La sbandata
Salvatore Cannavone ha lavorato duramente per oltre trent’anni in America.
Ciabattino,lustrascarpe e altro,risparmiando centesimo su centesimo ha messo da parte una piccola fortuna e ha deciso di rientrare in Sicilia,spinto dalla nostalgia.
Qui l’uomo viene accolto in casa (in modo interessato) da suo fratello Raffaele,sposato con l’avvenente Rosa e padre della bella Mariuccia.
Da subito l’uomo avverte una tempesta ormonale;anni di astinenza e di desideri repressi fanno divampare in lui il desiderio di una donna.
E sotto il suo sguardo interessato non può non finire Mariuccia,che dal canto suo sembra accettare la corte di suo zio,spingendosi anzi in la, coinvolgendo il maturo uomo in un gioco fatto di provocazioni e ammiccamenti.
La ragazza intuisce il punto debole dello zio e ne incoraggia i pruriti e le fantasie;senza mai accettare esplicitamente rapporti completi,tiene l’uomo sulla graticola e ne approfitta per ricavarne regali in denaro,sotto lo sguardo assente (ma non troppo) del padre.
Dopo un po di tempo sia Raffaele che Mariuccia hanno ciò che vogliono:l’uomo una casa nuova e la ragazza soldi e corredo.
A questo punto ecco che spunta un giovane che chiede la mano della ragazza,accordata dai genitori.
Per Salvatore sembra che la beffa sia compiuta ma al contrario sarà proprio in quel momento che riuscirà ad avere finalmente la ragazza e con essa anche la bella cognata…
La sbandata è un film del 1974 diretto da Alfredo Malfatti,primo e unico film diretto in carriera dal regista.
E a vedere l’esito di questa prova,non si può certo dire che il cinema abbia perso un protagonista memorabile.In realtà,secondo quando dichiarato dalla protagonista del film,Eleonora Giorgi,la pellicola è stata diretta da Salvatore Samperi, che non volendo (e non potendo) firmare il film,si nascose dietro la figura oscura di Malfatti per dirigerla completamente.
Storia di corna,incesto e tradimenti,La sbandata è il classico film samperiano,pruriginoso e ammiccante,nello stile tipico del regista di Malizia,ben lontano qui dal risultato della commedia che aveva visto come protagonista la splendida Laura Antonelli.
Il film è banale e sciatto,appesantito anche dall’insopportabile figura di Domenico Modugno,che caratterizza all’eccesso la figura dell’emigrante figliol prodigo Salvatore Cannavone, affetto da evidente sindorme senile di attività ipersessuale.
Sigari a gogo,un’espressione tra il laido e il furbo alla Calandrino,Modugno imperversa per il film rendendo particolarmente odiosa la figura di Salvatore,tanto da far desiderare allo spettatore di vederlo punito e spogliato completamente dei suoi averi.
Invece finisce diversamente,e la commedia che in qualche momento aveva cercato la strada improbabile della satira,sbanda e finisce in farsa.
A ben vedere il titolo del film,La sbandata,andava applicato letteralmente,intendendo il tutto come una sbandata in corso d’opera di un prodotto della commedia sexy all’italiana,anche se in realtà di pecoreccio e voyeuristico non è che ci sia chissà cosa.
Il film è tratto dal romanzo Il volantino di Pietro A. Buttitta e ne riprende l’ambientazione sicula, cara a tanti registi del cinema nostrano.
Indolenza,pigrizia e ancora malizia e furbizia,scarsa voglia di lavorare,il siciliano con i baffi,la donna furba e vogliosa,il familiare becco e contento,insomma tutti i segni caratteristici da sempre attribuiti ai meridionali e nello specifico ai siciliani;la solfa è sempre la stessa,cambiano i protagonisti ma mai gli scenari e gli sfondi.
A parte Modugno,indisponente e antipatico,nel film c’è una giovane e bella Eleonora Giorgi,ventunenne,che si era fatta apprezzare per gli scabrosi Storia di una monaca di clausura e Appassionata e sopratutto per Alla mia cara mamma nel giorno del suo compleanno, di Luciano Salce,film che le aveva dato anche una patente di attrice in erba dalle buone qualità e non solo dal bel corpo.
L’attrice romana non demerita,pur nel grigiore (oserei dire squallore) generale, mentre sicuramente più apprezzabile, anche se defilata rispetto ai due protagonisti citati è la splendida Luciana Paluzzi,nel ruolo della madre di Mariuccia.
C’è posto anche per uno spaesato Pippo Franco,presenza fissa di tantissime commedie sexy.
Null’altro da segnalare se non il consiglio di lasciar perdere un film stanco e banale,in cui il tentativo di Samperi di fare satira bonaria e comicità ridanciana svanisce dopo pochi minuti dall’inizio della pellicola.
La sbandata
Un film di Alfredo Malfatti. Con Luciana Paluzzi, Domenico Modugno, Eleonora Giorgi, Umberto Spadaro,Pippo Franco, Franco Agostini Erotico, durata 90 min. – Italia 1975
Domenico Modugno: Salvatore Cannavone
Eleonora Giorgi: Mariuccia, figlia di Raffaele
Pippo Franco: Raffaele Cannavone
Luciana Paluzzi: Rosa, moglie di Raffaele
Umberto Spadaro: dottore
Nino Musco: avvocato
Franco Agostini: Giovanni Liga
Gino Pernice: Carluzzo
Renzo Rinaldi: giocatore a carte
Regia Salvatore Samperi (non accreditato), Alfredo Malfatti
Soggetto Pietro A. Buttitta, dal suo romanzo “Il volantino”
Sceneggiatura Salvatore Samperi, Ottavio Jemma
Casa di produzione Mondial
Distribuzione (Italia) Titanus
Fotografia Franco Di Giacomo
Montaggio Sergio Montanari
Musiche Domenico Modugno
Scenografia Ezio Altieri
Costumi Ezio Altieri
L’opinione di sasso67 dal sito http://www.filmtv.it
Uno di quei film di cui, a quasi quarant’anni di distanza, non si riesce a capire la motivazione (se non la speranza di incassare qualche milioncino con un’operazione a metà tra il pruriginoso e la commedia folkloristica). Ma soprattutto non si capisce perché l’autore di Vecchio frack e Nel blu dipinto di blu accettase di partecipare a simili filmacci: che anch’egli avesse bisogno di soldi?
