Carrie, lo sguardo di Satana
l film tratti dai romanzi di Stephen King, salvo rare eccezioni, hanno spesso deluso le aspettative, rivelandosi come prodotti dozzinali, spesso male interpretati e basati solo sul tentativo di strappare qualche gemito di orrore dagli spettatori.
Carrie, lo sguardo di Satana, non appartiene a questo filone, e rappresenta una vera chicca per gli amanti dell’horror para pscicologico.
De Palma basa tutto il suo film sulla tensione, palpabile in ogni singolo fotogramma, non disdegnando i canoni e gli stereotipi del genere; la storia di Carrie White, timida adolescente complessata sia da una presunta bruttezza, sia dall’invadenza di una mamma psicopatica, che l’ha educata in base alle sue assurde teorie religiose, si snoda attraverso un percorso che sembra stabilito sin dall’inizio.
Timida, imbranata, Carrie diventa la vittima degli scherzi feroci dei suoi compagni di scuola, che culminano nell’episodio, raccontato visivamente in maniera allucinata da De Palma, del primo ciclo mestruale di Carrie, colta impreparata davanti ad una delle tappe obbligate sul percorso per diventare donna.
Sarà Sue, l’unica ragazza a nutrire una qualche pietà per lei, a cercare di tirarla su, facendola invitare dal suo ragazzo,Tommy, alla festa con ballo per la fine del corso. Una festa in cui la timida e impacciata Carrie si trasforma da brutto anatroccolo a cigno, finendo per diventare, con il suo cavaliere in prestito, la reginetta della festa stessa. Ma è in agguato un’atroce beffa. Una delle compagne di Carrie, quella che più la derideva,le versa addosso durante la premiazione un secchio di sangue di maiale. Il fragile equilibrio di Carrie va in pezzi; la ragazza, che è dotata di enormi poteri telecinetici, spranga tutte le uscite e da quel momento scatena la sua furia latente sui presenti.
Dal preside alle compagne, tutti finiscono travolti dalla furia omicida di Carrie, che siano innocenti i colpevoli. E dopo la punizione terribile riservata ai compagni, Carrie uccide anche la madre, finendo però per perire durante il crollo della casa, seguito all’incendio che la distrugge. Sarà solo Sue a salvarsi con un colpo di scena geniale, alla fine, che spiazza gli spettatori.
Carrie è un gran film, in cui si mescolano con sapienza gli ingredienti di vari generi, in un’alchimia che De Palma raggiungerà solo poche volte durante la sua carriera. Grandissima Sissy Spacek, nel ruolo di Carrie, così come brava è Amy Irving. Nel film c’è un giovanissimo John Travolta.
Carrie – Lo sguardo di Satana,un film di Brian De Palma. Con Amy Irving, Sissy Spacek, Piper Laurie, John Travolta, William Katt, Betty Buckley
Titolo originale Carrie. Drammatico, durata 98 min. – USA 1976.
Sissy Spacek: Carrie White
Piper Laurie: Margaret White
Amy Irving: Sue Snell
William Katt: Tommy Ross
Betty Buckley: Miss Collins
Nancy Allen: Chris Hargensen
John Travolta: Billy Nolan
P.J. Soles: Norma Watson
Priscilla Pointer: Mrs. Snell
Sidney Lassick: Mr. Fromm
Regia Brian De Palma
Soggetto Stephen King
Sceneggiatura Lawrence D. Cohen
Produttore Brian De Palma, Paul Monash
Fotografia Mario Tosi
Montaggio Paul Hirsch
Effetti speciali Greg Auer, Ken Pepiot
Musiche Pino Donaggio
Scenografia Robert Gould
La settima donna
La vita di un gruppo di ragazze, di una donna di servizio e di una suora, intente a provare la recitazione di un testo di Shakespeare per la recita di fine anno,tranquilla e pacifica, viene brutalmente sconvolta dall’arrivo di tre spietati banditi, schakal, come li chiamerà la versione tedesca del film;
i tre delinquenti, reduci da una sanguinosa rapina in banca, come primo atto di violenza massacrano la donna di servizio con un ferro da stiro. Subito dopo iniziano a torturare sia psicologicamente che fisicamente il gruppo di ragazze.
Florinda Bolkan è Suor Cristina
In due violentano contemporaneamente una di esse, mentre uno dei banditi è truccato vistosamente da donna. La ragazza farà una brutta fine, verrà impalata senza pietà.
