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Ragazza tutta nuda assassinata nel parco

Madrid,1972
In un vagoncino appena uscito dal tunnel degli orrori del luna park cittadino c’è il corpo riverso di un uomo.
Johannes Wanterburger,questo il suo nome,era un miliardario e al momento dell’ingresso nel tunnel era in possesso di una borsa contenente un considerevole quantitativo di denaro,sottratta dal misterioso assassino.
L’uomo,poco prima di morire,aveva stipulato una polizza sulla vita da un milione di dollari e così la compagnia assicurativa,per indagare sul misterioso omicidio ( e sugli eredi) manda Christopher Buyer,un suo agente a casa Wanterburger,nella speranza che la morte possa essere attribuita a un suicidio.
Con l’aiuto del collega Martin,Christopher aggancia la bellissima figlia dell’uomo d’affari,Catherine;presto tra i due nasce una relazione,mentre Catherine è perseguitata da strane telefonate.
La coppia decide di unire le forze per scoprire cosa si nasconda dietro la morte del padre della donna e dietro le misteriose telefonate.
Mentre la polizia segue la pista di un omicidio a scopo di ricatto,Christopher arriva nella tenuta dei Wanterburger;qui conosce,in successione,la sorella di Catherine,Barbara, la madre Magda,lo stalliere Gunther e la domestica Silvia.


Nel frattempo l’ispettore Huber,indagando sul movente dell’omicidio,scopre che Wanterburger aveva prosciugato il suo patrimonio e che al momento della morte aveva con se oltre mezzo milione di dollari.
Ma se il movente sembra legato a qualcosa di molto simile a un ricatto,la misteriosa mano omicida rimane ignota.
Christopher ha una fugace relazione con Barbara,che però viene ritrovata morta nel parco della villa completamente nuda,mentre stringe in una mano un bottone di una giacca da uomo; subito dopo è la governante Silvia ad essere uccisa.
L’omicida delle due donne viene rapidamente scoperto grazie al bottone;è lo stalliere Gunther il colpevole,che aveva una relazione
con Barbara e che aveva ucciso Silvia che era al corrente della storia.A questo punto per la polizia la storia è chiara,è stato l’uomo a uccidere Wanterburger che si opponeva alla loro storia.
Ma le cose non sono così semplici:con Gunther sotto chiave,le telefonate a Catherine continuano,muore anche Magda,sconvolta dalla presneza,in casa,di quello che sembra suo marito,
La donna precipita dal parapetto del primo piano della sua villa.


Ma allora cosa realmente sta succedendo?
Thriller complicato e risolto da un colpo di scena che però tale non è agli occhi degli spettatori più smaliziati,Ragazza tutta nuda assassinata nel parco esce nella sale nel 1972,in un periodo in cui il genere thriller era sicuramente uno dei più amati dal pubblico.
Diretto da Alfonso Brescia,che nella sua carriera ha girato 50 film e che si era fatto le ossa negli anni 60 con qualche peplum di rozza fattura,il film ha una trama abbastanza contorta ma che alla fine si riesce a seguire discretamente alla luce delle spiegazioni che di volta in volta seguono gli avvenimenti.
La sequenza iniziale,ambientata a Berlino nel 1945 e che vede un ufficiale nazista in compagnia di una donna mettere una bomba a orologeria in una stanza nella quale ci sono una donna e un bambino legati mentre attorno cadono le bombe lanciate dagli aerei alleati assume nel finale un valore decisivo,andando a chiarire le vere motivazioni del misterioso omicida.
Finale che oltre a rivelare il volto del misterioso assassino spiega tutti i retroscena della storia,con una certa logica,senza farraginose arrampicate sugli specchi.


Un buon giallo/thriller,caratterizzato dalla presenza di eccellenti attori,come Adolfo Celi (l’ispettore Huber),Phlippe Leroy (l’agente assicurativo Martin) che avrà un ruolo decisivo nella vicenda,assolutamente imprevisto,il fascinoso Robert Hoffmann (Christopher Buyer) e Howard Ross (Gunther),qui in un ruolo di secondo piano.
Tre bellezze nei ruoli femminili:Patrizia Adiutori (Barbara) in uno dei ruoli più lunghi della carriera,la ragazza nuda assassinata nel parco del titolo;Pilar Velasquez,addirittura stupenda,una vera gioia per gli occhi nel ruolo della fragile Catherine e Teresa Gimpera nel ruolo di Ursi oltre a Irina Demick,forse sopra le righe,nei panni della vedova Wanterburger.
Brescia non era certo uno specialista del genere thriller,al suo attivo aveva solo il debole Il tuo corpo da uccidere dell’anno precedente,ma qui riesce a confezionare quello che è probabilmente il film migliore della sua cospicua filmografia,
della quale cito alla rinfusa Le calde notti di Don Giovanni,Poppea… una prostituta al servizio dell’impero,L’adolescente,un film scorrevole e che non cala mai di tensione,con una trama abbastanza credibile.
Alla sceneggiatura contribuisce Peter Skerl,che aveva lavorato in due pellicole del maestro svedese Bergman e che diresse Bestialità,unica sua regia cinematografica.
Il film è disponibile in rete,anche se in versioni di qualità decisamente mediocri;se invece volete gustare una versione eccellente,vi consiglio il download da questo link,di qualità eccellente:
https://ulozto.net/!vA2WDpcH6yp5/rtnanp-7z
Il link è attivo e sicuro.

Ragazza tutta nuda assassinata nel parco
Un film di Alfonso Brescia. Con Robert Hoffmann, Adolfo Celi, Irina Demick, Howard Ross, Pilar Velasquez, Franco Ressel, Teresa Gimpera, Philippe Leroy, Patrizia Adiutori Giallo, durata 95 min. – Italia 1972.

Robert Hoffmann: Christopher Buyer
Irina Demick: Magda Wanterburger
Pilar Velázquez: Catherine Wanterburger
Howard Ross: Günther
Patrizia Adiutori: Barbara Wanterburger
Adolfo Celi: ispettore Huber
Philippe Leroy: Martin
María Vico: Silvia
Teresa Gimpera: Ursi
Franco Ressel: cameriere

Regia Alfonso Brescia
Soggetto Antonio Fos
Sceneggiatura Gian Antonio Martucci, Peter Skerl
Produttore esecutivo Luigi Mondello
Casa di produzione Dauro Films, Luis Film
Distribuzione (Italia) Florida Cinematografica S.p.A.
Fotografia Alfonso Nieva
Montaggio Rolando Salvatori, Roberto Fandino
Musiche Carlo Savina
Scenografia Cruz Baletzena
Costumi Massimo Bolongaro

 

 

Maggio 20, 2018 Posted by | Thriller | , , , , , , , , , | 1 commento

Philippe Leroy

Leoni al sole

Solo contro Roma

Sette uomini d’oro

Delitto quasi perfetto

Non faccio la guerra,faccio l’amore

La matriarca

Ecce homo

Cuore di mamma

Senza sapere niente di lei

Femina ridens

Roma bene

Ettore Lo Fusto

Milano rovente

La mano spietata della legge

Una vita lunga un giorno

La svergognata

 

Philippe Leroy in La vita di Leonardo da Vinci

In Diagnosi

Nello sceneggiato Sandokan

Nello sceneggiato I racconti fantastici di Edgar Allan Poe

…e la vita continua

Il corsaro

aprile 9, 2018 Posted by | Foto biografie | | Lascia un commento

Milano rovente

Il calabrese Salvatore Cangemi si è fatto strada nella malavita milanese inserendosi con successo nel racket della prostituzione;tutto sembra filare liscio fino al giorno in cui scopre in una piscina il cadavere di una delle prostitute che lavorano per lui.
A ucciderla è stato Roger Daverti,un francese che invece è nel ramo del traffico di droga.
L’uomo propone a Cangemi di usare le sue prostitute per spacciare droga,ottenendo in cambio un netto rifiuto da parte di Salvatore.
Che però sa benissimo che in uno scontro tra bande avrebbe la peggio,per cui chiede aiuto a Billy Barone,chiedendo armi e uomini.
Da uomo di “affari“,Barone non si schiera con Cangemi,ben sapendo che in un scontro tra bande a rimetterci sarebbero tutti;ottiene così una tregua tra i due litiganti.
Nel frattempo Salvatore ha conosciuto la bellissima Jasmine,per la quale perde la testa.


