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Le figlie di Dracula (Twins of evil)

Le figlie di Dracula locandina 7

Con Le figlie di Dracula (Twins of evil nell’edizione inglese) si chiude l’ideale trilogia ispirata alle vicende di Carmilla (o anche Mircalla), la vampira creata da Sheridan Le Fanu.
Un personaggio complesso,la vampira più famosa della letteratura,creata dallo scrittore di Dublino, erede della fortunata tradizione vampiresca;una creatura morbosa e lesbica,capace di reincarnarsi e di trascinare nel gorgo del peccato e della dannazione chiunque incontri nel suo cammino.
Così,dopo Vampiri amanti, uscito nel 1970 per la regia di Roy Ward Baker e Mircalla, l’amante immortale uscito nel 1970 per la regia di Jimmy Sangster ecco chiudersi la trilogia con Le figlie di Dracula, opera di John Hough e prodotta dalla Hammer,la casa di produzione che realizzò la trilogia.
Un film che a differenza dei primi due accantona il personaggio di Mircalla privilegiando quello del conte Karnstein e sopratutto quello delle due gemelle Maria e Frieda Gellhorn,vere protagoniste del racconto.

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Che parte con l’inquietante rogo di una giovane ragazza condannata a morte da Gustav Veil, un duro e implacabile difensore della fede che,a capo di un gruppo di fanatici, perseguita con tutti i mezzi donne accusate di stregoneria,spesso condannandole a morte e qualche volta agendo ingiustamente.
E’ proprio presso la dimora di Veil che arrivano due affascinanti gemelle,Maria e Frieda Gellhorn in seguito alla morte dei loro genitori; sul villaggio dove andranno ad abitare le due orfane aleggia però l’ombra inquietante del Conte Karnstein, un uomo dalla fama sinistra,del quale si vocifera sotto voce.
L’uomo infatti è un dissoluto, che nasconde sotto le spoglie della nobiltà la sua natura di vampiro.
Ben presto le due gemelle prendono strade antitetiche,dovute alle loro differenti psicologie; mentre Maria è una creatura dolce e impressionabile, che ben presto si mostra terrorizzata da quello che accade nel villaggio,Frieda mostra di essere incline al fascino del male e di subirne il fascino.

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Infatti accetterà di farsi sedurre dal conte, diventando in questo modo una vampira.
Mandate a scuola dai fratelli Ingrid e Anton,Maria e Frieda proseguono le loro vite su binari opposti.
Mentre Maria e Anton scoprono di provare attrazione l’una per l’altra, Frieda inizia la caccia al sangue, di cui non può più fare a meno.
Proprio Frieda verrà scoperta mentre succhia una vittima e, scoperta da suo zio, viene condannata al rogo.
Il Conte interviene, sostituendo la sua allieva con la sorella.
La sfortunata Maria sembra quindi destinata ad una fine orribile, ma…
Caratterizzato da una cura quasi maniacale dei dettagli, con una splendida atmosfera gotica esaltata da una fotografia Inappuntabile, Le figlie di Dracula ,brutta traduzione del ben più azzeccato Twins of evil (Le gemelle del male) è un prodotto Hammer del periodo meno felice,dal punto di vista degli incassi,della grande casa inglese.
Nel cast accanto alle gemelle Collinson (che in coppia gireranno sette film per sparire poi nel nulla) troviamo il grande Peter Cushing, che nella storia incarna Gustav Weil, uomo puritano e inflessibile; un personaggio che Cushing rende perfettamente,grazie a quel suo particolare volto scavato, dai tratti ascetici e a occhi che sembrano esprimere con forza un’implacabile fede delle proprie convinzioni.

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Il resto del cast fa ampiamente il suo dovere, a cominciare da Damien Thomas,un misurato e inquietante conte Karnstein per finire con David Warbeck,l’Anton che salverà da morte certa la sua amata Marie.
Del film è presente su you tube, all’indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=qUbHk3iWSOA una splendida riduzione in divx, che permette una visione, una volta tanto,in grado di far apprezzare dettagli e dialoghi.

Le figlie di Dracula
Un film di John Hough. Con Dennis Price, Peter Cushing, Mary e Madeleine Collinson, Damien Thomas,David Warbeck.Titolo originale Twins of Evie. Horror, durata 87 min. – Gran Bretagna 1971

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Peter Cushing: Gustav Weil
Dennis Price: Dietrich
Mary Collinson: Maria Gellhorn
Madeleine Collinson: Frieda Gellhorn
Isobel Black: Ingrid Hoffer
Kathleen Byron: Katy Weil
Damien Thomas: Conte Karnstein
David Warbeck: Anton Hoffer
Harvey Hall: Franz
Alex Scott: Hermann
Luan Peters: Gerta
Katya Wyeth: Contessa Mircalla
Roy Stewart: Joachim
Maggie Wright: Alexa

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Doppiatori

Gianni Bonagura: Gustav Weil
Melina Martello: Maria Gellhorn
Alida Cappellini: Frieda Gellhorn
Valeria Valeri: Ingrid Hoffer
Luigi La Monica: Anton Hoffer
Ludovica Modugno: Mircalla

Regia John Hough
Soggetto Sheridan Le Fanu
Sceneggiatura Tudor Gates
Fotografia Dick Bush
Montaggio Spencer Reeve
Musiche Harry Robertson
Scenografia Roy Stannard

Recensione tratta dal sito http://www.exxagon.it
(…)John Hough, meglio ricordato per Dopo la vita (The Legend of Hell House, 1973), mescola con capacità due filoni cinematografici differenti: quello vampiresco e quello, più prettamente exploitation, relativo alla caccia alle streghe (Il Grande Inquisitore, 1968; La Tortura delle Vergini, 1970). Hough mantiene in discreto equilibrio l’erotismo che sprigiona di continuo dalle due protagoniste e l’atmosfera gotica in cui si giocano le dinamiche demonologiche e vampiresche. Alla fine però si fa una certa confusione. Prima la Confraternita di inquisitori viene presentata come una manica di sadici matti, quindi, alla fine, assurge a club di eroi eliminando la minaccia rappresentata dal Conte e da Frieda, attribuendo quindi retroattivamente una sorta di placet alle malefatte bigotte precedentemente compiute. Non sensatissimo. Inoltre, come fa Frieda ad andare a trovare il Conte se dovrebbe essere a scuola? Al di là dei buchi logici, Le Figlie di Dracula offre un discreto diletto offrendo però poca o nulla originalità in ambito draculesco. Non il migliore prodotto Hammer, ma le due Collins valgono bene una messa nera.(…)

Recensione tratta dal sito http://www.filmhorror.com
Una decapitazione memorabile, sangue, sesso e un Peter Cushing come al solito straordinario, rendono LE FIGLIE DI DRACULA uno dei migliori prodotti della Hammer, tanto da essere stato una delle principali fonti di ispirazione per le atmosfere di Sleepy Hollow di Tim Burton.
Da non sottovalutare poi la sceneggiatura tutt’altro che banale e la regia decisamente coraggiosa per l’epoca.
Terzo film del Ciclo Karnestein prodotto dalla Hammer, LE FIGLIE DI DRACULA venne girato nel 1971 da John Hough, che portò sullo schermo una sceneggiatura originale di Tudor Gates. Il film risultò piuttosto fallimentare al botteghino, aggravando ulteriormente la già difficile situazione economica della casa di produzione inglese che, di lì a poco, decise di abbandonare il gotico per tentare la fortuna con la contaminazione dei generi.

recensione dal sito http://www.latelanera.com
(…)Le figlie di Dracula, diretto da John Hough, è leggermente inferiore al primo episodio della serie ma conclude in bellezza il ciclo “Karnstein”, dando ragione quindi alla Hammer che nonostante il flop del capitolo precedente aveva intuito che le potenzialità di questo filone avrebbero potuto ancora essere sfruttate.
Tudor Gates scrisse la sceneggiatura anche di un quarto capitolo che avrebbe dovuto intitolarsi The vampire virgins con protagonista ancora Peter Cushing nei panni a lui inusuali del vampiro Conte Karnstein, ma il progetto non fu mai realizzato.
Una doverosa precisazione: il titolo italiano, come sovente accade, è uno specchietto per le allodole, nel film di Dracula non c’è neanche l’ombra.(…)

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settembre 28, 2013 Pubblicato da: | Horror | , | Lascia un commento

Perché il dio fenicio continua a uccidere?

Perché il dio fenicio continua ad uccidere locandina 9

Su una piccola isola al largo delle coste britanniche sorge il faro di Snape; qui trovano rifugio due coppiette in cerca di intimità.
Pessima idea, perchè una mano misteriosa uccide tre dei quattro amici.
Tempo dopo una spedizione composta da cinque uomini e due donne si reca sull’isolotto: le motivazioni (non molto nascoste) riguardano le ricerche di un tempio dedicato al dio fenicio Baal, che però si mormora sia custode di un favoloso tesoro.
Il gruppo scopre però l’esistenza dei corpi esanimi delle coppiette, al quale si è aggiunto il corpo della moglie del guardiano del faro,Evan (o Saul?).
La tragica storia è rievocata dal fratello mezzo demente di Evan, che nell’occasione funge da guida per il gruppo.
Di Evan nessuna traccia, ma ecco il colpo di scena.

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Una delle ragazze è assalita da Evan, ormai divenuto completamente pazzo dopo la morte della moglie e per sfuggire all’uomo si sfracella dall’alto del faro.
Uno dei componenti del gruppo scopre l’ingresso alla caverna dove il dio Baal custodisce il suo tesoro, ma contemporaneamente il gruppo dovrà fare i conti con un’altra misteriosa presenza, prima dell’apocalisse finale.
Sulla scia dei film della Hammer production, ormai in fase calante, il regista inglese Jim O’Connolly, con qualche fama da noi per aver diretto alcuni episodi della serie tv Simon Templar, allestisce un filmetto a bassissimo costo che si regge su una sceneggiatura barcollante, a tratti rasentante il delirio e a tratti mortalmente soporifera.
Thriller o horror che sia, Perchè il dio fenicio continua ad uccidere? (in origine Tower of evil) vuol essere un film da incubi e viceversa finisce per annoiare mortalmente lo spettatore, visto che di azione se ne incontra poca per almeno metà film e quando finalmente le cose si muovono ci si rende conto che era meglio che il film fosse rimasto nel limbo delle cose incompiute.

