Le meravigliose avventure di Marco Polo
Roma, XIII secolo
Alla corte papale arriva una lettera del sovrano mongolo Kubilai Khan diretta a Papa Gregorio X; con essa il Khan chiede di poter stabilire rapporti commerciali con l’Europa e in particolare con Roma.
Il Papa convoca la famiglia Polo di Venezia,conosciuta per essere composta da abili mercanti.
E’ Marco Polo,il più giovane della famiglia ad essere il più entusiasta della spedizione; spirito d’avventura e voglia di conoscenza si scontreranno però con una serie enorme di difficoltà.
Polo dovrà misurarsi con l’ambizione del figlio del Khan,Nazam, guerriero indomito e assolutamente poco incline ad aperture verso l’occidente.
Inoltre Nazam nutre la segreta ambizione di diventare imperatore dei mongoli e conta su un gruppo di dignitari stanchi della durezza del Khan,che governa un paese immenso con durezza ma anche con giustizia.
Sarà proprio Marco Polo a sventare il piano dei congiurati e così facendo si guadagnerà la riconoscenza del Khan,ottenendo di aprire le vie dello scambio commerciale fra oriente e occidente.
Le meravigliose avventure di Marco Polo, liberamente tratte dal Milione di Polo,il libro che apri o meglio spalancò una finestra su un mondo assolutamente sconosciuto come quello dell’enorme impero mongolo è una mega produzione
francese del 1965,costata una fortuna e che si rivelò contrariamente alle speranze del produttore/regista Raoul Levy un fiasco colossale ai botteghini.
Levy,colui che aveva contribuito alla nascita del mito Brigitte Bardot finanziando il film Dio creò la donna,organizzò in modo faraonico la pre produzione;attori di grido (Delon,Blier), location orientale (Afghanistan,Iran) e soldi a profusione.
Ma Delon dopo poche riprese abbandonò il set, la trasferta si rivelò dispendiosa e Levy accantonò il progetto.
Lo riprese grazie a nuovi finanziamenti e con Horst Bucholz come attore protagonista e la regia affidata a Denys de La Patelliere; in qualche modo la pellicola venne terminata e come già detto si rivelò un fiasco colossale.

A ben vedere la cosa appare strana; sia le location che i costumi appaiono adeguati,la recitazione di buon livello e la componente fondamentale del film,la sceneggiatura e la storia tout court non sono poi male.
Eppure il film non incontrò il favore del pubblico,che lo snobbò abbastanza misteriosamente.Nonostante la presenza di star del calibro di Anthony Quinn (un magnifico Khan) ,di Omar Sharif, Orson Welles, i nostri Elsa Martinelli e Massimo Girotti, il film non attrasse il pubblico che ne decretò il flop.
La cosa ebbe conseguenze drammatiche per Levy,che fu colto da depressione e che poco tempo dopo si suicidò,complice il fallimento di due produzioni successive.
Un film nato male,per le vicissitudini raccontate e finito peggio,quindi.

Un film che però ha dalla sua una storia decorosa,che complice una fotografia eccellente e una buona tecnica registica può essere visto per passare due ore disimpegnate.
Uscito prima in Italia con il titolo Lo scacchiere di Dio,ha avuto alcuni passaggi televisivi sopratutto nei decenni 60 e 70; c’è una versione decorosa sul sito di Raiplay all’indirizzo http://h5.raiplay.it/raiplay/video/2016/06/Le-meravigliose-avventure-di-Marco-Polo-5589a4c1-0898-4fd0-b3cb-6bc70357eea2.html previa registrazione assolutamente gratuita.
Le Meravigliose Avventure di Marco Polo (lo Scacchiere di Dio)
Un film di Denys De La Patellière, Raoul Levy, Noël Howard. Con Orson Welles,Horst Bucholz,Omar Sharif,Anthony Quinn,Elsa Martinelli, Massimo Girotti, Folco Lulli, Guido Alberti, Lynne Sue Moon, Bruno Cremer, Titolo originale La fabuleuse aventure de Marco Polo. Avventura, durata 115 min. – Francia 1965.
Horst Buchholz: Marco Polo
Massimo Girotti: Nicolò Polo
Anthony Quinn: l’imperatore Kubilai Khan
Robert Hossein: principe Nayam
Orson Welles: Akerman
Omar Sharif: emiro Alao
Akim Tamiroff: il vecchio della montagna
Elsa Martinelli: la ragazza con la frusta
Folco Lulli: Spinello, mercante veneziano
Guido Alberti: papa Gregorio X
Lynne Sue Moon: principessa Gogatine
Bruno Cremer: Guillaume di Tripoli
Jacques Monod: Nicolò di Vicenza
Mica Orlovic: Matteo, zio di Marco
Grégoire Aslan: Achmed
Massimo Turci: Marco Polo
Emilio Cigoli: l’imperatore Kubilai Khan
Pino Locchi: principe Nayam
Giorgio Capecchi: Akerman
Giuseppe Rinaldi: emiro Alao
Luigi Pavese: il vecchio della montagna
Valeria Valeri: la ragazza con la frusta
Manlio Busoni: Achmed
Renato Turi: voce narrante
Regia Denys de La Patellière, Noël Howard
Sceneggiatura Noël Howard, Raoul Lévy, Jean-Paul Rappeneau, Jacques Rémy, Denys de La Patellière
Produttore Raoul Lévy
Casa di produzione Avala Film, ITTAC, Italaf Kaboul, Mounir Rafla, Prodi Cinematografica, Société Nouvelle de Cinématographie
Distribuzione in italiano Titanus
Fotografia Wladimir Ivanov, Claude Renoir, Armand Thirard
Effetti speciali Roscoe Cline
Musiche Mario Bua, M.J. Coignard-Helison, Georges Garvarentz
Scenografia Jacques Saulnier
Costumi Jacques Fonteray
Trucco Radmila Todorovic
L’amore attraverso i secoli
Le plus vieux métier du monde,ovvero Il mestiere più vecchio del mondo,chiara allusione alla prostituzione diviene nella distribuzione italiana, per motivi inspiegabili L’amore attraverso i secoli.Ora,la prostituzione sta all’amore come un sasso sta ad un diamante per cui la scelta dei distributori italiani è assolutamente fuorviante,non lasciando immaginare il vero argomento trattato nel film.