La donna infatti lo porta sull’orlo della rovina economica,costringendo Salvatore ad attingere dai proventi del malaffare destinati a Roger e Barone.
Ma i “soci” non ci stanno e Salvatore,tradito da Jasmine che in realtà era una complice di Roger,dal suo fidato braccio destro e sopratutto da Barone,che ha orchestrato tutto per liberarsi dagli scomodi soci,riesce a uccidere Roger e il suo braccio destro prima di cadere crivellato di colpi
dagli uomini di Barone.
Noir che attinge a piene mani da Milano calibro 9,a cui paga tributo praticamente in quasi tutta la sua durata,Milano rovente è diretto da Umberto Lenzi nel 1973,qui al suo primo “poliziesco” dopo i grandi successi ottenuti nel thriller nostrano con Orgasmo,Paranoia e Così dolce così perversa.
Ammiratore della trilogia del milieu di Di Leo,Lenzi usa le atmosfere di quest’ultimo unendole a quelle descritte da Scerbanenco nei suoi romanzi,ottenendo così un film che se non brilla per originalità della trama riesce tuttavia a convincere con una regia asciutta e una trama godibile.
La descrizione del “milieu” milanese non ha la forza d’impatto di quella di Di Leo,ma ha nell’asciuttezza del racconto,senza eccessivi fronzoli, sicuramente la sua forza.


Buono il ritmo,calibrato su interpreti misurati come Antonio Sabato e Philippe Leroy a cui si aggiungono Carla Romanelli e Marisa Mell,l’infida Jasmine che tradisce Salvatore consegnandolo alla vendetta dei suo soci.
All’altezza la colonna sonora di Carlo Rustichelli,buona la fotografia di Lamberto Caimi,che aveva già partecipato al film di Duccio Tessari La morte risale a ieri sera,tratto proprio da un romanzo di Scerbanenco e che era stato uno dei primi veri noir all’italiana.
Un film sicuramente da vedere,disponibile su You tube all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=Cp8YzuZVzrM con sottotitoli in inglese o all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=Cp8YzuZVzrM nella versione priva di sottotitoli,entrambi di qualità più che buona.

Milano rovente

Un film di Umberto Lenzi. Con Philippe Leroy, Antonio Sabato, Marisa Mell, Tano Cimarosa, Franco Fantasia,
Antonio Casagrande, Carla Romanelli Poliziesco, durata 101 min. – Italia 1973.

Antonio Sabàto: Salvatore Cangemi
Philippe Leroy: Roger Daverty
Marisa Mell: Jasmina
Antonio Casagrande: Lino Caruso
Carla Romanelli: Virginia
Alessandro Sperli: Billy Barone
Tano Cimarosa: Nino Balsamo
Vittorio Joderi: Giorgio
Ugo Bologna: Giudice

 

Pino Colizzi: Salvatore Cangemi
Sergio Graziani: Roger Daverty
Fiorella Betti: Jasmina
Michele Gammino: Lino Caruso
Rita Savagnone: Virginia
Sergio Fiorentini: Giudice

Regia Umberto Lenzi
Soggetto Ombretta Lanza
Sceneggiatura Umberto Lenzi, Franco Enna
Fotografia Lamberto Caimi
Montaggio Jolanda Benvenuti
Musiche Carlo Rustichelli

Carla Romanelli

Marisa Mell

Antonio Sabato

Philippe Leroy

novembre 27, 2017 Posted by | Drammatico | , , | Lascia un commento

Quella strana voglia d’amare

Due ragazzi,Angela e Marco,vivono in una villa appartata con l’unica compagnia di Rocco,un uomo con qualche problema psichico e sopratutto rimasto muto in seguito ad un incidente stradale in cui ha però salvato la vita di Angela.
I due giovani hanno una relazione incestuosa,che però subirà una brusca interruzione il giorno in cui nella villa arriva Claudia,la nuova maestra del paese che non avendo un alloggio ha approfittato dell’amicizia del parroco,Don Giuseppe,che ha convinto i due ragazzi a concederle momentanea ospitalità.
Tra Marco e Claudia nasce un’immediata simpatia,che sfocia ben presto in una relazione.
Che viene scoperta casualmente da Angela.
Marco,deciso a vivere con Claudia,si reca da Don Giuseppe con l’intenzione di chiedergli di interessarsi alla vendita della villa.
Angela ne approfitta per costringere Rocco ad assalire ed uccidere la sventurata Claudia;commesso l’omicidio,Rocco si uccide.
I due ragazzi tornano quindi ad essere di nuovo soli e ben presto riprendono la loro relazione.


Quella strana voglia d’amare è un film del 1977 di Mario Imperoli,girato in strettissima economia basato su una sceneggiatura scritta dallo stesso regista e da Giorgio Montefiori,che partecipa al film nel ruolo di Rocco.
Imperoli,al suo penultimo film (l’ultimo sarà il successivo Canne mozze girato nello stesso anno) fa di necessità virtù; il low budget lo costringe a girare con soli cinque attori,ma se la cava tutto sommato dignitosamente.
Il film non è nulla di eccezionale,ma quanto meno non è il solito polpettone erotico tipico del periodo,con il cinema avvolto in una crisi sempre più profonda e in fortissimo debito d’ossigeno economico.
Il calo degli spettatori è ormai una valanga inarrestabile;le produzioni come questa sono snobbate dal pubblico,che  privilegia le opere provenienti dall’estero.
Tornando al film,si snoda senza grossi sussulti narrando le vicende dei due fratelli legati da una relazione morbosa,mostrata da Imperoli senza  concessioni ai nudi spinti e allo sguardo voyeur.


Per quanto la trama sia semplicissima,c’è cura nei dettagli,sopratutto nei dialoghi che per lo meno hanno qualche ricercatezza.
Molto bene Beba Loncar e Philippe Leroy,rispettivamente nei ruoli di Claudia e Don Giuseppe;meno bene Christian Borromeo (ingessato se non imbalsamto) e la figlia d’arte Marina Giordana (figlia di Claudio Gora e Marina Berti nonchè sorella del più famoso Andrea),che mostra una piattezza interpretativa quasi desolante,per nulla mitigata dai generosi
nudi esposti.
Montefiori/Eastman ricopre,bene,il ruolo più adatto a lui,quello del soggetto affetto da turbe psichiche;il resto fila disciplinatamente
su binari che permettono di dare un’ampia sufficienza al film.
Che è uscito improvvisamente dalla soffitta grazie ad un utente che ha postato una versione decente su You tube all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=jMUBUn707Nk&t=1374s.Da non confondere con il film di Caiano Quella strana voglia di amare del 1969

Quella strana voglia d’amare
Un film di Mario Imperoli. Con George Eastman , Philippe Leroy, Beba Loncar, Christian Borromeo, Marina Giordana Drammatico, durata 93 min. – Italia 1977.

Beba Loncar: Claudia
Christian Borromeo: Marco
Marina Giordana: Angela
George Eastman: Rocco
Philippe Leroy: don Giuseppe

Regia Mario Imperoli
Soggetto Mario Imperoli
Sceneggiatura Mario Imperoli, Luigi Montefiori
Casa di produzione Roma International Production, Salamandra Cinematografica, Silvia 70
Fotografia Romano Albani
Montaggio Franco Letti
Musiche Manuel De Sica
Scenografia Enrico Fantacci
Costumi Claudia Schiff

agosto 6, 2017 Posted by | Drammatico | , , , , , | Lascia un commento

Senza sapere niente di lei

Senza sapere niente di lei locandina 1

La morte dell’anziana signora Mancuso,assicurata per una somma molto rilevante,pone sull’allerta la compagnia d’assicurazioni che gestiva la polizza sulla vita della stessa signora.Delle indagini viene incaricato Nanni Brà,agente della compagnia,che deve stabilire se la morte sia stata accidentale,avvenuta con dolo o se trattasi di suicidio. In questo ultimo caso infatti la compagnia non risarcirebbe i cinque legittimi eredi della Mancuso,quattro donne e un uomo.

Senza sapere niente di lei 2

Le analisi tossicologiche dimostrano senza alcun dubbio che la morte non è stata naturale,come del resto ribadito dai cinque Mancuso. Ad attrarre Nanni è sopratutto Cinzia,la più piccola dei Mancuso,una bella donna dal carattere fragile,insicuro.Tra i due nasce una relazione,che all’inizio lo stesso Nanni sottovaluta. L’uomo infatti sembra più intenzionato a scoprire la verità sulla misteriosa morte che ad impegnarsi sentimentalmente,visto che ha già una relazione,peraltro traballante.Cinzia sembra sempre più confusa,stretta tra un’inspiegabile rimorso e l’attrazione che Nanni Bra suscita in lei.Le cose prendono una piega tragica.In realtà Cinzia ha aiutato sua madre a morire,dietro pressioni di quest’ultima.Per Nanni non ci sono alternative:la compagnia deve risarcire gli eredi,che,a conoscenza dell’omicidio perpetrato da Cinzia, hanno coperto la stessa,palesemente incapace di intendere e volere. Deciso a rivelare i retroscena della storia,Nanni si reca in città con Cinzia,che però si mette alla guida e che provoca un incidente,chiaramente voluto e cercato.