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A parte la povertà dei mezzi a disposizione, O’Connelly non riesce a cavare un ragno dal buco per la necessità di dover basare il film sui colpi di scena.
Che in effetti ci sono ma sono anche banali se non comici.
Non voglio rovinare la visione allo spettatore (incauto), visto che almeno il finale ha qualche colpo di scena, ma va detto che siamo di fronte ad un prodotto molto scadente sotto tutti i punti di vista.
A parte la location, chiaramente ricostruita, e male, negli studios, nuoce al film l’aria di essere un prodotto low cost, con tutte le conseguenze del caso.
Disperatamente O’Connelly la getta sull’erotico, mostrando quanta più epidermide femminile sia possibile, ma l’improbabilità della trama genera più confusione e risa di scherno che apprezzamenti.

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Curiosamente il film ricevette all’epoca delle recensioni tutto sommato non negative, principalmente però nel suo paese.
In Italia eravamo ben abituati, con prodotti sicuramente di qualità superiore, anche se non mancano purtroppo esempi di cinema di genere horror inguardabili o quasi come Perchè il dio fenicio continua ad uccidere?
Per dare un’idea dell’approssimazione della trama, riporto un frammento dell’intervista dell’attrice Jill Haworth, scomparsa nel 2011 che dichiarò:
“Mi ricordo con orrore di Tower of Evil, il mio personaggio si imbatteva in cinque cadaveri e dovevo dire con la faccia seria, ‘Oh, la polizia non sta ancora arrivando”mentre l’equipaggio continuava a ridere ogni volta che lo dicevo “.
Film da restituzione del biglietto, quindi che però,inspiegabilmente, è divenuto negli ultimi anni quasi un fenomeno cult.
Tra l’altro è impossibile trovarlo in rete, ammesso che la cosa valga la pena.
Per chi ama i film in lingua originale è comunque disponibile la versione in inglese, mentre ignoro completamente se sia passato recentemente in tv.

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Perché il dio fenicio continua a uccidere?
Un film di James O”Connolly. Con George Coulouris, Jack Watson, Bryant Holiday, Jill Haworth Titolo originaleTower of evil, distribuito anche come Horror on Snape Island. Horror, durata 85′ min. – Gran Bretagna 1972.

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Gary Hamilton: Brom
Bryant Halyday: Brent, l’investigatore
Jill Haworth: Rose Mason
Mark Edwards: Adam
Jack Watson: Hamp
Anna Palk: Nora Winthrop
Derek Fowlds: Dan
Dennis Price: Bakewell
Anthony Valentine: Dr. Simpson

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Regia Jim O’Connolly
Soggetto George Baxt, Jim O’Connolly
Sceneggiatura George Baxt, Jim O’Connolly
Produttore Richard Gordon
Fotografia Desmond Dickinson
Montaggio Jim O’Connolly
Musiche Kenneth V. Jones
Scenografia Jimmy Evans

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Recensione del sito http://www.filmbrutti.com
“Perchè il dio fenicio continua ad uccidere?”
L’attesa della risposta alla domanda posta nella locandina è lunga e pesante, molto pesante. Ed ovviamente non c’è nessun dio fenicio, per non parlare di una setta, che miete vittime, così come non c’è nessuna torre nel film, ma un faro su un’isoletta al largo delle coste britanniche.
Su tale isola si recano alcuni archeologi ed un investigatore in seguito al ritrovamento dei cadaveri di due coppiette che si erano appartate per fare sesso prematrimoniale: visto che l’arma del delitto è un antico pugnale fenicio, più che l’accertamento della dinamica dei fatti interessa il ritrovamento di un eventuale tesoro. Ma il gruppo, distratto da gelosie sentimentali stile Beautiful, sull’isola trova una brutta sorpresa: il faro contiene un altro cadavere, quello in avanzatissimo stato di decomposizione della moglie del guardiano …(il seguito sul sito)
…Dunque alla fine la nostra curiosità sugli omicidi del dio fenicio è stata più o meno soddisfatta, non si capisce però perchè sia stato necessario sopportare tutto il tedio precedente prima di giungere al dunque: se si voleva mettere in scena il mostro con la testa di cartapesta, lo si poteva far entrare in azione ben prima e con risultati ben più esilaranti!
Recensione del sito http://www.horrormovie.it
Quattro giovani, due ragazze e due ragazzi, si recano sull’isoletta disabitata di Snape per passare una nottata in tutta tranquillità; vengono ritrovati alcuni giorni dopo massacrati, l’unica superstite è in un tale stato di shock che non riesce neppure più a parlare. Nel frattempo sul posto vengono ritrovati alcuni resti di un’antica civiltà fenicia così un gruppo di ricercatori ed archeologi decide di fermarsi sull’isola per analizzare i ritrovamenti. Uno ad uno cominciano a morire, pare che le morti siano legate ad un’antica maledizione di una Divinità Fenicia ma la verità è un’altra… Il perché la distribuzione italiana abbia deciso di cambiare il titolo del film da “Tower of Evil” (La Torre del Diavolo) all’assurdo “Perché il Dio Fenicio continua a uccidere?” rimarrà un mistero; fatto stà che si è di fronte all’ennesimo horror senza infamia né lode. Diverse scene gore, parecchie nudità femminili più o meno svelate (tanto per attirare un po’ di pubblico maschile…), il solito intreccio che passa dal “soprannaturale” per poi svelare una realtà e una verità assolutamente “terrena”; insomma nulla di nuovo e pertanto assolutamente trascurabile.
Recensione di Homesick dal sito http://www.davinotti.com
Fondamento vorrebbe essere il fascino oscuro e misterioso da sempre evocato dalla civiltà dei Fenici e dal loro dio Baal, ma questa pellicola inglese, al di là della fotografia ricercata e brumosa e dell’ incastro dei piani temporali, barcolla lungo uno script sfilacciato e strillante che alla ripetitività delle situazioni tenta di ovviare con la violenza e un elevato tasso di nudità e sesso: le penetrazioni durante un coito sono riprese alla stregua di pugnalate, in una rovente morsa tra Eros e Thanatos. Un film povero, cui tuttavia si riconosce un certo intuito e un’indubbia carica outré.

Recensione di Corinne dal sito http://www.davinotti.com
Tra i discreti incipit e finale, la noia regna sovrana per buona parte del tempo e come in uno slasher, di cui in qualche modo questo film è precursore, ci si chiede chi e come morirà, più che per mano di chi. L’aggancio al dio fenicio è confuso e inutile e la storia avrebbe funzionato anche senza. A metà tra slasher e horror classico, a tratti suggestivo e con livelli di sangue e sesso al di sopra della media del tempo, si perde nella mancanza di tensione e non convince del tutto.

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luglio 25, 2013 Pubblicato da: | Horror | , , , , | Lascia un commento

Diario proibito di un collegio femminile

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In un vagone ferroviario viaggiano due giovani; il primo, Jason Jones, è un musicista rock in chiara crisi creativa.
La seconda, Judy Peters è invece alla ricerca di una sua zia Olga Harris, che è anche l’ultima parente che le è rimasta in quanto la giovane ha perso entrambi i genitori.
Entrambi sono diretti a Brittlerhust Manor, un luogo che Jason crede essere una specie di paradiso dedicato al relax e a coloro che vogliono riacquistare equilibrio e forza.
I due giovani all’arrivo in stazione vengono accolti dal capotreno e da Frederick, il domestico nano del dottor Storm, direttore di Brittlerhust Manor; i due giovani arrivati in quella che a prima vista sembra davvero una villa ospitale ben presto si rendono conto che nel luogo c’è un’atmosfera strana, misteriosa.

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Tutti i giovani presenti infatti sembrano assenti e presentano tracce di interventi chirurgici.
Come Judy e Jason apprenderanno infatti, a Brittlerhust Manor il folle dottor Storm conduce esperimenti sui giovani presenti allo scopo di creare un esercito personale di robot viventi da utilizzare al servizio personale del dottore.
I due quindi vengono di fatto presi come prigionieri e subirebbero lo stesso destino degli altri giovani, tutti lobotomizzati e resi schiavi da Storm non fosse per il provvidenziale arrivo del giovane Abraham, che è alla ricerca della sua fidanzata giunta nella villa e della quale non ha più notizie e sopratutto per l’aiuto dato dal nano Frederick, che decide di aiutare i tre stanco delle angherie subite da Storm.

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Nel finale apocalittico i due giovani e Abraham riusciranno a fuggire, mentre l’orrendo posto verrà distrutto da un incendio in cui periranno tutti gli altri…
Horror hospital, diventato nella versione italiana Diario proibito di un collegio femminile per i soliti e noti motivi di attirare spettatori puntando sulla morbosità del titolo, espediente molto utilizzato dai distributori italiani in realtà non ha praticamente nulla di morboso o di voyeuristico.
Si tratta infatti di un vero e proprio horror diretto nel 1973 da Anthony Balch, regista londinese alla sua seconda regia di un lungometraggio e che sarebbe scomparso pochi anni dopo (nel 1980) a soli 43 anni.
Un horror quasi privo di effetti gore o splatter, diretto con buona mano da Balch; che imbastisce una storia forse ingenua ma non priva di una certa eleganza e di interesse.

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Con l’aiuto di Alan Watson, Balch imbastisce una sceneggiatura che ricalca ancora una volta la classica vicenda del dottore pazzo dedito a esperimenti insensati e crudeli; la variante questa volta è rappresentata dall’utilizzo delle vittime come schiavi dediti al servizio del folle dottore, che da un lato cerca di portare a compimento gli studi del pseudo scienziato russo Pavlov e dall’altro appaga la megalomania del suo ego creando un gruppo di schiavi da dominare totalmente.
Il film regge tutto sommato discretamente, anche se alcune trovate sono comiche in modo involontario; ben ricreata invece l’atmosfera in stile gotico della villa, con almeno due scene da ricordare, ovvero il pranzo a cui partecipano il dottor Storm e Olga (che in realtà è sua moglie), i due giovani e alcune delle vittime del folle dottore e l’olocausto finale, nel quale periscono tra le fiamme (un classico) sia la coppia di coniugi sia tutto il gruppo delle povere vittime.