Che è una pellicola “collettiva”,diretta cioè da 6 registi di alterna fama internazionale.
Claude Autant-Lara, Mauro Bolognini, Philippe De Broca, Jean-Luc Godard, Franco Indovina e Michel Pfeghaar dirigono nel 1967 un film con sullo sfondo il meretricio, definito “mestiere più antico del mondo“,come del resto popolarmente e universalmente indicata la prostituzione.
Con esiti modesti se non deludenti.

Discontinuo,con ambizioni di satira e riflessione sull’argomento,L’amore attraverso i secoli è invece pellicola anonima,piatta,ravvivata solo dall’esperimento dell’episodio “L’amore nel 2000” di Godard che si distingue per l’ardita operazione fotografica e l’utilizzo quasi sperimentale del colore,un episodio però fine a se stesso più che organico ad un tema che è trattato in maniera dissimile dai sei registi.
La trama:
– primo episodio,L’età della pietra:Brit è una bella cavernicola,che smania d’amore per un misterioso uomo venuto da molto lontano.Per affascinare e ammaliare il giovane,Brit si rivolge a Rak,specie di stregone della tribù il quale crea per lei l’antenato del trucco.
Ottenuto grazie alla seduzione il risultato sperato,la bella Brit decide di sfruttare “commercialmente” l’invenzione…
-secondo episodio,Notti romane:Flaiano,imperatore romano,cerca di arricchire la sua collezione di “donne allegre” andando nei lupanari,dove si congiunge con una affascinante prostituta esotica,che paga profumatamente.La donna altri non è che sua moglie Domitilla…
– terzo episodio,La ghigliottina:Mimi,prostituta francese,ha un appartamento che utilizza per i suoi incontri che si affaccia sulla piazza
dove avvengono le esecuzioni capitali.Quando tra i suoi clienti arriva Philibert,giovane squattrinato che non può pagarla,Mimi finge di concedersi gratuitamente.In realtà la donna ha visto che tra i condannati a morte c’è lo zio del giovane,un uomo ricchissimo di cui Philibert è l’unico erede.
-quarto episodio,La belle epoque:con abilità e intelligenza,usando però sopratutto le arti della seduzione,la prostituta parigina Nini
riesce a farsi sposare da un ricco banchiere semplicemente lusingandolo e facendogli credere di essere un irresistibile Casanova;
-quinto episodio,Oggi: due giovani prostitute scoprono che utilizzando un’ambulanza,che marcia a sirene spiegate,possono evadere i ferrei controlli della polizia,che addirittura le scortano durante i loro incontri amorosi;
-sesto episodio,L’amore nel 2000:in un prossimo futuro un viaggiatore scopre che l’unico modo per eccitarsi è pagare una donna…
Molto discontinuo,più insipido che brutto,sopratutto molto deludente:il tentativo di ricavare una commedia brillante e ironica affidando un tema “serio” da affrontare in maniera leggera ma intelligente da parte dei produttori del film (ben 6 importanti case europee,ovvero Athos Films, Franco London Films, Francoriz, Les Films Gibé, Rialto Film e Rizzoli Film) naufraga sia come risultato finale del film in se sia come ricavato al box office.
Il gran cast assoldato,che include star del calibro di Michèle Mercier,Enrico Maria Salerno,Gastone Moschin,Elsa Martinelli,Jeanne Moreau ecc.riesce solo a dare un pò di smalto ad un film che mostra come sia impossibile un’operazione che coinvolga registi di diversa estrazione e cultura, atutto scapito dell’omogeinità della pellicola stessa.
Gli episodi boccacceschi finiscono per essere troppo brevi e scontati,senza alcuna ricerca che coinvolga psiche,motivazioni,location storico/culturale,tutte quelle componenti cioè che sono l’ossatura di un film di livello.
Dei sei episodi,l’unico a mostrare un qualche interesse è quello citato di Godard che include un incredibile nudo integrale (per l’epoca) di Marilù Tolo,discreto quello di Autant Lara mentre gli altri raggiungono a mala pena la sufficienza.
Il film è ormai da tempo introvabile in versione italiana,mentre è di difficile reperibilità in lingua originale.
L’amore attraverso i secoli
Un film di Jean-Luc Godard, Mauro Bolognini, Philippe De Broca, Claude Autant-Lara, Michael Pfleghar, Franco Indovina. Con Enrico Maria Salerno, Anna Karina, Jean-Claude Brialy, Michèlle Mercier, Elsa Martinelli ,Jeanne Moreau,Raquel Welch,Marilù Tolo.Titolo originale Le plus vieux métier du monde. Commedia, durata 110 min. – Francia, Italia, Germania 1967
Michèle Mercier: Brit
Enrico Maria Salerno: Rak
Gabriele Tinti: L’uomo venuto dal mare
Gastone Moschin: L’imperatore Flavio
Elsa Martinelli: Domitilla
Jeanne Moreau: Mimi
Jean-Claude Brialy: Philibert
Jean Richard: Il commissario del popolo
Albert Rémy: uomo francese con due donne
Raquel Welch: Nini
Martin Held: Édouard
Nadia Gray: Nadia
France Anglade: Cathérine
Francis Blanche: Il dottore
Jacques Charrier: John Dimitrios
Anna Karina: Eléonore Roméovitch
Marilù Tolo: Marlène
Regia Claude Autant-Lara, Mauro Bolognini, Philippe De Broca, Jean-Luc Godard, Franco Indovina, Michel Pfeghaar.
