Le notti boccaccesche di un libertino e di una candida prostituta
Francia,1830
Aurore De Chérol,giovane vedova,si reca a trovare le sue cugine nella loro tenuta.
Durante una passeggiata nel parco,sulle rive del lago all’interno della tenuta stessa sono avvicinate da un gruppo di gentiluomini;uno di essi è
Raphael de Lorris,giovane libertino dedito solamente ai piaceri della vita.
Sensuale e affascinante,Raphael non ha altra occupazione che inseguire facili conquiste,passando da un’avventura all’altra.
Conosciuta Aurore,l’uomo è colpito dalla personalità riservata della vedova,dal suo romanticismo e dal suo contegno,in netto contrasto con le donne
che abitualmente frequenta.
Aurore e Raphael sono agli antipodi,come persone,ma forse è proprio questo ad avvicinarli irresistibilmente.
Raphael vede in lei una nuova sfida,Aurore uno stile di vita che non ha mai conosciuto,una libertà di costumi e di comportamento che le sono completamente estranei.
Nasce così un’attrazione fatale;la donna,pur di conquistare il dissoluto Raphael,abbandonerà lo stile di vita morigerato condotto fino ad allora e capovolgerà i suoi principi,degradandosi sempre più pur di arrivare al cuore del freddo e cinico uomo.
E il tutto sfocerà in tragedia.
Raphael ou le debauche’ (Rapahel il dissoluto) diventato nell’edizione italiana Le notti boccaccesche di un libertino e di una candida prostituta,titolo orrido che fuorvia lo spettatore,
ingannandolo sulla reale tematica del film esce nelle sale nel 1971 ad opera di Michel Delville,uno dei più originali registi francesi,al quale si devono bellissime opere come Un dolce viaggio,Acque profonde e La lettrice.
Un film affascinante,giocato sul rapporto impossibile tra due persone dai valori morali incompatibili;la giovane vedova Aurore e il libertino Rapahael sono espressioni di due modi di vedere e concepire la vita assolutamente e diametralmente opposti.
Per cui all’apparenza nulla dovrebbe accomunare stili di vita,sentimenti e costumi dei due protagonisti.
Ma nel gioco delle parti qualcosa imprevedibilmente porta ad avvicinarsi i due mondi antitetici.
Intimamente Aurore è stanca del perbenismo,della sua vita piatta e vede in Raphael una sfida alla morale corrente,uno stile di comportamente che da un lato la fa inorridire ma dall’altro la attira irresistibilmente
proprio perchè infrange tutte le sue regole morali,le convenzioni sociali.E in più prova per lui un’attrazione fisica fatale:Raphael è bello,sensuale,sa come parlare ad una donna grazie proprio alla vasta esperienza accumulata con le stesse.E’ bello e impossibile,con i suoi valori morali decadenti,con il suo fascino di dannato e libertino.
Nascerà quindi un gioco delle parti,che porterà i due verso un finale tragico e imprevedibile,che in qualche modo restaurerà lo “status quo”,con il ritorno di Aurore alla vita borghese,noiosa e priva di vitalità,ma in fondo rassicurante e narcolettica.
Delville,grande disegnatore di personaggi femminili,mostra le contraddizioni dei personaggi analizzandone i comportamenti,sviscerando il complesso dei loro sentimenti frustando senza pietà,nello stesso tempo,la classe sociale media che rappresentano.
Un mondo frivolo e privo di valori morali pregnanti,lontano dalla vita dei comuni mortali.
E il finale stesso mostra,senza pietà,come quel mondo sia,in fin dei conti,solo un’abbagliante meteora destinata a spegnersi nel buio senza lasciare scia.
Nello stesso tempo,grazie ad un sapiente gioco di sguardi e a dialoghi intelligenti e mai banali,Delville conduce lo spettatore in una storia in cui i sentimenti in fondo non sono veri,ma sono semplicemente lo specchio sporco di quello che di meno nobile c’è nell’animo umano,ovvero la passione istintiva irragionevole (che è così proprio per sua natura),la sensualità più animale.
Il risultato è un film bello e di sicuro fascino,con due protagonisti bravissimi,overo Maurice Ronet e Francoise Fabian.