Senza sapere niente di lei 1

Senza sapere niente di lei 3

Il finale mostra la scena dell’incidente;un camionista spiega,disperato,la dinamica del sinistro agli agenti accorsi sul luogo.La donna ha invaso la sua corsia e si è schiantata sul camion.Nanni è morto all’istante e Cinzia forse riuscirà a cavarsela…

Senza sapere niente di lei” è un film di Luigi Comencini,un noir decisamente in tono minore,almeno alla luce delle capacità del regista e delle sue opere precedenti.Un film sostanzialmente freddo,troppo dialogato e di scarso peso specifico.Colpa anche della mancata empatia che si stabilisce nei confronti della coppia protagonista sullo schermo di una storia piuttosto anonima,senza grosse idee e portata avanti quasi per onor di firma.

Glaciale la Pitagora,palesemente in imbarazzo, mentre Leroy,doppiato in modo quanto meno discutibile con una vocetta troppo giovane rispetto alla maturità del personaggio interpretato,non riesce a scuotere il film da un diffuso torpore che alla fine si trasmette allo spettatore. Un film non di certo brutto quanto piuttosto piatto.La storia non ha presa,i personaggi della famiglia Mancuso non sono empatici e il film non decolla mai.

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Il romanzo di Antonio Leonviola non viene quindi riportato sullo schermo con l’efficacia che meritava;la sceneggiatura di Comencini e di Suso Cecchi D’Amico,Raffaele La Capria e Leopoldo Machina resta nelle intenzioni.Piatta anche la colonna sonora di Ennio Morricone,che non fa balenare il classico raggio di luce che illumini il film o che lo renda degno di nota.

Dimenticato ben presto, “Senza sapere niente di le”i è rimasto per quasi mezzo secolo un invisibile.Esiste in rete una versione registrata dalla tv,di buona qualità,all’indirizzo You tube https://www.youtube.com/watch?v=g1ZiugfE3BI

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Senza sapere niente di lei

Un film di Luigi Comencini. Con Philippe Leroy, Silvano Tranquilli, Paola Pitagora, Gabriella Galvani, Umberto D’Orsi, Ettore Geri, Graziella Galvani,Sara Franchetti, Elisabetta Fanti, Fabrizio Moresco Giallo, durata 96 min. – Italia 1969

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Senza sapere niente di lei banner protagonisti

Philippe Leroy: Nanni Brà

Paola Pitagora: Cinzia

Sara Franchetti: Pia

Giorgio Piazza: avv. Polli

Elisabetta Fanti: l’amante di Nanni Bra

Graziella Galvani: Giovanna

Silvano Tranquilli: ing. Zeppegno

Umberto D’Orsi: Dante

Fabrizio Moresco: Orfeo

Franca Sciutto: infermiera ospedale di Livorno

Senza sapere niente di lei banner cast

Regia    Luigi Comencini

Soggetto    Antonio Leonviola

Sceneggiatura    Suso Cecchi D’Amico, Raffaele La Capria, Antonio Leonviola, Luigi Comencini, Leopoldo Machina

Casa di produzione    Rizzoli Film

Distribuzione (Italia)    Cineriz

Fotografia    Pasqualino De Santis

Montaggio    Nino Baragli

Musiche    Ennio Morricone

Scenografia    Franco Bottari, Ranieri Cochetti

Costumi    Giulia Grifeo

Senza sapere niente di lei banner recensioni

L’opinione di emmepi8 dal sito http://www.filmtv.it

Tratto da un romanzo e co sceneggiato con l’autore del romanzo, Cecchi d’Amico ed il regista. La figura femminile è esemplare, e si vede che il regista è stato attratto da questa, trovando anche l’attrice ideale. Quello che perde è nello sfaldamento della storia, ondulante e nel personaggio principale maschile, male scritto e peggio interpretato.Peccato si vede che Comencini teneva molto al film, ma evidentemente ha trascurato troppo il resto.

Opinioni tratte dal sito http://www.davinotti.com

Galbo

Non conosciutissimo film di Comencini, ha la struttura di un giallo, ma forse la storia interessa poco al regista che punta maggiormente sulla caratterizzazione dei personaggi e dimostra una buona capacità di ricostruzione ambientale. Bene interpretato, ha tuttavia il limite di una certa freddezza narrativa e la scarsa attitudine a coinvolgere lo spettatore.

Il Gobbo

Assicuratore indaga sulla morte di una signora e ne avvicina la figlia iniziando una relazione. Nasce giallo ma vira presto verso il dramma sentimentale molto “d’epoca” questo film di Comencini che accusa spesso battute a vuoto. Leroy poco adatto alla parte, la Pitagora caruccia ma senza carisma, una storia che delude. Nonostante i grandi nomi (D’Amico e La Capria in sceneggiatura, Morricone alla musica, e ancora P. De Santis, Baragli…) una riuscita modesta.

Homesick

Occluso dalla preminenza dell’idillio tra l’intraprendente Leroy e la bella e disinibita Pitagora, l’esile spunto giallo affiora di rado e con immane fatica, estinguendo nel dramma sentimentale ogni conato di suspence: d’altronde la sovrabbondanza di dialoghi, l’azione pressoché nulla e le musiche di Morricone – suadenti ma monocordi – rammentano l’origine letteraria del film, tratto appunto dal romanzo “La morale privata” di Antonio Leonviola. Confermativo per i due attori capifila, apprezzabile per le energiche caratterizzazioni di D’Orsi e Geri.

Cotola

Giallo piuttosto mediocre nonostante la regia di Comencini ed una sceneggiatura scritta tra gli altri da Suso Cecchi D’Amico e Raffaele La Capria. Il problema principale è proprio lì: fallisce sia dal punto di vista contenutistico, sia da quello del puro intrattenimento visto che, nonostante il genere, non riesce mai ad avvincere davvero. Buona la coppia d’attori principale Pitagora-Leroy.

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settembre 4, 2016 Posted by | Drammatico | , , , | 2 commenti

Ecce Homo- I sopravvissuti

Ecce homo i sopravvissuti locandina 2

Tre persone si muovono su una spiaggia di sabbia bianchissima:un uomo, una donna e un bambino si stagliano su un panorama silenzioso,con l’unico rumore percepibile che sale dal mare con la risacca delle onde.
I tre formano una famiglia: lui,il padre, è Jean, la donna è Anna sua moglie mentre Patrick e il loro unico figlio e hanno eletto la spiaggia come loro dimora.
Sono infatti, apparentemente,gli unici sopravvissuti ad una spaventosa catastrofe nucleare che ha annientato l’umanità;infatti attorno a loro gli unici segni superstiti della civiltà sono una roulotte che serve a loro da riparo e una Citroen con il cofano aperto che giace malinconicamente su una duna.
La vita dei tre è durissima, le loro giornate sono scandite dalla ricerca del pesce, che sembra essere l’unica fonte di sopravvivenza e dalla vicina città, nella quale Jean ogni tanto si reca per prendere qualche indispensabile oggetto.

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Irene Papas e Marco Stefanelli

Per Anna c’è un problema in più legato a Jean; l’uomo  infatti in seguito all’esposizione alle radiazioni è diventato praticamente impotente.
Ma un giorno, inaspettatamente,arrivano due uomini, altri due sopravvissuti:si tratta di Len, un uomo che faceva parte dell’esercito e di Quentin, uno spocchioso intellettuale.
Ben presto Jean mostra di non gradire la presenza dei due uomini e a ragione; Len infatti è attratto irresistibilmente da Anna, che da parte sua mostra di non essere indifferente alle sue attenzioni mentre Quentin sembra legare facilmente con il piccolo Patrick.

Ecce homo i sopravvissuti 2Philippe Leroy

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Quando Jean una mattina si allontana per andare in città, Anna e Len si amano nell’acqua,circondati dalla meravigliosa natura del posto;ma è solo un attimo di spensieratezza perchè Jean,al ritorno,intima ai due uomini di andarsene.
Ner nasce una violenta lite durante la quale Len uccide Jean.
Contemporaneamente Len, che ormai considera Anna la sua donna, costringe Quentin ad allontanarsi dal campo e a vivere in solitudine.
Ma ben presto arriva la resa dei conti.
Quentin, appreso da Patrick che i due vogliono andar via in cerca di un posto migliore, brucia l’unico mezzo di locomozione della coppia suscitando le ire di Len che lo affronta.
Nello scontro a fuoco Quentin uccide Len e l’indomani…

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Film post apocalittico che segna l’esordio dietro la macchina da presa di Bruno Gaburro, convertitosi in seguito alla commedia erotica prima, al soft porno poi e infine riciclatosi con qualche successo in tv dove ha diretto qualche tv movie, Ecce homo-I sopravvissuti è una felice opera d’esordio tutta incentrata sulla drammatica storia di cinque persone delle quali alla fine ne sopravviveranno solo due, due maschi che simboleggeranno l’impossibilità di costruire un futuro vista la morte dell’unica donna del gruppo.

Girato su una candida spiaggia, selvaggia e assolata, con soli due emblemi della scomparsa civiltà umana (un auto e una roulotte) come sfondo e le armi a dettare e suggellare la fine delle speranze dell’umanità, Ecce homo è un film totalmente nichilista, che il regista gira con mano ferma e buona scelta dei tempi scenici.