Sceneggiatura Jean Aurenche, Daniel Boulanger, Ennio Flaiano, Jean-Luc Godard, André Tabet, Georges Tabet
Produttore Joseph Bercholz, Horst Wendlandt
Casa di produzione Athos Films, Franco London Films, Francoriz, Les Films Gibé, Rialto Film, Rizzoli Film
Distribuzione (Italia) Cineriz
Fotografia Pierre Lhomme, Alessandro D’Eva, Dario Di Palma, Heinz Hölscher
Montaggio Agnès Guillemot, Nino Baragli, Susanne Paschen
Musiche Michel Legrand
L’età della pietra: Franco Indovina
Notti romane: Mauro Bolognini
La ghigliottina: Philippe De Broca
La Belle Époque: Michael Pfeghaar
Oggi: Claude Autant-Lara
L’amore nel 2000: Jean-Luc Godard
Michele Mercier è Brit
Elsa Martinelli è Domitilla
Jeanne Moreau è Mimi
Jean Claude Brialy è Philibert
Raquel Welch è Nini
France Anglade è Cathérine
Anna Karina è Eléonore Roméovitch
Marilù Tolo è Marlene
7 volte donna
Un grande regista premiato con l’Oscar, un grande sceneggiatore ed un cast internazionale stellare non sono necessariamente garanzia di un prodotto di altissimo livello.
Ed infatti 7 volte donna (Woman seven times nell’edizione internazionale), diretto nel 1967 da Vittorio De Sica che nel 1965 aveva vinto il suo terzo Oscar (prima del quarto del 1972 per Il giardino dei Finzi Contini) con Ieri oggi e domani, sceneggiato dal grande Cesare Zavattini ed interpretato da star quali la protagonista assoluta Shirley Mc Laine,Peter Sellers,Michael Caine,Vittorio Gassman,Philippe Noiret,Anita Ekberg,Elsa Martinelli è un film disomogeneo e in fin dei conti deludente in rapporto alla qualità dei personaggi che sono dietro alla pellicola.
Un film ad episodi, sette per la precisione, come del resto anticipato dal titolo;sette episodi con una tematica precisa, la donna ed un’unica protagonista assoluta di tutti gli episodi, un’affascinante ed irresistibile Shirley Mc Laine.

Ecco gli episodi e le loro trame in breve:
-Primo episodio, “Neve”
Un misterioso corteggiatore segue con discrezione la bella Jeanne, che dapprima infastidita, in seguito si sente lusingata della cosa.La ragazza è sposata ed è proprio il gelosissimo marito ad aver creato la figura del corteggiatore che in realtà è un detective privato incaricato di seguirla costantemente…
–Secondo episodio,”I suicidi”
Un coppia irregolare, due amanti, ha preso una decisione drammatica e definitva, quella di suicidarsi assieme.Scelto così un fatiscente alberghetto, i due cercano di mettere in atto il proposito, ma alla fine abbandoneranno l’idea spaventati sia dalla morte sia perchè attratti dalla vita.

–Terzo episodio,”Due contro uno”
-Linda è una bella ma contemporaneamente fredda hostess che, durante un congresso di cibernetica, si ritrova a perdere tutta la sua glacialità per colpa (o merito) di due diverse persone, uno scozzese ed un italiano;
–Quarto episodio,”Il corteo funebre”
A Paulette è morto il marito, così arriva il giorno dei funerali e la donna accompagna la salma del marito al cimitero per la sepoltura;è una donna abituata agli agi ed infatti, mentre è in corso il corteo funebre, ecco che un amico di famiglia, molto ricco, le fa delle avance e lei accetta di sposarlo…
–Quinto episodio,”Amateur night”
Una donna morigerata,Maria Teresa, onesta e dedita alla famiglia, scopre casualmente che suo marito la tradisce.Sconvolta, decide di rendergli pan per focaccia e si unisce ad un gruppo di prostitute.Ma tra queste c’è un protettore che percuote suo marito, allora lei ne prende le difese scoprendo che vuol bene ancora a suo marito.

–Sesto episodio,”Una sera all’Opera“.
Una moglie ricca e viziata tenta i tutti i modi di evitare che una sua conoscente usi per la prima di una serata all’opera un vestito identico al suo
–Settimo episodio,”La Super Simone“.
Simone è la bella moglie di uno scrittore di successo;poichè suo marito ha creato un personaggio del quale lei è fondamentalmente gelosa decide di assomigliarle in tutti i modi, creando situazioni di imbarazzo, paradossali a tal punto da essere presa per pazza.
Le sceneggiature ad episodi sono da sempre un terreno minato, sopratutto quando nel breve arco di un’ora e mezza bisogna condensare troppi elementi, come storie con un minimo di credibilità o almeno paradossali con senso della misura,ironia, umorismo ecc.
Al film di De Sica manca il ritmo, un collante che unisca in qualche modo le varie storie o quanto meno un filo comune; si sorride in alcuni tratti, per la maggior parte del film si assiste impassibili a sequenze poco affascinanti e coinvolgenti.

L’unico episodio che in qualche modo si stacca dagli altri è quello del funerale, amaro e grottesco ma il resto del film sembra un esercizio diligente di stile e null’altro.
Ed evidentemente così devono averla pensata gli spettatori di mezzo mondo che, attratti dal nome del regista e dai nomi dei protagonisti affollarono i primi giorni della proiezione, salvo poi spandere la voce che la pellicola stessa non aveva alcuna dote particolare per cui meritasse una visione.
L’accoglienza freddissima della critica fece il resto con il risultato che la pellicola praticamente scomparve a breve tempo dai circuiti cinematografici.Vittorio De Sica dovrà attendere l’anno successivo, il 1968, per tornare ai livelli abituali,con il discreto Amanti prima di ritornare ad essere il grande regista che tutti noi conosciamo con il successivo I girasoli, nel quale ricostituisce la coppia Mastroianni-Loren e sopratutto con Il giardino dei dei Finzi Contini che gli valse il quarto Oscar della sua bellissima e indimenticabile carriera.
Sette volte donna va considerato come un film “divertissement” o come una pausa in una carriera straordinaria, sia come regista che come attore di Vittorio De Sica, uno dei padri del cinema italiano.
Per quanto riguarda il cast, l’unica presente in tutti gli episodi è Shirley Mc Laine, bella e adorabile ed è la sua presenza a salvare la pellicola da un grigiore altrimenti totale.
Tutti gli altri sono solo delle comparse, nonostante i grandi nomi.
