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Angelica (Marchesa degli angeli)

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Angélique de Sancé il de Monteloup,(da noi semplicemente Angelica) è una splendida ragazza che vive nella Francia del Re Sole,Luigi XIV;libera,intelligente e poco propensa alla disciplina,viene inviata da suo padre in casa del cugino,dove,involontariamente,ascolta una conversazione tra persone che complottano contro la vita di Luigi XIV.La ragazza ruba la fiala del veleno che i congiurati avrebbero dovuto utilizzare,il principe di Condè,uno dei congiurati,fa in modo che la ragazza venga inviata in un convento,per metterla a tacere.

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Angelica resta in convento 4 anni,ed esce solo perchè il padre ha deciso di darla in moglie al ricco e nobile Joffrey de Peyrac,dl quale Angelica sa soltanto che è molto più vecchio di lei,che è zoppo e che ha il volto deturpato da una cicatrice;la ragazza,disperata,si concede al suo unico amore,Nicola,ma viene sorpresa dal padre.

Così Angelica arriva a casa di De Peyrac,dove scopre che l’uomo che sta per sposare ha effettivamente i difetti fisici vociferati,ma che è anche una persona dal cuore gentile,pieno di premure per la sua bellissima sposa,e che è un uomo istruito e intelligente.

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Un uomo che non esita a dare asilo ad un innocente ricercato dall’inquisizione;Angelica,così,scopre di amare il marito e l’unione tra i due è allietata dalla nascita di un figlio.

Ma il destino è in agguato:il re Luigi XIV,durante la sua visita al castello di Joffrey,si invaghisce di Angelica;da quel momento per suo marito la vita si farà difficile,fino al giorno in cui De Peyrac viene arrestato con l’accusa di essere un eretico ed uno stregone;inutilmente la donna tenta di convincere il re a liberare suo marito.

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Che viene invece condannato a morte;Angelica,che ha avuto il secondo figlio,affida i suoi bambini alla sorella,e si rifugia nella Corte dei miracoli,dove incontra il suo vecchio amore,Nicola. L’uomo chiede ad Angelica di stringere un patto;la liberazione del marito in cambio della promessa di andare a vivere tutti e due in America. Angelica accetta,ma Nicola e i suoi arrivano troppo tardi in piazza De Greves;De Peyrac è bruciato sul rogo. Angelica,disperata,decide di rimanere a vivere nella corte dei miracoli,e cambia il suo nome in Marchesa degli Angeli.

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Tratte dai romanzi della coppia Anne e Serge Golon,le avventure della meravigliosa Angelica,com’era chiamata in Francia,altro non sono che un feuilleton di discreto livello. Il cinema si impossessò del suo personaggio,e grazie alla bellezza di Michele Mercier ne fece un personaggio conosciuto in tutto il mondo. Lei,la bellissima Mercier,interpretò anche i 4 film successivi,che restarono comunque di buon livello,grazie alla sapiente scelta di costumi e location,davvero ottimi,e sopratutto grazie anche al binomio amore/vendetta,un’accoppiata che al cinema paga sempre.

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Un film di Bernard Borderie. Con Philippe Lemaire, Robert Hossein, Giuliano Gemma, Michèlle Mercier, Rosalba Neri, Jean Rochefort, Claude Giraud. Genere Avventura, colore 105 minuti. – Produzione Francia 1964.

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De Vardès     Philippe Lemaire
Nicolas Merlot     Giuliano Gemma
François Desgrez     Jean Rochefort
Joffrey de Peyrac    Robert Hossein
Angélique Sancé de Monteloup     Michèle Mercier
Bernard d’Andijos     Bernard Woringer
Maître Bourié     Jean Topart
Il principe di condè de Condé     François Maistre
Jactance     Serge Marquand
Louis XIV     Jacques Toja
Philippe de Plessis-Bellières     Claude Giraud
L’arcivescovo di Toulouse    Jacques Castelot
Carmencita     Geneviève Fontanel
La Polak     Rosalba Neri
Le chevalier de Lorraine    Robert Hoffmann
Procureur Fallot     Yves Barsacq
Cul-de-bois     Henri Cogan
Barbe     Denise Provence
Margot     Noëlle Noblecourt

