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Canterbury proibito

Un gruppo di pellegrini è diretto a Canterbury e durante il viaggio,per allontanare la noia,ecco che vengono raccontate sette storie
piccanti.
Una storia d’amore – La bella Bianca è oggetto di attenzione da parte di due giovani;ma lei,indecisa,finisce per accettare la corte ( e il resto)
da un terzo pretendente che così fa becchi i due amici;
Santa del Grande – Due vagabondi incontrano santa,una ragazza svampita;approfittando della sua ingenuità ne godranno le grazie;
Viola – In questa novella sono ben tre gli uomini che ambiscono alle grazie di Viola, moglie del noto ser Brunetto;dei tre solo il più scaltro
riuscirà a conquistare la donna;
Due suore – Suor Chiara e Suor Agnese,due religiose poco propense alle virtù e inclini a i piaceri della carne seducono due frati.Il vescovo e la badessa
del convento scoprono la cosa ,ma verranno comunque beffati dalle scaltre ragazze;


Le brache di San Grifone – Fratello Antonio,beccato in adulterio plateale con la bella moglie di un villico riesce a scansare la punizione usando uno stratagemma e convincendo gli ingenui popolani che le sue mutande sono una reliquia sacra;
Il gallo cantachiaro – dalla viva voce degli animali,furbizie e stupidaggini sugli esseri umani;
Antona e Giustina – Due donne,Antona e Giustina,sposate a due fratelli (infelicemente) si trovano un amante in comune.Ma i loro robusti appetiti sessuali alla fine alla meglio del poveraccio,che dopo tre giorni è ridotto una larva.

Dopo Boccaccio,Pietro Aretino e Masuccio Salernitano anche Geoffrey Chaucer vede le sue novelle piccanti saccheggiate e portate sul piccolo schermo in un film, Canterbury proibito dal valore presso che uguale a zero. A salvare il film dal naufragio più totale c’è un volenteroso cast fatto di belle attrici e di tanti comprimari che pur costretti a recitare in storielle di bassa lega si guadagnano il salario con la loro professionalità.
Italo Alfaro,regista del film,scomparso ad appena 50 anni,più famoso presso il grande pubblico per la serie tv I ragazzi di padre Tobia,sceglie la sua Toscana (precisamente Cortona) per assemblare sette storielle (storiacce?) che hanno poco o nulla di divertente.


Paola Corazzi e Femi Benussi,Patrizia Viotti e Imelda Marani,Magda Konopka e Rosemarie Lindt sono le belle discinte,un vero piacere per gli occhi mentre Nerina Montagnani e Memè Perlini, Franco Garofalo e altri comprimari tengono alto almeno il livello qualitativo della recitazione.
Qualche scorcio della Toscana e poco altro da segnalare,per un film completamente scomparso anche dai circuiti televisivi,
tanto da essere in pratica un film “invisibile”

Canterbury proibito
Un film di Italo Alfaro. Con Femi Benussi, Magda Konopka, Fausto Tommei, Rosemarie Lindt, Rosita Torosh, Patrizia Viotti, Paola Corazzi, Enza Sbordone, Emilio Bonucci Erotico, durata 90 min. – Italia 1972.

Rosita Torosh Badessa in viaggio per Canterbury
Franco Garofalo Pellegrino
Francesco D’Adda Pellegrino
Paola Corazzi Bianca
Carla Mancini Cameriera di Bianca
Guerrino Crivello Un vagabondo
Franco Alpestre Un altro vagabondo
Edda Soligo La madre di bianca
Femi Benussi Viola
Gino Pagnani Ser Brunetto
Luigi Montini Taddeo
Patrizia Viotti Suor Chiara
Imelda Marani Suor Agnese
Magda Konopka Antona
Rosemarie Lindt Giustina

Regia: Italo Alfaro
Sceneggiatura: Italo Alfaro,Enzo Boetani
Produzione: Enzo Boetani,Giuseppe Collura
Musiche: Gianni Meccia,Bruno Zambrini
Fotografia: Giuseppe Pinori
Montaggio: Adriano Tagliavia
Costumi: Giorgio Desideri

giugno 8, 2018 Posted by | Erotico | , , , , , , , , | 2 commenti

Decameroticus

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Il 1972 è l’anno più fertile per i cloni degenere del Decameron pasoliniano;Giuliano Biagetti,dopo l’ottima prova di Interrabang decide di cavalcare l’onda del filone decamerotico confezionando un film di discreta levatura,basato come recitano i titoli su novelle del Boccaccio, Aretino e Bandello.
Novelle licenziose,ovviamente.
In questo caso si tratta di cinque racconti brevi con un tema portante,quello delle corna.
Prima novella:

-Elisa è stufa di suo marito,gelosissimo e possessivo.L’uomo arriva a sostituirsi al sacerdote nel confessionale,
ma Elisa sa che c’è lui dietro le mentite spoglie del frate.Cosi gli racconta di essere posseduta da un giovane tutte le notti.
L’uomo si piazza davanti la porta di casa,ma la furba Elisa con uno stratagemma si gode il suo giovane amante.
L’indomani lo stanco marito viene beffato dalla donna,che riesce a fargli credere che gli è fedele.

