Omicidio per vocazione
Il ricco casellante Oscar muore inspiegabilmente vicino al suo casello travolto da un treno.
A contendersi la sua eredità sono i figli Jeannot (adottivo) e Leon,Simone e Colette (naturali); un giorno sui binari viene ritrovato un corpo
che indossa i vestiti di Jeannot,che quindi viene dato per deceduto.E’ l’inizio di una serie di tragici omicidi: una dopo l’altra vengono uccise
Rosalie e Colette. Tocca infine all’amante di Simone,mentre la polizia,deputata alle indagini,non cava un ragno da buco.Ma il motivo di questa inefficienza diverrà ben presto chiaro.L’ultima sopravvissuta,Simone,scappa dal posto mortale e va in città dove però l’attende una sgradevole sorpresa: Jeannot è vivo e ha organizzato tutto per intascare l’eredità paterna,con la complicità dell’ispettore di polizia incaricato delle indagini. Anche Simone farebbe una brutta fine se…
Omicidio per vocazione,in origine L’assassino ha le mani pulite (titolo cambiato per il fallimento della casa produttrice) è un discreto giallo di ambientazione francese ma girato in Lazio,diretto da un giovane Vittorio Sindoni al suo esordio dietro la macchina da presa,primo film di una onorevole carriera che avrebbe portato il regista siciliano ad una quarantina di regie di film e sceneggiati tv,film in particolare fra i quali spiccano
La signora è stata violentata,Tanto va la gatta al lardo… e la sua opera migliore,Perdutamente tuo… mi firmo Macaluso Carmelo fu Giuseppe.
Un giallo questo di buon livello,costruito attorno ad una trama discreta e con un paio di colpi di scena finale che lo rendono prodotto guardabile,in virtù anche di un’assoluta pulizia di immagini nelle quali mancano i consueti nudi e le scene erotiche tipiche
di un’infinità di pellicole del periodo.
Per quanto riguarda il cast da segnalare la presenza di Femi Benussi, bella e conturbante e una volta tanto castissima,visto che l’unica scena audace è la tradizionale doccia ripresa però di spalle e con tanto di asciugamano.
Il film è passato più volte in tv negli scorsi anni per chi volesse vederne una copia discreta i link sono https://www.dailymotion.com/video/x6as59z per la prima parte e https://www.dailymotion.com/video/x6auaxj per la seconda in una qualità discreta.
Omicidio per vocazione
Un film di Vittorio Sindoni. Con Femi Benussi, Ivo Garrani, Virgilio Gazzolo, Tom Drake, Isarco Ravaioli, Andrea Fantasia, Valeria Ciangottini, Ernesto Colli, Virginio Gazzolo Giallo, durata 92 min. – Italia 1968
Tom Drake: Ispettore Greville
Femi Benussi: Simone
Virgilio Gazzolo: Etienne
Ernesto Colli: Janot
Isarco Ravaioli: Jules
Andrea Fantasia: Notaio
Ivo Garrani: Leon
Valeria Ciangottini: Colette
Jeanette Len: Rosalie
Silvano Spadaccino: Il Camionista
Aurelio Marconi: Usuraio
Nicola Solari: Becchino
Aldo Bruno: Andrè
Alessandra Moravia: Natalie
Sergio Baldacchino: Job
Arnaldo De Angelis: Oscar
Giacomo Ricci: Agente
Regia Vittorio Sindoni
Sceneggiatura Aldo Bruno, Romano Migliorini, Vittorio Sindoni
Casa di produzione Semafilm
Fotografia Ascenzio Rossi
Montaggio Maria Schettino
Musiche Stefano Torossi
Trucco Angelo Roncaioli
Canterbury proibito
Un gruppo di pellegrini è diretto a Canterbury e durante il viaggio,per allontanare la noia,ecco che vengono raccontate sette storie
piccanti.
Una storia d’amore – La bella Bianca è oggetto di attenzione da parte di due giovani;ma lei,indecisa,finisce per accettare la corte ( e il resto)
da un terzo pretendente che così fa becchi i due amici;
Santa del Grande – Due vagabondi incontrano santa,una ragazza svampita;approfittando della sua ingenuità ne godranno le grazie;
Viola – In questa novella sono ben tre gli uomini che ambiscono alle grazie di Viola, moglie del noto ser Brunetto;dei tre solo il più scaltro
riuscirà a conquistare la donna;
Due suore – Suor Chiara e Suor Agnese,due religiose poco propense alle virtù e inclini a i piaceri della carne seducono due frati.Il vescovo e la badessa
del convento scoprono la cosa ,ma verranno comunque beffati dalle scaltre ragazze;
Le brache di San Grifone – Fratello Antonio,beccato in adulterio plateale con la bella moglie di un villico riesce a scansare la punizione usando uno stratagemma e convincendo gli ingenui popolani che le sue mutande sono una reliquia sacra;
Il gallo cantachiaro – dalla viva voce degli animali,furbizie e stupidaggini sugli esseri umani;
Antona e Giustina – Due donne,Antona e Giustina,sposate a due fratelli (infelicemente) si trovano un amante in comune.Ma i loro robusti appetiti sessuali alla fine alla meglio del poveraccio,che dopo tre giorni è ridotto una larva.
Dopo Boccaccio,Pietro Aretino e Masuccio Salernitano anche Geoffrey Chaucer vede le sue novelle piccanti saccheggiate e portate sul piccolo schermo in un film, Canterbury proibito dal valore presso che uguale a zero. A salvare il film dal naufragio più totale c’è un volenteroso cast fatto di belle attrici e di tanti comprimari che pur costretti a recitare in storielle di bassa lega si guadagnano il salario con la loro professionalità.
Italo Alfaro,regista del film,scomparso ad appena 50 anni,più famoso presso il grande pubblico per la serie tv I ragazzi di padre Tobia,sceglie la sua Toscana (precisamente Cortona) per assemblare sette storielle (storiacce?) che hanno poco o nulla di divertente.