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Gabriele Tinti

Nonostante la presenza di soli 5 personaggi,il film regge bene la tensione che Gaburro allunga per tutta la durata del film, che vive principalmente di alcuni momenti topici: la vita della famiglia prima dell’arrivo di Quentin e Len, quella successiva, con la storia d’amore tra Anna e Len e la contemporanea morte di Jean e infine la parte più buia, quella che vede la morte di Len, il suicidio di Anna e la fine delle speranze dell’umanità,simboleggiata dalla passeggiata finale di Quentin in compagnia di Patrick,unico scampato della famiglia alla tragedia che si abbatte su di essa.
C’è spazio per una serie di considerazioni, da parte dello spettatore, sui messaggi che Gaburro semina quà e là con intelligente nonchalance;l’umanità è perita, ma quel che ne resta è comunque figlia di essa e vive delle stesse pulsioni che la hanno portata all’autodistruzione,l’amore può nascere sul dolore e finire in esso senza soluzione di continuità mentre la sequenza finale è quella più tragica e buia, perchè Quentin e Patrick, due uomini, non potranno dare una speranza all’umanità.

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Frank Wolff

Molto bene il cast, che regge la tensione e la difficoltà di impegnare un’ora e mezza di film con interpretazioni di ottimo livello;molto bene un irriconoscibile Philippe Leroy che interpreta Jean, splendida e affascinante oltre che bravissima Irene Papas, unico personaggio femminile del film,benissimo anche Frank Wolff nei panni dell’antipaticissimo Quentin e bene anche Gabriele Tinti in quelli di len.Chiude il lotto delle buone interpretazioni quella di Marco Stefanelli nel ruolo di Patrick (l’attore romano, tredicenne all’epoca del film, nello stesso anno girò Tre passi nel delirio e Il pistolero segnato da Dio).
Ecce homo-I sopravvissuti è un film che per oltre 45 anni è rimasto sepolto per riemergere improvvisamente circa un anno fa con un passaggio televisivo;oggi è disponibile in una discreta versione all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=TCTXO4nvjpQ

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Ecce Homo – I sopravvissuti
Un film di Bruno Gaburro. Con Irene Papas, Gabriele Tinti, Philippe Leroy, Frank Wolff, Marco Stefanelli Drammatico, durata 90 min. – Italia 1969

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Ecce homo i sopravvissuti banner personaggi

Philippe Leroy … Jean
Irene Papas … Anna
Gabriele Tinti … Len
Frank Wolff … Quentin
Marco Stefanelli … Il piccolo Patrick

Ecce homo i sopravvissuti banner cast

Regia:Bruno Gaburro
Sceneggiatura:Bruno Gaburro,Giacomo Gramegna
Produzione:Pier Luigi Torri
Musiche:Ennio Morricone
Fotografia:Marcello Masciocchi
Montaggio:Renato Cinquini

Ecce homo i sopravvissuti locandina 1

L’opinione di mm40 dal sito http://www.filmtv.it

Onore al merito di Gaburro, esordiente totale che si occupa anche della sceneggiatura (insieme a Giacomo Gramegna) e che confeziona con sufficiente cura questo ambizioso lavoro. Ecco homo – I sopravvissuti non è soltanto una parabola nietzschiana (Ecce homo è l’opera-summa del filosofo tedesco), non è solo l’annullamento del cristianesimo in una vampata di nichilismo (le analogie con la favoletta biblica di Adamo ed Eva sono esplicite), ma è anche un discreto ‘pezzo di cinema’, realizzato con pochi attori e altrettanti mezzi, ma innegabilmente funzionante. Per i contenuti il film ricorda da vicino inoltre Il seme dell’uomo, coeva opera di Marco Ferreri (ma, pare di capire informandosi in rete, uscita per seconda) altrettanto disperante sulle sorti di un’umanità sempre più (luci)ferina e allo sbando, moralmente e concretamente, nei singoli gesti quotidiani. Alla fine degli anni Sessanta, complice il movimento di protesta che prese vita attorno al ’68, un lavoro di questo stampo era assolutamente in linea con lo spirito dei tempi; oggi può apparire datato nel suo forzato impianto didascalico, ma ciò che più importa è che l’opera non smette di consegnare il proprio messaggio. Irene Papas viene contesa da Philippe Leroy, Gabriele Tinti e Frank Wolff: difficile obiettare sulle scelte di casting; qualcosina si può ridire invece sul ritmo altalenante della narrazione. Gaburro negli anni seguenti si darà al pornosoft e infine alle candide fiction tv per famiglie, soffocando con forza e in ogni modo le belle speranze suscitate dal suo debutto.

L’opinione di Mirrrko dal sito http://www.davinotti.com

Primo post-atomico del cinema italiano; Gaburro firma la sua prima regia con un film notevole e sopratutto con tematiche lontanissime da quello che farà in futuro. Era il ’69 e andavano di moda i film socio-politici, ma Gaburro pesca a piene mani sopratutto da Nietzsche, sfornando un film pessimista e cinico. Un po’ lento nella parte centrale ma mai noioso. Irene Papas ci regala il suo meglio. Da scoprire.

L’opinione di Fauno dal sito http://www.davinotti.com

Suggestive, anzi incantevoli, parecchie inquadrature, specie quelle della scena d’amore in acqua; molto eloquente e indicativo di bisogno vitale il sentire gli ormoni femminili annusando un foulard… Il film è però scarno di contenuti e quelli presenti sono poco marcati: perfino la denuncia di un uomo finito sulla certezza di una nuova catastrofe non mi ha ispirato o coinvolto particolarmente. La Papas è splendida, Leroy è ottimo ma irriconoscibile, gli altri se la cavano.

Ecce homo i sopravvissuti locandina sound

dicembre 8, 2014 Posted by | Drammatico | , , , | Lascia un commento

La mano spietata della legge

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Una storia truce, di quelle sporche in tutti i sensi.
La mano spietata della legge, diretto da Mario Gariazzo con sceneggiatura dello stesso regista, uscito nelle sale nel 1973 è uno dei polizieschi più duri e violenti nel suo genere, costruito attorno ad un canovaccio che vede tutti i topos classici del polizziottesco all’italiana riuniti per creare una pellicola che parla allo stesso tempo di mafia, vendette, poliziotti corrotti, potere politico altresi in collusione con la mafia e un poliziotto dai modi ruvidi e sbrigativi ma fondamentalmente onesto, che pagherà il suo impegno con la perdita della fidanzata e il trasferimento in altra sede quando si avvicinerà troppo agli intoccabili che muovono le file della storia.
Gariazzo dirige con mano ruvida ma sicuramente efficace un film che non presenta le tradizionali fughe in auto e l’altrettanto tradizionale inseguimento in auto; ma la storia ha ugualmente momenti molto forti, fra i quali spicca la famosa sequenza nella quale compare una fiamma ossidrica, manovrata dal glaciale Klaus Kinski che brucia letteralmente con una fiamma ossidrica le parti intime del malcapitato di turno, interpretato dal bravissimo Luciano Rossi

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Il sunto della trama: mentre è in ospedale, piantonato dai poliziotti, il mafioso Esposito viene raggiunto ed eliminato da uno spietato killer.Le indagini sono seguite dal commissario Gianni De Carmine, che capisce di trovarsi di fronte al classico regolamento di conti.
Ma nel corso delle indagini stesse, tutti i testimoni e i protagonisti legati alla vicenda vengono eliminati mentre De Carmine, che ha problemi con i suoi superiori per i metodi troppo spicci con i quali opera si rende conto che all’interno della polizia c’è qualcuno che fornisce informazioni alla banda responsabile degli omicidi.
Nonostante venga anche catturato e sottoposto ad un duro pestaggio, De Carmine ostinatamente prosegue nelle sue indagini ma si avvicina troppo al livello più alto degli oscuri personaggi che sono dietro la vicenda.
La conseguenza sarà l’eliminazione della sua sfortunata fidanzata e infine, per fermarlo definitivamente, il suo trasferimento ad un altro commissariato.

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Il regista piemontese Mario Gariazzo dirige quello che sarà il suo miglior film a due anni di distanza dal western Aquasanta Joe e prima di dirigere il discreto horror L’ossessa; è il periodo migliore del regista che non sarà mai più, in futuro, così felice nell’assemblaggio di un film sicuramente ruvido ma costruito con discreta abilità.
Se è vero che la pellicola non presenta certo una sceneggiatura innovativa, Gariazzo supplisce a ciò con una storia violenta, ben costruita e sopratutto ottimamente interpretata.
Non a caso tra i protagonisti troviamo attori eclettici come Klaus Kinski e Philippe Leroy, che anticipa in qualche modo il personaggio del poliziotto duro e intransigente che sarà la caratteristica, per esempio, dei personaggi interpretati da Maurizio Merli.