Un film di Vittorio De Sica. Con Shirley MacLaine, Vittorio Gassman, Anita Ekberg, Rossano Brazzi, Michael Caine, Peter Sellers, Elsa Martinelli, Lex Barker, Alan Arkin, Judith Magre, Catherine Samie, Philippe Noiret, Robert Morley, Elspeth March, Clinton Greyn, Patrick Wymark, Adrienne Corri Titolo originale Woman Times Seven. Film a episodi, durata 95′ min. – USA 1967
Shirley MacLaine: Paulette / Maria Teresa / Linda / Edith / Eve Minou / Marie / Jeanne
Elspeth March: Annette – episode ‘Funeral Procession’
Peter Sellers: Jean (segmento “Funeral Procession”)
Rossano Brazzi: Giorgio – episode ‘Amateur Night’
Laurence Badie: Prostituta – episode ‘Amateur Night’
Judith Magre: Bitter Thirty – episode ‘Amateur Night’
Catherine Samie: Jeannine – episode ‘Amateur Night’
Zanie Campan: episode ‘Amateur Night’
Robert Duranton: Didi – episode ‘Amateur Night’
Lex Barker: Rik – episode ‘Super Simone’
Elsa Martinelli: Pretty woman – episode ‘Super Simone’
Robert Morley: Dr. Xavier – episode ‘Super Simone’
Jessie Robins: Marianne, Edith’s Maid – episode ‘Super Simone’
Patrick Wymark: Henri (segmento “At The Opera”)
Michael Brennan: (segmento “At The Opera”)
Adrienne Corri: Mme. Lisiere (segmento “At The Opera”)
Alan Arkin: Fred (segmento “The Suicides”)
Michael Caine: Handsome Stranger (segmento “Snow”)
Anita Ekberg: Claudie (segmento “Snow”)
Philippe Noiret: Victor (segmento “Snow”)
Clinton Greyn: MacCormack – episode ‘Two Against One’
Georges Adet: Old Man (segmento “Snow”) (non accreditato)
Jacques Ciron: Féval (segmento “At The Opera”) (non accreditato)
Vittorio Gassman: Cenci – episode ‘Two Against One’ (non accreditato)
Jacques Legras: Salesman (segmento “Snow”) (non accreditato)
Roger Lumont: Nossereau (segmento “At The Opera”) (non accreditato)
Regia Vittorio De Sica
Sceneggiatura Cesare Zavattini
Produttore Arthur Cohn
Produttore esecutivo Joseph E. Levine
Casa di produzione Joseph E. Levine Productions
Fotografia Christian Matras
Montaggio Teddy Darvas, Victoria Spiri-Mercanton
Musiche Riz Ortolani
Costumi Marcel Escoffier
Trucco Georges Bouban, Alberto De Rossi
L’opinione di atticus dal sito http://www.filmscoop.it
Lo promuovo controvoglia, solo perché Shirley MacLaine è a dir poco fantasmagorica. In realtà il film mi è sembrato un campionario di occasioni mancate: con un’attrice simile come protagonista, con un tale cast di supporto e con la premiata coppia De Sica-Zavattini fuori le scene, il risultato sarebbe dovuto essere ben altro che questo scialbo collage di barzellette senza vita.
Il primo segmento, con Shirley vedova (in)consolabile, è senz’altro il peggiore, si fa notare quello in cui interpreta una hostess fissata per l’esistenzialismo che stuzzica un eccitatissimo Gassman, o quello in cui cerca di dimostrare il proprio amore al marito scrittore travestendosi dalle sue eroine e venendo scambiata per pazza. Ma in generale il livello è piuttosto basso e il più delle volte si sorride solo grazie alla verve della protagonista.
Bellissime musiche di Riz Ortolani.
L’opinione di mm40 dal sito http://www.filmtv.it
De Sica in regia e Zavattini in sceneggiatura: ragionevolmente ci si poteva aspettare di più. Un cast inernazionale stellare (Sellers e la Ekberg, Gassman e Noiret, Caine e ancora molti altri nomi famosi) che fa perno sulla protagonista unica di tutti e sette gli episodi, ovvero Shirley McLaine. Senz’altro tutti discreti i protagonisti, ma si tratta della classica disarticolata pellicola ad episodi – quasi tutti non sono che poco più di spunti – di quegli anni, seppure con un tentativo di lancio internazionale dell’operazione (peraltro non esattamente riuscito). Poco sotto la sufficienza, nel complesso.
L’opinione del Morandini
Sette aneddoti o novellette per un’attrice sola. Il migliore l’ultimo, con M. Caine, è quello della signora che si crede seguita da un corteggiatore innamorato e timido mentre è un investigatore incapace, sguinzagliato dal marito geloso. Festival personale di S. MacLaine che era allora l’attrice più completa di Hollywood. L’incontro con De Sica-Zavattini avrebbe dovuto dare frutti più sostanziosi.
L’opinione di Guru dal sito http://www.davinotti.com
La camaleontica Shirley MacLaine elabora sette figure femminili, diverse tra loro per ceto sociale e cultura, con l’intento di mostrare le reazioni, gli istinti repressi e le insoddisfazioni sviluppate nei confronti del maschio predominante. Ma anche la competizione tra il gentil sesso non viene risparmiata di fronte ad argomenti molto appetibili come… il modello esclusivo di un abito da sera. La grande personalità della protagonista ripaga della carente sceneggiatura di Zavattini.
L’amica
In una Milano borghese e annoiata si intreccia una storia fatta di tradimenti e vendette.
Lisa, ricca borghese sposata con il designer Paolo, scopre che quest’ultimo la tradisce.
Ferita più nell’orgoglio che nell’animo,la donna crea ad arte una relazione con un amante,Franco Raimondi.
Il gioco continua coinvolgendo la migliore amica di Lisa, Carla, che è sposata con un chirurgo; Lisa inventa sempre nuovi particolari che racconta all’amica, ignara del fatto che Carla è davvero l’amante di Raimondi.
Quando Carla inizia a raccontare le storie inventate dall’amica,nel gruppo frequentato dalle due donne tutte iniziano a ridere della cosa, coprendo di ridicolo Lisa.
