Senza buccia
Quattro amici trascorrono le vacanze estive alle isole Eolie in Sicilia.
Sono i due fratelli Giuliano e Nora, ricchi e annoiati ragazzi della Lombardia bene, Barbara la fidanzata di Giuliano e il giovane e timido Daniele.
Quest’ ultimo è il classico ragazzo disinibito solo a parole; in realtà è ancora a digiuno di donne, un pò per la timidezza e un pò perchè sembra imbranato.
Lo dimostra il fatto che Nora, stufa di attendere il primo passo del giovane, molla tutto e se ne va con degli amici.
Il terzetto superstite un giorno incontra casualmente in mare una coppia di giovani scandinavi rimasti in panne con la loro barca; i due, naturisti convinti, accettano l’invito di Giuliano di aspettare nella villa dei suoi genitori l’arrivo di qualcuno che possa sistemare la loro imbarcazione.
Per Barbara, la ragazza di Giuliano, iniziano i problemi; Trella, la ragazza scandinava, va in giro nuda tutto il tempo e su di lei alla fine mette gli occhi il suo fidanzato.Barbara arriverà a tentare il suicidio, mentre nel frattempo nella villa arriva un’amica della famiglia di Giuliano; è Adriana, una bella e affascinante donna, che ben presto diventa l’ossessione di Daniele.
Il giovane si innamorerà perdutamente della donna, che gli cederà prima di tornarsene a casa.
Senza buccia,di Marcello Aliprandi, ricavato da una sceneggiatura di Ugo Liberatore, è un banale filmetto senza grosse pretese; già il titolo è indicativo di dove si voglia andare a parare, ovvero in una mega sfilata di nudi integrali, una volta tanto anche maschili.
La storia è ovviamente quanto di più banale si potesse immaginare, ed è sviluppata senza grossa fantasia, anche perchè francamente c’era ben poco da inventari, oltre alla solita avventura del ragazzo con la donna matura e la solita bega amorosa tra fidanzati, questa volta culminata con un tentativo di suicidio.
Tra le protagoniste femminili, ovvero Lilli Carati, che è Barbara, Ilona Staller, che interpreta Trella e la Olga Karlatos, che interpreta Adriana, l’unica a mantenere un livello decoroso di recitazione è proprio quest’ultima, che è anche l’unica a mantenere la buccia.
La stessa Karlatos è di gran lunga più seducente, vestita, della Staller e della Carati nude; va da se che la Staller figura praticamente solo come nudo itinerante, vista la sua assoluta mancanza di espressività.
Il film è girato nello splendido scenario dell’isola di Vulcano, nelle Eolie; mare stupendo e natura lussureggiante, che finiscono per essere uno dei motivi di interesse della pellicola.
Per quanto riguarda i tre attori maschi, ovvero Maurizio Lupi, Juan Carlos Naya, Maurizio Interlandi, stendiamo un velo pietoso; a parte l’imbarazzante difficoltà di interpretazione, i tre sono molto a disagio nel ruolo dei naturisti.
Aliprandi, che veniva dal discreto successo del thriller soprannaturale Un sussurro nel buio mostra evidenti limiti con il genere erotico;siamo nel 1979, e tornerà sul set con il discreto Morte in Vaticano.
Senza buccia, un film di Marcello Aliprandi, con Lilli Carati, Olga Karlatos, Ilona Staller, Maurizio Lupi, Juan Carlos Naya, Maurizio Interlandi, Taida Urruzola, Miki Vouk Erotico, Italia 1979
Olga Karlatos … Adriana Berri
Juan Carlos Naya … Daniele
Maurizio Interlandi … Giuliano
Taida Urruzola … Nora
Miki Vouk … Bjorn
Ilona Staller … Trella
Lilli Carati … Barbara
Maurizio Lupi … Maurizio
Regia Marcello Aliprandi
Soggetto Ugo Liberatore
Sceneggiatura César Fernández Ardavín
Fotografia Raúl Pérez
Montaggio Giorgio Serrallonga
Musiche Pino Donaggio
Scenografia Fernando Imbert
Costumi Jaime Pérez Cubero
Riavanti,marsch….

A vent’anni di distanza dal servizio militare, cinque ex soldati vengono richiamati, per quaranta giorni in caserma, per apprendere l’uso di missili teleguidati.
Ognuno di loro, in vent’anni, ha avuto alterna fortuna.
