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La famiglia

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Subito dopo la prima metà degli anni ottanta il cinema italiano sembrava preda di una crisi irreversibile di identità.
Ormai solo i grandi registi del passato riuscivano ancora a proporre prodotti degni di menzione e sopratutto di una visione.
La concorrenza formidabile della tv domestica,dell’Home video (cassette ecc.) e la contemporanea crisi di disaffezione verso il cinema
di fatto svuotava le sale,che chiudevano ad un ritmo insostenibile.Eppure,in un quadro così desolante,il cinema di casa nostra riusciva a proporre
ogni tanto film di altissimo livello.
Nel 1987 Ettore Scola,uno dei registi più importanti del dopo guerra,presentò La famiglia,un film sceneggiato dallo stesso Scola con l’aiuto di esperti scrittori del grande schermo come Maccari,Scarpelli e Diana.
La pellicola,di ben 137 minuti di durata,racconta quella che a prima vista sembra una saga familiare,che abbraccia un arco temporale storico che va
dal primo decennio del novecento al 1986.
Una storia lunga ottant’anni quindi,vissuta dai numerosi protagonisti all’interno del luogo simbolo della società,quello dove si gioisce e si soffre,dove si ama e si costruisce,la base stessa della società civile,la famiglia.

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Un grande appartamento,quasi sempre in penombra,vede sfilare genitori e figli,sorelle e nipoti,senza soluzione di continuità,mentre all’esterno la vita scorre con tutti i suoi accadimenti,che ovviamente hanno un riflesso sulla famiglia ma che in fondo restano marginali,funzionali solo alle storie personali di tutti i protagonisti,quasi che la famiglia stessa sia l’oasi in cui rifugiarsi e dimenticare tutte le pene gli affanni del quotidiano,un posto fuori dal tempo in cui tutti i protagonisti della storia recuperano in qualche modo la propria intimità,il proprio essere,prima come individuo che come essere meramente sociale.La famiglia si divide in nove sequenze temporali,grosso modo di un decennio circa.
Una delle invenzioni più importanti dell’ottocento,la fotografia,fa da muta testimone all’inizio della storia della famiglia in oggetto,della quale non conosciamo il cognome,così come non conosceremo il cognome di nessuno dei protagonisti.
E’ una foto ingiallita dal tempo,in cui le persone in posa guardano con occhio timido o sfrontato nell’obiettivo,con i loro vesti d’epoca ad esaltarne le figure ormai dimenticate quella che introduce le vicende della famiglia;raffigura il battesimo di Carlo,vero protagonista della storia,in braccio a suo nonno omonimo e accanto al padre Aristide,impiegato del ministero con qualche ambizione pittorica e sua madre Susanna,una tenera e scioccherella
cantante lirica.Ci sono le tre zitelle di casa,sorelle di Aristide; Luisa, Margherita e Millina pur essendo continuamente in competizione,sono legate da un affetto profondo che riverseranno sul resto della famiglia.

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In ultimo,nella foto,c’è la domestica di casa con sua nipote Adelina.Altri personaggi meno importanti fanno parte della cerimonia del battesimo,ovvero il fratello di Aristide,il dottor Giordani,medico e amico di famiglia,il giovane fratello di Susanna e in ultimo la famiglia del fratello di Aristide.
Questa è la famiglia,nel 1907; dieci anni dopo ritroviamo Carlo ormai quasi adolescente con suo fratello Giulio,nato tre anni prima alle prese con un dilemma;sottrarre o no una banconota dal soprabito del dottor Giordani,accorso sul capezzale del nonno morente.
Con l’aiuto del cuginetto Enrico, i tre compiono il furtarello;che verrà scoperto casualmente dal padre,quando il dottor Giordani,privo di soldi,verrà fermato per non aver pagato il biglietto del tram.
Carlo,con dignità,si assumerà la responsabilità del suo gesto mentre Giulio confesserà solo involontariamente il furto;si capiscono quindi già le personalità future dei ragazzi,quella riflessiva e posata di Carlo,quella irrequieta di Giulio.
Mentre i famiglia ci sono questi screzi,piccole e grandi rivalità,amori mai nati come quello tra Millina e Giordani,il mondo affonda sempre più nella follia della guerra…
Terza parte,siamo nel 1926;Carlo, studente,da lezioni alla bella Beatrcie,che non gli nasconde le sue simpatie ,ma il giovane non ha occhi che per la seducente Adriana,sorella di Beatrice,ragazza spigliata ed indipendente.
Nel frattempo muore Aristide,Adriana comunica a Carlo di voler andar via dalla città destinazione Milano,per seguire un corso.Carlo cerca inutilmente di convincerla a restare, ma Adriana è gelosa della sua libertà e tra i due la relazione termina bruscamente.
Quarta parte,1938.Carlo si è sposato con la dolce Beatrice,insegna in un liceo e ha due figli,Paolino e Maddalena.

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L’Italia è nel pieno della dittatura fascista;Giulio ha più di una simpatia per le idee del regime e intende partecipare alle guerre coloniali,nonostante la ferma e preoccupata reazione della giovane Adelina,che da tempo è la sua compagna.Carlo invece non condivide affatto
le idee del fratello,pur evitando di prendere pubblicamente posizione.Anche Adriana intanto ha avuto le sue affermazioni,è una stimata concertista,vive a Parigi .
Quinta parte,1947.La guerra è finita,Giulio torna a casa ma non è più lui;è un uomo depresso,stanco,distrutto nel fisico e nella mente.
Una sera capita a casa di Carlo Adriana con Jean Luc,il maturo fidanzato francese.In un impeto di gelosia,Carlo lo offende pesantemente,suscitando lo sdegno di Beatrice.Nel frattempo arriva a casa di Carlo la sempre fedele Adelina,che sopravvive facendo la borsa nera,per
incontrare l’amore della sua vita,Giulio.
Sesta parte,1956.Millina è morta,Giulio e Adelina si sono sposati e hanno adottato una bambina.Carlo è a casa,da solo;arriva Adriana in visita e Carlo scopre di desiderarla ancora.Ma Adriana rifiuta una relazione,per non ferire sua sorella.Luisa, Margherita e Susanna sono ormai
troppo anziane e affette da problemi di demenza senile.Non le vedremo più.
Settima parte,1966.Maddalena,figlia di Carlo e Beatrice ha deciso di lasciare suo marito perchè innamorata di un altro uomo.Anche Paolino ha una relazione con una donna separata e con due figli.
Ottava parte,1976.Carlo è rimasto solo,la fedele e dolce Beatrice è morta.Adriana gli rivela che sapeva tutto della loro relazione,ma che aveva sempre fatto finta di nulla,preoccupata per l’unità della famiglia.
Paolino ha sposato la donna separata,Marika, mentre Carlo ormai è quasi sempre solo,nella casa affollata da fantasmi.
Nona parte.Tempi attuali.E’ l’ottantesimo compleanno di Carlo e arrivano vecchie e nuove generazioni per festeggiare l’ottuagenario patriarca.
Una foto di gruppo chiude il film.

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In ottanta anni di storia personaggi di tutti i tipi hanno frequentato la casa,legati o no da vincoli familiari;la casa è stata un porto di mare ma anche un rifugio,il mondo esterno,le due guerre,i dopoguerra,le ricostruzioni,il boom economico,il terrorismo hanno avuto un impatto sulle vite di tutti
ma non all’interno della famiglia.Così come nella casa sono man mano comparsi i simboli del progresso sociale,dalla radio fino alla tv,ma sono cose marginali.
Quello che conta è la famiglia,il suo ruolo fondamentale in una società che evolve ma che resta un’ancora di sicurezza,una barriera.
Scola ricostruisce tutto il percorso narrativo con momenti poetici e altri drammatici,con futilità e al tempo stesso con una profondità davvero impressionante.
Non era facile girare tre ore di pellicola in un interno,ma Scola utilizza tanti personaggi pieni di sfumature,di vitalità con pregi e difetti da far dimenticare l’ambientazione sicuramente claustrofobica.
Un linguaggio meta cinematografico fatto di sguardi,di piccole storie,di “fatterelli”,di piccole e grandi tragedie;un romanzo per immagini che scorre sublimando la scrittura in immagini di grande effetto.

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Per girare una pellicola così complessa il regista si affida al meglio del cinema italiano,ad attori di consolidata bravura e espressività.
A partire da un intenso Vittorio Gassman passando per Stefania Sandrelli,i Dapporto padre e figlio (scelta felicissima);come non segnalare la bravissima Ottavia Piccolo,Joe Champa,Monica Scattini,Renzo Palmer,Fanny Ardant,il cameo di Philippe Noiret,e poi ancora Athina Cenci,Sergio Castellitto,Andrea Occhipinti…
Un cast memorabile per resa qualitativa,dove nessuno sbaglia un passaggio,un personaggio.
Accolto con gran favore dalla critica e dal pubblico,La famiglia ebbe anche la candidatura all’Oscar come miglior film straniero;ma era l’anno di L’ultimo imperatore,che aveva trionfato portando via 9 statuette su 9 nomination,sperare che un film italiano potesse portar via un altro premio importante era davvero cosa impossibile.
Peraltro a vincere l’Oscar fu un film bellissimo,Il pranzo di Babette di Gabriel Axel;si pensi che a concorrere quell’anno c’era in concorso Arrivederci ragazzi di Louis Malle…
6 David di Donatello,6 Nastri d’argento e 12 Ciak d’oro furono il giusto tributo ad un film bello ed intenso;va aggiunta anche la nomination alla Palma d’oro di Cannes e 2 Globi d’oro.
Il film è disponibile in una versione molto buona all’indirizzo http://www.rai.it/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-5eb228ac-249c-4a2b-a62f-dc56bee330ba.html

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La famiglia

Un film di Ettore Scola. Con Vittorio Gassman, Stefania Sandrelli, Fanny Ardant, Ottavia Piccolo, Cecilia Dazzi, Massimo Dapporto,
Athina Cenci, Carlo Dapporto, Philippe Noiret, Alessandra Panelli, Monica Scattini, Sergio Castellitto, Renzo Palmer,
Ricky Tognazzi, Barbara Scoppa, Andrea Occhipinti, Dagmar Lassander, Memè Perlini, Fabrizio Cerusico, Jo Champa,
Giuseppe Cederna, Massimo Venturiello, Paola Agosti, Toni De Leo, Alberto Gimignani, Silvana De Santis, Hania Kochansky,
Jacques Peyrac, Alessandra Zoppi, Francesca Balletta, Jo Campa, Andrea Livier Aronovich, Raffaela Davi Drammatico,
durata 127 min. -Italia 1987

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Vittorio Gassman: Carlo uomo; nonno di Carlo
Andrea Occhipinti: Carlo ragazzo
Emanuele Lamaro: Carlo bambino
Cecilia Dazzi: Beatrice ragazza
Stefania Sandrelli: Beatrice
Jo Champa: Adriana ragazza
Fanny Ardant: Adriana adulta
Joska Versari: Giulio bambino
Alberto Gimignani: Giulio ragazzo
Massimo Dapporto: Giulio uomo
Carlo Dapporto: Giulio anziano
Ilaria Stuppia: Adelina ragazza
Ottavia Piccolo: Adelina adulta
Athina Cenci: Zia Margherita
Alessandra Panelli: Zia Luisa
Monica Scattini: Zia Ornella; Millina
Marco Vivio: Carletto bambino
Sergio Castellitto: Carletto uomo
Fabrizio Cerusico: Paolino ragazzo
Ricky Tognazzi: Paolino uomo
Philippe Noiret: Jean Luc
Renzo Palmer: Zio Nicola
Massimo Venturiello: Armando
Giuseppe Cederna: Enrico
Barbara Scoppa: Maddalena
Memè Perlini: Aristide
Dagmar Lassander: Marika
Andrea Livier Aronovich: Marina
Consuelo Pascali: Adelina bambina
Rafaela Davì: Portiera del palazzo

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Regia Ettore Scola
Soggetto Ruggero Maccari, Furio Scarpelli, Ettore Scola
Sceneggiatura Ruggero Maccari, Furio Scarpelli, Ettore Scola, Graziano Diana
Produttore Franco Committeri per Mass Film – RAI – Les Film Ariane
Distribuzione (Italia) UIP
Fotografia Ricardo Aronovich
Montaggio Francesco Malvestito, Ettore Scola
Musiche Armando Trovajoli
Scenografia Cinzia Lo Fazio, Luciano Ricceri

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L’amore è come la tosse, non si può nascondere

Ci sei poi andato a quella riunione con i compagni socialisti? Sì, ma ho litigato con tutti. Tu litighi sempre con quelli che la pensano come te.
Forse dovresti metterti con quelli che la pensano diversamente.

Il momento più bello delle feste è quando si resta soli a sparlare.

Ai figli che non danno pensieri, si dedicano pochi pensieri!

A cosa pensi?
E chi pensa? All’età mia non si pensa più: solo ricordi.
Che retorica, proprio da vecchietto… E come sarebbero questi ricordi? Belli?
No, quelli sono i peggiori: che ti fanno dire “era meglio prima”, una frase che non bisogna dire mai. No, tutto sommato i migliori sono i ricordi brutti.

E così ho compiuto ottant’anni. Sono molti? Sono pochi? Pare che sia l’età più bella…

Come stai, zietto?
Quando mi sento meglio, mi sento peggio.

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gennaio 18, 2017 Posted by | Drammatico | , , , , , , , , , , , | 4 commenti

Il conformista

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Il conformista, film del 1970 diretto da Bernardo Bertolucci rappresenta un caso rarissimo in cui la trasposizione cinematografica è di gran lunga migliore della fonte scritta da cui proviene, in questo caso l’omonimo romanzo di Alberto Moravia.
Bertolucci ambienta il film ( come del resto il romanzo) nella Roma fascista e per rendere il tutto più credibile sceglie l’Eur, il complesso urbanistico e architettonico di Roma nato negli anni trenta in previsione dell’Esposizione Universale di Roma che in realtà poi non si tenne.
Il quartiere, costruito nell’imponente stile impero caratteristico del fascismo, fa così da scenario a parte del film, quella ambientata a Roma e che vede l’inizio della storia di Marcello Clerici.
Siamo nel 1938 e l’uomo, che è un docente di filosofia che segretamente è anche una spia del regime fascista, ha una situazione personale estremamente complessa.Figlio di un uomo manesco e violento e di una donna alcolizzata all’estremo stadio, ha un segreto nascosto dal e nel tempo: da ragazzino, quando aveva 13 anni, ha ucciso un autista che aveva tentato di stuprarlo.

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Con questo oscuro passato Marcello ha dovuto in qualche modo convivere ma da uomo ha comunque saputo costruirsi una vita normale: è infatti fidanzato con la bella e allegra Giulia, che lo ama con passione che in qualche modo è il rovescio della medaglia dell’uomo, decisamente meno propenso all’allegria e alla solarità.
Essere spia del governo fascista significa anche dover obbedire ad ordini a volte crudeli e che ti mettono a contatto con il tuo passato, che torna sotto forma del professor Luca Quadri che nel passato era stato professore di filosofia di Marcello.
L’uomo vive da esule e da dissidente a Parigi, dove è riparato per sfuggire al regime; secondo gli ordini ricevuti Marcello dovrà raggiungerlo e sopprimerlo.
Così, approfittando del viaggio di nozze con Giulia, che nel frattempo ha sposato, Marcello giunge a Parigi,dove ha modo di contattare il professor Quadri.
Marcello conosce anche la bellissima e ambigua Anna, con la quale allaccia una relazione, mentre la donna sembra essere attratta in maniera fatale principalmente da Giulia.