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Gabriella Giorgelli

Seconda novella:

-Lambertuccio è un giovane sfrontato e audace,capo delle guardie del severo giudice Volfardo.Il giovane si diverte
spesso proprio ai danni del giudice che decide così di vendicarsi.
Convince Leonetto,noto playboy che corre dietro ad ogni sottana a sedurre la moglie di Lambertuccio.Ma resterà beffato perchè sia
Leonetto che Lambertuccio si godranno le grazie della bella moglie del giudice,Isabella,alle spalle dell’ignaro cornuto che così sarà
beffato crudelmente.
Terza novella:

per potersi godere le grazie della procace domestica,un uomo convince il suo garzone di bottega a dormire nel suo letto.
Domitilla,la moglie,però conosce le intenzioni del marito e convince la domestica a sostituirsi a lei.Finisce così che mentre il garzone
e la domestica se la spassano,Domitilla riceve le attenzioni del proprio marito.

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Quarta novella:

l’ingenuo Casimiro si fa beffare da un improvvisato venditore di unguenti che nulla hanno di miracoloso;l’uomo,con la scusa di
curare la moglie di Casimiro,lo beffa sotto il suo stesso naso godendosi le grazie della moglie.
Quinta novella:

Ciccio e Germino sono due mercanti,che spesso devono assentarsi per lungo tempo da casa.
I due,durante un colloquio,si scambiano consigli su come evitare il tradimento delle rispettive mogli,ma alla fine si faranno becchi a vicenda.

Qualche buona trovata,ma nella sostanza un film volgarotto nobilitato però da un cast di attrici specializzate in commediole erotiche spacciate
per “novelle licenziose d’autore
Al solito,il pretesto per l’esibizione di centimetri di epidermide è dato da storielle che con lo spirito boccaccesco ridanciano e sottilmente anticlericale
nulla hanno a che vedere.
Scrive Segnalazioni Cinematografiche (Centro cattolico cinematografico),decisamente di parte e anche molto impietosamente:
Il film, che si dice ispirato a novelle del Boccaccio, Aretino e Bandello, senza nesso tra loro, ritrova un filo conduttore unicamente nella ricerca di
situazioni licenziose e lascive, cui offre un notevole contributo il dialogo di una volgarità e rozzezza senza pari, e una quantità di scene esibizionistiche
e sensuali ormai adusate in opere del genere. Di fronte a questo, passano in secondo ordine persino le melensaggini della interpretazione e l’insulsa regia.
Resta la pretestuosa ambientazione. Inutile dire che il tutto è inqualificabile e moralmente negativo.

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Una vera requisitoria,che in qualche modo però stigmatizza quella che era la visione da parte di buona parte della critica del fenomeno decamerotici.
In realtà siamo di fronte ad uno dei tanti cloni del Decameron non più volgare di altri;a nobilitarlo ci sono attrici di buon valore,come le sempre
bellissime Orchidea De Santis e Gabriella Giorgelli,Margaret Rose Keil e Krista Nell con l’aggiunta di una giovanissima Antonia Santilli.
Per l’ennesima volta compare in un cast decamerotico Pupo De Luca,recordman del genere mentre inaspettatamente c’è il bravissimo e compianto Riccardo Garrone.
Prodotto che stiracchia la sufficienza,ma nulla più.
Regia,quella di Biagetti,meno “cagnesca” di altre per un film passato curiosamente molte volte sulle tv commerciali ma del quale circola
solo una pessima versione ricavata da VHS disponibile all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=Saizp1IZ47g

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Decameroticus
Un film di Pier Giorgio Ferretti. Con Orchidea De Santis, Riccardo Garrone, Pupo De Luca, Margaret Rose Keil,Krista Nell,Aldo Bufi Landi, Pietro Tordi, Pino Ferrara, Corrado Olmi, Umberto D’Orsi, Sandro Dori, Gabriella Giorgelli, Rosita Torosh, Antonia Santilli Erotico, durata 92 min. – Italia 1972.

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Riccardo Garrone: Gerbino
Marina Fiorentini: Domitilla
Edda Ferronao: Agnese
Pino Ferrara: Ciccillo
Sandro Dori: Casimiro
Orchidea De Santis: moglie di Ciacco
Pupo De Luca: marito di Elisa
Umberto D’Orsi: marito di Domitilla
Aldo Bufi Landi: Lambertuccio
Antonia Santilli: Pamela
Pietro Tordi: il giudice Vulfardo
Gabriella Giorgelli: Elisa
Krista Nell: Isabella
Margaret Rose Keil: Nardella
Corrado Olmi: Ciacco

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Regia Pier Giorgio Ferretti
Soggetto Giorgio Mariuzzo da Giovanni Boccaccio
Sceneggiatura Giorgio Mariuzzo, Fiorenzo Fiorentini (dialoghi)
Casa di produzione Flora National
Distribuzione (Italia) Variety
Fotografia Anton Giulio Borghesi
Montaggio Pier Giorgio Ferretti
Musiche Berto Pisano
Scenografia Ennio Michettoni
Trucco Gloria Fava

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Decameroticus banner recensioni