Il primo è praticamente perfetto nel ruolo del dissoluto Raphael,la Fabian è un modello inarrivabile di castità e morigeratezza di costumi,bella ed affascinante,in perfetta sintonia con il ruolo interpretato.
Purtroppo questa pellicola è praticamente scomparsa ed è di difficile reperibilità nella versione italiana;vi segnalo una bella versione in lingua originale all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=ZUflQtOpmQI
Le notti boccaccesche di un libertino e di una candida prostituta
Un film di Michel Deville. Con Françoise Fabian, Brigitte Fossey, Maurice Ronet, Anne Wiazemsky,Isabelle De Funès Titolo originale Raphaël ou le débauché. Drammatico, durata 109 min. – Francia 1971
Maurice Ronet – Raphaël de Lorris
Françoise Fabian – Aurore
Jean Vilar – Horace
Brigitte Fossey – Bernardine
Isabelle De Funès – Émilie
Jean-François Poron – Giorgio
Anne Wiazemsky – Diane
Yves Lefebvre – Paul
Hélène Arié – Francesca
André Oumansky – Feyrac
Maxime Fabert – Il conte
Maurice Barrier – Lasalle
Jean-Pierre Bernard – Norville
Georges Claisse – Alfred
Regia:Michel Deville
Produzione:Mag Bodard
Sceneggiatura:Nina Companéez
Fotografia:Claude Lecomte
Montaggio:Nina Companéez
Distribuzione:Columbia Films
Natale in casa d’appuntamento
L’arrivo del natale sta per segnare in maniera decisiva la vita di Nira, un’affascinante donna d’affari che gestisce una galleria d’arte a Roma;in realtà,dietro la facciata di rispettabilità la donna nasconde un passato da ex prostituta di alto bordo.
La galleria d’arte altro non è che una facciata, perchè Nira continua a lavorare nel campo della prostituzione, gestendo gli incontri di tre ragazze che lavorano per lei.
Ma Nira ha deciso di dare una svolta alla sua vita.
Innamorata dell’l’ingegner Alberto Giusti, ha ricevuto da quest’ultimo la promessa di sposarsi non appena l’uomo avrà ottenuto il divorzio dalla moglie.
Natale è il termine ultimo che Nira si è prefissata per l’esercizio della sua professione ma deve ancora gestire gli ultimi appuntamenti così prepara gli incontri per le due ragazze che lavorano per lei:la bionda Rossana dovrà andare tre giorni in Svizzera a tener compagnia ad un maturo uomo d’affari americano e Norma, una splendida donna di colore che si prostituisce avendo un marito impotente dovrà avere un incontro con un ricco concessionario d’auto.
Per Rossana l’avventura con Max, il ricco americano si trasforma in un’occasione per cambiare definitivamente vita così Nira la sostituisce con Senine,la sua vicina di casa, sposata e con un bambino.
Nira, che vede avvicinarsi il traguardo che si è prefissata, diventa più dura e intollerante verso le ragazze, ma per lei la vita ha in serbo la più crudele delle sorprese…
Natale in casa d’appuntamento, uscito nelle sale nel 1976 è la prima delle due direzioni cinematografiche di Armando Nannuzzi, molto più famoso come direttore della fotografia (sue le direzioni di La caduta degli Dei, Per grazia ricevuta ecc).
E verrebbe da dire, per fortuna;perchè questo film è di una noia insopportabile, caratterizzato da dialoghi sfibranti e da una staticità che ne fanno un prodotto da narcolessia acuta.
Film anche pretenzioso,tra l’altro;attraverso il racconto delle vicende di Nira, una ex prostituta che conoscendo la vita fatta dovrebbe quanto meno essere più comprensiva verso le ragazze che lavorano per lei e che invece finisce per comportarsi dea cinica opportunista, cedendo la debuttante Seline ad un’altra tenutaria di un bordello, saffica e crudele, Nannuzzi
cerca di ovviare ad una sceneggiatura piatta irreversibilmente attraverso un velleitario tentativo di socio/psicologia dell’analisi del comportamento di Nira, che è personaggio da subito scostante e antipatico.
Il finale del film punisce la donna e la morale del film potrebbe essere ricondotta al classico “chi nasce puttana muore tale”,una ripugnante consuetudine di molti film presuntuosi che si ponevano l’obiettivo di indagare sul mondo della prostituzione.
