Due cuori,una cappella
Aristide Cacciamani (Renato Pozzetto), figlio unico di madre usuraia e padre sconosciuto, è un abile ed apprezzato modificatore di apparecchi meccanici nonché collaudatore del “Self godeur“. Fresco di lutto, si reca spesso al cimitero, nella cappella dove la madre previdente si è fatta tumulare insieme ai gioielli di famiglia e non solo. Infatti, la defunta madre ha portato con sè pure la serenità di Aristide: lo perseguita nel sonno con la raccomandazione di stare lontano dalle donne.
Ciò che Aristide ancora non sa è che sarà proprio il cimitero il luogo ove conoscerà Claudia (Agostina Belli), orfana e solitaria ricamatrice di abiti da sposa.
Aristide, seppur terrorizzato dallo spirito della defunta madre, di fronte alla delicata bellezza di Claudia, se ne innamora e la conquista portandola a fare un romantico pic-nic al cimitero.
I guai seguiranno da lì a poco: dopo essere uscito dal carcere di Marsiglia, il marito di Claudia, Victor (Aldo Maccionne) si trasferisce con prepotenza nella dimora degli innamorati. Per di più, pretende le attenzioni della moglie sotto lo sguardo incredulo di Aristide. Poi, il terribile Victor coinvolge gli innamorati in un’operazione di “kidnapping“, ovvero, sequestro con riscatto di una bambina. Ma Aristide si salva dalle grinfie dell’avida coppia perché, fondamentalmente, lui è un brillante modificatore di oggetti… .
Le gag, i dialoghi, le battute si susseguono inarrestabili. Grazie alla simpatia innata del protagonista, lo spettatore sorride per tutta la durata del film. Compaiono, inoltre, bravi comprimari: Mario Brega, nel ruolo di un macellaio, cliente di Aristide; Massimo Boldi, nei panni di un prete, sempre cliente nella bottega delle modifiche; Ursula Andress, nella parte di se stessa, dà un breve contributo alla scena finale.
Renato Pozzetto adotta come sceneggiatura una commedia degli inganni e la arricchisce di dialoghi surreali, con il contributo di Enzo Jannacci, compagno di cabaret e autore dei programmi televisivi del duo comico “Cochi e Renato“. Il risultato è apprezzabile.
Inoltre, va fatta una menzione particolare per le musiche di Stelvio Cipriani.
Ad opinione di chi scrive, “Due cuori, una cappella” è una delle migliori commedie pozzettiane. Sicuramente da vedere!
Due cuori, una cappella
Un film di Maurizio Lucidi. Con Renato Pozzetto, Leopoldo Trieste, Agostina Belli, Aldo Maccione, Giusi Raspani Dandolo, Ursula Andress, Renato Pinciroli, Mario Brega, Dada Gallotti, Fortunato Arena, Claudio Nicastro, Alvaro Vitali, Massimo Boldi Commedia, durata 105 min. – Italia 1975.
Renato Pozzetto: Aristide Cacciamani
Agostina Belli: Claudia Giliberti
Aldo Maccione: Victor
Giusi Raspani Dandolo: la mamma di Aristide
Gianni Baghino: Tonino
Ursula Andress: sé stessa
Pia Morra: Speranza
Franca Scagnetti: la mamma di Speranza
Leopoldo Trieste: il custode del cimitero
Massimo Boldi: il prete cliente di Aristide
Mario Brega: il macellaio
Alvaro Vitali: il 1° tassista che accompagna Aristide e Claudia
Fulvio Mingozzi: il 2° tassista che accompagna Aristide e Claudia
Renato Pinciroli: il prete che confessa la mamma di Aristide
Alessandra Vazzoler: una conoscente di Aristide
Alba Maiolini: una conoscente di Aristide
Dante Cleri: un conoscente di Aristide e guardiano del cimitero
Salvatore Billa: il cameriere della trattoria
Gino Pagnani: Cesare Pancrazi, papà della bimba
Pietro Zardini: il ricettatore
Dada Gallotti: la mamma della bimba
Claudio Nicastro: il barista
Fortunato Arena: il vigile urbano
Regia Maurizio Lucidi
Soggetto Nicola Badalucco
Sceneggiatura Nicola Badalucco
Produttore Piero La Mantia
Casa di produzione Mars Film Produzione
Distribuzione (Italia) Cineriz
Fotografia Aldo Tonti
Montaggio Renzo Lucidi, Simonetta Vitelli
Musiche Stelvio Cipriani
Scenografia Luigi Scaccianoce
Costumi Carlo Gentili
… tu basta che me regoli le molle. Ruba un po’ troppo. Poi finisce che i clienti svaghino… . Deve rubare 10 – 15 percento così almeno scarichiamo un po’ di tasse.
– Guardi: sformato di melanzane alla Claudio Baglioni.
– Bè, solo un angolino eh, tanto per gradire. Grazie.
– Lei sa come si prepara?
– No.
– Allora, si prende una porzione di pizza, la si lascia coinvolgere venti giorni a bordo dell’Amerigo Vespucci. Poi, si prende tutto, tutto, anche l’Amerigo Vespucci e si mette un bagno di schiuma tipo Viva la natura. Si lascia riposare per venti giorni poi si serve o bollente o gelato.
– Ch’è successo? Sì è macchiata la camicetta?! Le ho toccato la tetta… ?!
– Eh sì… .
– Ohhh, ti prego… controllati. Ohhh, approfittarsi così di una povera orfana indifesa… .
– Ho preso molto anche dalla mamma.
– Senti un po’, ma dove hai imparato la collaborazione all’amore? La Madonna eh! Sai che sei tremenda?!
– Leggo la Famiglia Cristiana… .
Il volgare è ritornato e si riprende il suo cappuccino! Buonanotte.
Eh la Madonna! Ma io capisco anche la furia della libidine… ma un po’ di ordine, no?!! Non siete nemmeno in casa vostra! Se io trattassi così il mio self godeur, dovrei cambiare tutte le fasce elastiche!
Il kidnapping non è poi un reato grave… . In Italia si dice: rapimento a scopo di estorsione. Ecco perché suona male. In America invece si dice kidnapping. È tutta un’altra cosa. Non vi pare?
Fico d’India
Gradevole compitino in classe del maestro Stefano Vanzina alias Steno diretto nel 1980,Fico d’India è una
commedia leggera,al limite dell’impalpabile,che si avvale della sceneggiatura di Raimondo Vianello e Sandro Continenza.
Una storiella imbastita attorno al personaggio principale,quel Renato Pozzetto star del box office nel periodo di declino del cinema
italiano,in cui a predominare sono le produzioni disimpegnate,vero e proprio simbolo degli anni ottanta,frivoli e all’insegna del riflusso.
A fare da contorno un cast di buone spalle e comprimari,come Aldo Maccione,che nel film duetta alla pari con il comico milanese,
che nell’arco di soli tre anni è impegnato in dodici produzioni,tutte di largo successo popolare.