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Accanto alla coppia troviamo anche Cyril Cusack, che l’anno successivo lavorerà ancora con Gariazzo nel “lagrima movie” Il venditore di palloncini oltre al bravissimo Sergio Fantoni e a due belle attrici, la futura principessa Ruspoli Pia Giancaro e la futura signora De Benedetti Silvia Monti.
Fausto Tozzi e Luciano Rossi fanno, al solito, parti minori; belle le musiche di Stelvio Cipriani.
Negli angusti limiti del film d’azione, senza grandi pretese di approfondimento dei temi affrontati (collusione potere mafia ecc.),La mano spietata della legge si rivela un discreto prodotto che si lascia guardare con piacere.
Purtroppo non posso segnalare link del film guardabili in streaming; tuttavia il film stesso è reperibile sui p2p in un’ottima qualità audio-video

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La mano spietata della legge
Un film di Mario Gariazzo. Con Klaus Kinski, Philippe Leroy, Silvia Monti, Fausto Tozzi, Maria Pia Giancaro, Guido Alberti, Tony Norton, Sergio Fantoni, Rosario Borelli, Valentino Macchi, Marino Masé, Cyril Cusack, Lincoln Tate, Lorenzo Fineschi, Luciano Rossi Poliziesco, durata 100′ min. – Italia 1973.

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Philippe Leroy: commissario Gianni De Carmine
Silvia Monti: Silvia
Klaus Kinski: Vito Quattroni
Fausto Tozzi: Nicolò Patrovita
Tony Norton: commissario D’Amico
Guido Alberti: Prof. Palmieri
Pia Giancaro: Lilly Antonelli
Denise O’Hara: Elsa Lutzer
Rosario Borelli: Salvatore Perrone
Marino Masè: Giuseppe Di Leo
Lincoln Tate: Joe Gambino
Cyril Cusack: Giudice

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Regia Mario Gariazzo
Soggetto Mario Gariazzo
Sceneggiatura Mario Gariazzo
Casa di produzione Difnei Cinematografica
Distribuzione (Italia) Overseas Film Company
Fotografia Enrico Cortese
Montaggio Alberto Gallitti
Musiche Stelvio Cipriani
Scenografia Antonio Visone
Costumi Lorenzo Baraldi
Trucco Euclide Santoli, Cesare Paciotti

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1 La mano spietata della legge
2 Momenti per amare
3 Caccia urbana
4 Con sentimento
5 Amore per lei
6 Attesa drammatica
7 Amore per lei (chitarra)
8 Con sentimento (bossa)
9 Attimi d’amore
10 Relax in the swimming pool
11 Amore per lei (vers. pianoforte)
12 Una giornata triste
13 Relax in the swimming pool (shake)
14 Attimi d’amore (vers. con tastiere)
15 Violenza
16 La mano spietata della legge (finale)

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L’opinione di Ezio dal sito http://www.filmtv.it

Secondo la mia opinione uno dei polizieschi migliori degli anni sattanta.Intrighi finanziari e corruzione,non si salva nessuno ,nemmeno la polizia con i suoi vertici.Un Leroy teso e violento che le prende e le da ma alla fine deve alzare bandiera bianca.Anche le attrici sono tutte funzionali e danno alla pellicola una spruzzata di sesso ai punti giusti,funzionali alla pellicola.Vero cinema “bis” realizzato da Gariazzo un regista da rivalutare che ha saputo dare al film tensione dall’inizio alla fine.Piccola gemma

L’opinione di Homesick dal sito http://www.davinotti.com

Esce a breve distanza dagli esempi di Castellari, Martino e Guerrieri, condividendo con essi i meriti di apripista del poliziesco all’italiana nato dopo il la di Vanzina e l’apocalittico quadro di un paese in balìa di poteri occulti che penetrano anche tra le forze dell’ordine. L’attenzione si sposta dal contesto urbano – di fatto irrilevante – alla figura del commissario di ferro, realisticamente ritratto nei suoi travagli interiori da un Philippe Leroy sanguigno e manesco. Cast gremitissimo e svolgimento secco e senza intoppi per una delle migliori regie di Gariazzo.

L’opinione di Bruce dal sito http://www.davinotti.com

Poliziesco duro e puro, con nessuna concessione alla battuta facile né allo spettacolo fine a se stesso. Violento e brutale, sullo stile di Di Leo, non a caso citato spesso nel film. Risulta lento e macchinoso, specie nella prima parte. Alcune sequenze rasentano il sadismo, con Klaus Kinski che non dice una sola parola ma non si dimentica. Grandissima interpretazione di Philippe Leroy nelle parti del commissario-pugile, duro e puro. Di sicuro non divertente, ma è da vedere.

Dal sito http://www.pollanetsquad.it

“Ancora un poliziesco all’italiana che, pur ricalcando gli schemi che contraddistinguono il genere, si fa apprezzare per un’inconsueta incisività di esposizione capace di conferire a fatti e personaggi il più efficace ritratto. […] Un po’ troppo accentuati, forse, gli episodi di violenza il che, tuttavia, è giustificato dalla trama stessa. Buona quindi la regìa di Mario Gariazzo cui va il merito, anche, di aver caratterizzato a dovere i personaggi […].”

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aprile 19, 2014 Posted by | Drammatico | , , , , | Lascia un commento

Fatevi vivi, la polizia non interverrà

Fatevi vivi la polizia non interverrà locandina

Luisa Bonsanti, figlia di un ingegnere, viene rapita sotto gli occhi della prostituta Marisa e di alcuni involontari passanti
L’ingegner Bonsanti informa del rapimento il commissario Caprile mentre la banda che ha rapito la piccola Luisa, che risponde agli ordini dell’uomo che è dietro al sequestro chiamato il Maestro discute sull’entità del riscatto da chiedere per la liberazione della stessa Luisa.
La polizia non ha altra pista se non quella di Marisa, l’unica fonte attendibile per capire chi si nasconda dietro il rapimento.

Così, in attesa di una telefonata da parte dei rapitori, la polizia perde tempo inutilmente in quanto la donna sembra essere del tutto all’oscuro non avendo potuto vedere i rapitori, coperti da cappucci.
Il commissario Caprice ha dei sospetti sul più importante mafioso della zona, Don Francesco, che però si dichiara completamente estraneo alla faccenda: l’uomo infatti, pur non potendo escludere la partecipazione di qualche suo uomo all’azione criminale, dichiara con forza di avere un codice morale che gli impedisce di utilizzare donne e bambini come vittime di sequestri o di atti criminosi.
Ed è proprio il mafioso a individuare, dopo una serie di avvenimenti, il luogo dove il misterioso maestro ha posto la sua base operativa; Don Francesco uccide il maestro e dopo aver liberato la piccola Luisa fornisce anche le indicazioni per ritrovare i soldi del riscatto.

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Fatevi vivi la polizia non interverrà è un poliziesco girato nel 1974 da Giovanni Fago, qui al suo primo (ed anche unico) poliziesco dopo aver girato tre western, il più famoso dei quali O Cangaçeiro (1970) interpretato da Thomas Milian aveva ottenuto un buon riscontro al box office.
Il film non ha particolari motivi di interesse, essendo un poliziesco abbastanza tradizionale, uno dei tanti prodotti del genere che affollarono le sale cinematografiche nella parte centrale degli anni settanta.
Ha però dalla sua l’ambizione di radiografare uno dei temi più scottanti della cronaca nera dell’epoca, ovvero la piaga dei sequestri di persona, utilizzando questa volta la novità del sequestro di una bambina.
L’indagine socio politica sulla storia, l’intreccio tra malavita e forze dell’ordine e altri possibili sviluppi della tematica restano però delle pie illusioni, in quanto il film non si scosta mai da una certa banalità di fondo, che si registra sopratutto nei dialoghi evidentemente artefatti e superficiali.

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Però il film ha dalla sua qualche buona iniziativa, ha una buona fotografia e un certo senso del ritmo e sopratutto vede tra i protagonisti un ottimo cast di attori sicuramente espressivi.
Pur non scendendo mai sul terreno della denuncia e non approfondendo mai la tematica del rapimento come espressione del disagio sociale degli anni di piombo, il film ha un suo decoro e quanto meno ha un buon ritmo e sopratutto non scende mai sul terreno della bassa macelleria, uno degli espedienti più usati nel genere poliziesco.
Come dicevo, il film ha un cast di ottimo livello che include il qui legnoso Henry Silva (il commissario Caprice), generalmente utilizzato come cattivo in molte produzioni e questa volta nei panni del commissario intelligente, acuto; Philippe Leroy, sempre moderato ed elegante nei panni del Maestro, deux ex machina organizzatore del rapimento,Gabriele Ferzetti, il mafioso dal rigido codice morale e le due presenze femminili, Lia Tanzi e Rada Rassimov, la prima nei panni della prostituta Marisa e la seconda in quelli di Marta.