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Seguito come un’ombra da Manganiello, un agente dei servizi segreti fascisti, Marcello riesce a portare in un luogo solitario il professore; quest’ultimo viene ucciso proprio da Manganiello perchè Marcello non riesce a sparare il colpo fatale e purtroppo a perire è anche Anna, che è presente all’attentato e che disperatamente cerca di salvarsi la vita, sotto lo sguardo un po impotente e un po indifferente di Marcello.
Passano 5 anni e la notte del 25 luglio 1943 Marcello si ritrova per strada mentre in giro circola la voce dell’avvenuto armistizio tra l’Italia e le potenze alleate:per puro caso l’uomo incontra l’autista che aveva tentato di abusare di lui e che credeva di aver ucciso.
Il grande equivoco che Marcello aveva costruito attorno a se stesso, alla sua personalità, diventando un conformista che si è adeguato per tutta la vita agli altri lo porta a urlare la sua rabbia all’autista, accusandolo di quello che ha commesso di turpe nella vita.
Elegante, affascinante e tecnicamente perfetto, Il conformista è uno dei film più importanti della cinematografia italiana;Bertolucci, che ne cura anche la sceneggiatura fonde mirabilmente il linguaggio visivo fondendo il romanzo originario di Moravia con la sua straordinaria capacità descrittiva, estrinsecata attraverso la ricerca continua della purezza formale.

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Bertolucci narra più storie mantenendo l’alchimia del romanzo in maniera eccezionale: la vita di Marcello,il suo viaggio di nozze e il delitto di stato,la descrizione dell’odissea di un uomo che sembra non desiderare altro che diventare parte della maggioranza oscura e amorfa della gente e che solo alla fine sembra trovare lo spiraglio di luce per capire che ha vissuto una vita all’insegna della menzogna e del conformismo per nulla.
Una fotografia praticamente perfetta, curata da Vittorio Storaro e un cast strepitoso concorrono a rendere Il conformista un film da ricordare;grandissimo Jean Louis Trintignant, che interpreta Marcello, un uomo sconfitto da un errore di gioventù, che pagherà a caro prezzo vivendo una vita da conformista adeguandosi al pensiero comune alla ricerca di approvazione dagli altri.
Bravissima la vitale Stefania Sandrelli che interpreta il lato solare di Marcello, l’alter ego umano e vivo dell’uomo cupo e tormentato che diventerà il suo compagno di vita così come bravissima è Dominique Sanda, l’ambigua moglie del professore che sarà l’amante di Marcello e ancora segnalazione per Gastone Moschin, il viscido Manganiello, per Pierre Clémenti che interpreta Lino Semirama e infine Yvonne Sanson ( la madre di Giulia) e la grande attrice e cantante Milly, che interpreta la madre di Marcello.

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Un film di Bernardo Bertolucci. Con Jean-Louis Trintignant, Stefania Sandrelli, Dominique Sanda, Gastone Moschin, Enzo Tarascio,Yvonne Sanson, Fosco Giachetti, Giuseppe Addobbati, Carlo Gaddi, Massimo Sarchielli, Alessandro Haber, Christian Alegny, Benedetto Benedetti, José Quaglio, Pierre Clémenti, Luciano Rossi, Milly, Orso Maria Guerrini Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 116 min. – Italia 1970.

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Il conformista banner protagonisti

Jean-Louis Trintignant: Marcello Clerici
Stefania Sandrelli: Giulia
Dominique Sanda: Anna Quadri
Gastone Moschin: agente speciale Manganiello
Pierre Clémenti: Lino Semirama
Enzo Tarascio: Luca Quadri
José Quaglio: Italo Montanari
Fosco Giachetti: il colonnello
Yvonne Sanson: la madre di Giulia
Milly: la madre di Marcello
Giuseppe Addobbati: il padre di Marcello
Antonio Maestri: Don Lattanzi
Christian Aligny: Raoul
Pasquale Fortunato: Marcello a 13 anni
Alessandro Haber: Senigallia, il cieco ubriaco

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Sergio Graziani: Marcello Clerici
Rita Savagnone: Anna Qaudri
Giuseppe Rinaldi: Italo Montanari
Arturo Dominici: il colonnello
Lydia Simoneschi: la madre di Giulia

Regia Bernardo Bertolucci
Soggetto Alberto Moravia (romanzo)
Sceneggiatura Bernardo Bertolucci
Produttore Maurizio Lodi-Fè
Produttore esecutivo Giovanni Bertolucci
Casa di produzione Mars Film, Marianne Productions, Maran Film
Fotografia Vittorio Storaro
Montaggio Franco Arcalli
Musiche Georges Delerue
Scenografia Ferdinando Scarfiotti
Costumi Gitt Magrini

Il conformista banner dal romanzo

“Nel tempo della sua fanciullezza, Marcello era affascinato dagli oggetti come una gazza. Forse perché, a casa, più per indifferenza che per austerità, i genitori non avevano mai pensato a soddisfare il suo istinto di proprietà; o, forse, perché altri istinti più profondi e ancora oscuri si mascheravano in lui da avidità; egli era continuamente assalito da voglie furiose per gli oggetti più diversi.”

“Ma, tornò a domandarsi, sarebbe forse stato possibile che le cose avessero potuto andare altrimenti? No, non sarebbe stato possibile, pensò ancora, a guisa di risposta. Lino aveva dovuto insidiare la sua innocenza e lui, per difendersi, aveva dovuto ucciderlo, e poi, per liberarsi dal senso di anormalità che ne era derivato, aveva dovuto ricercare la normalità nel modo che l’aveva cercata; e per ottenere questa normalità aveva dovuto pagare un prezzo corrispondente al fardello di anormalità dal quale aveva inteso liberarsi; e questo prezzo era stata la morte di Quadri”. In questo senso la normalità “era proprio questo affannoso quanto vano desiderio di giustificare la propria vita insidiata dalla colpa originaria”.

” …se la montagna venisse rimossa, il sole farebbe sorridere le acque; ma la montagna è sempre là e il lago è triste “.

” Tutti, pensò, dovevano recitare la loro parte e soltanto in questo modo il mondo poteva durare “.

” La malinconia, egli l’aveva addosso, come una seconda pelle, più sensibile di quella vera… “.

” …io sono come quel fuoco, laggiù nella notte… divamperò e mi spegnerò senza ragione, senza seguito… “.

” …ed egli, in un solo sguardo, ebbe il senso della sua bellezza come di qualche cosa che gli era destinata da sempre… “.

” Il desiderio non era in realtà che l’aiuto decisivo e potente della natura a qualcosa che esisteva prima di essa e senza di essa “.

” Quando si dice fatalità si dicono appunto tutte queste cose, l’amore e il resto… “.

” Si sentiva stanco e stranamente trasognato, come se in mezzo a quella folla e a quel tumulto, egli si fosse portato dietro una sfera di solitudine trasparente e invisibile ma infrangibile, dalla quale non gli era possibile uscire “.

Il conformista banner recensioni

L’opinione di Antonio Canzoniere dal sito http://www.mymovies.com

Nella Roma fascista del ’38, Marcello Clerici, professore di filosofia e promesso sposo di Giulia, piccolo borghese solare e civettuola, ottiene una missione per conto dell’OVRA: uccidere il suo vecchio professore, dissidente politico residente a Parigi. S’innamorerà di Anna, la moglie del vecchio docente, attraente quanto ambigua, che intreccerà rapporti morbosi con Marcello e consorte. Alla fine scoprirà la verità su un risvolto del suo passato. Tratto dall’omonimo romanzo di Alberto Moravia, che viene sovvertito nei temi e nel contenuto, il film segna l’inizio della serie dei capolavori del grande Bertolucci. Diviso tra una grigia Roma mussoliniana e una Parigi luminosa ed esistenzialista illuminate dalle luci di stampo espressionista del grande Vittorio Storaro, questo opus n.8 è, nonostante il protagonista voglia essere un conformista, un inno all’anticonformismo, alla libertà di amore, pensiero e dell’essere sé stessi. E’ il dramma di un’esistenza tormentata che non trova appoggi e che sembra perfino rifiutarli in un certo senso: Marcello, sconvolto da un trauma infantile, non riesce a non ricordare l’autista che tentò di violentarlo e sfogandosi sparandolo, trova nella violenza un’ancora disperata, fuori dalla religione e dagli affetti. L’unico sprazzo di vita e di libertà che gli passerà davanti sarà l’infatuazione per la moglie del professore, che però lascerà morire per mano dei sicari fascisti nell’imboscata in Savoia. Opera cinefila in ogni senso, omaggia l’espressionismo tedesco da Stenberg fino ad Ophuls ed immancabilmente, Il disprezzo di Godard. Trintignant straordinario, Sandrelli fantastica, Sanda celestiale, ammirevole Moschin. Nomination al Golden Globe come miglior film straniero e all’Oscar per la miglior sceneggiatura non originale. La magnifica sequenza del ballo è girata nei sobborghi di Parigi.
L’opinione di Crimson dal sito http://www.filmscoop.it

Il regista torna a lavorare sull’identità dopo ‘Partner’; stavolta il riferimento letterario è l’omonimo romanzo di Moravia e non c’è un chiaro omaggio a Dostoevskij, ciononostante è pur presente l’ennesimo lavoro sulle ombre e perché no, sul doppio – la coscienza del protagonista ha la possibilità di redimersi non nella fede e neppure nella società come lui confessa candidamente di aspirare a giungere, ma nella fiducia dei due coniugi che contribuisce ad uccidere in modo agghiacciante. Omertoso e vigliacco fino in fondo, precipita al livello più basso della dignità, banderuola priva di personalità.
Ancora un lavoro sottile e acuto su realtà e ombra, sulla falsa riga dell’intramontabile “uomo della caverna” del citato Platone. La stessa ombra che scompare col primo raggio di sole metaforico che nella realtà appartiene all’evento cardine della fine della dittatura fascista. In quel preciso momento Marcello si dissolve e da delatore cerca disperatamente, ormai nel baratro, di riappropriarsi dell’immagine di normalità che ha tanto rincorso con tutte le sue forze.
Stavolta Bertolucci sul piano formale non strizza l’occhio a Godard ma mostra già di aver raggiunto una cifra stilistica matura di tutto rispetto. Il film è tecnicamente ineccepibile e la sequenza del brutale omicidio di Quadri totalmente mancante di emozione, scioccante come poche.
Rispetto alla prima visione ho ritrovato le stesse sensazioni ma avevo rimosso la figura indispensabile di Anna – lei che è a conoscenza, più a fondo del marito, del ruolo di Marcello ma che sembra non voler considerare, ingenuamente, che questa attrazione animale e irrazionale la condurrà inevitabilmente alla morte. E’ una donna che vive sul presentimento ma non comprende la crudeltà fino alle pugnalate ricevute dal marito e alla successiva corsa per la salvezza. L’incrocio di sguardi con Marcello è indescrivibile, la punta di diamante che eleva questo film da bellissimo a capolavoro.
‘Il Conformista’ non solo racconta dello smarrimento dell’identità e della possibilità che gli altri ci danno per renderci conto in extremis del reale valore della parola ‘normalità’ contrapposta a ‘individualità’, non solo rende conto che in determinati periodi storici in cui si afferma una mentalità egemone c’è sempre chi è pronto a inabissarsi tra le piaghe della mancanza di ideali, riflessione e confronto, ma pone le basi per considerare più genericamente quanto la cieca uniformità ad un Credo (politico, religioso) possa svilire l’uomo e renderlo ignobile.
Magistrale la sequenza della confessione di Marcello. Egli mostra di essere ateo non come risultato di una riflessione approfondita, ma come abitudine. Diffida della Chiesa perché intende essere assolto dalla società. Ciò che ricorda essere stato un omicidio è l’episodio che ha cambiato per sempre la propria vita. Il rifiuto della propria omosessualità latente lo ha spinto verso l’insoddisfazione e la conseguente ricerca ossessiva della “normalità”. Famiglia, stabilità, a tutti i costi. Paradigma che accomuna chi ha come unico obiettivo nella vita quello di essere qualcuno agli occhi degli altri. Marcello è tale. Non ha sentimenti di amore, la relazione con Giulia è assolutamente priva di calore. Egli la considera piccolo-borghese meschina e mediocre, e non a torto. Sua moglie è una ragazzina viziata e conformista quanto lui, ma a basso profilo. Si auto compiace del ruolo di donna che vive all’ombra del marito, che deve assuefarsi economicamente e filosoficamente ai valori che quel tipo di società che la culla le impone. E soccombe senza mai porsi la domanda. Il suo è un conformismo che non prevede la lotta per accaparrarsi un ruolo nella società, essendo fin dall’infanzia stata educata ad autolimitarsi conformemente alla concezione che solo al futuro marito pertiene quell’ambizione. E la sua bassezza morale si conferma in toto quando racconta a Marcello che in fondo aveva capito che l’omicidio dei coniugi Quadri era stata ordita da lui, eppure confessa candidamente che avendo pensato che potesse servirgli per fare carriera ha implicitamente e vergognosamente taciuto. Imputa a coloro che festeggiano la caduta di Mussolini di essere ipocriti dimenticando di eseguire un esame di realtà su se stessa e sul marito. La stabilità prima di tutto.
Anna vuole Marcello, lo scuote, forse lo ama. Marcello vorrebbe che lei non parta perché sa che Luca Quadri morirà. Quando scopre che anche lei è partita ordina a Manganiello di accelerare perché intende salvarla. Il disorientamento che Marcello prova nei sentimenti per ‘merito’ di Anna è il medesimo che prova sul piano intellettuale per filantropico candore del professore (che sfocia nell’eccesso di sprovvedutezza che gli costerà la vita). Non è un fascista fino in fondo e non lo sarà mai, ma non è neppure un uomo che riesce a guadagnare una dimensione etica, individuale. Resta una figura a metà, nulla, ignava.
La parvenza del cambiamento è sempre dietro l’angolo. Una mano tesa che si infrange contro il muro eretto dalla corruzione morale, cronica e irrimediabile; dall’incapacità di diventare un essere umano uscito dalla caverna. Marcello resta lì, a fissare le ombre.
Jean Louis Trintignant è una maschera. Anima un personaggio raccapricciante, vittima ma colpevole.
Un film sconvolgente, profondo, longevo.
L’opinione di Chinaskj dal sito http://www.filmtv.it

Un uomo si deve recare a Parigi per uccidere il suo ex professore di filosofia, fuggito dall’Italia quando il fascismo ha preso il potere. Questo uomo, ambiguo e mediocre, si chiama Marcello Clerici ed è il simbolo della ricerca di quella normalità borghese cara a tanta parte della nostra popolazione. Rivedere a quaranta anni di distanza Il Conformista di Bertolucci è come accorgersi che il tempo non è passato, che nulla è cambiato. Che quella mediocrità esistenziale è diventata uno stile di vita, che quel servilismo al potere è diventato la morale dei nostri giorni. E in più c’è il rimpianto per la grandezza di un cinema (nelle idee, nello stile, nella forza espressiva, nella denuncia aperta) che da decenni ha smesso di vivere.
Bertolucci esaminava il fascismo e lo combatteva dall’interno, negli istinti, nelle pulsioni (omo)sessuali represse, come se la vera liberazione potesse arrivare solo attraverso la presa di coscienza del proprio istinto, dei propri desideri, Dominique Sanda e Stefania Sandrelli che ballano, la distruzione delle gabbie borghesi doveva avvenire attraverso l’esplosione erotica, ci penserà un paio di anni dopo Marlon Brando, sempre a Parigi, in un appartamento in affitto in Rue Jules Verne.
I luoghi e i volti del fascismo si astraggono, diventano grotteschi (quello di Gastone Moschin che interpreta Manganiello) e metafisici (le sequenze girate nel Palazzo dei Congressi a Roma) come i ricordi di un sogno, Parigi evoca la nostalgia di un mondo perduto eppure ancora vitale, dove le fantasie sessuali possono diventare reali, l’attrazione fisica elimina le distanze, supera le barriere ideologiche, elude lo scontro politico, la lotta diventa quella dei corpi per il raggiungimento del piacere, dell’orgasmo.
I boschi dove verrà ucciso il professor Quadri, il respiro degli alberi, il montaggio di Franco Arcalli, il cambiamento continuo della visuale, gli uomini in nero che arrivano, i coltelli, il fiato che si condensa, la corsa folle di una donna che diventa una preda animale che fugge.
Il mito della caverna di Platone, il professor Quadri che rimprovera a Marcello Clerici l’illusorietà della vita sociale italiana durante il fascismo, siamo ancora incatenati in quella caverna e le ombre non passano più su una delle sue pareti, ma su uno schermo televisivo e noi continuiamo a credere che quanto vediamo sia la realtà, l’unica e la sola possibile.