L’opinione di mm40 dal sito www,filmtv.it
L’unica cosa atipica di questa farsetta sguaiata è il protagonista: Modugno in una parte in cui sarebbe stato perfetto Lino Banfi è davvero qualcosa da sbiancare. Per il resto tutto procede come a quei tempi era solito che procedesse: qualche scenetta di nudo, un sottofondo incessante di volgarità e misoginia, Pippo Franco nel ruolo dichiaratamente ‘comico’ (poichè, dato il tema pesantissimo dell’incesto, occorre senz’altro sdrammatizzare ed a Modugno manca il physique du role), stereotipi italioti ammanniti a volontà. Non brilla certo per fantasia, questa Sbandata scritta dallo stesso Samperi (con Ottavio Jemma) che girerà o ha già girato innumerevoli varianti sul tema morboso dell’incesto fra le mura domestiche (da Nenè a Casta e pura, da Peccato veniale all’esordio di Grazie zia). Poco entusiasmo.
L’opinione del Mereghetti
Il film poteva puntare su elementi più provocatori (la frustrazione senile, l’avidità di denaro), invece risolve tutto con palpiti pruriginosi e bozzettismo di maniera. (P. Mereghetti Dizionario dei Film)
Opinioni tratte dal sito http://www.davinotti.com
Undying
Non è una fissazione del sottoscritto, ma un dato di fatto: il cinema italiano Anni Settanta accarezzava con frequenza pressoché costante il tema dell’incesto (con predilezione del rapporto zio-zia/nipote). In tal caso, pur essendoci di mezzo Domenico Modugno (che pure, come ovvia conseguenza, si occupa del reparto musicale) il film appare fiacco, noioso e ben poco morboso. La Giorgi non può competere con le coève attrici disponibili sulla piazza, che sarebbero di certo apparse ben più credibili nei (pochi) panni di meridionali focosette…
Il gobbo
Mimmo Modugno zio d’America con proverbiale gruzzolo torna al paesello, e conosce una nipotina (ben) cresciuta… Ennesimo sotto-Malizia scritto dallo stesso Samperi: ormai di prammatica l’atmosfera calda e appicicaticcia, ma non se ne può più. Modugno ha in effetti un bel daffare fra la Paluzzi e una Giorgi che ha sicuramente degli argomenti, ma che come sicilianuzza dell’interno pare leggermente poco credibile. Un titolo che mantiene quanto promette.
Homesick
Samperiano e monotono, rispolvera alcuni degli argomenti preferiti della commedia erotica alla siciliana (ritorno dagli USA, incesto, matrimonio, soldi) utilizzando un pur valido Modugno come zio danaroso e voglioso. Piuttosto scialba la Giorgi, con il suo candore fuori luogo; ben più consistente la Paluzzi. Si può soprassedere.
B.Legnani
Brutto. Parte male, col volerci mostrare un protagonista simpaticissimo, col bel risultato di rendercelo fastidioso (al quinto sigaro, poi, diventa quasi odioso). Giorgi fuori parte (la Paluzzi, inoltre, se la mangia a colazione), Pippo Franco ripetitivo, come le scenette al circolo, insopportabili già alla seconda volta. Non c’è erotismo se non ci sono finezze e qui tutto è tagliato via con un coltello male affilato. Come se non bastasse, i tentativi umoristici funzionano una volta su dieci.
Boccaccio
Beffe e storie tratte liberamente dal Decameron di Giovanni Boccaccio.
Buffalmacco e Bruno degli Olivieri, due giovani fiorentini scaltri,ordiscono una beffa nei confronti dell’ingenuo Calandrino, allo scopo di estorcergli del denaro;gli vendono una pietra che, a loro dire, ha il potere miracoloso di renderlo invisibile.
Alla bella Monna Lisa fra Ignazio fa credere di essere l’incarnazione in vesti umane del beato Marcuccio;in questo modo potrà godersene le gioie,mentre è intento in un convegno carnale con la donna, Buffalmacco spia i due e quando fra Ignazio ha finito il suo piacevole compito, approfitta anch’esso delle grazie della giovane sposa, mentre Calandrino, credendo di essere invisibile fa lo stesso ma verrà bastonato dal marito della donna.
Altre beffe sono in arrivo per i cittadini, come quella in cui Buffalmacco riesce finalmente a sedurre Fiammetta,la donna della quale si è invaghito; scoperto dopo aver consumato un rapporto con la donna,il giovane viene costretto da Pietro da Vinciolo,marito della donna, a dividere il talamo coniugale,la dove a Buffalmacco verrà riservata una brutta sorpresa.
Enrico Montesano e Silvia Koscina
Bernard Blier e Maria Baxa
A Firenze arriva la peste e i due amici Buffalmacco e Bruno degli Olivieri fuggono dalla città incontrando per strada la Principessa di Chivignì e la sua serva;incontrano anche Lambertuccio da Cecina un capitano di ventura sfuggito dalla città dopo aver tentato di sedurre la bella Ambrogia ed essere stato costretto a sposare la racchia figlia del marito della donna.
Lambertuccio è in compagnia di un uomo, al quale un appestato toglie involontariamente il mantello;in realtà sotto le spoglie del compagno di Lambertuccio c’è la bellissima Belcolore, completamente nuda.Ed è con lei che il capitano di ventura va via.
Antesignano di tutti i decamerotici, Boccaccio, diretto nel 1972 da Bruno Corbucci che scrive anche la sceneggiatura del film con Mario Amendola, si distingue completamente dalla massa quasi informe dei film del genere decamerotico sia per l’eleganza con cui vengono curate le varie componenti del film, ovvero scenografie, costumi e fotografia sia per i dialoghi, meno volgari degli epigoni e sopratutto per la mancanza delle solite scosciate che furono il marchio di fabbrica del florido filone.
Antonia Santilli
Pia Giancaro
Paola Tedesco e Pippo Franco
Le novelle tratte dal Decameron sono raccontate visivamente da Corbucci con brio ed eleganza; si ride finalmente senza la solita grana grossa e senza battute triviali, si assiste alle performance di un gruppo nutrito di attori e di splendide protagoniste che non ebbe in seguito rivali.
