenio Hall, Shari Headley, John Amos, Madge Sinclair

5) Rambo III (Rambo III) di Peter MacDonald

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con Sylvester Stallone, Richard Crenna, Marc de Jonge, Spiros Focas, Kurtwood Smith, Sasson Gabay

6) Caruso Pascosky (di padre polacco) di Francesco Nuti

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con Francesco Nuti, Clarissa Burt, Ricky Tognazzi, Antonio Petrocelli, Novello Novelli

7) Un pesce di nome Wanda (A Fish Called Wanda) di Charles Crichton

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7 Un pesce di nome Wanda foto
con John Cleese, Jamie Lee Curtis, Kevin Kline, Michael Palin, Maria Aitken, Tom Georgeson

8) L’orso (L’ours) di Jean-Jacques Annaud

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8 L'orso foto
con Tchéky Karyo, Jack Wallace, André Lacombe

9) Cocktail (Cocktail) di Roger Donaldson

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con Tom Cruise, Bryan Brown, Elisabeth Shue, Kelly Lynch

10) Compagni di scuola di Carlo Verdone

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10 Compagni di scuola foto
con Carlo Verdone, Alessandro Benvenuti, Nancy Brilli, Eleonora Giorgi, Christian De Sica, Natasha Hovey, Giovanni Vettorazzo, Massimo Ghini, Piero Natoli

11) Fantozzi va in pensione di Neri Parenti

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con Paolo Villaggio, Milena Vukotic, Gigi Reder, Anna Mazzamauro, Plinio Fernando

12) Frantic (Frantic) di Roman Polanski

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con Harrison Ford, Emmanuelle Seigner, Betty Buckley, John Mahoney, Yorgo Voyagis, Gérard Klein

13) Una donna in carriera (Working Girl) di Mike Nichols

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13 Working Girl foto
con Melanie Griffith, Sigourney Weaver, Harrison Ford, Alec Baldwin, Olympia Dukakis, Joan Cusack, Kevin Spacey

14) Una pallottola spuntata (The Naked Gun: From the Files of Police Squad!) di David Zucker

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14 Una pallottola spuntata foto
con Leslie Nielsen, George Kennedy, Priscilla Presley, Ricardo Montalban, O.J. Simpson, Nancy Marchand

15) Sotto accusa (The Accused) di Jonathan Kaplan

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15 Sotto accusa foto
con Jodie Foster, Kelly McGillis, Bernie Coulson, Leo Rossi, Ann Hearn, Carmen Argenziano, Steve Antin, Tom O’Brien

16) Mr. Crocodile Dundee II (Crocodile Dundee II) di John Cornell

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16 Mister Crocodile Dundee II foto
con Paul Hogan, Linda Kozlowski, John Meillon, Ernie Dingo, Charles S. Dutton, Juan Fernández

17) La leggenda del santo bevitore di Ermanno Olmi

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17 La leggenda del santo bevitore foto
con Rutger Hauer, Anthony Quayle, Sandrine Dumas, Dominique Pinon

18) L’ultima tentazione di Cristo (The Last Temptation of Christ) di Martin Scorsese

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con Willem Dafoe, Harvey Keitel, Barbara Hershey, Harry Dean Stanton, David Bowie, Verna Bloom, Andre Gregory, Juliette Caton, Roberts Blossom, Nehemiah Persoff

19) Donne sull’orlo di una crisi di nervi (Mujeres al borde de un ataque de nervios) di Pedro Almodovar

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19 Donne sull'orlo di una crisi di nervi foto
con Carmen Maura, Antonio Banderas, Julieta Serrano, Rossy De Palma, Chus Lampreave

20) I gemelli (Twins) di Ivan Reitman

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20 I gemelli foto
con Arnold Schwarzenegger, Danny DeVito, Kelly Preston, Chloe Webb, Bonnie Bartlett, Hugh O’Brian, Nehemiah Persoff