L’opinione di sasso67 tratta dal sito http://www.filmtv.it

Mamma mia che film! Be’ dal titolo c’era da aspettarselo… Si tratta di una delle tante variazioni, il cui filone per l’appunto prese il nome di “decamerotico”, seguite al successo del film “Decameron” di Pasolini. Film come questo, che si dice tratto da novelle del Boccaccio, del Bandello e dell’Aretino, si basano su due cose, l’erotismo e la comicità. In realtà l’erotismo non viene mai fuori, rimanendo attanagliato nell’imbarazzo di corpi nudi che si dimenano per risaltare una certa comicità gestuale.
Ma proprio la comicità è l’altro grande assente del filone decamerotico, o quanto meno di questo film, che proprio non fa mai ridere. Rimane impressa soltanto una certa volgarità del linguaggio (“Chi dorme ‘un piglia ‘culi!” esclama in improbabile toscano il Messer Gerbino di Garrone), resa ancora più macroscopica da un dilettantesco doppiaggio che rifrulla quasi tutti i dialetti italiani, tra i quali nel filone decamerotico trionfavano il toscano, in grazia del Boccaccio, e chissà perché il ciociaro.
Le attrici si spogliano abbondantemente, anche se, per citare il Giusti di “Stracult”, dirò che di pelo se ne vede poco. Tristezza per il caratterista triestino Umberto D’Orsi doppiato in romanesco da Ferruccio Amendola.

Opinioni tratte dal sito http://www.davinotti.com

B. Legnani

Modesto film di Biagetti (che pure qui non gestisce il ritmo, mal distribuendo il tempo alle varie fasi), che si salva dall’ignominia solo grazie a un quarto racconto gradevole e ben recitato (quello con Pino Ferrara, Dori, la Santilli e la Ferronao ) e da trame non male, però sfruttate maluccio (terribile la recitazione richiesta a Bufi Landi nella novella d’ambiente romagnolo e inspiegabile la scelta di filmare molte scene in un vero budello). Girato in fretta (notare la comparsa che perde palesemente l’equilibrio mentre impalla Pino Ferrara!). Dal gineceo stavolta spicca la Nell.
Undying

Titolo al quale si deve ufficialmente il neologismo del filone, anche se l’anno precedente su Playmen un acuto recensore aveva già sfornato il termine decamerotico in relazione al film di Pasolini.
Si tratta, in buona (buonissima, dato il cast femminile) sostanza, di un film strutturato in 5 segmenti, del quale resta a discreta memoria quello del medico che approffitta di una moglie finta malata.
Rispetto alla media, l’ilarità è più accentuata, di pari passo con l’erotismo, garantito anche dalla presenza della Santilli (l’Antonia di Nocturno).
Homesick

Discreto decamerotico multidialettale in cinque episodi il cui filo rosso è il tema del marito cornuto. Il cattivo gusto è trattenuto e domina la scena l’allegria, garantita da un folto gruppo di validi caratteristi (De Luca, Dori, Garrone, D’Orsi…) e dai canti goliardici di Pisano. Il gineceo, specializzato nel genere, è ricchissimo e assai generoso: tra le migliori la Santilli, brava attrice e abbondantemente spogliata.

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marzo 20, 2016 Posted by | Erotico | , , , , , , , , | Lascia un commento

Fatevi vivi, la polizia non interverrà

Fatevi vivi la polizia non interverrà locandina

Luisa Bonsanti, figlia di un ingegnere, viene rapita sotto gli occhi della prostituta Marisa e di alcuni involontari passanti
L’ingegner Bonsanti informa del rapimento il commissario Caprile mentre la banda che ha rapito la piccola Luisa, che risponde agli ordini dell’uomo che è dietro al sequestro chiamato il Maestro discute sull’entità del riscatto da chiedere per la liberazione della stessa Luisa.
La polizia non ha altra pista se non quella di Marisa, l’unica fonte attendibile per capire chi si nasconda dietro il rapimento.

Così, in attesa di una telefonata da parte dei rapitori, la polizia perde tempo inutilmente in quanto la donna sembra essere del tutto all’oscuro non avendo potuto vedere i rapitori, coperti da cappucci.
Il commissario Caprice ha dei sospetti sul più importante mafioso della zona, Don Francesco, che però si dichiara completamente estraneo alla faccenda: l’uomo infatti, pur non potendo escludere la partecipazione di qualche suo uomo all’azione criminale, dichiara con forza di avere un codice morale che gli impedisce di utilizzare donne e bambini come vittime di sequestri o di atti criminosi.
Ed è proprio il mafioso a individuare, dopo una serie di avvenimenti, il luogo dove il misterioso maestro ha posto la sua base operativa; Don Francesco uccide il maestro e dopo aver liberato la piccola Luisa fornisce anche le indicazioni per ritrovare i soldi del riscatto.

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Fatevi vivi la polizia non interverrà è un poliziesco girato nel 1974 da Giovanni Fago, qui al suo primo (ed anche unico) poliziesco dopo aver girato tre western, il più famoso dei quali O Cangaçeiro (1970) interpretato da Thomas Milian aveva ottenuto un buon riscontro al box office.
Il film non ha particolari motivi di interesse, essendo un poliziesco abbastanza tradizionale, uno dei tanti prodotti del genere che affollarono le sale cinematografiche nella parte centrale degli anni settanta.
Ha però dalla sua l’ambizione di radiografare uno dei temi più scottanti della cronaca nera dell’epoca, ovvero la piaga dei sequestri di persona, utilizzando questa volta la novità del sequestro di una bambina.
L’indagine socio politica sulla storia, l’intreccio tra malavita e forze dell’ordine e altri possibili sviluppi della tematica restano però delle pie illusioni, in quanto il film non si scosta mai da una certa banalità di fondo, che si registra sopratutto nei dialoghi evidentemente artefatti e superficiali.