Paola Corazzi e Femi Benussi,Patrizia Viotti e Imelda Marani,Magda Konopka e Rosemarie Lindt sono le belle discinte,un vero piacere per gli occhi mentre Nerina Montagnani e Memè Perlini, Franco Garofalo e altri comprimari tengono alto almeno il livello qualitativo della recitazione.
Qualche scorcio della Toscana e poco altro da segnalare,per un film completamente scomparso anche dai circuiti televisivi,
tanto da essere in pratica un film “invisibile”
Canterbury proibito
Un film di Italo Alfaro. Con Femi Benussi, Magda Konopka, Fausto Tommei, Rosemarie Lindt, Rosita Torosh, Patrizia Viotti, Paola Corazzi, Enza Sbordone, Emilio Bonucci Erotico, durata 90 min. – Italia 1972.
Rosita Torosh Badessa in viaggio per Canterbury
Franco Garofalo Pellegrino
Francesco D’Adda Pellegrino
Paola Corazzi Bianca
Carla Mancini Cameriera di Bianca
Guerrino Crivello Un vagabondo
Franco Alpestre Un altro vagabondo
Edda Soligo La madre di bianca
Femi Benussi Viola
Gino Pagnani Ser Brunetto
Luigi Montini Taddeo
Patrizia Viotti Suor Chiara
Imelda Marani Suor Agnese
Magda Konopka Antona
Rosemarie Lindt Giustina
Regia: Italo Alfaro
Sceneggiatura: Italo Alfaro,Enzo Boetani
Produzione: Enzo Boetani,Giuseppe Collura
Musiche: Gianni Meccia,Bruno Zambrini
Fotografia: Giuseppe Pinori
Montaggio: Adriano Tagliavia
Costumi: Giorgio Desideri
Le impiegate stradali-Batton story
Forse l’unico, stiracchiato sorriso in questo film lo strappa il titolo, quel “batton story” aggiunto accanto a Le impiegate stradali per indicare che l’argomento della pellicola riguarda il mestiere più antico del mondo.
Impiegate stradali, ovvero prostitute, con quel batton che elide una vocale trasformando la parola in una equivalente inglesicizzata senza ovviamente corrispondenza nella lingua albionica.
Nient’altro, poi, su cui ridere o quanto meno sorridere, perché il film in questione è piatto e fondamentalmente barboso come pochi.
Veniamo ad un sunto che più sunto non si può della storia:
Marisa Colli, insegnante romana, ha a cuore i diritti delle donne, in particolare delle prostitute.
Una sera, mentre è in auto con il fidanzato Stefano, ci litiga e scende dall’auto; nella zona agiscono delle prostitute che in seguito ad una retata vengono portate in questura e malauguratamente con loro viene fermata anche Marisa.
Da questo momento la donna decide di prendere a cuore le sorti delle lavoratrici del marciapiede, le impiegate stradali del titolo e tenta di fondare un sindacato, incontrando la generale ostilità, a cominciare dai papponi delle stesse.
Grazie ad alcuni espedienti riuscirà nell’intento tra il tripudio generale con tanto di happy end.
Mario Landi, regista televisivo di un certo valore (suoi 16 episodi del commissario Maigret e 6 dei Racconti del maresciallo) è stato regista cinematografico di modestissime opere che si ricordano principalmente per la modestia dei risultati ottenuti, prodotti dai titoli che gli amanti del z movie ricordano benissimo come Giallo a Venezia o Patrick vive ancora.
Qui il regista siciliano prova la strada della comicità unita ad una satira di costume che negli anni settanta poteva avere una qualche rilevanza, vista l’attenzione verso i fenomeni di costume e la lotta per le libertà civili che caratterizzò quel periodo.
Ma lo fa con un film che manca clamorosamente di componenti fondamentali, sia di uno straccio di sceneggiatura sia un andamento da commedia ironica o quanto meno basata su gag divertenti.
Pur assemblando un cast al femminile di un certo rilievo (Marisa Merlini, Femi Benussi, Mariangela Giordano, Daniele Giordano) Landi consegna alla macchina da presa un film completamente anonimo, che non avendo alla base un tema svolto in maniera “seria” finisce per impantanarsi in gag di nessun valore, sulle quali ridere è impresa assolutamente ardua.
Il cast maschile poi è davvero da film di serie z e l’eccesso di caricatura che gli attori del film usano per i loro personaggi finisce per essere una zavorra che appesantisce il tutto rendendo la pellicola indigeribile.
Eufemia Benussi da Rovigno, l’insegnante Marisa, per una volta recita completamente vestita mentre qualche nudità la espone Daniela Giordano, alle prese con il ruolo di una “battona” (per restare in tema con il titolo) orba e dal cuore d’oro, mentre Marisa Merlini è qui alle prese con uno di quei ruoli materni che il cinema degli anni settanta le offri con una certa costanza.
Presente nel cast anche Mariangela Giordano, una improbabile maga.
Un film sciatto e senza nessuno spunto degno di menzione, quindi.