Enrico Montesano e Pippo Franco interpretano Buffalmacco e Bruno, i due protagonisti principali attorno ai quali si muovono tutti gli altri, ovvero Fra Ignazio, interpretato da Lino Banfi, Alighiero Noschese che è Lambertuccio da Cecina (Banfi e Noschese, con Montesano saranno protagonisti anche del simpaticissimo Il prode Anselmo),Mario Carotenuto che è il giudice Nicola, il grande Bernard Blier che interpreta il dottor Mazzeo fino ad Andrea Fabbricatore, campione del Rischiatutto televisivo a cui va il ruolo dell’ingenuo Calandrino.
Di primissimo ordine anche il parterre femminile, che include attrici bellissime e di sicuro valore recitativo come Sylvia Koscina (Fiammetta),Isabella Biagini che è Ambruogia, e ancora Maria Baxa,Pia Giancaro,Helene Chanel, Antonia Santilli,Paola tedesco,Pascal Petit.
Un cast prestigioso quindi per un film a tratti molto divertente, una delle cose migliori di quell’anno, eppure penalizzato in seguito dalla mancanza di una distribuzione su supporti digitali.
Infatti il film è rimasto per 40 anni praticamente invisibile, fino all’anno scorso momento in cui è stata realizzata un’edizione digitale del film.
Tuttavia la pellicola non è di facile reperibilità.
Se qualcuno vuole visionarla può scaricare il seguente link: http://wipfiles.net/628rm3dr1bjj.html che contiene una splendida versione del film, ricordando ovviamente che i file sono protetti da diritto d’autore e che devonoe ssere cancellati dopo 48 ore.
Tornando al film, siamo di fronte ad una commedia simpatica e gradevole, che merita sicuramente una visione.
Boccaccio
Un film di Bruno Corbucci. Con Enrico Montesano, Lino Banfi, Sylva Koscina, Alighiero Noschese, Pippo Franco, Andrea Fabbricatore, Guido Celano, Bernard Blier, Franca Dominici, Rosita Pisano, Mario Carotenuto, Andrea Aureli, Giacomo Furia, Mimmo Poli, Nello Pazzafini, Ignazio Leone, Toni Ucci, Isabella Biagini, Hélène Chanel, Gastone Pescucci, Sandro Dori, Pascale Petit, Luca Sportelli, Maria Baxa,Raymond Bussières Commedia, durata 92′ min. – Italia 1972.
Alighiero Noschese: Lambertuccio da Cecina
Enrico Montesano: Buffalmacco
Pippo Franco: Bruno degli Olivieri
Sylva Koscina: Fiammetta
Isabella Biagini: Ambruogia
Raymond Bussières: Cagastraccio
Mario Carotenuto: Giudice Nicola
Bernard Blier: dottor Mazzeo
Pia Giancaro: Monna Lisa
Paola Tedesco : Lidia
Lino Banfi: Padre Ignazio
Andrea Fabbricatore: Calandrino
Pascale Petit: Giletta
Rosita Pisano: Mannocchia, serva di Mazzeo
Sandro Dori: Nicostrato
Maria Baxa: Tebalda
Toni Ucci: Pietro da Vinciolo
Franca Dominici: Perdicca
Luisa Dominici: Belcolore
Guido Celano: messer Anselmo
Andrea Aureli: Maso
Hélène Chanel: Perincipessa di Civignì
Ignazio Leone: il Bargello
Antonia Santilli: donna nella tinozza
Nello Pazzafini: Marito della donna nella tinozza
Gastone Pescucci: Giovanni Cioppolo
Mimmo Poli: Spettatore grasso
Luca Sportelli: Loderinghi
Antonella Santi: donna piccione
Regia Bruno Corbucci
Soggetto Mario Amendola
Bruno Corbucci
Sceneggiatura Mario Amendola
Bruno Corbucci
Produttore Dino De Laurentiis
Distribuzione (Italia) Columbia
L’opinione del Morandini
6 sketch cavati dal Decamerone che hanno per protagonisti Buffalmacco (E. Montesano) e Bruno degli Olivieri (P. Franco), burlatori di Calandrino (A. Fabbricatore) e di altri gonzi. Nel filone dei “decameronidi” uno dei meno trucidi.
L’opinione di Undjing dal sito http://www.davinotti.com
Assieme a Fiorina la vacca uno dei migliori esemplari del filone decamerotico, coniato dal successo pasoliniano (Il Decameron). La valida regia di Corbucci, esperto di commedia all’italiana, è sorretta pienamente dal buon cast, che contempla un convincente (e simpatico) Montesano nel ruolo di Buffalmacco. A margine si fanno notare anche Pippo Franco, Noschese, Lino Banfi ed il celebre vincitore nel Rischiatutto (d’epoca): Andrea Fabbricatore, nei panni di Calandrino, ch’è poi il “legame” di continuità delle varie storie sparpagliate con azzeccato senso del ritmo e dell’ironia. Significativo.
L’opinione di Rfe dal sito http://www.davinotti.com
Uno dei decamerotici migliori, meno rozzi e meno volgari. Un gruppo d’attori mai più visto in un boccaccesco: Pippo Franco, Enrico Montesano, Alighiero Noschese o Lino Banfi sono ben affiatati e divertono. Degne di attenzione soprattutto le belle attrici coinvolte (per fortuna Corbucci si rifiuta intelligentemente di accodarsi al criterio anti-estetico seguito da Pasolini nella Trilogia della vita): Koscina, Biagini, Petit. C’è anche Pia Giancaro, prima di diventare Principessa Ruspoli.
L’opinione di Ronax dal sito http://www.davinotti.com
Decamerotico di classe, girato con buon mestiere da Corbucci che aveva a disposizione mezzi (i soldi di De Laurentiis) nettamente superiori alla media. Partito quasi come un musical, procede con ritmo indiavolato e una notevole cura dal punto di vista scenografico. Montesano fa la parte del leone, ben coaudiuvato da Pippo Franco e da altri valorosi caratteristi, mentre Noschese, insuperabile come imitatore, si conferma un attore piuttosto opaco. Superbo il ricco comparto femminile, cioè la sostanziale ragion d’essere di un film come questo.
L’opinione di motorship dal sito http://www.davinotti.com
Bel decamerotico per nulla volgare e con nudi non esagerati. Inoltre è un film molto divertente, spassoso e diretto davvero molto bene da Corbucci. Incredibile il cast, sia quello femminile (Koscina, Biagini, Petit) che quello maschile, con la coppia Montesano-Noschese (con il primo che domina praticamente la scena) in testa, anche se Pippo Franco e Lino Banfi non sono da meno. Esilarante il finale e simpatiche le canzoncine a mo’ di musical. Da vedere.