Regia:     Bernard Borderie
Soggetto:     Anne Golon e Serge Golon
Sceneggiatura:     Claude Brulé, Bernard Borderie, Francis Cosne e Daniel Boulanger
Produttore:     Francis Cosne e Raymond Borderie
Casa di produzione:     Borderie Films
Fotografia:     Henri Persin
Montaggio:     Christian Gaudin
Musiche:     Michel Magne
Scenografia:     René Moulaert
Costumi:     Rosine Delamare

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«Nutrice,» chiese Angelica, «perché Gilles di Retz uccideva tanti fanciulli?»
«Per il demonio, figlia mia. Gilles di Retz, l’orco di Machecoul, voleva essere il più potente signore del suo tempo. Nel suo castello non c’erano che storte, ampolle, pentole piene di rosse brode e di orrendi vapori. Il diavolo voleva che gli fosse offerto in sacrificio il cuore di un bambino. Così cominciarono i delitti. E le madri atterrite s’indicavano il nero torrione di Machecoul circondato di corvi, tanti erano nelle prigioni i cadaveri degli innocenti.»
«Li mangiava tutti?» chiese Angelica con voce tremante Maddalena, la sorellina di Angelica.
«Non tutti, non ce l’avrebbe fatta,» rispose la nutrice.

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Maggio 15, 2008 Posted by | Storico | , , , , , | 4 commenti

2001 Odissea nello spazio

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Agli albori dell’umanità un gruppo di ominidi lotta per la sopravvivenza in un mondo ostile,arido e difficile;un giorno un monolite nero appare davanti alla grotta degli ominidi,e il loro capo all’improvviso maneggia un osso,capisce che può utilizzarlo come arma e lo brandisce,poi lo lancia verso il cielo,e all’improvviso tutto cambia,nel cielo appare un’astronave.

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Sono passati tre milioni di anni da allora,siamo nel 2001 e il dottor Floyd è chiamato sulla base lunare per osservare una stupefacente scoperta; in uno scavo è apparso un monolite nero. Mentre Floyd si appresta a fotografare il monolite nero,un raggio di sole lo colpisce, e subito dopo un segnale radio parte da esso, direzione Giove.

Un altro balzo nel tempo,e troviamo 5 astronauti che in stato di ibernazione stanno viaggiando verso Giove, mentre l’astronave è sotto il controllo del supercomputer HAL 9000, un’intelligenza artificiale molto sofisticata.

Hal ha istruzioni di non rivelare a Bowmann e Poole, i due astronauti di guardia, la vera natura del viaggio, ma questa istruzione provoca problemi ai complessi circuiti del computer,che è stato programmato per collaborare con l’uomo,non per nascondergli informazioni; Hal,arrivato nei pressi di Giove, tenta di uccidere gli umani, per risolvere il problema,ma Bowmann riesce a sopravvivere e a riportare il computer alla programmazione originale; in un filmato, il dottor Floyd rivela a Bowmann la vera natura della missione,e all’ultimo astronauta in vita non resta che dirigersi verso la fonte del segnale.

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Qui Bowmann viene letteralmente cooptato dal terzo monolite,che lo spedisce in un viaggio attraverso il tempo e lo spazio, fino a portarlo in uno strano appartamento, dove l’astronauta vede un altro se stesso invecchiare rapidamente, fino a ritornare allo stadio di feto, dove rinascerà in forma di figlio dello spazio, che scruta il pianeta terra dall’infinito spaziale.

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Kubrick riprende il romanzo di Arthur C.Clarke, rispettando la splendida solitudine dei vuoti spaziali, usando la lentezza dello spazio stesso come un valore aggiunto,evitando quindi il rischio di stravolgere il romanzo originale,che è, in realtà, una sintesi metafisica dell’uomo, del suo rapporto con l’infinito,con le sue radici, con il suo divenire.