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Il cast è bene assortito e vede come protagonisti da un lato Michael Gough, eccessivo come al solito e dall’altro la coppia di giovani ospiti del “collegio”, ovvero Robin Askwith e Vanessa Shaw; il resto del cast è di solo contorno e si vede.
Il film non è di facile reperibilità anche se ha diverse versioni in digitale, tuttavia è presente in rete mentre è passato molto raramente in tv.
Vale sicuramente una visione senza impegni e come puro spettacolo di evasione.

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Diario proibito di un collegio femminile
Un film di Anthony Balch. Con Robin Askwith, Michael Gongh, Vanessa Shaw, Michael Gough, Ellen Pollock, Dennis Price, Kurt Christian, Barbara Wendy, Kenneth Benda, Martin Grace, Colin Skeaping, George Herbert, James Boris, Allan Hudson, Simon Lust, Skip Martin Titolo originale Horror Hospital. Horror, durata 100 min. – Gran Bretagna 1973.

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Michael Gough: Dr. Christian Storm
Robin Askwith: Jason Jones
Vanessa Shaw: Judy Peters
Ellen Pollock: Aunt Harris
Dennis Price: Mr. Pollack
Skip Martin: Frederick
Kurt Christian: Abraham
Barbara Wendy: Millie
Kenneth Benda: Carter

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Regia Anthony Balch
Sceneggiatura Alan Watson, Anthony Balch
Casa di produzione Noteworthy Films
Fotografia David McDonald
Montaggio Robert C. Dearberg
Casting Thelma Graves

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L’opinione dell’utente Dandy dal sito http://www.mymovies.it
Un horror grottesco da un regista che oscillò tra cinema di genere e sperimentazione(collaboratore di William Borroughs).Dalla trama nonsense con trovate demenziali(gli aguzzini del dottor Storm sempre vestiti da motociclisti e col casco), e che non rinuncia a una vena di lucida follia e qualche tocco gore.Interpreti godibili,su cui svetta Gough,futuro Alfred della prima serie di film di “Batman”.Non per tutti i gusti,ma all’altezza della fama di cult conquistata negli anni.Peccato che la versione italiana,oltre ad avere un titolo insensato e particolarmente cretino,sia più corta di quasi 10 minuti.

L’opinione del sito http://www.horrordapaura.forumfree.it
Non fatevi ingannare dal titolo, consiglio vivamente a tutti coloro che adorano i film horror vecchio stampo, a me è piaciuto moltissimo e non se ne vedono di questi tempi film così.
All’inizio può sembrare noioso ma vi garantisco che a me ha tenuto incollato fino alla fine del film e il finale è ancora meglio, peccato per gli effetti un po grezzi.

L’opinione del sito http://www.horrormovie.it
Un giovane musicista stressato decide di prendersi una pausa da tutto da tutti. Incuriosito da un opuscolo pubblicitario che promette una vacanza di rilassamento e di risanamento psicho-fisico ospiti di una casa di riposo immersa nel verde e nella quiete di campagna, il ragazzo decide di recarsi immediatamente sul posto. Giunto sul luogo scopre però ben presto che sotto le mentite spoglie di una casa di cura si cela in realtà un ospedale guidato da un folle dottore che compie dei bizzarri esperimenti su giovani cavie. Nonostante una storia abbastanza originale ed attori piuttosto ben calati nei rispettivi ruoli, il film non decolla. Troppi personaggi “stereotipi” (il “Mad Doctor” sulla sedia a rotelle, l’aiutante nano, lo “scapestrato capellone”), dialoghi piatti e scontati e poca suspense. Un horror decisamente poco noto che non merita molta attenzione. Curiosità: il film usci in Italia con il titolo assolutamente gratuito “Diario proibito di un collegio femminile” che nulla ha a che vedere con la trama del film; l’idea, pare chiaro, era di attirare qualche spettatore in cerca di “emozioni forti”.

L’opinione di Brainiac dal sito http://www.davinotti.com
Basterebbe la folle (ma a suo modo magistrale) scena iniziale e i successivi titoli di testa con lo schermo solcato dal sangue a benedire questo filmaccio con le stimmate del trash movie assoluto. Poi però si incappa nella noia della sceneggiatura, che calca troppo il pedale del grottesco e la visione diventa faticosa. Fatidioso anche il ghigno del protagonista, recitazione ignobile. Mediocre, ma con alcune trovate interessanti.

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Maggio 27, 2013 Pubblicato da: | Horror | , | Lascia un commento

Contronatura (1969)

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Sei persone, in viaggio su un auto, sono in viaggio per raggiungere Brighton, località nella quale Sir Archibald Barrett deve recarsi per consegnare ad un giudice dei documenti che lo renderanno proprietario del patrimonio di suo cugino, Richard Wright, che l’uomo dovrebbe ereditare rendendo ancor più cospicuo il suo notevole patrimonio.
Nell’auto, con Archibald, viaggiano il contabile dell’uomo,Ben Taylor in compagnia della moglie Vivian oltre al fattore Alfred che è a sua volta accompagnato dall’amante,Margareth e l’autista dell’auto.
Un violento temporale imperversa sul tratto che il gruppo sta percorrendo con la conseguenza di far impantanare l’auto nel fango.
Mentre infuria la tempesta d’acqua,Alfred scorge alla luce dei lampi uno chalet.

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All’interno dello stesso ci sono due persone, Uriah e sua madre Herta, che al momento dell’arrivo del gruppo sono vicino al camino immerso nella penombra.
Uriah mostra di conoscere Archibald, definito dallo stesso “l’uomo più ricco della contea“;nel frattempo l’anziana Hertha è immersa in uno stato di trance, causata secondo il racconto di Uriah da un’interruzione della catena di una seduta spiritica alla quale la donna partecipava.
Nel frattempo il gruppo si riduce a sette persone; l’autista infatti decide di sfidare il temporale per andare a cercare un auto per allontanarsi da quel posto tetro in cui sembra accadere qualcosa di strano.
Hertha infatti esce dal suo stato catatonico per pronunciare il nome del defunto Richard Wright, l’uomo che ha lasciato ad Archibald i suoi beni.

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Uriah riesce a convincere il gruppo a formare una catena in modo da permettere a sua madre di uscire definitivamente dallo stato in cui si trova e lo snob Archibald, con una risata, accetta.
Ma la seduta spiritica si rivelerà una trappola mortale, per il gruppo.
Hertha, poco alla volta, rivela durante la trance l’oscuro passato di ciascuno dei componenti del gruppo;quello di Alfred che, scoperto in un momento di intimità con la sua amante Margareth provocò la morte della legittima moglie,quello di Vivian, che si era infatuata della bella moglie del defunto Richard Wright, quello di Archibald che per denaro aveva avvelenato Wright lasciando credere a Ben Taylor di esserne il responsabile e infine il passato di quest’ultimo, che si lasciò incolpare della cosa per nascondere l’oscura colpa di Vivian.
Da quel momento tra i cinque inizia una specie di resa dei conti che….

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E’ decisamente un bel film Contronatura, diretto a Antonio Margheriti nel 1969 sotto lo pseudonimo di Antony Dawson; un gotico con tracce horror e circondato da un’aura di sovrannaturale che verrà più chiaramente spiegata nell’illuminante e tragico finale.Un film ispirato liberamente al racconto di Dino Buzzati Eppure bussano alla porta, pubblicato nella raccolta La boutique del mistero.
Un film tutto d’atmosfera, nel quale grazie ad un sapiente uso del flashback si conoscono tutti i particolari delle vite private dei cinque ospiti dello chalet, che apprenderemo essere uno dei luoghi nelle disponibilità del neo erede sir Archibald che lo ha ereditato da Richard Wright.
Proprio attraverso l’uso del flashback impariamo a conoscere il passato segreto e tragico dei protagonisti, attraverso continui andirivieni tra il presente lugubre e angosciante, testimoniato anche dal furibondo temporale che imperversa nella zona e dalla profonda immersione nella penombra della scena principale, che vede i sette personaggi muoversi nell’angusta stanza dello chalet, nel quale troneggia il tavolo al quale sono seduti Sir Archibald e Ben.

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L’implacabile voce di Hertha fa da trait d’union fra passato e presente, ricordando ai presenti le nefandezze commesse.
La macchina da presa di Margheriti si muove così con lentezza sui volti dei protagonisti, mentre rivedono nella mente un passato terribile fatto di delitti di ogni genere, indugiando anche su una scena avulsa da quella principale, ovvero l’improvvisa passione che agita Vivian verso Margareth, che culminerà in una scena saffica alla quale Margareth resisterà dopo un iniziale abbandono.
Attraverso l’implacabile voce di Hertha, vediamo quindi le gesta terribili di cui si sono resi responsabili i protagonisti, con la relazione proibita tra Alfred e Margareth, l’infatuazione innaturale di Vivian per la bella moglie di Richard ecc.
Il film si muove così mostrando la corruzione morale dei protagonisti, nessuno dei quali è immune da peccati tremendi.
E alla fine, quasi in un giudizio apocalittico, vedremo gli squallidi protagonisti della storia o meglio, delle storie ricavare il giusto castigo.

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Gran merito della riuscita del film va ascritto alle ottime prove del cast che Margheriti sceglie per il film; pur non essendo composto da attori di primo piano, il cast stesso fa cose egregie diretto benissimo da Margheriti.
Bene quindi Giuliano Raffaelli che interpreta il velenoso (in tutti i sensi) Sir Archiblad, cosi come ottimi sono Luciano Pigozzi nel ruolo del diabolico Uriah e Claudio Camaso in quello di Alfred.
Ottimo anche il cast femminile, composto da tre brave attrici come Marianne Koch (Vivian), Dominique Boschero ( Margareth) e Helga Anders, che interpreta la fintamente angelica Elizabeth; chiude il gruppo l’impenetrabile ed enigmatica Marianne Leibl nel ruolo di Hertha.