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Fago dirige un film tutto sommato godibile, senza grossi scatti ma anche senza vistose cadute di tensione.
Nessuna indicazione, purtroppo, su siti che permettano una visione in streaming del film; unica possibilità, il download del film, rigorosamente in lingua inglese, al link http://k2s.cc/file/2f2b1878fa5dc/Ki74nap.rar
Fatevi vivi, la polizia non interverrà
Un film di Giovanni Fago. Con Henry Silva,Gabriele Ferzetti, Rada Rassimov, Philippe Leroy, Loris Bazzocchi,Pino Ferrara, Renato Pinciroli, Calisto Calisti, Bruno Boschetti, Luciano Bartoli, Rosita Torosh, Gianfranco Barra, Omero Antonutti, Lia Tanzi, Armando Brancia, Fausta Avelli, Franco Diogene Drammatico, durata 90 min. – Italia 1974.

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Fatevi vivi la polizia non interverrà banner protagonisti

Henry Silva: Commissario Caprile
Rada Rassimov: Marta
Philippe Leroy: il professore
Gabriele Ferzetti: Frank Salvatore
Franco Diogene: Nino
Lia Tanzi: Marisa
Calisto Calisti: mafioso
Marco Bonetti: rapitore
Pino Ferrara: Mercuri
Armando Brancia: avvocato
Loris Bazzocchi: mafioso
Paul Muller: Jimmy
Fausta Avelli: Luisa Barsanti
Luciano Bartoli: Pino

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Regia Giovanni Fago
Sceneggiatura Adriano Bolzoni, Giovanni Fago
Musiche: Piero Piccioni
Montaggio:Alberto Gallitti
Fotografia:Roberto Gerardi
Casa di produzione Produzioni Associate Delphos

 Fatevi vivi la polizia non interverrà banner recensioni

L’opinione del sito http://www.pollanetsquad.it

“Nonostante il titolo, il nuovo film di Giovanni Fago non si allinea pedissequamente dietro gli ormai tanti dedicati alla polizia italiana con non sempre chiare moralità politiche. “Fatevi vivi la polizia non interverrà” ha ambizioni sensibilmente maggiori del consueto, se non altro perché cerca di armonizzare due temi: da un lato la radiografia di un kidnapping; dall’altro un’indagine sui rapporti tra legge e mafia. Ciò detto, va anche subito aggiunto che tali ambizioni rimangono campate in aria, più annunciate che realizzate. Ma resta almeno al film un certo sapore di denuncia non velleitaria né qualunquista. E gli argomenti sfiorati hanno pur sempre il pregio di una drammatica attualità. […] Fago ha narrato in modo sufficientemente interessante pur se, tra le molte fila dell’intreccio, non sempre ha scelto e seguito le più significative, preferendo anzi spesso le più facili e spettacolari: col risultato di dover poi colmare certi vuoti psicologici mediante didascaliche battute che alla lunga non salvano i personaggi da una fondamentale banalità. […] “

L’opinione di Undjing dal sito http://www.davinotti.com

Il “maestro” (Philippe Leroy) dispone il sequestro della figlia di un ingegnere, convogliando le indagini della polizia – guidata da un monocorde Henry Silva – sulla banda capeggiata da Frank Salvatore (Gabriele Ferzetti). Confuso poliziesco maldiretto da un cineasta attivo su altri fronti: melodrammi (Il maestro di violino) e spaghetti western di terz’ultima generazione (Per 100.000 dollari t’ammazzo). Il film azzarda un sottotesto tipico dei tardo-polizieschi, ovvero la collaborazione tra le forze dell’ordine e alcune frange della malavita. Cast notevole, ma mal gestito.

L’opinione di Gestarsh99 dal sito http://www.davinotti.com

Gli echi di Milano odia risuonano ai confini svizzeri in più punti: il rapimento della pargola di famiglia abbiente; la gang di cani sciolti invisi alla malavita locale; il barcone-rifugio nascosto in un anfratto lacustre; il “colombesco” Henry Silva, stavolta passivissimo. Fago se la prende molto comoda, con l’azione ben chiusa in un cassetto e nonostante gli eventi di sangue stila un dramma poliziesco dai toni pacati e sereni. Pellicola semplicissima, di innocente linearità: non annoia e scivola via pacifica tra ampi interni lussuosi, eleganti facciate architettoniche e gli splendidi scorci naturali comensi.

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aprile 16, 2014 Posted by | Drammatico | , , , , , , , | Lascia un commento

Tranquille donne di campagna

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Pianura padana, un anno indeterminato durante il ventennio fascista.
Guido Maldini, uomo violento e fascista convinto è l’amministratore della villa e dei beni della cugina Floriana, una attrice di operette benestante economicamente.
Nella dimora di campagna, con l’uomo, vivono sua moglie Anna, i figli Alberto ed Elisa, la cameriera Aida.
Tutta la famiglia ruota attorno alla figura di Guido, che tratta in maniera sprezzante il nucleo famigliare, a cominciare dalla moglie Anna che umilia costringendola a degradanti rapporti sessuali per finire con Alberto, un giovane che vive all’ombra di suo padre, che disprezza e che è ricambiato nel sentimento da Guido che lo considera solo un debole ed un vigliacco.
Guido esercita un potere assoluto su tutti i componenti della famiglia; oltre ad Anna e Alberto, anche la cameriera Aida, che ha un debole per Alberto è costretta a rapporti sessuali con l’uomo, che insidia anche sua cugina Floriana e che non disdegna puntate nel lupanare del paese, nel quale porta anche suo figlio Alberto che, non pronto e schifato dall’esperienza, vomita addosso ad una prostituta.

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Alberto così sogna di fuggire dalla casa, ma è davvero un debole succube di suo padre.
Tenta anche di ucciderlo ma gli va male, costringendo suo padre ad una reazione violenta.
Ma la situazione precipita con l’arrivo nella villa di sua cugina Gloria, che ha da quando erano ragazzi un debole per lui; i due ragazzi si innamorano e Gloria è l’unica ad affrontare Guido e dirgli senza mezze misure cosa pensa di lui.
La reazione dell’uomo è violenta: davanti a suo figlio Alberto, gridando “ti faccio vedere io cosa si fa con le donne“, l’uomo stupra Gloria senza che il ragazzo, paralizzato dall’orrore ma anche sottomesso e soggiogato dalla volontà del padre possa reagire.
Gloria, che invano ha chiesto aiuto ad Alberto, lascia schifata la casa.
Ma quest’ultimo episodio ha colmato la misura e guidate da Floriana le donne della casa decidono di prendere l’iniziativa; durante la festa di compleanno di Floriana, fanno ubriacare Guido e lo portano nella stalla, dove lo attende la morte…

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Tranquille donne di campagna è un mediocre film che vorrebbe illustrare un quadretto famigliare borghese e bucolico analizzando le vicende di un gruppo di congiunti assoggettati al carattere dispotico del classico padre padrone dai mezzi autoritari.
Non a caso la vicenda si svolge durante l’era fascista, ma nel film, aldilà dell’illustrazione del carattere violento di Guido e della remissibilità dei vari personaggi che gli ruotano attorno non si va.
Abbondano invece gli stereotipi e le frasi maschiliste, le situazioni erotiche e le scene scabrose, anche se quanto meno non esposte con sfacciata disinvoltura.
La storia potrebbe anche reggere non fosse per il tono di imperdonabile leggerezza e di mancanza assoluta di profondità nel delineare i caratteri dei protagonisti che il film, pervicacemente, porta avanti fino alla fine.
Claudio Giorgi (che si firma Claudio De Molinis), il regista del film dirige il suo penultimo film; la sua carriera dietro la macchina da presa si chiuderà l’anno successivo con il pessimo C’è un fantasma nel mio letto.
Incapace di costruire un’atmosfera credibile attorno ai personaggi, Giorgi si limita ad osservarne le mosse indulgendo spesso sull’aspetto più pruriginoso della storia, ovvero dando largo spazio alle voglie malsane del padre padrone Guido, che dipinge in maniera rozza ed eccessiva.

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L’uomo appare infatti più come un animale da riproduzione, mosso dagli istinti che come un essere umano; i suoi modi sono da schiavista, attorno a lui non c’è un minimo di affetto ma solo paura e cieca obbedienza.
E la cosa ci può anche stare, non fosse per la caratterizzazione estremamente negativa degli altri personaggi, che appaiono deboli in maniera patologica.
La riprova è la sequenza finale, con lo stupro di Gloria, l’unica a mettere in discussione i suoi metodi.
La scena drammatica della violenza sulla ragazza vede come protagonista in negativo il giovane Alfredo, che guarda quasi impassibile la scena senza muovere un dito.
Colpa anche dell’assoluta rigidità recitativa di Christian Borromeo, l’attore che interpreta Alberto, che i più ricorderanno per le scialbe prestazioni in film pure di discreto livello come Ritratto di borghesia in nero,La casa sperduta nel parco o tenebre.
Il volto immobile di Borromeo è una delle caratteristiche negative del film, cosi come negativa è la mancanza totale di tensione; sembra che più che ad un dramma si stia assistendo ad una commedia bucolica a sfondo erotico, con qualche nudo assolutamente gratuito, con protagonista la bella e prosperosa Serena Grandi, qui al suo secondo film nell’annata 1980, dopo il controverso Antropophagus di Massaccesi.