Giovanni Crippa è stato il più fortunato, perchè è diventato un industriale: anche se per lui i problemi non mancano, afflitto com’è da una moglie che lo cornifica e da un’amante sanguisuga; Alessio invece , nonostante tre lauree, è rimasto un intellettuale di sinistra, che sogna la rivoluzione e vive da precario con una signora russa, Matrioska; poi c’è Francesco Paternò, nobile siciliano, barone per l’esattezza, tormentato dall’incubo che la giovane moglie possa cornificarlo.

Paola Quattrini e Renzo Montagnani

Carlo Giuffrè, Alberto Lionello, Stefano Satta Flores
Infine, Otello, che non ha fatto fortuna, vive sul GRA di Roma con un camper che gli viene sequestrato vendendo panini alla porchetta e cocomeri e Pietro, anonimo marito di una parrucchiera, uomo però felicemente sposato.
Le diverse personalità, le diverse vite vengono così riportate assieme dalla naia; per i cinque sarà un po come ritornare ai vent’anni, e l’occasione servirà per riannodare i rapporti fra di loro ma non solo.
Tra scherzi di ogni genere e angherie da parte del solito colonnello dispettoso, che li costringe a scavare un’inutile bunker, i cinque troveranno il modo di stare una svolta alla loro vita.

Alberto Lionello e Sandra Milo
Giovanni ritroverà l’amore e la possibilità di liberarsi di moglie e amante grazie all’incontro con una sua vecchia fiamma, Zaira, ex prostituta che gestisce una pompa di benzina, donna dal cuore grande e dai sentimenti autentici; Francesco, il barone, ritroverà la giovane moglie e quindi la sua tranquillità, Pietro scoprirà di avere avuto durante il periodo militare una figlia, otterrà un lavoro da Giovanni, mentre Alessio, scapolone convinto che tutte le donne siano delle poco di buono, troverà l’amore e un nuovo camper grazie alla generosità di Giovanni.
Anche Alessio avrà la sua parte di gloria trovando finalmente l’amore.
Riavanti marsch, film di Luciano Salce del 1979, è una commedia amarognola che prende un po qua e un po la temi portanti di altri film: evidente il tributo ad Amici miei, almeno nella parte ironica degli scherzacci e dell’amicizia tra reduci, come è ancora più evidente il tributo a C’eravamo tanto amati nella parte nostalgica degli amici che si ritrovano dopo tanti anni, con un bagaglio di esperienze molte delle quali negative.
Alla fine il risultato è un ibrido molto modesto; Salce non graffia, forse perchè indeciso sul tono da dare al film.
Amici miei era graffiante, ironico e dissacrante, C’eravamo tanto amati nostalgico e malinconico: Riavanti marsch resta in bilico tra tutte queste caratteristiche, puntando però sullo sberleffo, tentanto anche la via drammatica, come nel caso della storia di Pietro, che troverà una figlia della quale ignorava l’esistenza.
Ma il tono dato al tutto resta leggero, quasi Salce avesse esaurito quella sua carica ironica, dissacrante che ne aveva caratterizzato la produzione precedente: così il film resta nelle intenzioni, limitandosi a far sorridere di volta in volta, sopratutto negli scherzacci da caserma, tralasciando invece le storie personali dei cinque che avrebbero meritato ben altro sviluppo.
Succede quando non si sposa una sceneggiatura originale, ma ci si limita al compitino in classe.
Il che è un vero peccato, tenendo conto anche del cast di buon livello che il regista chiamò a recitare: si va da Renzo Montagnani a Aldo Maccione, da Carlo Giuffrè a Stefano Satta Flores, oltre a Gigi Reder, Alberto Lionello (forse il più convincente di tutti), le bellissime Olga Karlatos e Silvia Dionisio, Paola Quattrini, Sandra Milo e Adriana Russo, Annamaria Rizzoli e Carmen Russo.

Silvia Dionisio e Renzo Montagnani
Davvero un’occasione sprecata, per mancanza di coraggio o forse, più semplicemente, per necessità di cassetta: l’errore fondamentale resta quello di aver tentato di nobilitare un genere, quello militar/caserma, ormai troppo sfruttato per essere ancora credibile.
Aldo Maccione e Carmen Russo
Troppo vicino l’esempio dei vari La dottoressa ci sta con il colonnello e affini per dare credibilità ad un film che vuole distaccarsi dal genere ma che finisce per assumerne gli stilemi.
Riavanti, marsch…
un film di Luciano Salce. Con Sandra Milo, Olga Karlatos, Stefano Satta Flores, Renzo Montagnani, Silvia Dionisio,Alberto Lionello, Carlo Giuffrè, Adriana Russo, Nello Pazzafini, Gigi Reder, Paola Quattrini, Elisa Mainardi, Venantino Venantini, Roger Browne, Rita Forzano, Aldo Maccione, Carmen Russo, Renato Cecilia, Renzo Rinaldi
Commedia, durata 118 min. – Italia 1979.