Dopo anni di meritato oblio, la pellicola è stata editata in digitale: chiunque voglia visionarla può farlo all’indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=36f5EdR-a9s
Le impiegate stradali – Batton Story
Un film di Mario Landi. Con Marisa Merlini, Femi Benussi, Daniela Giordano , Toni Ucci,Mariangela Giordano, Gianni Cajafa, Gianni Dei Commedia, durata 90 min. – Italia 1976
Femi Benussi: Marisa Colli
Gianni Cajafa: Arturo
Giorgio Caldarelli: Tiberio
Gianni Dei: Stefano
Daniela Giordano: Pucci
Mariangela Giordano: Priscilla
Marisa Merlini: Zaira
Toni Ucci: Carlo
Regia Mario Landi
Soggetto Piero Regnoli
Sceneggiatura Piero Regnoli
Produttore Gabriele Crisanti
Produttore esecutivo Giuliano Simonetti
Casa di produzione Maxi Cinematografica Italiana
Fotografia Franco Villa
Montaggio Mario Arditi
Musiche Willy Brezza, Mario Molino
Scenografia Claudio Riccardi
L’opinione di mm40 dal sito http://www.filmtv.it
Da un’idea squinternata (la fondazione del sindacato delle prostitute) nasce un film squinternato; il regista è lo stesso Mario Landi che firmò le prime edizioni del mitologico Un due tre, il varietà satirico di Tognazzi & Vianello agli albori della tv in Italia. La cosa può sorprendere, ma fino a un certo punto: siamo nel 1976 e la censura è oramai piuttosto tollerante; sul grande schermo domina la commedia scollacciata dall’inizio del decennio (si pensi al filone decamerotico) e non ci sono quasi più argomenti considerabili tabù, se si prescinde da politica e religione. Il sesso va invece benissimo, anzi: invoglia i produttori, i registi e soprattutto il pubblico a riempire le sale cinematografiche. Partendo da tali presupposti, ecco che nasce naturalmente un prodottino dal budget esiguo e dalle trovate comiche molto, molto modeste come questo Batton story (è il sottotitolo). Marisa Merlini (che meriterebbe evidentemente di meglio, ma tant’è), Femi Benussi, Daniela Giordano, Gianni Dei e Toni Ucci sono gli interpreti principali; la sceneggiatura è di Piero Regnoli e questo è il punto dell’intera operazione su cui meno si rimane sorpresi in assoluto; azzeccate, cioè leggere, le musiche di Willy Brezza e Mario Molino.
L’opinione di B.Legnani dal sito http://www.davinotti.com
Tremendo. Girato a Milano in studi poverissimi e in location raccogliticce (Via Padova, la Comasina eccetera), non strappa un sorriso neppure per sbaglio. Sceneggiatura micidiale (Regnoli). Tolto il gruppo Benussi-Merlini-Ucci-le due Giordano, il resto del cast è semplicemente agghiacciante (compreso Caldarelli, poi anima del Gabibbo!). Nel totale disastro riescono comunque a spiccare la simpatica bravura della Merlini e di Ucci, mentre si conferma gradevole il musetto di Daniela Giordano (qui assai miope, esattamente come nella vita). Ma il livello del film resta inesorabilmente infimo.
L’opinione di Homesick dal sito http://www.davinotti.com
Per Landi il passaggio dalla TV al cinema è deleterio e in questa commedia sexy pro legalizzazione del mestiere più antico del mondo si intravedono già la sciatteria e le miserie scenografiche e narrative (vedasi Dei che fa scendere la seriosa Benussi proprio tra le puttane al lavoro) dei pessimi Giallo a Venezia e Patrick vive ancora. Se la Benussi è sempre casta (nei nudi si esibiscono Daniela Giordano e un gruppetto di illustri sconosciute) e la Merlini e Ucci rifanno se stessi, l’unico ad avere una marcia in più è l’iracondo Cajafa, doppiato da un tonitruante Rino Bolognesi.
L’opinione di Panza dal sito http://www.davinotti.com
Penosissima commedia che parte da un assunto persino balzano ma che messo in mano a un regista attento poteva dare un film sopra le righe. Qui si gioca una carta più routinaria tentando di puntare sui protagonisti eliminando praticamente tutti i nudi. Manca proprio la base: Landi se la cavava molto meglio nei Maigret (qui usa per metà film una tremolante e fastidiosa camera a mano) con Cervi e il cast è totalmente allo sbando. Se poi aggiungiamo che le location sono sterili quanto le battute del film, è lapalissiana la vuotezza del tutto.
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Mizzzzica… ma che è proibitissimo
Al malcapitato spettatore di Mizzzzica… ma che è proibitissimo dopo cinque-sei minuti di proiezione sorge immediata e spontanea una domanda: ma cosa sto vedendo?
Immaginate poi di dover riassumere una trama inesistente, fatta di sketch idioti da alba del muto, con un tipo imbarazzante che si fa delle domande per strada e sbatte contro il palo di un semaforo, inquadrature del semaforo stesso e spezzoni di scene quanto meno bislacche che si susseguono alternate a scene di una sala di montaggio in cui un arrapatissimo inserviente cerca di guardare le gambe e le mutande di una assistente con tanto di tatuaggio sulla natica,che ovviamente gira per lo studio con un camice bianco, un’espressione ebete e le chiappe di fuori.
Messi assieme quindi minuti e minuti di un film scoordinato e inconcludente e una trama volatile come un gas mefitico ecco cosa resta di questo film del 1983 di Salvatore Bugnatelli, regista di poveri mezzi artistici a cui manca completamente il senso sia della misura che quello dell’originalità tanto d far sorgere spontanea la domanda sul perchè il film non abbia avuto il titolo alternativo di Mizzzzica… ma che è sta schifezza.
Difficile a questo punto cercare di riassumere,con parole logiche, un film che snocciola una sequenza di immagini senza senso girate per metà in uno studio di montaggio, dove il regista vorrebbe spiegarci cosa accade quando si vuol montare un film sexy con degli inserti porno.
Cosa che non si vede perchè il film non solo non mostra nulla, ma la getta in caciara, con inserti di una banalità assoluta che alla fine rendono il film degno di una serie sonora di pernacchie.
Unico motivo per dedicare due minuti alla pellicola è la presenza di Femi Benussi che con quest film, subito dopo il terribile Corpi nudi di Amasi Damiani, decide di chiudere una onorevole carriera iniziata con Pasolini e terminata con Bugnatelli, ovvero una discesa all’inferno degna di Dante.
L’attrice friulana appare nel film per pochi minuti nei panni di una manicure in alcune sequenze che sono esplicitamente copiate da Stangata in famiglia;del resto tra le innumerevoli pecche del film c’è anche l’aver indecorosamente copiato degli sketch, come quelli dello spogliarello ripreso con tecnica alla D’Amato et similia.
Praticamente non c’è altro da dire, visto che è assolutamente inutile parlare del cast fatto da attori peggio che dilettanti; regia dilettantesca e ignobile, tutto il resto è davvero robaccia.
Inutile cercare tracce di questo film in rete mentre è disponibile sul p2p più noto; visione assolutamente sconsigliata.