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Però il film ha dalla sua qualche buona iniziativa, ha una buona fotografia e un certo senso del ritmo e sopratutto vede tra i protagonisti un ottimo cast di attori sicuramente espressivi.
Pur non scendendo mai sul terreno della denuncia e non approfondendo mai la tematica del rapimento come espressione del disagio sociale degli anni di piombo, il film ha un suo decoro e quanto meno ha un buon ritmo e sopratutto non scende mai sul terreno della bassa macelleria, uno degli espedienti più usati nel genere poliziesco.
Come dicevo, il film ha un cast di ottimo livello che include il qui legnoso Henry Silva (il commissario Caprice), generalmente utilizzato come cattivo in molte produzioni e questa volta nei panni del commissario intelligente, acuto; Philippe Leroy, sempre moderato ed elegante nei panni del Maestro, deux ex machina organizzatore del rapimento,Gabriele Ferzetti, il mafioso dal rigido codice morale e le due presenze femminili, Lia Tanzi e Rada Rassimov, la prima nei panni della prostituta Marisa e la seconda in quelli di Marta.

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Fago dirige un film tutto sommato godibile, senza grossi scatti ma anche senza vistose cadute di tensione.
Nessuna indicazione, purtroppo, su siti che permettano una visione in streaming del film; unica possibilità, il download del film, rigorosamente in lingua inglese, al link http://k2s.cc/file/2f2b1878fa5dc/Ki74nap.rar
Fatevi vivi, la polizia non interverrà
Un film di Giovanni Fago. Con Henry Silva,Gabriele Ferzetti, Rada Rassimov, Philippe Leroy, Loris Bazzocchi,Pino Ferrara, Renato Pinciroli, Calisto Calisti, Bruno Boschetti, Luciano Bartoli, Rosita Torosh, Gianfranco Barra, Omero Antonutti, Lia Tanzi, Armando Brancia, Fausta Avelli, Franco Diogene Drammatico, durata 90 min. – Italia 1974.

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Henry Silva: Commissario Caprile
Rada Rassimov: Marta
Philippe Leroy: il professore
Gabriele Ferzetti: Frank Salvatore
Franco Diogene: Nino
Lia Tanzi: Marisa
Calisto Calisti: mafioso
Marco Bonetti: rapitore
Pino Ferrara: Mercuri
Armando Brancia: avvocato
Loris Bazzocchi: mafioso
Paul Muller: Jimmy
Fausta Avelli: Luisa Barsanti
Luciano Bartoli: Pino

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Regia Giovanni Fago
Sceneggiatura Adriano Bolzoni, Giovanni Fago
Musiche: Piero Piccioni
Montaggio:Alberto Gallitti
Fotografia:Roberto Gerardi
Casa di produzione Produzioni Associate Delphos

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L’opinione del sito http://www.pollanetsquad.it

“Nonostante il titolo, il nuovo film di Giovanni Fago non si allinea pedissequamente dietro gli ormai tanti dedicati alla polizia italiana con non sempre chiare moralità politiche. “Fatevi vivi la polizia non interverrà” ha ambizioni sensibilmente maggiori del consueto, se non altro perché cerca di armonizzare due temi: da un lato la radiografia di un kidnapping; dall’altro un’indagine sui rapporti tra legge e mafia. Ciò detto, va anche subito aggiunto che tali ambizioni rimangono campate in aria, più annunciate che realizzate. Ma resta almeno al film un certo sapore di denuncia non velleitaria né qualunquista. E gli argomenti sfiorati hanno pur sempre il pregio di una drammatica attualità. […] Fago ha narrato in modo sufficientemente interessante pur se, tra le molte fila dell’intreccio, non sempre ha scelto e seguito le più significative, preferendo anzi spesso le più facili e spettacolari: col risultato di dover poi colmare certi vuoti psicologici mediante didascaliche battute che alla lunga non salvano i personaggi da una fondamentale banalità. […] “

L’opinione di Undjing dal sito http://www.davinotti.com

Il “maestro” (Philippe Leroy) dispone il sequestro della figlia di un ingegnere, convogliando le indagini della polizia – guidata da un monocorde Henry Silva – sulla banda capeggiata da Frank Salvatore (Gabriele Ferzetti). Confuso poliziesco maldiretto da un cineasta attivo su altri fronti: melodrammi (Il maestro di violino) e spaghetti western di terz’ultima generazione (Per 100.000 dollari t’ammazzo). Il film azzarda un sottotesto tipico dei tardo-polizieschi, ovvero la collaborazione tra le forze dell’ordine e alcune frange della malavita. Cast notevole, ma mal gestito.

L’opinione di Gestarsh99 dal sito http://www.davinotti.com

Gli echi di Milano odia risuonano ai confini svizzeri in più punti: il rapimento della pargola di famiglia abbiente; la gang di cani sciolti invisi alla malavita locale; il barcone-rifugio nascosto in un anfratto lacustre; il “colombesco” Henry Silva, stavolta passivissimo. Fago se la prende molto comoda, con l’azione ben chiusa in un cassetto e nonostante gli eventi di sangue stila un dramma poliziesco dai toni pacati e sereni. Pellicola semplicissima, di innocente linearità: non annoia e scivola via pacifica tra ampi interni lussuosi, eleganti facciate architettoniche e gli splendidi scorci naturali comensi.