Qui siamo di fronte però al nulla più assoluto; dietro la patina raffinata (di questo va dato atto al regista) delle ambientazioni e della bella fotografia si nasconde purtroppo il nulla; i personaggi del film si muovono palesemente a disagio, senza profondità.
A partire da Nira (interpretata da una bellissima e incarognita Francoise Fabian), una donna che sta per rompere con il passato e che finisce per coinvolgere nel suo mestiere senza dignità e speranza la sua vicina di casa, una donna frustrata e con ambizioni di elevarsi economicamente e che invece finirà per essere ceduta ad un’altra tenutaria, degradandosi verso un futuro senza speranza.
Per passare poi a due personaggi tagliati con l’accetta:il primo, quello di Rossana (interpretata da una meravigliosa Silvia Dionisio), che ha deciso di cambiare vita e lo farà e quello di Norma (Cathy Rosier,la splendida attrice di Guadalupe, che molti ricorderanno in Frank Costello faccia d’angelo), prostituta per diletto, con tanto di marito impotente che si prostituisce con uno stesso uomo solo una volta, perchè così non tradisce il marito (sic.)
I personaggi maschili poi hanno del patetico: a partire da Max (un Borgnine che ha l’aria di aver scambiato il film per una cosa serissima, tanto è l’impegno che ci mette), un maturo uomo d’affari che finisce per innamorarsi di Rossana, continuando con Mimmo Palmara, che interpreta il concessionario d’auto che si invaghisce della bella Norma.
A conti fatti, un film che delude sotto tutti i punti di vista e che ha la sua parte migliore nel finale, amaro, che in qualche modo riscatta la sciatteria generale del film stesso.
Un film peraltro praticamente introvabile in versione italiana:su You tube è presente una bella riduzione in divx dall’edizione digitale, ma in lingua inglese.Vederlo in questa versione è impresa davvero ostica.
Natale in casa d’appuntamento
Un film di Armando Nannuzzi. Con Ernest Borgnine, Françoise Fabian, Silvia Dionisio, Corinne Cléry, Jole Fierro, Mimmo Palmara, Carmen Scarpitta, Fabrizio Jovine, Maurizio Bonuglia, Norma Jordan Drammatico, durata 115′ min. – Italia 1976.
Ernest Borgnine: Max
Françoise Fabian: Nira
Corinne Cléry: Senine
Silvia Dionisio: Rossana
Cathy Rosier:Norma
Regia Armando Nannuzzi
Sceneggiatura Hadrian Bolseni, Ugo Moretti
Produttore Alfredo Leone
Casa di produzione Leone International
Musiche Riz Ortolani
Trucco Giancarlo De Leonardis
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Per amare Ofelia
Orlando è un giovane imprenditore, ricco ma imbranato.
I suoi problemi, sopratutto con l’altro sesso, nascono principalmente dal forte complesso edipico che l’uomo prova nei confronti della matrigna,la splendida Federica.
L’uomo arriva anche a spiarla, a registrarla, mentre il suo complesso poco alla volta gli impedisce qualsiasi contatto con le donne.
Casualmente, Orlando incontra una prostituta, Ofelia, ignorando però la professione della stessa.
La quale finisce per essere attratta da quel giovane timido e così distante dal mondo in cui vive.
Dopo aver tentato inutilmente di sedurlo in una roulotte presa in prestito e circondata dalle sue colleghe, Ofelia chiede aiuto ad una suora, che come unico consiglio la invita a comportarsi naturalmente, quindi da prostituta;Ofelia accetterà anche di ricalcare i panni di Federica, arrivando a vestirsi come lei, in un assurdo gioco di trasformazione che lascerà entrambi inappagati.
Renato Pozzetto e Francoise Fabian
La situazione si sbloccherà quando Orlando scoprirà che in realtà Federica non è sua madre, il che avviene durante un suo tentativo di cuicidio.Inavvertitamente ascolterà due servitori accennare al passato burrascoso del padre . Dopo un rapporto con quest’ultima, Orlando guarirà e sarà libero di amare Ofelia.
Girato da Flavio Mogherini nel 1974, Per amare Ofelia rappresenta l’esordio cinematografico di Renato Pozzetto, lanciato dalla Tv con il programma Il poeta e il contadino, uno dei primi esperimenti di comicità surreale proposta dalla tv di stato.