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Giorgi sfrutta nel peggiore dei modi un cast di ottimo livello, che comprende un Philippe Leroy poco convincente nel ruolo del bestiale Guido, una bravissima Carmen Scarpitta nel ruolo di Floriana prima succube e poi ispiratrice del complotto che porterà alla morte di Guido, Rossana Podestà, lei si davvero brava nel disegnare il ruolo di Anna come quello di una donna completamente asservita al suo ruolo di moglie che non discute mai la volontà del marito, vera schiava senza catene dell’ortodossia maschilista della società fascista.
Molto bene Silvia Dionisio, interprete del ruolo di Gloria, unico personaggio con una personalità delineata e controcorrente; l’attrice, che all’epoca delle riprese aveva ventinove anni, risulta credibilissima in un ruolo che ne richiede diversi di meno.
Bene anche Serena Grandi, mentre Silvano Tranquilli fa poco più di una comparsata nel film.
Poche suggestioni quindi e poco ritmo.
Un filmf orse non bruttissimo, ma di certo con scarso appeal.
Il film è disponibile in un’ottima versione, completa e finalmente, una volta tanto, con una buona qualità visiva e audio su You tube, all’indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=HoTGql5W67Y

Tranquille donne di campagna
Un film di Claudio De Molinis. Con Philippe Leroy, Carmen Scarpitta, Silvia Dionisio, Serena Grandi,Rossana Podestà, Silvano Tranquilli, Elisa Mainardi, Mario Maranzana, Christian Borromeo, Antonio Serrano Drammatico, durata 91 min. – Italia 1980.

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Silvia Dionisio … Gloria
Philippe Leroy … Guido Maldini
Carmen Scarpitta … Floriana
Christian Borromeo … Alberto
Rossana Podestà … Anna Maldini
Germana Savo … Elisa
Serena Grandi … Aida
Silvano Tranquilli … Il prefetto
Mario Maranzana … Il medico
Daniel Gohl … Antonio
Elisa Mainardi … Nena

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Regia: Claudio Giorgi (come Claudio De Molinis)
Sceneggiatura:Giancarlo Corsoni ,Nicola Fiore,Mario Sigmund
Fotografia:Emilio Loffredo
Montaggio:Alessandro Lucidi
Costumi:Chiara Ghigi

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L’opinione di ezio dal sito http://www.filmtv.it

Storia ambientata in una tenuta di campagna che si puo’ tranquillamente collocare nel trash.E’ un misto di dramma e timido erotismo con un Leroy che tiranneggia dall’inizio alla fine.Esordio di Serena Grandi che e’ anche l’unica che si mostra integralmente nuda nel film.Distribuito nella collana dvd della Cinekult.

L’opinione di D-fens dal sito http://www.gentedirispetto.com

Film piacevole anche se un po’ lento, del resto ricalca lo scorrere della bucolica vita di campagna. Assai maliziosa l’operazione packaging della Cinekult, che mette in copertina la Grandi nonostante abbia un ruolo del tutto secondario, per di più ricorrendo ad una foto che nulla ha a che vedere col film (nel quale la Grandi è al quasi debutto ed è quindi più giovane e acerba). Pure dentro la confezione del dvd, un’altra (celebre) foto della Grandi la ritrae sostanzialmente nuda mentre offre le terga, altra immagine completamente decontestualizzata. Insomma, un’operazione per fans della Grandi. La versione del film però pare essere integrale almeno.
Bellissima la Dionisio, contraltare poetico e delicato delle altre donne di campagna, ben più ruspanti. Leroy dà una prova da Oscar, in America avrebbe certamente vinto qualcosa. Interessanti i momenti onirici di Christian Borromeo (il figlio di Leroy nel film), che spesso svelano assai di più dei dialoghi tra i personaggi. Impagabile pure l’intervista a Leroy negli exra del dvd, nella quale l’attore si lancia in improbabili celebrazioni della sua giovane vita on the road, fino quasi a commuoversi quando parla dello Yanez di Sandokan, del quale si riteneva praticamente una sorta di reincarnazione.

L’opinione di B.Legnani dal sito http://www.davinotti.com

Film di livello piuttosto basso , ma non privo di una certo decoro nella sua povertà di mezzi. Siamo nell’estate del 1936: non avendo modo per rappresentare efficacemente l’epoca, si sceglie di ambientare il tutto in campagna, ove bastano vestiti e pettinature per dare una patina al tutto. Benché i personaggi siano un po’ tagliati con l’accetta, la corretta scelta degli interpreti aiuta ad arrivare in fondo senza problemi, nonostante una certa lentezza in alcune fasi della vicenda. Alcune situazioni erotiche paiono predisposte per l’uso di inserti hard con altri interpreti.

L’opinione di Undying dal sito http://www.davinotti.com

Ambientato nel critico periodo del fascismo, narra delle tragicomiche (dis)avventure di Guido Maldini, agiato possidente di una tenuta “bucolica” (come titolo suggerisce) nelle campagne padane. La personalità dispotica ed il carattere introverso lo mettono in cattiva luce, tanto da spingere i familiari a desiderarne la morte. Commedia che si tinge di dramma, piuttosto mal diretta anche se presenta un cast interessante. Il regista è lo stesso di C’è un fantasma nel mio letto. Serena Grandi è irriconoscibile.

L’opinione di Homesick dal sito http://www.davinotti.com

Dietro il fuorviante titolo da commedia scollacciata c‘è un erotico-drammatico in perenne fase di stallo, che si rigira monotono su conflitti edipici dentro la leziosa cornice campagnola dell’Italia fascista. Sempre versatile e professionale, Leroy scolpisce il ritratto di un autentico rifiuto del genere maschile (un padre-padrone reazionario, guerrafondaio, manesco e puttaniere); effimere la Podestà e la Dionisio, più incisive l’istrionica Scarpitta e la supponente Savo.

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Christian Borromeo

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Silvano Tranquilli

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Silvia Dionisio

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Philippe Leroy

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Serena Grandi

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Rossana Podestà

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Carmen Scarpitta

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marzo 23, 2014 Posted by | Drammatico, Erotico | , , , , , , | Lascia un commento

Una vita lunga un giorno

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E’ passato molto tempo da quando Andrea è partito da Sanremo per imbarcarsi per lavoro.
Il giovane infatti è un marinaio e alloggia periodicamente presso la pensione della signora Andersson; questa volta trova un’amara sorpresa, perchè la donna è morta tre giorni prima del suo arrivo.
Una lettera arrivata la mattina al portiere della pensione informa che la nipote della signora Hilde Andersson arriverà alla pensione, cosi Andrea va a prendere la ragazza alla stazione.
Anna è una bella ragazza e ben presto tra i due nasce l’amore;nel frattempo inutilmente Andrea cerca un imbarco.
Una mattina Anna, mentre sta facendo la doccia, viene assalita da un uomo: la ragazza è salvata dallo stupro da Andrea giunto opportunamente nella sua camera.

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Andrea porta Anna ospedale per accertamenti dove però ha un’amara sorpresa; la ragazza infatti, a detta del medico, soffre di un grave disturbo al cuore e necessita di una delicata ( e costosa) operazione a cuore aperto per essere salvata.
Avvicinato da un misterioso personaggio, Andrea scopre che ha la possibilità di guadagnare in un colpo solo la somma che necessita per l’operazione.
Un gruppo di annoiati professionisti, fra i quali spicca un depravato riccastro, Philippe, è disposto a dargli la somma necessaria a patto che riesca a coprir la distanza che c’è tra le alture della cittadina ligure e il porto sfuggendo a cinque tentativi di omicidio che avverranno secondo modalità assolutamente impreviste da Andrea.

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Il giovane accetta e da quel momento la sua vita dipenderà solo dalla fortuna e dalla sua capacità di essere preda.
Dopo il primo tentativo andato a vuoto, durante il percorso con la funicolare che lo porta sulle colline, Andrea riesce a sfuggire casualmente al tiro di un cecchino armato di fucile di precisione,per poi finire nel letto della bellissima moglie di Philippe, sfuggire alle fiamme (dolose) che avvolgono una baracca per poi giungere, pesto e sanguinante al porto.
Qui scoprirà di essere stato parte di un gioco ancora più perverso, al quale non è estranea l’amata Anna, che ha funzionato dall’inizio come esca per l’ingenuo marinaio.
Finale drammatico e sconsolante.
Sotto lo pseudonimo di Sam Livingstone il regista Ferdinando Baldi dirige nel 1973 Una vita lunga un giorno subito dopo il discreto successo di Afyon oppio (1972) e quello dell’inusuale western Blindman del 1971 che molti ricorderanno per aver avuto come protagonista un pistolero cieco.

