Giallo napoletano
Un intrigo complicatissimo che vede un professore d’orchestra famosissimo, una registrazione compromettente che potrebbe rovinarlo, la sua bella moglie di colore e poi 3 vittime, un mucchio di milioni, una splendida infermiera e infine un insegnante di mandolino classico e un padre spendaccione e giocatore d’azzardo.
Sono gli elementi con cui gioca Sergio Corbucci nel 1979 con questo suo Giallo napoletano, coinvolgendo in questa divertente e gustosa commedia un cast assolutamente all star, con la presenza contemporanea di attori del calibro di Marcello Mastroianni, Ornella Muti, Renato Pozzetto, Michel Piccoli, Zeudi Araya, Capucine , Peppino De Filippo, Elena Fiore, Peppe Barra in una sarabanda di colpi di scena, omicidi, tradimenti amore ed altro.
Il protagonista principale è Raffaele Capece, insegnante di mandolino che si è dovuto ridurre a suonare nei ristoranti per colpa del padre, che gioca a tutto quello che c’è da giocare perdendo sistematicamente i soldi che il figlio racimola faticosamente.
Raffaele, con i capelli perennemente arruffati ha anche un problema fisico, un piede zoppo che lo costringe da piccolo ad un’andatura claudicante.
Eppure, nonostante questo, l’uomo riuscirà ad avere due avventure galanti con le due più belle protagoniste del film, la bella infermiera Lucia e la splendida moglie del direttore d’orchestra Victor Navarro, ovvero Elizabeth.
La storia comincia con una serenata che Raffaele è costretto a fare sotto il balcone di un hotel, per saldare uno dei debiti contratti dal padre; durante questa serenata Raffaele assiste ad un omicidio e da quel momento verrà coinvolto in una girandola di situazioni a tratti surreali a tratti pericolose, nel corso delle quali sfiorerà la morte.
Con l’aiuto di Lucia Raffaele arriverà a districare la matassa, non prima di aver visto morire alcune persone, fra le quali anche un usuraio che lo taglieggiava.
E alla fine la sua arguzia lo porterà, involontariamente, a diventare milionario.
Giallo napoletano è una commedia classica, con qualche elemento thriller ma principalmente comica; per certi versi ricorda il fortunato La donna della domenica, che lo stesso Mastroianni aveva interpretato nel 1975 con la regia di Luigi Comencini
Una commedia a tratti surreale, pervasa da una comicità fine e amena, merito sopratutto della spiccata simpatia che i personaggi di Raffaele e Natale Capece suscitano nello spettatore;il primo, interpretato da un Mastroianni semplicemente perfetto, è un napoletano all’apparenza ingenuo e complessato ma che in realtà ha una forza d’animo e una presenza di spirito invidiabile.Il secondo è un furfante, ma di quelli simpatici; un uomo che vive praticamente alle spalle del figlio sperperando i soldi che costui guadagna al lotto o con altri giochi.L’interpretazione di Luigi De Filippo del personaggio di Natale Capece è una delle cose più divertenti del film.Il grande attore napoletano è qui alla sua ultima interpretazione cinematografica; purtroppo si sarebbe spento l’anno successivo all’età di 77 anni.
Punti di forza del film, oltre alla buona dose di comicità una volta tanto non volgare, è la presenza di attori finalmente degni del loro lavoro.
Bella, misteriosa ed intrigante è Ornella Muti, la Lucia che si rivelerà meno attaccata a Raffaele e molto più al denaro e che invece verrà clamorosamente beffata alla fine.
Poi da segnalare la buona prova di Pozzetto, il classico settentrionale trasportato al sud che tratteggia da par suo, il bravo e misterioso Michel Piccoli che interpreta il musicista Navarro, una bellissima e sempre seducente Zeudi Araya nei panni della moglie di Navarro e ancora Capucine ecc.
Un film accolto tiepidamente da parte del pubblico e ancor più tiepidamente da buona parte della critica, incapace di vedere del buono in una commedia che non ha pretese particolari se non quella di svagare lo spettatore.
E poichè ci riesce bene alla fine quello che conta è raggiunto.
Il film è disponibile in una versione pressochè perfetta all’indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=M7Vu73XaiMM
Giallo napoletano
Un film di Sergio Corbucci. Con Peppino De Filippo, Renato Pozzetto, Michel Piccoli, Marcello Mastroianni, Ornella Muti, Capucine, Zeudi Araya, Mimmo Poli, Carlo Taranto, Ennio Antonelli, Pietro Ceccarelli, Gianfranco Barra, Elena Fiore, Franco Javarone, Angelo Pellegrino, Tomas Arana Giallo, durata 111′ min. – Italia 1979
Marcello Mastroianni: Raffaele Capece
Peppino De Filippo: Natale Capece
Ornella Muti: Lucia
Renato Pozzetto: Commissario Voghera
Zeudi Araya: Elizabeth
Michel Piccoli: Victor Navarro
Capucine: suor Angela
Tomas Arana: Walter Navarro
Elena Fiore: donna Filomena
Franco Javarone: Gregorio Sella
Natale Tulli: Albino
Peppe Barra: Giardino
Gennarino Palumbo: suonatore ambulante
Franca Scagnetti: donna all’ospedale
Regia Sergio Corbucci
Soggetto Sergio Corbucci
Sceneggiatura Sabatino Ciuffini, Giuseppe Catalano, Elvio Porta
Produttore Achille Manzotti
Fotografia Luigi Kuveiller
Montaggio Amedeo Salfa
Musiche Riz Ortolani
Scenografia Marco Dentici
L’opinione di zombi dal sito http://www.filmtv.it
Corbucci sui titoli di testa ci dice le sue intenzioni col fermo immagini sulle immagini di hitchcock e totò. fare un giallo che insieme ai brividi di paura alterni siparietti comici. per quanto mi riguarda l’intento è riuscito e giallo napoletano è ormai un classico della cinematografia popolare italiana. io poi ci sono particolarmente attaccato, in quanto era uno dei miei preferiti in gioventù, che non vedevo da tempo tra l’altro. ma non penso che la riuscita del film di corbucci sia da attribuire esclusivamente “al cast chilometrico”. innanzitutto è interessante la scelta e la decisione del regista di affondare le origini del mistero nel non lontanissimo passato del paese. un mistero che si dipana piano piano fino al finale debitore di un ben più nobile parente invero, ma che lo omaggia amichevolmente senza la sensazione di plagio decidendo di far emergere un omicidio che si pensava e credava sepolto nel passato. un passato che ha deciso di riemergere grazie ad un cattivo rapporto genitoriale, incitato dalla vendetta più che trentennale nato da un amore e un affetto tradito. quindi non solo l’avidità di una progenie corrotta nel corpo, ma un senso di vendetta corrotta anch’esso ma nello spirito, dalla mancanza di giustizia. poi naturalmente come non citare il cast, veramente stellare. dal protagonista indimenticabile di marcello mastroianni, assolutamente a suo agio nei panni del maestro di mandolino raffaele capece, ad un’ornella muti che si è doppiata da sè con accento partenopeo e che ci regala uno stacco di coscia tra i più belli nel mondo di celluloide. dal gregorio sella di franco javarone al caratterista che interpreta l’inquietante ‘a bbestia. musica di riz ortolani che ha saputo creare un pezzo(quello del ricatto) che inquieta e fa malinconia allo stesso momento. per me un pezzo importante del nostro cinema.