L’opinione di tomasmilia dal sito http://www.davinotti.com
Uno dei più fortunati epigoni del Decameron pasoliniano. Grande cast (forse il più ricco per un decamerotico, più comico che erotico) sebbene la trama consista in una decina di novelle (dis) unite tra loro. Pippo Franco e Montesano (istrionico, si esalta tra balli, canti e “parlate”, il gagà) si muovono come Encolpio e Ascilto nel Satyricon petroniano con lo spirito boccaccesco. Sono loro che danno avvio agli scherzi a danno del povero Calandrino (il campione di Rischiatutto, Fabbricatore). Divertenti gli stornelli.
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Nerone
L’imperatore Nerone è odiato da tutti: dai cristiani che lo accusano di aver fatto bruciare Roma e di aver addossato loro la colpa, dalla madre Agrippina perchè ha nominato senatore un suo avversario politico e dalla moglie Poppea perchè non le affida la parte di Elena di Toria in una rappresentazione teatrale scritta dallo stesso imperatore.
Così, grazie ad una congiura orchestrata da alcuni senatori e con la complicità dell’infido Tigellino, capo dei pretoriani dello stesso imperatore, Agrippina riesce a far rinchiudere in un manicomio Nerone, che ne viene liberato solo grazie all’amico Petronio e con l’aiuto di una bella cristiana convertitati al paganesimo, Nenè.
Così, il tentativo di mettere sul trono il generale Galba, affetto da fastidiosi problemi fisici come le emorroidi fallisce e Nerone riesce a tornare sul trono, non prima di essersi spacciato per Gesù davanti ad un Pietro molto più vicino ad un allocco che alla figura carismatica del capo della cristianità.
Diretto da Castellacci e Pingitore, alla loro seconda e ultima prova di regia in coppia dopo il discreto successo di Romolo e Remo storia di due figli di una lupa, Nerone è una parodia in stile burlesque o anche in puro stile avanspettacolo, realizzato nel 1977 con l’ausilio di un cast di assoluto livello ma con un risultato finale appena sufficiente.
Se l’idea di base, il cast e la formula della storia riadattata con enormi asincronismi temporali può sembrare azzeccata, il film che pure parte con qualche felice battuta e qualche gag che smuovono il sorriso ben presto si spegne in una lunga sequela di banalità, a cui invano i due registi tentano di porre rimedio affidando ai vari attori canzoncine e battute lampo che però risultano piatte e poco divertenti.
Colpa di una sceneggiatura da avanspettacolo, quindi inadatta ai tempi cinematografici, colpa anche di troppe banalità nelle battute, alcune delle quali appaiono grossolane e sconce.
E colpa anche di una certa blasfemia che serpeggia nel film, che appare davvero gratuita e poco divertente, tra l’altro.
Il film parte con una sequenza in cui Nerone, interpretato da un romanaccio doc come Pippo Franco scambia due battute con Atte: ” A Nerò, che vuoi la lira?” ” Beh, mejo de gnente” e prosegue sulla stessa falsariga, con scambi di battute surreali, come quella con Bombolo :”certo che l’alloro è una grande invenzione” “specie co’ i fegatelli”
Il livello del film è questo, tuttavia non mancano sprazzi di comicità e di divertimento.
Paola Borboni
Tra una battuta e una canzoncina, spesso in rima, il film prosegue con vivacità, alternando momenti felici (il bagno di Poppea, la sequenza al manicomio) a momenti di stanca.
Tuttavia, alla fine, non si resta completamente delusi.
Merito sopratutto di un cast che raccoglie attori molto bravi, quelli che con un brutto termine erano definiti “caratteristi”e merito anche delle due bellezze protagoniste del film, la ex soubrette Paola Tedesco che interpreta la cristiana convertita Nenè e Maria Grazia Buccella, deliziosamente svampita nel ruolo dell’imperatrice Poppea.
Nel film compaiono anche un bravo Enrico Montesano nel ruolo di Petronio Arbitro, con tanto di erre moscia e vestito ovviamente di tutto punto e con un anacronistico cappello, Oreste Lionello nel ruolo di un Seneca filosofo futurista dai dialoghi quasi demenziali, che parla una stranissima lingua un pò burina, un pò romana e tanto british de noantri.
Due fotogrammi con Paola Tedesco
Troviamo ancora la stella del cinema muto Paola Borboni, che interpreta Agrippina, madre di Nerone e ispiratrice della congiura che porterà l’imperatore stesso in manicomio e che si segnala per un’audace scena a seno nudo, mostrato alla bella età di 77 anni; c’è l’immancabile Gianfranco D’Angelo nel ruolo di Tigellino, stravagante e anche lui caratterizzato da una stoltezza quasi commovente.
“Non sono più cristiana, sono diventata pagana: ecco la prova”
C’è spazio per Paolo Stoppa, un San Pietro rivoluzionario, quasi comunista e anarcoide che alla fine verrà beffato da Nerone, c’è Aldo Fabrizi nel suo penultimo film, che interpreta il generale Galba affetto da problemi fisici fastidiosissimi come le emorroidi, c’è Marina Marfoglia nel ruolo di Atte (storicamente amante di Nerone).
Ancora, completano il cast in ruoli minori Bombolo (Roscio), aiutante squinternato di Nerone, Massimo Dapporto in una particina e infine la futura soubrette Carmen Russo in una breve sequenza in cui mostra il suo celebre seno.
Un film assolutamente scacciapensieri, probabilmente non riuscito ma in grado di strappare qualche momento di ilarità.