La bellezza di turno è una splendida Gloria Guida,la cui recitazione però è ai minimi sindacali;ma in questi film quello che contava era mostrare
qualche scena di nudo,per aggiungere pepe alla storia e poco altro.In realtà non era certo richiesta una presenza o un livello recitativo alto,visto
il tenore quasi da avanspettacolo di molti di questi filmetti creati e costruiti a tavolino per raccogliere il massimo con il minimo sforzo.
Intendiamoci,Steno non è lontano dal suo standard abituale;ma la sua fase creativa è da tempo relegata negli angusti limiti della commedia leggerissima.
La storia si sviluppa attorno alle due figure principali,quella di Lorenzo Millozzi sindaco di Cavagnano,paesino del varesotto in cui l’occupazione principale sembra essere il pettegolezzo e quella di Arrigo detto Ghigo Buccilli,playboy impenitente e gran seduttore delle mogli degli ignavi maschi cavagnanesi,abili con la lingua ma evidentemente meno abili nel talamo.
Ghigo,uso a regalare alle sue prede in gonnella delle cernie con in bocca un fiore,punta la splendida moglie di Lorenzo,Lia Millozzi,senza però riuscire a fare breccia.
Così si presenta a casa sua,dove però viene colto da un infarto.
Lorenzo,per mettere a tacere uno scandalo,lo accoglie in casa e di la inizieranno per lui una serie di peripezie coronate però dalla nascita di una bella amicizia proprio con colui che voleva sedurgli la moglie.
Trama quasi inesistente,quindi,affidata all’estro e alla simpatia del comico milanese Pozzetto a cui viene affiancato un altro maestro del riso facile,Aldo Maccione.
La commedia scivola via con qualche felice intuizione e un deja vu che appare fulmineo sin dalle prime battute.
Ma tant’è…
Come detto all’inizio,a fare da contorno troviamo alcuni bravi caratteristi come Daniele Formica,la bella Licinia Lentini e un Diego Abatantuono ormai vicino al grande successo del 1982,quel Eccezzziunale… veramente che lo porterà ad essere una star del box office.
Non certo il miglior Steno,non certo un film memorabile,che però riesce a far passare con leggerezza il tempo della visione della pellicola.fra qualche risata di sano gusto e qualche fugace nudo della Guida.
Il contesto sociale è completamente trascurato,anche perchè la satira sul costume tipico del paesino pettegolo è ormai da tempo ampiamente logora.
Resta quindi alla fine poco o nulla,ma il successo ai botteghini ripaga produttore e regista e i conti tornano.
Carina la location,diligente la fotografia e le musiche di Giancarlo Chiaramello.
Un film di Steno. Con Renato Pozzetto, Gloria Guida, Aldo Maccione, Luca Sportelli, Loredana Martinez, Gianfranco Barra,
Dario Ghirardi, Diego Abatantuono, Licinia Lentini, Daniele Formica, Renato Montalbano Commedia, durata 98 min. – Italia 1980
Renato Pozzetto: Lorenzo Millozzi
Gloria Guida: Lia Millozzi
Aldo Maccione: Arrigo “Ghigo” Buccilli
Diego Abatantuono: capo delle “Belve”
Gianfranco Barra: il commissario di Polizia
Daniele Formica: Lanzarotti
Luca Sportelli: don Eusebio
Roberto Della Casa: il portiere
Néstor Garay: il fratello di Lorenzo
Dario Ghirardi: il barista
Renato Montalbano: Il dottore della compagnia assicurativa
Loredana Martinez: Marcellina, domestica di Millozzi
Licinia Lentini: la moglie di Cicognelli
Angelo Pellegrino (non accreditato): Barilotti, il segretario di Lorenzo
Daniele Vargas (non accreditato): il presidente della compagnia assicurativa
Giulio Massimini: Baldini, il vigile urbano
Regia Steno
Soggetto Steno, Renato Pozzetto, Enrico Vanzina, Sandro Continenza, Raimondo Vianello
Sceneggiatura Steno, Renato Pozzetto, Enrico Vanzina, Sandro Continenza, Raimondo Vianello
Produttore Achille Manzotti
Fotografia Carlo Carlini
Montaggio Raimondo Crociani
Musiche Giancarlo Chiaramello
Scenografia Paola Comencini
Costumi Silvio Laurenzi
Opinioni tratte dal sito http://www.davinotti.com
B. Legnani
Commediola atipica, in cui si trova del buono e del cattivo. Buona la trovata iniziale, buono Pozzetto che angaria i dipendenti e maltratta la moglie, buono (specialmente all’inizio) Maccione e buono Barra, ma pessima la parte “en travesti”, brutto il finale, la Guida (bellissima) ai minimi storici nella recitazione, Abatantuono mediocre (si ha quasi l’impressione che la parte sua e dei suoi scagnozzi sia stata aggiunta dopo, come si si volesse rimpolpare il film!).
Guardabile, perché qualche risata la strappa, ma dalla metà in poi annoia.
Galbo
Commediola non memorabile diretta da uno dei maestri del genere (Steno) e ambientata nella fertile (in senso cinematografico) provincia italiana.
Il tema principale è infatti la popolaresca abitudine delle dicerie di paese con il sottobosco di personaggi che alla lunga rappresentano la cosa migliore del film.
Il resto è dato da gag spesso non adeguatamente calibrate e prive di grande mordente. Anche la regia appare piuttosto svogliata.
Undying
Commedia (scritta in parte dallo stesso Pozzetto) resa particolarmente gradevole per la presenza di personaggi di contorno esilaranti ed indovinati (in particolare Diego Abatantuono).
Le scene del set sono state calcate da un nutrito gruppo d’attori, presenti anche nella più “andante” commedia sexy (Barra, Maccione, Jimmy il Fenomeno, Vargas) e da questa viene prelevata, di peso, la splendida Gloria Guida. La trama è banalotta ed imbastita allo scopo di dare corso ad una serie di gag ispirate alle dicerie “quotidiane” d’un paesotto provinciale.
Puppigallo
Tenere testa a Pozzetto è un’impresa notoriamente titanica. Ma qui Maccione, se non altro, funge da ottima spalla, dandogli spesso il la per le battute, costringendo il povero Renato ad accudirlo come un bambino,
per evitare un enorme scandalo. C’è anche Abatantuono, in un ruolo marginale (teppista devoto a Little Tony), ma a farla da padroni sono i due protagonisti; e anche Gloria Guida, oltre a essere di una bellezza fuori dal comune,
interpreta bene il suo ruolo di moglie scontenta e annoiata. Qualche caduta di stile c’è (il festino in casa), ma il livello resta comunque buono. Riuscito.
Homesick
Simpatica commedia che ironizza sugli intrallazzi e i pettegolezzi della provincia, avvalendosi di un duo di tutto rispetto: Pozzetto in un ruolo finalmente un po’ diverso dal solito e Maccione nei panni di un irrefrenabile corteggiatore
(e pescatore) che danno vita a gradevolissimi battibecchi. Emerge Abatantuono come teppista notturno; piacevoli interventi di Vargas, Formica, Barra. La Guida regala nudi sempre con grande eleganza e naturalezza.