L’opinione del sito http://www.ilmiovizioèunastanzachiusa.wordpress.com
(…) Simpatica e riuscita commistione tra il giallo e la commedia ottimamente diretta da Sergio Corbucci che, un anno dopo “La mazzetta”, torna nuovamente a girare un suo film a Napoli. Il cast è assolutamente strepitoso, a partire da un ottimo Marcello Mastroianni (che si esprime in un dialetto napoletano più che credibile) al quale si affiancano stelle di prima grandezza quali la bellissima Zeudy Araya, Michel Piccoli e Ornella Muti. Abbiamo inoltre un brillante Renato Pozzetto nei panni del commissario e il grande Peppino De Filippo, qui alla sua ultima interpretazione (morirà l’anno dopo), più un nutrito stuolo di facce napoletane assolutamente meravigliose (citiamo per tutti il criminale Franco Javarone e il sessualmente ambiguo biscazziere Peppe Barra). In questo film vediamo una Napoli diversa, una Napoli stranamente poco solare e molto cupa che fa da sfondo ad una storia intricatissima fatta di ricatti e omicidi; d’altronde Corbucci stesso ci introduce al racconto mostrando, nei titoli di testa, un cartellone sul quale campeggiano affiancati i volti di Alfred Hitchcock e di Totò, quasi a simboleggiare le due anime e le due facce della medaglia della città stessa. Perfino il mandolino, visto solitamente come simbolo culturale e di allegria, diventa invece veicolo di morte in una girandola di colpi di scena (forse nel finale anche troppi).(…)
L’opinione di motorship dal sito http://www.davinotti.com
Godibile commedia intrisa di giallo, diretta con energia e maestria da Sergio Corbucci. Stellare il cast: si va da un Mastroianni in formissima e bravissimo (come sempre) passando per un superbo Piccoli e un surreale, divertente Renato Pozzetto fino alle splendide Ornella Muti e Zeudy Araya (quest’ultima più convincente della Muti quanto a recitazione). Tanti caratteristi, tra cui la Scagnetti e Iavarone e ultima apparizione dell’immenso Peppino De Filippo. Assolutamente da non perdere.
Trio infernale
Marsiglia (Francia),1939
L’avvocato George Sarret, molto conosciuto, stimato e rispettato è stato insignito di riconoscimenti per il ruolo prestato nella grande guerra appena conclusa.
L’uomo si trova un’amante; è la giovane Philomena Schmidt, che è stata appena licenziata e ha anche perso la casa.
Per consentirle di restare in Francia, George architetta un piano: trova un marito alla ragazza, che dopo appena un mese muore.
L’avvocato naturalmente non è estraneo alla cosa e visto l’esito positivo della vicenda, decide di replicare l’azione coinvolgendo Catherine Schmidt, sorella di Philomena in una ben organizzata truffa.
Fa sposare la ragazza ad un anziano signore, non prima di aver stipulato una conveniente assicurazione sulla vita dell’uomo.
Naturalmente anche costui muore; i tre quindi prendono a convivere dissipando il ricavato dei loro omicidi fino a quando qualcosa non interviene a cambiare i destini dei tre…
Trio infernale, traduzione letterale del titolo francese Le trio infernale, è un noir macabro e a tratti raccapricciante diretto dal regista francese Francis Girod nel 1974, alla sua prima esperienza dietro la macchina da presa.
Un film davvero particolare, intriso di un macabro senso dello humour ma sopratutto pervaso da un’atmosfera malata e perversa che si respira per tutta la durata della pellicola, peraltro raffinata e diretta con grande maestria.
Alcune parti sono davvero da cinema del Grand Guignol, come la sequenza in cui il diabolico trio si sbarazza del complice Marcel Chambon e della sua amante Noemi; particolarmente efferato l’omicidio di quest’ultima che viene fatta a pezzi nella vasca da bagno e sciolta con l’acido solforico da un George Sarret luciferino.
Molto curata l’ambientazione, con una fotografia luminosissima che contrasta splendidamente con la storia truce a cui assistiamo.
Gran merito della riuscita del film va attibuita alla performance del cast; davvero gigantesco Michel Piccoli, un Satana in carne ed ossa nei panni del bieco e cinico avvocato George, benissimo le due protagoniste femminili del film, Romy Schneider e Mascha Gonska.
L’ex principessa Sissi, alla ricerca di un personaggio estremo che la spogli finalmente dallo scomodo ricordo della virginea imperatrice d’Austria che ormai le si era impresso addosso impedendole di mostrare il suo talento al di fuori dello stesso personaggio che le aveva dato fama e celebrità, sceglie un personaggio da girone infernale dantesco.
Priva di ogni morale o scrupolo, Philomena è l’immagine capovolta della Sissi inappuntabile che la Schneider aveva interpretato fino a 18 anni prima.
L’attrice non ha più i sedici anni del periodo in cui interpretava lo scomodo ruolo dell’imperatrice austriaca; è una donna matura che da alcuni anni ha pressochè ripudiato quel personaggio, interpretando ruoli scomodi ma decisamente più impegnativi come quelli della Marina di Il cadavere dagli artigli d’acciaio, quello bellissimo di Irene Corsini detta ‘La Califfa’ nell’omonimo film di Alberto Bevilacqua o ancora quello di Marianne nell’ambiguo La piscina di Jaques Deray.