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aprile 16, 2014 Posted by | Drammatico | , , , , , , , | Lascia un commento

Milano odia: la polizia non può sparare

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Il personaggio di Giulio Sacchi, creato da Umberto Lenzi per il suo Milano odia: la polizia non può sparare è uno dei  più famosi del cinema poliziottesco e più in generale di quella branca particolare del genere stesso che veniva definita noir per i moltissimi punti di collegamento con il genere creato dai francesi.
E’ il personaggio centrale del film opposto al suo alter ego Walter Grandi, uomo rigorosamente di legge che pur alla fine verrà meno ai suoi principi scegliendo di farsi vendetta da se; perchè Giulio è un delinquente irrecuperabile, un sadico e un pervertito, privo di qualsiasi scrupolo morale, come vedremo nella descrizione del plot del film.
Con Milano odia: la polizia non può sparare Lenzi passa definitivamente dal cinema giallo, ormai sfruttato secondo lui fino all’osso e al quale aveva dato un contributo fondamentale attraverso film come Così dolce… così perversa (1969), Orgasmo (1969), Paranoia (1969) e Sette orchidee macchiate di rosso (1972) contribuendo in maniera determinante al successo del genere, passa dicevo al genere poliziottesco che riscuoteva un deciso successo nelle sale grazie anche alla sinistra corrispondenza tra le storie narrate sullo schermo e quanto accadeva nella vita di tutti i giorni.
Lenzi era reduce dal buon successo di Milano rovente, che aveva seguito nelle sale il travolgente successo di Milano calibro 9 di De Leo, forse il miglior poliziottesco girato in Italia; il risultato gli darà ancora una volta ragione, dimostrando che il fiuto cinematografico del regista era senza pari.

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Anita Strindberg e Thomas Milian

Lenzi utilizza una sceneggiatura creata da Ernesto Gastaldi per fare un film violentissimo, cupo e a tratti nichilista sopratutto nella parte finale; siamo nel cuore degli anni di piombo e il regista toscano si mostra attento osservatore della realtà quotidiana, riuscendo a cogliere i fermenti e le paure della società e a trasportarle cinematograficamente con un linguaggio che parla allo stesso modo della società stessa.
Milano odia: la polizia non può sparare parte in maniera violenta, quasi a voler far capire da subito che quello che vuol mostrare altro non è che il riflesso della vita di tutti i giorni, fatta di soprusi e violenze, sia politiche che di criminalità comune.

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Henry Silva

Il tempo di leggere il titolo e assistiamo ad una rapina in cui Giulio Sacchi si macchia le mani di sangue senza un valido motivo, uccidendo cioè un vigile urbano solo perchè voleva multarlo; eppure Sacchi potrebbe vivere bene, visto che ha anche una splendida fidanzata di nome Jole che lo ama.
Lui però sogna di diventare famoso, importante e come tutti i mediocri, non potendo usare i sistemi legali, utilizza il crimine per prendersi una rivincita sulla vita; così il passo successivo è l’organizzazione e il rapimento di Marilù , figlia del commendatore Porrino che è poi il datore di lavoro della bella Jole.
Ma da delinquente istintivo e poco intelligente, commette degli errori madornali, tipo quello di usare per il rapimento la macchina della sua donna e quello di servirsi di due teppistelli come Vittorio e Carmine per eseguire il rapimento.

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Gino Santercole

I tre pedinano e intercettano Marilu e il fidanzato mentre si sono appartati ma di fronte alla reazione del ragazzo perdono la testa e lo uccidono; la ragazza riesce a fuggire e a trovare riparo presso l’abitazione di una ricca famiglia, che però non afferra immediatamente la situazione.
Così i tre, che hanno seguito le tracce della ragazza, irrompono nella villa nella quale c’è Marilu e sottopongono a sevizie inenarrabili gli occupanti della casa.

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Le sevizie inflitte da Giulio alla sventurata famiglia

Alla fine Giulio, ebbro di violenza, alcool e droga stermina la famiglia inclusa una bambina che era all’interno della casa.
Sulle tracce della banda e dello spietato Sacchi si mette il commissario Grandi, che è anche l’unico ad aver identificato Giulio; dopo aver visto i delitti compiuti dall’uomo, si rende conto di aver a che fare con un uomo malato, psicopatico e privo di remore morali.
Ma se Sacchi è indubbiamente uno psicopatico, è anche un uomo astuto e per prima cosa, dopo aver chiesto il riscatto al padre di Marilu si premura di costruirsi un alibi.
Intanto, ormai completamente impazzito, elimina la sua fidanzata Jole subito dopo averle confessato gli omicidi; la donna muore precipitando con la sua Mini da una scogliera.
Poi, in una sequenza con un crescendo infernale, dopo varie vicissitudini uccide i suoi complici e anche l’ostaggio.
La farebbe franca, ma….
Un film caratterizzato da una carica di violenza fortissima, dunque; un crescendo rossiniano nel quale non vengono risparmiate sequenze crude, come quella in cui le due sventurate padroni di casa dove si è rifugiata Marilù vengono torturate ed appese ad un lampadario.
Non c’è tregua, nel film, che è costruito tutto attorno a Giulio Sacchi, un uomo completamente folle nella sua totale paranoia, psicopatico e assassino, bugiardo e ladro, caratterizzato quindi da tutti i peggior difetti riscontrabili in un criminale.
Attorno a lui, personaggi deboli e ammaliati dalla sua personalità psicopatica, come i due delinquenti di mezza tacca Vittorio e Carmine, la fidanzata Jole.