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Davvero ottima la fotografia di Riccardo Pallottini mentre a Margheriti, che cura contemporaneamente soggetto, sceneggiatura e regia va riconosciuto il merito di aver creato un’opera di vera suspence senza utilizzare effetti speciali o splatter.
Contronatura è un film che è possibile vedere su You tube all’indirizzo http://youtu.be/kwkS3yttEhs in una versione di discreto livello; un’opera che consiglio vivamente di non perdere.

Contronatura (Unnaturals), un film di Antonio Margheriti (Anthony Dawson), con Joachim Fuchsberger,Marianne Koch,Dominique Boschero,Helga Anders,Luciano Pigozzi Gotico/Thriller, Italia 1969 Titolo originale Schreie in der Nacht

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Joachim Fuchsberger : Ben Taylor
Marianne Koch : Vivian Taylor
Helga Anders : Elizabeth
Claudio Camaso : Alfred
Luciano Pigozzi : Uriat
Dominique Boschero : Margareth
Giuliano Raffaelli : Sig. Barret
Marianne Leibl : Sig.ra Uriat

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Regia Antonio Margheriti
Soggetto Antonio Margheriti
Sceneggiatura Antonio Margheriti
Produttore Franco Ciferri, Artur Brauner
Fotografia Riccardo Pallottini
Montaggio Otello Colangeli
Effetti speciali Antonio Margheriti
Musiche Carlo Savina
Scenografia Fabrizio Frisardi

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L’opinione dell’utente Cotola, dal sito http://www.davinotti.com:
Splendido gotico italiano, intriso di mistero ed in cui lo spettatore è catapultato sin dai primi minuti in un luogo dalle atmosfere tese e putrescenti, rimanendone invischiato e non riuscendone ad uscirne se non alla fine. Tecnicamente molto valido, può contare su una buona sceneggiatura e su un ottimo ritmo. Poi c’è quella scena…chissà che il buon Kubrick non ne abbia tenuto conto. Quando si dice un gran film di genere.

L’opinione dell’utente Ciavazzaro dal sito http://www.davinotti.com:
Il miglior horror di Antonio Margheriti per uno dei migliori gotici italiani, tutto basato sul tema della vendetta e della giustizia “soprannaturale”. Si respira un’aria davvero inquietante, grazie all’ambiente in cui si svolgono le vicende (l’isolato villino) e le straordinarie musiche di Carlo Savina, che verranno usate successivamente in numerosi altri film. Nota d’onore anche per il cast (su cui spiccano la bellissima Dominique e Luciano Pigozzi). Notevole il finale.

L’opinione dell’utente wega dal sito http://www.filmscoop.it:
Se per una buona parte “Contronatura” sembra essere una noiosa storia di fantasmi di genere, rivela l’ eccellente lavoro di Margheriti nel secondo tempo. Al di là dell’ ottima ricostruzione storica il film è costruito con un sapiente uso del flashback e del montaggio parallelo, col quale la medium ci porta ogni volta nella dimensione parallela di un passato corrotto o criminoso dei protagonisti della vicenda. Mescolando abilmente giallo, erotismo e horror, e abbondonandone qualsiasi approccio gore, la tematica principale è il passato che riemerge per inghiottire il presente, che si esemplifica anche a livello figurativo nel splendido e notevole finale.

L’opinione del sito http://www.exxagon.it
Ritenuto da alcuni il miglior film di Margheriti, Contronatura è una ghost story di gusto gotico insolito, senza segrete né ragnatele ma di notevole atmosfera. Se la prima parte del film può risultare un po’ lenta questo limite vien meno con l’inizio dei flashback che rivelano i torbidi retroscena delle vite dei protagonisti. Margheriti evita l’effetto truculento per concentrarsi sulla costruzione dei personaggi e sulla vita di questi che con le loro bassezze e le loro vite equivoche sono assolutamente in linea con i temi dello spaghetti thriller in voga negli anni ’60. Diverse le scene erotiche a tono lesbo che però viste con occhio moderno non esaltano più di tanto. Curata invece la realizzazione tecnica, soprattutto la fotografia di Riccardo Pallottini. L’intrigo che lega i personaggi ha toni prosaici ma il film termina in una dimensione metafisica niente male e non del tutto prevedibile. Abbastanza solide le interpretazioni.

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Maggio 9, 2013 Pubblicato da: | Horror | , , | 3 commenti

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Un giornalista racconta la storia di Ezra Cobb, conosciuto come “il Macellaio di Woodsideun”.
Ezra è un contadino con gravi problemi psichici che un giorno profana il cimitero in cui è sepolta la madre per riesumarla e portarla in casa con se; all’apparenza l’uomo è una persona strana ma accettata dalla comunità, in realtà ben presto si trasformerà dapprima in un necrofilo che riesumerà altri corpi, poi in un serial killer che uccide donne per trasformarle in qualcosa di simile a dame di compagnia.
Sarà fermato dopo aver ucciso una ragazza…

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Ispirato alle terribili gesta di Ed Gein, un serial killer psicopatico e necrofilo, Deranged-il folle è un film diretto dai registi Jeff Gilen e Alan Ormsby nel 1974, che sfruttano la terribile storia del’assassino del Wisconsin per imbastire una storia a basso budget, povera di effetti ma decisamente lugubre e sopratutto carica di un’atmosfera malsana e malata che si respira per tutto il film.
Ed Gein, morto a 78 anni dopo essere stato catturato nel 1957 e condannato al carcere a vita, passò tutta il resto della sua esistenza in un manicomio criminale scampando alla sedia elettrica per il suo stato mentale, che venne definito dagli stessi dottori che lo esaminarono “insano”.
Riprendendo quindi le sue gesta, che hanno ispirato in vario modo film famosissimi come Psycho,Il silenzio degli innocenti e Non aprite quella porta, oltre ad altre produzioni meno riuscite,Gilen e Ormsby creano un film dall’andamento asciutto e carico di tensione, mostrando l’orrore quotidiano che diventa normalità della vita di Cobb/Gein, attraverso il suo macabro rapporto con la morte.

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Cobb vive in una fattoria isolata con sua madre e alla morte di quest’ultima sembra scollarsi definitivamente dalla realtà;quando riesuma il cadavere della madre instaura con esso un rapporto morboso che però mostra come l’uomo sia precipitato nella follia proprio in seguito al decesso della madre.
Cosa che accadde nella realtà a Gein, che era già malato quando era in vita la madre (probabilmente uccise il fratello, ma di questo delitto non venne accusato formalmente) e che aveva ucciso alcune persone; di questi avvenimenti non c’è la prova certa, in quanto fu lo stesso Gein a confessare gli omicidi molto tempo dopo la sua cattura.
Il film quindi segue il percorso di solitudine e follia dell’uomo, mostrando la sua discesa quotidiana nei meandri della follia testimoniata dalla riesumazione di cadaveri dal cimitero, dal primo dei due omicidi mostrati, dai pranzi macabri dell’uomo con i convitati morti seduti regolarmente a tavola fino alla morte della ragazza appesa come un quarto di bue nel capanno di Ez che così verrà rinvenuta dai vicini quando scopriranno lo squallore della vita di quel loro strano vicino.

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Ez, è questo il diminutivo con cui viene chiamato Ezra,un diminutivo che naturalmente riporta a Ed Gein; la finzione cinematografica quindi si avvicina quanto più possibile alla realtà.
Quella di uno psicopatico che, quando venne scoperto, possedeva reperti umani che lui aveva lavorato e modificato; nella casa degli orrori, come venne ribattezzata l’abitazione di Gein, la polizia trovò nasi ed ossa, teste di donna appese in camera da letto quasi fossero trofei, calotte craniche usate come ciotole o posacenere,un tamburo fatto con pelle umana oltre ad altri oggetti decorati con lo stesso materiale.
Un campionario terrificante, ma che proveniva però da corpi di persone già morte.
Perchè in realtà Gein (come del resto mostrato nel film) uccise solo due persone; la sua vera ossessione era la morte, il rituale della sepoltura.

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Nel film sono infatti due le donne uccise, secondo un rituale che la mente folle di Ez concepisce in una escalation che avrebbe provocato molte più vittime se l’uomo non avesse eliminato la commessa della drogheria del paese, cosa che porterà la polizia sulle sue tracce.
Deranged è un film quasi asettico nella sua descrizione delle gesta di Ez,un film costruito in maniera equilibrata che lascia il tempo per assimilare la follia del protagonista, interpretato magnificamente da Roberts Blossom che molti ricorderanno per le partecipazioni a film come Mattatoio 5 (1972), Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977),Fuga da Alcatraz (1979).

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L’attore statunitense è sobrio e asciutto in un ruolo molto difficile, esasperato anche dalla staticità del film stesso, che è basato tutto sulla descrizione ambientale e psicologica più che sull’azione.
Bene il resto del cast, anche perchè in questo caso funziona davvero da contorno.
Deranged è un film di difficile reperibilità in rete, mentre in tv per quanto ne sappia è passato solo un paio di volte; è disponibile tuttavia in verione digitale e merita di sicuro una visione.