Il film scorre via con naturalezza, mentre sullo schermo scorrono immagini a tratti anche comiche, una comicità però nerissima incupita proprio dalle efferatezze commesse dal diabolico trio.
C’è anche da dire che Girod in pratica non si inventa quasi nulla, visto che non fa altro che raccontare in versione cinematografica le drammatiche gesta di Georges-Alexandre Sarrejani (nel film George Sarret), personaggio realmente esistito e famoso avvocato di Marsiglia, che ideò una incredibile serie di truffe legate ad assicurazioni sulla vita di persone che poi morivano in maniera sospetta.
Aiutato dalle sorelle Catherine e Philomena Schmidt, Georges-Alexandre Sarrejani con l’aiuto dello spretato Chambon-Duverger e della sua amante Noémie Ballandraux si arricchì smodatamente ma venne tradito proprio dalla sua avidità e dall’uccisione della coppia di complici che aveva tentato di ricattarlo.
L’uomo venne arrestato con le sue due complici, che se la cavarono con 10 anni di galera a testa mentre Sarrejani venne condannato a morte.
Romy Schneider
Mascha Gonska
Salì sulla ghigliottina nel 1934 e fu l’ultimo ad essere giustiziato nella città, Aix en Provence.
Tornando al film, credo di potervelo consigliare ad occhi chiusi; i francesi sono maestri da sempre nel genere noir e questo film si fa apprezzare per il contorno nerissimo in cui si muove, tra personaggi da incubo eppure allo stesso tempo quasi patetici nella loro avidità.
Segnalo anche la presenza nel film di Andrea Ferreol, reduce dallo straordinario successo ottenuto l’anno precedente con La grande abbuffata di Ferreri; nel film è Noemi, l’amante del complice di Sarret, Chambon, personaggio destinato ad una tragica fine e ad un ancor più tragico destino.Post mortem verrà smembrata e sciolta nell’acido dal diabolico Sarret.
Un film difficile da trovare, anche se in rete esistono alcune versioni digitali; pressochè impossibile invece una visione televisiva, visto che il film non risulta esser mai passato in video.
Andrea Ferreol
Il trio infernale
Un film di Francis Girod. Con Michel Piccoli, Andréa Ferréol, Mascha Gomska, Monica Fiorentini,Romy Schneider, Renata Zamengo Titolo originale Le trio infernal. Noir, durata 106′ min. – Francia 1974.
Michel Piccoli … Georges Sarret
Romy Schneider … Philomena Schmidt
Mascha Gonska … Catherine Schmidt
Philippe Brizard … Chambon
Jean Rigaux … Villette
Monica Fiorentini … Magali
Hubert Deschamps … Detreuil
Monique Tarbès … Assistente
Andréa Ferréol … Noemi
Francis Claude … Dottore
Pierre Dac …Dottore assicurazioni
Regia: Francis Girod
Sceneggiatura: Francis Girod, Solange Fasquelle
Produzione: Raymond Danon,Jacques Dorfmann,Wolfdieter von Stein .
Musiche: Ennio Morricone
Fotografia: Andréas Winding
Montaggio: Claude Barrois
La bella scontrosa (La belle noiseuse)
Un pittore, Edouard Frenhofer, un ritratto incompiuto, quello della moglie Liz, una modella, Marianne, il suo fidanzato Nicolas e un mercante d’arte, Balthazar Porbus.
Cinque personaggi coinvolti in una storia in cui tempo, spazio e arte sembrano galleggiare sospesi, come le vite dei due protagonisti principali;Edouard, il pittore, è da tempo in crisi artistica, tanto da aver lasciato incompiuto dieci anni prima il ritratto di sua moglie Liz.
Anche il rapporto con quella donna che ha amato si è affievolito con il tempo e nonostante a Edouard non manchi nulla, visto che vive in una splendida dimora nelle campagne francesi, quella crisi artistica, che è diventata anche un punto fermo, fondamentale della sua vita, pesa enormemente.
Un giorno Edouard, sempre tentato nell’intimo di portare a compimento l’opera inespressa, approfittando dell’invito rivoltogli dal suo mercante d’arte Balthazar (che un tempo è stato anche amante della moglie), accoglie nel suo studio la bella Marianne,
accompagnata dal suo fidanzato Nicolas che ha un’autentica venerazione per il maestro.
Balthazar non ha mai visto l’opera, e sarebbe disposto anche a comprarla a scatola chiusa, mentre Edouard è tentato dal portarla a compimento, spinto in questo anche dal desiderio di penetrare nella psiche, nel mondo di quella ragazza tanto bella quanto enigmatica. Anche Nicolas vorrebbe vedere la sua ragazza alle prese con quel maestro che ammira tanto, e tenta quindi di convincere la riottosa ragazza ad accettare di fare da modella.
Bene o male, Marianna accetta e diventa così il soggetto del quadro di Edouard, che prende a lavorare con nuova energia al ritratto di Liz; le reazioni dei vari personaggi sono però contrastanti.
Mentre Liz è contenta che suo marito abbia in qualche modo ritrovato l’ispirazione, Marianna sembra sempre più stanca delle interminabili sedute di posa, mentre Balthazar coltiva in se il piacere di vedere finalmente compiuta l’opera.
Questi atteggiamenti cambiano però in breve tempo:Liz inizia ad avvertire la gelosia, come del resto Nicolas, nel vedere il rapporto che si instaura tra i due. Marianna infatti nelle sedute di posa è sempre completamente nuda e ben presto stabilisce un feeling ricambiato con il maturo pittore.
Il rapporto tra i due però non muta, nel senso che non devia mai verso l’affetto o la passione.
Marianne stimola il pittore, che alla fine riesce nel suo intento, cioè esorcizzare la figura della moglie, che ora ha i bei lineamenti di Marianne.
Edouard ha ottenuto quello che voleva, portare a compimento il suo lavoro.
Tutto torna in un certo senso al punto di partenza, perchè Liz si libera della bella e seducente Marianne, Balthazar acquista un nudo di Marianne mentre Edouard, che ha esorcizzato i suoi fantasmi e creato quello che voleva, mura il suo capolavoro.