Lisa Gastoni
Che decide di vendicarsi seducendo e abbandonando prima l’amante di carla, poi suo marito e infine il figlio;poi, soddisfatta della raggiunta vendetta, torna a casa tentando di riallacciare i rapporti con il marito.
L’amica esce nelle sale nel 1969, per la regia di Alberto Lattuada; è il momento d’oro del cinema italiano e in primis della commedia, che sia satirica o a sfondo sociale.
Lattuada prende di mira il mondo dorato e pigro della buona borghesia lombarda, raccontando le vicende di una sua appartenente, la viziata e per certi versi amorale Lisa.
Ad una ricostruzione tutto sommato abbastanza puntuale di un mondo molto ipocrita e perbenista dietro la facciata di rispettabilità non corrisponde però un altrettanto riuscito tentativo di delineare i moventi e le psicologie che spingono i vari personaggi della storia alle azioni che compiono.
Il regista appare molto più interessato ad una descrizione ambientale che ad una personale, che riguardi cioè le motivazioni personali che spingono i diversi protagonisti della storia a fare ciò che fanno.
Così ne risente in qualche modo anche il ritmo del film, che dopo una buona partenza diventa blando prima di accelerare nel finale.
Lo stesso contesto borghese analizzato da Lattuada appare più frivolo e vacuo che immorale; i personaggi sembrano mossi più dall’inerzia che dalla propria volontà, appaiono prigionieri delle convenzioni e le stesse passioni, che dovrebbero risultare violente alla fine sono annacquate sino all’estremo.
Lisa appare come una borghese ansiosa di salvare più l’orgoglio che la sua vita personale; il tradimento dell’amica diventa l’occasione per vendicarsi ristabilendo le regole, assaporando i tradimenti come una sfida a se stessa.
Così, alla fine, tutti ottengono qualcosa perdendo poco o nulla;la mantide Lisa circuisce tutti gli uomini dell’amica, ma non crea nessun danno, perchè alla fine ognuno ritorna a ricoprire il proprio ruolo.
Non c’è tragedia e non c’è dramma; i personaggi riprendono la vita di tutti i giorni, nascondendosi dietro la rispettabilità e ritornando in ordine alla commedia umana che è in fondo la loro ragione di vita.
In mezzo, una discrezione d’ambiente che alla fine risulta la parte migliore del film; musiche adeguate, arredamenti e acconciature, vestiti e orpelli vari che trionfano su tutto.
L’estetica predomina e travalica il contenuto.
Siamo alla fine degli anni sessanta, c’è stato il 68 ma sembra davvero che sia passato in superficie, senza scalfire minimamente l’inossidabile muro dietro il quale la borghesia sembra trincerata.
Se vogliamo trovare quindi qualcosa di interessante nel film, dovremo accontentarci di quello che diventa a tutti gli effetti un documentario sullo stile di vita di una Milano che ritroveremo pari pari negli anni 80, quando il rampantismo e la Milano da bere sostituiranno di sana pianta l’atmosfera plumbea degli anni settanta, riportando quindi in qualche modo alle atmosfere del film, ad un mondo vacuo e fondamentalmente inoffensivo, in cui la luce delle idee, le stesse ideologie sono quasi un quadro poco interessante destinato ad essere relegato in una soffitta.
Film quindi più d’apparenza che di sostanza.
Molto interessante invece il cast, che include una brava e affascinante Lisa Gastoni nei panni della borghese Lisa,la ex top model Elsa Martinelli, perfetto esempio di donna borghese e snob nel ruolo di Carla, l’allora star dei fotoromanzi Lancio Marina Coffa recentemente scomparsa a soli 50 anni e un cast maschile di tutto rispetto, che ruota attorno alla figura dell’ape regina Lisa con la quale dovranno fare i conti ( in fondo ben remunerati) e che include Jean Sorel (Franco Raimondi), ovvero l’amante inventato destinato a diventare reale, Gabriele Ferzetti )Paolo Marchesi, marito di Lisa),Frank Wolff (Guido Nervi, marito di Carla) e infine Ray Lovelock (il figlio di Carla)
Decisamente in tema le musiche di Luis Bacalov, destinato nel corso della sua carriera a comporre oltre 150 temi per film e menzione anche per l’ottima fotografia di Sante Achilli.
Il film è passato molto raramente in tv, tuttavia è presente in una versione streaming, peraltro abbastanza mediocre,su un noto sito che potrete reperire facilmente con Google.
L’amica
Un film di Alberto Lattuada. Con Lisa Gastoni,Gabriele Ferzetti, Frank Wolff, Elsa Martinelli,Jean Sorel, Raymond Lovelock, Marina Coffa, Mita Cattaneo, Sergio Serafini Commedia, durata 105′ min. – Italia 1969.
Lisa Gastoni: Lisa Marchesi
Gabriele Ferzetti: Mario Marchesi
Elsa Martinelli: Carla Nervi
Jean Sorel: Franco Raimondi
Frank Wolff: Guido Nervi
Ray Lovelock: Claudio Nervi
Marina Coffa: Giovanna
Regia Alberto Lattuada
Sceneggiatura Alberto Lattuada, Mario Cecchi Gori, Gianni Vernuccio
Fotografia Sante Achilli
Montaggio Sergio Montanari
Musiche Luis Enríquez Bacalov
L’opinione di sasso67 tratta dal sito http://www.filmtv.it
Storia di un’ingenua moglie borghese, che si fa malandrina per reagire ad una umiliazione subita dalla “migliore amica”. È un film d’altri tempi – oggi nessuno si sognerebbe più di proclamare, come fa il giovane Claudio, che «l’amore è bello con il sole, sotto il cielo!» – ed oggi non fa né caldo né freddo, nonostante che il regista cerchi di far vivere allo spettatore qualche brivido morboso.