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“Ma che t’aspetti dal matrimonio?Vedi, l’impressione della normalità.”

“La normalità… Voglio costruire la mia normalità, faticosamente…”

“È strano, però… Tutti vorrebbero sembrare diversi dagli altri e tu invece vuoi somigliare a tutti.”

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marzo 7, 2014 Posted by | Drammatico | , , , , | Lascia un commento

Delitto d’amore

Nullo e Carmela sono due giovani dipendenti di una fabbrica dell’hinterland di Milano.
I due sono diversissimi come mentalità, essendo il primo settentrionale mentre Carmela è una donna siciliana di vecchio stampo, con un codice morale rigoroso.
Carmela è emigrata a Milano, dove conduce una vita dimessa, tipica degli operai delle fabbriche come del resto Nullo che paga l’affitto alla sua numerosa famiglia.
I due, pur così diversi, finiscono per innamorarsi.
Ma l’unione tra i due giovani, pur così piena d’amore, finisce per avere dei problemi gravi legati alle differenze culturali dei due gioani.
Mentre Nullo è consapevole della sua esistenza meschina, oppressa da un lavoro senza alcuna soddisfazione e per giunta anche pericoloso, Carmela sembra accettare con rassegnazione il suo destino.
Nullo è un anarchico, un ateo mentre Carmela vive con fermezza la sua fede e difende i valori morali in cui crede.
I due si lasciano ma Nullo è profondamente innamorato della donna e riesce a riconquistarla.
Ma è troppo tardi perchè Carmela, avvelenata dall’ambiente della fabbrica nella quale lavora sta per morire; Nullo la sposa sul letto di morte e subito dopo prende una pistola e uccide il padrone della fabbrica.

Sullo sfondo di una Milano dei sobborghi, grigia e triste, nebbiosa e alienante con i palazzoni tutti uguali costruiti su scenari lunari Luigi Comencini gira un film coraggioso parlando delle morti bianche sul lavoro, uno dei fenomeni più tristi dell’industrializzazione del nostro paese.
Tutto l’ambiente è malsano nel film e a fare da contraltare c’è solo la storia d’amore tra i due giovani, che riescono in qualche modo a colmare il fossato delle loro esperienze, delle loro educazioni e delle loro culture così profondamente diverse attraverso l’unico sentimento capace di unire aldilà delle differenze, ovvero l’amore.
E in effetti questo di Comencini è  un film sulle condizioni di vita alienanti e mortali delle fabbriche, ma è anche e sopratutto una visione quasi commossa del piccolo mondo che ruota attorno alle vite di Nullo e Carmela.
Alcuni momenti sono davvero felici, come le titubanze e i pudori di Carmela nel momento in cui decide di concedersi al suo uomo, preda di ataviche paure e di pudori impressi quasi nella genetica oppure le scene in cui Nullo immagina il loro futuro in uno dei palazzoni della periferia milanese, cosi grigi e tutti uguali, con attorno campi desolati in cui l’uomo vede il futuro, con la costruzione di una chiesa, di negozi e un piccolo parco giochi.
Comencini per qualche tratto lascia immaginare il futuro della coppia, nonostante la forzata separazione tra i due che prelude alla riappacificazione prima di sferrare il colpo finale: tra Nullo e Carmela c’è l’amore, è vero, ma c’è anche la loro condizione di operai sfruttati con orari disumani e sopratutto con condizioni illegali di vita all’interno di fabbriche che sembrano l’anticamera di un lager nazista.


E sarà proprio la fabbrica a distruggere le loro vite per sempre perchè Carmela, intossicata dall’aria mortale della fabbrica finirà per spegnersi sul letto della casa di Nullo, circondata dai parenti e vestita di tutto punto per il matrimonio.
Una sequenza straziante e a tratti anche beffarda, perchè i parenti prima fanno gli auguri a Nullo e qualche minuto dopo sono costretti a fargli le condoglianze perchè subito dopo il “lo voglio” Carmela si spegne.
Luigi Comencini è stato uno dei più grandi maestri del cinema e lo dimostra con questo Delitto d’amore, datato 1974,un film amaro, tenero e struggente quanto privo di speranza e disillusioni.

Una splendida Stefania Sandrelli interpreta Carmela

Non a caso il finale resta sospeso nell’aria, con quel colpo di pistola che Nullo spara all’invisibile proprietario della fabbrica, responsabile del degrado della fabbrica stessa a tutto vantaggio del profitto.
Siamo negli anni 70, gli anni di piombo e della denuncia dei sindacati delle proibitive condizioni di vita delle fabbriche stesse e Comencini ci mostra proprio l’ambiente desolato e infernale di uno di questi posti.
C’è una scena in cui Carmela, ingenuamente, si rivolge ad una collega dicendole di non fumare; la donna la guarda con commiserazione e le risponde che con tutti i veleni che respirano forse il fumo è il meno pericoloso.
Ecco, una delle chiavi di lettura del film è proprio questa, ovvero la capacità di Comencini di mescolare l’amarezza che sente e prova con un sentimento di rabbia mista a compassione senza però trasformarla in immagini che possano far deviare il suo film dal binario che si è imposto.
Comencini vuol raccontare una storia d’amore, una storia di culture differenti, una storia di lavoro alienante: lo fa con il suo consueto linguaggio cinematografico fatto di immagini forti ma allo stesso tempo delicate.
Così il film scorre malinconicamente, perchè noi spettatori intuiamo che i due giovani hanno davanti un destino segnato; l’indignazione ci prende ma si trasforma in rassegnazione man mano che la storia evolve come la tela iniziata da un ragno.
I due protagonisti sognano, litigano, vivono esistenze marginali ai bordi della operosa Milano; tra i due la nostra simpatia, forte, va a Carmela, donna dai sani principi e dalla vita cristallina.

Giuliano Gemma, ottimo interprete del personaggio di Nullo


Ma ben presto proviamo simpatia anche per Nullo, che è uomo d’onore e di principi, nonostante sia politicamente un cane sciolto e sia lontanissimo da qualsiasi ideale religioso.
Comencini scommete su un film ad ambientazione proletaria e operaia quindi, intessendolo su una storia d’amore; vince la scommessa due volte, perchè sceglie come protagonisti due attori molto differenti fra loro anche come esperienze passate.
Se Stefania Sandrelli aveva alle spalle il ruolo di Agense Ascalone nello splendido film Sedotta e abbandonata di Pietro Germi, ambientato in Sicilia, Giuliano Gemma si era fatto una solida fama principalmente con film western o avventurosi, con qualche rara incursione nel drammatico come in L’amante dell’orsa maggiore.
La coppia, pur così disuguale, funziona a meraviglia e rende al meglio con drammaticità ed espressività i personaggi di Nullo e Carmela.
Lui mostra decisamente una buona predisposizione al drammatico mentre la Sandrelli commuove con un personaggio semplice e ben delineato, mai forzato verso il pietismo.
Il soggetto di Ugo Pirro è affascinante, così come la fotografia di Luigi Kuveiller; malinconiche le musiche di Carlo Rustichelli e le scenografie di Dante Ferretti.


Un cast tecnico di prim’ordine, quindi, mentre il resto del cast cinematografico fa il suo con sobrietà e moderazione.
Delitto d’amore è un gran bel film che si innesta nel filone di denuncia sul lavoro in fabbrica, che aveva avuto nel 1971 la sua massima espressione nel film di Elio Petri La classe operaia va in paradiso; i due film non sono accostabili perchè molto differenti dal punto di vista stilistico e dei contenuti ma hanno entrambi il dono del coraggio.
Da rivedere e da riscoprire
Delitto d’amore
Un film di Luigi Comencini. Con Giuliano Gemma, Stefania Sandrelli, Brizio Montinaro, Renato Scarpa,Rina Franchetti, Pippo Starnazza, Bruno Cattaneo, Carla Mancini Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 98′ min. – Italia 1974.

Stefania Sandrelli: Carmela Santoro
Giuliano Gemma: Nullo Branzi
Brizio Montinaro: Pasquale
Renato Scarpa: Medico della fabbrica
Cesira Abbiati: Adalgisa
Emilio Bonucci: Fratello di Nullo
Rina Franchetti: Madre di Nullo
Walter Valdi: Il sindaco
Pippo Starnazza: Giardiniere della fabbrica

Regia Luigi Comencini
Soggetto Ugo Pirro
Sceneggiatura Ugo Pirro, Luigi Comencini
Distribuzione (Italia) Titanus
Fotografia Luigi Kuveiller
Montaggio Nino Baragli
Musiche Carlo Rustichelli
Scenografia Dante Ferretti
Costumi Dante Ferretti

Soundtrack del film

marzo 3, 2012 Posted by | Drammatico | , , | 1 commento

Quelle strane occasioni

Quelle strane occasioni locandina

Quelle strane occasioni e un film del 1976 strutturato in tre episodi diretti da tre ottimi registi italiani, ovvero Nanni Loy, Luigi Magni e Luigi Comencini.
Tre episodi in bilico tra la tradizionale commedia all’italiana e la commedia sexy, a cui strizza l’occhio in particolare l’episodio 1, diretto da Nanni Loy ma non firmato dal regista, sicuramente a disagio sia per la tematica trattata sia per le scene di nudo presenti nello stesso episodio.

Episodio 1, Italian Superman

Quelle strane occasioni 9Paolo Villaggio e Valeria Moriconi

Giobatta è uno sfigato venditore di castagnaccio, da lui soprannominato kastanjakken, che ha scelto l’Olanda per vendre il suo prodotto, con ben scarsi risultati.
L’uomo è sposato con Gabriella italiana come lui, che con Giobatta divide una misera abitazione ricavata in un barcone ancorato in uno dei canali di Amsterdam.
Nonostante la buona volontà, Giobatta fatica a sbarcare il lunario; ma una sera le cose cambiano radicalmente.
Un gruppo di teppisti lo deruba, ma durante la perquisizione corporale a cui viene sottoposto lo sventurato italiano, uno dei rapinatori si rende conto che Giobatta ha una dote molto particolare, ovvero è un superdotato sessualmente.

Quelle strane occasioni 1

Così Giobatta viene trasportato di peso dal proprietario di un locale notturno dove si esibiscono coppie in live show, spettacoli in cui una coppia si produce in performance sessuali dal vivo.
Giobatta fa credere alla moglie di aver venduto tutti i suoi prodotti alla regina d’ Olanda, ma dopo qualche giorno le sue bugie vengono clamorosamente a galla.
Gabriella infatti, abituata a spremere sessualmente come un limone il marito, si rende conto che l’uomo non riesce più ad accontentarla.
Così dopo averlo seguito, scopre la verità sul lavoro dell’uomo.

Quelle strane occasioni 2

Ne segue una furibonda lite, durante la quale Giobatta fa presente alla moglie la loro nuova situazione economica; la coppia infatti ora ha una nuova lavatrice, la tv a colori, vive decisamente meglio rispetto al passato, ai giorni in cui Giobatta era costretto a vendere qualche pezzo di castagnaccio.
La donna così decide di diventare lei la partner del marito nei live show, ma Giobatta, intimidito dalla presenza della moglie, non riesce a ripetere gli exploit precedenti.
Malinconicamente, sarà costretto a fare il portiere e a reclamizzare la moglie che si esibisce con un forzuto turco.

Episodio 2, Il cavalluccio svedese.

Quelle strane occasioni 4
Jinny Steffan
è Cristina

Antonio è un professionista dalla mentalità molto retrograda; è sposato con la bellissima Giovanna della quale è gelosissimo e ha una figlia, Paola, che controlla in maniera addirittura ossessiva.
L’ipocrita equilibrio della famiglia, in cui madre e figlia sono costrette a vivere, nascondendo la loro vita privata ad Antonio, viene rotto definitivamente da Cristina.
La ragazza, figlia di un collega con cui Antonio ha lavorato in Svezia, amico anche di Giovanna, arriva all’improvviso in casa di antonio proprio mentre madre e figlia sono assenti.

Quelle strane occasioni 5

Quelle strane occasioni 14
Olga Karlatos è Giovanna

La ragazza, disinibita e sfrontata, rivela la sera durante la cena che da piccola aveva preso una cotta per Antonio.
Così la notte, complice un furioso temporale, la ragazza si infila nel letto di Antonio.
Al risveglio l’indomani Antonio riceve la telefonata di Paola, che sentendo rispondere al telefono Cristina e sentendo il padre ansimante, mangia la foglia e racconta al padre di essere rimasta a casa di un suo amico.
Antonio è costretto così a ingoiare il rospo; l’uomo infatti ha raccontato a Cristina l’esatto opposto sui rapprti esistenti in famiglia.
La ragazza, credendo che la famiglia sia disinibita come la sua, racconta ad Antonio che suo padre ha avuto una breve ma intensa relazione con Giovanna.
Al ritorno della moglie, l’evidente malumore di Antonio si manifesta in un laconico “io faccio finta di non sapere, ma quando voglio so tutto”

Episodio 3, L’ascensore.

Quelle strane occasioni 15 Alberto Sordi

Quelle strane occasioni 3Stefania Sandrelli è Donatella

Siamo a Roma, in un torrido week end di ferragosto, in uno stabile elegante della città si incontrano casualmente Mons.Ascanio, in visita alla sua amante (una bellissima vedova) e Donatella, una avvenente abitante dello stabile.
I due prendono l’ascensore, che durante la salita si blocca.
Nonostante i due prigionieri chiedano ripetutamente aiuto, nessuno ascolta l’appello.
Così alla fine anche se a malincuore Mons. Ascanio e Donatella sono costretti a coabitare in attesa di soccorsi.
Che però non arrivano; complice lo spazio ristretto in cui i due sono costretti a vivere, accade il fattaccio.
I due verranno liberati solo dopo molte ore; Ascanio così può raggiungere la sua amante, alla quale raccomanda di cambiare le molle del letto, perchè Donatella sa che in casa della donna arriva un misterioso amante con il quale la bella vedova si da alla pazza gioia.