Il rubacuori
Vittorio Garibaldi è un figlio di emigrati che vive in Francia. Sogna di diventare una stella dello spettacolo, ma nel frattempo vivacchia interpretando personaggi storici come Hitler, De Gaulle e Churchill. Sogna di rilasciare interviste, in cui dichiara che il suo successo è frutto di “un pò di talento,di tanto duro lavoro, un sacco di fortuna e, soprattutto,il fisico adeguato.”
La grande occasione arriva con uno show televisivo, “Il re del cinema”, che lancia nuovi talenti.
Da quel momento iniziano per lui una serie di avventure grottesche che lo porteranno a contatto con persone e posti disparati, prima dell’immancabile finale in rosa.
Il rubacuori (Le bourreau des coeurs), datato 1983 è un film del regista francese Christian Gion, in Italia praticamente un illustre sconosciuto. E tale è rimasto anche dopo questa pellicola, che ha avuto una distribuzione e una visibilità limitatissima, e che da noi ha avuto un minimo di fama solo perchè rappresenta l’ultima apparizione cinematografica dell’attrice Anna Maria Rizzoli.
Un film che vorrebbe essere comico, vista la presenza di un attore di discreto talento come Aldo Maccione e sopratutto per il gran numero di sketch presenti, girati quasi come in un film muto, ma che alla fine si rivela solo di grana grossissima e anche abbastanza volgare.
L’inesistenza di una trama credibile penalizza il tutto, in modo tale che il film resta appeso penosamente alla verve di Maccione, che fa del suo meglio, ma che non può cavare sangue da una rapa.
Una delle tante scene, ovvero il risveglio di Vittorio dal sogno in cui si vede attore famoso che rilascia interviste, prevede per esempio una caduta dello stesso perchè involontariamente infila un piede su un pattino, con conseguente rumorosa caduta, un’altra lo vede vestito da Hitler, con i soliti baffetti di prammatica, salutare suo padre, eroe della resistenza, con il saluto nazista con logiche conseguenze.
Il livello delle gag è questo.
Se agli inizi degli anni 80 il cinema italiano era in profonda crisi per i noti motivi, quello francese se la passava allo stesso modo.
La riprova l’abbiamo con questo film, che a fine anno era tra i primi venti tra gli incassi stagionali, segno inequivocabile di un trait d’union con il cinema italiano, che vivacchiava su commedie becere e volgari come i film del pestilenziale Pierino.
Assolutamente incommentabile il resto, l’unica nota di merito del film consiste nell’aver mostrato Tetiaroa, l’isola privata del celebre Marlon Brando, che mostrò il solito acume rifiutando di comparire nel film.
Il rubacuori (Le Bourreau des cœurs)
un film di Christian Gion, con Aldo Maccione,Annamaria Rizzoli,Jean Parédès,André Nader,Jole Silvani Commedia, Francia 1983
Aldo Maccione : Vittorio Garibaldi
Annamaria Rizzoli : Ginette
Jean Parédès : Max
André Nader : Pedro
Nico il Grande : Jésus
Jole Silvani : La madre
Max Desrau : Il padre
Hubert Lassiat : il nonno
Gillian Gill : La sorella
Jean David Junior : Bébert
Diego Ferrari : Jeannot
Claudio Viscomi : Vittorio bambino
Regia : Christian Gion
Sceneggiatura : Christian Gion
Romanzo Claudine Zidi
Musiche : Éric Demarsan
Fotografia : Lionel Legros
Montaggio : Nicole Saunier
Taxi girl
La giovane e bella Marcella per sbarcare il lunario lavora come tassista con l’auto che ha ereditato dal padre.
Le cose non vanno benissimo e Marcella tra l’altro si trova a dover piantare anche il suo spasimante Ramon quando scopre che l’uomo non è affatto single, ma sposato ad una rozza e manesca donna che le spara contro il taxi un giorno che Marcella si apparta in un boschetto con il suo amante.
Le disavventure di Marcella proseguono, mentre la ragazza deve svicolarsi dalle attenzioni di Alvaro e da quelle di un agente di polizia che ha conosciuto dopo la fine del suo legame con Ramon; Marcella infatti rischia di finire dapprima nell’harem di uno sceicco incapricciatosi di lei e in seguito dalle grinfie di un mafioso che tra l’altro traffica anche in droga.
Marcella però permetterà al commissario della sua città di arrestare il pericoloso trafficante dopo un inseguimento rocambolesco…
Taxi girl, film del 1977 vede ricostruirsi la coppia Edwige Fenech/Michele Massimo Tarantini, regista di questo film: i due avevano già lavorato assieme nel fortunato La poliziotta fa carriera (1976), uno dei film più visti di quell’annata.
La miscela è praticamente identica, con la bella Fenech a interpretare la simpatica Marcella in una serie di gag costruite attorno alla sua prorompente bellezza.
Non è uno dei film nei quali la Fenech abbonda in docce o in nudi, e il regista romano prova a cucirle addosso un ruolo comico scegliendo anche una sceneggiatura ricca di gag.
Alla fine si assiste ad un prodotto non sgradevole, grazie anche all’uso sapiente del regista dei migliori caratteristi della commedia sexy come Alvaro Vitali, Aldo Maccione, Gianfranco D’Angelo ed Enzo Cannavale che fanno il loro dovere con professionalità.
Il ritmo nella pellicola c’è e c’è anche qualche gag gustosa come l’agguato teso dalla moglie di Ramon (un simpaticissimo George Hilton, effeminato e chic) mentre Marcella e Ramon sono appartati in una strada di campagna nel taxi della ragazza.
I limiti sono ovviamente i soliti del genere, ovvero una sceneggiatura ridotta all’osso per una commedia destinata a strappare solo qualche sorriso e null’altro.
Ma come evidenziato più volte, la commedia sexy in realtà non si proponeva alcun risultato ambizioso e nello stretto ambito delle commedie di genere Taxi girl non sfigura.
Michele Massimo Tarantini del resto è stato regista molto prolifico nel genere della commedia sexy: suoi sono film come La dottoressa ci sta col colonnello, L’insegnante al mare con tutta la classe, La moglie in bianco… L’amante al pepe,La dottoressa preferisce i marinai, ovvero alcune tra le commedie sexy più fortunata degli anni settanta.
La Fenech è nel momento di massimo splendore fisico e la cosa non può non balzare agli occhi nelle scene di nudo (molto castigate) che compongono una delle strutture portanti del film. L’attrice nata a Bona era, all’epoca del film, sulle soglie dei 30 anni ed era ormai diventata un punto fermo di questo genere di pellicole.