Un esordio decisamente interessante, quello di Pozzetto, che in seguito avrebbe replicato all’infinito il ruolo del milanese un pò bamba e un tantino imbranato, trasformandosi in una macchietta salvo rare eccezioni rappresentate da film particolari come Oh Serafina o Paolo Barca maestro elementare.
Il film di Mogherini è discreto, ma nulla più; la storia, incentrata sul rapporto al limite dell’incestuoso tra la affascinante Federica e il succube Orlando è molto fragile per poter reggere tutto il film.
Che difatti vive sul difficile rapporto che si stabilirà tra l’uomo e la prostituta Ofelia, interpretata dalla bella Giovanna Ralli, protagonista anche di una breve ma memorabile sequenza di nudo in cui mette in mostra un profilo mozzafiato, nonostante in questo film l’attrice abbia quasi 40 anni.
Tenendo conto che la Fabian nel 1974 aveva solo 4 anni in più della Ralli, appare chiaro come Mogherini abbia lavorato sul cast più con i nomi che con la logica.
La Ralli appare molto più matura dell’imberbe Pozzetto, il che crea problemi di credibilità alla pellicola stessa.
Che vive anche molti momenti di stanca, sopratutto nella parte centrale.
Il cast è assortito, è include anche l’ex povero ma bello Maurizio Arena nel ruolo di Spartaco Cesaroni, strana figura a metà strada tra il pappone e l’opportunista, la splendida Orchidea De Santis in versione assolutamente non credibile di mignottone da 10.000 lire, come chiesto ad un casuale cliente incontrato nella zona i cui esercita.
Renato Pozzetto e Francoise Fabian
Piccolo ruolo anche per Didi Perego, la saggia suora che consiglia Ofelia; ma il ruolo principale, quello della conturbante Federica, sogno proibito di Orlando è affidato ad una splendida e sexy Francoise Fabian, al massimo dello splendore.
Con una matrigna così, il complesso d’ Edipo è quasi obbligatorio…
Un film senza grossi spunti, che pure riscosse un lusinghiero successo di critica all’epoca della sua uscita.
A piacere fu sopratutto la mancanza della tipica trivialità che infestava le sceneggiature della commedia all’italiana, così come nel film manca essenzialmente la componente erotica.
Difatti, a parte la brevissima sequenza del nudo della Ralli, il film mantiene una sua sobrietà cercando di attrarre l’attenzione più con i dialoghi che con l’espediente abusato del nudo femminile.
Se il risultato, a mio parere, non è completamente convincente, è per il tentativo, abbastanza velleitario da parte di Mogherini, di ammantare il film di una velata critica al mondo romano dell’alta imprenditoria e quindi della borghesia dei parvenue.
Manca lo spirito corrosivo, o forse è una scelta, chissà; in questo caso però la trama scade ancor più di qualità, limitandosi ad un banale rapporto al limite dell’incesto fra madre e figlio.
Un film non particolarmente interessante,, tuttavia apprezzabile per la sua discreta eleganza.
Per amare Ofelia, un film di Flavio Mogherini. Con Renato Pozzetto, Françoise Fabian, Orchidea De Santis, Maurizio Arena,Didi Perego, Giovanna Ralli, Georges Rigaud, Lorenzo Piani, Carla Mancini, Jean Rougeul, Francisco Pierra, Luciano Bonanni
Commedia, durata 110 min. – Italia 1974.
