Third Person
Tre vicende interconnesse anche se da un filo molto tenue si sviluppano in tre luoghi differenti; a Parigi Michael, scrittore che ha anche vinto il Pulitzer
si è rinchiuso in un albergo per scrivere un libro e ha lasciato in America sua moglie. Nell’albergo dimora anche Anna, una scrittrice che vorrebbe un aiuto nella stesura del suo libro e che ha una relazione complicata, conflittuale con Michael.
Nello stesso tempo a Roma Scott, che di professione ruba le idee e i progetti di stilisti è costretto a sottrarre le opere di alta moda italiana, che detesta profondamente così come detesta in genere l’Italia. In un bar della capitale conoscerà Monika, una rom
molto bella che dopo alcune vicende si troverà a vivere una storia d’amore con Scott, all’inizio niente affatto disinteressata ma che evolverà con il tempo.
E a New York si dipana la vicenda del pittore Rick e della ex moglie Julia, che, accusata di aver tentato di uccidere il figlio, si è vista togliere lo stesso dai servizi sociali e che per tentare di vedersi riaffidare il figlio è costretta a ingaggiare un’impari battaglia legale
con il ricco marito.
Le tre storie, fra alti e bassi si avviano alla conclusione che,per una serie di coincidenze si scopriranno legate anche se molto alla lontana, con un finale aperto.
Third Person, film del 2015 diretto da Paul Haggis soffre di alcuni peccati capitali imperdonabili, tali da inficiare anche il poco di buono ricavabile da una visione di oltre 135 minuti durante la quale lo spettatore è chiamato all’improbo sforzo di decifrare le situazioni che si succedono
e che trovano nel finale una spiegazione non solo oscura, ma fuorviante, che porta lo spettatore a interrogarsi sul reale valore di quanto ha seguito.
Uno dei peccati capitali è rappresentato dall’espediente di creare i tre personaggi femminili come depositari di segreti inconfessabili; Anna ha una relazione proibita con suo padre (lo scopriamo alla fine), Monika ha accettato l’aiuto ( e anche la corte) di Scott per spillare soldi, almeno inizialmente e Julia, personaggio per il quale si prova una istintiva simpatia, legata al ruolo di madre che combatte contro il denaro pur di riavere suo figlio in realtà non è la persona innocente che si immaginava.
Ecco quindi che il gioco di ombre di Haggis si trasforma nel solito bieco ritratto di donne opportuniste,pronte a tutto pur di realizzare i propri scopi.
Certo, anche Michael non è un agnellino,visto che ha corteggiato Anna principalmente per studiarne le reazioni e per farne la protagonista del proprio libro, ma sembra essere un peccato veniale di fronte alle colpe della donna stessa.
E infine c’è il solito triste repertorio anti italiano: Scott odia l’Italia perchè non ama la moda italiana, disprezza i romani e Haggis di suo ci aggiunge il personaggio antipaticissimo del barista (interpretato da Scamarcio) e figure di romani pavidi.
Insomma c’è abbastanza per detestare una pellicola irritante, irrisolta e che per una volta ha visto d’accordo molta parte della critica e del pubblico, che hanno stroncato senza appello un film
pretenzioso, presuntuoso che vorrebbe stimolare chi guarda e portare lo stesso spettatore all’uscita del labirinto attraverso una visione confusa e contraddittoria di vicende
che in comune hanno solo l’ambiguità. In questo Haggis si è mantenuto coerente, con un finale che più ambiguo e sconcertante che mai.
In quanto al cast,ricchissimo, che include Kim Basinger (molto sacrificata) e Liam Neeson,Maria Bello e Moran Atias,Olivia Wilde e il nostro Scamarcio,oltre a Adrien Brody sono tutti largamente insufficienti,penalizzati anche dalla confusione di una sceneggiatura a tratti indecifrabile.
Spiace stroncare così un film diretto da un regista che aveva esordito con il sorprendente Crash Contatto fisico e che ha scritto la sceneggiatura del bellissimo Million Dollar Baby; ma la voglia di strafare, di stupire, di essere originali porta ad una spocchiosa supponenza che,tradotta in linguaggio cinematografico si tramuta in un naufragio quasi totale.
Un film del quale sconsiglio assolutamente la visione
Third Person
Un film di Paul Haggis. Con Liam Neeson, Olivia Wilde, Adrien Brody, Moran Atias, James Franco, Mila Kunis, Kim Basinger, Maria Bello, Riccardo Scamarcio, Vinicio Marchioni, David Harewood, Caroline Goodall, Isabella Blake-Thomas,
Gisella Marengo, Loan Chabanol, Patrick Duggan, Emanuela Postacchini Titolo originale Third Person. Drammatico, durata 130 min. – Belgio 2013. – Distribuito da M2 Pictures
Liam Neeson: Michael O’Leary
Olivia Wilde: Anna
Mila Kunis: Julia
James Franco: Rick
Adrien Brody: Scott
Moran Atias: Monika
Maria Bello: Theresa
Kim Basinger: Elaine
Riccardo Scamarcio: Marco
Vinicio Marchioni: Carlo
Caroline Goodall: Dr. Gertner
David Harewood: Jake Long
Bob Messini: Giuseppe
Oliver Crouch: Jesse
Fabrizio Biggio: Claude
Vincent Riotta: Gerry
Daniela Virgilio: Claire
Katy Louise Saunders: Gina
Loan Chabanol: Sam
Regia Paul Haggis
Soggetto Paul Haggis
Sceneggiatura Paul Haggis
Produttore Paul Haggis, Paul Breuls, Michael Nozik
Produttore esecutivo Nils Dünker, Fahar Faizaan, Arcadiy Golubovich, Andrew David Hopkins, Tim O’Hair, Guy Tannahill, Anatole Taubman
Casa di produzione Corsan, Hwy61
Distribuzione in italiano Moviemax
Fotografia Gianfilippo Corticelli
Montaggio Jo Francis
Effetti speciali Terence Alvares
Musiche Dario Marianelli
Scenografia Laurence Bennett
Costumi Sonoo Mishra
Trucco Tracey Levy, Maurizio Silvi
Sfondi Raffaella Giovannetti
Love Actually L’amore davvero
E’ quasi la metà di dicembre,a Londra, il Natale non è lontano e per 20 persone proprio il Natale avrà in serbo sorprese.