In Taxi girl troviamo anche altri caratteristi utilizzati spessissimo nelle commedie di genere come il valido Michele Gammino e Rossana Di Lorenzo che da vita ad un personaggio rozzo (ma efficacissimo), quello della moglie ricca di Ramon, costretto dalla consorte a dover chinare sempre il capo in cambio di una vita da saprofita.
Un film tutto sommato gradevole, senza picchi e senza grosse lacune, un prodotto medio della commedia sexy.
Taxi Girl,un film di Michele Massimo Tarantini. Con George Hilton, Enzo Cannavale, Edwige Fenech, Aldo Maccione, Adriana Facchetti,Enzo Liberti, Gastone Pescucci, Giacomo Rizzo, Gianfranco D’Angelo, Alvaro Vitali, Franco Diogene, Michele Gammino
Commedia, durata 100 min. – Italia 1977
Edwige Fenech … Marcella
Aldo Maccione … Il gangster Adone Adonis
Michele Gammino … Walter
Alvaro Vitali …. Alvaro
George Hilton …. Ramon
Rossana Di Lorenzo … Ornella , moglie di Ramon
Enzo Cannavale … il Commissario Angelini
Franco Diogene … Lo sceicco Abdul Lala
Regia Michele Massimo Tarantini
Soggetto Francesco Milizia, Luciano Martino
Sceneggiatura Michele Massimo Tarantini, Francesco Milizia
Casa di produzione Dania
Distribuzione (Italia) Titanus – Creazioni Home Video
Fotografia Giancarlo Ferrando
Montaggio Raimondo Crociani
Musiche I Pulsar Music Ltd.
Tre sotto il lenzuolo
Film in tre episodi, diretti dai due registi Michele Massimo Tarantini, autore di Sabato mattina e di L’omaggio e dal regista Domenico Paolella (con lo pseudonimo Paolo Dominici) autore Non, non è per gelosia.
Episodi riguardanti tematiche sessuali e coniugali, in puro stile commedia all’italiana.
Primo episodio, Sabato mattina; Andrea, in cirsi di astinenza sessuale, è felice di passare finalmente il sabato mattina con la bella moglie Giulia. Per poter restare tranquillo, spedisce via da casa la domestica Rosita.
Ma Giulia inizia a ricevere telefonate dalla madre e da altra gente, con la conseguenza che l’entusiasmo iniziale di Andrea man mano scema.
Mentre attende la conclusione di una delle tante telefonate della moglie, spia la bellissima vicina Anita mentre prende il sole in topless.
La aggancia e inizia con lei un tour de force erotico che lo lascia esausto; inaspettatamente Giulia smette le telefonate, ma Andrea ovviamente non può più soddisfarla.
Nei due fotogrammi: Lorraine De Selle
Secondo episodio No, non è per gelosia: in casa di Irene si installa Vittorio, suo ex marito mentre in casa della donna si trova il suo nuovo compagno Giorgio.
L’uomo, dapprima geloso, stabilisce un buon rapporto con l’ex marito e i due in combutta decidono di far ingelosire la donna, che alla fine sceglierà un terzo incomodo, il dipendente di un negozio vicino.
Terzo episodio,L’omaggio: per un equivoco Mario Sgarbozzi trova nella sua camera d’albergo, dove ha incontrato un cardinale con cui ha concluso un’affare e che gli ha promesso un regalo, una donna che in realtà non è affatto quello che lui crede.
Sidny, la donna, ha litigato con il marito e ha riparato proprio nella camera di Mario; l’arrivo della moglie dell’uomo provocherà un putiferio.
La donna credendo che il marito l’abbia tradita, si concederà al segretario del cardinale.
Nei due fotogrammi: Sonia Viviani
Tre sotto il lenzuolo è la classica commedia sexy di fine decennio settanta, per intenderci quella ormai in chiaro debito d’ossigeno, ovvero priva di spunti originali e con tematiche logore e stantie.
In primis il vecchio e buon sesso, off course.
Tarantini e Dominici confezionano un prodotto senza infamia e senza lode, non particolarmente volgare ma neanche molto divertente.
Le classiche trovate della moglie che scopre la presunta amante del marito in una camera d’albergo, il marito che anela ad una giornata d’amore con la moglie e poi finisce a letto con la bella e disponibile vicina sono espedienti troppo sfruttati per riuscire in qualche modo ad essere coinvolgenti.
A questo va aggiunto il penalizzante cast femminile, dove ad eccezione della splendida Orchidea De Santis, vengono utilizzate starlet poco espressive dal punto di vista recitativo come Sonia Viviani, Patricia Webley e Lorraine De Selle.
Un tantino meglio Daniela Poggi, quantomeno simpatica, così come nulla da eccepire c’è sulla splendida forma fisica delle protagoniste.
Orchidea De Santis
Meglio il cast maschile, con il solito Maccione a farla da padrone e un imbarazzato Walter Chari in forte disagio; impalpabile Giuffrè.
Questi film seriali di fine decennio venivano realizzati spesso puntando più sul nome dei protagonisti che sulle sceneggiature; Tre sotto il lenzuolo è un evidente esempio di povertà di mezzi.
Difatti la produzione assolda un buon cast, almeno per metà dei protagonisti, ma alla fine ambienta il tutto fra mura domestiche con un enorme risparmio di investimenti nelle scene di esterni.
E ancora una volta risulta penalizzante per lo spettatore sorbirsi scenette trite e ritrite in cui l’unico elemento di novità è rappresentato dalle starlette più o meno disposte a concedere qualche centimetro di epidermide.
Probabilmente il film venne girato in pochissimi giorni; un esempio banalissimo è dato dall’episodio con Lorraine De Selle e Maccione.
La De Selle indossa per tutto il periodo dello stesso l’identico paio di mutandine, mentre il regista inquadra per lunghi minuti Sonia Viviani mentre si bagna in cortile.
Espedienti che mostrano sia povertà d’idee sia povertà di mezzi.
Tre sotto il lenzuolo, un film di Michele Massimo Tarantini, Paolo Dominici. Con Orchidea De Santis, Walter Chiari, Sonia Viviani, Aldo Maccione, Daniela Poggi, Carlo Giuffrè, Mario Valdemarin, Aldo Giuffré, Venantino Venantini, Liana Trouché, Cindy Leadbetter,
Film a episodi, durata 91 min. – Italia 1979.