Maggio 6, 2014 Pubblicato da: | Box office | | Lascia un commento

Maria Grazia Buccella Photogallery

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Maggio 5, 2014 Pubblicato da: | Photogallery | | Lascia un commento

Il giustiziere della notte

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Nel 1971 il regista Don Siegel diresse Ispettore Callaghan, il caso Scorpio è tuo, primo film ad istituzionalizzare la violenza come antidoto all’esplodere della stessa violenza usata dalle gang criminali che infestavano le metropoli americane.Una violenza di un poliziotto che ritiene il sistema troppo morbido nell’affrontare il problema della criminalità dilagante, che ingenerò una montagna di critiche verso Siegel e marginalmente verso Clint Eastwood accusato di condividere con il regista una visione “fascista” della società, in cui l’occhio per occhio dente per dente sembra essere l’alternativa vincente contro la criminalità.
Nel 1974 Michael Winner riprende in qualche modo il tema, accusando ancora una volta la polizia di essere troppo tenera verso i criminali e paventando l’uso della giustizia privata come unico antidoto all’esplodere della violenza criminale nelle città.

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Il giustiziere della notte esce in un periodo difficile per gli Usa;la guerra nel Vietnam, lo scandalo Watergate hanno creato un clima difficile e le tensioni sociali esplodono con guerre tra gang, con la mafia che controlla i traffici illeciti, bande che scorazzano per i quartieri di New York,Los Angeles o San Francisco e la polizia in netta difficoltà stretta tra leggi iper garantiste e laccetti giuridici che di fatto ne limitano il raggio d’azione.
Winner coglie i segnali che arrivano dalla società civile e con intelligenza va a riprendere il romanzo Death wish di Brian Garfield uscito nel 1972;nasce così Il giustiziere della notte, un film che andando al di la degli indubbi meriti diverrà un cult e creerà un grosso interrogativo sul quale dibatteranno per mesi mass mediologi, critici e giornalisti e cioè se la violenza privata debba o no essere legittimata di fronte a evidenti carenze della legge.
Il film racconta le vicende dell’architetto Paul Kersey, un pacifico e anonimo cittadino a cui dei delinquenti uccidono la moglie Joanna e violentano e traumatizzano la figlia Carol.Dopo il funerale della moglie, e dopo aver visto sua figlia portata via verso un istituto per cure psichiatriche Kersey capisce che la polizia poco può fare per fermare la violenza che dilaga nelle strade.

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Dopo un viaggio in Arizona e dopo aver ricevuto in regalo una pistola non registrata, una calibro 32, Kersey decide di agire e si trasforma in un implacabile giustiziere.
Da quel momento l’uomo è ricercato dalla polizia, che teme fenomeni di emulazione e trasformato invece in un eroe dalla popolazione, che vede in lui la ribellione alle frustrazioni quotidiane subite dai malviventi.
Alla fine Kersey uccide due malviventi ma viene ferito da un terzo e finisce in ospedale, dove viene raggiunto dal tenente Briggs che gli comunica l’impunità dai crimini in cambio dell’allontanamento dalla città.
Kersey accetta e parte per Chicago…

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Quattro sequel, Il giustiziere della notte 2 (diretto da Winner),il 3 diretto ancora da Winner, il 4 diretto da J. Lee Thompson e infine il quinto e ultimo sequel diretto da Allan Goldstein, che testimoniano il gran successo di questo film autenticamente precursore di un genere che ebbe molte imitazioni, quasi sempre però di bassa lega così come furono decisamente inferiori i sequel al primo capitolo.
Winner sceglie Charles Bronson, già scritturato per L’assassino di pietra e per Professione assassino, volto scolpito nella pietra, come protagonista del film e colpisce nel segno; Bronson da vita ad un personaggio di grande spessore, che diverrà un mito.
Un film non esente da pecche, che però si segue con grande piacere anche per il ritmo serrato che Winner imprime al film;il regista, scomparso nel 2013 a 77 anni ha mano ferma e grande capacità di sintesi cosa che rende il film, pur nell’ambito del poliziesco, uno dei prodotti migliori mai diretti.Il film è disponibile in streaming all’indirizzo http://www.cineblog01.tv/il-giustiziere-della-notte-1974/ in una buona qualità.