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In questo strano film, a metà strada tra il sentimentale e il thriller venato di noir, Baldi cerca di armonizzare una sceneggiatura molto lacunosa destreggiandosi a fatica con un film che ricorda moltissimo, troppo in realtà, il più fortunato La decima vittima di Petri.
Ad una prima parte del film caratterizzata da una lentezza quasi esasperante, fa seguito una seconda in cui il ritmo accelera improvvisamente e in cui il protagonista è costretto a muoversi come una belva braccata da un invisibile mini esercito di killer che lo aspettano al varco per ucciderlo.
L’amalgama del film però risulta alla fine assolutamente ondulatorio e non giova certo all’economia dello stesso l’espressione monocorde del protagonista principale, quel Mino Reitano all’epoca idolo delle folle in un ambito ben differente, quello del panorama musicale.
Il cantante di Fiumara, prestato al cinema dopo l’esperienza sfortunata di Tara Poki, western di Amasi Damiani del 1971 e prima dell’unico film di discreto livello interpretato, ovvero Povero Cristo di Pier Carpi conferma di non essere adatto al grande schermo.

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Colpa della sua rigidità espressiva, caratterizzata dall’espressione perennemente imbabolata e monocorde del viso.
In questo film poi, in cui era necessaria un’espressione mobile dello sguardo per passare dal contesto romantico a quello drammatico,Reitano conferma i suoi evidenti limiti condannando il film ad un giudizio negativo.
Che, per inciso, meriterebbe di già per lo scarso coordinamento fra le varie parti del film, che oscilla e sbanda indeciso su quale strada prendere.
Se la trama non è già di per se originale, il resto del film risente di calate di ritmo e brusche accelerazioni, con scene d’azione che avrebbero richiesto un dosaggio più equilibrato per essere credibili.
Non fosse per la squadra di caratteristi utilizzata, nella quale figurano ottimi mestieranti come Luciano Catenacci,Dante Maggio, Franco Ressel e la “star” Philippe Leroy la pellicola sarebbe naufragata ancor più miseramente di quanto fece.
Una vita lunga un giorno infatti non ebbe praticamente alcun successo al botteghino e sparì completamente dalla circolazione.

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Nel film troviamo la svedesina Eva Aulin alla sua penultima interpretazione; l’attrice di Landskrona infatti tornerà sul set nel 1996, a ventitre anni di distanza con il film Mi fai un favore di Giancarlo Scarchilli e Eva Czemerys, nel ruolo minore della debosciata moglie dell’ancor più debosciato Philippe. Discreta la colonna sonora composta dai fratelli Reitano.
Un film quindi non particolarmente affascinante, più che altro anonimo che è stato recentemente ripescato dall’oblio e che può essere visionato in una versione passabile su You tube all’indirizzo: http://youtu.be/05XU4lfa92o
Una vita lunga un giorno
Un film di Ferdinando Baldi. Con Philippe Leroy, Luciano Catenacci, Franco Ressel, Ewa Aulin, Mino Reitano,Dante Maggio, Franco Fantasia, Eva Czemerys Drammatico, durata 94 min. – Italia 1973.

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Una vita lunga un giorno banner protagonisti

Mino Reitano: Andrea Rispoli
Ewa Aulin: Anna Andersson
Philippe Leroy: Philippe
Eva Czemerys:Moglie di Philippe
Luciano Catenacci: Spyros
Nello Pazzafini: Nello
Franco Ressel:Il dottore
Anna Maria Pescatori:Frieda
Dante Maggio:Zio GIuseppe

Una vita lunga un giorno banner cast

Regia Ferdinando Baldi
Soggetto Ferdinando Baldi
Montaggio:Eugenio Alabiso
Fotografia:Aiace Parolin
Musiche Franco Reitano e Mino Reitano
Scenografia Claudio Cinini
Produzione:Manolo Bolognini

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Una vita lunga un giorno banner recensioni

 L’opinione del sito http://www.bizzarrocinema.it/

Passato nei cinema di allora nella quasi totale indifferenza, riproposto ogni morte di papa nelle più infime tv locali, privo di quell’alone di culto che solitamente contraddistingue opere così rare, Una vita lunga un giorno non ha avuto certo un destino felice. I difetti non mancano e si mostrano senza remore: il ritmo – componente essenziale per un buon thriller – è a velocità bradipo zoppo, la sceneggiatura presenta buchi tipo voragini e, certuni interpreti – Leroy su tutti – hanno palesemente il pilota automatico azionato. A ciò aggiungiamo che il soggetto non è tra i più originali: trattasi di chiaro “ricalco” dello splendido La pericolosa partita di Ernest B. Schoedsack. Eppure, basta poco. Basta un primo piano del nostro Beniamino – di nome e di fatto – a farci dimenticare, come d’incanto, tutti i difetti di questo film e a darci quell’estasi che solo noi esteti del Bizzarro possiamo provare. Reitano, tenace e stoico come solo lui sa essere (e chi l’ha potuto ammirare nelle sue storiche ospitate televisive sa benissimo di cosa parlo), abbatte totalmente il senso del ridicolo, va avanti per la sua strada di “attore per caso” e non si ferma davanti a nulla. Guidato dalla mano sapiente del regista Livingstone/Baldi, il nostro eroe attraversa un’odissea notturna degna del Bruce Willis dei tempi migliori, ma anche del Griffin Dunne di Fuori orario e – perché no? – del Joel McCrea protagonista de La pericolosa partita (di cui sopra). è troppo? Forse. Mi limiterò dunque a consigliarvi caldamente questa insolita visione. Armatevi di pazienza e di vhs (o dvd) vergine, piantonate la programmazione di tutte le tv locali e state pronti a spingere il tasto “rec”, Una vita lunga un giorno potrebbe capitarvi sotto mano. Per noi amanti del Bizzarro, fidatevi, non c’è modo migliore per commemorare l’artista Reitano come merita.
L’opinione di renato dal sito http://www.davinotti.com

Un film interessante, almeno nella prima parte in cui Ferdinando Baldi introduce la vicenda con indubbio stile. Peccato poi che l’ultima mezzora diventi troppo meccanica e prevedibile, quando inizia la discesa verso il mare di Mino Reitano. Su quest’ultimo come attore non c’è molto da dire… Se non che mantiene la stessa espressione imbambolata per tutto il film, ma grazie al cielo venne almeno doppiato da un professionista. Meravigliosa Ewa Aulin, ma questa non è certo una notizia. Girato in esterni a Sanremo.

L’opinione di Undying dal sito http://www.davinotti.com

Incasinato dramma sentimentale, che trova in Love Story (la Aulin è cardiopatica) ed una miriade di altri ben più riusciti titoli (La decima vittima su tutti, causa caccia spietata alla preda umana) il nucleo portante e fulcro dell’intera sceneggiatura. Il regista può contare su un bravo attore (uno spietato Philippe Leroy) ed una bellissima attrice (la Aulin, qua su uno degli ultimi set cinematografici che la ospita), ma fallisce nel far indossare un “vestito sfilacciato” al protagonista (un monocorde e poco espressivo Mino Reitano).

L’opinione del sito www.robydickfilms.blogspot.it

Reitano attore sarà sicuramente un po’ monotono, ma non è così inespressivo come si potrebbe credere.
Baldi dalla sua parte dirige come al solito abbastanza bene, anche se l’ultima mezz’ora in cui dal sentimentale il film vira decisamente verso l’azione, cade nella prevedibilità e soprattutto nell’inconcludenza.
Luciano Catenacci, con quella sua faccia, se la cava come sempre, ovviamente nella parte del cattivo.
Per ogni adoratore del povero Mino, così prematuramente scomparso, il film è certamente opera a dir poco magnifica, ma bisogna dire che come versione italiana di film rientrabile nel filone delle “Manhunt”, della “caccia all’uomo”, non è secondo a molti altri titoli ben più celebrati, a partire proprio dal datato e decisamente invecchiato male, irrisolto, “La Decima vittima” (’66) di Elio Petri. Al quale Baldi nelle scene d’azione, anche quando un po’ assurde, spacca letteralmente il culo.
Ascoltare la introvabile colonna sonora rock strumentale del film, composta da Mino con il fido fratello Franco, per rendersi bene conto di quanto i Reitano fossero stati dei musicisti molto lontani da quello che avrebbero dovuto essere, una volta raggiunto il successo popolare.
La scena della rivelazione finale “ Face to face” con la Aulin, è inarrivabile e una vera e propria gemma, per chiunque pensa che comunque Reitano “non è mai stato un attore”, altro che far ridere.

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febbraio 17, 2014 Posted by | Drammatico | , , , , , , , , | Lascia un commento