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Quando, nel 1964, Arthur C. Clarke venne contattato da Kubrick per realizzare quello che poi sarebbe stato il film 2001 odissea nello spazio, rielaborazione del romanzo dello stesso Clarke, La sentinella, scritto nel 1948, probabilmente non si rese conto delle potenzialità enormi che aveva il suo racconto scritto in forma breve; viceversa Kubrick ne era ben consapevole, tanto da proporre allo scrittore un ampliamento organico del romanzo, che sarebbe diventato l’embrione del film.

Nel 1968 il film venne alla luce, e le differenze tra il romanzo e il film erano così sottili da far capire quanto fosse importante la collaborazione tra letteratura e cinema per ottenere un prodotto di sintesi di altissimo livello.
Kubrick elabora per immagini quello che è il romanzo, saltando solo alcuni passaggi per ovvi motivi; il film, di per se lunghissimo, si dilata in 2 ore e 21 minuti di immagini, con dialoghi ridotti all’osso.
Il regista privilegia com’è ovvio la parte visiva, affidando alla potenza delle immagini il racconto, e giungendo alla conclusione, metafisica e parzialmente inespressa, almeno per lo spettatore, attraverso suggestioni offerte da una sapiente miscela di immagini e musica.

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Già la scelta di un autore come Richard Strauss, autore di “Così parlò Zarathustra” (“Also sprach Zarathustra”), tema portante del film, denota una ricerca maniacale del giusto accoppiamento tra sensi, vista e udito, per portare lo spettatore attraverso il misterioso viaggio della vita, che in questo caso trasporta l’uomo dall’alba della preistoria, con la famosa scena di Guarda-la-Luna (nel romanzo, il nome dell’ominide-scimmia che trova il monolite) che lancia un osso verso il cielo, il quale si trasforma in un’astronave interspaziale.
Da questo momento il film si annoda al romanzo in maniera inestricabile, tanto che il lettore dell’opera di Clarke non fatica a comprendere la complessa simbologia delle scene; ma Kubrick supera il limite della parola, creando una infinita serie di quadri; lo spettatore si trasforma nel visitatore di una galleria d’arte, fatta da miliardi di tele sequenziali, viste ovviamente ad alta velocità.

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Il percorso che Kubrick fa fare a Bowman è quello evolutivo verso uno stadio finale in cui l’uomo sparisce come entità fisica, per diventare qualcosa di completamente diverso, attraverso la rinascita in feto e il rivivere le varie fasi dell’esistenza di Bowmann stesso, che diventa parte di quello spazio, di quell’universo, non più in forma umana, ma in qualcosa di assolutamente nuovo, complesso e misterioso.
2001 odissea nello spazio è un film denso di interrogativi,di icognite,incluso il finale aperto a tutte le interpretazioni e a tutte le soluzioni,come ebbe a dire il geniale Regista:”Se qualcuno ha capito qualcosa, ciò significa che io ho sbagliato tutto.”

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Molti degli spettatori che videro il film restarono delusi proprio dal finale; così qualcuno pensò di andarsi a rileggere il libro di Clarke, imbattendosi nelle stesse icognite; per Clarke, e ovviamente per Kubrick, il mistero insondabile del cosmo, della vita, dello spazio e del tempo e in definitiva dell’esistenza stessa dell’universo sono così complessi da lasciare l’essere umano senza parole e senza possibilità di usare l’immaginazione per volare oltre i confini della materia. Così tutto deve essere lasciato sospeso, perchè ognuno abbia la facoltà di immaginare il lungo viaggio dell’uomo nel modo a cui è più consono.