Mizzzzica… ma che è proibitissimo
di Salvatore Bugnatelli con Femi Benussi,Luciana Frazzetto,Francesco Meli,Tony Morgan,Pippo Pollaci,Zaira Zoccheddu Commedia Italia 1983
Regia Salvatore Bugnatelli
Sceneggiatura Salvatore Bugnatelli
Casa di produzione A.R. Cine International Film
Fotografia Felice De Maria
Montaggio Salvatore Bugnatelli
Musiche Roberto Anselmi
L’opinione di Homesick dal sito http://www.davinotti.com
L’intento di mostrare quel che accade nella sala di montaggio di un film in cui si insertano scene hard si risolve in poche interazioni tra il regista Bugnatelli e il pubblico che assiste; il resto del tempo è speso in una serie scombinata di sketch da commedia sexy di indescrivibile puerilità. Del tutto inutile l’arrivo di Femi Benussi (doppiata in romagnolo), che non poteva chiudere la sua proficua carriera di starlet in modo peggiore. Proibitissimo? Semmai squallidissimo!
L’opinione di Daidae dal sito http://www.davinotti.com
Sicuramente tra i film più brutti, lenti, noiosi e inutili che mi sia capitato di vedere. Ritmo catatonico, erotismo blando, comicità nulla, mediocre il cast, pessima la regia. Da vedere solo se si è fanatici di cinema e una pellicola vale l’altra.
L’opinione di Geppo dal sito http://www.davinotti.com
Una sorta di commedia erotica molto strana, decisamente inguardabile e che nemmeno diverte, dal ritmo molto lento. È un film scritto e diretto dal catanese Salvatore Bugnatelli che racconta come si gira una pellicola hard rivelando tutti i retroscena che si nascondono durante la preparazione. Poi, nella seconda parte del film, arriva Femi Benussi, ma nemmeno lei riesce ad alzare il livello generale. Tra i protagonisti Luciana Frazzetto (la ricordiamo soprattutto in Cornetti alla crema, dove interpretava una delle fidanzate di Gianni Cavina).
Un toro da monta
Cosa fare quando si possiede una bella moglie, anzi bellissima e sexy e non si riesce a consumare il matrimonio perchè affetti da impotenza?
Ovviamente si ricorre alla scienza per cercar rimedio, ma alle volte la scienza non è in grado di portare aiuto e allora la soluzione può arrivare per un colpo di fortuna.
Così accade che il desolato sposo eredità dal padre un prestante toro da monta che mostrerà all’uomo come ci si comporta in certi casi.
Uno dei punti più bassi della commedia scollacciata all’italiana.
Questo, in estrema sintesi, l’unico commento efficace per descrivere Un toro da monta, film del 1976 diretto da Roberto Mauri, artigiano specializzato in western all’italiana qui al suo esordio nel cinema sexy, che conterà un altra vera bruttura su celluloide, ovvero quel Le porno killer del 1980 famoso solo per la presenza nel cast della soubrette Carmen Russo
Film triviale, becero e scollacciato, Un toro da monta parte male e finisce peggio:l’espediente del toro che consiglia allo sposino il comportamento da tenere durante l’amplesso è degno di un decamerotico di serie z.
Quando poi, per buona parte del film, si assiste ai suoi ripetuti assalti alla mogliettina coronati dal fallimento, mogliettina che arriva a estirsi da micia pur di sollecitare la virilità del consorte senza successo si capisce di essersi imbattuti nel solito filmetto erotico senza ambizioni e purtroppo anche senza resa.
E già, perchè aldilà della visione peraltro sempre ben accetta delle grazie di Femi Benussi non si va.
Cercare di ridere, nel film, è operazione da far tremare le vene: Mauri non ci prova nemmeno e probabilmente con un intreccio così banale nemmeno al più fecondo dei registi della commedia sexy sarebbe riuscito di smuovere un sorriso.
Non c’è praticamente nulla da salvare nella pellicola, se non le grazie della citata Femi e dell’altra star Daniela Giordano, che quanto meno è sempre un bel vedere.
Da dimenticare, in tutti i sensi.
Non ho trovato nel web traccia di una versione in divx del film, il che ovviamente non è una perdita in nessun senso.
Un toro da monta
Un film di Roberto Mauri. Con Femi Benussi, Daniela Giordano, Alfonso Saggese, Luigi D’Ecclesia,Bianca Toso Erotico, durata 90 min. – Italia 1976.
Femi Benussi: Sabrina Carli
Renato D’Amore: Pupo
Pupo De Luca: Comm. Carli
Tom Felleghy: L’autista tedesco
Daniela Giordano: Concetta
Alfonso Saggese: Salvatore Frittella
Regia Roberto Mauri
Sceneggiatura Piero Regnoli
Fotografia Franco Villa
L’opinione di mm40 dal sito http://www.filmtv.it
Se una sera Freud venisse a trovarvi a casa vostra, fatelo accomodare davanti allo schermo e inserite nel lettore dvd questo Toro da monta del semi-sconosciuto Mauri: innanzitutto trasformerete la serata in una festa smodata, e poi potrete pure testimoniare di aver visto il padre della psicanalisi, personaggio notoriamente piuttosto serioso, sganasciarsi fino a rotolare per terra con i crampi allo stomaco per le risate. Piero Regnoli (ricordiamolo per sceneggiature come quelle di L’ebreo fascista, Batton story, La cognatina, La principessa sul pisello) è il responsabile principale, cioè l’autore, di questa immondizia su pellicola e non rimane che sperare che stesse scherzando: ma i dubbi che le cose non stiano così sono fortissimi. Un siciliano (=orgoglio) novello sposo (=virilità) si scopre impotente: topos classicissimo, perfino abusato nel nostro cinema, dal Bell’Antonio di Bolognini/Mastroianni al Buzzanca del Complesso del giocattolo (Grimaldi), seppure con esiti parecchio differenti. Ma qui sta il colpo di genio: il siciliano riceve in eredità un toro da monta. Non un toro qualsiasi, capite? Da monta! Se no il discorso poteva sembrare troppo oscuro per il pubblico, fitto di metafore indecifrabili ed allusioni esageratamente sottili, difficili a cogliersi. Ovviamente nel percorso di ‘riabilitazione’ sessuale dell’uomo, il toro avrà un ruolo fondamentale, di vero e proprio mentore: siamo al delirio puro. Ma se si trattasse solamente di trash (animali parlanti, bestie più umane degli umani), la pellicola avrebbe quantomeno una sua dimensione specifica in cui sguazzare; il problema principale di questo film è invece che la storia ha persino la presunzione di seguire una logica, nonostante le scenette sexy, i dialoghi turpi e le amenità da trogloditi che la infestano. E nonostante pure il cast, non proprio eccelso, nel quale svetta Femi Benussi come unico nome di una certa notorietà. Incredibile come il cinema italiano si sia involuto così tanto, così male e in così poco tempo: e ancora non sono arrivati i Vanzina!