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La confessione a Jole

Il merito principale del film di Lenzi è quello di esasperare volutamente i caratteri negativi dei personaggi; qui i cattivi sono davvero tali, Giulio Sacchi è il prodotto di una società violenta che alla fine riuscirebbe anche a farla franca non fosse per l’ostinazione del commissario Grandi, deciso a vendicare le vittime anche a costo di porsi aldilà della legge.
Che è poi quello che farà.
Caratterizzato da un cast di comprimari di assoluto livello, con le debite eccezioni dei due protagonisti principali,Milano odia: la polizia non può sparare presenta un Thomas Milian in stato di grazia.
Perfido, istrionico, crudele e sociopatico, il personaggio di Giulio è interpretato dall’attore cubano con una capacità espressiva che lascia stupefatti; che Milian fosse uno dei migliori attori in circolazione lo si sapeva già e questo film sarà per lui un trampolino di lancio per i personaggi futuri legati sempre al mondo del poliziottesco.

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Ray Lovelock

La sorpresa è anche costituita da Henry Silva; l’attore statunitense, lasciati i ruoli di “cattivo” o di gangster si ricicla nei panni del commissario Walter Grandi in maniera misurata e oserei dire dolente. Il suo personaggio sembra acquisire spessore proprio grazie all’aria malinconica che lo distingue.
Tutte ineccepibili le protagoniste femminili, dalla splendida Anita Strindberg che interpreta la sortunata fidanzata di Giulio, Jole a Laura Belli, che veste i panni di Marilù Porrino, la ragazza scelta per il rapimento per finire con Rosita Toros, una delle attrici di contorno più affascinanti del cinema italiano, sfruttata però pochissimo per ruoli di primo piano.

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Laura Belli

Sua è l’interpretazione della sventurata Marta, la ragazza seviziata e appesa dal folle Giulio ad un lampadario.
Da segnalare anche le interpretazioni di Ray Lovelock e Gino Santercole nei ruoli rispettivamente di Carmine e Vittorio ovvero i due sciagurati compagni di Giulio.
Le musiche appropriate sono di Ennio Morricone, per un film che con La mala ordina e Milano calibro 9 è da considerarsi come uno dei prodotti migliori del noir italiano del passato.

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Milano odia: la polizia non può sparare
Un film di Umberto Lenzi. Con Henry Silva, Tomas Milian, Mario Piave, Laura Belli, Nello Pazzafini, Guido Alberti, Pippo Starnazza, Lorenzo Piani, Ray Lovelock, Luciano Catenacci, Elsa Boni, Gino Santercole, Rosita Torosh, Anita Strindberg,  Poliziesco, durata 100 min. – Italia 1974.

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La prima vittima della spirale di sangue

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Il corpo dello sventurato fidanzato di Marilu

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Le sevizie continuano

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Il tragico epilogo dell’irruzione in casa della famiglia che ha accolto Marilu

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Un’altra morte inutile

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Un intenso primo piano di Thomas Milian

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Tomas Milian: Giulio Sacchi
Anita Strindberg: Jole Tucci
Laura Belli: Marilù Porrino
Guido Alberti: commendator Porrino
Lorenzo Piani: Gianni
Henry Silva: commissario Walter Grandi
Mario Piave: agente di polizia
Gino Santercole: Vittorio
Ray Lovelock: Carmine
Luciano Catenacci Ugo Maione
Francesco D’Adda: Romano
Rosita Toros: Marta
Annie Carol Edel: sua amica
Pippo Starnazza: papà
Nello Pazzafini: cliente del bar

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Regia Umberto Lenzi
Sceneggiatura Ernesto Gastaldi
Fotografia Federico Zanni
Montaggio Daniele Alabisio
Effetti speciali Giuseppe Carozza
Musiche Ennio Morricone
Tema musicale Rapimento
Costumi Luciano Sagoni
Trucco Fausto De Lisio

 

 

 

 

 

 

gennaio 13, 2012 Posted by | Drammatico | , , , , , , | 4 commenti

Passi di danza su una lama di rasoio

Passi di danza su una lama di rasoio locandina

Una donna è in attesa del suo boy friend sul Pincio; per ingannare l’attesa inserisce una monetina in un cannocchiale ad uso e consumo dei turisti e lo punta sul panorama attorno.
Lo strumento d’osservazione si ferma casualmente su una casa e su una finestra dove si svolge un fatto di sangue: un uomo uccide una donna.
La persona in attesa sul Pincio è Kytty, una splendida svedese che aspetta Alberto Morosini suo attuale compagno con il quale convive in un appartamento di Roma.
La donna informa le autorità e il  commissario Meruggi, che raccoglie la denuncia, scopre che la donna uccisa è la ballerina Martinez.

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L’uomo collega anche la morte della ballerina ad un altro fatto di sangue avvenuto tempo prima, la morte di una donna che anch’essa lavorava come ballerina.
Sommando gli indizi Meruggi inizia a sospettare del compagno di Kitty, ovvero Alberto; ma la morte in rapida successione di tre persone (una donna anziana, un’altra ballerina e una prostituta) costringono il commissario a rivedere la sua teoria visto che Alberto ha un alibi a prova di bomba.
Meruggi convince Alberto a fare da esca, ma l’espediente fallisce miseramente così come fallisce il tentativo di usare la bella Kitty come adescatrice.La donna, vestita come una prostituta, cerca inutilmente di identificare il misterioso killer.Sarà una pura casualità a mettere la polizia sulle tracce dell’assassino.