L’opinione di mm40 tratta dal sito http://www.filmtv.it
Alla faccia dell’amicizia. Fine, non viene in mente altro, al termine della visione di questo film: centodieci minuti di una piatta storia di adulterio dichiaratamente femministeggiante. Già dal titolo si capisce che si sta parlando al femminile, già dalle prime scene si intuisce che la pellicola non farà altro che rivendicare il ruolo della donna come conquistatrice, tutt’altro che, come ormai in maniera obsoleta inteso, vittima e sottomessa. Ma siamo nel 1969 e tutto ciò non è più una novità: la sceneggiatura firmata dal regista e da Alberto Silvestri e Franco Verucci, da un soggetto di Giovanna Gagliardo e del produttore Mario Cecchi Gori, nasce sorpassata, inattuale, ormai ridondante. Anche l’idea di affidare il ruolo da protagonista a Lisa Gastoni, esperta di simili figure di donne fatali e determinate, non è molto originale: ma perlomeno si può definire perfettamente in parte; fra gli altri interpreti ci sono il sempre piacevole Jean Sorel e altri divi del calibro di Gabriele Ferzetti, Ray Lovelock, Elsa Martinelli e Frank Wolff (in quel periodo quotatissimo nel genere western e appena uscito dall’avventura di C’era una volta il west). L’amica è sicuramente un prodotto figlio del suo tempo: ricorda qualcosa a cavallo fra il primo, psicologico approccio alla lettura della società contemporanea di un Salvatore Samperi (Grazie zia, mica per caso con protagonista la Gastoni, l’anno precedente) e l’imminente invasione del cinema pruriginoso, incastonato di turbe adolescenziali fino all’implosione nel trash di un Mauro Ivaldi (per assonanza, quantomeno, L’amica di mia madre, del 1975). Va infine ricordato che si tratta di un film girato malvolentieri da Lattuada, che non gradì l’imposizione della produzione di ambientare la storia negli ambienti dell’alta borghesia
L’opinione di Galbo tratta dal sito http://www.davinotti.com
Come per molte opere dello stesso genere e realizzate nel medesimo periodo, l’impressione generale è quella di una pellicola un pò invecchiata. La storia è particolarmente anacronistica anche se è apprezzabile (ed abbastanza riuscito) il tentativo del regista di ricostruire l’ambiente borghese nel quale si svolge la vicenda. L’andamento è alquanto noioso, solo in parte ravvivato dalla incisiva prova di parte del cast (la Gastoni in particolare). Buona la colonna sonora.
L’opinione di Giuan tratta dal sito http://www.davinotti.com
C’è qualcosa in questo rarefatto e dimenticato film, qualcosa che ha a che vedere con certo spirito del tempo (gli anni ’60), una specifica classe sociale (la borghesia milanese) e un cinema da noi poco praticato (vengono in mente Godard e Truffaut). La gnomica impassibilità di Lattuada pare far tutt’uno con la vacuità del contesto rappresentato, un milieu (etico ma anche “architettonico”) dal quale Lisa Gastoni (di liquida, inesorabile venustà), sfidata, cerca di emergere, per esserne solo definitivamente fagocitata, infangata e sommersa. Non conciliato.
Candy e il suo pazzo mondo
Una timida e ingenua ragazza americana, Candy, durante una pallosa lezione scolastica si addormenta di botto.
La ragazza, che ha una fantasia spigliatissima e un candore disarmante a metà strada esatta tra la Alice nel paese delle meraviglie di Carroll e la versione femminile del Candido di Voltaire, sogna così di avventurarsi nel mondo degli adulti.
E’ per lei l’inizio di una serie di travolgenti esperienze senza respiro, durante le quali finisce per conoscere persone stravaganti, come lo scrittore MacPhisto che tenta di approfittare di lei nella sua limousine nera per passare nelle braccia di un giardiniere dai parenti del quale viene denunciata. Arrestata dalla polizia, riesce a fuggire in maniera rocambolesca quando l’auto con i due poliziotti che l’hanno fermata finisce dentro la vetrina di un club nel quale un illusionista sta ultimando un numero di magia. Fuggita su un aereo, viene nuovamente fatta oggetto delle voglie del comandante, dal quale fugge per ritrovarsi tra le mani di un chirurgo, il quale a sua volta vuol farle la festa.
L’infermiera del dottore, gelosa come una pantera, la costringe nuovamente alla fuga e a riparare in un bar dove però, ancora una volta, deve guardarsi dalle losche attenzioni di un regista.
Di avventura in avventura, sempre in fuga da uomini che da lei vogliono una sola cosa facilmente immaginabile, Candy continua le sue peregrinazioni difendendosi di volta in volta da un autotrasportatore che le ha dato un passaggio, da uno strano fachiro e buon ultimo da un santone che la porta in un tempio.
Qui Candy….
Candy e il suo pazzo mondo, diretto da Christian Marquand è tratto da un libro di un certo successo uscito negli Usa sul finire degli anni 50, scritto da Terry Southern e Mason Hoffenberg e intitolato semplicemente Candy.
Il film è una produzione francese con partecipazione italiana e americana e venne girato tra Fort Wadsworth e New York dal regista francese Marquand, più noto come attore che come regista.
In questa veste infatti girò solo due film, dei quali Candy è l’opera finale.
E visti i risultati vien da dirsi anche per fortuna.
Candy infatti è un incredibile guazzabuglio di situazioni e di scene girate a velocità folle, con improvvise perdite di ritmo e sopratutto senza una linearità di percorso.
Eva Aulin e Richard Burton
La giovane studentessa dall’immaginazione fervida viene trasportata in un mondo quasi reale, almeno come personaggi, a differenza dal modo fantastico di Alice nel paese delle meraviglie popolato da strane e incredibili creature.
Candy è bella e sexy, e suscita evidentemente incontrollabili e lussuriosi desideri in tutti gli uomini che incontra, nessuno escluso.
Lei è un’anima candida, pulita, che difende senza troppa convinzione la sua “purezza”; ma in un modo o nell’altro ogni volta che qualcuno tenta di farle la festa ecco un provvidenziale accadimento che le permette la fuga, fino al finale assolutamente logico e altrettanto deludente.
Un film psichedelico che ricorda alla lontana le gag di Questo pazzo, pazzo, pazzo mondo del quale condivide il cast stellare.
Raramente si è visto in un’opera cinematografica un cast così imponente dal punto di vista dei nomi utilizzati, se non in alcuni film a sfondo bellico o in qualche kolossal.