Poi tocca a suor Cristina subire l’oltraggio della violenza carnale. Un’altra ragazza viene brutalmente violentata, e il suo carnefice, l’indomani, al rifiuto della ragazza di portargli un fumetto, la colpisce al volto senza pietà con una pedata. Le efferatezze continuano, mentre suor Cristina e le ragazze superstiti, terrorizzate, subiscono.
Ma la violenza subita provoca la reazione della religiosa, che, sciogliendo i suoi voti, dapprima avvelena uno dei banditi, uccide l’altro con la pistola e dopo un drammatico confronto, riesce a far cadere in trappola l’ultimo superstite e lo abbandona alla violenza delle ragazze, che lo uccidono a bastonate.
La settima donna, conosciuto in America come Terror venne girato da Franco Prosperi nel 1978, con una splendida e intensa Florinda Bolkan nel ruolo di suor Cristina. Un film che si discosta dalla produzione horror thriller non solo per la trama, ma per la sobrietà della recitazione e per l’intensità della violenza utilizzata, che però non sfocia mai nell’esagerazione. Belle le musiche e la fotografia, per un film sicuramente da riscoprire.
La settima donna, un film di Franco Prosperi, con Florinda Bolkan, Ray Lovelock, Flavio Andreini, Laura Trotter,Sherry Buchanan
Giallo, durata 93 min. – Italia 1978.
Florinda Bolkan … Suor Cristina
Ray Lovelock … Aldo
Flavio Andreini … Walter
Sherry Buchanan Lisa
Stefano Cedrati … Nino
Laura Tanziani
Laura Trotter
Karina Verlier
Luisa Maneri … Matilde
Regia di : Franco Prosperi
Sceneggiatura: Ettore Sanzò
Screenplay: Romano Migliorini,Gianbattista Mussetto
Produzione: Pino Buricchi .
Musiche: Roberto Pregadio
Film editing: Francesco Malvestito
Costumi: Dario Micheli
Citazioni:
“Meglio una ragazza violentata che una vergine morta“
“Io le conosco quelle come te: moquette, doppi servizi, marito con l’ulcera, figli programmati… Credo che quando tutto questo sarà finito mi rimpiangerai“
La perdita dell’innocenza
The loss of sexual innocence, titolo originale dell’opera di Mike Figgis, racconta le tappe della vita di un uomo attraverso quattro parti della sua esistenza, intervallandola con uno spezzone di pellicola che avvicina la sua vita alla cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso terrestre, una sorta di allegoria dell’esistenza dell’uomo.
La vita è quella di Nic, dapprima bambino, in rapporto conflittuale con il genitore, sopratutto quando il bambino cerca di avere delle amicizie principalmente femminili. Cresce quindi con questo tabù verso il sesso femminile, e anche dopo la morte del genitore, continua ad avere grossi problemi relazionali; sceglie di dedicarsi al cinema, diventa un regista di fama, incontra una donna e si sposa, coinvolgendo la donna in viaggi in giro per il mondo.
Ma sarà in Africa che la sua vita e quella della compagna prenderanno una strada drammatica.
Il film è chiaramente autobiografico, e risente sia della cultura che della formazione musicale di Figgis, simboleggiata dalle musiche di Chopin e Beethoven, o in riprese cinematografiche in cui il tributo ad alcuni grandi del passato è evidente.
Un film a volte confuso, a tratti visionario, con la parentesi di Adamo (nero) ed Eva (bianca), che si toccano, si annusano, mentre Eva orina in un’acqua limacciosa e francamente poco invitante.o, proprio per la frammentarietà delle immagini, e sopratutto per alcune scene a volte ridicole. Bravo Sand, molto bella Saffron Burrow
La perdita dell’innocenza,di Mike Figgis,con Julian Sands,Saffron Burrows,Stefano Dionisi,Kelly Macdonald,Jonathan Rhys Meyers-Titolo originale The Loss of Sexual Innocence. Drammatico, durata 106 min. – Gran Bretagna, USA 1999.