Nerone, un film di Castellacci e Pingitore, con Pippo Franco, Maria Grazia Buccella, Paola Tedesco, Oreste Lionello, Enrico Montesano, Paola Borboni, Gianfranco D’Angelo, Paolo Stoppa, Bombolo, Carmen Russo, Marina Marfoglia, Laura Troschel, Aldo Fabrizi Italia 1977, commedia
Bombolo, Pippo Franco e Carmen Russo
A destra, Aldo Fabrizi
Pippo Franco: Nerone
Maria Grazia Buccella: Poppea
Paola Tedesco: Licia
Oreste Lionello: Seneca
Enrico Montesano: Petronio Arbitro
Paola Borboni: Agrippina
Gianfranco D’Angelo: Tigellino
Paolo Stoppa: San Pietro
Aldo Fabrizi: Generale Galba
Bombolo: Roscio
Piero Santi: Vinicio
Gio Staiano: Sporo
Marina Marfoglia: Atte
Laura Troschel: Locusta
Massimo Dapporto: Cristiano liberato
Attilio Dottesio: Centurione
Giancarlo Magalli: Presidente del senato
Valentino Simeoni
Bruno Vilar: Centurione
Regia Castellacci e Pingitore
Soggetto Castellacci e Pingitore
Sceneggiatura Castellacci e Pingitore
Produttore Mario Cecchi Gori
Casa di produzione Capital Film
Distribuzione (Italia) Gold
Fotografia Sergio Martinelli
Montaggio Alberto Gallitti
Musiche Flavio Bocci
Scenografia Enrico Rufini e Maurizio Tognalini
Costumi Enrico Rufini e Maurizio Tognalini
Basta guardarla
Mentre è in campagna a lavorare, la giovane Enrichetta vede arrivare da lontano un’auto che si dirige verso il vicino paese; a bordo c’è Silver Boy, ballerino e comico a capo di una piccola compagnia d’avanspettacolo, specializzata in rappresentazioni dedicate alla provincia. La giovane segue la compagnia in paese, e grazie all’aiuto di un ballerino gay, che ricopre vari ruoli nella compagnia, riesce ad ottenere un’audizione. La ragazza, dopo una seduta dal parrucchiere, ben truccata, si rivela essere una gran bella donna, tra l’altro anche dotata dal punto di vista artistico.
Mariangela Melato
Ribattezzata Erika, la ragazza deve guardarsi dall’invidia della prima donna dello spettacolo, Marisa Del Sol, che vede progressivamente oscurarsi il suo ruolo ma non solo; Silver boy inizia a valutare Enrichetta/Erika anche dal punto di vista personale. Durante un acquazzone estivo, la coppia rimane isolata in un fienile, ed è l’occasione giusta per Silver boy per gustare le grazie di Erika, segretamente attratta, sin dal primo incontro, dalla personalità dell’uomo. “Questo non è amore, ma febbre dei sensi”, mormorerà un po delusa la ragazza durante l’incontro con Silver boy…..
All’interno della compagnia, intanto, Marisa Del Sol trama vendetta, e riesce a far cacciare Erika convincendo Silver boy che la ragazza, destinata a sostituirla nella prima di uno spettacolo, di un suo presunto tradimento. Erika, allontanata dal gruppo, non senza rimpianti della maggior parte degli attori, trova lavoro, e la sua fortuna, entrando nella compagnia di Farfarello e di Pola Prima, un gruppo di ben altra fama e rilevanza di quello di Silver boy.
Pippo Franco
Ben presto Erika Rikk, come è stata ribattezzata diventa la star dello spettacolo, nonostante un tentativo di boicottaggio della solita infida Marisa, che una sera cerca di aizzare contro di lei il pubblico. Nel frattempo Silver boy, che ha capito la vera natura dell’attrazione che provava verso Erika, va a trovare la ragazza, impelagandosi nella rissa scoppiata nel teatro. Quando Erika apprende da Pola che l’uomo è in ospedale, ferito, non esita a lasciare tutto e tutti, abbandonando la sua carriera per amore di Silver Boy.
Enrichetta/Erika è interpretata da Maria Grazia Buccella
Basta guardarla è un film importante; diretto da Luciano Salce nel 1971, è un commosso ritratto di un mondo, quello dell’avanspettacolo che calca i teatrini di provincia, in rapida e definitiva dissoluzione. E’ uno sguardo ironico e tenero rivolto ad un mondo semplice, in cui dominano i sentimenti, sia in positivo che in negativo. Amicizia, amore, ma anche rivalità e gelosie: un microcosmo complesso in cui gravitano esistenze da veri vagabondi, hobos di quella che era la più antica forma di teatro itinerante, che dispensò cultura e divertimento in tutta quella provincia che altrimenti non avrebbe mai conosciuto tante opere minori solo nella fortuna che ebbero.
Franca Valeri interpreta Pola Prima
Il curioso effetto fotoromanzo inserito da Salce nel film
Salce usa un linguaggio visivo e uditivo di facile impatto, caratterizzando i suoi personaggi anche all’eccesso, quasi fossero l’esaltazione di vizi e virtù. C’è il Silver boy cantante melodico e discreto cabarettista che pensa di essere un playboy e che alla fine cederà proprio all’amore, c’è Erika che rappresenta la volontà di affermazione, ma anche la saldezza dei giusti valori, quelli forti. C’è la gelosia e l’invidia, rappresentata dalla perfida Marisa e l’amicizia spontanea, quella del ballerino gay Danilo.
E ci sono molti altri personaggi, tutti con difetti e pregi, portati spesso all’eccesso, in una volontà ironica, quasi sarcastica, di descrivere un mondo così lontano da quello comune. Uno sguardo finalmente ironico al punto giusto su uno spaccato d’umanità per lo più sconosciuto, che si anima e prende forma anche attraverso la scelta, da parte di Salce, di inserire nella pellicola sequenze di stampo fotoromanzesco. Qualche riga sul cast, che è di assoluto livello.
– Bella, brava e svampita al punto giusto Maria Grazia Buccella, che purtroppo mai più in carriera riuscirà ad eguagliare la misura del personaggio Erika, ingenua ma tenace, dai sani principi morali;
-assolutamente perfetto Carlo Giuffrè, un Silver Boy che ad un tratto fa quasi tenerezza nella sua canagliesca, ma simpatica parodia del capo comico, sbruffone e esagerato.
-brava Mariangela Melato, agli esordi sugli schermi, nel ruolo di Marisa Del Sol, la perfida e intrigante rivale di Erika;
– Irresistibile Pippo Franco nel ruolo di Danilo, il ballerino gay dal gran cuore, che prende a benvolere Erika e che involontariamente ne decide il futuro;
– Ottimo Luciano Salce, nel ruolo di Farfarello, capo comico dalla comicità greve, finto donnaiolo;
-Bravissima, la solita sicurezza, Franca Valeri nei panni di Pola Prima, stella al tramonto del varietà, capace però di mettersi da parte al momento giusto, e sopratutto capace di pronunciare le parole giuste al momento giusto nei confronti di Erika.
Luciano Salce
Film davvero bello, che andrebbe riesumato proprio per guardare, anche con un briciolo di malinocnia, ad un mondo oggi completamente scomparso, tra tanti rimpianti.