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Un film di Jeff Gillen, Alan Ormsby. Con Roberts Blossom, Cosette Lee, Robert Warner, Marcia Diamond, Titolo originale: Deranged: Confessions of a Necrophile Usa 1974 Horror, durata 84 min

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Roberts Blossom: Ezra Cobb
Cosette Lee: Ma Cobb
Leslie Carlson: Tom Sims
Robert Warner: Harlon Kootz
Marcia Diamond: Jenny Kootz
Brian Smeagle: Brad Kootz
Arlene Gillen: Miss Johnson
Robert McHeady: Sceriffo
Marian Waldman: Maureen Selby
Jack Mather: Ubriaco
Micki Moore: Mary
Pat Orr: Sally

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Regia:Jeff Gillen, Alan Ormsby
Sceneggiatura:Alan Ormsby
Musiche: Carl Zittrer
Montaggio: Jack McGowan
Art Direction:Albert Fisher
Costumi: Elizabeth Leroy

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La recensione dell’utente Movieman tratta dal sito http://www.filmtv.it
Deranged, che col passare degli anni è diventato un mini-cult, è presentato come una ricostruzione di fatti realmente accaduti (le gesta di Ed Gein, ma i nomi sono stati cambiati e Gein diventa Ezra Cobb) con l’introduzione affidata ad un (fittizio?) giornalista che si concede anche qualche altra intrufolata-comparsata a mo’ di ulteriore narrazione. Il tutto con un sottile humor nero che pervade anche altri momenti del film i quali hanno la meglio sulla dimensione gore o splatter, sebbene non manchi qualche scena forte. Probabilmente, di tutte le trasposizioni cinematografiche sul macellaio di Plainsfield, questa (scarna, asciutta, lenta) è la più fedele per la descrizione dell’ambiente e dei personaggi.

La recensione dell’utente Neurotico tratta dal sito http://www.filmscoop.it
Inquietante e disturbante film sullo psicopatico Ed Gein. Essenziale nella sua linearità senza nessuna concessione a sensazionalismi, spettacolarismi o enfatiche messe in scena. Infatti lo stile è a metà tra taglio documentristico e approccio normale. Lo sguardo di ghiaccio da alienato, disturbato e complessato (a causa dell’educazione deviata e repressiva della madre, piena di fisime sessuali derivate dalla benedetta religione) del protagonista Ezra Cobb alias Roberts Blossom resta davvera impresso nella mente come un che di allucinante e terrificante.

La recensione di Alessandro Cruciani tratta da http://www.cinesuggestions.blogspot.it
Questo onesto b-movie insieme ad altre più famose pellicole liberamente ispirate agli eventi (vedi Psycho e Non aprite quella porta) è la trasposizione della vita di Ed Gein, il macellaio di Pleinfield che sconvolse le cronache americane con i suoi atti nefasti.
A metà quindi tra la fiction ricostruita per la televisione e b-movie puro, il film trasporta lo spettatore, senza utilizzare grandi effetti speciali o musiche particolarmente efficaci, nella vita dell’uomo, nella disturbante atmosfera della sua abitazione e nei luoghi più nascosti della sua folle psiche.
È forse proprio l’apparente povertà della messa in scena che accresce quel senso di reale e di disagio nei confronti di una storia tanto assurda quanto – in effetti – vera, realmente accaduta.
L’interpretazione di Blossom nei panni di Ezra riesce poi a catturare lo spettatore con la sua innocenza; la tranquillità con la quale si rivolge al cadavere della madre va di pari passo con la stessa semplicità con cui espone al suo amico i metodi migliori per conservare un corpo.
Lo sguardo da folle si sposa perfettamente all’atmosfera malata che si respira durante la visione del film, tra un pranzo con cadaveri, una pseudo seduta spiritica e un inseguimento nel bosco.

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aprile 29, 2013 Pubblicato da: | Horror | , , , , | 2 commenti

Barbara il mostro di Londra

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In una Londra vittoriana grigia e fumosa agisce il Dottor Jekyll, studioso alla ricerca del mitico elisir di lunga vita.
Avendo scoperto che per produrre il siero è necessario prelevare ormoni femminili da cadaveri possibilmente di ragazze molto giovani, il Dottor Jekyll deputa due loschi figuri al recupero di salme di ragazze.
Jekyll realizza il siero, ma il risultato è del tutto inaspettato; il siero stesso agisce fisicamente sull’uomo trasformandolo anche se per breve periodo in una donna.
Per poter riprendere la mutazione, Jekyll è costretto ad agire da solo per procurarsi il materiale umano necessario; i due loschi collaboratori infatti sono usciti di scena, essendo stato uno giustiziato come profanatore di tombe e l’altro accecato.

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Jekyll inizia quindi ad uccidere per procurarsi i corpi femminili, ma l’esperimento ormai ha creato un alter ego del dottore che è difficilmente controllabile.
L’uomo presenta il suo doppio femminile come Barbara Hyde, una donna che vive con lui essendo rimasta vedova; ben presto però la parte femminile, violenta e senza freni morali, prende il sopravvento, scatenando di conseguenza l’orrore nella città di Londra….
Dottor Jekyll e Sister Hyde, tradotto malamente in Barbara il mostro di Londra è una tarda produzione Hammer diretta da Roy Ward Baker, regista londinese purosangue scomparso nel 2010 alla bella età di 93 anni e autore prolifico di film di discreto livello e di numerosi serial tv, alcuni dei quali di larga fama come Il ritorno di Simon Templar e Attenti a quei due.

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Un film che modifica il celebre racconto di Robert Louis Stevenson Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde introducendo in luogo del famoso dualismo Jekyll/Hyde imperniato sulla dicotomia bene/male la variante della trasformazione in bene-uomo e male-donna, cosa che valse al regista inglese dure accuse di misoginia e maschilismo.
Accuse fondamentalmente risibili, in quanto lungi dal attribuire alla Hyde femminile caratteristiche negative in quanto donna,Baker utilizza semplicemente il doppio in gonnella per motivi puramente scenici.
Qui non c’è più la lotta interiore di Jekyll con Hide alla ricerca di un impossibile equilibrio tra bene e male, che Stevenson racconta nel suo romanzo scritto proprio per raccontare l’ambiguità dell’animo umano, in bilico fra ragione e forza bruta, fra tendenza al bene e oscure tentazioni del fascino che il male comunque esercita sulla psiche dell’uomo.

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C’è, viceversa, uno sdoppiamento fisico fra uomo e donna in cui le due nature contrapposte del bene e del male finiscono per dividersi nettamente, quando Barbara Hyde prende fatalmente il predominio su Jekyll; da questo momento la storia vira verso l’horror non più metafisico bensi concreto, con la trasformazione di Barbara Hyde in un serial killer spietato, in puro stile Jack lo squartatore.
Poichè la storia è ambientata come già detto nella Londra vittoriana, ecco che il romanzo di Stevenson e la terribile storia, purtroppo vera dello squartatore londinese finiscono per intrecciarsi e dar luogo ad un film che se non ha abbastanza profondità per analizzare le vere motivazioni che spingono Jekyll nella sua folle ricerca, quantomeno vira verso un horror che visivamente si gusta con piacere proprio perchè scevro da eccessive implicazioni filosofiche.
Barbara il mostro di Londra mostra quindi la metamorfosi dello scienziato Jekyll in un essere amorale e senza scrupoli, trascinato sulla via della violenza da pulsioni non controllabili; se il bene, presente in Jekyll riesce a mantenere un equilibrio stabile, almeno fino a prima dell’esperimento con il siero, è perchè secoli di morale e di insegnamenti della società sono riusciti a imporre agli uomini dei comportamenti lineari, tesi ad un comportamento sociale di rispetto degli altri.

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Barbara Hyde invece non ha nulla di tutto questo; è forza primordiale, non ha freni inibitori, non è un essere sociale. Non avendo etica, è libera di procurarsi quello che più vuole con tutti i mezzi; Jekyll tenterà inutilmente di fermare il suo doppio, che fatalmente prenderà il sopravvento.
L’Hyde di Stevenson muore suicida quando Jekyll, in un ultimo barlume di coscienza, si rende conto che ha generato un doppio che è un mostro a tutti gli effetti; Barbara Hyde farà una fine diversa proprio perchè Baker ha preferito scegliere la strada del racconto visivo horrorifico piuttosto che una riduzione pedissequa del romanzo dello scrittore scozzese.
Il regista immerge il film in un’atmosfera adeguata al racconto, in modo tale che il film scivola verso la fine senza annoiare lo spettatore; l’introduzione dello sdoppiamento Jekyll/Hyde è raccontato visivamente con un colpo magistrale.

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Nella scena più famosa del film Jekyll, sotto l’effetto del siero si pone davanti ad uno specchio; magistralmente Baker mostra lo sconcerto dell’uomo diventato all’improvviso donna.
Una donna peraltro molto bella, che inizia a esplorare il proprio corpo partendo dal seno sinistro, che il regista inquadra per qualche secondo con una buona dose di malizia.
Sostanzialmente siamo di fronte ad un prodotto ben riuscito, godibile, in linea con lo standard della Hammer, che ormai non aveva più il riscontro al botteghino degli anni passati, ma che manteneva dignitosamente una qualità apprezzata dal suo pubblico.

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Per quanto riguarda il cast nulla da eccepire sulla preparazione dello stesso; molto bene Martine Beswick (Barbara), bene anche Ralph Bates (Jekyll); l’attrice inglese nata in Giamaica, lanciata dai due film della serie 007 Dalla Russia con amore e Thunderball (Operazione Tuono) è una gioia per gli occhi ed è professionalmente ineccepibile.
Bene come dicevo anche il compianto Bates, scomparso prematuramente a 51 anni, che molti ricorderanno protagonista di altri horror come Una messa per Dracula,Gli orrori di Frankenstein e Mircalla l’amante immortale.
Barbara il mostro di Londra è un film che non è difficile reperire in rete, in versione digitale che mostra l’ottima fattura del film stesso, caratterizzato anche da una bella e tetra fotografia oltre che da un’atmosfera di sicuro effetto.

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Un film di Roy Ward Baker. Con Martine Beswick, Ralph Bates, Gerald Sim, Lewis Fiander, Susan Broderick, Dorothy Alison, Ivor Dean, Philip Madoc, Irene Bradshaw, Neil Wilson, Paul Whitsun-Jones, Tony Calvin, Dan Meaden, Virginia Wetherell, Geoffrey Kenion, Anna Brett, Jackie Poole, Rosemary Lord, Petula Portell, Pat Brackenbury, Liz Romanoff, Will Stampe, Roy Evans, Derek Steen, John Lyons, Jeannette Wild, Bobby Parr, Julia Wright Titolo originale Dr. Jekyll and Sister Hyde. Horror, durata 97′ min. – Gran Bretagna 1971.