Si intrecciano così storie di ogni genere anche se tutte le coppie protagoniste del film non avrà una diretta relazione tranne qualcuna come vedremo.
– Billy è un’irriverente e anche volgarotta stella del rock,chiamato a reinterpretare in versione natalizia un classico degli anni 60,la bellissima Love Is All Around dei Troggs; contrariamente alle sue previsioni il brano scalerà le classifiche.
– Jamie è uno scrittore di thriller che deve partecipare al matrimonio di Juliet e Peter (due protagonisti della storia) ma che è costretto a lasciare a casa la fidanzata perchè affetta da influenza.
Ritorna improvvisamente a casa solo per scoprire che lei ha mentito; non è influenzata ma ha una relazione con suo fratello.
Amareggiato, si rifugia in un cottage in Francia,dove conosce Aurelia,una ragazza portoghese che non parla una parola di francese e di inglese. Avrà inizio un surreale dialogo tra i due che scoprono di piacersi ma non possono dirselo per l’impedimento della lingua;
– Juliet e Peter si sposano e Mark,grande amico dello sposo, fa loro una magnifica sorpresa musicale in chiesa. Il giovane sembra provare antipatia per Juliet,ma…
– John e Judy lavorano come controfigure sul set di un film porno; simulano scene erotiche mentre discutono di cose banali;
– Harry e Karen sono una coppia sposata con due figli; l’uomo ha un’importante agenzia pubblicitaria e viene corteggiato,abbastanza sfacciatamente, dalla sua bella collaboratrice Mia. Per Natale decide di comprare un regalo alla ragazza,con la quale sta per iniziare una relazione ma le cose si ingarbuglieranno;
– Colin è un semplice fattorino,divide un piccolo appartamento con Tony ;il giovane è convinto di essere irresistibile con le donne e contemporaneamente di essere sprecato a Londra. Decide così di partire per gli Usa,convinto di poter
agganciare tutte le donne che vuole;
– David, fratello di Karen,è il neo primo ministro inglese. Nella storica sede di Downing Street conosce Nathalie, una domestica che serve presso la dimora del premier e scopre cosi di avere un’infatuazione per la donna.
Ma la visita del presidente degli Usa,che la corteggia sfacciatamente,porta David a fare un discorso piuttosto forte contro il presidente americano,scatenando la simpatia dei britannici che vengono pervasi da un’ondata di nazionalismo;
– Daniel ha perso la moglie ma gli è rimasto il figlio Sam,un ragazzino dodicenne molto sveglio; tuttavia Sam è alle prime esperienze con l’altro sesso e si infatua di una bella ragazzina,Joan; con la collaborazione del padre Sam cerca un sistema per agganciare la ragazzina;
– Sarah lavora nell’agenzia pubblicitaria di Harry ed è segretamente innamorata di Karl,che a sua volta ama la ragazza; ma nel momento in cui sono a letto assieme per la prima volta la donna è costretta a rispondere più volte al telefono per parlare con suo fratello maggiore,chiuso in una clinica per malati mentali.
Tutti questi personaggi si ritrovano casualmente in altre situazioni; Karen sorella del primo ministro David, assisterà durante una recita di Natale all’imbarazzante scena del fratello che bacia Nathalie proprio mentre il sipario dietro il quale sono nascosti si solleva,
mostrando in pubblico la relazioni fra i due, Jamie troverà il coraggio di dichiarare il suo amore a Aurelia,dopo aver fatto un corso di lingue per imparare il portoghese, Mark confesserà il suo amore a Juliet portando un regalo a casa dell’amico e usando dei cartelli per
dire quello che non trova il coraggio di confessare e Juliet lo bacerà per strada,tornando poi da suo marito. E’ Natale e le storie raggiungono quasi tutte un lieto fine; all’aeroporto Sam trova il coraggio di dire a Joan che le vuole bene mentre suo padre avrà un colpo di fulmine
per la bella mamma di un amico del figlio,Colin tornerà dagli Usa con sue stupende ragazze e ancora…
Love Actually L’amore davvero è un film a metà strada tra il genere commedia brillante e quella sentimentale diretto da Richard Curtis nel 2003; una pellicola di tipico stampo britannico,pervasa da uno humour inglese a tratti anche sarcastico con situazioni a volte surreali quando non grottesche
ma pervase dal tipico sentimento natalizio che vuole a Natale tutti più buoni. E la pellicola,sullo schermo ovviamente si allinea al politicamente corretto natalizio,così Curtis segue la corrente del buonismo creando un film caratterizzato dalla presenza di molti attori famosi
e sopratutto dal più tradizionale degli happy end fatto salvo il destino di due soli protagonisti,che non vedranno un futuro nella loro storia.
Una commedia un po caotica ma decisamente simpatica; essendo un film ad episodi che non finiscono per dare spazio ad un altro ma anzi terminano con un singolare allacciarsi delle storie e dei personaggi, si può essere indulgenti con un film che in realtà è gradevole per tutta la sua durata e che vuole soltanto intrattenere lo spettatore senza fargli lambiccare il cervello.