Il finale del romanzo, quello del film, portano lo spettatore/lettore ad interrogarsi senza ovviamente trovare nessuna risposta, oppure, al contrario, a trovarne troppe, per dover fare così altre domande.
Il gioco, alla fine, è questo.
Kubrick lo sa, e lascia tutto affidato alla potenza dell’immagine: tu spettatore sei parte di quel mistero, puoi scegliere la soluzione che più ti aggrada

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2001 Odissea nello spazio

2001 odissea nello spazio

un film di Stanley Kubrick. Con Keir Dullea, Gary Lockwood, William Sylvester, Daniel Richter, Leonard Rossiter, Margaret Tyzack, Robert Beatty, Sean Sullivan, Douglas Rain, Frank Miller [I], Bill Weston, Ed Bishop, Glenn Beck, Alan Gifford. Genere Fantascienza, colore 139 minuti. – Produzione USA, Gran Bretagna 1968.

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2001 odissea nello spazio banner protagonisti

Keir Dullea: dottor David Bowman
Gary Lockwood: dottor Frank Poole
William Sylvester: dottor Heywood Floyd
Daniel Richter: Moonwatcher
Leonard Rossiter: dottor Andrei Smyslov
Margaret Tyzack: Elena
Robert Beatty: dottor Halvorsen
Sean Sullivan: Michaels
Douglas Rain: voce di HAL 9000
Frank Miller: controllo missione
Ed Bishop: capitano shuttle lunare
Alan Gifford: padre di Frank
Edwina Carroll: hostess
Penny Brahms: hostess
Andy Wallace: moonwatcher

2001 odissea nello spazio banner cast

Regia:     Stanley Kubrick
Soggetto:     Arthur Clarke
Sceneggiatura:    Stanley Kubrick, Arthur Clarke
Fotografia:    John Alcott, Geoffrey Unsworth
Montaggio:     Ray Lovejoy
Effetti speciali:     Douglas Trumbull
Musiche:     Artisti vari
Tema musicale:     Also Sprach Zarathustra (Richard Strauss)
Scenografia:     Ernie Archer, Harry Lange, Tony Master
Trucco:     Stuart Freeborn

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Gianni Marzocchi: Keir Dullea
Gianfranco Bellini: voce di HAL 9000
Cesare Barbetti: Gary Lockwood
Mario Feliciani: William Sylvester
Benita Martini: Margaret Tyzack
Stefano Sibaldi: Sean Sullivan
Corrado Gaipa: Alan Gifford
Romano Malaspina: Kenneth Kendall

2001 odissea nello spazio banner i premi

Premi Oscar 1969: Oscar per i migliori effetti speciali
3 BAFTA 1968: BAFTA alla migliore fotografia (Geoffrey Unsworth), BAFTA alla migliore scenografia, BAFTA alla migliore colonna sonora
3 Nomination al premio Oscar per la Miglior regia, Miglior sceneggiatura originale, Miglior scenografia
2 Kansas City Film Critics Circle Awards 1969: miglior film, miglior regista
David di Donatello 1969: miglior produzione straniera

2001 odissea nello spazio banner soundtrack

Johann Strauß jr:
“Sul bel Danubio blu” (“An der schönen, blauen Donau”)
Richard Strauss:
“Così parlò Zarathustra” (“Also sprach Zarathustra”)
György Ligeti:
“Atmosfere” (“Atmospheres”),
“Luce eterna” (“Lux Aeterna”)
“Avventure” (“Adventures”)
“Requiem”
Aram Kachaturian:
“Gayane” suite dal balletto

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2001 odissea nello spazio banner citazioni


A me piace lavorare con la gente. Ho rapporti diretti ed interessanti con il dottor Poole e con il dottor Bowman. Le mie responsabilità coprono tutte le operazioni dell’astronave, quindi sono perennemente occupato. Utilizzo le mie capacità nel modo più completo; il che, io credo, è il massimo che qualsiasi entità cosciente possa mai sperare di fare. (HAL 9000)

Nessun calcolatore 9000 ha mai commesso un errore o alterato un’informazione. Noi siamo, senza possibili eccezioni di sorta, a prova di errore, e incapaci di sbagliare. (HAL 9000)

Giro girotondo, io giro intorno al mondo. Le stelle d’argento costan cinquecento. Centocinquanta e la Luna canta, il Sole rimira la Terra che gira, giro giro tondo come il mappamondo… (HAL 9000)