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Ralph Bates: dott. Jekyll
Martine Beswick: Barbara
Gerard Sim: Robertson
Lewis Flander: Howard
Susan Brodrick: sig.ra Spencer
Neil Wilson: poliziotto anziano
Ivor Dean: sig. Burke
Paul Whitsun Jones: sergente Danvers
Philip Madoc: Byker
Tony Calvin: sig. Hare
Susan Brodrick: Susan
Dan Maeden: banditore
Virginia Wetherell: Betsy
Geoffrey Kenion: primo poliziotto
Irene Bradshaw: Yvonne
Anna Brett: Julie
Jackie Poole: Margie
Rosemary Lord: Marie
Petula Portell: Petra
Pat Brackenbury: Helen
Liz Romanoff: Emma
Will Stampe: Mine Host
Roy Evans: l’arrotino
Derek Steen: il primo marinaio
John Lyons: il secondo marinaio
Jeannette Wild: Jill
Bobby Parr: un giovane apprendista
Julia Wright: cantante di strada

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Regia Roy Ward Baker
Soggetto Robert Louis Stevenson
Sceneggiatura Brian Clemens
Produttore Hammer Film Productions
Distribuzione (Italia) regionale
Fotografia Norman Warwick
Montaggio James Needs
Musiche David Whitaker
Scenografia Robert Jones

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Recensione dell’utente Undying tratta dal sito http://www.davinotti.com
Pregevole produzione inglese siglata da Roy Ward Baker e targata Hammer. Il tema del doppio (buono/cattivo) già analizzato in diverse rivisitazioni del celebre romanzo di Robert Louis Stevenson (Dr. Jekyll and Mr. Hyde) viene qui visto in variante femminile (Dr. Jekyll and sister Hyde è il titolo originale) e con sconfinamento nell’ibridazione (c’è anche un collegamento a Jack lo Squartatore). L’ombra del killer si aggira tra scenografie nebulose nei d’intorni di una Londra -da girone dantesco- sperduta nello spazio e nel tempo… Poetico.

Recensione dell’utente Beckett tratta dal sito http://www.filmtv.it
Un film d’annata, firmato da un altro artigiano della Hammer, pellicola che ha il pregio di rinnovare il mito del dottor Jekyll in modo innovativo e simpatico. A differenza di Fisher (il primo artigiano della Hammer), lo stile di Ward Baker (nel genere vampiresco) è figlio del ’68 e gode di tutte quelle “libertà” che ne conseguono: se in Fisher il sesso era il motivo scatenante ma era vissuto in modo represso, in Ward Baker si libera di tutte quelle restrizioni morali.

Recensione del sito http://www.ecodelcinema.com
Rivisitazione ironica e orrorifica del celebre romanzo di Robert Louis Stevenson, il film vede il dottor Jekyll trasformarsi, grazie alla sua pozione, in una donna bellissima e malvagia, che se ne va per la città a uccidere fanciulle innocenti per ricavarne gli ormoni necessari a sopravvivere. La produzione Hammer garantisce alla pellicola l’eleganza delle ambientazioni e della fattura, ma a fare la differenza è l’originalità del gioco delle ambiguità sessuali, ai limiti del kitsch, sapientemente alternato ai momenti di tensione. Un piccolo classico, divertente e paradossale, da riscoprire.

Recensione del sito http://www.moviecinemania.blogspot.it
Nel film, ambientato dove lo si capisce dal titolo italiano, si narra del dottor Jekyll (Ralph Bates) il quale sperimentando su di sé un siero di sua invenzione di eterna giovinezza, ricavato dall’ormone femminile umano, si trasforma in una graziosa fanciulla, Barbara (Martine Beswick), che tutti credono sorella dello scienziato. Ora con una personalità, ora con l’altra, lo studioso uccide giovani prostitute (creando paura in città un po’ come accade per Jack lo squartatore) per procacciarsi l’ormone e migliorare il suo siero. In Jekyll/Barbara, che si sentono attratti dai fratelli vicini di casa Susan e Howard Spencer (Susan Broderick, Lewis Fiander), inizierà presto la lotta per decidere chi dei due dovrà sopravvivere.
Quello che Jekyll vuole è creare il siero della vita, conoscere il segreto dell’eterna giovinezza, come Frankenstein, senza stregoneria ma con la scienza. È chiaro che anche qui l’ossessione dello scienziato lo porterà all’abisso, all’autodistruzione, all’orrore.
Certo, non ci troviamo di fronte alla folle coraggiosa e geniale commistione di generi e codici che Brian De Palma farà tre anni dopo con Il Fantasma del palcoscenico (1974) ma il prodotto finale è comunque più che dignitoso, in perfetto stile Hammer.

Incipit di Lo strano caso del Dottor Jekyll e Mister Hyde, di R.L.Stevenson

L’avvocato Utterson era un uomo dall’aspetto rude, non s’illuminava mai di un sorriso; freddo, misurato e imbarazzato nel parlare, riservato nell’esprimere i propri sentimenti; era un uomo magro, lungo, polveroso e triste, eppure in un certo senso amabile. Nelle riunioni di amici, quando il vino era di suo gusto, gli traspariva negli occhi qualcosa di veramente umano; qualcosa che non trovava mai modo di risultare nelle sue parole, e che si manifestava, oltre che in quella silenziosa espressione della faccia dopo una cena, più spesso ancora e più vivamente nelle azioni della sua vita. L’avvocato era severo nei riguardi di se stesso; quando si trovava solo, beveva gin, per mortificare l’inclinazione verso i buoni vini; e, sebbene il teatro lo attirasse, non aveva mai varcato la soglia di un teatro in vent’anni.

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marzo 21, 2013 Pubblicato da: | Horror | , , | 1 commento

Monster – Esseri ignoti dai profondi abissi

Monster - Esseri ignoti dai profondi abissi locandina 5

In un villaggio della California un gruppo di pescatori cattura nelle loro reti da pesca uno strano essere dall’aspetto mostruoso; ma mentre sono occupati a trascinarlo a bordo, uno di loro, un ragazzo, cade in acqua e viene afferrato da una creatura spaventosa.Un altro pescatore, scosso dagli avvenimenti, spara un colpo con la lanciarazzi causando l’esplosione della barca.
A riva la coppia Jim e Carol assiste alla tragedia, senza riuscire a capire l’accaduto; nella notte il cane di Carol scompare e la coppia lo rinverrà straziato l’indomani mattina.
La notte successiva accade un altro evento terrificante; due ragazzi,Jerry e Peggy, si recano in riva al mare per un bagno notturno. Ma il misterioso essere trascina sul fondo Jerry e subito dopo insegue Peggy, la raggiunge sulla riva e alla fine la stupra.

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Stessa sorte accade ad un altro ragazzo,Billy e alla sua ragazza,Linda. Billy viene ucciso dal mostro, una creatura umanoide e Linda inseguita da un altro essere mostruoso. Raggiunta, anch’essa viene stuprata.
Gli attacchi si susseguono e in uno di quelli successivi a morire è il fratello di Jim, l’uomo che aveva assistito all’esplosione della barca.
Jim si convince che la responsabilità dell’accaduto sia da ascrivere alla Canco, un’industria che aveva iniziato la costruzione di una fabbrica di conserve alimentari di pescato proprio nel villaggio di Noyo, teatro dei fatti inesplicabili.
Con l’aiuto della dottoressa Susan Drake, Jim scopre che la Canco è direttamente responsabile della mutazione genetica degli umanoidi, che altro non sono che salmoni a cui è stato somministrato un ormone umano, quella della crescita.

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La fuga di un salmone in acque aperte ha di fatto originato la mutazione, perchè il salmone è stato mangiato da pesci più grandi; nel frattempo in paese è festa, perchè sta per svolgersi la tradizionale e annuale festa del salmone.
Proprio durante la festa, un gruppo di umanoidi attacca il paese, spargendo morte e distruzione.
Ma Jim ha un asso nella manica…
Monster-Esseri ignoti dall’abisso (Humanoids from the deep) è un film diretto dalla regista Barbara Peeters su un soggetto scritto da Frank Arnold e Martin B. Cohen sceneggiato da Frederick James, ripreso e modificato da Roger Corman (produttore del film).

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Un prodotto derivato quasi direttamente da classici come Il mostro della laguna nera o sceneggiato sulla scia dell’Isola degli uomini pesce;un prodotto con una confezione sommaria, ma che ha delle frecce al suo arco.
Un classico B movie carico di sano splatter, un tantino demenziale ma anche ricolmo di scene di violenza, culminate nella lunga sequenza finale durante la quale i mostri assaltano i tranquilli frequentatori della festa del salmone seminando il panico tra omicidi e stupri a go-go.
Barbara Peeters (narrano le cronache), aveva previsto una riduzione diversa; sembra che sia stato proprio Corman ad insistere per aggiungere le scene di nudo nel film, incluse quelle che vedono lo stupro di Peggy sulla spiaggia;la regista americana, qui alla sua ultima fatica cinematografica prima di iniziare una feconda carriera televisiva, accettò i suggerimenti (forse con poca convinzione) inserendo le scene richieste da Corman.

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Il film alla fine pur non essendo di certo un granchè è godibile nei limiti ristretti del fantasy/horror.
La recitazione francamente non è di certo un punto di forza del film, così come gli effetti speciali a tratti sono davvero rozzi; ma per una pellicola low budget questi sono stati sempre problemi all’ordine del giorno, per cui è inutile andare a cercare il pelo nell’uovo.
Momenti forti del film sono le due scene acquatiche iniziali, la lunga sequenza dell’attacco dei mostri e sopratutto il parto di Peggy, non la nascita del mostro che lei ha concepito con l’umanoide.
Monster-Esseri ignoti dagli abissi è un film che è passato rarissimamente in tv; è disponibile in versione digitale ed è disponibile su You tube all’indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=TytspCG0Tmk

Monster – Esseri ignoti dai profondi abissi
Un film di Barbara Peeters. Con Vic Morrow, Ann Turkel, Doug McClure, Anthony Penya Titolo originale Humanoids from the Deep. Horror, durata 80 min. – USA 1980.