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Il giustiziere della notte

Un film di Michael Winner. Con Charles Bronson, Hope Lange, Vincent Gardenia, William Redfield Titolo originale Death Wish. Drammatico, durata 93 min. – USA 1974

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Charles Bronson: Paul Kersey
Hope Lange: Joanna Kersey
Stuart Margolin: Aimes Jainchill
Edward Grover: tenente Briggs
Vincent Gardenia: Ispettore Frank Ochoa
Gregory Rozakis: Spraycan
Jeff Goldblum: assalitore #1
Christopher Logan: assalitore #2
Kathleen Tolan: Carol Toby
Fred J. Scollay: Procuratore distrettuale
Steven Keats: Jack Toby

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Regia Michael Winner
Soggetto Brian Garfield
Produttore Dino De Laurentiis
Casa di produzione Paramount Pictures
Fotografia Arthur J. Ornitz
Montaggio Bernard Gribble
Musiche Herbie Hancock

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Giuseppe Rinaldi: Paul Kersey
Rosetta Calavetta: Joanna Kersey
Pino Colizzi: Aimes Jainchill
Cesare Barbetti: tenente Briggs
Antonio Guidi: Ispettore Frank Ochoa
Michele Gammino: assalitore #1
Manlio De Angelis: assalitore #2
Micaela Esdra: Carol Toby
Alessandro Sperlì: Procuratore distrettuale
Massimo Turci: Jack Toby

Il giustiziere della notte banner recensioni

L’opinione di sasso67 dal sito http://www.filmtv.it

Difficile stabilire se nella scelta finale della polizia, che – analizzate le statistiche da cui risulta che per l’azione del giustiziere è crollato il tasso di criminalità a New York ma si è anche creato un pericoloso fenomeno di emulazione – decide di non arrestare il cittadino Kersey siano ravvisabili le caratteristiche del fascismo. Forse, analizzando bene i fenomeni, non è così, perché se fascismo è organizzare le squadracce (o le ronde, che anche qui da noi qualcuno malvestito di verde aveva proposto), questo è proprio ciò che le autorità di pubblica sicurezza newyorkesi vogliono evitare, mentre il loro obiettivo è quello di restaurare, per quanto possibile, il binomio “legge e ordine”, che è più probabilmente carattere distintivo di una destra occidentale talvolta intransigente ma non fascista. E del resto il rispetto della legge è proprio ciò per cui la polizia in senso lato è stata (o sarebbe stata) inventata.
Di sicuro quello di Winner, che trova in Bronson una perfetta icona, è comunque un attacco virulento alla sinistra imbelle degli obiettori di coscienza (lo dico dal loro punto di vista, in quanto anch’io sono obiettore di coscienza all’uso delle armi), per certi versi narrativamente squilibrato. Ora, è pur vero che a un certo punto, armato della sua calibro 32 l’ingegner Kersey si aggira di notte nei posti più malfamati in cerca di feccia umana (lo dico ancora nell’ottica degli autori del film) da abbattere, ma che davvero tutti questi criminali – nella cui maggioranza hanno i tratti inconfondibili dell’immigrato portoricano, con la chioma simil Jackson 5 – cerchino di rapinare proprio uno con la faccia poco raccomandabile di Charles Bronson mi sembra poco credibile: si vede che non erano mai andati al cinema.
L’attore d’origine lituana incarna perfettamente l’uomo che, a causa di un trauma subito (l’iniziale scena di violenza ha una sua efficace e stilizzata brutalità, che fa pensare quasi alle analoghe sequenze di Arancia meccanica, depurate però del loro aspetto operistico), impugna la pistola per “ripulire” la città e diventa, da questo momento in poi una vera icona, vicina al Clint Easwood dell’ispettore Callaghan. Seguiti e parodie (una anche con Franco Franchi: Il giustiziere di mezzogiorno) ne scolpiscono la mitologia