Ho vinto ancora io, ovviamente (HAL 9000)

Buongiorno signori. Io sono un elaboratore HAL 9000. Entrai in funzione alle officine HAL di Verbana, Illinois, il 12 gennaio 1992. (HAL 9000)

2001 odissea nello spazio banner recensioni

2001 – Odissea nello spazio di Stanley Kubrick (1968), che tra pochi giorni, nell’anniversario della morte del grande regista, torna nei cinema nella versione restaurata, è il film unico che ha segnato per sempre il cinema di fantascienza, condensandone e fissandone gli universi col suo stile imitato e inimitabile: il candore e la freddezza, la danza degli astri, la posizione del veicolo spaziale nell’oscurità sconfinata del sistema stellare,il modo di muoversi e la vita quotidiana degli astronauti, le porte autochiudentesi, i corridoi rotondi come l’anima di un enorme tubo bianco. L’iconografia fantascientifica non era mai stata così suggestiva e perfetta prima di “2001”, né lo sarebbe mai più stata dopo. L’arte di Kubrick ha poi saputo condensare l’ignoto e il sacro in un simbolo potente divenuto popolarissimo: il monolite nero (emblema di Dio, o d’una forza cosmica, o degli extraterrestri) appare come una minaccia e insieme come un segno di speranza nei diversi momenti dell’evoluzione umana. L’avventura spaziale si nutre del classico schema dell’apprendista stregone (l’uomo vuole dominare l’universo e crea una macchina, il cervello elettronico Hal 9000, che diventa sua nemica sino a dover essere eliminata); il viaggio nello spazio esterno diventa scoperta di se stessi. Il film è dominato da combinazioni di numeri: quattro episodi, quattro milioni di anni, quattro eroi (scimmia, scienziato, cervello elettronico, astronauta), quattro compositori per le musiche (Kachaturian, Ligeti, Johann Strauss, Richard Strauss), quattro anni per la realizzazione del film. La data 2001, raccontò Kubrick al suo biografo e critico francese Michel Ciment, è stata scelta per un gioco cerebrale: il 2001 è l’anno in cui Ray Bradbury colloca una parte delle sue Cronache marziane e in cui si svolge La Repubblica dei saggi di Arno Schmidt; è un andare oltre, un tempo incommensurabile. Per niente invecchiato nel passare di oltre trent’anni, tratto dal racconto La sentinella di Arthur C. Clarke, interpretato da Keir Dullea e Gary Lockwood,2001- Odissea nello spazio mescola l’estrema razionalità scientifica e l’irrazionalità magica con un risultato meraviglioso.
Da La Stampa, 2 Marzo 2001,
Lietta Tornabuoni