Julian Sands … Nic Adulto
Saffron Burrows …La sorella italiana/inglese
Stefano Dionisi … Luca
Kelly Macdonald … Susan
Gina McKee … Madre di Susan
Jonathan Rhys Meyers … Nic a 16 anni
Bernard Hill … Padre di Susan
Rossy de Palma … Donna cieca
John Cowey … Nic a 5 anni
Dickson Osa-Omorogbe … Wangi
Jock Cowl Gibson …Vecchio colonialista
Regia: Mike Figgis
Sceneggiatura:Mike Figgis
Produzione: Mike Figgis,Barney Reisz,Annie Stewart,Patrick Wachsberger
Musiche originali:Mike Figgis
Fotografia:Benoît Delhomme
Montaggio:Matthew Wood
Costumi:Firenze Nicaise
Nell’anno del signore
Siamo nella Roma papalina, nella prima parte del 1800; il cardinale Rivarola (Ugo Tognazzi), con l’ausilio del colonnello Nardoni (Enrico Maria Salerno), delegato all’ordine pubblico, dirige con pugno di ferro la città.
Enrico Maria Salerno, il Cap. Nardoni
Nino Manfredi è Cornacchia
Ma c’è malcontento tra la gente, e il malcontento si esprime sopratutto tra i liberali, insofferenti al regime imposto dal papa re; il ciabattino Cornacchia (Nino Manfredi), un cinico e intelligente popolano, scopre che don Spada ha deciso di tradire la causa carbonara, e informa il chirurgo Montanari e il giovane Targhini dell’accaduto.
Cornacchia si trasforma in Pasquino
I due così feriscono mortalmente lo Spada, e delle indagini si occupa il disilluso Nardoni. Nel frattempo Giuditta, una giovane e bellissima ebrea (Claudia Cardinale), che vive in casa di Cornacchia ma è innamorata di Montanari, cerca disperatamente di far scappare l’amato.
A sinistra, Robert Hossein è il dottor Montanari
I due vengono arrestati dal colonnello, condotti davanti al ferito e riconosciuti autori dell’attentato. Ne segue un processo farsa, senza alcuna difesa, in seguito al quale i due uomini vengono mandati a morte. Giuditta, sconvolta, accusa Cornacchia di essere un cinico osservatore,che assiste impassibile anche agli unici tentativi di ridare libertà ad un popolo ormai disilluso e privo di reazioni.
Cornacchia rivela alla donna la verità; dietro la sua figura di umile ciabattino, si nasconde nientemeno che Pasquino, l’autore di libelli più temuto dal clero, che usa la penna per sferzare una classe clericale impegnata troppo nel potere temporale e troppo poco in quello spirituale. Nel frattempo a consolare i due condannati a morte viene inviato un umile prete, innamorato della sua fede e della sua missione, che cerca di convincere i due ad accettare i sacramenti religiosi;
Ugo Tognazzi, sua eminenza Rivarola
il frate ( uno strepitoso Alberto Sordi) perorerà la salvezza dei due presso il cardinale Rivarola, ma inutilmente. Ne ricaverà una lezione di cinismo abietto, che mostra il senso di decadenza raggiunto dalla chiesa. Per salvare la vita ai due e per amore di Giuditta, Cornacchia arriva a proporre al cardinale Rivarola la consegna di Pasquino in cambio della vita dei due patrioti, inutilmente.
Il cinico cardinale si appresta a far arrestare il ciabattino, che, prudentemente, si rifugia in un convento, chiedendo asilo. I due patrioti salgono così sul patibolo, con Montanari che, scuro e triste, pronuncia davanti a mastro Titta, il famoso boia di Roma, le parole :”buonanotte,popolo”
Nell’anno del signore, aldilà delle sue battute, è un amaro resoconto di un’epoca buia, quella del potere temporale della chiesa, che costituì una delle vergogne della Roma del XVIII secolo; amaro,cinico e crudele come i suoi protagonisti, preda delle loro passioni e vittime, pertanto delle loro scelte. Luigi Magni girò, nel 1969, questo splendido affresco di un’epoca, con un cast stellare;Alberto Sordi, Ugo Tognazzi, Claudia Cardinale, Enrico Maria Salerno, Pippo Franco, Robert Hossein, uno splendido e cinico Nino Manfredi, Britt Ekland, sono gli splendidi interpreti di una delle commedie satiriche più belle del cinema italiano. il film divenne campione di incassi e fu il più visto di quell’anno.
Nell’anno del signore, un film di Luigi Magni. Con Nino Manfredi, Claudia Cardinale, Ugo Tognazzi, Alberto Sordi, Robert Hossein,Enrico Maria Salerno Marco Tulli, Emilio Marchesini, Stefano Oppedisano, Pippo Franco, Britt Ekland, Stelvio Rosi, Renaud Verley. Genere Commedia, colore 105 minuti. – Produzione Italia 1969.