L’opinione di Angelheart dal sito http://www.filmscoop.it

Il primo film e portavoce assoluto sul vigilantismo e la giustizia fai da te.
Violento, cupo e cattivissimo (la sequenza dello stupro lascia ancora a bocca aperta) con un protagonista perfetto ed un’atmosfera newyorkese talmente lurida e malsana da indurre anche il più coraggioso a barricarsi dentro casa. La critica sociale che si porta dietro è ancora potente ed ahimè più attuale che mai (qui da noi in particolare non si sente parlar d’altro dalla cronaca) tuttavia soffre non poco del peso degli anni, di un ritmo spesso soporifero soprattutto nella parte centrale, e di certi passaggi ripetitivi e poco credibili (il protagonista esce praticamente ogni sera in cerca di guai, ma i guai sembrano venire incontro sempre e solo a lui anche quando è tranquillo).Ad ogni modo rimane una pietra miliare del genere, uno dei film più brutali degli anni 70, e l’apripista per una serie di sequel ed imitatori di alta e bassa lega.

L’opinione di galbo dal sito http://www.davinotti.com

Tra i primi e migliori esempi di un filone fortunatissimo (quello degli uomini comuni che si vendicano dei torti subiti) è stato (in parte giustamente) considerato a lungo un film reazionario. Si tratta però sopratutto un esempio di action molto ben realizzato (il montaggio ed alcune delle riprese più animate sono eccellenti), interpretato da un’attore (Bronson) che è diventato un tutt’uno col personaggio, tanto da essere oggi identificato quasi esclusivamente con questo.

L’opinione di Herrkinski dal sito http://www.davinotti.com

Tralasciando le solite discussioni sul presunto “fascistismo” della storia, questo classico della coppia Winner/Bronson è un eccellente thriller urbano, dai risvolti drammatici. Verosimile e ancora non esagerato come accadrà in alcuni dei sequel, il film è girato molto bene e presenta molte sequenze interessanti anche visivamente. Privo di americanismi inutili e di spettacolarizzazioni hollywoodiane, duro, lucido e concreto. Bronson diventerà una vera e propria icona (a ragione) grazie a questo ruolo. Da vedere!

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Maggio 4, 2014 Pubblicato da: | Drammatico | | 2 commenti

Telefoni bianchi

 

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Il sogno di Marcella Valmarin,bella ragazza veneta che lavora come cameriera ed è fidanzata con Roberto è quello di diventare un’attrice;siamo nell’epoca mussoliniana ed il cinema è nella fase dei cosiddetti “telefoni bianchi“, quel periodo cinematografico caratterizzato dalla presenza nei film di telefoni bianchi, simbolo di uno status sociale elevato, in netta opposizione ai telefoni neri che erano in possesso della fascia più popolare della società.
Marcella trova nell’impresario Luciani un insperato aiuto; l’uomo la seduce con la promessa di introdurla nel mondo del cinema.
In realtà l’uomo non è affatto un impresario e Marcella lo scopre subito dopo essere arrivata a Roma dove ben presto diventa l’amante di alcuni personaggi che approfittano di lei con la promessa di coronare il suo sogno.
Marcella, che nel viaggio verso Roma ha portato con se Roberto riesce comunque a portare all’altare il suo fidanzato; ma sull’altare Roberto, che ha scoperto di essere stato tradito da Marcella con Bruno,un ufficiale fascista, la pianta in asso sull’altare gridandole parolacce.