Gli sconfitti però ci sono.
Marianne abbandona il suo fidanzato, va via.
In lei c’è il dubbio, fortissimo, di essere stata parte di un gioco crudele.
La bella scontrosa (La belle noiseuse), diretto da Jacques Rivette nel 1991 è un film estremamente complesso, affascinante.
Tratto in parte da un romanzo, Le chef-d’œuvre inconnu (1832) di Honoré de Balzac, in origine era stato girato con un’edizione estesa di quattro ore, ridotte poi a due per la versione adattata per il grande pubblico.
La versione che la stragrande maggioranza degli spettatori ha visto risulta quindi più armonica, veloce; tenendo conto che il film è fatto di dialoghi tra cinque personaggi, di pause, di esplicazioni delle varie personalità dei protagonisti, sicuramente è stato un bene.
Opera complessa sull’arte, sul rapporto tra un artista e la sua opera; due ore in cui assistiamo all’evoluzione del rapporto tra Marianne e Edouard, in cui il pittore usa a suo piacimento il corpo della ragazza, naturalmente solo per ragioni artistiche, senza coinvolgimenti erotici o carnali, piegandola quasi alle necessità della sua arte.
E che non renderà onore alla sua modella, perchè nessuno potrà vedere il suo capolavoro, nemmeno lo spettatore, ne tanto meno la modella, che alla fine sarà l’unica vera sconfitta della storia.
Che gloria c’è nell’essersi sottoposta a sedute sfibranti, durante le quali ha dovuto mostrare il suo corpo nudo all’artista,ha dovuto accettare di conoscersi, farsi plasmare senza ricevere alla fine alcun tributo?
Ne risentirà anche il rapporto con Nicolas, che verrà interrotto. Non è forse anche colpa sua se Marianne ha accettato una sfida che alla fine l’avrà cambiata senza regalarle nulla?
Un film sull’arte, sull’egoismo della stessa, sul complesso rapporto che si stabilisce tra il pittore e la sua opera, sopratutto con il soggetto della sua opera, che viene trasfigurato dal pennello sulla tela per poi cessare di avere un valore, essendo stato eternato per sempre, fissato in maniera definitiva proprio nel quadro.
Rivette sceglie l’atmosfera, il dialogo, i lunghi silenzi per illustrare il complesso rapporto che finisce per stabilirsi tra i vari protagonisti del film; così troviamo un ottimo Michel Piccoli tratteggiare perfettamente la figura dell’artista Edouard, insoddisfatto e perfezionista artista alla ricerca dell’ispirazione perduta, del punto di equilibrio tra arte, artista e soggetto.
Molto bella, brava e espressiva Emmanuelle Beart, una Marianne che uscirà quasi distrutta dall’incontro con il pittore, a cui dedicherà lunghissime ore di sedute, la sua nudità continua, che la priva di pudore, ricavandone in cambio solo il fallimento del rapporto con il suo ragazzo.
E brava anche Jane Birkin, l’altra vincente, che ritroverà dentro se l’affetto per quel suo uomo troppo distante per tanti anni, anestetizzato dalla vita in campagna e dalla sua compagnia diventata quasi invisibile.
Bene anche David Bursztein,nella parte di Nicolas e Gilles Arbona in quella di Balthazar.
La bella scontrosa, un film di Jacques Rivette. Con Michel Piccoli, Jane Birkin, Emmanuelle Béart, Marianne Denicourt Titolo originale La Belle Noiseuse. Commedia, durata 240 (125) min. – Francia 1991.
Michel Piccoli … Edouard Frenhofer
Jane Birkin … Liz
Emmanuelle Béart … Marianne
Marianne Denicourt … Julienne
David Bursztein … Nicolas
Gilles Arbona … Porbus
Marie Belluc … Magali
Marie-Claude Roger … Françoise
Leïla Remili … La domestica
Daphne Goodfellow Una turista
Susan Robertson Una turista
Regia di Jacques Rivette
Sceneggiatura Pascal Bonitzer e Christine Laurent
Dailoghi Pascal Bonitzer ,Christine Laurent
Prodotto Martine Marignac, Maurice Tinchant
Editing Nicole Lubtchansky
Costumi Laurence Struz
Bella di giorno
Sono giovani e belli; lui, Pierre, è un affermato chirurgo innamorato del suo lavoro, lei Severine, è una donna elegante, affascinante. Pierre dedica troppo tempo al lavoro, così Severine inizia a fantasticare strani rapporti sadomasochistici. Un giorno capita per caso davanti alla casa di madame Anais, una maitresse che gestisce una casa d’appuntamenti. Severine, attratta inspiegabilmente da quel mondo così lontano dalla sua vita ordinaria, conosce Anais, ed entra a lavorare come squillo all’interno della casa.
Jean Sorel e Catherine Deneuve
Non ha bisogno di soldi, Severine; ma sembra in preda ad un autolesionistico bisogno di punirsi, così come sembra attratta dalla morbosità di quella che diventa ben presto una doppia vita. Bella di giorno, moglie affettuosa e compagna la sera e la notte. Un giorno però le cose cambiano; all’interno della casa d’ appuntamenti Severine conosce Marcel, un bel giovane dal passato e dal presente burrascoso. L’uomo si innamora di lei, e dopo aver appreso che la donna è sposata, cerca di convincerla ad andare a vivere con lui.
Ma Severine, in fondo, è attratta solo da quell’esperienza assolutamente anticonformista, e rifiuta le avance dell’uomo. Messa alle strette, decide di lasciare per sempre la casa di Madame Anais, Marcel non accetta le cose, e progetta ed esegue un attentato contro Pierre; l’uomo rimane gravemente ferito e menomato, mentre Marcel viene ucciso in uno scontro a fuoco. Sarà un amico di Pierre a rivelare a quest’ultimo la verità sulla moglie, dopo averla incontrata a casa di madame Anais. Luis Bunuel gira nel 1967 questo film incentrato sulla doppia personalità e sulla doppia vita di Severine, una donna all’apparenza frigida, e che si trasforma improvvisamente in una prostituta in un impeto di annullamento della propria personalità.