Stefano Satta Flores: Alessio
Adriana Russo: Valeria
Annamaria Rizzoli: Immacolata
Gigi Reder: Colonnello
Paola Quattrini: Sofia
Renzo Montagnani: Pietro Bianchi
Sandra Milo: Zaira
Aldo Maccione: Otello Cesarini
Alberto Lionello: Giovanni Crippa
Olga Karlatos: Elena
Carlo Giuffré: Il Barone Francesco Paternò
Silvia Dionisio: Marina
Venantino Venantini: Sergente Sconocchia
Regia: Luciano Salce
Soggetto: Augusto Caminito, Teodoro Agrimi
Sceneggiatura: Luciano Salce, Augusto Caminito
Casa di produzione: Produzioni Atlas Consorziate
Distribuzione (Italia): PAC
Fotografia: Sergio Rubini
Montaggio: Antonio Siciliano
Musiche: Piero Piccioni
Amici miei
Nel 1975 il cinema erotico,sviluppatosi attorno al precursore involontario del genere,il Decameron di Pasolini, mostrava la corda,dopo aver inondato gli schermi con novelle licenziose, monache vogliose e conventi gaudenti, Monicelli proponeva al pubblico quello che diverrà uno dei film più importanti della cinematografia italiana, Amici miei.
Fenomeno di costume, ma non solo; esempio rarissimo di un cinema che sposa alla perfezione il divertimento, anche se in questo caso molto amaro e vestito di malinconia, l’impegno, sottolineato dalla storia di un gruppo di amici che rifiutano il conformismo e che non vogliono invecchiare,e una serie di sentimenti che si avvertono palpabili,fin dalle prime scene.Malinconia, rimpianto,voglia di non cedere alla vecchiaia,ma anche tristezza appaiono elementi di un film che non è e non sarà una sfilata di gag,ma il ritratto,a volte impietoso,a volte sardonico,di personaggi che in fondo ci appaiono patetici,con la loro necessità di esorcizzare il fantasma della vecchiaia.
Il film,che si snoda attraverso le vicende del gruppo di goliardici amici,contrariamente a quanto stabilito dalla legge della commedia all’italiana,non ha l’happy end,anzi,ha un finale assolutamente amaro;e la grandezza di Monicelli,di questo impietoso ritratto di quelli che sono,in fondo,dei naufraghi,acquista ancora più valore,slegato com’è dalla logica del botteghino e dell’incasso.
Quattro amici cinquantenni,goliardici,ironici e dissacratori si muovono in un arco temporale definito tra il decennio 60 e e il 70;c’ è il Perozzi,io narrante del film,che è un giornalista con poca voglia di lavorare,combattuto tra il desiderio di mandare a quel paese la sua famiglia,composta da una moglie e da un figlio di un conformismo addirittura patetico.
C’è il Melandri, architetto, che insegue un sogno femminile irrealizzato,e che per una donna riuscirebbe anche ad abbandonare gli amici; c’è il Necchi,un barista,che appare come l’unico ad avere un centro di gravità,visto che è felicemente sposato,e che gestisce la sala bar con annesso biliardo dove gli amici si riuniscono per sperimentare beffe e burle,o solo per svagarsi dalle loro giornate tristemente uguali;c’è il conte Mascetti,uno strano tipo di nobile che ha gettato al vento la sua eredità e quella della moglie,che vive di prestiti e che comunque mantiene un’aura di nobiltà decaduta,con la sua relazione adulterina con una giovane,
mentre la sua famiglia vive alle soglie del decoro;e infine il professor Sassaroli,che non fa parte del gruppo originario,ma che incuriosito dalla vitalità dei quattro amici ed annoiato dal suo lavoro,ben presto si trasformerà nell’anima del gruppo.I cinque si spingono oltre i limiti della stessa burla,arrivando,nel finale,quando ci sarò la morte del Perozzi,a sbeffeggiare la stessa fine della vita dell’amico,in un impeto che dissacra i fondamenti stessi della vita;inutile ricordare le burle terribili che il gruppo di amici assesta ad una società tetra,buia.
Basti ricordare la scena della stazione,un classico del cinema,in cui il gruppo prende a ceffoni i passeggeri di un treno in partenza,o ancora quella terribile fatta ad un avventore opportunista del bar,a cui vien fatto credere che il gruppo altro non è che una banda di trafficanti,con conseguenze esilaranti nello svolgimento del film.