Confesso che dopo aver visto 2001 Odissea nello spazio di Kubrick, muoio tranquillo. Il film ci fa vedere quella che sarà la vita dell’uomo nello spazio nei prossimo millennio. Intanto sin d’ora è chiaro che viaggiare tra i pianeti sarà una cosa monotona e noiosissima, come andare in jet. Inoltre, sia la vista di questi pianeti pelati e butterati, sia quella dei vari veicoli che si incroceranno non promettono nulla di attraente. Ma neppure i futuri ambienti spaziali offrono comfort o fantasia: soltanto lunghi budelli con sedili affiancati come le cabine degli aeroplani e squallidi seguiti di corridoi e cunicoli.
Né le prospettive si fanno più amene quando arrivate alle stazioni spaziali. Lì vi aspettano nudi saloni blindati dove, per fare follia, i futuri architetti cosmici non hanno trovato di meglio, per allietare la vista, che piazzare delle gigantesche poltrone a piede di tartaruga, di uno scarlatto che grida.
Pochi esseri umani errano in quei cIinici labirinti: tecnici in tuta, brutte dottoresse vestite di nero e dottori occhialuti che fanno naturalmente ricerche di medicina interstellare, esperti di Enti interspaziali in trasferta cosmica, abbottonatissimi e inconcludenti come tutti gli esperti degli enti di questa terra. Assistiamo anzi a una loro seduta, e questo fa proprio cascare le braccia se nutrite qualche speranza di trovarvi davanti un divertente millennio. Figuratevi la più nuda e schematica sala di consiglio con dei tavoli scheletrici e otto, dieci persone immusonite, sedute intorno. Vagamente apprendiamo che si sarebbe fatto in qualche parte del cosmo una, diciamo pure, sensazionale scoperta della quale però, secondo una decisione dei mitici Enti, ancora, per il momento, non dovrebbe trapelare nulla sulla terra. Così, questa importante riunione, per cui un autorevole personaggio ha fatto apposta un viaggio interplanetario, si conclude con un nulla di fatto. Proprio quello che succede da noi tutti i giorni.
Dovrebbe esserci però l’interesse spettacolare e prima di tutto, naturalmente, l’interesse di vedere in azione gli stranissimi meccanismi, dato che sarebbe stato addirittura von Braun il consulente tecnico del film. E, in effetti, siamo introdotti nelle cabine di comando. Entriamo nelle stanze di ibernazione dove, dentro custodie metalliche simili a casse di mummie, stanno, sorvegliati continuamente da un sistema di auscultazione elettronica, i tecnici che in futuro dovranno prendere il posto dell’attuale equipaggio per sostituirlo nei successivi decenni.
Tutto questo è curioso, e se non fosse, almeno per mio gusto, troppo insistito e tirato in lungo, sarebbe interessante. Ma è troppo tirato in lungo. Per esempio, tutti questi incessanti lampeggiamenti di colorati segnali luminosi, dei quali non capiamo il senso e che sono probabilmente fasulli, a un certo momento non fanno più impressione. Quegli stessi andirivieni di capsule che si staccano dall’aeronave gigante e manovrano per loro conto nel vuoto, sono cose da un pezzo abusate nei film di fantascienza.
Ciò che è nuova e inventata è la storia del computer di bordo. Questo super-calcolatore “HAL 9000”, fatto ormai vero e proprio cervello vivente, non solo dirige attraverso operazioni di migliaia di numeri tutte le manovre dell’astronave, ma parla, gioca a scacchi con i piloti e, peggio, è talmente umanizzato che diventa cattivo, per cui, offeso dai dubbi che i due piloti hanno sulla sua efficienza, crudelmente ne fa morire uno. Allora l’altro pilota, David, furibondo, si introduce nel magico penetra-le dove stanno i più gelosi e delicati meccanismi del favoloso cervello e a uno a uno li recide, per cui il mostro elettronico gradatamente si scardina, si affievolisce, si disgrega, agonizza. Sicché, priva della sua guida, l’astronave precipiterà col pilota nell’immenso spazio.
E qui è la parte veramente potente e impressionante del film. Perché questa caduta è vista attraverso una folle, galoppante corsa in un oceano di luci saettanti in ogni direzione, come in un delirante, fiammeggiante abisso. È un superbo pezzo di cosmica, visionaria fantasia.
Il finale resterebbe però inspiegabile alla maggior parte degli spettatori se non si tenesse conto che il film è segretamente imperniato su una chiave einsteiniana. Posta infatti l’identità einsteiniana tra spazio e tempo, si spiega che alla fine noi ritroviamo David (Keir Dullea) centenario e bambino insieme.
E così inspiegabile resterà ai più la presenza di quel mitico monolito a forma di parallelepipedo, che appare alle origini del nostro pianeta e che milioni di anni dopo si ritrova sulla luna, e infine appare, dilatato e oscillante, sospeso nello spazio. Sarebbe il magico monolito magnetico, simbolo dell’infinito. E va bene, ma come fa lo spettatore a capire tutte queste cose se non gliele spiegate?
Da , Il Corriere della Sera, 5 gennaio 1969
,Filippo Sacchi

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Maggio 15, 2008 Posted by | Fantascienza | | 1 commento