Anzi.
Le storie hanno andamenti grotteschi,a volte teneri.
Si pensi a John e Judy che simulano atti erotici,completamente nudi mentre discutono di cose frivole o al momento in cui lo scrittore Jamie si ritrova involontariamente ad ascoltare quello che davvero la sua fidanzata pensa di lui.
Altri siparietti allentano ancor più le varie situazioni in cui si trovano tutti i protagonisti,come quella in cui compare Rowan Atkinson ( Mister Bean) o l’altra guest star Claudia Schiffer; un film quindi leggero,ideale per svagare completamente la mente e perchè no, sorridere delle a tratti incredibili vicende nelle quali sono coinvolti i personaggi.
Molto bene il cast che include star come Hugh Grant e Colin Firth,Emma Thompson e Keira Knightley,Liam Neeson e tanti altri bravi attori.
Bando all’impegno,largo ai buoni sentimenti, in pieno spirito natalizio; i problemi,il regista,li lascia ad un cinema differente.Il suo vuole solo far sorridere e rilassare.
In ultimo lode anche alla colonna sonora.
Love Actually – L’amore davvero
Un film di Richard Curtis. Con Bill Nighy, Gregor Fisher, Colin Firth, Kris Marshall, Emma Thompson, Sienna Guillory, Lulu Popplewell, Hugh Grant, Martin Freeman,Heike Makatsch, Liam Neeson, Alan Rickman, Keira Knightley, Martine McCutcheon, Rowan Atkinson, Denise Richards,
Billy Bob Thornton, Elisha Cuthbert, Rodrigo Santoro, Laura Linney, Joanna Page, Chiwetel Ejiofor, Andrew Lincoln, Nina Sosanya, Abdul Salis,
Thomas Brodie-Sangster, Lúcia Moniz Titolo originale Love Actually. Commedia, durata 129 min. – Gran Bretagna 2003
Hugh Grant: David, il Primo Ministro
Colin Firth: Jamie Bennett
Emma Thompson: Karen
Keira Knightley: Juliet
Bill Nighy: Billy Mack
Liam Neeson: Daniel
Laura Linney: Sarah
Alan Rickman: Harry
Lúcia Moniz: Aurelia
Rowan Atkinson: Rufus
Claudia Schiffer: Carol
Thomas Brodie-Sangster: Sam
Heike Makatsch: Mia
Martin Freeman: John
Joanna Page: Judy
Andrew Lincoln: Mark
Gregor Fisher: Joe
Martine McCutcheon: Natalie
Nina Sosanya: Annie
Kris Marshall: Colin Frissell
Rodrigo Santoro: Karl
Chiwetel Ejiofor: Peter
Abdul Salis: Tony
Billy Bob Thornton: il Presidente degli Stati Uniti
Sienna Guillory: la ragazza di Jamie
Jill Freud: Pat, la governante
Lulu Popplewell: Daisy, la figlia di Karen
Wyllie Longmore: Jeremy
Nancy Sorrel: Greta
Shannon Elizabeth: Harriet
Denise Richards: Carla
Ivana Miličević: Stacey, ragazza americana
January Jones: Jeannie, ragazza americana
Elisha Cuthbert: Carol-Ann, ragazza americana
Olivia Olson: Joanna Anderson
Angelo Maggi: David, il Primo Ministro
Massimo Lodolo: Jamie Bennett
Barbara Castracane: Karen
Domitilla D’Amico: Juliet
Mino Caprio: Billy Mack
Luca Biagini: Daniel
Claudia Razzi: Sarah
Gino La Monica: Harry
Oliviero Dinelli: Rufus
Sabrina Duranti: Carol
Gabriele Patriarca: Sam
Laura Boccanera: Mia
Nanni Baldini: John
Barbara De Bortoli: Judy
Riccardo Niseem Onorato: Mark
Eugenio Marinelli: Joe
Giuppy Izzo: Natalie
Claudia Pittelli: Annie
Christian Iansante: Colin Frissell
Giorgio Borghetti: Karl
Fabio Boccanera: Peter
Luigi Morville: Tony
Fabrizio Pucci: Il Presidente degli Stati Uniti
Graziella Polesinanti: Pat, la governante
Sara Ferranti: Carla
Giulia Catania: Joanna Anderson
Regia Richard Curtis
Sceneggiatura Richard Curtis
Produttore Tim Bevan, Eric Fellner, Duncan Kenworthy
Casa di produzione Universal, StudioCanal, Working Title Films, DNA Films
Fotografia Michael Coulter
Montaggio Nick Moore
Effetti speciali Richard Conway, Nigel Wilkinson
Musiche Craig Armstrong, Craig Braginsky, Reg Presley, Diane Warren
Scenografia Jim Clay
Costumi Joanna Johnston
Trucco Suzanne Belcher
Mission
Il 13 gennaio 1750, Ferdinando VI di Spagna e Giovanni V di Portogallo firmano un documento per stabilire un confine tra le colonie in America meridionale. Si tratta del Trattato di Madrid, basato su uno dei principi fondamentali del diritto romano: chi possiede di fatto, possiede di diritto. Applicato nel contesto del Trattato, esso riconosce l’espansione e colonizzazione portoghese verso il bacino dell’Amazzonia a scapito dell’Impero spagnolo.