Giovanna Ralli … Ofelia Ceciaretti
Renato Pozzetto … Orlando Aliverti Mannetti
Françoise Fabian … Federica, la sua matrigna
Maurizio Arena … Spartaco Cesaroni
Didi Perego … Suora
Alberto de Mendoza … Piero Criscione
Orchidea de Santis … Trieste, la prostituta
George Rigaud … Nane, il domestico
Rossana Di Lorenzo … Iris, la prostitua grassa
Jean Rougeul … Santini
Luciano Bonanni … Cliente di Iris
Carla Mancini … Celeste
Regia: Flavio Mogherini
Soggetto: Tito Carpi, Gianfranco Clerici, Tulio Demicheli, Jorge Krimer, Flavio Mogherini
Sceneggiatura Laure Bonin, Tulio Demicheli, Flavio Mogherini, Giorgio Salvioni
Produttore Giorgio Salvioni
Fotografia Carlo Carlini, Manuel Merino
Montaggio Adriano Tagliavia
Musiche Jacopo Fiastri, Riz Ortolani, German Weiss
Scenografia Adolfo Cofino, Daniele Mogherini
Sotto “il buon film”, a causa di lentezze narrative che ho trovato anche in altri di Mogherini e di un finale piuttosto sbrigativo (a livello di soluzioni, se non a livello temporale, a conferma di quanto detto pocanzi), ma di importanza fondamentale per l’immissione di una vena umoristica rivoluzionaria per il cinema italiano, “ventata di novità (…) di un personaggio nuovo agli autori in cerca di idee” (Kezich). Pozzetto spesso adorabile, Ralli splendida, Arena (ben doppiato da Amendola) efficace, sobrio De Mendoza, fastidiosa la Perego.
L’esordio di Pozzetto probabilmente è invecchiato male; o forse era già irrisolto all’epoca della sua uscita, chissà. Resta il fatto che il tema del complesso di Edipo non è certo il più adatto per valorizzare il suo umorismo, e tolte un paio di scene non si ride né si sorride mai. Anche il montaggio mi è sembrato mal realizzato, con vari stacchi un po’ troppo bruschi… insomma dimenticabile.
Bella di giorno
Sono giovani e belli; lui, Pierre, è un affermato chirurgo innamorato del suo lavoro, lei Severine, è una donna elegante, affascinante. Pierre dedica troppo tempo al lavoro, così Severine inizia a fantasticare strani rapporti sadomasochistici. Un giorno capita per caso davanti alla casa di madame Anais, una maitresse che gestisce una casa d’appuntamenti. Severine, attratta inspiegabilmente da quel mondo così lontano dalla sua vita ordinaria, conosce Anais, ed entra a lavorare come squillo all’interno della casa.
Jean Sorel e Catherine Deneuve
Non ha bisogno di soldi, Severine; ma sembra in preda ad un autolesionistico bisogno di punirsi, così come sembra attratta dalla morbosità di quella che diventa ben presto una doppia vita. Bella di giorno, moglie affettuosa e compagna la sera e la notte. Un giorno però le cose cambiano; all’interno della casa d’ appuntamenti Severine conosce Marcel, un bel giovane dal passato e dal presente burrascoso. L’uomo si innamora di lei, e dopo aver appreso che la donna è sposata, cerca di convincerla ad andare a vivere con lui.
Ma Severine, in fondo, è attratta solo da quell’esperienza assolutamente anticonformista, e rifiuta le avance dell’uomo. Messa alle strette, decide di lasciare per sempre la casa di Madame Anais, Marcel non accetta le cose, e progetta ed esegue un attentato contro Pierre; l’uomo rimane gravemente ferito e menomato, mentre Marcel viene ucciso in uno scontro a fuoco. Sarà un amico di Pierre a rivelare a quest’ultimo la verità sulla moglie, dopo averla incontrata a casa di madame Anais. Luis Bunuel gira nel 1967 questo film incentrato sulla doppia personalità e sulla doppia vita di Severine, una donna all’apparenza frigida, e che si trasforma improvvisamente in una prostituta in un impeto di annullamento della propria personalità.
Usando i suoi grandi mezzi cinematografici, la sua capacità di scandagliare l’animo umano quasi fosse uno psicanalista e di saper poi proporre in immagini il risultato del suo lavoro, Bunuel elabora splendidamente un film sospeso a tratti tra il reale e l’immaginario, anche se non si addentra nelle motivazioni del comportamento della donna, lasciando evidentemente allo spettatore il compito di analizzare e metabolizzare il tutto. Grazie alla maiuscola prova della Deneuve, che sembra una vergine di ferro nella vita famigliare, mentre si trasforma in un essere ambiguo quando è nella casa d’appuntamenti , il film che come tutte le opere di Bunuel è estremamente descrittivo, scivola congruamente verso il finale, in parte inaspettato.