Una giornalista, Lidia che ha una sorella ballerina e un marito musicista, indagando sul caso non solo salverà Alberto e Kitty, ma farà una scoperta tremenda…

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Passi di danza su una lama di rasoio è un thriller diretto da Maurizio Pradeaux nel 1972, su sceneggiatura dello stesso regista che si avvale dell’aiuto di Alfonso Balcazar e George Martin; un film che rinchiude in se praticamente tutti i canoni del genere thriller che vanno dall’assassinio misterioso di persone apparentemente slegate l’una dall’altra al trappolone ordito da un ingenuo commissario che utilizza due possibili vittime come esca (un’espediente al limite dell’incredibile) passando per le solite immagini sexy affidate ai corpi della splendida Nieves Navarro/Susan Scott e della bella ma inespressiva Anuska Borova.

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Un film che mostra qualche buona idea ma che si perde clamorosamente nel finale, quando i nodi vengono al pettine e si scopre la vera identità del fantomatico assassino, che agisce per motivi francamente assurdi e cervellotici.
Maurizio Pradeaux,  conosciuto anche come sceneggiatore, dirige uno dei suoi sette film complessivamente girati in carriera con mano da artigiano, alternando cose interessanti a cose banalissime, ammiccando tramite le scene sexy (anche se non erotiche) ai bassi istinti dello spettatore, noncurante delle evidenti falle della sceneggiatura.

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Una splendida Nieves Navarro

Scene di assassini con la giusta tensione e subito dopo clamorose ingenuità caratterizzano l’andamento della pellicola, che mostra più di un debito ai classici del cinema, prima di tutto il celebre La finestra sul cortile di Alfred Hithcock al quale Pradeaux si ispira per la parte iniziale.
Letteralmente copiata infatti è l’idea del cannocchiale che casualmente si ferma su una casa dove sta per avvenire un fatto di sangue, come ricorderà chi ha visto il binocolo di Jeff del film di Hitchcock indugiare sulla finestra dell’appartamento di fronte.
Altro tributo Pradeaux lo riserva ai gialli di Argento, ai quali si ispira sia per le atmosfere sia per la scelta dei primi piani e delle inquadrature.

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Insomma, un vero e proprio minestrone di idee mal amalgamate, che dimostra come il regista romano avesse le idee confuse sul cinema, come del resto dimostrerà con l’inguardabile Passi di morte perduti nel buio e con il suo ultimo film diretto nel 1989, Thrilling Love.
Per quanto riguarda il cast, menzione per la bellissima e sexy Navarro/Scott, arrivata tardi al giallo e sopratutto poco sfruttata in film di livello superiore, mentre Anuska Borova che interpreta la giornalista Lidia ha dalla sua un bel volto, un corpo praticamente perfetto e una mobilità facciale molto vicina allo zero il che fornisce una spiegazione sul perchè l’attrice dopo questo film sia letteralmente scomparsa dal mondo del cinema.
Il cast maschile è al minimo sindacale, anzi sarei tentato di dire sotto: Robert Hoffmann, con i suoi insopportabili baffetti ha un’aria da merluzzo appena scongelato mentre Simón Andreu mostra un cipiglio da bel tenebroso perennemente arrabbiato degno di un film drammatico.

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George Martin, l’ispettore Meruggi fa il minimo indispensabile mentre nel cast ci sono due piccole parti affidate alla bella Rosita Torosh e a Nerina Montagnani, che questa volta finisce assassinata.
Commento musicale da spettacolino del sabato sera affidato a Roberto Pregadio, autore di oltre 50 soundtrack, molte delle quali utilizzate in film sexy.

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Film a corrente alternata, quindi, che può valere una visione a patto di accontentarsi delle pretestuose motivazioni finali accampate per giustificare gli atti dell’assassino; forse con un finale più logico e aderente allo svolgimento del film si sarebbe potuto assegnare una sufficienza al film stesso, che invece resta abbastanza al di sotto della media.

Passi di danza su una lama di rasoio
Un film di Maurizio Pradeaux. Con Robert Hoffman, Susan Scott, Serafino Profumo, Anna Liberati,Sal Borgese, Nerina Montagnani, George Martin, Rosita Torosh
Thriller, durata 90 min. – Italia, Spagna 1973.

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Passi di danza su una lama di rasoio banner protagonisiti

Robert Hoffmann     …     Alberto Morosini
Nieves Navarro         …     Kitty (come Susan Scott)
George Martin          …     Commissario Meruggi
Anuska Borova         …     Doppio ruolo di Lidia  e Silvia Arrighi
Simón Andreu         …     Marco, marito di Lidia
Anna Liberati         … Segretaria della scuola di danza
Rosita Torosh         …     Nina Ferretti
Cristina Tamborra          …     Magda Hopkins
Nerina Montagnani         …     Marta
Orlando Baralla          …     Generale
Gianni Pulone     … Pompiere
Salvatore Borghese          …     Asdrubale Magno
Rodolfo Lolli         … Assistente del commissario

Passi di danza su una lama di rasoio banner cast

Regia: Maurizio Pradeaux
Sceneggiatura: Maurizio Pradeaux,Alfonso Balcazar e George Martin
Musiche: Roberto Pregadio
Editing: Eugenio Alabiso
Art direction: Juan Alberto Soler

 

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ottobre 1, 2011 Posted by | Thriller | , , , , | Lascia un commento

L’etrusco uccide ancora

L'etrusco uccide ancora locandina 1

Jason, archeologo americano, fa una scoperta importante mentre è in Umbria, nelle vicinanze di Spoleto: una tomba etrusca con un dipinto murario raffigurante Thuculcha, dio etrusco dell’oltretomba, mentre è in procinto di uccidere una giovane coppia. Contemporaneamente, nella vicina Spoleto, sta per iniziare il festival dei due mondi, in cui sono presenti dei conoscenti di Jason.