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Nino Manfredi

I tre episodi, molto diversi tra loro, ma con una sola tematica di fondo, il sesso visto come elemento aggregante ma anche discriminante e soggetto ideale per un discorso molto vario sull’ipocrisia e perbenismo che circonda la materia, possono essere considerati  gradevoli, anche se siamo lontani da discorsi impegnati sulla reale portata del problema.
Sicuramente il più riuscito è Italian superman, diretto da Nanni Loy, non tanto per la tematica trattata, quanto per le situazioni paradossali in cui vengono a trovarsi i coniugi protagonisti dello sketch.
Ottimo Paolo Villaggio, anche se per l’ennesima volta il suo personaggio è troppo simile a Fantozzi mentre sicuramente scalore desta la parte della bravissima valeria Moriconi alle prese con un personaggio scabroso.
L’attrice esibisce splendidi nudi, anche se non viene mai ripresa in primo piano; bene anche Flavio Bucci, che compare nei panni del direttore del locale porno.

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Di buona fattura l’episodio 2, Il cavalluccio svedese, diretto da Luigi Magni con mano leggera e piglio ironico.
Nei rapporti tra la famiglia Pecoraro il regista inserisce l’elemento sessuale come discriminante dei rapporti interni alla famiglia stessa; l’ipocrisia che vi regna non troverà soluzione nemmeno nel finale, quando Antonio scoprirà come le due donne di casa in realtà abbiano una doppia vita.
Paola è la figlia ribelle, Giovanna la moglie adultera; entrambe però probabilmente hanno una giustificazione per le loro gesta, ovvero quella gelosia morbosa che attanaglia Antonio.
Il discorso non è ampliato, ma l’episodio è più girato tra le righe che esplicitamente.
Bene sicuramente Manfredi, bellissima la Karlatos.
Luigi Comencini è il regista del terzo episodio; riesce ad imbastire un sottile e amaro apologo sull’ipocrisia attraverso i dialoghi che intrecorrono tra Alberto Sordi e Stefania Sandrelli, gli ottimi protagonisti dell’episodio stesso.
Regia asciutta, divertita: Comencini non si sforza troppo affidando ai due attori il compito di alleggerire l’atmosfera claustrofobica dell’episodio stesso, tutto girato in un ascensore.
In ultima analisi un film di discreto livello, godibile, ben recitato .

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Quelle strane occasioni, un film di Luigi Comencini, Luigi Magni. Con Nino Manfredi, Valeria Moriconi, Paolo Villaggio, Alberto Sordi, Stefania Sandrelli, Olga Karlatos, Beba Loncar, Giovannella Grifeo
Commedia a episodi, durata 115 min. – Italia 1976.

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Quelle strane occasioni banner protagonisti

Episodio 1:

Paolo Villaggio    …     Giobatta
Lars Bloch… Gestore locale
Valeria Moriconi    … Gabriella moglie di giobatta
Flavio Bucci    …     Réné Bernard il direttore del locale

Episodio 2:

Nino Manfredi    …     Antonio Pecoraro
Olga Karlatos    …     Giovanna
Giovannella Grifeo    …     Paola
Jinny Steffan    …     Cristina

Episodio 3:

Alberto Sordi    …     Mons. Ascanio La Costa
Stefania Sandrelli    …     Donatella
Beba Loncar    …     Vedova Adami

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Regia     Luigi Comencini, Nanni Loy, Luigi Magni
Soggetto     Sergio Corbucci, Rodolfo Sonego
Sceneggiatura     Leo Benvenuti, Piero De Bernardi, Rodolfo Sonego
Produttore     Fausto Saraceni
Fotografia     Armando Nannuzzi, Claudio Ragona, Aldo Tonti
Montaggio     Nino Baragli, Franco Fraticelli, Ruggero Mastroianni
Musiche     Piero Piccioni

Le recensioni qui sotto appartengono al sito http://www.davinotti.com

TUTTI I DIRITTI RISERVATI


Non visto per oltre un trentennio: potevo tranquillamente allungare il periodo. Pessimo l’episodio con Villaggio (male sfruttata la Moriconi). Mediocre quello, telefonato, con Manfredi (si salvano le dinamiche dei primi minuti: poi, se non ci fosse il protagonista a usare con maestrìa tempi e espressioni, sarebbe inguardabile). Mediocre pure quello con Sordi, che esagera, salvandosi solo nella “confessione” e nel finale, con biglietto da visita e teoria del libero arbitrio.

Tre episodi di qualità altalenante, anche se – in generale – realizzati con certa cura. Mattatore dell’intera operazione è Nanni Loy, all’opera con Villaggio per dare corso al segmento più divertente e riuscito (Italian superman). Segue il peggior pezzo della trilogia (Il cavalluccio svedese), nel quale Manfredi non viene valorizzato come meriterebbe. A finire un Sordi monotematico, limitato da una sceneggiatura contenuta a causa di una location quasi claustrofobica (L’ascensore). Si ricorda, però, di quest’ultima parte l’affascinante presenza della Sandrelli, in un ruolo “perturbante”.

Tre episodi: il superdotato Villaggio in versione pornocomica (regia di Loy, non firmata); l’architetto Manfredi insidiato da una giovane svedese (Magni); il monsignore Sordi chiuso in ascensore con una spregiudicata ragazza (Comencini). Nel complesso il film è piuttosto scarso nonostante i tre pezzi da novanta coinvolti. L’episodio migliore rimane, nonostante tutto, il terzo, in cui Sordi può disegnare sottilmente un altra maschera delle sue, senza la grossolanità del primo o la piattezza del secondo.

Una commedia non troppo riuscita e assai poco originale: l’episodio con Villaggio è volgare e fantozziano, quello di Manfredi scontato e senza mordente. Decisamente meglio l’ultimo, “L’ascensore”, con un Sordi monsignore alle prese con una scosciatissima e vacanziera Stefania Sandrelli.

Viste le firme e gli interpreti a disposizione una cocente delusione. Di risate, infatti, se ne fanno poche e la colpa non è solo degli attori un po’ sottotono ma anche e soprattutto di una sceneggiatura bolsa e poco originale priva di verve e di mordente. Non è certo inguardabile ma avrebbe potuto essere ben altro.

Commedia ad episodi non eccelsa ma neppure disprezzabile. Il top è raggiunto dall’episodio di Nino Manfredi, divertente e non volgare, con la splendida Jinny Steffan a fare da spalla. Dalle parti della sufficienza gli altri due: risicata nel caso di “Italian superman”, poco più che una barzelletta, abbondante, in “L’ascensore”, un po’ prolisso ma con qualche trovata niente male. In ogni caso bravissimi i tre protagonisti (anche se Villaggio non fa che riproporre il suo solito personaggio in stile Fantozzi) e ottima la fotografia. Si può vedere.

Un tris di episodi natalizi (cinepanettone ’76) a mio parere ben confezionati, grazie anche alla presenza di attori di peso ed anche a una manifestazione di erotismo per i tempi piuttosto esplicita. Il primo episodio con Villaggio, (Italian superman) è un mio piccolo culto ed è molto divertente, ma il secondo con Manfredi (il cavalluccio svedese) è il mio preferito, poiché il suo sottile umorismo romanesco qui trova la massima espressione. Il terzo episodio con Sordi, (L’ascensore) è curioso ed eroticamente stuzzicante.

febbraio 7, 2011 Posted by | Commedia | , , , , , , , , | 2 commenti

Una donna allo specchio

Una donna allo specchio locandina

Mini recensione per un film su cui davvero c’è ben poco da dire. Mentre a Ivrea sta per svolgersi il tradizionale carnevale, con conseguente battaglia a colpi di arance, nella città arrivano, separatamente, Fabio e Manuela.
Lui lavora al sud, ed è arrivato nella città solo per svagarsi, lei è una bella donna, alla ricerca di evasione.

Una donna allo specchio 1
Stefania Sandrelli, Manuela

Una donna allo specchio 2Marzio Honorato, Fabio

Tra i due scoppia irrefrenabile la passione, che si traduce in incontri amorosi al calor bianco; entrambi sanno che la loro storia non potrà avere un futuro, pertanto si lasciano andare all’estasi dei sensi, confessandosi reciprocamente segreti e abbandonandosi all’eros.
Arriva la fine della tre giorni, e tra i due, com’era nell’ordine delle cose stabilito all’inizio, la storia ha termine; i due si separano senza ripensamenti.

Una donna allo specchio 3

Trama scarna ed essenziale, per questo film di Paolo Quaregna, sceneggiato con Fabio Carlini, Barbara Alberti e uscito nelle sale nel 1984.
Una donna allo specchio è un film monotono, a cui è difficile riconoscere un solo merito, se non quello di aver portato sullo schermo le abbondanti forme della Sandrelli; il resto è noia allo stato puro,apparendo come un’operazione commerciale seguita al clamoroso successo del brassiano La chiave.

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Se la Sandrelli ci mette la sua professionalità e la sua matura e sensuale bellezza, Marzio Honorato appare un pesce fuor d’acqua, anche in palese disagio nelle torride scene di sesso, che però di erotico hanno poco essendo glaciali come un iceberg.
I momenti migliori del film sono quelli che vedono protagonisti gli “arancieri” impegnati in una folle battaglia, gli unici che si divertono nel film.
Pellicola scarna, poco interessante, che avrebbe potuto essere girata anche in mezz’ora, vista la pochezza della trama e del resto.

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Unica vera menzione di merito per la splendida colonna sonora di Gino Paoli.
Una donna allo specchio,un film di Paolo Quaregna. Con Stefania Sandrelli, Marzio Honorato, Paolo Quaregna Erotico, durata 93 min. – Italia 1984.

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Stefania Sandrelli: Manuela
Marzio Honorato: Fabio

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Regia Paolo Quaregna
Sceneggiatura Barbara Alberti, Fabio Carlini, Paolo Quaregna
Produttore Enzo Gallo
Casa di produzione Grandangolo Soc. Cooperativa a.r.l.
Fotografia Claudio Cirillo
Montaggio Antonio Siciliano
Musiche Gino Paoli
Scenografia Elio Micheli
Costumi Vera Cozzolino
Trucco Giancarlo Marin

marzo 10, 2010 Posted by | Erotico, Senza Categoria | , | Lascia un commento

Novecento

Novecento locandina 1

Un gigantesco affresco, che copre quasi 50 anni della storia italiana, dal 1900 alla fine della seconda guerra mondiale, con la liberazione dal fascismo.

Questo è Novecento, uno dei capolavori assoluti della storia del cinema italiano, uno dei primi cinque, senza dubbio.Un’opera corale, che racconta attraverso le vite di Alfredo Berlinghieri, figlio di Giovanni e nipote di Alfredo, grande proprietario terriero dell’Emilia e Olmo Dalcò, figlio di Rosina e di nessun padre, o di cento, racconta dicevo le loro vite ma sopratutto racconta la miseria e le difficoltà di vita dei contadini agli inizi del secolo, le sperequazioni, le prime lotte operaie e le prime rivendicazioni sindacali, insomma tutto il contesto storico politico dell’Italia pre fascista.

Novecento 1Burt Lancaster è il  Nonno Alfredo Berlinghieri, il proprietario terriero

Novecento 2

Una storia che inizia appunto con l’amicizia impossibile tra il ricco Alfredo e il contadino Olmo, i loro sogni e le loro vite parallele ma inevitabilmente e indissolubilmente legate , i loro amori, le loro delusioni.

In mezzo, tante vite parallele e contingenti: quella di Alfredo Berlinghieri , l’uomo che da il via alla saga, duro ma giusto, ricco ma rispettoso dei sacrifici dei suoi contadini. Quella di Giovanni, figlio minore di Alfredo , bramoso di ricchezza, assolutamente contrario a qualsiasi concessione ai contadini di una parvenza di dignità, quella di Attila Melanchini, il fattore crudele, bieco, come l’ideologia che finirà per rappresentare.

Novecento bRomolo Valli: Giovanni, figlio minore di Alfredo

Novecento cRoberto Maccari è Olmo da ragazzo

Sono solo alcuni dei personaggi che si muovono nel film, i più rappresentativi, ma che si collegano ad altri ugualmente importanti in una storia che li coinvolge tutti, comparse o protagonisti di primo piano di una tragedia, che allo stesso tempo è semplicemente la semplice vita di gente che si è trovata a vivere un’epoca di grandi cambiamenti storico politici.

Così prendono vita personaggi sullo sfondo di uno scenario grandioso, come Ada Fiastri Paulhan, moglie di Alfredo, giovane idealista innamorata del marito, che però lascerà incolpandolo di essere indifferente di fronte alla brutalità del fascismo, o come quello di Anita Furlan, moglie di Olmo donna istruita, una rarità per la civiltà contadina dell’epoca, che dedica il suo tempo all’istruzione dei piccoli, ma anche dei grandi, che cerca di spiegare ai contadini, che accettare supinamente il volere dei padroni significa consegnarsi allo sfruttamento e all’ignoranza.

Novecento dStefania Sandrelli è Anita, Gerard Depardieu è Olmo

Novecento eAl centro, Robert De Niro è Alfredo

Ci sono poi i personaggi negativi, cattivi in assoluto, incapaci del minimo senso di umanità, vere e proprie Erinni, come Regina, figlia di Amelia , sorella di Eleonora moglie di Giovanni, il padre di Alfredo e quindi sua cugina, vittima ma anche complice dello spietato e abietto Attila, del quale diverrà complice nei più odiosi delitti.

Tanti personaggi, legati l’un l’altro da vincoli di parentela, di amicizia , di semplice conoscenza, che si muovono in quel mondo rurale primitivo, che vive a contatto della natura, che segue l’evolversi delle stagioni, retto da un’ordine quasi feudale, con il ricco destinato ad una vita facile e il povero costretto secolarmente a vivere solo di quel poco che la terra da lui lavorata produce.

Novecento 8Stefania Casini è Neve, la lavandaia

Novecento 0

Bertolucci intreccia tutte queste vite, creando, attraverso 320 minuti di gran cinema, una storia potente come poche, magnificamente illustrata da una fotografia che sembra seguire l’alternanza delle stagioni; ma l’indubbio talento, il saper dirigere con mano svelta, l’aiuto di una sceneggiatura di prim’ordine, a cui collaborarono lo stesso Bernardo, suo fratello Giuseppe e Franco Arcalli, da soli non sarebbero bastati se lo stesso regista non avesse scelto un cast assolutamente straordinario per mettere in scena una rappresentazione credibile.

Novecento 9

Novecento 11Dominique Sanda è Ada Fiastri Paulhan, moglie di Alfredo

Così sceglie con acume e affida il compito più difficile, quello di interpretare Alfredo e Olmo, a un giovane Robert De Niro e a Gerard Depardieu. I due lavorano talmente bene che ben presto i personaggi che interpretano divenatno, per lo spettatore, quasi dei volti amici. Si parteggia per loro e si arriva ad odiare i perfidi Attila e Regina, due splendidi attori come Donald Sutherland e Laura Betti.

Novecento hLaura Betti è Regina, figlia di Amelia

Novecento iDonald Sutherland è Attila Melanchini, il fattore

Accanto a loro Burt Lancaster e Sterlin Hayden, credibilissimo nel ruolo del contadino dei Berlinghieri, Leo Dalcò, il bravissimo Romolo Valli nel ruolo di Giovanni e Alida Valli Stefania Sandrelli, la maestrina che sposerà Olmo e la bellissima, seducente Dominique Sanda, Ada, la moglie di Alfredo. Un cast strepitoso,; così come di grandissimo livello è la fotografia di Storaro.Alla fine, dopo oltre 5 ore di film, si resta con il rimpianto che tutto sia finito con quella scena finale dei due amici che, ormai anziani, continuano a litigare come quando erano bambini.