Nino Manfredi: Cornacchia/Pasquino
Enrico Maria Salerno: Cap. Nardoni
Claudia Cardinale: Giuditta Di Castro
Robert Hossein: Leonida Montanari
Renaud Verley: Angelo Targhini
Ugo Tognazzi: Card. Rivarola
Alberto Sordi: Frate
Britt Ekland: Principessa Spada
Pippo Franco: Allievo di Pasquino
Fotografia: Silvano Ippoliti
Montaggio: Ruggero Mastroianni
Musiche: Armando Trovajoli
Scenografia: Carlo Egidi, Joseph Hurley
Popolo,sei na’ monnezza (Alberto Sordi)
“Ci sei stata a letto? (Cornacchia); “No, per terra”(Giuditta)
“Ti dirà una cosa che al mondo non sa nessuno:secondo me questi giudei sono esseri umani quasi come noi ” (Il cardinale Rivarola)
È il cuore il flagello dei popoli. Se vuoi essere un uomo strappati il cuore dal petto e buttalo lì dove sguazzano le vacche. (Cornacchia)
Li morti pesano. E morti così, senza delitto, con na burla de processo, pesano più peggio, e col tempo diventano la cattiva coscienza del padrone. (Cornacchia)
La bella che guarda il mare | lalala lalala lalala | ha un nome che fa paura | libertà libertà libertà. (Leonida Montanari)
Noi siamo sempre dalla parte giusta. (Rivarola) Pure quando sbagliamo? (Il frate) Soprattutto quando sbagliamo. (Rivarola)
“Cornacchia noi vogliamo solo la libertà.. e anche tu la vuoi..”(Montanari) “Io?… me premen’cappio della libertà.. a che me serve? io quando è giorno m’arzo, quando è ora de magnà me metto a sede, e quando è scuro me ne vado a letto.. io ho il precetto pasquale obbligatorio.. nun bevo, nun betemmio, nun rompo li cojoni…. e voglio bene a una donna che vuò bene a n’artro…. faccio la rivoluzione? io me sputerebben’faccia da me.. eccolo..” (Cornacchia)
Claudia Cardinale
Alberto Sordi
Enrico Maria Salerno
Nino Manfredi
Ugo Tognazzi
Un breve cenno storico sulla figura di Pasquino
Anche una statua può parlare.
Può farlo per secoli,e diventare portavoce di denunce e satira,di sonetti e composizioni alle volte blasfeme,ma assolutamente irresistibili.
Pasquino è la statua che più di tutte ha rappresentato nel corso dei secoli,l’anima più autenticamente goliardica e sarcastica della popolazione romana.
Una statua di età ellenistica,forse del III A.C.,danneggiata e mutilata nel corso dei secoli;eppure sempre li,sin dal giorno del suo ritrovamento,nel 1501,nei pressi di piazza Navona.
Una statua che ha finito per identificarsi anche con la piazza dove,da 5 secoli,sfida le intemperie,piazza Parione,oggi chiamata Piazza di Pasquino.
Perché venne chiamata Pasquino?
Possediamo solo leggende,sull’origine del suo nome.
Secondo alcuni era un calzolaio,divenuto famoso per i suoi versi satirici;secondo altri un taverniere,secondo altri ancora un docente con quel nome,a cui gli studenti,ravvisando una somiglianza con la statua,avevano finito per ribattezzarla goliardicamente.
La statua divenne immediatamente famosa perché qualcuno,con spirito burlesco,lasciò un’epigramma canzonatorio verso un nobile.
Da allora si diffuse l’abitudine di affiggere cartelli,sonetti,poesie in rime,accuse e denunce ai suoi piedi.
I più colpiti erano i prelati,bersaglio della popolazione e degli scrittori si sonetti;ben presto diventarono così numerosi che si moltiplicarono anche i luoghi di esposizione,e nacquero altre statue parlanti.
Ma Pasquino restò la più famosa;si prendevano in giro i papi e i cardinali,si sbeffeggiava la nobiltà e i personaggi famosi.
Celebre rimase la frase “Quod non fecerunt barbari fecerunt Barberini”,ovvero quello che non fecero i barbari fecero i Barberini,con chiaro riferimento a papa Urbano VIII,della famiglia Barberini,che aveva fatto asportare i rilievi bronzei del Pantheon per permettere a Bernini la costruzione dell’orrido baldacchino di San Pietro.