Walter Chiari … Giorgio Mori – il marito di Irene / episodio ‘No, non è per gelosia’
Orchidea de Santis … Rosita – la domestica / episodio ‘Sabato mattina’
Lorraine De Selle … Giulia – la moglie di Andrea / episodio ‘Sabato mattina’
Aldo Giuffrè … Il cardinale / episodio ‘L’omaggio’
Carlo Giuffrè … Il Signor Sgarbozzi/ episodio ‘L’omaggio’
Patricia Webley … Sidny – una bella ragazza americana / / episodio ‘L’omaggio’ ‘L’omaggio’
Aldo Maccione … Andrea – il marito di Giulia / / episodio ‘L’omaggio’ ‘Sabato mattina’
Daniela Poggi … Irene Mori / / episodio ‘L’omaggio’ ‘No, non è per gelosia’
Liana Trouche … Olga Scarbozzi – le moglie di Scarbozzi / / episodio ‘L’omaggio’
Mario Valdemarin … Vittorio- il primo marito di Irene / / episodio ‘No, non è per gelosia’
Sonia Viviani … Anita/ episodio ‘Sabato mattina’
Regia di Paolo Dominici (Domenico Paolella) (episodio “No, non è per gelosia”) (con il nome Paolo Dominici)
Michele Massimo Tarantini (episodi “Sabato mattina”, “L’omaggio”)
Sceneggiatura Teodoro Corrà storia (con il nome Teodoro Agrimi)
Massimo Fiore storia
Giorgio Mariuzzo storia e sceneggiatura
Michele Massimo Tarantini
Musiche originali di Franco Campanino
Fotografia di Sergio Rubini e Pier Luigi Santi
Il piatto piange
Un gruppo di amici, oziosi e annoiati, si riunisce a Luino nell’albergo di uno della compagnia.
Siamo agli inizi degli anni Trenta, il fascismo è da poco al potere, ma al gruppo dei gaudenti poco importa, anzi.
A loro della politica interessa poco; le loro serate passano in interminabili partite a carte, fra sberleffi e boccacceschi racconti sulle prodezze amatorie dei componenti del gruppo.
Sbruffonate, certo, ma non quelle di Mario Tonino detto il Camola; lui con le donne ha davvero fortuna, forse perchè affronta la vita e le cose come un gioco.
Andrea Ferreol, la cantante moglie del capostazione
Camola è il segretario del locale avvocato, i suoi amici sono un barbiere, un capostazione, un professore…in pratica, gli uomini del paese che hanno una funzione sociale. Tutti insieme oziano, in una città che sembra oziosa allo stesso modo, incurante degli avvenimenti tragici che sembrano avvicinarsi come nubi nere; quando il gruppetto non è impegnato a giocare a carte, o a prendersi beffe dello Spreafico, il locale dirigente del partito fascista, frequentano la casa d’appuntamenti di Mamma Rosa, da poco trasferitasi con le sue ragazze nel paese.
Il Camola ben presto seduce dapprima la moglie di un casellante delle ferrovie, poi la bella Ines, la ragazza più bella del paese e infine una giovane fascista.
Quest’ultima dopo che un mediconzolo gli ha diagnosticato una malattia venerea e dopo che un suo amico gli ha fatto bere la balla che per guarire deve andare con una ragazza ancora vergine.
Così, tra una beffa e un litigio, tra giochi e indolenza, si consumano le giornate del gruppo, mentre attorno a loro scorre pigramente la vita della cittadina, scossa solo dalla morte di Mamma Rosa e dalle spedizioni punitive dello Spreafico avvenute in concomitanza con i festeggiamenti del 21 aprile.
Il piatto piange, diretto da Paolo Nuzzi nel 1974 e tratto dall’omonimo romanzo di Pietro Chiara, è una trasposizione abbastanza fedele del romanzo stesso, del quale cerca di ricostruire l’atmosfera indolente, pigra che lo caratterizza.
E lo fà in maniera abbastanza originale, perché il film scivola via senza grosse sbandate, riuscendo a catturare l’attenzione dello spettatore con i fatterelli, tutto sommato abbastanza banali, che avvengono nel paese.
Due fotogrammi con la splendida Agostina Belli, Ines
Merito non solo della sceneggiatura a cui lavorarono in tre, lo stesso scrittore, il regista e Maria Pia Sollima, ma anche grazie al bel cast che il film riunisce attorno alla figura principale del Camola, interpretato molto bene da Aldo Maccione.
L’attore torinese da respiro al suo personaggio, un uomo dai robusti appetiti sessuali, poco disposto a prendere sul serio la vita o quello che gli accade intorno.
Accanto a lui, il grande Erminio Macario, che interpreta il Brovelli, un reduce un pochino tocco della prima guerra mondiale che si prende lo sfizio di mollare una pedata nel didietro ad un fascista.
Molto bene anche la bella e brava Agostina Belli, la Ines bramata dal Camola (che riuscirà a goderne le grazie) e dal viscido Spreafico, che inutilmente le farà la corte.
Ci sono poi Andrea Ferreol, l’unica ad andare sopra le righe con il personaggio (un tantino isterico) della cantante lirica moglie del capostazione che fa becco il marito, c’è Guido Leontini che al solito interpreta il personaggio più antipatico del film, lo Spreafico.
E infine attori come Claudio Gora (il dottore), Daniele Vargas (l’Avvocato) e nientemeno che Bernard Blier nel ruolo del parroco.
Piccola parte per Maria Antonietta Beluzzi che interpreta Mamma Rosa; l’attrice, che aveva 44 anni all’epoca in cui fu girato il film, compare in una scena di nudo piuttosto ardito, anche se non particolarmente apprezzabile dal punto di vista estetico.
Un film di buon livello, gradevole, che ha il merito di ricreare le atmosfere ovattate tipiche del romanzi di Chiara; un film in cui l’ironia è palpabile, che qualche vota esprime la stessa con guizzi beceri. Ma sono difetti davvero veniali, perchè il tutto non sfugge mai dalle mani del regista, che riesce a portare a termine un prodotto con dignità senza mai scivolare nella farsa. Il film è disponibile su You tube all’indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=gmGd18l93k4 in una versione molto buona qualitativamente
Il piatto piange,
un film di Paolo Nuzzi. Con Erminio Macario, Agostina Belli, Andréa Ferréol, Aldo Maccione, Claudio Gora, Bernard Blier, Daniele Vargas, Elisa Mainardi, Renato Pinciroli, Lorenzo Piani, Vittorio Fanfoni, Loredana Martinez, Nazzareno Natale, Guido Leontini, Armando Brancia, Renato Paracchi, Franco Diogene, Angelo Pellegrino, Piero Chiara
Commedia, durata 110 min. – Italia 1974.