Novecento, un film di Bernardo Bertolucci. Con Gérard Depardieu, Robert De Niro, Burt Lancaster, Sterling Hayden, José Quaglio, Stefania Sandrelli, Dominique Sanda, Donald Sutherland, Romolo Valli, Alida Valli, Stefania Casini, Francesca Bertini, Paul Branco, Anna Maria Gherardi, Paolo Pavesi, Tiziana Senatore, Liu Biosizio, Roberto Maccanti, Allen Midgette, Laura Betti, Ellen Schwiers, Maria Monti, Antonio Piovanelli, Anna Henkel, Werner Bruhns, Giacomo Rizzo  Drammatico, durata 315 min. – Italia 1976.

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Novecento banner protagonisti

Robert De Niro: Alfredo Berlinghieri, figlio di Giovanni e Eleonora
Gérard Depardieu: Olmo Dalcò, figlio di Rosina
Burt Lancaster: Nonno Alfredo Berlinghieri, il proprietario terriero
Donald Sutherland: Attila Melanchini, il fattore
Dominique Sanda: Ada Fiastri Paulhan, moglie di Alfredo
Alida Valli: Ida Cantarelli Pioppi
Sterling Hayden: Leo Dalcò, contadino dei Berlinghieri
Stefania Sandrelli: Anita Furlan, moglie di Olmo
Werner Bruhns: Ottavio, figlio maggiore di Alfredo
Laura Betti: Regina, figlia di Amelia
Ellen Schwiers: Amelia, sorella di Eleonora
Anna Henkel: Anita, figlia di Olmo
Romolo Valli: Giovanni, figlio minore di Alfredo
Stefania Casini: Neve, la lavandaia
Francesca Bertini: Suor Desolata, sorella di Alfredo
Anna Maria Gherardi: Eleonora, moglie di Giovanni
Paolo Pavesi: Alfredo da ragazzo
Tiziana Senatore: Regina da bambina
Paulo Branco: Orso, figlio maggiore di Leo
Giacomo Rizzo: Rigoletto, il servo gobbo
Antonio Piovanelli: Turo Dalcò
Liù Bosisio: Nella Dalcò
Maria Monti: Rosina Dalcò, nuora di Leo
Roberto Maccari: Olmo da ragazzo
José Quaglio: Aranzini, un proprietario
Pippo Campanini: Don Tarcisio
Patrizia De Clara: Stella
Fabio Garriba: Contadino all’esecuzione di Attila
Sergio Serafini: Un giovane fascista
Carlotta Barilli: Una contadina
Allen Midgette: Vagabondo che scagiona Olmo
Odoardo Dall’Aglio: Oreste Dalcò
Salvatore Mureddu: Capo delle guardie rege
Catherine Kosac: Tondine
Mimmo Poli: Fascista alla riunione in chiesa
Clara Colosimo: La donna che accusa Olmo
Angelo Pellegrino: Il sarto
Pietro Longari Ponzoni: Pioppi

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Regia Bernardo Bertolucci
Soggetto Franco Arcalli, Bernardo Bertolucci, Giuseppe Bertolucci
Sceneggiatura Franco Arcalli, Bernardo Bertolucci, Giuseppe Bertolucci
Produttore Alberto Grimaldi
Casa di produzione Produzioni Europee Associati, Les Productions Artistes Associees, Artemis Film
Distribuzione (Italia) 20th Century Fox
Fotografia Vittorio Storaro
Montaggio Franco Arcalli
Effetti speciali Bruno Battistelli, Luciano Byrd
Musiche Ennio Morricone
Scenografia Maria Paola Maino, Gianni Quaranta, Ezio Frigerio
Costumi Gitt Magrini
Trucco Paolo Borselli, Iole Cecchini, Giannetto De Rossi, Fabrizio Sforza, Maurizio Trani

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Olmo Dalcò, il figlio di Rosina (Gérard Depardieu)
I fascisti non sono mica come i funghi, che nascono così, in una notte. No. I fascisti sono stati i padroni a seminarli: li hanno voluti, li hanno pagati. E coi fascisti i padroni hanno guadagnato sempre di più, al punto che non sapevano più dove metterli, i soldi. Così hanno inventato la guerra , ci hanno mandato in Africa, in Russia, in Grecia, in Albania, in Spagna…ma chi paga siamo sempre noi.

Alfredo Berlinghieri, il figlio di Giovanni e Eleonora (Robert De Niro)
Dei contadini ce n’è bisogno, se no la terra va in malora. Ma il padrone? A cosa serve il padrone?

Ada Fiastri Paulhan, la moglie di Alfredo (Dominique Sanda) e Alfredo Berlinghieri, il figlio di Giovanni e Eleonora (Robert De Niro)
Mio padre ha disegnato la testa del re sui biglietti da dieci: così abbiamo sempre vissuto tra i soldi senza mai averne. Sono orfana. Tre anni fa i miei ebbero la bella idea di organizzare una spedizione alpinistica per milionari e sono scomparsi in un crepaccio sul Monte Bianco. Morti com’erano vissuti: al di sopra dei loro mezzi

Anita Foschi (Stefania Sandrelli)
Donne, l’avete sentito il padrone? La colpa è dei nostri uomini perché sono andati in guerra a farsi accoppare. La colpa è dei braccianti perché non solo lavorano, ma vogliono anche farsi pagare. La colpa è tutta nostra, che abbiamo fame, e ci viene il gozzo e la pellagra. Ed è ancora colpa nostra se ci muoiono due figli su tre. Al padrone gli va ancora bene se prendiamo un po’ del nostro grano e gli lasciamo il resto, per il momento.

Leo Dalcò, il contadino dei Berlinghieri (Sterling Hayden) e Olmo Dalcò, il figlio di Rosina (Gérard Depardieu)
Dalcò Olmo! Olmo, adesso che sei grande..vieni avanti! Ricordati questo: imparerai a leggere e a scrivere, ma resterai sempre Dalcò Olmo, figlio di paesani, andrai a fare il soldato, girerai il mondo, e dovrai anche imparare ad ubbidire, prenderai moglie, eh? ..E faticherai per tirare su i figli… Ma cosa resterai sempre?
Dalcò Olmo!
Dalcò Olmo, paesano! Avete sentito? Niente preti in questa casa.

Alfredo Berlinghieri, il proprietario terriero (Burt Lancaster)
Quando la festa sta per finire, di’ che sono morto. Digli che sono morto, ma che continuino a ballare.

Leo Dalcò, il contadino dei Berlinghieri (Sterling Hayden) e Alfredo Berlinghieri, il proprietario terriero (Burt Lancaster)
Forse la verità è che quando un uomo non fa niente per tutta la vita, ha troppo tempo per pensare.

Novecento banner recensioniL’opinione del Morandini

Atto I: in una fattoria dell’Emilia crescono insieme Olmo, figlio di contadini, e Alfredo, erede del padrone, nati nello stesso giorno del 1900. Dopo i primi scioperi nei campi e la guerra 1915-18, il fascismo agrario dà una mano ai padroni. I due giovani si sposano. Atto II: negli anni ’30 le strade di Olmo e Alfredo si separano. Il primo, vedovo, fa il norcino e continua la lotta; il secondo si rinchiude nel privato. Il 25 aprile 1945 si processano i padroni, e i due si ricongiungono. Fondato sulla dialettica dei contrari: è un film sulla lotta di classe in chiave antipadronale finanziato con dollari americani; cerca di fondere il cinema classico americano con il realismo socialista sovietico (più un risvolto finale da film-balletto cinese); è un melodramma politico in bilico tra Marx e Freud che attinge a Verdi, al romanzo dell’Ottocento, al mélo hollywoodiano degli anni ’50. Senza evitare i rischi della ridondanza, Bertolucci gioca le sue carte sui due versanti del racconto.
L’opinione di Tony Montana dal sito http://www.mymovies.com

Al ritiro del premio Oscar al miglior attore non protagonista, per la sua interpretazione del boss mafioso Don Vito Corleone, Robert De Niro, non è presente. Corre l’anno 1974, e il giovane attore italoamericano, fra la lavorazione del secondo episodio de Il padrino e quella di un altro capolavoro del cinema, Taxi Driver si pone un film più impegnativo, serio e difficile, ovvero 1900, del regista Bernardo Bertolucci, appena uscito dallo scandalo di Ultimo tango a Parigi con un magistrale Marlon Brando nei panni di un uomo di mezza età sessualmente frustrato. Le riprese di Novecento avvennero in Emilia Romagna, nello stesso periodo in cui Pier Paolo Pasolini stava girando Salò e le 120 giornate di Sodoma. L’impresa di Bertolucci era colossale, difficilissima, a tratti umanamente impossibile, centrata sul tentativo di raccontare cinquant’anni di storia italiana vista con gli occhi di due uomini, uno, Alfredo ( De Niro ), figlio di ricchi proprietari terrieri, e l’altro, Olmo ( Depardieu ), umile contadino, partigiano e infine liberatore comunista dei contadini. Il film, originariamente pensato per la televisione, raggiunse infine una durata eccessiva di oltre cinque ore e venti, proiettato in America in versione ridotta a tre ore e mezza e non ben accolto, e in Italia diviso di due puntate da due ore e quaranta ciascuna, con enormi consensi da parte di critica e pubblico. Il cast rende ancora più ambizioso il film, a parte Depardieu e De Niro si contano Stefania Sandrelli, Alida Valli, Donald Sutherland, Dominique Sanda e altri. I vari contrasti con il regista e la troupe, portarono De Niro ad una recitazione media, che gli impedì di mostrare le sue doti attoriali al massimo livello. Caso diverso per Depardieu che si dimostra un’autentica rivelazione e firma così una delle migliori performance della sua carriera. Il film, in tutta la sua complessiva lunghezza, riesce tuttavia ad essere di grande e incisivo impatto. La trama, come già detto, ripercorre i primi cinquant’anni italiani del Novecento, raccontando le lotte proletarie, la Grande Guerra, il ventennio e la violenza fascista, la Seconda Guerra Mondiale, la Resistenza e la Liberazione. A questa trama complessa si intrecciano anche le storie personali dei personaggi a cui si legano anche le loro storie d’amore tra Olmo e Anita, Alfredo e la bellissima Ada, la perversa passione fra la cugina di Alfredo, Regina e il diabolico squadrista Attila, oltre che l’amore-odio fra i due protagonisti. Oltre che la lunghezza – però non si poteva raccontare una storia come questa senza sfiorare la durata da kolossal -, il film è ricordato per picchi di regia di altissimo livello, e le scene da antologia, come il ballo di Dominique Sanda che si finge cieca, il lavoro dei contadini, oppure il lunghissimo processo finale ( 15 minuti di pellicola! ), passando per scene emotivamente più cruente che fecero scattare l’occhio vigile della censura come quella in cui il fascista Attila, dopo aver violentato un bambino, lo scaraventa contro un muro spezzandogli la testa, la scena in cui il medesimo personaggio fa strage dei comunisti sotto una pioggia fangosa, passando per la scena quasi pasoliniana, in cui Depardieu e De Niro vengono masturbati da una prostituta epilettica, senza alcuna censura visiva oltre ad altre scene di violenza. Tutto il film è un affresco grandioso. Straordinario uso delle stagioni che accompagnano gli eventi storici in parallelo alle stagioni della vita: inverno, pioggia e gelo nel periodo del fascismo più torbido e ostile con i protagonisti in balìa dei problemi della vita adulta e una primavera solare e rigogliosa nel giorno della sospirata liberazione così come per la loro infanzia, e la colonna sonora di Ennio Morricone che con tratti da melodramma verdiano sottolinea i passaggi più drammatici della sceneggiatura, permette a Bertolucci di tratteggiare un film unico e per certi versi straordinario. Si rivela con forza espressiva il gusto del regista per l’immagine filmata su modello di opere pittoriche. Il fascismo per Bertolucci è la violenza al servizio dei padroni, una bestia feroce al guinzaglio della borghesia o -meglio ancora usando le parole con cui Regina presenta Attila -: “il cane da guardia” del padronato. Uno degli ultimi fuochi del cinema italiano che conta, troverà pochi anni dopo il suo doppio speculare nell’Albero degli zoccoli di Olmi. Lunghissimo (ma non poteva essere altrimenti), vale soprattutto per i momenti in cui racconta la storia attraverso la collettività; nei momenti intimi tende più al Bertolucci decadente, forse morboso, certamente borghesissimo. Oltre che grande rievocazione storica, comunque, è anche un ottimo esempio di come il cinema possa descrivere il suo tempo: nelle cornici iniziali e finali, se guardate con attenzione, si trovano tutti gli anni Settanta, e forse il finale conciliatorio è spiaciuto per questo. Al di là del discorso ideologico, c’è il miracoloso equilibrio tra la ricchezza spettacolare e quella ideologica, con buona pace di quelli che credono invano di capire qualcosa di cinema e poi si liquefanno per Fulci.
L’opinione di bradipo68 dal sito http://www.filmtv.it
Il film venne diviso in due parti per esigenze commerciali ma è innegabile che tra prima e seconda parte ci siano delle differenze ben tangibili.A mio parere mentre per la prima parte possiamo tranquillamente parlare di capolavoro qui la situazione è diversa perchè pur avendo iniziato nel sentiero tracciato dalla prima parte poi in questa seconda parte il lirismo che prima attenuava le istanze politiche viene irrimediabilmente meno in favore della drammatizzazione.L’ideologia diventa protagonista di un processo al padrone che diventa un vero e proprio gioco al massacro,una lotta senza quartiere il cui esito sarà una sconfitta per tutti.Ma qui proprio per affannarsi a spiegare le ragioni delle parti in causa il film arriva a essere didascalico.Nella seconda parte accanto a De Niro e Depardieu assumono importanza fondamentale i personaggi di Attila e Regina(Sutherland e Betti) autori di azioni diaboliche e che incarnano con feroce parossismo due figure di malvagi assoluti lontani da qualsiasi tipo(e volontà) di redenzione.Dopo l’ideologia nel finale si apre al sogno,al canto popolare, alle sequenze di massa che sembrano prese dal cinema russo degli anni d’oro del muto.Comunque sia l’atto secondo è una chiusura degnissima di una saga familiare raccontata con grande partecipazione perchè se Bertolucci non riesce a ripetere quel miracolo narrativo della prima parte è per eccesso di zelo filologico, è per generosità illustrativa,è per rendere perfettamente comprensibile tutto quello che gli si è agitato dentro per decenni.L’Emilia riportata da Bertolucci è parente stretta con quella reale pur non sentendo Bertolucci il bisogno insopprimibile di verosimiglianza.Bertolucci esplora vari generi dal racconto corale contadino fino al melodramma lacerante.E comunque ci regala una delle prove autoriali italiane più impressionanti.