Ottime le prove di Francisco Rabal, Michel Piccoli, Geneviève Page, Georges Marchal,Jean Sorel, Pierre Clémenti, Françoise Fabian. Da segnalare sopratutto Jean Sorel nel ruolo di Pierre e il bello e dannato della situazione, Pierre Clementi. Premiato con il Leone d’oro a Venezia, circolò in versione edulcorata,priva della sequenza fondamentale in cui Severine rifiuta di fare la prima comunione, scena che avrebbe permesso agli spettatori di alzare un velo sulle motivazioni del comportamento della donna.
Il film è disponibile in una splendida versione digitale su You tube,all’indirizzo: http://www.youtube.com/watch?v=4TaRWJKs148
Bella di giorno, un film di Luis Buñuel. Con Catherine Deneuve, Francisco Rabal, Michel Piccoli, Geneviève Page, Georges Marchal.Jean Sorel, Pierre Clémenti, Françoise Fabian Titolo originale Belle de jour. Drammatico, durata 100 (105) min. – Francia 1967.
Catherine Deneuve: Severine Serizy / Bella di giorno
Jean Sorel: Pierre Serizy
Michel Piccoli: Henri Husson
Genevieve Page: Madame Anais
Pierre Clementi: Marcel
Françoise Fabian: Charlotte
Macha Méril: Renee
Francisco Rabal: Ippolito
Francis Blanche: sig. Adolphe
Regia: Luis Buñuel
Soggetto: Joseph Kessel
Sceneggiatura: Luis Buñuel, Jean-Claude Carrière
Fotografia: Sacha Vierny
Montaggio: Louisette Hautecoeur
Scenografia: Robert Clavel
Gabriella Genta: Severine Serizy / Bella di giorno
Luciano Melani: Pierre Serizy
Roberto Villa: Henri Husson
Adriana De Roberto: Madame Anais
Emilio Cigoli: Ippolito
Sandro Merli: sig. Adolphe
L’opinione del Morandini
Moglie masochista e frigida di un medico parigino, Séverine si prostituisce dalle 14 alle 17 in una casa di appuntamenti, spinta da un ambiguo senso di colpa e da un’ansia di espiazione che non riuscirà a realizzare. Da un mediocre romanzo (1929) di Joseph Kessel, sceneggiato con J.-C. Carrière, Buñuel ha tratto un film soltanto esteriormente “rosa” ed elegante, di struttura binaria, basato sulla doppia personalità della protagonista, la continua oscillazione (e confusione) tra realtà e sogno, il binomio Sade/Freud e quello sessualità/cattolicesimo. Lo governano una geniale ironia e la leggerezza del tocco. Dall’edizione italiana la censura ha tolto 3 brevi scene tra le quali l’importante flashback su Séverine bambina che rifiuta di fare la Prima Comunione. Fotografia di Sacha Vierny. Leone d’oro a Venezia 1967.AUTORE LETTERARIO: Joseph Kessel
L’opinione di Undjing dal sito http://www.davinotti.com
Ispirato ad un romanzo redatto nel 1929 da Joseph Kessel, il film di Buñuel supera di gran lunga il modello di partenza grazie alle sfumature psicologiche d’una protagonista dalla duplice personalità (sublimata dalla dicotomia Sade/Freud): la brava (e bella ma non occorre aggiungerlo) Catherine Deneuve nei panni di Séverine ci induce in uno stato di pietosa compassione; prima masochista, poi spinta da rimorso e senso d’espiazione (che non potrà raggiungere) afflitta da sensi di colpa ed ansia. Girato con garbo, in esatto contrasto di contenuto.