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Monster - Esseri ignoti dai profondi abissi banner personaggi

Doug McClure: Jim Hill
Ann Turkel: dottoressa Susan Drake
Vic Morrow: Hank Slattery
Cindy Weintraub: Carol Hill
Anthony Pena: Johnny Eagle
Denise Galik: Linda Beale
Lynn Schiller: Peggy Larson
Meegan King: Jack Potter
Breck Costin: Tommy Hill
Hoke Howell: Deke Jensen
Don Maxwell: Dickie Moore
David Strassman: Billy
Greg Travis: Mike Michaels, speaker radio
Linda Shayne: Sally, Miss Salmone
Lisa Glaser: Becky
Bruce Monette: Jake Potter
Shawn Erler: Shawn Hill

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Regia Barbara Peeters
Soggetto Frank Arnold, Martin B. Cohen
Sceneggiatura Frederick James
Produttore esecutivo Roger Corman (non accreditato)
Fotografia Daniel Lacambre
Montaggio Mark Goldblatt
Musiche James Horner

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Luciano Melani: Jim Hill
Ada Maria Serra Zanetti: dottoressa Susan Drake
Gianni Bonagura: Hank Slattery
Livia Giampalmo: Carol Hill
Dario Penne: Johnny Eagle
Rossella Izzo: Peggy Larson
Claudio Capone: Tommy Hill

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marzo 5, 2013 Pubblicato da: | Horror | | Lascia un commento

Alla 39a eclisse

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Matthew Corbeck, archeologo egizio e sua moglie Anne sono in Egitto sulle tracce di una regina di nome Kara, completamente dimenticata dalla storia.
Con l’aiuto dell’assistente Jane, Matthew segue le indicazioni riportate su una roccia che indica la posizione della tomba della regina, mentre Anne è costretta a rimanere al campo in quanto è incinta ed è alle ultime settimane.
Mathhew e Jane aprono la tomba,proprio mentre Anne è presa dalle doglie.Tornati al campo, i due portano la donna con urgenza al Cairo perchè sembra preda di un attacco di catatonismo.
Lasciata la moglie in ospedale, l’archeologo torna alla tomba di Kara; nel momento del loro ingresso nella tomba stessa, Anne da alla luce una bimba, che nasce morta.
Ma ecco che nel momento in cui i due archeologi aprono il sarcofago che avviene un evento miracoloso; la bimba prende a respirare.

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Tornato in ospedale Matthew scopre che la moglie non ha preso affatto bene la sua lontananza al momento del parto; l’archeologo tuttavia non da peso alla cosa e torna alla tomba per curare il trasporto degli oggetti contenuti al suo interno. Al museo del Cairo verrà trattato da eroe e gli verrà regalato uno specchio a forma di Ank (la croce egizia), ma quando andrà a trovare la moglie scoprirà che Anne è andata via portandosi dietro la bimba, che ha battezzato Margaret.
Diciotto anni dopo ritroviamo Matthew sposato con Jane; ha divorziato da sua moglie e sta preparando il compleanno di sua figlia, alla quale intende regalare l’Ank ricevuto tanti anni prima.
A guastare il clima rilassato dei preparativi ci pensa Paul Whittier, assistente del professore che gli comunica che al museo del Cairo hanno gravi problemi con la mummia di Kara, che si sta deteriorando in maniera preoccupante.

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Rientrato al Cairo, dopo una furibonda lite con il direttore del museo, che si oppone con tutte le forze al trasporto della mummia a Londra, Matthew assiste alla terribile morte del direttore stesso, investito da un camion; ormai libero di muoversi, Matthew trasporta la mummia a Londra.Qui incontra finalmente sua figlia Margaret alla quale racconta quel poco che conosce della storia di Kara, la sua grande scoperta di tanti anni prima.
Kara era stata sepolta con poche informazioni scritte sulle pareti della tomba; era una regina crudele e dissoluta, che aveva ucciso sua madre, sedotto suo padre e che infine lo aveva ucciso.
Matthew decide di portare Margaret in Egitto per farle visitare la tomba di Kara; da questo momento gli eventi prendono una strada assolutamente imprevista.
Margaret, nella tomba, assume atteggiamenti al limite dell’incestuoso e Mathhew scopre come sua figlia assomigli in maniera impressionante alla defunta regina.

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Casualmente, i due scoprono con l’aiuto di una guida, che pagherà con la vita un busto di Kara recante al collo uno splendido gioiello e i 4 vasi canopi conteneti le viscere, il cuore e il cervello della regina.
I due decidono di non raccontare del ritrovamento e ritornano in Inghilterra.
Qui Margaret mostra segni preoccupanti di cambiamento.
I suoi atteggiamenti incestuosi verso il padfre aumentano, proprio mentre Mathhew scopre che la costellazione di Orione è nella stessa posizione del periodo in cui visse Kara.
Nel frattempo Anne muore, subito dopo una terribile visione.

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Cosa lega Margaret alla dissoluta regina Kara? Era scritto che suo padre le dovesse regalare l’Ank? Cosa sta accadendo?
Alla trentanovesima eclisse è un film scritto da Chris Bryant, Clive Exton e Allan Scott su un soggetto di Bram Stoker, ed è il primo film diretto da Mike Newell, futuro regista di opere come Quattro matrimoni e un funerale,Monna Lisa smile,Donnie Brasco e Harry Potter e il calice di fuoco.
E’ un film di ottima fattura, con una sceneggiatura pregevole e un andamento sicuro; per gli amanti della storia dell’antico Egitto è uno spettacolo per gli occhi, visto che è stato girato proprio nella terra dei faraoni.
Pu non essendo un horror tradizionale, mescola con eleganza e abilità gli elementi tipici dell’horror al fantastico, con risultati finali sicuramente apprezzabili sia nell’economia totale del film sia nelle varie componenti, come la fotografia e le location.

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Un film che si avvale della grande professionalità di Charlton Heston, ancora una volta alle prese con un ruolo a metà strada tra “l’avventuroso” ,lo storico e il fantastico.
Molto brava è anche Stephanie Zimbalist che interpreta Margaret Corbeck, il personaggio più ambiguo della vicenda, la bambina nata morta e poi misteriosamente tornata in vita, colei che sembra reincarnare lo spirito e il corpo della dissoluta regina Kara, della quale è destinata a seguire tragicamente le orme.
Come avrete letto ho volutamente saltato tutta la parte finale del film; anche se dal ritrovamento dei Corbeck dei vasi canopi la storia sembra diventare facilmente prevedibile (e in realtà lo è davvero) vale la pena seguire le vicende dei personaggi senza spoiler del film, che rovinerebbe un finale ben congegnato e poco politicamente corretto.
E’ proprio il finale la parte meglio realizzata del film, con l’incontro finale tra padre e figlia in una Londra in notturno tetra e silenziosa.
Un gradevole film, quindi, nel cui cast spiccano attori di ottima levatura come Susanna York (Jane, la seconda moglie di Mathhew) e Jill Townsend (Anne).
Per quanto riguarda la sua reperibilità, in rete c’è una pregevole riduzione dal digitale mentre su You tube c’è la versione completa in inglese.
Il film non ha avuto passaggi televisivi frequenti per cui occorre armarsi di pazienza se si spera in una sua proiezione domestica.

Alla trentanovesima eclisse
Un film di Mike Newell. Con Susannah York, Charlton Heston, Jill Towsend,Stephanie Zimbalist Titolo originale The Awakening. Horror, durata 102′ min. – Gran Bretagna 1980.

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Charlton Heston: Matthew Corbeck
Susannah York: Jane Turner
Jill Townsend: Anne Corbeck
Stephanie Zimbalist: Margaret Corbeck
Patrick Drury: Paul Whittier
Bruce Myers: Khalid
Nadim Sawalha: El Sadek
Ian McDiarmid: Richter
Ahmed Osman: Yussef
Miriam Margolyes: Kadira
Michael Mellinger: Hamid
Leonard Maguire: John Matthews

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Regia Mike Newell
Soggetto Bram Stoker
Sceneggiatura Chris Bryant, Clive Exton, Allan Scott
Fotografia Jack Cardiff
Montaggio Terry Rawlings
Musiche Claude Bolling
Scenografia Michael Stringer, Lionel Couch, Salah Marei

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Soundtrack del film

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Il libro di Stoker da cui è tratto il film

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marzo 2, 2013 Pubblicato da: | Avventura, Horror | , , , , | Lascia un commento

Il prato macchiato di rosso

Il prato macchiato di rosso locandina 1

Antefatto: un agente dell’UNESCO scopre in una bottiglia di vino tracce di sangue e decide di investigare. L’UNESCO in questione naturalmente non ha nulla a che vedere con l’omonima organizzazione per la cultura dell’ONU.
Con un veloce cambio di sequenza veniamo trasportati nell’azienda vinicola del dottor Antonio Genovese, dove troviamo l’uomo intento a scrivere qualcosa su dei fogli di carta mentre un uomo siede con lo sguardo perso nel vuoto accanto a dei fiaschi di vino.
Il cognato di Genovese, Alfiero, fratello della moglie dell’uomo, Nina, si reca dalla donna e sulla strada raccoglie due giovani hippy in cerca di un passaggio.

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Nella villa facciamo la conoscenza con l’enigmatica e bellissima Nina e ritroviamo l’ubriacone e una prostituta, entrambi ospiti dei Genovese; a completare lo strambo gruppo c’è una giovane zingara, che ha fermato Alfiero promettendogli di leggergli la mano in cambio di 5000 lire.
Il dottor Genovese, all’apparenza uomo inoffensivo e stravagante, in realtà è un pazzo furioso che ha ideato un meccanismo per succhiare letteralmente il sangue dai corpi delle malcapitate vittime, che vengono raccolte per strada proprio da Alfiero.
All’interno della villa inizia così il macabro cerimoniale per utilizzare i 4 giovani per gli assurdi esperimenti del dottore, ma per fortuna dei ragazzi è in arrivo l’agente dell’UNESCO, che seguendo le tracce del vino…
Imbarazzante.