Maria Antonietta Beluzzi, Mamma Rosa
Aldo Maccione: Mario Tonini detto il Camola
Erminio Macario: Brovelli
Agostina Belli: Ines
Maria Antonietta Beluzzi: mamma Rosa
Andréa Ferréol: Cantante lirica
Aldo Maccione: Mario “Camola” Tonini
Claudio Gora: Il dottor Ferri
Bernard Blier: Il parroco
Daniele Vargas: L’Avvocato
Elisa Mainardi: Wilma Sperzi
Renato Pinciroli: Rimediotti
Loredana Martinez: Flora
Nazzareno Natale: Bertinelli, lo stalliere
Guido Leontini: Spreafico
Armando Brancia: Mazzaturconi, il federale
Renato Paracchi: Il “cliente” di Bellinzona
Franco Diogene: Peppino, il barbiere
Angelo Pellegrino: Giuseppe Migliavacca, il sarto
Piero Chiara: Un cliente del caffè con giornale
Maria Antonietta Beluzzi: mamma Rosa
Regia Paolo Nuzzi
Soggetto Piero Chiara,
Sceneggiatura Piero Chiara, Paolo Nuzzi, Maria Pia Sollima
Fotografia Arturo Zavattini
Montaggio Antonio Siciliano
Musiche Franco Micalizzi, Rudy Knabl, Sandro Blonksteiner
Scenografia Mario Ambrosino
Costumi Mario Ambrosino, Angela Parravicini
I commenti appartengono al sito http://www.davinotti.com
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“Non ho mai capito perché anche i cinefili dalla mente più aperta, più anticonformisti, sempre pronti a rivalutare ignobili filmacci, non abbiano mai riscoperto questa gradevole pellicola d’ambientazione provinciale (e d’epoca fascista), ispirata all’omonimo romanzo (1962) di Piero Chiara. Certo, non è perfetta, i tempi morti purtroppo non mancano, ma tutti gli interpreti sono affiatati e il risultato è comunque gradevolissimo da visionare.
Vezzosa pellicola di ambientazione luinese (in realtà girato ad Orta San Giulio: si vede anche l’isoletta in mezzo al Cùsio), con gradevolissimi caratteristi. Accanto ad un ottimo Maccione, ruotano l’Agostina , Gora, Diogene, Leontini, Maffioli, Vargas, Pellegrino… In più ci sono due assi come Bernard Blier (che ha la faccia di uno che è nato per fare l’attore) e Macario (non proprio eccelso, ma lo si guarda sempre con affetto). Film non grande, ma legittimamente di piccolo culto.
Distribuito nelle edicole (ormai in anni lontani, tipo 1996-1997) nella serie Commedia Sexy all’Italiana (Shendene & Moizzi) il film non brilla per ritmo, essendo statico (fissato attorno ad un tavolo) e costringendo a piangere, non solo il piatto, ma pure lo spettatore. Il pianto poi si dilunga, di fronte allo sperpero d’un cast di spessore (risalta il simpatico Macario) ed alla perfetta ricostruzione degli ambienti d’epoca (anni ’30). L’obiettivo del film è mancato in pieno, ma merita una visione.
Gustoso e salace, in tono con la poetica di Chiara (che co-sceneggia e fa una fugace apparizione su una panchina ad ammirare la Belli). Maccione straordinario, ricostruzione accurata. Un film riuscito.”
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Maschio latino cercasi
Maschio latino cercasi, diretto da Giovanni Narzisi su un suo soggetto, è un film del 1977 (distribuito anche con il titolo di L’affare s’ingrossa) composto da 5 episodi con tematica a sfondo sessuale.
Il primo episodio, ambientato a Napoli, vede un turista danaroso alla ricerca di piaceri proibiti (Gianfranco D’Angelo) raggirato da uno scaltro imbroglione Carmine (Vttorio Caprioli);
Gianfranco D’Angelo e Vittorio Caprioli
l’uomo si reca in una camera d’albergo con una ragazza che crede minorenne (Brigitte Petronio), che durante l’intimità mostra un contegno pudico, rifiutando per esempio di spogliarsi con la luce accesa.
Chiaramente è un espediente, e il gonzo turista finirà male.
Il secondo episodio racconta la storia di un altro ricco babbeo, il Bislecchi (Gino Bramieri) , che ha una relazione con la giovane e affascinante Gigia (Gloria Guida), la quale è ormai stanca della relazione con l’uomo, che la molesta e la controlla con un binocolo, impedendole di fatto una vita autonoma. Così, con la scusa dell’età, lo molla.
Il ricco bauscia decide, per riconquistare la giovane amante, di sottoporsi ad una cura ringiovanente presso uno strambo professore tedesco.
La cura sarà solo un palliativo, e il bauscia ne pagherà le conseguenze.
Il terzo episodio vede protagonista Amilcare,(Aldo Maccione) tipico furbacchione che riesce a godere delle grazie di una affascinante avvocato (Dayle Haddon) sotto gli occhi del marito, un pezzo grosso dell’esercito (Luciano Salce), fidando in una prossima e annunciata amnistia.
Nel quarto episodio protagonista è Gennarino, (Orazio Orlando) che vive con la moglie Anna (Stefania Casini) in Germania, dove sopravvive interpretando squallidi film porno.
Luciano Salce,Dayle Haddon e Aldo Maccione
Ma la sua virilità sembra cedere, e riacquisterà vigore solo quando anche la moglie diverrà sua compagna di lavoro.
Nell’ultimo episodio una coppia di baroni, Nicola e Sisina (Aldo Giuffrè e Adriana Asti) ravviva il proprio rapporto di coppia con lo scambio dei partner in un club tedesco per scambisti. Mentre lui sembra a suo agio, Sisina appare titubante e inibita. Ma durerà poco e la donna diverrà ben presto una instancabile sostenitrice dello scambismo.
Film sciatto e di grana grossa, Maschio latino cercasi, lanciato anche con il titolo pesantemente allusivo di L’affare s’ingrossa (sic) ha un solo grosso merito, quello cioè di annoverare un cast di assoluto livello, che comprende attori della comicità come Caprioli, Salce, Maccione, Giuffrè, Bramieri e D’Angelo e attrici quanto meno dignitose a livello fisico, come la Guida, la Petronio e la Haddon, a cui si aggiungono due attrici di ben altro livello come la Asti e la Casini.
Eppure il film, inserito nel floridissimo filone della commedia erotica, non si solleva mai dalla mediocrità, anche per colpa di una sceneggiatura scialba, incapace di valorizzare le capacità dei tanti attori in campo.
Vien fuori un pateracchio in cui le risate latitano, mentre abbondano natiche e seni; diventa anche spiacevole vedere attori come Bramieri sprecati in ruoli assolutamente inadatti, oppure attrici come la Asti e la Casini utilizzate in parti ignobili.
E’ il caso proprio di Stefania Casini, che sembra spaesata proprio dalla difficoltà di interpretare un personaggio così grossolanamente tratteggiato come quello di Anna, la moglie che accorre in aiuto del marito alle prese con la defaillance in campo erotico sul set del filmaccio porno che l’uomo interpreta.
Tipica commedia di quart’ordine, Maschio latino cercasi arriva in un periodo, il 1977, in cui la crisi di identità, di incassi e di idee del cinema italiano si fa più evidente; mostrare tette e natiche ormai non basta più.
Siamo quasi al tramonto di un’epoca, la triste stagione dei film sempre più spinti sta per arrivare.