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Così a Marcella non resta che di diventare l’amante di Bruno, che in pratica la trasforma ben presto in una prostituta; la madre di Bruno infatti gestisce un bordello ed è qui che miseramente finiscono i sogni di gloria di Marcella.
Ma un incontro imprime una svolta alla vita della giovane;casualmente diventa l’amante del Duce che la ricompensa facendola finalmente diventare un’attrice e spedendo il malcapitato Roberto in Spagna, dove infuria la guerra civile.
Con il nome di Alba Doris, Marcella che ha alle spalle l’onnipotente figura di Mussolini diviene ben presto famosa e finisce anche per diventare l’amante dell’attore Franco D’Enza, uno stravagante personaggio cocainomane e vanaglorioso.
Ma la rovina incombe su tutti i personaggi legati al fascismo: l’armistizio provoca la caduta del regime e Marcella rimane senza lavoro e per giunta senza una lira.
Così, messi da parte i sogni di gloria, la ragazza ritorna a casa con un viaggio avventuroso durante il quale, per vivere,è costretta nuovamente a prostituirsi.

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A casa trova una brutta sorpresa;i suoi, che la credevano ricca, quando scoprono che in realtà Marcella è nelle stesse condizioni di quando è partita la cacciano malamente di casa.
La guerra è finita e Marcella riesce a trovarsi un marito; ma non ha dimenticato Roberto, che ha finito per combattere tutte le guerre del fascismo prima di approdare in Russia.
Marcella approfitta di un viaggio del marito in quel paese per andare a cercare la tomba del fidanzato ma…
Telefoni bianchi, uscito nelle sale nel 1976 è un affresco creato da Dino Risi per celebrare ironicamente il periodo più in chiaro oscuro del cinema italiano, quello dei telefoni bianchi.
In qualche modo il regista milanese tenta di costruire un film con l’impronta della saga ma tutta una serie di circostanze, inclusa una sceneggiatura a corrente alternata impediscono la perfetta riuscita dell’operazione.
Troppo deboli i personaggi, tropo leggera la ricostruzione storica, tropo leggero il tono usato verso un periodo storico viceversa pieno di contraddizioni che il regista non solo non coglie, ma finisce per marginalizzare creando una storia dal tono leggero stridente con la realtà storica degli avvenimenti.

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Nonostante un cast di assoluto livello, che include per esempio Ugo Tognazzi e Vittorio Gassman, Agostina Belli e Renato Pozzetto, Maurizio Arena, William berger,Cochi Ponzoni e Lino Toffolo il film sbanda, ondeggia e non affonda solo perchè comunque il gran mestiere di Risi mimetizza i mille difetti, alcuni dei quali capitali, del film.
Che parte benissimo, si smorza nella parte centrale e si riprende solo nel finale con la sequenza in cui Marcella non riconosce nel contadino a cui hanno chiesto informazioni; quello che sorprende maggiormente è la disomogeneità e lo scoordinamento dello stesso sopratutto alla luce del lavoro precedente, lo splendido Profumo di donna dell’anno prima e di quello successivo, Anima persa, un gran bel film anomalo.
In tutti e tre i casi il regista utilizza Vittorio Gassman, che guarda caso proprio in questo film rende al minimo, con un personaggio che non gli è congeniale.

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Comunque, non siamo di fronte ad un film brutto ma piuttosto ad un film debole e troppo lungo (2 ore) che comunque si lascia seguire.
Purtroppo non ho trovato link in streaming dello stesso, che è presente in versione digitale sui p2p.

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Un film di Dino Risi. Con Vittorio Gassman, William Berger, Agostina Belli, Maurizio Arena, Lino Toffolo,Cochi Ponzoni, Attilio Dottesio, Michele Malaspina, Ugo Tognazzi, Eleonora Morana, Renato Pozzetto, Alvaro Vitali, Laura Trotter, Monica Fiorentini, Franca Stoppi, Paolo Baroni, Carla Terlizzi, Dino Baldazzi, Leonora Morano, Marcello Fusco, Enrico Marciani, Giovanni Brusateri, Edoardo Florio, Monico Fiorentini, Toni Maestri, Renate Schmidt, Giacomo Assandri Commedia, durata 120′ min. – Italia 1976.