Usando i suoi grandi mezzi cinematografici, la sua capacità di scandagliare l’animo umano quasi fosse uno psicanalista e di saper poi proporre in immagini il risultato del suo lavoro, Bunuel elabora splendidamente un film sospeso a tratti tra il reale e l’immaginario, anche se non si addentra nelle motivazioni del comportamento della donna, lasciando evidentemente allo spettatore il compito di analizzare e metabolizzare il tutto. Grazie alla maiuscola prova della Deneuve, che sembra una vergine di ferro nella vita famigliare, mentre si trasforma in un essere ambiguo quando è nella casa d’appuntamenti , il film che come tutte le opere di Bunuel è estremamente descrittivo, scivola congruamente verso il finale, in parte inaspettato.
Ottime le prove di Francisco Rabal, Michel Piccoli, Geneviève Page, Georges Marchal,Jean Sorel, Pierre Clémenti, Françoise Fabian. Da segnalare sopratutto Jean Sorel nel ruolo di Pierre e il bello e dannato della situazione, Pierre Clementi. Premiato con il Leone d’oro a Venezia, circolò in versione edulcorata,priva della sequenza fondamentale in cui Severine rifiuta di fare la prima comunione, scena che avrebbe permesso agli spettatori di alzare un velo sulle motivazioni del comportamento della donna.
Il film è disponibile in una splendida versione digitale su You tube,all’indirizzo: http://www.youtube.com/watch?v=4TaRWJKs148
Bella di giorno, un film di Luis Buñuel. Con Catherine Deneuve, Francisco Rabal, Michel Piccoli, Geneviève Page, Georges Marchal.Jean Sorel, Pierre Clémenti, Françoise Fabian Titolo originale Belle de jour. Drammatico, durata 100 (105) min. – Francia 1967.
Catherine Deneuve: Severine Serizy / Bella di giorno
Jean Sorel: Pierre Serizy
Michel Piccoli: Henri Husson
Genevieve Page: Madame Anais
Pierre Clementi: Marcel
Françoise Fabian: Charlotte
Macha Méril: Renee
Francisco Rabal: Ippolito
Francis Blanche: sig. Adolphe
Regia: Luis Buñuel
Soggetto: Joseph Kessel
Sceneggiatura: Luis Buñuel, Jean-Claude Carrière
Fotografia: Sacha Vierny
Montaggio: Louisette Hautecoeur
Scenografia: Robert Clavel
Gabriella Genta: Severine Serizy / Bella di giorno
Luciano Melani: Pierre Serizy
Roberto Villa: Henri Husson
Adriana De Roberto: Madame Anais
Emilio Cigoli: Ippolito
Sandro Merli: sig. Adolphe
L’opinione del Morandini
Moglie masochista e frigida di un medico parigino, Séverine si prostituisce dalle 14 alle 17 in una casa di appuntamenti, spinta da un ambiguo senso di colpa e da un’ansia di espiazione che non riuscirà a realizzare. Da un mediocre romanzo (1929) di Joseph Kessel, sceneggiato con J.-C. Carrière, Buñuel ha tratto un film soltanto esteriormente “rosa” ed elegante, di struttura binaria, basato sulla doppia personalità della protagonista, la continua oscillazione (e confusione) tra realtà e sogno, il binomio Sade/Freud e quello sessualità/cattolicesimo. Lo governano una geniale ironia e la leggerezza del tocco. Dall’edizione italiana la censura ha tolto 3 brevi scene tra le quali l’importante flashback su Séverine bambina che rifiuta di fare la Prima Comunione. Fotografia di Sacha Vierny. Leone d’oro a Venezia 1967.AUTORE LETTERARIO: Joseph Kessel
L’opinione di Undjing dal sito http://www.davinotti.com
Ispirato ad un romanzo redatto nel 1929 da Joseph Kessel, il film di Buñuel supera di gran lunga il modello di partenza grazie alle sfumature psicologiche d’una protagonista dalla duplice personalità (sublimata dalla dicotomia Sade/Freud): la brava (e bella ma non occorre aggiungerlo) Catherine Deneuve nei panni di Séverine ci induce in uno stato di pietosa compassione; prima masochista, poi spinta da rimorso e senso d’espiazione (che non potrà raggiungere) afflitta da sensi di colpa ed ansia. Girato con garbo, in esatto contrasto di contenuto.
L’opinione di Alessandra Verdino dal sito http://www.mymovies.it
E’ uno dei film che preferisco. La giovane Sévérine, sposata e frigida (perché il marito non sa sbloccarla?) per vincere i suoi complessi di natura sessuale è costretta a recarsi quotidianamente in una casa di appuntamenti di Parigi. A parte l’immensa bravura del regista Luis Bunuel, che gioca sull’alternanza realtà/sogno, ritengo che questo film sia una pietra miliare per comprendere a fondo le donne. In fondo, tutte noi desideriamo staccarci da un’esistenza grigia, e volare via, e avere l’amore di molti uomini. Freud diceva che la nevrosi è causata dal sesso, da come si vede il sesso da bambini e come questo istinto è cresciuto con noi. Ecco una bellissima storia di una nevrosi femminile, causata da un problema sessuale, naturalmente. Come ho già detto, perchè il marito non riesce a sbloccarla? E’ troppo per benino, mentre Sévérine sogna veramente il sesso, che è sì donazione di se stessi, ma che è un istinto a cui non si può e non si deve assolutamente rinunciare. Per questo si ammala, si abbruttisce, desiderando davvero abbruttirsi, coltivando fantasie sado-masochistiche, e gettandosi tra le braccia di chi capita. In fondo, Sévérine vuole solo sentirsi una donna, e sentirsi quindi desiderata ed anche posseduta. Coltiva il sogno, e lo fa diventare realtà, di andare con molti uomini. Lei vuole solo essere amata – ma amata da donna/amante, non da dolce bambolina. Catherine Deneuve, con la sua bellezza eterea, sofisticata ed apparentemente irraggiungibile, è perfetta per questo ruolo. Quest’immagine presupponeva una donna apparentemente morigerata, ma capace di veramente di scatenarsi con gli uomini. Mai scelta è stata tanto azzeccata. Rappresenta bene un certo tipo di donna, e, secondo Freud, come tutte le donne, in fondo, sognano di essere.