Maschio latino cercasi, un film di Giovanni Narzisi. Con Adriana Asti, Vittorio Caprioli, Gino Bramieri, Gloria Guida, Brigitte Petronio, Gianfranco D’Angelo, Orazio Orlando, Stefania Casini, Carlo Giuffrè, Aldo Maccione, Dayle Haddon, Luciano Salce Commedia erotica, Italia 1977
Brigitte Petronio, Gianfranco D’Angelo
Adriana Asti … Sisina
Gino Bramieri … Bislecchi
Vittorio Caprioli … Carmine
Stefania Casini … Anna
Gianfranco D’Angelo Il turista
Salvatore Funari … Nanninella
Carlo Giuffrè … Il barone Nicolino di Castropizzo
Gloria Guida … Gigia
Dayle Haddon L’avvocato
Aldo Maccione … Amilcare
Orazio Orlando … Gennarino
Brigitte Petronio La minorenne pudica
Luciano Salce Il colonnello
Regia Giovanni Narzisi
Soggetto Giovanni Narzisi
Sceneggiatura Giovanni Narzisi
Produttore Giulio Scanni
Casa di produzione Staff Professionisti Associati, Pelican Film, Capitol
Distribuzione (Italia) Capitol
Fotografia Angelo Lotti
Montaggio Raimondo Crociani
Marcello Malvestito
Musiche Lelio Luttazzi
Costumi Orietta Nasalli Rocca
Porca vacca
Primo Baffo detto Barbasini è un cantante da balera, pavido e un po vigliacco; siamo nel periodo della prima guerra mondiale, è l’uomo tenta disperatamente di sottrarsi al servizio di leva; nonostante si finga omosessuale, viene inviato al fronte. Qui viene derubato da due furbi contadini, che vivono alla giornata rubando quello che possono. I due, Tomo secondo e Marianna, lo lasciano completamente al verde; ma la guerra è lunga, e Primo Baffo finisce per reincontrare i due. Sarà proprio Tomo a tirarlo fuori dai guai, il giorno che Primo Baffo, inviato in trincea per tagliare dei reticolati, finirà impigliato in uno di essi.
Per ringraziamento l’uomo fa arrestare Tomo, che viene cosi coscritto con la forza. Ma tra i due, nonostante tutto, nasce un sentimento di amicizia; il pavido Primo baffo e il simpatico mariuolo Tomo si completano a vicenda, e da quel momento divideranno i pericoli che la guerra quotidianamente offre, entrambi alla ricerca di Marianna, della quale ormai sono entrambi innamorati.
La ritroveranno dopo una serie di avventure, quando dopo aver tentato di disertare, verranno ripresi e mandati incontro alla morte, per una missione suicida, far saltare una diga.
La furbissima Marianna, che si è rifugiata in montagna, pagherà però per tutti; violentata da una pattuglia tedesca, si vendicherà facendo saltare la diga, salvando così la pelle ai due amici che avevano deciso di farlo entrambi.
I due assistono impotenti al suicidio di Marianna, convinti, in cuor loro, che la ragazza abbia comunque trovato il modo di sopravvivere.
Gustosa commedia venata di umorismo e di malinconia, Porca vacca, di Pasquale Festa Campanile, è un riuscito tentativo di ridicolizzare luoghi comuni e miti sulla guerra; i due amici, che incarnano l’italiano medio, hanno tutti i difetti tipici della gente italica. Sono furbi, opportunisti, pavidi e vigliacchi, ma anche generosi e di cuore, sentimentali e romantici.
Lo dimostrano le varie situazioni in cui vengono coinvolti, mentre tentano di scappare da quella cosa illogica, terribile che è la guerra; non hanno sentimento patrio, perchè sanno che non c’è nessun onore o nessun vantaggio a morire in guerra, una guerra che si combatte in trincea, con i capi nascosti al sicuro che mandano al macello i poveri fanti.
Ma al momento buono tirano fuori il coraggio, mostrando di essere capaci di morire per vendetta ma sopratutto per amore.
Porca vacca è una storia di amicizia, è una storia d’amore, ed è anche un film sottilmente satirico; non perfettamente riuscito, ma godibile per molti motivi.
Il principale è la simpatia che ispirano i due improbabili alleati, che scopriranno proprio nell’amicizia una delle poche cose buone da salvare, per cui vivere; in questo Pozzetto, che è Primo Baffo, mostra particolare talento, grazie anche alla sua abilità di cabarettista e cantante.
Il suo personaggio, quello del cantante comico di balera, alla fine è convincente proprio perchè l’attore riesce a dare spessore e credibilità al suo personaggio.
Molto bravo è Aldo Maccione, alias Tomo Secondo, un simpatico furfante che della vita ha capito tutto, ma che finirà, suo malgrado, per provare sulla sua pelle gli orrori della guerra.
Bravissima e Laura Antonelli, in uno dei ruoli meglio interpretati nella sua carriera, quello della opportunista, cinica e disincantata Marianna, che finirà per provare uno scatto d’orgoglio quando anche lei proverà sulla sua pelle gli orrori della guerra, illustrati alla perfezione nella sequenza drammatica dello stupro di gruppo, forse la parte più coraggiosa e dolente del film.
In ultima analisi, si tratta di un buon film, che ha motivi d’interesse, ben aldilà delle solite critiche negative dei critici ottusi: Morandini, uno dei più discutibili tra essi, ne da questa visione: “Guerra 1915-18. Balordo cantante di balera fa di tutto per farsi riformare, ma viene inviato al fronte. Più che gli austriaci sono suoi nemici due contadini che, sfruttando la situazione, arraffano. È il tentativo, soltanto in parte riuscito, di buttare in farsa la tematica dell’antimilitarismo. Festa Campanile era un intelligente che si buttava via. Qua e là pecoreccio. L. Antonelli in forma, R. Pozzetto un po’ meno.”
Una visione davvero singolare di un film che non è un capolavoro, ma che ha momenti di grande cinema, grazie anche alla attenta regia di Festa Campanile, uno dei registi più intelligenti e sensibili del cinema italiano.
Quello che non appare chiaro ai detrattori del film è che non siamo di fronte a La grande guerra, che Pozzetto e Maccione non vogliono rifare il verso a Gasmann e Sordi; la trivialità del film ha una sua giustificazione, perchè in guerra ci vanno i poveracci, non di certo i nobili o i ricconi.
Per cui qualsiasi lettura in termini saccenti del film è falsa e fuorviante; questo è un divertissement, ben fatto e a tratti davvero simpatico.
Porca vacca, un film di Pasquale Festa Campanile. Con Renato Pozzetto, Laura Antonelli, Aldo Maccione, Adriana Russo, Toni Ucci, Gino Pernice, Raymond Bussières, Raymond Pellegrin, Massimo Sarchielli, Antonio Marsina, Enzo Robutti, Edoardo Sala, Antonio Orlando, Consuelo Ferrara, Lucio Salis
Commedia, durata 113 min. – Italia 1980
Renato Pozzetto: Primo Baffo detto Barbasini
Laura Antonelli: Marianna
Aldo Maccione: Tomo Secondo
Regia Pasquale Festa Campanile
Soggetto Pasquale Festa Campanile
Marcello Coscia
Sceneggiatura Massimo De Rita
Produttore Achille Manzotti
Fotografia Alfio Contini
Montaggio Amedeo Salfa
Musiche Ennio Morricone
Riz Ortolani
Scenografia Gualtiero Caprara
Guido Josia
Costumi Ugo Pericoli
Luca Sabatelli
La vergine, il toro e il capricorno
Gianni Ferretti, architetto di grido e marito della splendida Giulia, seduce tutte le donne che gli capitano a tiro; un giorno, ospite di un amico nella sua villa, ha un rapporto con la moglie del proprietario, la Signora Scapicolli, nella vasca da bagno.