Marlon Brando
Si va da Marlon Brando a Richard Burton, da James Coburn a John Houston, da Walter Matthau a Ringo Starr e Charles Aznavour, affiancati da un cast femminile che include Marilu Tolo e Anita Pallenberg, Elsa Martinelli e Florinda Bolkan, Lea Padovani e Nicoletta Machiavelli.
Poi naturalmente c’è lei, la biondissima e minuta Eva Aulin, la diciottenne (all’epoca) attrice svedese di Landskrona che un anno prima si era fatta una certa fama con La morte ha fatto l’uovo e l’anno prima ancora con Col cuore in gola di Tinto Brass, recitato accanto a Trintignant.
La Aulin ha tutto per riuscire in questo film; ha un’aria candida e sperduta che la caratterizzano particolarmente, ha buone doti recitative e sopratutto non ha il fisico della vamp.
Quindi è perfetta per un personaggio lindo e pulito contrapposto ai lascivi personaggi che incontra.
Il cast è stellare, l’attrice principale è perfettamente calata nel ruolo, la storia c’è anche.
Allora cosa non funziona nel film?
Praticamente quasi tutto.
Se in Alice nel paese delle meraviglie la presenza di personaggi illogici è giustificata dalla fantasia della protagonista che incontra personaggi non umani e quindi appartenenti al mondo della fantasia come il Bianconiglio o lo Stregatto, Candy incontra personaggi umani che di strano hanno tutto.
A cominciare dai nomi, che possono essere quello di Hunchback juggler oppure del Dottor. A.B. Krankheit, di Zero o Grindl per finire alle loro professioni che non sono strane ma che sono svolte quasi fossero appartenenti ad un mondo alieno.
I personaggi sembrano tutti avere dei profondi problemi psicologici, delle specie di sdoppiamenti tra il reale e il fantastico quasi vivessero su un pianeta che non è la terra.
Se Marquand tenta di avvalorare questa tesi, lo fa nel peggiore dei modi; l’umano/fantastico/alieno ha però comportamenti troppo vicini a quelli quotidiani e tutti sembrano attirati da una cosa sola facilmente comprensibile.
Candy infatti suscità desiderio di possesso e l’umanità che incontra sembra farsi pregio del tentativo di infangare la sua purezza.
Vero è che tutto nasce nella fantasia della ragazza, ma allora perchè trasportarla in mille avventure caotiche e riportala al presente senza aver incontrato un solo esempio di umanità in positivo?
Questa e altre domande sorgono spontanee dopo pochi minuti di film, una volta compreso che il film purtroppo andrà a parare in una direzione precisa, cosa che avviene con puntualità mortale.
Nicoletta Machiavelli
Florinda Bolkan
La povera Candy attraversa mille posti e scampa a mille pericoli per poi rendersi conto che è stato tutto un sogno.
Noi lo sappiamo già, visto che il regista improvvidamente non usa nessun espediente per nascondercelo.
Dopo pochi minuti un senso di malcelata sopportazione invade lo spettatore che dopo metà film prende coscienza di una tragica realtà: il cast faraonico, il battage pubblicitario che ha preceduto il film altro non sono che una gigantesca nuvola di fumo negli occhi.
Non fosse per Child of the Universe cantata dai Byrds o per Magic Carpet Ride e Rock Me degli Steppenwolf l’abbiocco sarebbe in agguato pronto a far capolino nelle numerose pause del film.
Quelle in cui Candy guarda disarmata i palazzi di New York, in cui passeggia su uno dei ponti della grande mela, o quando segue il fachiro nel deserto….
Deprimente è vedere artisti del calibro di Brando e di Burton alle prese con personaggi distanti anni luce dalle loro corde così come è mortificante vedere poco più che comparsate fatte da Enrico Maria Salerno e Umberto Orsini.
Insomma, un film lanciato come un capolavoro che alla fine lascia stupefatti solo per il presappochismo dilettantistico con cui il film è girato.
Costato un pozzo di dollari, ricavò pochissimo al box office.
Charles Aznavour
Candy e il suo pazzo mondo
Un film di Christian Marquand, Giancarlo Zagni. Con Enrico Maria Salerno, James Coburn, Marilù Tolo, Ringo Starr,Richard Burton, Charles Aznavour, Marlon Brando, Ewa Aulin, Sugar Ray Robinson, Walter Matthau, Lea Padovani, Enzo Fiermonte, Christian Marquand, Elsa Martinelli, Umberto Orsini, Micaela Pignatelli, Peter Dane, John Huston, Florinda Bolkan, John Astin, Anita Pallenberg, Nicoletta Machiavelli, Joey Forman, Julian Beck
Fantastico, durata 115 min. – USA, Italia, Francia 1968.