In questa cornice storica, alcuni membri della Compagnia di Gesù, armati di fede incrollabile e forza di volontà, si recano sul confine tra Argentina, Brasile e Paraguay, nella vasta foresta pluviale che circonda le cascate dell’Iguazú. Il film sviluppa la sua storia attraverso una corrispondenza che racconta gli accadimenti all’insediamento della missione. L’autore della corrispondenza è il cardinale Altamirano (Ray McAnally) cui voce narrante nella versione italiana è Renzo Palmer.
La missione dei gesuiti è quella di evangelizzare le tribù dei Guaranì e proteggerle dallo sfruttamento da parte degli spagnoli e portoghesi che si sono spartiti i territori dell’America meridionale. I gesuiti edificano le cosiddette “riduzioni”, centri in cui gli indios apprendono mestieri e arti proprie della cultura europea. I frutti del loro lavoro vengono distribuiti tra tutti i partecipanti secondo criteri di equità e collaborazione.
Padre Gabriel (Jeremy Irons) è un membro della Compagnia di Gesù che raggiunge in solitudine una tribù di Guaranì, scalando le cascate dell’Iguazú. Riesce a farsi accettare dagli indios grazie alla dolce musica dell’oboe che suona. Il gesuita ormai adottato dai Guaranì crea con il loro aiuto una missione, un’oasi di tranquillità ove gli indios vivono protetti dall’avidità dei mercanti di schiavi.
In questa missione impegnativa padre Gabriel è aiutato da Rodrigo Mendoza (Robert De Niro), ex mercenario e mercante di schiavi. Mendoza, in un momento di ira, uccide suo fratello Felipe (Aidan Quinn) e, in preda ai rimorsi, decide di lasciarsi morire. Ma il gesuita lo persuade a non troncare la sua vita a mezzo del suicidio. Gli suggerisce di percorrere la via della redenzione per perseguire un fine onesto, importante. Rodrigo decide quindi di mettersi al servizio dei gesuiti e degli indios, scegliendo di prendere i voti per diventare un missionario gesuita.
Le “riduzioni” sono mal viste sia dagli spagnoli sia dai portoghesi che le considerano un ostacolo nelle fruttuose attività di compravendita di schiavi. I poteri forti chiedono la mediazione del Papa per allontanare i gesuiti ed eliminare di conseguenza le missioni costruite sui territori ormai portoghesi. I coloni accolgono il cardinale Altamirano (Ray McAnally) il quale,
pur essendo impressionato dalla bontà e bellezza delle missioni, ordina ai gesuiti e agli indios di abbandonare le loro terre in favore dei latifondisti portoghesi. I rappresentanti dei re di Spagna e Portogallo, Don Cabeza (Chuck Low) e Don Hontar (Ronald Pickup), nei loro colloqui con il cardinale minacciano apertamente l’esistenza stessa della Compagnia di Gesù all’interno della Chiesa. Gli indios rifiutano l’ordine di lasciare le loro terre. Decidono di combattere per difenderle, guidati da padre Rodrigo che riprende in mano le armi e organizza la difesa. I gesuiti rimangono con gli indios che li hanno accolti e adottati. Una spedizione militare è inviata contro “i ribelli”. Padre Gabriel respinge la violenza; durante i combattimenti celebra la messa nella missione con la partecipazione delle donne, dei bambini e degli anziani Guaranì. I missionari Fielding (Liam Neeson) e Ralph (Rolf Gray) muoiono combattendo accanto ai Guaranì.
Padre Rodrigo muore deriso dai soldati portoghesi durante il tentativo fallito di far esplodere il ponte di collegamento della missione. Disteso a terra, il suo sguardo contempla padre Gabriel in processione mentre avanza tra gli spari e viene colpito a morte.
La missione è distrutta, i Guaranì sopravvissuti sono condotti in schiavitù. Un gruppo ristretto di bambini si salva dal massacro e si allontana silenziosamente con una canoa.
Ad una prima visione la figura centrale sembra essere Rodrigo Mendoza, commerciante di schiavi e fratricida, che ottiene la redenzione attraverso i missionari che gli assegnano la penitenza di curarsi di coloro che un tempo erano oggetto dei suoi affari: i Guaranì. Grazie alla bravura di De Niro il personaggio Mendoza suscita nello spettatore un maggiore interesse in quanto la sua trasformazione si svolge in maniera quasi spettacolare. Tuttavia, è mia opinione che Padre Gabriel, egregiamente interpretato da Jeremy Irons, ben sostiene il confronto. Perché se è vero che un cambiamento del male in bene è l’aspirazione degli umanisti convinti, è altrettanto vero che un bene che non si lascia corrompere dal male è l’ideale dei cristiani. Padre Gabriel, devoto, schietto, sensibile e leale, dichiara fino all’ultimo che “Dio è amore”. Continua a combattere il male con il bene rifiutandosi di ricorrere ad atti di violenza. Lui che ha conquistato l’affetto degli indios con il dolce suono dell’oboe, continua a vivere nella memoria dei sopravvissuti grazie alla bontà delle sue azioni.
Personalmente, avrei apprezzato una migliore rappresentazione dei personaggi Guaranì, un approfondimento della loro filosofia di vita, dei loro valori, ecc. In questo senso ho pensato di portare un modesto contributo per coloro che leggendo questo scritto e visionando il film potrebbero gradire una descrizione di questo popolo: “Gli esseri che sono privi dell’ipocrisia delle persone civili, reagiscono naturalmente, al momento che percepiscono le cose. È nell’immediato che sono contenti o scontenti, allegri o tristi, interessati o indifferenti. Notevole è la superiorità di indios puri come questi guajiros. Ci superano in tutto perché, se adottano qualcuno, tutto ciò che essi hanno è suo e, a loro volta, quando da questa persona ricevono la più piccola attenzione sono commossi profondamente, nel loro essere ipersensibile.” (da”Papillon”, di Henri Carrière)
Tornando alla pellicola, nella parte finale, regna la confusione. Le scene dei combattimenti sono mal orchestrate. Un vero peccato per un trama che si sviluppa in luoghi spettacolari. In particolare, la cascata che nell’apertura del film inghiottisce un missionario crocifisso. La misteriosa atmosfera della foresta pluviale conferisce alla pellicola una patina mistica.