Ben presto le pasquinate divennero così pungenti da allarmare sia la santa sede che i suoi notabili;l’esercizio della satira,soprattutto ben dettagliata,con evidente intervento di qualcuno che detestava un suo collega e che riportava pettegolezzi destinati a restare nell’ombra del vaticano,finì per diventare imbarazzante per tutti.
Clamoroso l’episodio di Clemente VII,che morì dopo una lunga malattia;un papa malvisto,tant’è vero che al collo di Pasquino comparve un eloquente ecce qui tollit peccata mundi (ecco colui che toglie i peccati del mondo).,riferito evidentemente al medico che lo ebbe in cura,e che lo curò male,ma che fece,chiaramente,un piacere alla popolazione.
A qualcuno,come Adriano VI,i motti di spirito non andarono giù:definito lingua marcia dai romani,cercò di vendicarsi facendo gettare la statua,cosa che per fortuna non avvenne.
I suoi consiglieri,sicuri che la cosa avrebbe comportato una sollevazione popolare,riuscirono a distorglielo,e Pasquino restò al suo posto.
Ben presto però le pasquinate divennero così insolenti che si rese necessario un intervento del papato,che decise di comminare pene severe a chi avesse contribuito ad appendere al collo della statua qualsiasi scritto di natura satirica.
Cosa che ottenne un risultato assolutamente modesto;gli autori dei versi si moltiplicarono a dismisura,nonostante alcuni di loro,presi in fragrante,fossero stati puniti severamente.
La nascita dei sonetti satirici,tra cui i più famosi divennero quelli del Belli e la contemporanea fine del potere temporale del papato,coinciso con l’unità d’Italia,smorzarono il fenomeno.
Pasquino parlò sicuramente di meno,ma sempre con la sua lingua velenosa e tagliente.
Se ne accorse anche il Duce,quando fece rimettere a nuovo Roma per la venuta del Fuhrer.
Al collo di Pasquino comparve un eloquente:
“Povera Roma mia de travertino!T’hanno vestita tutta de cartone pè fatte rimirà da ‘n’imbianchino…”
Dal blog www.paultemplar.wordpress.com
Les valseuses
Les valseuses è un film provocatorio fin dal titolo, che potremmo tradurre come I testicoli; che sono rappresentati nel film da Jean Claude e Pierrot, due giovani anarchici non per ideologia, ma semplicemente perchè sono alla ricerca di qualcosa che intuiscono confusamente;
Gerard Depardieu e Patrick Dewaere
una sorta di libertà anarcoide fatta di sesso, di trasgressione delle regole, di furti, stupri e voglia selvaggia di sfuggire alla società. Ma in loro non c’è consapevolezza del ruolo che hanno, quanto piuttosto un desiderio selvaggio di raggiungere il proibito attraverso la via più semplice, che passa dal piacere sessuale, tra l’altro quasi mai raggiunto, alla sfida alle convenzioni.
I due, dopo aver tentato di rubare un auto, si imbarcano in un viaggio senza meta attraverso la Francia, nel corso del quale si imbattono in Marie Ange, una giovane sessualmente inespressa, che nonostante sia trattata da loro come un oggetto, li seguirà per un pò nel loro vagabondaggio, nella speranza di raggiungere il piacere sessuale.
Non mancano, nel film, scene sgradevoli, come lo stupro consensuale di una giovane adolescente, Jaqueline, interpretata da una giovanissima Isabelle Huppert, che simboleggia la ribellione di una ragazza della classe media. Una ribellione confusa, che passa attraverso la deludente esperienza sessuale con i tre.
Les valseuses, girato come un on the road movie, ha i pregi del film di denuncia, pur eccedendo troppo spesso e scadendo, in alcune scene, nella pochade. Blier cerca di denunciare il vuoto che è in larga parte presente nella gioventù francese (siamo nel 1974), con risultati spesso discontinui. Molto belle le interpretazioni di Patrick Dewaere e di Gerard Depardieu, a loro agio nei ruoli dei due balordi e di Miou Miou nel ruolo di Marie Ange.