L’opinione di Steno79 dal sito http://www.filmtv.it
Il più grande successo commerciale di Bunuel fu questo “Bella di giorno”, inquietante esplorazione dei fantasmi masochisti di una giovane moglie borghese apparentemente candida e virginale, interpretata con sorprendente aderenza e notevole precisione compositiva dalla giovane e ancor bellissima Catherine Deneuve. Affiancato dallo sceneggiatore Jean-Claude Carrière, Bunuel realizza il film con uno stile apparentemente classico, ma in realtà aperto alle suggestioni moderniste, poichè giustappone in una maniera pressochè “invisibile” scene realiste e sequenze oniriche, lasciando sempre trasparire un certo margine di ambiguità dalle immagini. E’ l’adattamento di un romanzo scritto negli anni Trenta da Joseph Kessel, con riferimenti neanche tanto velati alle opere del Marchese de Sade, e con un potere di suggestione “erotica” che spesso deriva da certe allusioni che non vengono mai del tutto chiarite (ad esempio, la misteriosa scatola del cinese), senza mai cadere nei compiacimenti e nelle volgarità di cui abuseranno tanti imitatori dello stile di Bunuel. Opera audace per i tempi in cui fu realizzata, mantiene una perfetta vedibilità a tanti anni di distanza e molto del merito è da attribuire all’affascinante protagonista, ben affiancata da Jean Sorel, Michel Piccoli e Pierre Clementi.
L’opinione del sito http://www.riflessocinefilo.blogspot.it
(…) L’oscillazione tra il sogno e la realtà, l’ordinario e lo straordinario che si fondono assieme fino a confondersi.
Che Bella di Giorno sia un film interessante e dalle molteplici sfaccettature non c’è ombra di dubbio, guardandolo però la cosa che più ha intrigato è stata la simbologia. Il fatto che la maggior parte degli elementi siano predisposti con la sapienza di un gran maestro del surrealismo, capace di mostrare il significato recondito dello spirito umano attraverso oggetti che potrebbero sembrare banali. Ogni simbolo ha evocato significati che hanno a loro volta mostrato sentimenti, schiudendo un labirintico mondo onirico nel quale non si finisce mai di trovare e scoprire.
Séverine (Catherine Deneuve) è una donna insoddisfatta che gli eventi e la banalità della vita borghese hanno reso frigida e distaccata. Nell’estremo tentativo di ritrovare se stessa finirà per prostituirsi e diventerà così Bella di Giorno.
La storia oscilla tra i due mondi, quello onirico della fantasia e del desiderio e quello della realtà, del vivere quotidiano. Buñuel rappresenta così un elemento basilare del surrealismo, quello del sogno inteso come momento di liberazione dove l’essere umano esprime il suo istinto reale, diventando allo stesso tempo luogo di rifugio contrapposto al mondo. Séverine prostituendosi da vita reale ai suoi sogni e attraverso questo comportamento considerato immorale e corrotto cercherà in una sorta di analisi di ritrovare se stessa. La casa di madame Anaïs diventa così una specie di limbo tra il reale e l’irreale. (…)
Diabolik
Il film di Mario Bava è il secondo tentativo di portare sul grande schermo avventure tratte dai fumetti per adulti (così erano marcati i nuovi protagonisti del crimine) subito dopo il discutibile esito di Kriminal, diretto da Umberto Lenzi,che precedette di due anni l’uscita dell’antieroe creato dalle sorelle Giussani.
Per il cast Bava chiamò John Philipp Law,assolutamente anonimo e la bella Marisa Mell che sarebbe poi scomparsa in giovane età per un brutto male; Law prese il posto di Jean Sorel,che sicuramente avrebbe dato ben altri stimoli al personaggio dark del fumetto,mentre la Mell,che non sfigurò,prese il posto della Deneuve,refrattaria a girare scene di nudo.La trama è abbastanza complessa,nonostante tutto; Diabolik ruba una grossa somma,usando uno dei suoi trucchi e sfugge alla polizia rifugiandosi in una caverna,dove lo attende Eva Kant. Ginko,l’ispettore mortale nemico del re del terrore,umiliato,fa una retata in cui cade un grosso criminale,Valmont,che per salvarsi la pelle promette di far catturare Diabolik. Nel frattempo Diabolik effettua un nuovo,grande furto,rubando una collana di smeraldi,con un ingegnoso trucco;inserisce una fotografia statica davanti alle telecamere di sorveglianza,quindi fugge lasciando con un palmo di naso i poliziotti,nero come la notte nella sua caratteristica tuta.
Intanto Valmont riesce con un trucco a rapire Eva Kant e chiede come riscatto il malloppo messo su da Diabolik con gli utlimi due furti;il re del terrore accetta,ma mentre è sull’aereo di Valmont,lo afferra e si getta nel vuoto;riesce così a carpire all’uomo l’informazione su dove Eva è tenuta prigioniera.
Il ministro degli interni francese,dopo il tentativo fallito,decide di mettere una taglia gigantesca su Diabolik,che reagisce facendo saltare i palazzi del fisco,provocando una crisi economica colossale;così,per salvare l’economia,si decide di fondere l’oro dello stato in un solo gigantesco lingotto. Diabolik fa saltare il treno su cui è il lingotto e lo recupera dal fondo del mare con un sommergibile con Eva si nasconde in un rifugio;ma Ginko è sulle sue tracce e Diabolik,dopo una colluttazione,viene colpito da un getto di oro.
Sembra la fine,ma durante una visita di Eva alla sua statua d’oro,approfittando di un momento di disattenzione di Ginko,strizza l’occhio alla complice.Difficile dare un giudizio,oggi,su un film di 40 anni fa. Bava gira,più che un film,un documentario stravagante su un personaggio che si prestava a ben altro risultato di quello ottenuto.Probabilmente la presenza del legnoso Law,assolutamente improponibile in un ruolo che sembra virato più all’ironia che ad una resa pari a quella del fumetto,giocò una parte importante. Il cast era di buon livello,con Michel Piccoli,Adolfo Celi,Claudio Gora e Renzo Palmer;tuttavia il film non riesce mai a coinvolgere veramente,trasformandosi via via che la pellicola scorre,in un’helzapoppin di situazioni paradossali.Un vero peccato,per quella che fu un’occasione perduta.