“The Mission” è stato prodotto da David Puttnam e diretto da Roland Joffé, che hanno realizzato il premiato “The Killing Fields” (1984). Pur essendo un buon prodotto, non raggiunge i livelli di sceneggiatura e regia di “Urla del silenzio”.
Una menzione particolare va alla colonna sonora. Il maestro Morricone azzecca in pieno con l’utilizzo di uno strumento musicale dal suono vellutato: l’oboe. Il suo contributo viene riconosciuto e premiato con un Golden Globe e un Premio Bafta.
Agli Oscar la pellicola viene nominata in numerose categorie ma si aggiudica unicamente il premio per la migliore fotografia che va a Chris Menges.
“The Mission” è un film difficile, a tratti sconnesso. Tuttavia, tratta una storia coinvolgente, trasmette sentimenti intensi e trasporta lo spettatore in una natura selvaggia, forte, al riparo della quale vive un popolo fragile.
Mission
Un film di Roland Joffé. Con Robert De Niro, Jeremy Irons, Ronald Pickup, Liam Neeson, Aidan Quinn.Drammatico, durata 125 min. – Gran Bretagna 1986
Robert De Niro: Rodrigo Mendoza
Jeremy Irons: Padre Gabriel
Ray McAnally: Cardinale Altamirano
Liam Neeson: Fielding
Aidan Quinn: Felipe Mendoza
Cherie Lunghi: Carlotta
Ronald Pickup: Don Hontar
Chuck Low: Don Cabeza
Rolf Gray: Padre Ralph
Bercelio Moya: ragazzo indio
Stefano De Sando: Rodrigo Mendoza
Gino La Monica: Padre Gabriel
Renzo Palmer: Cardinale Altamirano/Voce narrante
Massimo Venturiello: Fielding
Roberto Pedicini: Felipe Mendoza
Mino Caprio: Hontar
Glauco Onorato: Cabeza
Regia Roland Joffé
Soggetto Robert Bolt
Sceneggiatura Robert Bolt
Produttore Fernando Ghia, David Puttnam
Casa di produzione Warner Bros.
Distribuzione in italiano Warner Brothers Entertainment
Fotografia Chris Menges
Montaggio Jim Clark
Effetti speciali Peter Hutchinson
Musiche Ennio Morricone
Scenografia Stuart Craig
Costumi Enrico Sabbatini
Schindler list
Schindler list è più di un film.
Appartiene di diritto all’empireo della storia del cinema non tanto per i suoi numerosi meriti intrinseci, quanto piuttosto per una somma di fattori che coinvolgono l’abilità stilistica di Spielberg, capace di racchiudere in tre ore di grande cinema una storia così difficile e sofferta da raccontare come quella di Oskar Schindler, la sua capacità di emozionare e al tempo stesso di indignare lo spettatore, trasportandolo attraverso la follia e l’incredibile vicenda della shoah.
Ancora, per la potente carica visiva delle sue immagini e del suo racconto, esternata tramite un bianco e nero che sembra rinchiudere in se le estremizzazioni del bene e del male, la follia del nazismo e per contro l’eroismo di un uomo, Oskar Schindler, che Israele riconobbe come giusto fra gli uomini, un riconoscimento toccato a pochissime persone.
La storia di Schindler, che Spielberg porta sul grande schermo, è la storia di un eroe solitario, di un uomo che riuscì a salvare oltre un migliaio di persone da morte sicura, fedele al motto del Talmud che recita “Colui che salva una sola vita salva il mondo intero”, incisa anche sull’anello che i superstiti alla shoah da lui salvati gli regaleranno grati di un atto di eroismo che durante la seconda guerra mondiale ebbe tanti silenziosi protagonisti, come il nostro Perlasca.
Per questo film come già detto Spielberg utilizza il bianco e nero, ritornando così al cinema degli esordi, quando la potenza bicromatica dei due colori fondamentali era l’unica forma di espressione del cinema; lo fa anche perchè la seconda guerra mondiale vide il bianco del coraggio, dell’altruismo e della voglia di vivere opposto drammaticamente al nero dell’anima più buia degli uomini, il nero della follia che devastò il mondo portando nella tomba oltre 50 milioni di esseri umani.
Un quinto dei quali appartenenti ad una sola razza, ammesso che sia logico parlare di razza: usiamo il termine popolo, più consono al dramma vissuto.
Un popolo, quello ebraico, che nel film appare vinto nel fisico ma non nel morale, un popolo che non potendo opporre alla preponderante forza del nazismo null’altro che la forza della propria fede, pagò un tributo spaventoso in termini di dolore e morte alla follia omicida del nazismo stesso.
Solo quattro volte Spielberg utilizza un tocco di colore nel film: lo fa all’inizio, su quell’immagine stupenda delle candele che si spengono per poi riaccendersi nel finale, lo fa quando inserisce due immagini tra le più poetiche di sempre e non solo limitate all’ambito cinematografico.
Sono i due cappottini rossi della bimba portata via dagli orchi in uniforme: il colore del sangue, della vita stessa che si spengono per mano degli uomini neri, quegli uomini che appartengono a quanto di peggio l’umanità ha saputo produrre nel corso della sua intera storia.