Monicelli gira un film tecnicamente perfetto,che mescola ironia,tristezza,amarezza,malinconia e la profonde a piene mani in ogni singola inquadratura,con un finale grottesco che esorcizza anche la vecchia con la falce. Amici miei è probabilmente uno dei film più belli della storia del cinema proprio per la mescolanza di tutte queste caratteristiche,ma non solo.Anche per la straordinaria prova del cast,con Philippe Noiret che interpreta splendidamente il Perozzi,con un grandissimo Ugo Tognazzi nel ruolo del conte Mascetti,nobile decaduto ma orgoglioso;con Gastone Moschin,forse il personaggio meno riuscito,più anonimo del gruppo,leggermente infido,quello che in un gruppo non manca mai,nel ruolo del Melandri;un incredibile Adolfo celi,quasi satanico nel ruolo del professor Sassaroli,che ritrova una nuova giovinezza al fianco di quel gruppo di pazzi,ed infine il Necchi,forse un grillo parlante,forse no,l’unico che abbia una parvenza di vita normale,e che difatti rimane ai margini del gruppo.
Un film memorabile,che diventerà la pietra miliare del cinema anni 70,e che rinvigorirà con nuova linfa la stanca commedia all’italiana.
Amici miei
Un film di Mario Monicelli. Con Ugo Tognazzi, Duilio Del Prete, Adolfo Celi, Olga Karlatos, Bernard Blier, Philippe Noiret, Gastone Moschin, Milena Vukotic, Franca Tamantini, Marisa Traversi, Silvia Dionisio, Angela Goodwin, Mauro Vestri, Mario Scarpetta. Genere Commedia, colore 109 minuti. – Produzione Italia 1975.
Ugo Tognazzi: Raffaello “Lello” Mascetti
Gastone Moschin: Rambaldo Melandri
Philippe Noiret: Giorgio Perozzi
Duilio Del Prete: Guido Necchi
Adolfo Celi: professor Alfeo Sassaroli
Bernard Blier: Nicolò Righi
Marisa Traversi: l’amante di Perozzi
Milena Vukotic: Alice Mascetti
Franca Tamantini: Carmen Necchi
Olga Karlatos: Donatella Sassaroli
Silvia Dionisio: Titti
Angela Goodwin: Laura Perozzi
Maurizio Scattorin: il figlio di Perozzi
Mauro Vestri: neurologo
Regia Mario Monicelli
Soggetto Pietro Germi, Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi, Tullio Pinelli
Sceneggiatura Pietro Germi, Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi, Tullio Pinelli
Produttore Carlo Nebiolo
Fotografia Luigi Kuveiller
Montaggio Ruggero Mastroianni
Musiche Carlo Rustichelli
Scenografia Lorenzo Baraldi
Costumi Giuditta Mafai
Trucco Franco Di Girolamo
– Anch’io ho sofferto. Ho sofferto come un cane per quasi tre quarti d’ora…
– Cos’è il Genio? È fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità d’esecuzione.
– Sii astuto come un cervo. “Che bischerate tu dici? Il cervo non è astuto. Semmai, astuto come una volpe.”Sì, ma la volpe ‘un c’ha mica le corna.
– Ho incontrato un angelo..”Un angelo maschio o femmina?” Gli angeli non hanno sesso!! “Insomma c’ha le poppe o non c’ha le poppe!??!”
– Quando penso alla carne della mia carne, chissà perché, divento subito vegetariano
– Io restai a chiedermi se l’imbecille ero io, che la vita la pigliavo tutta come un gioco, o se invece era lui che la pigliava come una condanna ai lavori forzati; o se lo eravamo tutti e due.
– Ragazzi, come si sta bene tra noi, tra uomini! Ma perché non siamo nati tutti finocchi?

L’opinione di Simone tratta dal sito http://www.mymovies.com
Signori che dire… Di capolavori nella storia del cinema ce ne sono stati tanti in passato e più che andiamo avanti con le generazioni se ne vedono sempre meno non occorre essere dei geni per capirlo.. Quello che il Maestro Monicelli ci ha regalato è una cultura cinematografica e un insieme di emozioni difficili da dimenticare. Film che richiama una comicità/tragica per il susseguirsi degli eventi, come la morte del Perozzi o il malore del Mascetti e la vita che va avanti come è sempre andata con allegria senza mai prendere tutto sul serio tra risate scherzi battute prese in giro, il tutto legato da una profonda amicizia che ci fa capire quanto è bella la vita. Per finire ringrazio antani come se fosse fochi fatui con saluti bitumati alla redazione.