Il film è disponibile su You tube in una versione completa, di buona qualità, all’indirizzo : http://www.youtube.com/watch?v=78KD3wypnak
Diabolik, un film di Mario Bava. Con Claudio Gora, Adolfo Celi, Lucia Modugno, Michel Piccoli, Renzo Palmer, Caterina Boratto, Marisa Mell, Carlo Croccolo, John Philip Law, Isarco Ravaioli, Giulio Donnini, Andrea Bosic, Tiberio Mitri, Annie Gorassini, Giorgio Gennari, Lidia Biondi, Mario Donen, Federico Boido. Genere Drammatico, colore 105 minuti. – Produzione Italia 1967
John Phillip Law: Diabolik
Marisa Mell: Eva Kant
Michel Piccoli: ispettore Ginko
Adolfo Celi: Ralph Valmont
Claudio Gora: capo della polizia
Terry Thomas: ministro degli interni/ministro delle finanze
Renzo Palmer: nuovo ministro degli interni
Caterina Boratto: Lady Clark
Andrea Bosic: direttore della banca
Giulio Donnini: dottor Vernier
Lucia Modugno: prostituta
Carlo Croccolo: camionista
Annie Gorassini: amante di Valmont
Mario Donen: Sergente Danek
Regia Mario Bava
Soggetto Adriano Baracco, Angela e Luciana Giussani, Dino Maiuri
Sceneggiatura Mario Bava, Dino Maiuri, Brian Degas, Tudor Gates
Produttore Dino De Laurentiis, Bruno Todin
Casa di produzione Dino De Laurentiis Cinematografica, Marianne Productions
Distribuzione (Italia) Paramount Pictures
Fotografia Antonio Rinaldi, Mario Bava
Montaggio Romana Fortini
Effetti speciali Carlo Rambaldi
Musiche Ennio Morricone
Tema musicale Deep Down
Scenografia Flavio Mogherini
Costumi Luciana Marinucci, Giulio Coltellacci, Carlo Rambaldi
Trucco Otello Fava
Doppiatori italiani
Giancarlo Maestri: Diabolik
Gigi Proietti: ispettore Ginko
Emilio Cigoli: Ralph Valmont
Roberto Villa: capo della polizia
Renzo Palmer: ministro degli interni/ministro delle finanze
Adriana De Roberto: Lady Clark
Vittorio Di Prima: direttore della banca
Dante Biagioni: dottor Vernier
Carlo Buratti: medico alla Morgue
La grande abbuffata
Quattro amici.Vite noiose,borghesi,prive di guizzi.Ugo (Ugo Tognazzi) è un cuoco-gourmet di classe;Marcello (Marcello Mastroianni) un pilota di linea puttaniere e assetato di sesso;Philippe (Philippe Noiret),un giudice che vive ancora con la sua balia,e che lo soddisfa anche sessualmente;in ultimo Michel (Michel Piccoli),importante regista televisivo dall’aria intellettuale,sempre con l’espressione insoddisfatta.I quattro hanno in comune la passione per la tavola,per le raffinatezze gastronomiche.
Così,un giorno,ognuno di loro saluta i rispettivi parenti,amici e amanti,per raggiungere la villa di Philippe.
Qui,in un posto decadente,dall’aria vissuta e retrò,tra vecchi fonografi,Bugatti,letti a baldacchino,residui di un tempo glorioso,scelgono la più allucinante delle morti,il suicidio per ingestione di gastronomie.
Invitano tre puttane e una maestrina che all’apparenza sembra una santarellina,e tra un cosciotto di maiale,un piatto di pasta,dolci e via discorrendo mettono in pratica il loro piano.
Le tre prostitute,sopravvissute a 24 ore di pranzi luculliani,fuggono convinte di rischiare la vita.
A tener compagnia rimane solo la maestrina,Andrea (Andrea Ferreol),che finirà per assumere il ruolo di vestale della morte,vero e proprio angelo del trapasso.
Uno alla volta,i quattro tengono fede al loro patto.
Il primo a morire è Marcello,che è anche l’unico a rifiutare,all’improvviso,il suicidio con il cibo;tenterà la fuga di sera,nella Bugatti.
Che è una cabrio;la notte una tormenta di neve lo sorprende al volante,facendolo morire assiderato.
Tocca poi a Michel,a cui scoppierà l’intestino,e che cadrà in un lago di feci.
Successivamente è la volta di Ugo,a cui cederà il cuore.
In ultimo muore Philippe,ucciso da un mega dolce troppo zuccherato.
Il tutto mentre arriva un ultimo carico di cibo.
La grande abbuffata è un film difficile,scomodo,a tratti anche rivoltante.
Ma è anche una metafora cinica e crudele di una società che si nutre di tutto,cannibale,votata all’autodistruzione dai suoi stessi miraggi.
Non c’è salvezza,da essa.
L’accumulare porta fatalmente all’autodistruzione,l’eccesso stesso di offerta è il suo grande limite e la sua rovina.
Un messaggio gettato con forza da un regista iconoclasta,Ferreri,che fu accolto malissimo dal pubblico di Cannes,dove il film venne proiettato per la prima volta nel 1973.
Ma che divenne poi un autentico cult,un film faro del grande cinema italiano d’autore,un’opera dissacrante e scomoda,ma vera e forte.
Un film che è una gara di bravura di quattro straordinari attori,impegnati in ruoli scomodi,difficili.
Opera di grande intelligenza,di nichilismo assoluto di un geniaccio del cinema,Ferreri.
La grande abbuffata
Un film di Marco Ferreri. Con Ugo Tognazzi, Michel Piccoli, Marcello Mastroianni, Philippe Noiret, Andréa Ferréol, Solange Blondeau, Giuseppe Maffioli, Monique Chaumette, Florence Giorgetti, Bernard Menez, Louis Navarre, Rita Sherrer, Michèle Alexandre, Cordélia Piccoli, James Campbell, Patricia Milochevitch, Henri Piccoli, Mario Vulpiani, Gérard Boucaron, Margaret Honeywell, Annette Carducci,
Eva Simonet. Genere Grottesco, colore 132 (125) minuti. – Produzione Italia, Francia 1973.