Perchè mai prima di allora il genocidio di un popolo era stato studiato e portato a compimento in un modo così sistematico e crudele.
Attraverso Oskar Schinder il grande regista americano non racconta solo la storia del giusto tra gli uomini, ma lancia anche un messaggio fortissimo di speranza: anche nel buio più profondo può accendersi la luce di una candella, quella candela che simboleggia l’umanità vera e pulsante, quell’umanità generosa e altruista che può e deve essere la ver amaggioranza della stessa.
Steven Spielberg, nel 1993, riedita il romanzo La lista di Schindler di Thomas Keneally e lo modifica almeno in parte, ridando così luminosità alla figura di Oskar Schindler, l’imprenditore tedesco che dopo un periodo di collaborazione con il regime tedesco, scelse di tentare di salvare quante più vite umane possibili rinunciando così all’arricchimento personale ma ottenendo in cambio qualcosa che vale molto, molto più del materiale, ovvero la soddisfazione di aver contribuito a salvare vite umane.
Quesa è in sintesi la storia del film, che parte proprio da Cracovia nel 1939 subito dopo l’invasione nazista e che continua con l’illustrazione della nascita dei campi di concentramento, simboleggiati dalla potente e devastante figura di Amon Göth, il capo del campo di concentramento che accetterà nel finale di vendere a Schindler le persone che l’imprenditore poi riuscirà a salvare, proprio nel momento in cui il nazismo arrivava al termine della sua follia grazie anche al sacrificio di centinaia di migliaia di soldati delle forze alleate.
Quando scorrono le immagini finale, che molti critici hanno visto come una concessione ad Hollywood e che invece testimoniano la partecipazione commossa del regista al dramma che fino a quel momento ha raccontato in modo lucido e spietato, lo spettatore riflette, come raramente ha fatto in precedenza davanti ad uno schermo cinematografico.
Riflette sulla follia e sull’eroismo, riflette su un passato che appartiene alla memoria storia di due popoli, quello tedesco e quello ebraico che furono le due componenti più importanti di una tragedia di portata mondiale, due popoli che pagarono un tributo spaventoso alla follia stessa.
E alla fine quello stesso spettatore, dopo tre ore di proiezione, si rende conto che quello che ha visto non è soltanto un film ma qualcosa che va ben oltre il limite della pellicola e dello schermo.
Spielberg fa tutto questo usando le sue straordinarie armi senza per questo cadere nella retorica: la sua creazione, il Survivors of the Shoah Visual History Foundation destinato a raccogliere le testimonianze visive e in voce dei pochi sopravvissuti alla shoah dimostrano come la sensibilità del regista vada ben oltre il facile pietismo.
Quando il regista di Cincinnati dirige Schindler list, viene dal grandissimo successo di Jurassic park e sopratutto da quattro anni in cui ha fatto cinema di alto livello ma in pratica di evasione, come dimostrano i tre film precedenti ovvero Hook – Capitan Uncino (1991),Always – Per sempre (1988) e Indiana Jones e l’ultima crociata (1989).
Hollywood è così e c’è poco da fare; per avere credibilità, finanziamenti e libertà di movimento devi avere alle spalle grossi incassi. L’unica sua esperienza con un film “bellico” Spielberg l’aveva avuta con 1941- Allarme a Hollywood (1979), una mega produzione in chiave farsesca che però era costato una fortuna alla produzione e che rischiò di fermarlo per anni, pur essendo il film stesso assolutamente gradevole.
E Spielberg che sa benissimo come funzionano le cose a Hollywood riesce a mettere le mani sul soggetto in cui tanto credeva proprio grazie ai soldi rimediati da questi tre film che ho citato.
Così, quando prende in mano Schindler list Spielberg fa un azzardo che però si rivela vincente: il film infatti otterrà una marea di premi, tra i quali i 7 Premi Oscar 1994 (su 12 nomination) ovvero i premi come Miglior film, Miglior regia, Miglior sceneggiatura non originale, Miglior fotografia, Miglior scenografia, Miglior montaggio, Migliore colonna sonora seguiti da 3 Golden Globe (su 6 nomination) come Miglior film drammatico, Miglior regia, Miglior sceneggiatura e 6 Premi BAFTA (su 12 nomination) come Miglior film, Miglior regia, Miglior attore non protagonista, Miglior fotografia, Miglior montaggio, Miglior colonna sonora.
Questo permetterà a Spielberg di girare 5 anni più tardi quell’altro capolavoro che è Salvate il soldato Ryan (1998), un affresco potentissimo sulla guerra raccontato alla sua straordinaria maniera, inimitabile.
Tornando a Schindler list, non si può dimenticare l’apporto dato al film stesso dalla potente colonna sonora di John Williams ne il fondamentale apporto del grandissimo cast selezionato nel quale spiccano la potente e asciutta recitazione di Liam Neeson nel ruolo di Oskar Schindler, quella altrettanto stupenda di Ben Kingsleyin quello di Itzhak Stern il collaboratore ebreo che tanta parte ebbe nelle scelte di Schindler e quella paurosamente e autenticamente da psicopatico di Ralph Fiennes nel ruolo del rappresentante in terra del male assoluto, l’Untersturmführer Amon Göth che si diverte a sparare con una carabina corredata di binocolo ai prigionieri, simbolo della banalità (scusatemi il termine) del male e della morte.
Questi tre attori, nei loro ruoli, accendono lo schermo e la storia rendendola se possibile ancora più credibile e amaramente umana.
Bellissima la fotografia di Janusz Kaminski, perfetto il montaggio di Michael Kahn.