Giulia, insospettita dal comportamento del marito, che la sera accampa scuse per non avere rapporti con lei, lo segue nella notte e attraverso il buco della serratura scopre l’adulterio.
Il giorno dopo, davanti agli amici esterrefatti, si denuda, prende per mano un ospite inglese e si rinchiude nel garage della villa, simulando di avere un rapporto con l’uomo.
Disperato, Gianni promette alla moglie di non tradirla più, ma dopo poco tempo ci ricasca con la sua dattilografa, Enrica.
E’ Luisa, un’amica di Giulia, ad avvisare la donna della nuova infedeltà del marito.
Giulia, a questo punto, pianta tutto e si rifugia ad Ischia, dove ben presto la sua bellezza miete le prime vittime; a farne le spese è Felice Spezzaferri, un playboy di provincia, che tenta in tutti i modi di sedurre Giulia.
Nel frattempo Gianni sta cercando disperatamente la moglie, e dopo una serie di disavventure, scopre che anche Enrica, la segretaria, lo tradisce; con l’inganno riesce a sedurre Luisa, facendosi dire il nascondiglio della moglie.
Che nel frattempo si è consolata con Patrizio, un giovane mantenuto da una turista; quando Gianni arriva, non può far altro che accettare la situazione.
Sul traghetto che riporta i coniugi a casa Gianni ha però modo di agganciare proprio l’ex donna di Patrizio.
Luciano Martino dirige, nel 1977, La vergine il toro e il capricorno film appartenente as usual al genere sexy- commedia; lo fa con una storia assolutamente scontata, fatta dal classico binomio corna/bellona di turno; la musa questa volta è Edwige Fenech, affiancata da un cast notevole di caratteristi.
Ma la storia, già di per se banalissima, perde ulteriore consistenza per la mancanza di gag, nonostante nel cast figurino i migliori protagonisti della commedia sexy, ovvero Alvaro Vitali, Mario Carotenuto, Alberto Lionello, Aldo Maccione…..
Ria De Simone, la Signora Scapicolli
A parte le rituali docce della Fenech (cronometrati 3 minuti buoni di docce, su un totale di 90 minuti di pellicola!) il film si segnala solo per l’uso del turpiloquio, assolutamente ingiustificato, e per le nudità molto abbondanti della Fenech, questa volta affiancata anche dalla brava Lia Tanzi; il resto è davvero poca cosa, a partire dallo scontatissimo tema delle corna, passando per l’immancabile guardone con binocolo che spia la provocante Giulia e Luisa, per finire al belloccio di turno, Ray Lovelock, che riesce a godersi tanto ben di Dio alla faccia del marito becco e anche contento.
Il cast, alle prese con una commedia spompata in partenza, si arrangia come può, mancando questa volta il pezzo forte del genere, ovvero la battuta sarcastica; qui predomina la battuta da caserma, tipica dei Pierini che arriveranno di la a poco.
Così appaiono decisamente sprecati Lionello e Maccione, la Bisera e la De Simone, Carotenuto e Vitali, la Tanzi e la stessa Fenech, la Schurer, Garrone e tutto il resto del notevole cast; un film che non prende mai, che parte in sordina e termina anche peggio.
Un esempio di battute che circolano nel film: ” Scrivi, dattilografa: sei la mia puttanografa“; il livello ahimè è questo….
Trovo molto pertinenti questi due sintetici commenti, che condivido appieno, presi il primo dal Davinotti e il secondo dal Morandini:
“Ho visto questo film quasi senza nemmeno accennare un mezzo sorriso. Purtroppo i meccanismi comici sono un po’ troppo forzati e vaghi, poco definiti; la colpa è più che altro di una sceneggiatura troppo ripetitiva e allungata all’infinito: una semplice storiella di corna che sarebbe potuta durare la metà. Alvaro Vitali, poi, compare pochissimo e si limita a diventare rosso in faccia ripetendo l’adagio “Che Bona-che Bona”. Film pessimo, più che una commedia è una storiella scema con sequenze di nudo.”
“Tradita a ripetizione dal marito, speculatore edilizio, la bella Giulia decide di rendergli la pariglia. Farsa imperniata ossessivamente sul tema delle corna con dialoghi di programmatico cattivo gusto.”
Edwige Fenech e Lia Tanzi
Il film è disponibile su You tube,in una versione accettabile qualitativamente all’indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=Zpm7PEM-qhc
La vergine, il toro e il capricorno, un film di Luciano Martino Con Edwige Fenech, Aldo Maccione, Alberto Lionello, Ugo Bologna, Riccardo Garrone, Cesarina Gheraldi, Adriana Facchetti, Mario Carotenuto, Tiberio Murgia, Fiammetta Baralla, Erna Schurer, Ray Lovelock, Pinuccio Ardia, Gianfranco Barra, Gabriella Lepori, Giacomo Rizzo, Lia Tanzi, Alvaro Vitali, Olga Bisera, Laura Trotter, Anna Melita, Michele Gammino
Erotico, durata 90 min. – Italia 1977.
Edwige Fenech … Gioia Ferretti
Alberto Lionello … Gianni Ferretti
Aldo Maccione … Felice Spezzaferri
Olga Bisera … Enrica
Alvaro Vitali … Alvaro
Erna Schürer … Tourist with Patrizio
Michele Gammino … Raffaele
Mario Carotenuto … Pietro Guzzini
Giacomo Rizzo … Peppino Ruotolo
Fiammetta Baralla … Aida, la cameriera
Gianfranco Barra … Alberto Scapicolli
Lars Bloch … Professore mericano
Sabina De Guida … Marchesa
Ria De Simone … Signora Scapicolli
Adriana Facchetti … Moglie di Guzzoni
Riccardo Garrone … Il marito di Enrica
Cesarina Gheraldi … Zoraide, la madre di Gianni
Gabriella Lepori … La segretaria di Gianni
Patrizia Webley … Moglie di Raffaele
Lia Tanzi … Luisa
Ray Lovelock … Patrizio Marchi
Dante Cleri … Venditore di gelati
Sofia Lombardo … Un’altra segretaria di Gianni
Regia Luciano Martino
Soggetto Luciano Martino
Francesco Milizia
Sceneggiatura Cesare Frugoni
Luciano Martino
Francesco Milizia
Fotografia Giancarlo Ferrando
Montaggio Eugenio Alabiso
Musiche Franco Pisano