L’opinione di Undjing dal sito http://www.davinotti.com
Incredibile. Il “toro da monta” dovevano collocarlo alle spalle del regista e dargli il via libera, prima che portasse a compimento il film. Di commedie scollacciate se ne son fatte a centinaia, solo in Italia, ma qui si rasenta – se non il punto più basso – quello più deletèrio. Di trama manco a parlarne, il protagonista principale è di un’antipatia unica e le battute son talmente triviàli che allontano il sorriso sin dai primi minuti. Qualche nudo c’è, ma è vistosamente tagliato. Pure la Benussi e la Giordano non aggiungono (corpo escluso) alcunché ad una pellicola d’una tristezza infinita.
L’opinione di Homesick dal sito http://www.davinotti.com
Esemplare di un collaudato sottofilone della commedia erotica italiana – il marito che non riesce a consumare le nozze – , investe le sue scarse risorse nell’elegante, generosa bellezza della Benussi, spalleggiata dall’altrettanto venusta collega Daniela Giordano. Per il resto, la comicità tende allo zero, Saggese è del tutto anonimo e i contributi di De Luca in versione romagnola non sono certo eclatanti. Felleghy è il camionista teutonico ubriaco di birra. Solo per Benussi-dipendenti.
Poppea una prostituta al servizio dell’impero
Durante il loro vagabondare per le terre sotto la dominazione romana, due amici etruschi, Otone e Savio, finiscono in una taverna dove dopo aver mangiato a sbafo vengono allontanati con la forza. Il furbo Otone non contento seduce la moglie dell’oste, con il risultato di essere fermato da un drappello di soldati romani e inviato con Savio nelle cave per l’estrazione di pietre destinate alla costruzione di un acquedotto.
Qui Otone, con uno scaltro espediente, riesce a farsi allontanare dalle cave stesse:fingendo di avere la peste, terrorizza i soldati con il risultato di essere cacciato.
Dopo aver tentato di rubare una barca ed essere stati sorpresi dai legittimi proprietari, i due in qualche modo giungono nella periferia di Roma dove Otone conosce casualmente la bellissima Poppea, che dispensa le sue grazie ad uno stuolo di persone.
Ovviamente anche Ottone finisce tra le vogliose braccia della donna;ma per colpa del maldestro Savio, finisce in compagnia di quest’ultimo direttamente nell’arena come gladiatore.
Qui i due vengono messi a combattere fra loro, ma un provvidenziale colpo di fortuna evita ai due amici di soccombere;Otone lancia in aria il suo scudo che intercetta una lancia scagliata contro Nerone da un gladiatore ribelle.
L’imperatore riconoscente nomina Otone capo della guarnigione romana in Cappadocia; dopo aver scoperto che Poppea altri non è che la moglie dell’imperatore, Otone parte per la guerra contro i barbari in compagnia del fido Savio, al quale Nerone ha fatta salva la vita grazie all’intercessione di Otone stesso.
In Cappadocia per il solito colpo di fortuna, Otone riesce a vincere la battaglia decisiva e subito dopo aver sedotto la sacerdotessa dei barbari, torna a Roma accolto dal trionfo tributatogli da Nerone.
Ma sarà proprio Poppea la causa delle sue disgrazie perchè l’imperatrice viene scoperta in adulterio proprio con Otone; l’imperatore lo bandisce, non tanto per il “cornetto” come lo definisce Poppea quanto perchè l’imperatrice ha osato definire noiose le odi di Nerone.
Costretto ancora una volta alla fuga, Otone assiste all’incendio di Roma, che un provvidenziale temporale spegne…
Vi risparmio il finale non perchè particolarmente avvincente ma solo per il fatto che forse è la cosa migliore di un filmetto bruttino e volgare, infarcito di parolacce in un trionfo di “li mortacci tua” e “sto fijo de na’ mignotta”
Un peplum tardo a sfondo non tanto erotico quanto sexy, con la bellissima e sexy Femi Benussi ad interpretare la parte della ninfomane Poppea con le grazie generosamente esposte.
Alfonso Brescia dirige nel 1972 questa commedia sexy senza molto badare all’estetica, con dialoghi rozzi e personaggi ritagliati con un’accetta; ma lo scopo principale del regista e della produzione è quello di cavalcare l’onda lunga dei film erotici che tanto in voga sono nel 1972 e in quest’ottica il film qualcosa rende, anche se va detto che per fortuna si tratta quasi sempre di scenette sexy non particolarmente volgari.
Il resto del film è purtroppo abbastanza desolante, fatti salvi i posti in cui è girato e le scenografie usate, che quantomeno rendono il film sufficientemente dignitoso.
La storia di per se poteva avere un andamento migliore, mentre invece il regista romano punta tutto su gag poco divertenti, con dialoghi che non sono nemmeno surreali ma abbastanza scadenti.
Nel cast finiscono inopinatamente attori come Vittorio Caprioli, francamente imbarazzato (sopratutto imbarazzante) nel ruolo di un Nerone matto come un cavallo ed effeminato in modo esageratamente esasperato;anche la Benussi appare a disagio, però si spoglia e quindi permette al film di attirare l’attenzione di quel pubblico che tanto l’adorava.Nel cast, in ruoli marginali, figurano anche Howard Ross nel ruolo di Tigellino, la bellissima Eva Czemerys nel ruolo della sacerdotessa Cappadocia che sta in scena pochi minuti e infine Don Backy e Peter Landers nel ruolo di Otone e Savio.