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Agostina Belli: Marcella Valmarin, alias Alba Doris
Maurizio Arena: Luciani
William Berger: Franz
Vittorio Gassman: Franco D’Enza
Renato Pozzetto: Bruno
Cochi Ponzoni: Roberto Trevisan
Lino Toffolo: Gondrano
Ugo Tognazzi: Adelmo
Paolo Baroni: segretario di Marcella
Eleonora Morana: madre di Marcella
Dino Baldazzi: Benito Mussolini

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Regia Dino Risi
Soggetto Dino Risi e Bernardino Zapponi
Sceneggiatura Dino Risi, Ruggero Maccari, Bernardino Zapponi
Produttore Pio Angeletti, Adriano De Micheli
Musiche Armando Trovajoli
Scenografia Luciano Ricceri
Costumi Luciano Ricceri

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L’opinione di sasso67 dal sito http://www.filmtv.it

Film poco riuscito, nonostante le buone premesse, di un regista tra i più sopravvalutati e antipatici della commedia all’italiana. Qui utilizza male anche Vittorio Gassman, oltre ad attribuire il ruolo di protagonista in un film di ambizioni quasi storiografiche ad un’attrice che non ne aveva lo spessore come Agostina Belli. Come detto, l’inizio è promettente, ma il prosieguo si perde in una sfilza di macchiette anche poco divertenti, per sbracare completamente nel finale con una scena indegna di Gassman, che suona come un insulto al bel finale della “Grande guerra”.
Si tratta di un’occasione persa, probabilmente per troppa ambizione rispetto ai mezzi a disposizione: il difetto originario sta nella sceneggiatura, ma nemmeno gli interpreti si dimostrano all’altezza; forse il solo Tognazzi si dimostra all’altezza della propria fama interpretativa nella parte di un gobbo malefico che vende ai nazisti una famigliola di ebrei.

L’opinione di B.Legnani dal sito http://www.davinotti.com

Non sgradevole, ma non riuscito. C’è chi buca (Ponzoni), chi si prende uno spazio (Pozzetto), chi iper-gigioneggia (Gassman). Buono Maurizio Arena. Agostina ci prova, ma non regge un film che cala per snodi faciloni, funzionante talora (il matrimonio fascista, le epifanie ducesche, il postribolo), ma non nell’insieme. Da comico-grottesco tira infine al dramma, con intenti “nobili”, ma non in sintonìa col resto. Talora grazioso, mai bello. La Mancini, non accreditata, è la prostituta vestita da marinaretto.

L’opinione di Guggly dal sito http://www.davinotti.com

Curioso film dalla riuscita altalenante: tanti episodi, per lo più grotteschi, uniti dalla storia di questa inqualificabile servetta che riesce comunque, malgrado tutto, nei suoi intenti. Veramente impressionante l’episodio di Tognazzi e gli ebrei. Gassman gigioneggia, ma il personaggio è azzeccato. Pozzetto e Ponzoni sembrano due cartoni animati. La Belli è il “deus ex machina” attraverso cui raccontare un non glorioso passato che ci appartiene.

L’opinione di Thegaunt dal sito http://www.filmscoop.it

Risi offre uno spaccato d’epoca attraverso due protagonisti dall’amore travagliato e irraggiungibile nello stile del cinema d’epoca, quello dei telefoni bianchi, macchina di propaganda per distogliere un paese dai suoi problemi reali. Marcella si immergerà totalmente in questo sogno precluso a Roberto, ancorato nella vita reale, ma persino per lei il sogno finirà con l’incedere della guerra.
La Belli e Ponzoni sono bravi, però scade troppo nel macchiettistico nei personaggi di contorno, anche se bisogna dire, ad onor del vero, che Tognazzi interpreta una carogna difficile da dimenticare.

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Maggio 3, 2014 Pubblicato da: | Commedia | , , , , , , , , | 3 commenti