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C’è Nikos Samarakis, direttore d’orchestra, la bella moglie Myra, (vecchia compagna di Jason ed ex amante), il figlio Igor e il coreografo Stephen. Poche ore dopo la scoperta della tomba, due giovani che erano intenti ad amoreggiare vengono uccisi ferocemente all’interno della stessa.

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La presenza di un paio di scarpe di colore rosso, usate generalmente dalle ballerine, spinge l’incaricato delle indagini, il commissario Giuranna a sospettare dapprima del coreografo Stephen, e in seguito proprio di Jason. Ma un nuovo omicidio ingarbuglia ancora di più le indagini; a cadere questa volta sotto i colpi del misterioso assassino è Igor che si era appartato in una stalla con la fidanzata Giselle.

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Il giovane, benchè ferito, riesce a sopravvivere, mentre la ragazza muore. Il commissario interroga il giovane, nella speranza di ricavare degli indizi utili alle indagini, ma Igor non è in grado di fornirli. A questo punto il maggior sospettato è proprio Jason, che in passato, durante una lite, aveva cercato di uccidere la sua ex amante Myra, attuale compagna dell’anziano direttore d’orchestra.

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Ipotesi che si rivela infondata, nel momento esatto in cui il custode della necropoli e la sua giovane compagna vengono brutalmente assassinati. A risolvere il caso, apparentemente, arriva la morte di Nikos, che presenta però dei lati oscuri. Jason, infatti, non crede alla confessione lasciata dal direttore d’orchestra, e arriverà alla soluzione del caso,e ad identificare l’insospettabile colpevole.

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L’etrusco uccide ancora, film del 1972 diretto da Armando Crispino, è un solido giallo, con elementi thriller, ben recitato e con poche lacune nella sceneggiatura; girato a poco più di un anno dal thriller di Argento L’uccello dalle piume di cristallo, appare come un giallo canonico senza glielementi splatter di molta produzione successiva. Ambientato in un’Umbria magnifica, in una Spoleto che appare arcana e misteriosa, il film si regge benissimo grazie anche alla sequenza logica degli avvenimenti, alla sottile opera psicologica che Crispino segue senza sbavature, assecondato anche da un cast di sicuro livello, con Alex Cord a interpretare Jason, l’archeologo ex alcolizzato, che appare tormentato dai fantasmi del passato e dalla relazione con Myra, una bella e brava Samantha Eggar, poco sfruttata, misteriosamente, dal cinema italiano.

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Nel film appaiono anche, in ruoli minori, la caratterista Carla Mancini, Wendi D’Olive e il bravo e sfortunato Enzo Cerusico, in una parte minore, quella dell’assistente di Jason. Buona la scelta di utilizzare il requiem di Verdi nel momento topico del film, mentre se qualche appunto va mosso, riguarda il tentativo non riuscito di crispino di voler ad ogni costo creare suspence, mentre sarebbe stato meglio non calcare troppo la mano, lasciando alle immagini il compito di illustrare le varie fasi della storia.

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In definitiva, comunque, siamo di fronte ad un buon prodotto, che ebbe un lusinghiero successo di pubblico, anche se limitato ad esso. I critici, infatti, mossero molti appunti ad una sceneggiatura vista come lacunosa, e alla recitazione che molti trovarono approssimativa.

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L’etrusco uccide ancora, un film di Armando Crispino. Con John Marley, Enzo Cerusico, Alex Cord, Samantha Eggar,Enzo Tarascio, Nadia Tiller, Horst Frank, Daniela Surina, Mario Maranzana, Cinzia Bruno, Wendy D’Olive, Carla Mancini, Rodolfo Bigotti
Giallo, durata 105 min. – Italia 1972.

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L'etrusco uccide ancora banner protagonisti

 

Alex Cord: Jason Porter
Samantha Eggar: Myra Shelton
John Marley: Nikos Samarakis
Nadja Tiller: Leni Samarakis
Enzo Tarascio: IL’ispettore Giuranna
Horst Frank: Stephen
Enzo Cerusico: Alberto
Carlo De Mejo: Igor Samarakis
Daniela Surina: Irene
Vladan Milasinovic: Otello
Christina von Blanc: Velia
Mario Maranzana: Sergente.Vitanza
Wendy D’Olive: Giselle
Pier Luigi D’Orazio: Minelli
Ivan Pavicevac: Poliziotto
Cinzia Bruno: Motociclista
Rodolfo Bigotti: Motociclista
Carla Mancini
Rosita Torosh
Alessandro Angeloni
Pietro Fumelli
Carla Brait: Danzatrice

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Regia Armando Crispino
Soggetto Bryan Edgar Wallace
Sceneggiatura Lucio Battistrada, Armando Crispino e Lutz Eisholz
Produttore Artur Brauner
Casa di produzione Central Cinema Company Film
Fotografia Erico Menczer
Montaggio Alberto Gallitti
Musiche Riz Ortolani
Scenografia Giantito Burchiellaro
Costumi Luca Sabatelli

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Maggio 1, 2009 Posted by | Thriller | , , , , , | Lascia un commento