“Metafora d’un mezzo secolo, con cui Bertolucci esercita il diritto di trasfigurare in visione l’idea che a torto o a ragione se ne è fatta, non importa molto se ‘Novecento’ è meno fedele alla storia di quanto si potrebbe pretendere da un documentario. Preme invece che abbia una sua tenuta fantastica, una sua magnificenza di romanzo fiume per immagini, una potenza di chiaroscuro che esprime la drammaticità degli eventi, e sia pure melodrammaticità, vista la destinazione popolare dell’opera.” (Giovanni Grazzini – Cinema ’76).”Gratificato di un budget favoloso (10 miliardi, si dice), questo film-fiume si presenta con l’appariscenza di risultati tecnici proporzionali all’accolta di interpreti e di specialisti dei vari rami: la fotografia, l’interpretazione, l’ambientazione, la musica, e così via, sono perciò di notevole livello. Ciò nonostante, prescindendo dalle carenze tematiche, si ha l’impressione che la colossale impresa ecceda di molte ore le sue possibilità di presa. Infatti, se efficaci risultano alcune pagine di pittura villereccia o di spaccato borghese, la reiterazione delle stessa sa di pleonasmo, di didatticismo ad oltranza, di sproloquio comiziale e persino di furbizia commerciale. Assai più deludente, poi, è l’esame contenutistico dell’opera che, in definitiva, riteniamo mancare a qualsiasi ipotetico obiettivo per totale mancanza di equilibrio. Se vuol essere soltanto la descrizione del mondo contadino della Bassa Emilia, lo coglie nelle deteriori manifestazioni di un folklore rude e sboccato; ma lo trascura nelle ricchezze di genuinità, genorosità, spessore umano e pudore. (Segnalazioni Cinematografiche, vol. 82, 1977)”Un film di rilievo, ma non riuscito. Un film dove ci sono delle pagine molto belle, di un lirismo e di un’umanità singolari ma dove, nel contempo, non si sente l’empito della sinfonia nibelungica, l’assieme armonico di un tessuto narrativo corale, senza sbavature”. 

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Santuario delle Grazie di Curtatone

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Cimitero vecchio di Poggio Rusco

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Azienda agricola Corte delle Piacentine

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ottobre 17, 2009 Posted by | Capolavori | , , , , , , , , , , , | 5 commenti

Mamma Ebe

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Versione cinematografica della controversa vicenda, finita nelle aule giudiziarie, di Ebe Giorgini, la santona/guaritrice condannata poi in tribunale per aver sfruttato, secondo la sentenza, la credulità di alcune sue protette. Il film inizia con Laura, una giovane seguace di Mamma Ebe, che si rinchiude in una chiesa alla notizia che la donna è stata arrestata, e che minaccia il suicidio se la donna non verrà rilasciata. Si apre così uno squarcio sulla vicenda, che mostra la Ebe in tribunale, accusata di vari reati, con la sfilata consueta di  testimoni della difesa; arrivano così, sulla sedia dei testimoni, la stessa Laura, che inizialmente dubitava della donna, ma che in seguito si dedicherà ad essa anima e corpo, arrivando per lei ad abbandonare la sua famiglia. Sfilano, tra i testimoni a favore, anche un sacerdote, Don Paolo, che ne esalta la figura; arriva anche una ex prostituta, Sandra, che ha subito varie violenze nella casa di Mamma Ebe, ma che per paura paradossalmente ne prenderà le difese.

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Ma arrivano anche testimoni d’accusa, che denunciano il clima di violenza, di sopraffazione, di coercizione fisica e mentale subita dalla santona. E’ il caso di Maria Pia, ex suorina di mamma Ebe, madre di un giovane seminarista, che racconta una storia alternativa, fatta di punizioni corporali, di digiuni impossibili, di docce gelide e di farmaci ipnotici, di violenza sessuale e di intimidazioni e minacce. Chi è allora Mamma Ebe? Una donna denigrata ad arte oppure una squallida approfittatrice delle altrui debolezze? Una santona con doni di guaritrice oppure soltanto una mistificatrice? Il film lascia aperta ogni soluzione, limitandosi a ripercorrere gli avvenimenti e le deposizioni. Mostrando, quà e la, scene di sadismo e di sesso, di violenza morale, psicologica, fino alla decisione finale del tribunale, che condanna la donna a 10 anni di reclusione, poi ridotti ad alcuni da trascorrere agli arresti domiciliari.

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Mamma Ebe, film di Carlo Lizzani girato nel 1985, non verrà di certo ricordato come il suo miglior film; i ritmi sono più quelli della fiction che quelli cinematografici, e l’insistere sulle scabrosità della storia non aggiunge nulla alle deposizioni, finendo per risultare quasi un maldestro tentativo di erotizzare la pellicola e quindi renderla appetibile ad un certo tipo di pubblico.

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Il dubbio che l’operazione sia alla fine prettamente commerciale arriva proprio con la presenza in scena di una Stefania Sandrelli in pieno successo post La chiave, film che ne aveva rilanciato la carriera in chiave pruriginosa; a ciò si aggiungano le scene delle docce gelate, della stessa Sandrelli ripresa più volte nuda e di spalle. Il resto del cast vede protagonisti una giovane Barbara De Rossi, molto convincente, la Di Benedetto, Alessandro Haber e la bravissima Laura Betti. Un film non memorabile, che tuttavia può essere visto nell’ottica del documento su una storia dell’Italia recente.

Mamma Ebe, un film di Carlo Lizzani. Con Ida Di Benedetto, Barbara De Rossi, Cassandra Domenica, Maria Fiore.Laura Betti, Luigi Pistilli, Stefania Sandrelli, Massimo Sarchielli, Paolo Bonacelli, Alessandro Haber, Enzo Robutti, Carlo Monni, Riccardo Rossi, Giuseppe Cederna
Drammatico, durata 103 min. – Italia 1985.

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Berta Dominguez D. (con il nome di Cassandra Domenica): Mamma Ebe
Alessandro Haber: Mario Bonetti
Stefania Sandrelli: Sandra Agostini
Ida Di Benedetto: Maria Pia Sturla
Barbara De Rossi: Laura Bonetti
Laura Betti: Lidia Corradi
Paolo Bonacelli: Don Paolo Monti
Giuseppe Cederna: Bruno Corradi
Carlo Monni: Foschi
Massimo Sarchielli: oste
Luigi Pistilli: Roberto Lavagnino
Maria Fiore: Mara
Enzo Robutti: vescovo

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Regia Carlo Lizzani
Soggetto Gino Capone, Carlo Lizzani
Sceneggiatura Iaia Fiastri, Gino Capone, Carlo Lizzani
Produttore Giovanni Di Clemente
Produttore esecutivo Bruno Ridolfi
Casa di produzione Clemi Cinematografica
Fotografia Romano Albani
Montaggio Franco Fraticelli
Musiche Franco Piersanti
Scenografia Massimo Razzi
Costumi Rita Corradini

Mamma Ebe banner filmscoop
L’opinione di Kovalsky dal sito http://www.filmscoop.it

Da una storia del genere poteva nascere un piccolo capolavoro.
Purtroppo Lizzani da un po’ di anni ha lavorato in televisione, e si vede.
Non pago, sciorina il peggior repertorio di gigionismi ed enfasi delle fiction televisive.
“Mamma Ebe” risulta pertanto patetico sia come tentativo di dramma di denuncia sia come testimonianza dell’evento: a ridosso di tutto cio’, è un campionario ordinario di moralismo, qualcosa di quello che possiamo leggere su “cronaca vera” (la rivista).
Cast ignobilmente sprecato, dalla De Rossi ad Haber alla Sandrelli, con l’eccezione di Laura Betti, che offre un’interpretazione di grande bravura.
I volti “deliranti” delle suorine sono tra le poche eccezioni positive, ma a costo di evocare i risvolti “maligni” del Sacro con il Profano, si rischia di finire nel vortice del passatismo integralista-religioso.
Non era questa l’intenzione, ma i tempi dei “Diavoli” di Ken Russell sono davvero lontani soprattutto in Italia

L’opinione di Lor.cio dal sito http://www.filmtv.it

Un consiglio spassionato: recuperate subito Mamma Ebe. Non perché sia un capolavoro, beninteso, ma per una ragione molto più interessante: è il film più vaporosamente e al contempo essenzialmente kitsch di Carlo Lizzani. Un vero cult, se il tempo non l’avesse relegato alla stanza dei ricordi rimossi. Lizzani, dall’alto della sua esperienza secolare, capì che non si poteva che rappresentare una storia talmente allucinante a cui si stenta a credere nel modo più ovvio possibile: miscelando il ridicolo all’allarmante, il minaccioso al folkloristico, il mistico alla cialtroneria. Ne esce fuori un’inchiesta indiretta (funzionalmente condotta da Alessandro Haber nei panni del padre dell’assatanata Barbara De Rossi) che in realtà è anche un film ad episodi camuffato, nonché un horror sui generis sul quotidiano dell’assurdo, in cui regnano sovrani il distacco quanto l’eccesso in un turbinio di personaggi squilibrati ed esagerati, ma realmente esistiti (e questo è davvero angosciante). A volte davvero non è facile accettare il fatto che tutto ciò che viene raccontato sia successo. La misteriosa Cassandra Domenica impersona la santona con inquietante cinismo: pensare che per questo ruolo affascinante e pericoloso s’era candidato nientepopodimenoche Gian Maria Volonté, e sarebbe stato una meraviglia. Attorno a lei, il coro femminile invasato e redento nel quale non si possono non segnalare Ida Di Benedetto e Laura Betti, quest’ultima impegnata in una delle sequenze più pazzesche all’interno di Villa Ebe, teatro di deliri, sesso e perversioni. Ma la palma della scena più cult se la becca Giuseppe Cederna vestito con i preziosi abiti della Mamma: splendidamente kitsch.

L’opinione di Stefania dal sito http://www.davinotti.com

Instant-movie superficiale e fallimentare: se l’intento era quello di informare sulla vicenda di Ebe Giorgini, manca lo scopo: non si capisce neppure quando, né dove, la vicenda si svolga. L’operosa, ed apparentemente evoluta, provincia toscana del fior fiore degli anni ottanta, tra nuove ricchezze e vecchie superstizioni, non si vede proprio. Se l’intento era addirittura quello di suggerire una riflessione sul vuoto di valori e sulla fame d’assoluto apparentemente saziata da quella specie di Wanna Marchi con le stimmate, peggio mi sento! Haber e la Betti forzati fino al ridicolo. Pessimo.

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giugno 13, 2009 Posted by | Drammatico | , , , | 6 commenti

Dove vai in vacanza?

Dove vai in vacanza locandina

Tre ottimi registi,Mauro Bolognini, Luciano Salce e Alberto Sordi per un film di discreta fattura, con un cast di ottimo livello e imbastito attorno a tre storie, intitolate Sarò tutta per te, Si buana e Le vacanze intelligenti.
Nel primo episodio, Sarò tutta per te, un maturo professionista, Enrico, decide di passare alcuni giorni di vacanza in compagnia della ex moglie, della quale è ancora innamorato.

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Stefania Sandrelli

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Ugo Tognazzi

Ma nella villa di un altro ex della donna, Giuliana, arrivano un mucchio di amici imprevisti, fra i quali anche l’ex fidanzato, con siti quasi boccacceschi e rocamboleschi.
Il secondo episodio,Si buana,vede protagonista uno sfigatissimo organizzatore di safari improvvisato, che viene coinvolto suo malgrado in un omicidio da parte della moglie di un ricco industriale.Mentre afflitto racconta le sue disavventure ad un occasionale cliente di un bar, scopre che costui è un agente delle assicurazioni, mandato ad investigare proprio sulla morte dell’industriale, che è stata organizzata dalla moglie Margherita.

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Annamaria Rizzoli nell’episodio Si buana

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Paolo Villaggio

Il terzo episodio, Le vacanze intelligenti, vede protagonisti due coniugi, lui fruttivendolo e lei casalinga, i cui figli, tutti prossimi al termine degli studi, organizzano una vacanza culturale per i due genitori, con esiti assolutamente imprevisti.

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Tre storie ben organizzate a livello di sceneggiatura, con un cast assolutamente di rispetto; nel rpimo episodio troviamo Ugo Tognazzi nel ruolo di Enrico e una superba Stefania Sandrelli in quello della ex moglie di Enrico, Margherita. L’episodio, diretto da Bolognini, è dei tre quello più sottilmente intriso di ironia, ed è anche il meno spassoso, anche se ruota attorno ad uno degli elementi caratteristici della commedia all’italiana, l’adulterio che questa volta è consumato, o almeno nelle intenzioni dovrebbe essere consumato tra ex coniugi.

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Il secondo episodio è sicuramente il più divertente e meglio costruito; irresistibile Paolo Villaggio nel suo ruolo più congeniale, quello della vittima delle circostanze. Questa volta ad affiancarlo c’è la bellona Anna Maria Rizzoli, bella e seducente, mentre come attori di contorno ci sono due grandi caratteristi, Gigi Reder e il olito inossidabile Daniele Vargas, l’industriale fissato con il safari, a caccia di un leone che il povero Arturo dovrà recuperare facendo ricorso, sciaguratamente, alla fantasia.

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L’ultimo episodio, quello diretto e interpretato da Alberto Sordi vede l’attore in compagnia della tradizionale moglie cinematografica,la bravissima Anna Longhi. Qui il tema commedia si amplia a dismisura, mostrando le disavventure della coppia di coniugi romani alle prese con opere d’arte, con una vacanza alternativa che per loro si trasforma in un incubo, prima della soluzione finale, un gigantesco piatto di spaghetti che rimette tutti d’accordo.

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Episodio spassoso, ma visto solo in un’ottica meramente comica, perchè tutto sembra reggersi solo sulle figure di Romeo e Augusta, i due coniugi un pò borgatari.Il cast, come già detto, è di sicuro rispetto e comprende oltre ai citati protagonisti bellezze come Brigitte Petronio, Lorraine De Selle, Marilda Donà, Clarita Gatto. Tra gli attori un giovane Ricky Tognazzi. Film da vedere come sano divertimento, nell’ottica più pura dell’evasione.

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Dove vai in vacanza?

Un film di Mauro Bolognini, Luciano Salce, Alberto Sordi. Con Paolo Villaggio, Alberto Sordi, Stefania Sandrelli, Anna Maria Rizzoli, Gigi Reder, Ugo Tognazzi, Daniele Vargas, Clara Colosimo, Ricky Tognazzi, Paolo Paoloni, Pietro Brambilla, Brigitte Petronio, Rodolfo Bigotti, Elisabetta Pozzi, Rita Silva, Clarita Gatto, Anna Longhi Commedia, durata 160′ min. – Italia 1978.