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E’ il primo aggettivo che viene in mente di fronte a questa pellicola contraddistinta da una pochezza e da una sciatteria più uniche che rare.
Diretto da Riccardo Ghione (A cuore freddo, La rivoluzione sessuale) qui al suo ultimo film, Il prato macchiato di rosso esce nelle sale nel 1972 nel più assoluto anonimato, tanto da essere riproposto tre anni dopo con risultati pressochè identici.
E i motivi di tale insuccesso sono ascrivibili a fattori diversi; il film ha una sceneggiatura ai limiti del ridicolo, dove spesso sconfina per situazioni, ha un cast che pur composto da buoni attori deve fare i conti con dialoghi a volte surreali a volte francamente imbarazzanti.

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Girato quasi totalmente in una villa sfarzosa, Il prato macchiato di rosso vorrebbe dare l’impressione di un prodotto claustrofobico finendo invece per far sprofondare l’incauto spettatore in un sonno profondo, dal quale non può risvegliarsi in assenza totale di qualcosa che contribuisca a sollevare le palpebre.
La pochezza del film la si intuisce dopo pochi minuti, quando vediamo il robot che il folle dottor Genovese ha ideato, che è la copia carbone del ben più famoso
robot del dottor Moebius protagonista di Il pianeta proibito, film del 1956.

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Qua non siamo nei mitici anni 50, ma in un periodo in cui la tecnologia degli effetti speciali aveva fatto passi da gigante; ma Ghione, evidentemente a corto di budget ( e di idee), ripropone stancamente stereotipi del passato, incluso il folle “scienziato” che inventa un apparecchio destinato a donare immortalità tramite il prelievo del sangue.
Un vampiro moderno quindi, meccanico e non più semi umano.
Mentre il film scorre assistiamo a scene davvero imbarazzanti, come quella dell’orgia in una stanza piena di specchi, mentre i presenti nella villa parlano di cose banali, che non hanno il minimo fascino o interesse per lo spettatore.
A colmare la misura la presenza del folle dottor Genovese addobbato come un damerino con degli assurdi ed enormi papillon!
Inutile quindi cercare qualcosa di buono nella pellicola; il cast è terribilmente in difficoltà di fronte alla mancanza di motivazioni dei personaggi, che appaiono trasportati in uno scenario che vorrebbe essere malato e malsano e che invece sprofonda immediatamente nel ridicolo.

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Peccato per attori di valore come Marina Malfatti (Nina) o come Castelnuovo (l’agente UNESCO), costretti a barcamenarsi i azioni deliranti.Nino Castelnuovo sembra alle prese con problemi gastointestinali mentre tenta disperatamente di fare la faccia seria,mentre la Malfatti riesce a mantenere un contegno grazie anche al ruolo che ricopre con la solita professionalità.
Il gineceo è completato da Barbara Marzano (la zingarella), da Daniela Caroli (la ragazza Hippy) e da Dominque Boschero (la prostituta), che si segnalano principalmente per l’esposizione dei loro corpi nudi.
Ghione punta proprio su un erotismo peraltro blando per vivacizzare le scene, che hanno un’unico momento di interesse quando i due hippy fanno la doccia e si vedono coprire da litri di sangue.
Tutto il resto è quindi noia profonda.

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Nel film vaga come un’ombra anche Lucio Dalla, costretto dal copione a fare l’ubriacone (sic) ;il compianto cantautore è anche l’interprete dei motivi iniziali e di chiusura del film, che forse restano le cose migliori dello stesso.
Recentemente editato in DVD, il film è rimasto per quattro decenni in naftalina e per quanto mi riguarda avrebbe potuto restarci per sempre.
In ultimo segnalo agli incauti spettatori che vorranno visionare la pellicola la sua presenza (in digitale) in streaming nella rete.

Il prato macchiato di rosso

Un film di Riccardo Ghione. Con Lucio Dalla, Dominique Boschero, Marina Malfatti, Enzo Tarascio, Daniela Caroli,Claudio Biava,Barbara Marzano, Nino Castelnuovo, George Willing Horror, durata 92 min. – Italia 1975.

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Marina Malfatti … Nina Genovese
Enzo Tarascio … Dr. Antonio Genovese
Daniela Caroli … Compagna di Max
George Willing … Max
Claudio Biava … Alfiero, fratello di Nina
Barbara Marzano …La ragazza hippy
Dominique Boschero …La prostituta
Lucio Dalla … L’ubriacone
Nino Castelnuovo … Agente dell’ UNESCO

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Regia Riccardo Ghione
Soggetto Riccardo Ghione
Sceneggiatura Riccardo Ghione
Fotografia Romolo Garroni
Montaggio Cleofe Conversi
Musiche Teo Usuelli

 

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marzo 1, 2013 Pubblicato da: | Horror | , , , | Lascia un commento

La tortura delle vergini

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Più horror che gotico, questo Mark of the devil (Marchio del diavolo), tradotto malamente e furbescamente in La tortura delle vergini, film uscito nelle sale italiane nel 1970, ma in realtà girato dal regista Michael Armstrong nel 1969.
Film che ebbe i consueti problemi con la censura a causa di qualche blanda scena di sesso (più che altro nudità) e che quindi passò sotto le forbici della censura risultandone al solito mutilato.

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Armstrong, qui alla sua penultima fatica come regista (il regista di Bolton era più conosciuto come sceneggiatore) imbastisce una storia truculenta mescolando con indubbia abilità caccia alle streghe e torture, un binomio quasi sempre a buon fine al botteghino per la misura di sesso e violenza che sistematicamente attraeva lo spettatore facendolo spesso sorvolare sulla effettiva qualità del film stesso.
Nel caso di La tortura delle vergini siamo di fronte ad un prodotto tutto sommato dignitoso, con un plot già visto ma con qualche elemento di novità e una buona ambientazione sia come location che come scenografia.

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La trama:
-in un villaggio inglese imperversa il giudice Albatro, difensore della moralità e accanito persecutore di presunte streghe.
L’uomo in realtà è un deviato perverso, che sfoga i suoi istinti più brutali in nome della religione e di Dio; ad aiutarlo c’è il cancelliere Albino, un altro pervertito che non ha nulla da invidiare, in materia di crudeltà al suo padrone.
Nel villaggio però arriva il duca di Cumberland, mandato dalla corte per controllare le voci su presunti eccessi di zelo di Albatro.Ad accompagnarlo c’è il giovane Conte Christian von Meruh, che ben presto è costretto ad assistere alla brutalità del duca.

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Cumberland aumentà se possibile il terrore sulla popolazione, imprigionando molte donne sotto l’accusa di essere streghe.
Ben presto però la contemporanea presenza di due aguzzini affetti da smisurata brama di potere si trasforma in una lotta intestina tra il giudice Albatro e il Duca Cumberland.
La resa dei conti avviene ben presto e a soccombere è proprio il perfido Albatro; ad assistere non visto all’omicidio è proprio l’assistente del duca, Christian, che nel frattempo si è anche innamorato di una bella popolana, Vanessa.
Quando la ragazza viene catturata e imprigionata, Christian decide di agire e libera la giovane, che da il via ad una sollevazione popolare contro il perfido Duca.

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Christian finisce a sua volta nelle prigioni, dalle quali viene liberato proprio da Vanessa e dai popolani che vorrebbero giustiziare il Duca.
Ma a pagare per tutti sarà proprio Christian: il Duca infatti riesce a fuggire e la gente, inferocita, lincia proprio il giovane assistente sotto lo sguardo impotente di Vanessa.
Una sceneggiatura forse tagliata con l’accetta, con la consueta divisione (netta) fra il potere cattivissimo, rappresentato dal Duca e dal Giudice e in subordine dall’assistente del giudice e i buoni, fra i quali il redento Christian, l’unico a pagare con la vita le malefatte di altri, a lui non imputabili.
Armstrong guarda con occhio particolare alla descrizione delle torture da infliggere alla povere vittime, mostrando da subito di essere interessato principalmente (forse unicamente) all’aspetto da grand guignol della storia, senza minimamente impelagarsi in un discorso storico sulla tristissima stagione della caccia alle streghe.

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Lo fa con perizia, per cui da questo punto di vista il film regge; il resto del film va visto proprio in quest’ottica, ovvero quella di un gotico che ha l’unico scopo di pestare l’acceleratore sulle scene di violenza.
Il cast si muove egregiamente; molto bravo il solito Udo Kier mentre il perfido e amorale duca è interpretato da Herbert Lom. A suo agio anche la bella ed espressiva Olivera Katarina, da noi poco conosciuta ma che ha continuato a lavorare nel cinema con buona continuità fino a quattro-cinque anni addietro.
Una curiosità: alle prime proiezioni del film venne consegnato, nelle sale, un sacchetto che avrebbe dovuto contenere il vomito degli spettatori!
La tortura delle vergini non è di facilissima reperibilità in rete; tuttavia è uscito in edizione digitale ed è quindi disponibile in dvd.Rarissimi i suoi passaggi televisivi.

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La tortura delle vergini
Un film di Michael Armstrong. Con Herbert Lom, Udo Kier,Olivera Katarina, Herbert Fux, Olivera Vugo Titolo originale Mark of the devil. Horror, durata 90 min. – Germania 1969.

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Herbert Lom … Lord Cumberland
Udo Kier … Conte Christian von Meruh
Olivera Katarina … Vanessa Benedikt
Reggie Nalder … Albino
Jeff Wilkens – Il boia
Johannes Buzalski … Avvocato
Michael Maien … Barone Daumer
Gaby Fuchs … Deidre von Bergenstein
Ingeborg Schöner …Moglie del nobile
Adrian Hoven … Il nobile
Günter Clemens … Friedrich
Doris von Danwitz … Elisabeth

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Regia: Michael Armstrong
Sceneggiatura:Michael Armstrong, Adrian Hoven
Produzione:Adrian Hoven
Musiche:Michael Holm
Fotografia:Ernst W. Kalinke
Montaggio:Siegrun Jäger
Direzione artistica:Max Mellin

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febbraio 17, 2013 Pubblicato da: | Horror | , , , | Lascia un commento