Ewa Aulin: Candy Christian
Charles Aznavour: Hunchback juggler
Marlon Brando: Grindl
Richard Burton: MacPhisto
James Coburn: Dr. A.B. Krankheit
John Huston: Dr. Arnold Dunlap
Walter Matthau: Gen. R.A. Smight
Ringo Starr: Emmanuel
John Astin: T.M. Christian / Jack Christian
Elsa Martinelli: Livia
Sugar Ray Robinson: Zero
Anita Pallenberg: Nurse Bullock
Lea Padovani: Silvia Fontegliulo
Florinda Bolkan: Lolita
Marilù Tolo: Conchita
Nicoletta Machiavelli: Marquita
Umberto Orsini: The Big Guy
Enrico Maria Salerno: Jonathan J. John
Neel Noorlag (con il nome Neal Noorlac): Harold
Enzo Fiermonte: Al Pappone
Peter Dane: Luther
Peggy Nathan: Miss Quinby
Anthony Foutz (con il nome Tony Foutz):
Tom Keyes:
Mark Salvage: Dottor Harris
Micaela Pignatelli: Ragazza
Joey Forman: Charlie, il poliziotto
Fabian Dean: sergente di polizia
Ragni Malcolmsson: ragazza

Eva Aulin legge il libro da cui è tratto il film
Regia Christian Marquand
Soggetto Mason Hoffenberg, Terry Southern
Sceneggiatura Buck Henry
Produttore Robert Haggiag
Produttore esecutivo Selig J. Seligman, Peter Zoref
Casa di produzione American Broadcasting Company, Corona Cinematografica, Dear Film Produzione, Selmur Productions
Distribuzione (Italia) 20th Century Fox Home Entertainment
Fotografia Giuseppe Rotunno
Montaggio Giancarlo Cappelli, Frank Santillo
Effetti speciali Augie Lohman, Harold E. Wellman
Musiche Dave Grusin
Scenografia Dean Tavoularis
Costumi Mia Fonssagrives, Enrico Sabbatini, Vicki Tiel

Eva Aulin con Marlon Brando durante le prove

La Aulin con Elsa Martinelli in una foto pubblicitaria
Varie lobby card del film
Una sull’altra (Perversion story)
Falcidiato dalla censura, e uscito in Italia nel 1969 in versione ridotta, questo ottimo lavoro di Lucio Fulci ha avuto vita travagliata; le scene di sesso, oggi molto caste, all’epoca suonarono come un’offesa ai costumi e alla morale, e il flm venne pesantemente tagliato. Le scene di sesso tra George e Susan/Monica vennero giudicate troppo ardite, così come la sequenza dell’amore saffico tra Susan/Monica e Jane, amante di George. Inoltre il tema del triangolo, con implicazioni saffiche, era davvero troppo per la morale corrente; così involontariamente, fu proprio la censura a decretare un’attesa e una curiosità enorme verso la pellicola, con la conseguenza che il film incassò quasi un miliardo delle vecchie lire. Per rendersi conto di cosa significasse un incasso del genere, basti pensare che un biglietto per un posto in cinema di prima visione costava 350 lire.
La storia parte con George Dumurrier, proprietario di una clinica ereditata assieme al fratello dal padre che lascia sua moglie Susan per recarsi dalla sua amante Jane, che sta per lasciarlo, a causa della situazione sentimentale dell’uomo. Susan, infatti, la moglie, è cattolica e non accetterebbe mai il divorzio; ma mentre è fuori casa, e Susan è affidata alle cure di un’infermiera, accade il miracolo.
Susan stessa, ammalata di asma, muore. Al rientro george apprende che la moglie aveva stipulato una polizza sulla vita, con beneficiario proprio George per una cifra altissima, un milione di dollari. Una sera accade che George, su segnalazione di un anonimo telefonista, si rechi in un night club; li incontra Monica, una splendida spogliarellista che assomiglia come una goccia d’acqua alla defunta Susan.
Tra i due nasce una rovente relazione momentanea; ma sulle tracce dell’uomo c’è anche la polizia, che non ha creduto alla versione della morte accidentale. Così l’incaricato del caso scopre in casa di Monica un foglietto su cui ci sono le prove che Monica si esercitava a copiare la calligrafia di Susan; la polizia scopre anche che Susan in realtà è morta avvelenata, così George viene arestato e condanato a morte. sarà durante un drammatico colloquio in carcere con il fratello che George apprenderà la terribile verità; Susan non è mai morta,
ma è Monica, che da tempo aveva una relazione con il fratello di George, e che si era costruita una vita parallela nei panni della bella e affascinante spogliarellista, con tanto di secondo amante, Benjamin, uno che spasima per la donna. Nonostante denunci tutto alla polizia, George non viene creduto e si apresta così ad entrare nella camera a gas. Ma il diavolo alle volte dimentica qualcosa……
La sceneggiatura di Fulci, pur essendo un tantino contorta, sembra ripresa da un film di Hithcock, ma fila via abbastanza credibile. Il vero punto di forza del film sta comunque nelle splendide interpretazioni di Marisa Mell nel doppio ruolo di Susan (imbruttita molto bene) e dell’affascinante e enigmatica Monica; di Elsa Martinelli, molto bella e sexy nel ruolo di Jane e di Jean Sorel in quello di George, nel quale appare spesso disorientato, confuso, quasi incredulo della situazione che si dipana attorno a lui. Il commento musicale, affidato a Riz Ortolani è appropriato e non è mai assillante. bene anche Riccardo Cucciolla nel ruolo di benjamin, l’amante tradito che risolverà la faccenda con il colpo di scena finale. Una sull’altra è un film godibile, uno dei migliori prodotti del genere negli anni sessanta. Qualche nudo davvero sontuoso della bellissima Marisa Mell arricchisce il film, senza mai essere ne volgare ne inappropriato.

Una sull’atra,un film di Lucio Fulci. Con Elsa Martinelli, Jean Sorel, Marisa Mell, Giuseppe Addobbati.
Franco Balducci, Faith Domergue, Riccardo Cucciolla, Jesus Puente, Georges Rigaud, John Ireland
Giallo, durata 99 min. – Italia 1969
Jean Sorel … Dr. Geroge Dumurrier
Marisa Mell … Susan Dumurrier / Monica Weston
Elsa Martinelli … Jane
Alberto de Mendoza … Henry Dumurrier
John Ireland … Ispettore Wald
Riccardo Cucciolla … Benjamin Wormser
Bill Vanders … Agente delle assicurazioni
Franco Balducci … Proprietario del Loveday
Giuseppe Addobbati … Brent
Félix Dafauce … Royal Insurance Official
Jesús Puente … Sergente Rodriguez
George Rigaud … Arthur Mitchell
Jean Sobieski … Larry
Faith Domergue … Martha

La colonna sonora

Le immagini che seguono provengono dal sito http://www.dbcult.com/




































































































































































































































