Basta guardarla, un film di Luciano Salce. Con Maria Grazia Buccella, Umberto D’Orsi, Luciano Salce, Mariangela Melato, Riccardo Garrone, Franca Valeri, Pippo Franco, Spiros Focas, Carlo Giuffrè, Dino Curcio, Pinuccio Ardia, Loredana Berté.Commedia, durata 106 min. – Italia 1971.
Maria Grazia Buccella: Enrichetta
Carlo Giuffré: Silver Boy
Mariangela Melato: Marisa do Sol
Spiros Focás: Fernando
Pippo Franco: Danilo
Franca Valeri: Pola Prima
Luciano Salce: Farfarello
Riccardo Garrone: Impresario Pelliconi
Regia Luciano Salce
Soggetto Jaja Fiastri
Sceneggiatura Steno, Luciano Salce, Jaja Fiastri
Casa di produzione Fair
Distribuzione (Italia) Interfilm
Fotografia Aiace Parolin
Montaggio Marcello Malvestito
Musiche Franco Pisano
Tema musicale Tre rose
Scenografia Luciano Spadoni
Costumi Luca Sabatelli
Giovannona Coscialunga disonorata con onore
Un industriale veneto, La Noce, possiede una fabbrica di formaggi in Sicilia, che ha il grave problema di inquinare un fiume vicino lo stabilimento. L’industriale, uno strano tipo a mezza strada tra l’affarista senza scrupoli e il traffichino, aiuta anche una cittadina di ragazzi, con il beneplacito di un prelato altrettanto poco affidabile. L’industriale, che teme la legge anti inquinamento , che se applicata lo porterebbe dritto in carcere, decide di rivolgersi all’onorevole Pedicò, altro traffichino che è solito dispensare favori a chiunque gli ceda la propria moglie per soddisfare la propria erotomania.
Ma La Noce ha un problema; la moglie è tutto tranne che una bella donna, inoltre è una bigotta con ferrei principi morali. Sarà Mario, segretario dell’industriale, ad avere l’idea che può salvare capra e cavoli; sostituire la moglie di La Noce con una prostituta occasionale, circuire l’onorevole e ottiene il beneplacito.
Così Mario ingaggia la bella Coco, prostituta da statale, ignorante e anche ingenua, come sostituta della moglie di La Noce; ma durante il viaggio da Roma alla Sicilia prima, e nella villa dell’onorevole poi, accadono una serie di errori di persona, di equivoci, per i il piano alla fine salta. Sarà il protettore di Giovannona alias Coco ad approfittare della situazione, mentre per Mario si apre la carriera di sfruttato. Finale amarognolo.
Giovannona Coscialunga disonorata con onore, diretto da Sergio Martino nel 1973, ad onta di un titolo assolutamente infelice, è in realtà una gradevole commedia di costume, ben diretta e con un cast nutrito di ottimi attori; c’è Vittorio Caprioli, nel ruolo dell’onorevole erotomane Pedicò, la sempre bellissima e seducente Edwige Fenech in quello di Coco, la candida prostituta protagonista dell’intreccio, Pippo Franco in quello del ragionier Mario, che finirà per diventare un pappone, oltre al bravo Gigi Ballista, alla splendida Patrizia Adiutori, e agli onnipresenti Francesca Romana Coluzzi, Riccardo Garrone e Vincenzo Crocitti.
Una commedia in alcuni tratti anche divertente, lontana dalle commediole erotiche e sexy che di li a poco invaderanno lo schermo.
Giovannona Coscialunga disonorata con onore, un film di Sergio Martino. Con Vittorio Caprioli, Edwige Fenech, Pippo Franco, Adriana Facchetti, Riccardo Garrone,Nello Pazzafini, Sandro Merli, Armando Bandini, Sandro Dori, Gigi Ballista, Vincenzo Crocitti, Patrizia Adiutori, Gino Pagnani, Carla Mancini
Commedia, durata 94 min. – Italia 1973.
Edwige Fenech: Giovannona Coscialunga in arte Cocò
Pippo Franco: Ragionier Mario Albertini
Gigi Ballista: Commendatore La Noce
Riccardo Garrone: Robertuzzo
Francesca Romana Coluzzi: Mary
Vittorio Caprioli: Onorevole Pedicò
Sandro Merli: Mons. Alatri
Danika La Loggia: Signora La Noce
Adriana Facchetti: Segretaria di Pedicò
Armando Bandini: passeggero gay nel treno
Vincenzo Crocitti: controllore del treno
Sandro Dori: Matto e cieco sulla Maserati
Gino Pagnani: Autista carro Funebre
Patrizia Adiutori: Luisella
Francesco D’Adda: Mons. Alatri
Carla Mancini: impiegata della società delle “accompagnatrici”
Luigi Leoni: Segretario di Mons. Alatri
Nello Pazzafini: Franceschino
Regia Sergio Martino
Soggetto Tito Carpi, Marino Girolami Francesco Massaro Luciano Martino
Sceneggiatura Mariano Laurenti Sergio Martino Francesco Milizia,
Carlo Veo, Franco Mercuri
Fotografia Stelvio Massi
Montaggio Attilio Vincioni
Musiche Guido De Angelis Maurizio De Angelis
Scenografia Giovanni Natalucci
Quel gran pezzo della Ubalda, tutta nuda e tutta calda
Si potrebbe dire un titolo,un programma.
In effetti la pellicola di Mariano Laurenti non si discosta molto dal filone dei decamerotici,ovvero quei film che inondarono i cinema all’indomani del fortunato esordio del capostipite della file,Il Decameron di Pasolini,opera di ben altra fattura rispetto ai pruriginosi seguiti che proliferarono per molto tempo,saccheggiando il repertorio classico della letteratura boccaccesca italiana,con madonne dal caldo inferno,Masucci napoletani con le braghe in mano e altri titoli che per lo meno denotavano un buon sforzo di fantasia.
In questa pellicola la Ubalda,una splendida Edwige Fenech,è sposata ad un mugnaio,Mastro Oderisi,e d è insidiata,per la sua bellezza,da un soldato di ventura,uno sfigatissimo Pippo Franco,che è stato allontanato dal talamo coniugale dalla moglie,interpretata da Karin Schubert.
Dopo una serie di vicissitudini che potremmo definire boccaccesche,il mugnaio e il soldato di ventura decideranno di scambiarsi le mogli,ma non potranno farlo per la presenza delle cinture di castità.