Schindler list è un’opera assolutamente da non far mancare nella propria videoteca, un film che di diritto deve essere presente accanto a capolavori come Ombre rosse o Arancia meccanica, come Quarto potere o altri esempi di film che escono dalla semplice cinematografia per diventare opere immortali come un Amleto di Shakespeare o come una sinfonia di Mozart.
Schindler’s List,un film di Steven Spielberg. Con Liam Neeson, Ben Kingsley, Ralph Fiennes, Caroline Goodall, Jonathan Sagalle, Embeth Davidtz, Andrzej Seweryn, Beatrice Macola, Jonathan Sagall, Malgoscha Gebel, Shmuel Levy, Mark Ivanir, Friedrich Von Thun, Krzysztof Luft, Harry Nehring, Norbert Weisser
Liam Neeson: Oskar Schindler
Ben Kingsley: Itzhak Stern
Ralph Fiennes: Amon Göth
Caroline Goodall: Emilie Schindler
Jonathan Sagall: Poldek Pfefferberg
Embeth Davidtz: Helene Hirsch
Malgoscha Gebel: Victoria Klonowska
Shmulik Levy: Wilek Chilowicz
Mark Ivanir: Marcel Goldberg
Beatrice Macola: Ingrid
Andrzej Seweryn: Julian Scherner
Friedrich von Thun: Rolf Czurda
Krzysztof Luft: Herman Toffel
Harry Nehring: Leo John
Norbert Weisser: Albert Hujar
Alexander Held: burocrate SS
Regia Steven Spielberg
Soggetto Thomas Keneally (dal romanzo La lista di Schindler)
Sceneggiatura Steven Zaillian
Produttore Steven Spielberg, Gerald R. Molen, Kathleen Kennedy, Branko Lustig
Fotografia Janusz Kaminski
Montaggio Michael Kahn
Musiche John Williams e altri artisti
Scenografia Ewa Braun, Allan Starski
Doppiatori
Alessandro Rossi: Oskar Schindler
Franco Zucca: Itzhak Stern
Roberto Pedicini: Amon Göth
Isabella Pasanisi: Emilie Schindler
Lucio Saccone: Poldek Pfefferberg
Micaela Esdra: Mila Pfeffembarg
Carolina Zaccarini: Helene Hirsch
Francesco Pannofino: Wilek Chilowicz
Marco Mete: Marcel Goldberg
Perla Liberatori: Danka Dresner
…”Dal libro dell’australiano Thomas Keneally La lista. L’industriale tedesco Oskar Schindler, in affari coi nazisti, usa gli ebrei come forza-lavoro a buon mercato. Gradatamente, pur continuando a sfruttare i suoi intrallazzi, diventa il loro salvatore, strappando più di 1100 persone dalla camera a gas. È il film più ambizioso di S. Spielberg e il migliore: prodigo di emozioni forti, coinvolgente, ricco di tensione, sapiente nei passaggi dal documento al romanzesco, dai momenti epici a quelli psicologici. La partenza finale di Schindler è l’unica vera caduta del film, un cedimento alla drammaturgia hollywoodiana, alla sua retorica sentimentale. L. Neeson rende con grande efficacia le contraddizioni del personaggio. L’inglese R. Fiennes interpreta il paranoico comandante del campo Plaszow come l’avrebbe fatto Marlon Brando 40 anni fa. Memorabile B. Kingsley nella parte dell’ebreo polacco, contabile, suggeritore e un po’ eminenza grigia di Schindler. 7 Oscar: film, regia, fotografia di Janusz Kaminski (in bianconero, tranne prologo ed epilogo), musica di John Williams, montaggio, scenografia e sceneggiatura. Quel rosso del cappottino della bambina che cerca di sfuggire al rastrellamento è una piccola invenzione poetica, un esempio del modo con cui gli effetti speciali possono diventare creativi. (Morandini)” …
Le crociate
Baliano è un fabbro che vive in un piccolo paese della Francia;un giorno muore sua moglie e lui scopre che un sacerdote del villaggio ha profanato il suo corpo essendo morta suicida. Lo uccide,e da quel momento diventa un ricercato. Ma per sua fortuna sulle sue tracce c’è suo padre,Goffredo di Ibelin,che gi consiglia,per guadagnarsi il perdono,di diventare crociato,partecipando alla difesa di Gerusalemme.
Baliano accetta,proprio mentre un gruppo di soldati attacca il gruppo di Goffredo,che rimane gravemente ferito. Baliano e i sopravvissuti si recano in Puglia,dove si imbarcano per la terra santa;ma durante il viaggio la nave sulla quale è Baliano affonda;il giovane riesce miracolosamente a salvarsi e si inoltra nel deserto,dove uccide,in leale combattimento,un arabo,risparmiando la vita al suo servitore,che in realtà è il braccio destro del potente Saladino,il capo dell’esercito musulmano.
Baliano arriva a Gerusalemme,mentre suo padre,dopo avergli consegnato l’anello nobiliare,muore per le conseguenze delle ferite riportate nel combattimento. Il giovane adesso è un nobile,ma deve fare i conti con il potente Guido di Lusingano,che ha sposato la sorella de re lebbroso Baldovino IV,Sibilla. Nel frattempo,i continui attacchi dei cavalieri crociati alla popolazione araba dei dintorni di Gerusalemme,provocano una grave crisi;durante uno di essi,infatti, Reginaldo di Chatillon,crudele braccio destro di Guido,uccide senza motivo la sorella del Saladino.