L’opinione di Alessandra Verdino dal sito http://www.mymovies.it
E’ uno dei film che preferisco. La giovane Sévérine, sposata e frigida (perché il marito non sa sbloccarla?) per vincere i suoi complessi di natura sessuale è costretta a recarsi quotidianamente in una casa di appuntamenti di Parigi. A parte l’immensa bravura del regista Luis Bunuel, che gioca sull’alternanza realtà/sogno, ritengo che questo film sia una pietra miliare per comprendere a fondo le donne. In fondo, tutte noi desideriamo staccarci da un’esistenza grigia, e volare via, e avere l’amore di molti uomini. Freud diceva che la nevrosi è causata dal sesso, da come si vede il sesso da bambini e come questo istinto è cresciuto con noi. Ecco una bellissima storia di una nevrosi femminile, causata da un problema sessuale, naturalmente. Come ho già detto, perchè il marito non riesce a sbloccarla? E’ troppo per benino, mentre Sévérine sogna veramente il sesso, che è sì donazione di se stessi, ma che è un istinto a cui non si può e non si deve assolutamente rinunciare. Per questo si ammala, si abbruttisce, desiderando davvero abbruttirsi, coltivando fantasie sado-masochistiche, e gettandosi tra le braccia di chi capita. In fondo, Sévérine vuole solo sentirsi una donna, e sentirsi quindi desiderata ed anche posseduta. Coltiva il sogno, e lo fa diventare realtà, di andare con molti uomini. Lei vuole solo essere amata – ma amata da donna/amante, non da dolce bambolina. Catherine Deneuve, con la sua bellezza eterea, sofisticata ed apparentemente irraggiungibile, è perfetta per questo ruolo. Quest’immagine presupponeva una donna apparentemente morigerata, ma capace di veramente di scatenarsi con gli uomini. Mai scelta è stata tanto azzeccata. Rappresenta bene un certo tipo di donna, e, secondo Freud, come tutte le donne, in fondo, sognano di essere.
L’opinione di Steno79 dal sito http://www.filmtv.it
Il più grande successo commerciale di Bunuel fu questo “Bella di giorno”, inquietante esplorazione dei fantasmi masochisti di una giovane moglie borghese apparentemente candida e virginale, interpretata con sorprendente aderenza e notevole precisione compositiva dalla giovane e ancor bellissima Catherine Deneuve. Affiancato dallo sceneggiatore Jean-Claude Carrière, Bunuel realizza il film con uno stile apparentemente classico, ma in realtà aperto alle suggestioni moderniste, poichè giustappone in una maniera pressochè “invisibile” scene realiste e sequenze oniriche, lasciando sempre trasparire un certo margine di ambiguità dalle immagini. E’ l’adattamento di un romanzo scritto negli anni Trenta da Joseph Kessel, con riferimenti neanche tanto velati alle opere del Marchese de Sade, e con un potere di suggestione “erotica” che spesso deriva da certe allusioni che non vengono mai del tutto chiarite (ad esempio, la misteriosa scatola del cinese), senza mai cadere nei compiacimenti e nelle volgarità di cui abuseranno tanti imitatori dello stile di Bunuel. Opera audace per i tempi in cui fu realizzata, mantiene una perfetta vedibilità a tanti anni di distanza e molto del merito è da attribuire all’affascinante protagonista, ben affiancata da Jean Sorel, Michel Piccoli e Pierre Clementi.
L’opinione del sito http://www.riflessocinefilo.blogspot.it
(…) L’oscillazione tra il sogno e la realtà, l’ordinario e lo straordinario che si fondono assieme fino a confondersi.
Che Bella di Giorno sia un film interessante e dalle molteplici sfaccettature non c’è ombra di dubbio, guardandolo però la cosa che più ha intrigato è stata la simbologia. Il fatto che la maggior parte degli elementi siano predisposti con la sapienza di un gran maestro del surrealismo, capace di mostrare il significato recondito dello spirito umano attraverso oggetti che potrebbero sembrare banali. Ogni simbolo ha evocato significati che hanno a loro volta mostrato sentimenti, schiudendo un labirintico mondo onirico nel quale non si finisce mai di trovare e scoprire.
Séverine (Catherine Deneuve) è una donna insoddisfatta che gli eventi e la banalità della vita borghese hanno reso frigida e distaccata. Nell’estremo tentativo di ritrovare se stessa finirà per prostituirsi e diventerà così Bella di Giorno.
La storia oscilla tra i due mondi, quello onirico della fantasia e del desiderio e quello della realtà, del vivere quotidiano. Buñuel rappresenta così un elemento basilare del surrealismo, quello del sogno inteso come momento di liberazione dove l’essere umano esprime il suo istinto reale, diventando allo stesso tempo luogo di rifugio contrapposto al mondo. Séverine prostituendosi da vita reale ai suoi sogni e attraverso questo comportamento considerato immorale e corrotto cercherà in una sorta di analisi di ritrovare se stessa. La casa di madame Anaïs diventa così una specie di limbo tra il reale e l’irreale. (…)