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Episodio uno:  Sarò tutta per te, diretto da Mauro Bolognini

Ugo Tognazzi
Stefania Sandrelli
Pietro Brambilla
Clara Colosimo
Emilio Locurcio
Adriano Amidei Migliano
Lorraine De Selle
Paola Orefice
Rosanna Ruffini
Ricky Tognazzi
Rodolfo Bigotti
Elisabetta Pozzi
Brigitte Petronio
Marilda Donà
Roberto Spagnoli

Episodio due, Si buana, diretto da Luciano Salce

Paolo Villaggio

Gigi Reder
Daniele Vargas
Anna Maria Rizzoli
Paolo Paoloni
Peter Adabire
Rita Silva
Clarita Gatto
Paola Arduini

Episodio tre, Le vacanze intelligenti, diretto da Alberto Sordi

Alberto Sordi
Anna Longhi
Evelina Nazzari
Stefania Spugnini
Alfredo Quadrelli
Filippo Ciro
Alessandro Partexano
Giovannella Grifeo
Shereen Sabet

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Regia Mauro Bolognini, Luciano Salce, Alberto Sordi
Soggetto Roberto Gianviti, Furio Scarpelli, Rodolfo Sonego, Alberto Sordi
Sceneggiatura Ruggero Maccari, Iaia Fiastri, Furio Scarpelli, Sandro Continenza, Rodolfo Sonego, Alberto Sordi
Produttore Gianni Hecht Lucari
Casa di produzione Rizzoli Film – Cineriz
Fotografia Sergio D’Offizi, Danilo Desideri, Luciano Tovoli
Montaggio Antonio Siciliano, Nino Baragli, Tatiana Casini Morigi
Musiche Ennio Morricone, Piero Piccioni

Maggio 22, 2009 Posted by | Commedia | , , , , , , | 2 commenti

Brancaleone alle crociate

Brancaleone da Norcia è in viaggio con la sua accozzaglia di straccioni e sbandati, diretto verso la Terra Santa per “liberare lo Santo sepolcro”

Ma è destino che la sventurata banda non ci arrivi;attaccato,il gruppo viene sterminato, ad eccezione di Brancaleone che,quando rinviene da un colpo preso in battaglia, resosi conto dell’accaduto, invoca la morte per mettere fino “ a lo disonore mio”

Brancaleone alle crociate 11

All’improvviso la morte appare davvero, e Brancaleone, spaventato, le chiede una tregua, onde possa riscattarsi dalla sua onta. Si mette in viaggio con una raccogliticcia armata di straccioni, fra i quali c’è un tedesco, Thorz, al quale ha fermato il braccio mentre quest’ultimo si apprestava ad affogare il rampollo infante di un re normanno, una strega, Tiburzia, strappata al rogo, e Pattume, un uomo che si è reso, a suo dire, colpevole di una atto così infame che “orecchie umane non possono udire

Brancaleone alle crociate 7

Trascina quest’ultimo dal santo eremita Pantaleo, per chiedere perdono delle malefatte,ma questi,udito l’inconfessabile segreto, inorridisce, e lo stesso pattume viene inghiottito da una voragine. La avventure continuano; l’armata si imbatte in un lebbroso, e accoglie anche quest’ultimo personaggio tra le sue fila; in realtà il lebbroso è una principessa, Berta. Dopo aver incontrato papa Gregorio e il suo avversario, l’antipapa Clemente, e aver diramato la questione con un giudizio di dio, finalmente la strampalata armata si imbarca per la Terra Santa.

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Qui Brancaleone consegna il piccolo al padre e viene da questi nominato barone; potrebbe impalmare anche la bella Berta se un incantesimo fatto da Tiburzia non gli facesse perdere il duello decisivo con il campione dei musulmani.

Inferocito, Brancaleone insegue Tiburzia nel deserto, dove però riappare la morte, venuta a reclamare il suo credito. Sarà la giovane strega a salvargli la vita, morendo e liberando così Brancaleone dal suo debito.

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Girato nel 1970 da Monicelli, dopo lo straordinario successo di L’armata Brancaleone,del 1966, questo secondo episodio mantiene le promesse del primo, anche se il riscontro del pubblico non fu altrettanto lusinghiero;tuttavia il film fu gradito moltissimo, grazie alla presenza di un cast di livello,con attori caratteristi davvero bravi, come Proietti,Villaggio,la Sandrelli,la Loncar e Adolfo Celi.

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Brancaleone alle crociate, Un film di Mario Monicelli. Con Vittorio Gassman, Paolo Villaggio, Adolfo Celi, Stefania Sandrelli, Beba Loncar, Lino Toffolo, Luigi Proietti, Alberto Plebani, Franco Balducci, Gianrico Tedeschi, Renzo Marignano, Sandro Dori, Christian Alegny, Augusto Mastrantoni. Genere Commedia, colore 116 minuti. – Produzione Italia 1970.

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Brancaleone personaggi

Vittorio Gassman: Brancaleone da Norcia

Adolfo Celi: Re Boemondo

Stefania Sandrelli: Tiburzia da Pellocce

Beba Loncar: Berta d’Avignone

Gigi Proietti: Pattume, Colombino

Lino Toffolo: Panigotto da Vinegia

Paolo Villaggio: Thorz

Gianrico Tedeschi: Pantaleo

Sandro Dori: Rozzone

Gianluigi Crescenz: Taccone

Brancaleone doppiatori

David Norman Shapiro: Zenone

Angiola Baggi: Tiburzia de Pellocce

Noemi Gifuni: Berta d’Avignone

Nino Dal Fabbro: Panigotto da Vinegia

Enzo Liberti: Rozzone

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Fotografia: Aldo Tonti

Montaggio: Ruggero Mastroianni

Effetti speciali: Armando Grilli

Musiche: Carlo Rustichelli

Scenografia: Mario Garbuglia

“Sono impuro, bordellatore insaziabile, beffeggiatore, crapulone, lesto di lengua e di spada, facile al gozzoviglio. Fuggo la verità e inseguo il vizio.”

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Brancaleone alle crociate banner citazioni
“Aiitaaa! Chi ode questo mio richiamo mi soccorra! Ohidimé! Chi me l’avesse detto dover rifar la… la fine dello sòricio [sorcio], nella fonda tenebra! “Opritemi! Traetemi di qua! (Brancaleone rimasto sotto lo scafo ribaltato della nave)”
“Gente mia, dove ne siete? “
“Et così moiano capovolti tutti li scismatici che capovolgono la verità “
“E voaltri, voaltri ignominiosi, come osaste restar vivi tra cotanti morti? Chi vi dette tanto infame coraggio? “
“Panigotto, a ben’anco tu sie verboso alquanto talora sei di bon consiglio, ma ch’io vi ponsi. “
“E facetelo zittire questo pupo, ché qui non si chiude oculo!”
“Et ora pendoliamo fianco a fianco come morte foglie, e lo vento benevolo a tratti un po’ ci ravvicina. “
“Né voglio vedere lacrime, né indugi, né mi dicere volemo restare con te, volemo combattere, volemo questo e volemo quello… “
“Fatevi sotto, fatevi sotto ché non temo anco se arrovesciato!”
“Lo vostro papa dice: pappate, pappate senza tema, ché forse li doni saranno più graditi allo santo cui furono destinati se essi serviranno a satollare otto cristiani affamati. “
“E qual mai potrìa esse lo meo iudicio, che da qua suso ommeni terragni tutti uguarmente brutti io vi contemplo? “
“Non sapio notare! [nuotare] “
“Childericu, figghiu miu, sia rennùta grazia a Diu! Ah Turoni, sitibondu dellu scettro di Boemondu, sii frategghiu miu minori, ma in ferocia sii maggiori! Nì tempesta, nì cicluni, ponnu stare a paraguni col tremuoto dellu cori di un regali genitori, che ritrova il suo picciottu che pensava fosse mottu!”
“Santu cielu! Che vidìa? Chistu non è figghio a mmia!”
“Re Boemondo, scusa se parlo a te da paro a paro, ma lo sdegno meo si esprime rispondendo per le rime. Lo tuo seme è vivo e sano grazie a sette sgorbi e un nano. Ed in premio? Una contea? No! Nemmanco per l’idea! Ardi un foco: per ci dare uno lauto desinare? Nooo! Né pranzi né castella, tu ci abbruci la donzella! Oh nessuno certo è più magnifico d’un re!”
“Un sol grido un solo idioma: scapòma! “

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Brancaleone alle crociate banner recensioni
L’opinione di Giudag dal sito http://www.mymovies.com

Brancaleone (Gassman), amareggiato per non esser riuscito ad impedire il massacro dei fedeli guidati da Zenone, stringe un patto con la Morte per riscattare la propria felloneria. Raccimolando nuovamente uno sciame di pezzenti sotto la propria guida si dirige nelle Terre Sante per trovare la sua morte eroica.
Sebbene si avverta lo stacco col primo film, specialmente per la perdita dei personaggi (in particolare Gian Maria Volonté ed Enrico Maria Salerno, sostituito da David Norman Shapiro) Brancaleone alle Crociate regge discretamente la prova, innanzitutto per la bravura di Gassman, ma specialmente grazie
all’ottimo cast: Villaggio, Toffolo, Proietti (che recita nei ruoli della Morte, il santo stilita Colombino e Pattume), Celi e non meno importante Stefania Sandrelli; in più la visione di quel Medioevo pecorone del primo film si fa inesorabilmente più tragica (la ballata degli impiccati, il rogo delle streghe),
ma allo stesso tempo più ricca e varia. La sceneggiatura tuttavia risulta meno compatta e lineare, con alcune parti troppo a sé stanti (la faccenda di Pattume) ed alcuni snodi risolti sbrigativamente come il passaggio frettoloso della scena dall’Italia alla Terra Santa. Ottima colonna sonora.

L’opinione di Jonas dal sito http://www.filmtv.it

Sequel di L’armata Brancaleone, che si concludeva appunto con la partenza dei nostri per la Terrasanta al seguito del monaco Zenone. A parte il protagonista, rispetto al primo episodio la squadra è completamente rinnovata: in particolare va segnalato l’ingresso del soldato vigliacco Paolo Villaggio (col consueto accento da professor Kranz),
del penitente Gigi Proietti e della strega Stefania Sandrelli, mentre Beba Loncar sostituisce Catherine Spaak nel ruolo della biondona oggetto dei desideri maschili. Non cambia invece la sostanza, e il gioco è ormai risaputo, anche se si cerca di rivitalizzarlo con qualche invenzione: la sfida con la Morte in stile Il settimo sigillo,
i discorsi degli impiccati, i dialoghi in ottonari a rima baciata (espediente tirato un po’ troppo per le lunghe).

Opinioni tratte dal sito http://www.davinotti.com

Cangaceiro

Così come l’opera prima anche questo è un film soprattutto da ascoltare, carico di nuove peripezie linguistiche che sfociano nella parte con Celi mirabilmente recitata quasi tutta in rima. I dialoghi sono come una linfa vitale che anima una disavventura errabonda episodica e macchinosa, in cui i guizzi divertenti
soffocano tra parentesi stiracchiate francamente noiose (ma il capostipite tutto sommato non era da meno). Gassman ancora sugli scudi rende Brancaleone eroico nel finale desertico e metafisico, mentre la Sandrelli dà freschezza al gruppo.
Gugly

Sequel che come qualità può essere eguagliato al primo film; momenti comici a parte, colpiscono le stoccate all’intolleranza (la caccia alle streghe, l’albero degli impiccati); Gassman si conferma attore “grande” per prestanza fisica, capace di ridursi ad un norcino scalcagnato e sfortunato.
Fra i comprimari la menzione speciale spetta a Celi, che ricorda delle sue origini siciliane per mettere in scena la versione in carne ed ossa dei pupi.
Fabbiu

Brancaleone da Norcia (un teatralissimo Gassman che da la massima prova di se nei monologhi) verso la Terra Santa a capo di un’armata di sfigati: un cieco in groppa a un burbero, un soldato tedesco (Paolo Vilaggio, il minore tra tutti), un peccatore masochista, una strega,
un nano e un “lebbroso” che li segue a debita distanza. Le scenografie sono deliziose e il mix latino-arcaico volgare che contraddistingue la parlata raggiunge apici di genialità assoluta (un po’ meno quando per l’abbondante parte finale diventa tutto in rima). Divertente.
Rambo90

Monicelli si diverte a gettare i suoi “eroi” in imprese ancora più assurde e grottesche che nel prototipo e il risultato è molto divertente, nonostante una durata forse eccessiva. Gassman è grande, ben coadiuvato da un cast completamente rinnovato: Celi che parla in rima,
Villaggio alemanno e un’incantevole Sandrelli sono comprimari di grande spessore (ma anche Proietti che si divide in ben tre parti). Bellissimo da un punto di vista visivo il duello con la morte. Colonna sonora fondamentale.
Jandileida

Stessi pregi e stessi difetti per il Brancaleone che si getta a liberar il sacro sepolcro. Migliora molto la scrittura e la struttura della storia, più omogenea e con l’ottima intuizione, che ricorda la scrittura cortese, di far introdurre i singoli episodi da dei cartelli;
purtroppo però i momenti di stasi permangono e sembra quasi che la maggior cura nello scrivere la storia abbia fatto perdere un po’ della sgangherata freschezza del primo episodio. Insomma, io ho riso pochino ma alcune scene sono ottime (come la lotta con la Morte nel deserto).

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settembre 7, 2008 Posted by | Commedia | , , , , , | Lascia un commento

Stefania Sandrelli

Stefania Sandrelli-Foto 1

62 anni, toscana di Viareggio, Stefania Sandrelli è una delle attrici italiane più eclettiche e brave, fin dal suo esordio avvenuto nel 1961 sotto la regia di Luciano Salce, in Il federale. Aveva solo 15 anni quando partecipò a Miss Italia, mettendosi in mostra per la sua bellezza particolare, oltre che per un fisico aggraziato, dalle forme mediterranee, che in seguito diventaeranno piene, e che le permetteranno, a 37 anni, di recitare in un film al calor bianco, La chiave di Tinto Brass, in cui il suo copro maturo fece scandalo e fece contemporaneamente sognare un’altra generazione di appassionati cinefili.

Stefania Sandrelli Sedotta e abbandonata

Una scena del film Sedotta e abbandonata

Se nel Il federale già si intuiscono le sue doti, con Divorzio all’italiana di Pietro Germi, al fianco di mastroianni, diventa già un mito, nel ruolo di Angela, sogno proibito di un marito sposato ad una donna bruttina, e che alla fine impalmerà dopo un delitto d’onore. Seguono quattro film poco indicativi, che le servono per fare gavetta, ma nel 1964 torna al grande successo con Sedotta e abbandonata, nel ruolo di Agnese, una ragazza innamorata di suo cognato. Un film dal tema scabroso, che crea attorno all’attrice un clima di torbida sensualità e peccato.

Stefania Sandrelli D' Annunzio
Nel film D’Annunzio

L’anno successivo è la volta di Io la conoscevo bene, di Pietrangeli, in cui è Adriana, una ragazza che per far carriera nel mondo dello spettacolo non esita a usare il suo splendido corpo per sedurre coloro che possono tornarle utile, ma che pagherà alla fine un prezzo altissimo alla sua ambizione. Nel film ha accanto molti bravi attori, come Manfredi, Franco nero, Tognazzi, Frannco Fabrizi. La sua carriera è in piena ascesa, e gira altri film, come L’immorale, ancora diretta da Germi, L’amante di Gramigna, con la regia di Lizzani.

Stefania Sandrelli Il conformista

Nel film Il conformista di Bertolucci

Stefania Sandrelli Una donna allo specchio

Un fotogramma di Una donna allo specchio

Stefania Sandrelli C'eravamo tanto amati

Dal film C’eravamo tanto amati

Nel 1970 è la bellissima protagonista di Brancaleone alle crociate, regia di Monicelli,nel quale ricopre il ruolo di Tiburzia, la strega che alla fine si immola per amore del suo Brancaleone. Sempre nel 1970 è nel cast del bellissimo Il conformista, di Bertolucci, nel ruolo di Giulia, e continua ad alternare film di gran livello con altri girati per evidenti ragioni di cassetta, come il pur discreto La tarantola dal ventre nero, di Paolo Cavara, o Il diavolo nel cervello, di Sollima.