Il primo fa quello che gli viene chiesto, replicando in qualche modo il ruolo del vagabondo interpretato in Elena si…ma di troia mentre il secondo è davvero poca cosa in tutti i sensi.
Poppea … una prostituta al servizio dell’impero è un film di facile reperibilità, anche in streaming in una versione ripresa dalla proiezione tv di qualche tempo fa ad opera della defunta Odeon Tv.
Poppea, una prostituta al servizio dell’impero
Un film di Alfonso Brescia. Con Don Backy, Femi Benussi, Linda Sini, Peter Landers,Vittorio Caprioli, Andrea Scotti, Giancarlo Badessi, Esmeralda Barros, Carla Mancini, Eva Czemerys Commedia, durata 93 min. – Italia 1972.
Don Backy: Otone
Femi Benussi: Poppea
Piero Scheggi: Savio
Linda Sini: Agrippina
Eva Czemerys: Vergine di Cappadocia
Esmeralda Barros: Tortilla
Renato Rossini: Tigellino
Vittorio Caprioli: Nerone
Regia Alfonso Brescia
Soggetto Mario Amendola
Sceneggiatura Vittorio Vighi, Alfonso Brescia, Mario Amendola
Casa di produzione Luis Film
Fotografia Franco Villa
Montaggio Vincenzo Vanni
Musiche Carlo Savina
Scenografia Francesco Calabrese
Costumi Mimmo Scavia
L’opinione di Undjing tratta dal sito http://www.davinotti.com
E chi poteva essere la “prostituta” al servizio dell’Impero se non la prolifica (quanto bella e brava, per inciso) Femi Benussi? La briccona imperatrice ha un trascorso non proprio nobile, affiancato a quello della “vergine di Cappadocia” (Eva Czemerys). Due soldati al servizio di Nerone ricordano i precedenti di Poppea, molto più estroversa in (s)veste di donna che nei (pochi) panni di moglie. Al di là delle buone premesse, il divertimento risiede in altri lidi, al pari dell’erotismo; né funziona l’ibridazione “boccaccesca” con il peplum.
L’opinione di sasso 67 tratta dal sito http://www.filmtv.it
Brutto film, del filone Satyricon, molto in voga tra fine anni sessanta e primi anni settanta, in seguito al famoso film di Fellini. Uno degli eroi di questo filone fu Don Backy, già cantante di un certo successo negli anni sessanta. Grazie al suo fisico segaligno, riusciva a bene interpretare questa specie di picari che si muovevano nel mondo romano o medievale (ricordiamo Don Backy nel film “Una cavalla tutta nuda”, del filone decamerotico). Questo film è veramente insignificante, con un coprotagonista, brutta copia di Bud Spencer, che parla con un assurdo accento umbro-marchigiano, mentre i soldati romani parlano come i burinacci dei nostri giorni. C’è qualche ragazza formosa che si spoglia (Benussi, Czemerys, Barros ed altre) e si lascia andare a scene più spinte della media del genere, ma l’unico vero motivo d’interesse è Vittorio Caprioli che interpreta Nerone, ispirandosi senza troppi complessi a Petrolini.
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Le calde notti di Poppea
La biondissima e procace Poppea si trasferisce dalla campagna a Roma in cerca di giustizia, subito dopo esser stata stuprata in un campo di grano; è una donna che sa quello che vuole, tuttavia finisce per andare ad esercitare il mestiere più vecchio del mondo del bordello di Calpurnia.
Qui conosce l’affascinante console Claudio Valerio, del quale si innamora perdutamente, ma l’uomo che è di costumi probi, la rifiuta.
Poppea poserà per una statua ordinata dall’imperatore Nerone per poi sposare il figlio del senatore Tarquinio; alla fine dopo alcune avventure riuscirà a sposare l’imperatore.
Le calde notti di Poppea, opera di Guido Malatesta diretta nel 1969 è un tardo peplum che fa parte della nuova frontiera del peplum stesso, la stessa che vivacchiò per breve tempo nel connubio (scellerato) tra eros e storia.
Film senza alcuna aderenza storica (Poppea non entrò mai in un postribolo e sposò Rufrio Crispino un appartenente all’ordine equestre capo della guardia pretoriana), quello di Malatesta; girato in una Roma assolutamente improbabile, grazie ai residuati del glorioso periodo dei peplum con gli avanzi dei set precedenti,Le calde notti di Poppea è un filmucolo senza nessunissima pretesa.
L’unico motivo di interesse,all’epoca dell’uscita del film, era la presenza nel cast della biondissima e avvenente Olinka Schoberova alias Berova,attrice di origini ceche lanciata con molta fantasia come l’alternativa ad altre due biondissime (e di ben altro calibro) star come Brigitte Bardot e Ursula Andress.
Costruito su una sceneggiatura sfilacciata da Gianfranco Clerici e dallo stesso Guido Malatesta,Le calde notti di Poppea ha dalla sua solo una discreta elaborazione scenica (Malatesta aveva partecipato ad altri film mitologici) ad onta di un cast di comprimari nemmeno mal assortito che comprende Brad Harris (il console Valerio),Howard Ross (Marco),Femi Benussi (Livia),Daniele Vargas.
Questo film è passato in tv molto tempo fa, ed è di difficilissima reperibilità anche in versione di riversaggio da VHS.