Che muove all’attacco di Gerusalemme,fermato solo dal re,Baldovino,che promette di punire i colpevoli. Ma il re muore,e Guido di Lusingano,stoltamente,attacca le truppe del Saladino,che massacra l’esercito cristiano. Gerusalemme è ormai priva di difese,ma Baliano,che è riuscito a dotarla di buone difese,regge eroicamente all’assedio,aiutato da tutti gli uomini validi della città,consci che con la presa della città nessuno avrebbe avuto salva la vita.
Saladino,per non dissanguare ulteriormente le sue truppe,concede ai coraggiosi difensori l’onore delle armi,concedendo a tutti la vita,a patto di lasciare la città per sempre. Cosi’ Baliano,accompagnato da Sibilla,di cui si è innamorato,si imbarca per la Francia;ad attenderlo c’è la vecchia vita da maniscalco,in compagnia della donna amata.Ridley Scott gira un film epico e abbastanza attendibile storicamente,pieno di splendide scene di battaglia,fra le quali va segnalata quella dell’assedio di Gerusalemme. Buon ritmo,splendida fotografia e soprattutto bei costumi. Ottime le prove degli attori,fra i quali si segnalano Orlando Bloom e Eva Green un’affascinante Sibilla.
Le crociate,
un film di Ridley Scott. Con Orlando Bloom, Eva Green, Liam Neeson, Jeremy Irons, Jouko Ahola, Shane Attwooll,
Tim Barlow, Christian Boeving, Marton Csokas, Samira Draa, Eriq Ebouaney, Khaled El Nabaoui, Jon Finch, Michael Fitzgerald,
Brendan Gleeson, Ghassan Massoud, Kevin McKidd, Nasser Memarzia, Edward Norton, Michael Shaeffer, Michael Sheen,
Alexander Siddig, David Thewlis, Ulrich Thomsen, Velibor Topic. Genere Drammatico, colore 145 minuti. – Produzione USA, Spagna, Gran Bretagna 2005. –
Nathalie Cox … La moglie di Baliano
Eriq Ebouaney … Firuz
Jouko Ahola … Odo
David Thewlis … Hospitaler
Liam Neeson … Godfrey de Ibelin
Orlando Bloom … Balian de Ibelin
Bronson Webb … Appredista
Nikolaj Coster-Waldau … Sceriffo del villaggio
Steven Robertson … Marito di Angelica
Marton Csokas … Guy di Lusignano
Alexander Siddig … Imad
Velibor Topic … Almaric
Michael Shaeffer … Giovane sergente
Eva Green … Sibylla
Brendan Gleeson … Reynald de Chatillon
Nasser Memarzia … Muslim Grandee
Jeremy Irons … Tiberias
Jon Finch … Jerusalem
Edward Norton … Re Baldovino
Lotfi Yahya Jedidi … Il vecchio Ibelin
Samira Draa … Domestica di Sibylla
Ulrich Thomsen … Mestro dei templari
Matthew Rutherford … Cavaliere
Michael Fitzgerald … Humphrey
Ghassan Massoud … Saladino
Khaled Nabawy … Mullah
Karim Saleh … Messaggero dei saraceni
Shane Attwooll … Reginaldo cavaliere Templare
Giannina Facio … La sorella di saladino
Emilio Doorgasingh Ingegnere Saraceno
Peter Cant … Ragazzo paesano
Angus Wright … Richard’s Knight
Iain Glen … Riccardo Cuor di leone
Regia: Ridley Scott
Soggetto:
Sceneggiatura: William Monahan
Produttore: Ridley Scott
Casa di produzione: 20th Century Fox
Distribuzione (Italia): Medusa Film
Fotografia: John Mathieson
Musiche: Harry Gregson-Williams
È una suicida: tagliale la testa. E riporta l’accetta.
Non do alcun credito alla religione. Sotto la parola religione ho visto la follia di fanatici di ogni denominazione venire chiamata “Volontà di Dio”, la santità sta nell’agire rettamente e nel coraggio da parte di coloro che non possono difendersi, la bontà, ciò che Dio desidera sta qui, secondo ciò che decidete di fare ogni giorno, sarete un uomo buono o no.
– Non abbiate timore innanzi ai vostri nemici. Siate impavidi e retti, cosicché Dio possa amarvi! Dite il vero anche se vi conduce alla morte! Salvaguardate gli indifesi. È il vostro giuramento! E questo affinché te ne ricordi. Sorga un cavaliere!… Sorga un cavaliere!
– Chi credete di essere? Pensate che fare di un uomo un cavaliere lo farebbe combattere meglio?
– Si!
Se Dio non ti ama, come hai potuto fare tutto quello che hai fatto?
Che uomo è un uomo che non rende il mondo migliore?
Sono quello che sono… qualcuno deve pur esserlo…
Come puoi essere all’Inferno se sei nei mio cuore?
Non abbiate timore innanzi ai vostri nemici, siate impavidi e retti così che Dio possa amarvi.dite il vero… anche se vi conduce alla morte, salvaguartdate gli indifesi, è il vostro giuramento. Sorga un cavaliere!
Siate senza paura di fronte al nemico;
Siate coraggiosi e giusti;
Proclamate la verità, anche a costo della vita.
Difendete gli oppressi e non piegatevi al male.
Questo è il vostro giuramento!!
A Dio non importa, e se gli dovesse importare, allora non è Dio
Amico, la tua fama sarà nota ai tuoi nemici prima ancora che tu li abbia conosciuti.
Chi conduce la resistenza?
Baliano di ibelin, mio signore.
Quello che tu hai lasciato in vita a Kerak?
Sì, lui… mi chiedevo se fosse stato meglio che tu lo uccidessi… non avrei dovuto avere te come re!