L’opinione del sito http://www.filmscoop.it
(…) Una nobile macchietta, un perdente dal grande cuore (“Un eroe dei nostri tempi”, “Il Marchese del Grillo”). Questi sono i tratti che caratterizzano la commedia di Monicelli: un’ironia mai fine a sé stessa, che non scade mai nel demenziale, ma che è sempre percorsa da una leggera venatura drammatica. O forse al contrario: una drammaticità che non scade mai nel patetico, ma che viene sempre stemperata nelle tragicomiche vicende dei piccoli grandi eroi nostrani. Personaggi che diventano icone del cinema, resi indimenticabili dalle interpretazioni dei più grandi attori del “gotha” cinematografico italiano: tra gli altri, Totò, Vittorio De Sica, Marcello Mastroianni, Ugo Tognazzi e Alberto Sordi.
Monicelli è da annoverare tra i padri della migliore commedia italiana, un genere a cui il Maestro ha saputo dare un rinnovato lustro, tanto da rendere le commedie italiane note in tutto il mondo. Il suo indiscusso talento e la sua creativa genialità, premiati con numerosi riconoscimenti a livello internazionale, hanno fruttato al regista ben sei nomination agli Oscar. Un livello impensabile per le commedie nostrane d’oggigiorno.
Se il lascito artistico di Monicelli consiste in un’enorme produzione cinematografica (regista di oltre sessanta film, sceneggiatore di un centinaio), il suo lascito morale risiede nello spirito sagace, intelligente ed ottimista con cui abilmente sdrammatizzava ogni situazione. Sul suo sito ufficiale campeggia tutt’oggi una significativa citazione di Sant’Agostino: “Nutre la mente soltanto ciò che la rallegra”.(…)
L’opinione di Fabio1971 dal sito http://www.filmtv.it
Antani come se fosse Mario Monicelli ma anche un po’ Pietro Germi, visto che, se la cirrosi epatica non l’avesse stroncato prima, l’avrebbe girato lui. E allora il primo amico, altro che zingaro, è proprio Monicelli, che non può che ringraziare Germi e gli dedica il film, un Monicelli sul livello della sua grande guerra prematurata e dei soliti tarapii tapiochi anche un po’ ignoti e pure compagni al grido di “Branca, Branca, Branca, leon, leon, leon”. Non mancano un Totò, o un Gassman, o un Sordi, perchè posterdati per due, anzi per cinque, c’è pur sempre un Tognazzi che è molto di più di una supercazzola, anche prematurata, ma sempre come fosse baciato da una grazia nelle sfumature che non è tanto un clacsonare, perchè allora potremmo dire, per il rispetto per l’autorità, che anche soltanto le due cose come vicesindaco, oltre che i supercazzolanti Moschin, Noiret, Del Prete, Celi e lo sventurato Blier, che non hanno di certo perso i contatti col tarapia tapioco. E no, perchè antani come trazione per due anche con cofandina, il disincanto e i toni crepuscolari di un film che insieme a tutti quelli che si erano tanto amati dell’anno precedente sta (e continua a stare) alla commedia italiana degli anni Settanta come i mostri sorpassanti di Risi scappellavano quella dei Sessanta fifty fifty come fosse mea culpa. La cifra stilistica supercazzolata, infatti, sia in Scola che in Monicelli, è la memoria, lo sguardo tarapiocante al passato, l’inadeguatezza al presente, in definitiva la presa di coscienza di una generazione schiava dello sbiriguda veniale, cinico, amaro, soprattutto con ribaltone ma sempre col sorriso sulle labbra, di certo non riconducibile esclusivamente alla goliardia o ad una beffarda trivialità da osteria. Manca ancora la scoliana giornata particolare e poi sulle glorie della commedia nostrana potrà calare finalmente il sipario con la barella anche per due. Aspetti, mi porga l’indice: ecco, lo alzi così, guardi, guardi, guardi, lo vede il dito? Lo vede che stuzzica?
L’opinione di Homesick dal sito http://www.davinotti.com
Commedia divertentissima ma anche amara e spietata, dove è evidente la mano del Germi più graffiante. Cinque vitelloni che ricorrono a frizzi e lazzi per alleviare incertezze, sofferenze ed insoddisfazioni. Eccellenti tutti gli attori. Ad un certo punto Celi cita il suo Emilio Largo di Thunderball mettendosi una benda sull’occhio. Capolavoro della commedia italiana.

































































