Le calde notti di Poppea, un film di Guido Malatesta, con Olga Schoberová, Brad Harris, Gia Sandri, Renato Rossini, Femi Benussi, Daniele Vargas, Carla Calò, Ignazio Balsamo, Demeter Bitenc, Tullio Altamura, Fortunato Arena, Silvio Bagolini, Albert Balsamo, Peggy Cunningham, Tony Corty, Sandro Dori, Francesco De Leone, Antonietta Fiorito, Nello Pazzafini, Alberto Sorrentino Storico/erotico,Italia 1969
Olga Schoberová: Poppea
Brad Harris: Claudio Valerio
Gia Sandri: Lucrezia
Howard Ross: Marco
Femi Benussi: Livia
Sandro Dori: Nerone
Carla Calò: Calpurnia
Ignazio Balsamo: Tarquinio
Nello Pazzafini: Padre Colonnius
Daniele Vargas: Sacerdote di Venere
Regia Guido Malatesta
Soggetto Gianfranco Clerici, Guido Malatesta
Sceneggiatura Gianfranco Clerici, Guido Malatesta
Produttore Fortunato Misiano
Casa di produzione Romana Film
Distribuzione (Italia) Trans Film
Fotografia Augusto Tiezzi
Montaggio Jolanda Benvenuti
Musiche Angelo Francesco Lavagnino
Scenografia Pier Vittorio Marchi
Costumi Walter Patriarca
Trucco Anacleto Giustini
Samoa regina della giungla
Il Professor Dawson organizza una spedizione nelle isole malesiane per trovare un ricchissimo giacimento di diamanti; il gruppo che affianca il Professore è composto dalla sua assistente personale Nancy White,dall’avventuriero Clint Lomas e dagli accompagnatori Muller, Alain e Moreau.
Sbarcati sull’isola, i componenti della spedizione devono subito fare i conti con una natura ostile e con l’insidia rappresentata dai cacciatori di teste che la popolano.
Il pericolo è in agguato e Stark, che si è allontanato dalla spedizione viene sbranato da una tigre, mentre il gruppo raggiunge un fiume che precipita in una cascata. Qui il gruppo stesso viene attaccato dai feroci cacciatori di teste e nonostante la bravura di Clint con le armi Dawson e compagni farebbero una brutta fine se non comparisse all’improvviso la stupenda Samoa, che li salva conducendoli attraverso un passaggio segreto all’accampamento in cui vive con la sua tibu.
Qui scoprono che la tribù custodisce una quantità enorme di diamanti, offerti alle divinità protettrici della stessa; le varie anime della spedizione si mostrano così in tutta la loro interezza.
Edwige Fenech
Femi Benussi
C’è Moreau che non resiste alla cupidigia e saccheggia il tesoro, c’è Alain che si lega alla bellissima Jasmine mentre lo stesso Clint sembra essere tentato dai diamanti. Il furto sacrilego di Moreau scatena la rabbia della tribù che insegue la spedizione costretta a scappare.
Durante la fuga Moreau finisce tra le sabbie mobili e muore sotto gli occhi inorriditi di Samoa e Clint, che riescono a fuggire mentre nel frattempo Alain ha deciso di restare con Jasmine della quale si è innamorato.
Solo Clint e Samoa riusciranno, a bordo di una canoa, a sfuggire dopo varie peripezie alla tribù lanciata al loro inseguimento e a tornare a casa con un ricco bottino in diamanti.
Samoa regina della giungla è un film del 1968 diretto da Guido Malatesta, lo stesso regista che l’anno successivo avrebbe diretto Tarzana sesso selvaggio;è un film che si colloca nella scia del successo di Gungala la vergine della giungla e di Liana la figlia della foresta, anch’essi girati nella giungla e con temi più o meno simili.
Ivy Holzer
Un film avventuroso non molto differente, per fare un esempio, da quelli aventi come protagonista Allan Quatermann, con alcuni topos classici, come il tesoro, gli avventurieri, le bellissime che si innamorano dei migliori di loro, la cupidigia e infine la vendetta con la morte di quasi tutti i protagonisti.
Se la storia non presenta grossi motivi di interesse, visto che di film simili ne sono stati fatti in serie un numero impressionanti, va riconosciuto allo stesso la capacità di portare nelle sale un pubblico che altrimenti non avrebbe riempite le stesse.
E’ proprio il cinema di serie B a portare nelle sale la maggioranza degli spettatori e a dare loro quello che in fondo chiedono, ovvero due ore spensierate da passare in compagnia di prodotti che possibilmente non annoino e non costringano lo spettatore stesso a farsi mille domande sul film, sul suo significato ecc.
Samoa regina della giungla è un prodotto discreto, con il giusto mix di avventura e azione, anche se non mancano nel film stesso alcune ingenuità che lo rendono inequivocabilmente un prodotto per bocche buone.
La Fenech, che interpreta Samoa gira con un’acconciatura e con una mise da occidentale sofisticata, parla inaspettatamente la lingua degli avventurieri in cui si imbatte ed appare truccata come dopo una seduta dall’estetista.
A parte questo, il film ha un buon ritmo e qualche momento felice.
Il cast fa il suo con sufficiente professionalità e a tal pro vanno segnalate le prove della Fenech stessa, della splendida Femi Benussi che l’anno successivo sarà protagonista del Tarzana di Malatesta e di Ivano Staccioli, che quando deve fare il duro non è secondo a nessuno.
Discreta la fotografia e la location, con splendide immagini naturali.
Il film è disponibile in una versione di ottima qualità su You tube all’indirizzo: http://www.youtube.com/watch?v=Um2WVBeT5jE
Samoa, regina della giungla
Un film di Guido Malatesta. Con Ivano Staccioli, Edwige Fenech, Roger Browne, Ivy Holzer,Andrea Aureli, Giustino Durano, Claudio Ruffini, Femi Benussi, Umberto Ceriani Avventura, durata 88′ min. – Italia 1968.