Uno dei film che lanciò la bellezza sfolgorante della Fenech,e questo basterebbe a cantarne le lodi;in realtà il film,pur con qualche trovata divertente,non fece altro che ammiccare ad un certo tipo di cinema,quello pruriginoso e scollacciato che forte della liberalizzazione dei costumi cinematografici,impose per molto tempo una teoria di bellezze nude e impegnate in improbabili triangoli amorosi.
Pippo Franco e Gabriella Giorgelli
Il Decameron di Pasolini aveva tentato di giustificare il sesso come forma di liberazione,l’unica possibile,in un medioevo in cui ai poveri altro non era concesso,se non un libero e sfrenato erotismo;un’opera anti clericale e anti potere.
Il film di Laurenti invece,non avendo alcuna velleità,gioca tutto su un erotismo pecoreccio e su battute da caserma;ma in fondo,chi andava a vedere questi film,sapeva benissimo a cosa andava incontro.
E perlomeno,in mezzo a tanta immondizia che invase i cinema,Quel gran pezzo dell’Ubalda qualche risata riuscì davvero a strapparla.
Un film di Mariano Laurenti. Con Umberto D’Orsi, Edwige Fenech, Pippo Franco, Karin Schubert, Alberto Sorrentino, Pino Ferrara, Bruno Boschetti, Gabriella Giorgelli, Gino Pagnani, Carla Mancini, Renato Malavasi, Renato Montalbano. Genere Commedia, colore 91 minuti. – Produzione Italia 1972.
Edwige Fenech: La Ubalda
Pippo Franco: Olimpio de’ Pannocchieschi
Karin Schubert: Fiamma
Umberto D’Orsi: Mastro Oderisi
Pino Ferrara: frate manesco
Gino Pagnani: Mastro Deodato
Alberto Sorrentino: notaio Adone Bellezza
Renato Malavasi: medico
Dante Cleri: Cantarano Da Nola
Gabriella Giorgelli: ragazza nel fienile
Regia Mariano Laurenti
Soggetto Tito Carpi, Luciano Martino
Sceneggiatura Carlo Veo, Tito Carpi
Fotografia Tino Santoni
Montaggio Giuliana Attenni,
Musiche Bruno Nicolai
Scenografia Antonio Visone
Nell’anno del signore
Siamo nella Roma papalina, nella prima parte del 1800; il cardinale Rivarola (Ugo Tognazzi), con l’ausilio del colonnello Nardoni (Enrico Maria Salerno), delegato all’ordine pubblico, dirige con pugno di ferro la città.
Enrico Maria Salerno, il Cap. Nardoni
Nino Manfredi è Cornacchia
Ma c’è malcontento tra la gente, e il malcontento si esprime sopratutto tra i liberali, insofferenti al regime imposto dal papa re; il ciabattino Cornacchia (Nino Manfredi), un cinico e intelligente popolano, scopre che don Spada ha deciso di tradire la causa carbonara, e informa il chirurgo Montanari e il giovane Targhini dell’accaduto.
Cornacchia si trasforma in Pasquino
I due così feriscono mortalmente lo Spada, e delle indagini si occupa il disilluso Nardoni. Nel frattempo Giuditta, una giovane e bellissima ebrea (Claudia Cardinale), che vive in casa di Cornacchia ma è innamorata di Montanari, cerca disperatamente di far scappare l’amato.
A sinistra, Robert Hossein è il dottor Montanari
I due vengono arrestati dal colonnello, condotti davanti al ferito e riconosciuti autori dell’attentato. Ne segue un processo farsa, senza alcuna difesa, in seguito al quale i due uomini vengono mandati a morte. Giuditta, sconvolta, accusa Cornacchia di essere un cinico osservatore,che assiste impassibile anche agli unici tentativi di ridare libertà ad un popolo ormai disilluso e privo di reazioni.
Cornacchia rivela alla donna la verità; dietro la sua figura di umile ciabattino, si nasconde nientemeno che Pasquino, l’autore di libelli più temuto dal clero, che usa la penna per sferzare una classe clericale impegnata troppo nel potere temporale e troppo poco in quello spirituale. Nel frattempo a consolare i due condannati a morte viene inviato un umile prete, innamorato della sua fede e della sua missione, che cerca di convincere i due ad accettare i sacramenti religiosi;
Ugo Tognazzi, sua eminenza Rivarola
il frate ( uno strepitoso Alberto Sordi) perorerà la salvezza dei due presso il cardinale Rivarola, ma inutilmente. Ne ricaverà una lezione di cinismo abietto, che mostra il senso di decadenza raggiunto dalla chiesa. Per salvare la vita ai due e per amore di Giuditta, Cornacchia arriva a proporre al cardinale Rivarola la consegna di Pasquino in cambio della vita dei due patrioti, inutilmente.
Il cinico cardinale si appresta a far arrestare il ciabattino, che, prudentemente, si rifugia in un convento, chiedendo asilo. I due patrioti salgono così sul patibolo, con Montanari che, scuro e triste, pronuncia davanti a mastro Titta, il famoso boia di Roma, le parole :”buonanotte,popolo”
Nell’anno del signore, aldilà delle sue battute, è un amaro resoconto di un’epoca buia, quella del potere temporale della chiesa, che costituì una delle vergogne della Roma del XVIII secolo; amaro,cinico e crudele come i suoi protagonisti, preda delle loro passioni e vittime, pertanto delle loro scelte. Luigi Magni girò, nel 1969, questo splendido affresco di un’epoca, con un cast stellare;Alberto Sordi, Ugo Tognazzi, Claudia Cardinale, Enrico Maria Salerno, Pippo Franco, Robert Hossein, uno splendido e cinico Nino Manfredi, Britt Ekland, sono gli splendidi interpreti di una delle commedie satiriche più belle del cinema italiano. il film divenne campione di incassi e fu il più visto di quell’anno.
Nell’anno del signore, un film di Luigi Magni. Con Nino Manfredi, Claudia Cardinale, Ugo Tognazzi, Alberto Sordi, Robert Hossein,Enrico Maria Salerno Marco Tulli, Emilio Marchesini, Stefano Oppedisano, Pippo Franco, Britt Ekland, Stelvio Rosi, Renaud Verley. Genere Commedia, colore 105 minuti. – Produzione Italia 1969.