Marcello Mastroianni … Marcello
Michel Piccoli … Michel
Philippe Noiret … Philippe
Ugo Tognazzi … Ugo
Andréa Ferréol … Andrea
Solange Blondeau … Danielle
Florence Giorgetti … Anne
Michèle Alexandre … Nicole
Monique Chaumette … Madeleine
Henri Piccoli … Hector
Louis Navarre … Braguti
Bernard Menez … Pierre
Cordelia Piccoli … Barbara
Patricia Milochevitch … Mini
James Campbell … Zack
Regia: Marco Ferreri
Soggetto: Francis Blanche
Sceneggiatura: Marco Ferreri, Rafael Azcona
Fotografia: Mario Vulpiani
Montaggio: Claudine Merlin, Gina Pignier
Effetti speciali: Paul Trielli
Musiche: Philippe Sarde
Scenografia: Roger Jumeau, Michel Suné
Arredatore: Claude Suné
Trucco. Jacky Bouban, Alfonso Gola
Aiuto regista: Enrico Bergier, Rémy Duchemin, Jacqueline Ferreri, François Lavigne
Il Morandini:
“4 amici – un giudice (P. Noiret), un pilota di linea (M. Mastroianni), un ristoratore (U. Tognazzi), un produttore TV (M. Piccoli) – si riuniscono in una villa di Neuilly, fuori Parigi, decisi a compiere un quadruplice harakiri gastronomico-erotico. Li accompagna, pingue angelo della morte, un’insaziabile e materna maestra (A. Ferréol). Scritto con Rafael Azcona, è probabilmente il più grande successo internazionale (di scandalo) nell’itinerario di M. Ferreri. Questo apologo iperrealista ha gli scatti di una buffoneria salace e irriverente, i toni furibondi di una predica quaresimalista e, insieme, l’empietà provocatrice di un pamphlet satirico; e chi lo prende per un film rabelaisiano, non ne ha inteso la sacrale tristezza. C’è piuttosto l’umor nero, la mestizia, la disperazione di uno Swift. Con qualcosa in più: la pena. La sua forza traumatica risiede nella calma lucidità dello sguardo, e nell’onestà di un linguaggio che Ferreri conserva anche e soprattutto quando non arretra davanti a nulla. Se si esclude parzialmente Mastroianni, forse il meno riuscito del quartetto, i personaggi non sono mai volgari. Nonostante le apparenze realistiche (di un neorealismo fenomenico e irrazionalistico), sfocia nel clima allucinato di un apologo fantastico come certi segni e invenzioni suggeriscono. Fotografia di Mario Vulpiani, costumi di Gitt Magrini, pietanze di Fauchon (Parigi). Premio Fipresci a Cannes 1973. Distribuito nei paesi di lingua inglese come Blow-out. “
Gian Luigi Rondi
È La grande bouffe, il film francese di Marco Ferreri presentato quest’anno, con molti contrasti, al Festival di Cannes. Un film ambizioso, corposo, ma che si accosta a fatica e, spesso, con fastidio, anche se sono sensazioni comunque, che l’autore ha inteso suscitare di proposito. L”abbuffata” del titolo si riferisce a un’orgia gastronomica (ed erotica) cui si abbandonano, in una villa della periferia parigina, quattro amici di mezza età: un pilota, un magistrato, un annunciatore della radio, il gestore di un ristorante; un’orgia, però, con cui non intendono festeggiare la vita e i suoi piaceri, ma, ce ne accorgiamo a poco a poco, con cui vogliono darsi invece la morte, in polemica, a quanto sembra, con la vita e con le delusioni che ha loro procurato (di cui, comunque, non ci informano). »
Il pubblico- recensioni dal Davinotti
“Rappresenta il lato farsesco e grottesco di Amici miei. La storia della maratona erotico-gastronomica che coinvolge quattro amici di diversa estrazione sociale, accompagnati da una figura femminile dalla simbologia materna, è forse il film migliore (e tra quelli di maggior successo commerciale) di Marco Ferreri. La componente grottesca e satirica del cinema del regista milanese trova qui un maggior equilibrio che altrove, grazie ad una sceneggiatura compiuta e ad un cast di attori straordinari.”
“Quattro amici si rinchiudono in una villa dove mangiare senza fine. Spietato apologo grottesco sull’autoannullamento dell’individuo e della società borghese, eccessivo e funebre, amaro e tragico, dove anche l’eros – condotto da una disponibile magna mater – è viatico della fine. Omaggio al banchetto satirico di Boileau, citato nel film, ricorda la Sodoma dei quattro potenti autoreclusi di Sade, ma ha il sapore di un lungo funerale. Notevoli i grandissimi attori coinvolti (forse Mastroianni un po’ meno degli altri)”
“Eccezionale satira-apologo sul consumismo, diretta dal grandissimo Ferreri qui al suo meglio, aiutato anche da un poker di attori semplicemente fantastico (corroborato dalla brava Andréa Ferréol) e da una splendida sceneggiatura. All’epoca suscitò grande scandalo, oggi continua a mantenere intatta tutta la sua forza e continua ad essere sempre attuale. Imperdibile, anche se alcuni potrebbero non gradire.”
“Film acclamato per la sua metafora di una società che tende al suicidio collettivo per appagare oltremodo i propri istinti, anche se non lo definirei capolavoro. I quattro protagonisti organizzano un ritrovo basato su cibo e sesso e decidono di continuare, nonostante gli incidenti di percorso. Un insolito Mastroianni, cinico ma con stile, i soliti Piccoli e Tognazzi dissacratori e un plauso alla Ferréol (maestra coinvolta per caso, che trova nei quattro uomini i suoi nuovi alunni).”
Io alzo il mio bicchiere, non so a che cosa ma alzo il mio bicchiere…
Mangia! Se tu non mangi, non puoi morire.
Se escludi il cibo, tutto è epifenomeno: la sabbia, la spiaggia, lo sci, l’amore, il lavoro, il tuo letto: epifenomeno. Come dice l’Ecclesiaste: vanitas vanitatum.
Io sarei un maniaco sessuale? (agli amici che guardano nudi d’epoca) Voi vi state eccitando … su un funerale (ride). Ecco, questa è la vita!
Grande uccellata e festa del pesce offerta da quattro donzelli ghotti e golosi a tre gioconde fanciulle in dodici porcate.
Siete grotteschi! Grotteschi e disgustosi! Perché continuate a mangiare se non avete fame!?
Una buona tazza di cioccolata verso le undici apre lo stomaco per il pranzo.
Dopotutto hanno ragione le lesbiche.Gli uomini son così stronzi!