Roger Browne: Clint Lomas
Edwige Fenech: Samoa
Ivy Holzer: Nancy White
Ivano Staccioli: Moreau
Andrea Aureli: Stark
Umberto Ceriani: Alain
Tullio Altamura: Professor Dawson
Wilbert Bradley: Campu, la guida
Femi Benussi: Yasmin
Regia Guido Malatesta
Soggetto Gianfranco Clerici, Guido Malatesta
Sceneggiatura Gianfranco Clerici, Guido Malatesta
Produttore Fortunato Misiano
Casa di produzione Romana Film
Distribuzione (Italia) Romana Film
Fotografia Augusto Tiezzi
Montaggio Jolanda Benvenuti
Musiche Angelo Francesco Lavagnino
Scenografia Pier Vittorio Marchi
Costumi Walter Patriarca
Tarzana,sesso selvaggio
La piccola Elisabeth Shipper è scomparsa anni addietro in una foresta, da quando l’aereo che trasportava lei, sua madre e suo padre Donovan è caduto nei pressi di Nairobi; da allora suo zio Glen Donovan, deciso a ritrovarla per nominarla erede del suo patrimonio (l’uomo non ha eredi diretti oltre Elisabeth) l’ha cercata inutilmente.
Ma un giorno, sedici anni dopo, i resti dell’aereo vengono ritrovati e con essi i corpi senza vita di Donovan e di sua moglie; manca all’appello il corpo di Elisabeth, che presumibilmente è ancora viva.
Glen Donovan decide di organizzare una spedizione,al comando di Glen Shipper a cui promette 100.000 dollari in caso di successo della stessa, ingaggiando il subdolo Groder e il suo amico Fred e aggiungendo anche Doris Miller, la sua segretaria.
Una splendida Femi Benussi è Tarzana
Groder ha per la mente un’idea sola; impedire il ritrovamento di Elisabeth e in caso di successo della spedizione, uccidere la ragazza per ereditare l’ingente patrimonio di Glen in qualità di erede prossimo del miliardario.
Dopo varie vicissitudini, il gruppo scopre che la ragazza è ancora viva e che anzi si è adattata alla vita dalla giungla, arrivando a convivere con le belve che la popolano. Rispettata dagli indigeni che la chiamano Tarzana, Elisabeth non ha memoria della sua vita passata; Groder riesce a catturare la ragazza ma sul punto di ucciderla viene fermato da Fred che vuole usare la ragazza come arma di ricatto verso Groder.
Beryl Cunningham
Ma le cose volgono al meglio quando dopo un inseguimento nella giungla Fred finisce in una trappola mentre insegue la astuta Tarzana che conosce a menadito tutte le insidie della giungla.
L’uomo cade in una profonda fossa morendo infilzato su alcuni bastoni acuminati posti sul fondo.
Raggiunta da Glen e da Doris Miller Tarzana…….
In una giungla ricostruita in studio con un’ingenuità disarmante e con una povertà di mezzi francescana, Tarzana sesso selvaggio è un B movies di qualche successo girato nel 1969 da Guido Malatesta per sfruttare la buona fama e l’indiscutibile bellezza di Femi Benussi,
Franca Polesello
l’attrice friulana che nei tre anni precedenti aveva partecipato a una ventina di pellicole di vario genere, inclusa un’altra versione girata nella giungla di un film fac simile, quel Samoa regina della giungla che l’aveva vista protagonista assieme ad Edwige Fenech.
Con un titolo assolutamente fuorviante come Tarzana sesso selvaggio lo spettatore è indotto a pensare di trovarsi davanti ad una di quelle prime pellicole sfacciatamente erotiche che sul finire del decennio sessanta iniziavano ad invadere gli schermi.
Il film invece di erotico non ha assolutamente nulla, concedendo alla platea qualche seno nudo della splendida Benussi e dell’altra protagonista,Franca Polesello.
Il resto del film è di una noia mortale, mancando alla pellicola stessa una sceneggiatura valida e sopratutto interpretata com’è da attori di livello troppo basso per poter riscattare la sciatteria della storia.
Del resto il film appare una scopiazzatura di Gungala la vergine della giungla, con protagonista la splendida Kitty Swan uscito l’anno prima sugli schermi; in questa pellicola Malatesta altro non fa che clonare il personaggio di Tarzan, metterci al suo posto una controfigura femminile di fascino come Femi Benussi, e lasciarla libera di scorazzare per la giungla a seni nudi, cavalcando un elefante di dimensioni contenute e lasciandola libera di lanciare urla quasi isteriche in pura imitazione del ben più famoso personaggio di Edgar Rice Burroughs.
Per poter far fronte alla misera sceneggiatura, Malatesta propone quindi topless a tutto spiano delle protagoniste della storia le citate Polesello e Benussi, aggiungendo un fascino di esotica e selvaggia bellezza con Beryl Cunningham, che esegue una danza selvaggia e orgiastica nel vllaggio degli indigeni che si apprestano ad attaccare la spedizione che improvvidamente si è avventurata nella giungla.
Inutile andare per il sottile aggiungendo altri particolari alla trama, che è così lineare e prevedibile da risultare commovente nella sua semplicità; dopo aver citato le generose forme di Femi Benussi e di Franca Polesello altro non resta da fare che ricordare che questo film non esiste in versione digitale ma solo analogica, il che non è assolutamente un male. A quanto mi risulta non dovrebbe esserci nemmeno una versione in italiano su supporto magnetico, visto che le uniche immagini e gli unici filmati esistenti sono in lingua inglese o tedesca.
Tarzana sesso selvaggio
Un film di Guido Malatesta. Con Femi Benussi, Franca Polesello, Ken Clark, Beryl Cunningham, Raf Baldassarre, Furio Meniconi, Franco Ressel, Ugo Adinolfi, Fortunato Arena, Andrew Ray Avventura/Erotico, durata 90 min. – Italia 1970.
Ken Clark … Glen Shipper
Franca Polesello … Doris
Beryl Cunningham … Kamala – Dancer
Femi Benussi … Tarzana
Franco Ressel … Groder
Raf Baldassarre … Fred
Alfred Thomas … Kamuro
Furio Meniconi … Lars
Regia Guido Malatesta come James Reed
Sceneggiatura Gianfranco Clerici ,Guido Malatesta,Phillip Shaw
Produzione Glen Hart,Fortunato Misiano
Musiche Angelo Francesco Lavagnino
Montaggio Augusto Tiezzi
Fotografia Jolanda Benvenuti
Femi Benussi, foto di scena
Franca Polesello, foto di scena
Gruppo di Lobby card del film