Stefania Sandrelli La tarantola dal ventre nero
Con Giancarlo Giannini in La tarantola dal ventre nero

Stefania Sandrelli Per amore solo per amore

Nel film Per amore,solo per amore

E’ comunque un’attrice stimata, i registi la cercano, in fin dei conti ha soltanto 26 anni e la strada del cinema appare tutta in discesa; nel 1972 altro grande successo, di critica e di pubblico, con l’interpretazione della appiccicosa Mariarosa in Alfredo Alfredo, girato da Germi e interpretato al fianco di Dustin Hofman. Nel 1974 è nel cast di uno dei film più belli del cinema italiano, C’eravamo tanto amati, di Scola; lei è Luciana, donna tormentata, che dividerà un gruppo di amici, prima di sposare il suo primo amore.

Stefania Sandrelli Prosciutto prosciutto

Dal film Prosciutto prosciutto

Nel 1976 è nel cast di Quelle strane occasioni; bellissima e seducente, recita il ruolo di una donna che rimane chiusa in un ascensore a ferragosto con un prelato (Alberto Sordi), tentandolo come San Francesco. Sempre nel 1976 è nel cast di un’altra pietra miliare del nostro cinema, Novecento, di Bernardo Bertolucci; seguono alcuni film decisamente in tono minore, con l’eccezione dello sfortunato L’ingorgo, di Comencini, un film molto ambizioso, a partire dal cast stellare, ma che si rivelò un flop clamoroso. Nel 1980 torna a lavorare con Scola, nel bellissimo La terrazza, che rappresenta un punto di svolta della sua vita artistica.

Stefania Sandrelli Viaggio di nozze

Nel film Viaggio di nozze

Stefania Sandrelli L'attenzione

e nello scabroso L’attenzione

Accade che, nel pieno della sua maturità di donna e in quella artistica, quando è una donna bellissima e ammirata, un’attrice con un palmares da far invidia, accetta parti in film francamente discutibili; entra nei cast di Eccezziunale veramente, Vacanze di natale, La disubbidienza. Sono film di basso livello, Vacanze di natale è il primo vero cinepanettone,e francamente non si capisce cosa abbia provocato questa svolta.

Stefania Sandrelli Quelle strane occasioni

Quelle strane occasioni

Nel 1983 arriva La chiave; la Sandrelli, dal corpo maturo e abbondante, diventa d’un colpo un sogno erotico non nascosto. La torbida storia, l’esposizione del suo corpo pieno, ne fanno un’icona del cinema erotico. Così gira, in rapida successione, altre pellicole di scarso valore, ma in cui il protagonista è lui, il suo corpo. E’ il caso di L’attenzione, di Soldati, di Una donna allo specchio, per la regia di Quaregna.

Stefania Sandrelli Dove vai in vacanza
Stefania Sandrelli in Dove vai in vacanza?

Dopo D’Annunzio, del 1985, e dopo Mamma Ebe di Lizzani, dedicato alla vita della controversa donna che plagiò donne e che aveva fama di santona, eccola finalmente in un grande film, Speriamo che sia femmina, di Comencini, nel quale è Lolli, l’amante del conte. E’ una nuova stagione, dopo i discutibili film erotici che ha interpretato; gira Secondo Ponzio Pilato, di Magni,Gli occhiali d’oro, di Montaldo e lo splendido La famiglia, ancora una volta con Scola.

Stefania Sandrelli La chiave 2

Stefania Sandrelli La chiave 1

Due fotogrammi di La chiave, di Tinto Brass

E’ di nuovo lei, la musa degli spettatori; bella, matura e sensuale, lavora con Benigni nel Piccolo diavolo, e in Mignon è partita della Archibugi. Da quel momento gira solo film di buon livello, cosa testimoniata dal valore dei registi, che sono la Von trotta, Peter Dal Monte, la Archibugi, Bigas Luna, la Wertmuller, e con alcuni registi di ottimo livello, ma ancora sconosciuti.

Stefania Sandrelli L'amante di Gramigna

Una rara immagine di L’amante di Gramigna

E’ nei cast di D’amore e d’ombra,Con gli occhi chiusi,Per amore solo per amore,Biscotti e Ninfa plebea. Negli anni novanta tenta, con successo, la carta televisiva; al fianco di Gigi Proietti gira Il maresciallo Rocca, una delle serie televisive di maggior successo di sempre. Il ruolo di Margherita, la sfortunata farmacista moglie del maresciallo, le consegna una popolarità enorme, che la propone alle nuove generazioni. La tv le piace, e la ritroviamo al fianco della figlia Amanda in Il bello delle donne,proprio nel nuovo secolo.

Stefania Sandrelli Io la conoscevo bene
Io la conoscevo bene

Il cinema comunque resta il suo vero interesse; con la Comencini gira Matrimoni, con Muccino L’ultimo bacio,fino al recentissimo Un giorno perfetto, per la regia di Ozpetech.

Stefania Sandrelli è stata un’ attrice eclettica, capace di passare indifferentemente da ruoli drammatici a leggeri, o anche comici. Un grande talento, il suo, unito ad una bellezza che ha esaltato le sue doti naturali. Oggi è una matura signora ancora in grado di far sognare il suo pubblico, che la segue da 40 anni con affetto e ammirazione; assieme alla Vitti, alla Loren, alla Melato, è considerata una delle migliori interpreti del cinema italiano di sempre.

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Stefania Sandrelli-Lo sciacallo

Lo sciacallo

Stefania Sandrelli-Il maestro di nuoto

Il maestro di nuoto

Stefania Sandrelli-Divorzio all'italiana

Divorzio all’italiana

Stefania Sandrelli Les magiciens

Les magiciens

Stefania Sandrelli La sposa era bellissima

La sposa era bellissima

Stefania Sandrelli Il diavolo nel cervello

Il diavolo nel cervello

Stefania Sandrelli Desideria

Con Lara Wendel in Desideria la vita interiore

Stefania Sandrelli Avventuriere a Tahiti

Avventuriere a Tahiti

Stefania Sandrelli-Partner

Partner

Stefania Sandrelli L'ultimo bacio

Scena tratta da L’ultimo bacio

Stefania Sandrelli La bella di Lodi

Nel film La bella di Lodi

Stefania Sandrelli Vacanze di natale

In Vacanze di natale

Stefania Sandrelli Alfredo Alfredo
Alfredo Alfredo

Stefania Sandrelli La famiglia
Con Gassman in La famiglia

Stefania Sandrelli Brancaleone alle crociate
Brancaleone alle crociate

Stefania Sandrelli Mamma Ebe
Mamma Ebe

Stefania Sandrelli-Profezia di un delitto

Profezia di un delitto

Stefania Sandrelli-Mi faccia causa

Mi faccia causa

Stefania Sandrelli-Le donne della vita

Le donne della vita

Stefania Sandrelli-La terrazza

La terrazza

Stefania Sandrelli-La famiglia

La famiglia

Stefania Sandrelli-La Disubbidienza

La disubbidienza

Stefania Sandrelli-Delitto d'amore

Delitto d’amore

Stefania Sandrelli-Secondo Ponzio Pilato

Secondo Ponzio Pilato

Stefania Sandrelli-Un avventuriero a Tahiti

Un avventuriero a Tahiti

Stefania Sandrelli-Tutta colpa della musica

Tutta colpa della musica

Stefania Sandrelli-Te lo leggo negli occhi

Te lo leggo negli occhi

Stefania Sandrelli-Police Python 357

Police Python 357

Stefania Sandrelli-Meno male che ci sei

Meno male che ci sei

Stefania Sandrelli-L'immorale

L’immorale

Stefania Sandrelli-La prima cosa bella

La prima cosa bella

Stefania Sandrelli-La donna della mia vita

La donna della mia vita

Stefania Sandrelli-Il morso del serpente

Il morso del serpente

Stefania Sandrelli-Il momento magico

Il momento magico

Stefania Sandrelli-Il maresciallo Rocca

Il maresciallo Rocca

Stefania Sandrelli-Il federale

Il federale

Stefania Sandrelli-Il bello delle donne

Il bello delle donne

Stefania Sandrelli-Un'estate con sentimento

Un’estate con sentimento

Stefania Sandrelli Novecento

Novecento

Stefania Sandrelli L'ingorgo

L’ingorgo

Stefania Sandrelli Io ti assolvo

Io ti assolvo

Stefania Sandrelli Il maestro di nuoto

Il maestro di nuoto

Stefania Sandrelli Evelina e i suoi figli

Evelina e i suoi figli

Stefania Sandrelli Ce n'è per tutti

Ce n’è per tutti

Stefania Sandrelli Bello mio, bellezza mia

Bello mio bellezza mia

Stefania Sandrelli D'amore e d'ombra

D’amore e d’ombra

Stefania Sandrelli Eccezzziunale... veramente

Eccezziunale veramente

Stefania Sandrelli Esperando al mesías

Esperando al mescadas

Stefania Sandrelli Il generale Dalla Chiesa

Il generale Dalla Chiesa

Stefania Sandrelli Il pesce pettine

Il pesce pettine

Stefania Sandrelli Il piccolo diavolo

Il piccolo diavolo

Stefania Sandrelli Io sono mia

Io sono mia

Stefania Sandrelli La moglie ingenua e il marito malato

La moglie ingenua e il marito malato

Stefania Sandrelli La stella del parco

La stella del parco

Stefania Sandrelli Le faremo tanto male

Le faremo tanto male

Stefania Sandrelli Lo zio indegno

Lo zio indegno

Stefania Sandrelli L'oeil écarlate

L’oeil écarlate

Stefania Sandrelli Stradivari

Stradivari

Stefania Sandrelli Tracce di vita amorosa

Tracce di vita amorosa

Stefania Sandrelli Un estate con sentimento

Un’estate con sentimento

Stefania Sandrelli Una grande famiglia

Una grande famiglia

Stefania Sandrelli Vacanze di Natale 83

Vacanze di Natale 83

Stefania Sandrelli Banner filmografia

(1961) Il federale, regia di Luciano Salce
(1961) Gioventù di notte , regia di Mario Sequi
(1961) Divorzio all’italiana, regia di Pietro Germi
(1963) La bella di Lodi, regia di Mario Missiroli
(1963) Les Vierges, regia di Jean-Pierre Mocky
(1963) Il fornaretto di Venezia, regia di Duccio Tessari
(1963) Lo sciacallo, regia di Jean-Pierre Melville
(1964) Sedotta e abbandonata, regia di Pietro Germi
(1964) L’amore e la chance, episodio I fidanzati della fortuna, regia di Eric Schlumberger
(1965) Io la conoscevo bene, regia di Antonio Pietrangeli
(1966) Avventuriere a Tahiti, regia di Jean Becker
(1967) L’immorale, regia di Pietro Germi
(1968) Partner , regia di Bernardo Bertolucci
(1969) L’amante di Gramigna , regia di Carlo Lizzani
(1970) Brancaleone alle crociate, regia di Mario Monicelli
(1970) Un estate con sentimento, regia di Roberto B. Scarsella
(1970) Il conformista, regia di Bernardo Bertolucci
(1971) La tarantola dal ventre nero, regia di Paolo Cavara
(1972) Il diavolo nel cervello , regia di Sergio Sollima
(1972) Alfredo, Alfredo, regia di Pietro Germi
(1974) Delitto d’amore , regia di Luigi Comencini
(1974) C’eravamo tanto amati, regia di Ettore Scola
(1976) Quelle strane occasioni, episodio L’ascensore, regia di Luigi Comencini
(1976) Police Python 357, regia di Alain Corneau
(1976) Le voyage de noces, regia di Nadine Trintignant
(1976) Profezia di un delitto, regia di Claude Chabrol
(1976) Novecento, regia di Bernardo Bertolucci
(1978) Dove vai in vacanza?, episodio Sarò tutta per te, regia di Mauro Bolognini
(1978) Io sono mia, regia di Sofia Scandurra
(1979) L’ingorgo – Una storia impossibile, regia di Luigi Comencini
(1979) Le maître-nageur, regia di Jean-Louis Trintignant
(1980) Nell’occhio della volpe, regia di Antonio Drove
(1980) La terrazza, regia di Ettore Scola
(1980) Desideria: La vita interiore, regia di Gianni Barcelloni
(1981) La disubbidienza, regia di Aldo Lado
(1982) Bello mio, bellezza mia, regia di Sergio Corbucci
(1982) Eccezzziunale… veramente, regia di Carlo Vanzina
(1983) Vacanze di Natale, regia di Carlo Vanzina
(1983) La chiave, regia di Tinto Brass
(1984) Il momento magico, regia di Luciano Odorisio
(1984) Mi faccia causa, regia di Steno
(1984) L’attenzione, regia di Giovanni Soldati
(1984) Una donna allo specchio, regia di Paolo Quaregna
(1985) Segreti segreti , regia di Giuseppe Bertolucci
(1985) D’Annunzio, regia di Sergio Nasca
(1985) Mamma Ebe , regia di Carlo Lizzani
(1986) La sposa era bellissima, regia di Pál Gábor
(1986) La sposa americana, regia di Giovanni Soldati
(1986) Speriamo che sia femmina, regia di Mario Monicelli
(1987) Secondo Ponzio Pilato, regia di Luigi Magni
(1987) L’estate impura, regia di Pierre Granier-Deferre
(1987) La famiglia , regia di Ettore Scola
(1987) Gli occhiali d’oro, regia di Giuliano Montaldo
(1988) Mignon è partita, regia di Francesca Archibugi
(1988) Il piccolo diavolo, regia di Roberto Benigni
(1989) Stradivari, regia di Giacomo Battiato
(1989) Lo zio indegno , regia di Franco Brusati
(1990) Evelina e i suoi figli, regia di Livia Giampalmo
(1990) L’Africana, regia di Margarethe Von Trotta
(1990) Il male oscuro, regia di Mario Monicelli
(1990) Tracce di vita amorosa , regia di Peter Del Monte
(1992) Nottataccia, regia di Duccio Camerini
(1992) Prosciutto prosciutto, regia di Bigas Luna
(1992) Non chiamarmi Omar, regia di Sergio Staino
(1993) Per amore, solo per amore, regia di Giovanni Veronesi
(1993) L’oeil écarlate, regia di Dominique Roulet
(1994) D’amore e ombra, regia di Betty Kaplan
(1994) Con gli occhi chiusi, regia di Francesca Archibugi
(1995) Palermo Milano sola andata, regia di Claudio Fragasso
(1995) Mister Dog, regia di Gianpaolo Tescari
(1995) Compromesso d’amore, regia di Santiago San Miguel
(1995) Caramelle, regia di Cinzia Th. Torrini
(1996) Biscotti, regia di Davide Grassetti e Fabrizio Sferra
(1996) Io ballo da sola, regia di Bernardo Bertolucci
(1996) Ninfa plebea, regia di Lina Wertmüller
(1998) Le faremo tanto male, regia di Pino Quartullo
(1998) La cena, regia di Ettore Scola
(1998) Matrimoni, regia di Cristina Comencini
(1999) Volavérunt, regia di Bigas Luna
(2000) L’altra faccia della luna, regia di Lluís Josep Comerón
(2000) Esperando al mesías, regia di Daniel Burman
(2001) L’ultimo bacio, regia di Gabriele Muccino
(2001) Figli/Hijos, regia di Marco Bechis
(2003) La vita come viene, regia di Stefano Incerti
(2003) Un film parlato, regia di Manoel de Oliveira
(2004) Te lo leggo negli occhi, regia di Valia Santella
(2008) Un giorno perfetto, regia di Ferzan Ozpetek

 

 

agosto 29, 2008 Posted by | Biografie | | 3 commenti