Les valseuses, un film di Bernard Blier, con Gerard Depardieu, Miou Miou, Patrick Dewaere, Isabelle Huppert, Jeanne Moreau, Brigitte Fossey. Drammatico, Francia 1974
Gérard Depardieu – Jean-Claude
Patrick Dewaere – Pierrot
*Miou-Miou – Marie-Ange
Jeanne Moreau – Jeanne Pirolle
Brigitte Fossey – donna nel treno
Michel Peyrelon – il medico
Gérard Boucaron – Carnot
Jacques Chailleux – Jacques Pirolle
Eva Damien – moglie del medico
Dominique Davray – Ursula
Isabelle Huppert – Jacqueline
Marco Perrin – ispettore del supermercato
Jacques Rispal – Maton
Claude Vergues – Merian
Bruno Boëglin
Betty blue
Una storia d’amore travolgente, ossessiva, che sfocerà in un dramma finale; è quella che nasce tra Zorg, giovane talento di scrittore, inespresso, e Betty, una bellissima ragazza con problemi di equilibrio psichico.
La scintilla tra i due scoppia nel momento migliore, quando Zorg sta cercando disperatamente di credere in se stesso e Betty intravede in lui le sue vere qualità di scrittore.
La relazione tra i due scoppia come una tempesta: la vita di Zorg non è più la stessa, trascinata com’è nel vortice di una passione incontrollata, erotica e spinta all’estremo. Betty, convinta del genio del suo amante, si sostituisce a lui inviando alle case editrici materiale del suo amante.
Ma il fatto che i manoscritti vengano respinti aumenta il disagio psichico della ragazza, che ben presto sfocia in una patologia di follia vera e propria. Nemmeno l’amore di Zorg può bastare, e quando la ragazza, convinta di essere incinta, scoprirà che in realtà non lo è, il dramma arriverà a compimento.
Film sull’amore, sulla vita di coppia, sulla monotonia delle cose che cambiano improvvisamente con un incontro; Betty blue è un film che esagera certo le situazione, portandole al limite della rottura. Ma che esalta l’amore e la forza innovativa di Betty, ragazza senza compromessi, posseduta da una voglia di vivere sfrenata, ossessiva.
Bravissima la Dalle, a suo agio Jean-Hugues Anglade, sorretti da una buona regia e sopratutto da una sontuosa colonna sonora composta da Gabriel Yared. Film candidato all’Oscar come miglior film straniero nel 1987.
Betty Blue, un film di Jean-Jacques Beineix, con Beatrice Dalle, Jean Hugues Anglade,Gerard Damon, Consuelo De Havilland.
Jean-Hugues Anglade: Zorg
Béatrice Dalle: Betty
Gérard Darmon: Eddy
Consuelo De Haviland: Lisa
Clémentine Célarié: Annie
Jacques Mathou: Bob
Vincent Lindon: Richard
Regia Jean-Jacques Beineix
Soggetto Philippe Djian
Fotografia Jean-François Robin
Montaggio Marie-Aimée Debril, Pablo Ferro, Monique Prim
Musiche Gabriel Yared
L’opinione di Deepred 89 dal sito http://www.davinotti.com
Visionato nella versione estesa da tre ore. Prime due ore e dieci caratterizzate da leggerezza, dolcezza, ironia, talvolta con qualche eccesso macchiettistico ma perfette per entrare nel mondo dei personaggi. Parte finale che invece vira prepotentemente verso il dramma, sbilanciando un po’ l’equilibrio delle ore precedenti ma conferendo al film maggiore compiutezza. Buona regia, belle musiche, bravi attori. Nulla di sorprendente o particolarmente originale, ma piacevole a talvolta spiazzante. Un buon film.
L’opinione di Lucius dal sito http://www.davinotti.com
Film erotico/drammatico cult con molti meriti: ottima sceneggiatura, location suggestive e una coppia di attori affiatati che fanno sì che la storia prenda lo spettatore fin da subito. Un film affascinante e duro allo stesso tempo con atmosfere intriganti e musica coinvolgente. Molti momenti caldi.
L’opinione di Buiomega dal sito http://www.davinotti.com
Forse il miglior film francese – e non solo – che sia mai stato realizzato. Una delle storie d’amore più intense e struggenti mai filmate. Dalla carnalità della Dalle (qui da premio Oscar), allo score, meraviglioso, di Gabriel Yared. Indimenticabile l’inizio, con la casetta sulla spiaggia e Anglade e la Dalle che fanno l’amore in modo quasi naturale e per nulla scandaloso. Il finale è devastante, con rimandi a Qualcuno volò sul nido del cuculo, doloroso e feroce. Da antologia la pazzia crescente della Dalle. Capolavoro assoluto e necessario.