Nino Manfredi: Cornacchia/Pasquino
Enrico Maria Salerno: Cap. Nardoni
Claudia Cardinale: Giuditta Di Castro
Robert Hossein: Leonida Montanari
Renaud Verley: Angelo Targhini
Ugo Tognazzi: Card. Rivarola
Alberto Sordi: Frate
Britt Ekland: Principessa Spada
Pippo Franco: Allievo di Pasquino
Fotografia: Silvano Ippoliti
Montaggio: Ruggero Mastroianni
Musiche: Armando Trovajoli
Scenografia: Carlo Egidi, Joseph Hurley
Popolo,sei na’ monnezza (Alberto Sordi)
“Ci sei stata a letto? (Cornacchia); “No, per terra”(Giuditta)
“Ti dirà una cosa che al mondo non sa nessuno:secondo me questi giudei sono esseri umani quasi come noi ” (Il cardinale Rivarola)
È il cuore il flagello dei popoli. Se vuoi essere un uomo strappati il cuore dal petto e buttalo lì dove sguazzano le vacche. (Cornacchia)
Li morti pesano. E morti così, senza delitto, con na burla de processo, pesano più peggio, e col tempo diventano la cattiva coscienza del padrone. (Cornacchia)
La bella che guarda il mare | lalala lalala lalala | ha un nome che fa paura | libertà libertà libertà. (Leonida Montanari)
Noi siamo sempre dalla parte giusta. (Rivarola) Pure quando sbagliamo? (Il frate) Soprattutto quando sbagliamo. (Rivarola)
“Cornacchia noi vogliamo solo la libertà.. e anche tu la vuoi..”(Montanari) “Io?… me premen’cappio della libertà.. a che me serve? io quando è giorno m’arzo, quando è ora de magnà me metto a sede, e quando è scuro me ne vado a letto.. io ho il precetto pasquale obbligatorio.. nun bevo, nun betemmio, nun rompo li cojoni…. e voglio bene a una donna che vuò bene a n’artro…. faccio la rivoluzione? io me sputerebben’faccia da me.. eccolo..” (Cornacchia)
Claudia Cardinale
Alberto Sordi
Enrico Maria Salerno
Nino Manfredi
Ugo Tognazzi
Un breve cenno storico sulla figura di Pasquino
Anche una statua può parlare.
Può farlo per secoli,e diventare portavoce di denunce e satira,di sonetti e composizioni alle volte blasfeme,ma assolutamente irresistibili.
Pasquino è la statua che più di tutte ha rappresentato nel corso dei secoli,l’anima più autenticamente goliardica e sarcastica della popolazione romana.
Una statua di età ellenistica,forse del III A.C.,danneggiata e mutilata nel corso dei secoli;eppure sempre li,sin dal giorno del suo ritrovamento,nel 1501,nei pressi di piazza Navona.
Una statua che ha finito per identificarsi anche con la piazza dove,da 5 secoli,sfida le intemperie,piazza Parione,oggi chiamata Piazza di Pasquino.
Perché venne chiamata Pasquino?
Possediamo solo leggende,sull’origine del suo nome.
Secondo alcuni era un calzolaio,divenuto famoso per i suoi versi satirici;secondo altri un taverniere,secondo altri ancora un docente con quel nome,a cui gli studenti,ravvisando una somiglianza con la statua,avevano finito per ribattezzarla goliardicamente.
La statua divenne immediatamente famosa perché qualcuno,con spirito burlesco,lasciò un’epigramma canzonatorio verso un nobile.
Da allora si diffuse l’abitudine di affiggere cartelli,sonetti,poesie in rime,accuse e denunce ai suoi piedi.
I più colpiti erano i prelati,bersaglio della popolazione e degli scrittori si sonetti;ben presto diventarono così numerosi che si moltiplicarono anche i luoghi di esposizione,e nacquero altre statue parlanti.
Ma Pasquino restò la più famosa;si prendevano in giro i papi e i cardinali,si sbeffeggiava la nobiltà e i personaggi famosi.
Celebre rimase la frase “Quod non fecerunt barbari fecerunt Barberini”,ovvero quello che non fecero i barbari fecero i Barberini,con chiaro riferimento a papa Urbano VIII,della famiglia Barberini,che aveva fatto asportare i rilievi bronzei del Pantheon per permettere a Bernini la costruzione dell’orrido baldacchino di San Pietro.
Ben presto le pasquinate divennero così pungenti da allarmare sia la santa sede che i suoi notabili;l’esercizio della satira,soprattutto ben dettagliata,con evidente intervento di qualcuno che detestava un suo collega e che riportava pettegolezzi destinati a restare nell’ombra del vaticano,finì per diventare imbarazzante per tutti.
Clamoroso l’episodio di Clemente VII,che morì dopo una lunga malattia;un papa malvisto,tant’è vero che al collo di Pasquino comparve un eloquente ecce qui tollit peccata mundi (ecco colui che toglie i peccati del mondo).,riferito evidentemente al medico che lo ebbe in cura,e che lo curò male,ma che fece,chiaramente,un piacere alla popolazione.
A qualcuno,come Adriano VI,i motti di spirito non andarono giù:definito lingua marcia dai romani,cercò di vendicarsi facendo gettare la statua,cosa che per fortuna non avvenne.
I suoi consiglieri,sicuri che la cosa avrebbe comportato una sollevazione popolare,riuscirono a distorglielo,e Pasquino restò al suo posto.
Ben presto però le pasquinate divennero così insolenti che si rese necessario un intervento del papato,che decise di comminare pene severe a chi avesse contribuito ad appendere al collo della statua qualsiasi scritto di natura satirica.
Cosa che ottenne un risultato assolutamente modesto;gli autori dei versi si moltiplicarono a dismisura,nonostante alcuni di loro,presi in fragrante,fossero stati puniti severamente.
La nascita dei sonetti satirici,tra cui i più famosi divennero quelli del Belli e la contemporanea fine del potere temporale del papato,coinciso con l’unità d’Italia,smorzarono il fenomeno.
Pasquino parlò sicuramente di meno,ma sempre con la sua lingua velenosa e tagliente.
Se ne accorse anche il Duce,quando fece rimettere a nuovo Roma per la venuta del Fuhrer.
Al collo di Pasquino comparve un eloquente:
“Povera Roma mia de travertino!T’hanno vestita tutta de cartone pè fatte rimirà da ‘n’imbianchino…”
Dal blog www.paultemplar.wordpress.com